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Orchestra<br />
Haydn<br />
Stagione <strong>1977</strong>-78<br />
JOSEPH HAYDN<br />
(1732-1809)<br />
1. XII<br />
Trento<br />
Sala della Filarmonica
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Programma<br />
MORTARI<br />
Concertino, per piccola orchestra<br />
MENDELSSOHN S
Pierluigi Urbini<br />
nato a Roma, ha iniziato la sua carriera artistica come concertista<br />
di violino. Ha fatto parte di complessi quali i «Virtuosi di Roma»<br />
e il «Quartetto della Filarmonica Romana» partecipando a varie<br />
tournèes in Europa e in America.<br />
Successivamente si è dedicato alla direzione d'orchestra debuttando<br />
nel 1962 in teatro con il Falfstaff al «Massimo» di Palermo.<br />
Da allora ha diretto presso i maggiori Enti italiani fra cui il Teatro<br />
alla Scala e alla Piccola Scala, il Teatro dell’Opera di Roma,<br />
il San Carlo di Napoli. La Fenice di Venezia, il Comunale di Bologna,<br />
il Teatro Verdi di Trieste, il Regio di Parma, il Comunale di<br />
Genova e la RAI-TV. Ha diretto inoltre in Norvegia, Finlandia,<br />
Francia, Spagna, Stati Uniti ed altri paesi.<br />
Per sette anni è stato «altro direttore» stabile dell’orchestra dell’Accademia<br />
Nazionale di S. Cecilia e ha diretto concerti con la<br />
partecipazione di solisti quali Serkin, Ghilels, Stern, Francescatti,<br />
Oistrach, Szeryng e Rubinstein. A lui si devono le prime esecuzioni<br />
presso l'Accademia di S. Cecilia della VII e VI Sinfonia di<br />
Mahler.<br />
E' titolare della cattedra di «musica da camera» presso il Conservatorio<br />
S. Cecilia in Roma.
Uto Ughi<br />
debuttò a soli sette anni, al Teatro “Lirico» di Milano, presentando<br />
un programma comprendente la Ciaccona, dalla Partita di Bach<br />
in Re minore, ed alcuni Capricci di Paganini. L'entusiasmo suscitato<br />
da quel primo concerto non fu più smentito.<br />
Nato a Milano — da genitori di Pirano d’Istria — nel 1944, Ughi<br />
studiò dapprima sotto la guida del famoso violinista rumeno Giorgio<br />
Enescu e, successivamente, a Ginevra, con Corrado Romano,<br />
allievo di Carl Flesch.<br />
Appena quindicenne svolse la sua prima tournée nelle principali<br />
capitali europee. A 19 anni fu invitato in Australia e in Nuova<br />
Zelanda per un giro di oltre quaranta concerti, organizzati per la<br />
«Celebrities Series» dalla A.B.C. (Australian Broadcasting Commission)<br />
.<br />
Al completamento degli studi seguì una regolare ed intensa attività<br />
concertistica. Ughi ha tenuto numerosi recitals e concerti<br />
anche negli Stati Uniti, in Sud Africa ed in Sud America; ha suonato<br />
con direttori molto famosi, come Barbirolli, Cluytens, Giulini,<br />
Haitink, Prétre, Sawallisch ed altri, in collaborazione con le<br />
più importanti orchestre.<br />
Uto Ughi suona lo Stradivari «Van Houten-Kreutzer», costruito nel<br />
1701 ed appartenuto — come risulta da sicura tradizione — a<br />
Rodolfo Kreutzer, l’amico al quale Beethoven dedicò la celebre<br />
Sonata in La magg. Op. 47.
NOTE AL PROGRAMMA<br />
VIRGILIO MORTARI - Concertino, per piccola orchestra<br />
Il «Concertino» per piccola orchestra è un omaggio di stima e<br />
di amicizia a Pierluigi Urbini e un ricordo affettuoso degli anni,<br />
durante i quali egli sedeva sui banchi della mia scuola di composizione.<br />
Inoltre vuole essere un segno di gratitudine per la<br />
sua eccellente esecuzione al Teatro alla Scala di «Specchio a<br />
tre luci» in tre stagioni consecutive.<br />
Si tratta di una composizione in forma libera, nella quale gli strumenti<br />
si muovono in un discorso contrappuntistico concertante<br />
per poi distendersi, alla fine, in un «Largo ben cantato», che si<br />
conclude con un breve lamento del clarinetto, come un ripensare<br />
indolente prima che la luce si spenga.<br />
V. M.<br />
Mendelssohn e l'Italia<br />
Goethe ricorda in Dichtung und Warheit (Poesia e verità, trad,<br />
it. Sansoni) le modeste stampe con soggetti italiani che adornavano<br />
le pareti della sua casa natia a Francoforte. Dai torchi degli<br />
stampatori tedeschi nel secolo successivo di stampe italiane<br />
ne sarebbe uscito un fiume ed un altrettanto vasto profluvio di<br />
soggetti italiani sarebbe sortito dai pennelli nordici scesi in Italia<br />
a ritrovare le orme del classicismo malinconicamente adagiate<br />
sulla campagna romana, o il coloratissimo folclore semipagano<br />
di un'Italia sprofondata nei riti processionali.<br />
L'alone favoloso che cinge l'Italia contemplata nella prospettiva<br />
germanica è daltronde espresso in maniera inimitabile nel tono<br />
di quel «Kennst du das Land...».<br />
L’Italia ottocentesca non era però solo meta di studiosi pellegrini<br />
germanici — come dimenticare le «Promenades» di Stendhall?<br />
— Negli anni intorno al 1830 a Roma e dintorni troviamo una<br />
straordinaria coppia di musicisti: il francese Hector Berlioz e il<br />
tedesco Felix Mendelssohn capitati, oggi si direbbe, in viaggio<br />
d’istruzione.<br />
Si conobbero e, per quel tanto che consentiva l'indole riservata<br />
e aristocratica dell’uno e quella esagitata e visionaria dell’altro,<br />
fecero amicizia confrontando opinioni e conoscenze musicali che<br />
sarebbero confluite poi nei loro «Souvenirs d'Italie».<br />
Mettere a confronto i diari italiani di Berlioz e di Mendelssohn<br />
è operazione interessante e istruttiva che serve a illuminare vicendevolmente<br />
l’italianismo di due protagonisti del romanticismo<br />
musicale.<br />
I diari italiani di Berlioz s'affidano, come noto, ad Aroldo in<br />
Italia e all’opera Benvenuto Cellini della quale notissimo è il rutilante<br />
Carnevale romano.<br />
Quelli di Mendelssohn sono invece consegnati alla Sinfonia op. 90<br />
detta Italiana; essa fu infatti composta in gran parte nel 1831-32,<br />
gli anni cioè del soggiorno italiano di Mendelssohn.<br />
Prima di considerare l’italianismo di Mendelssohn bisogna però<br />
ricordare che il musicista amburghese aveva una non comune<br />
predisposizione per la pittura musicale; proprio nella sua opera<br />
si attua infatti il passaggio dalla barocca Tonmalerei (sorta di<br />
effettistica pittura musicale in auge presso compositori come<br />
Telemann e Haendel) alla romantica evocazione naturalistica mediante<br />
le impressioni, suggerita, com’è noto, da illustri modelli<br />
beethoveniani.<br />
Di questo suo particolarissimo talento Mendelssohn aveva dato
giovanissimo — tra i diciassette e i ventanni — prove superbe e<br />
indimenticabili con le ouvertures Sogno di una notte di mezza<br />
estate e Le Ebridi nelle quali va pertanto visto l’antecedente stilistico<br />
diretto del paesaggismo interiore della Sinfonia italiana.<br />
In questi componimenti ispirati ad un paesaggismo «sui generis»<br />
si ritrova infatti una connotazione stilistica personalissima ed inconfondibile<br />
che è quella di intrecciare come in un fittissimo<br />
ricamo l’immagine e il commento.<br />
Straordinaria è infatti la capacità evocativa ed immaginifica della<br />
pagina mendelssohniana — si consideri ad esempio la giubilante,<br />
incisiva, mediterranea solarità del tema che apre l’Allegro<br />
vivace della Sinfonia Itaiiana — non meno prodigiosa è però la<br />
capacità del musicista di interrompere il flusso delle immagini<br />
per sostituirvi con una improvvisa contrazione interiore della musica<br />
quello che prima chiamavano il commento. Si tratta talvolta<br />
di un'improvvisa modulazione ottenuta con una frase mormorante<br />
degli archi, di un brividente accordo che attraversa tutta l'orchestra,<br />
di un inciso che reca allo scoperto la voce misteriosa dei<br />
clarinetti.<br />
Si pensi, per questa inaudita capacità mendelssohniana di interiorizzazione,<br />
all’inizio del secondo movimento dell'Italiana, quell'Andante<br />
con moto in cui la plastiac frase degli archi, sostenuta<br />
dal pizzicato dei bassi, nell’atto di rivelare la classica immagine<br />
processionale, ne fa un malinconico e privatissimo paesaggio dell'anima.<br />
Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma il capolavoro mendelssohniano<br />
non ha bisogno di illustrazioni; importa invece fermarsi<br />
un momento a considerare la signorile e rasserenata bellezza<br />
del componimento, uno degli esempi rarissimi di bellezza<br />
romantica non tumultuosa. Senza tensioni e ombreggiature drammatiche,<br />
senza enfasi e perorazioni trionfali, l’Italiana sembra<br />
il prodotto di un'umanità più nobile e più pura, vissuta più a lungo<br />
e più intimamente a contatto con la bellezza.<br />
Beethoven - Concerto per violino e orchestra op. 61<br />
L'anno di composizione del celebre concerto per violino, il 1806,<br />
è lo stesso del quarto concerto per pianoforte e orchestra. Il<br />
concerto per violino fiancheggia inoltre la quarta e la quinta sinfonia,<br />
la prima versione del Fidelio, i tre quartetti «Rasumovski»<br />
dell’op. 59 e la grande Sonata «Appassionata» che è dell'anno<br />
precedente.<br />
Eseguito per la prima volta il 23 dicembre del 1806 dall’allora<br />
celebre violinista viennese Franz Clement, il concerto per violino<br />
ebbe scarso successo, né valse a sollevarlo dall’indifferenza una<br />
trascrizione per pianoforte dello stesso Beethoven.<br />
La gloria di aver riscoperto e valorizzato adeguatamente il componimento<br />
spetta ad un grande virtuoso: al violinista Hans Joachim<br />
che lo eseguì a Londra nel 1844 sotto la direzione di Mendelssohn.<br />
Da allora il concerto per violino è diventato uno dei componimenti<br />
più eseguiti e amati da tutta l’umanità della quale ha raccolto<br />
instancabilmente i sogni, le lacrime e i sospiri.<br />
Non resta che prendere atto.<br />
Enzo Restagno
Orchestra<br />
Haydn<br />
Stagione <strong>1977</strong>-78<br />
JOSEPH HAYDN<br />
(1732-1809)<br />
Trento<br />
Sala della Filarmonica<br />
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