Turismo del Gusto Magazine - Luglio 2024
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N°26
Rivista bimestrale
Luglio/Agosto 2024
Questo magazine è un allegato del sito www.turismodelgusto.com
Direttore Responsabile Roberto Rabachino
La Serenissima brinda a Marco Polo
Un’etichetta celebrativa per ricordare l’avventuriero
Gran Canaria
Dai frutti tropicali alla viticultura eroica
Tre etichette da bere per l’estate
Selezionate da Sagna S.p.A.
La Ciclovia di Puccini
Il tesoro bianco che nasce dal mare
Alessandro Scardina
Il cuoco dei contrasti a La Pista di Torino
Editore e Amministrazione ADV SRLS – Torino – Italia
Direttore Responsabile
Roberto Rabachino
direttore@turismodelgusto.com
Redazione Centrale:
Gladys Torres Urday
Paolo Alciati
redazione@turismodelgusto.com
Editore e Amministrazione
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Grafica e Impaginazione
Martina Rabachino
m.rabachino@turismodelgusto.com
Collaborazioni:
Paolo Alciati, Enza D’Amato, Franca Dell’Arciprete Scotti, Silvia
Donatiello, Jimmy Pessina e Redazione Centrale
Immagini:
Paolo Alciati, Franca Dell’Arciprete Scotti, Redazione Centrale,
Enza D’Amato, Jimmy Pessina, Consorzio Tutela Prosecco DOC,
Silvia Donatiello, @Arte Luce, Barbara Corsico, Anastasiya
Lobanovskaya, Frans van Heerden, Kléber Rossillon & Région
Provence-Alpes-Côte d’Azur/3D MC
Credit Cover
Pixabay
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può considerarsi un prodotto editoriale o testata giornalistica come previsto dalla
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Contenuti
#TuttoDrink
#TuttoFood
8 La Serenissima brinda a Marco Polo
12 Rinaldi 1957 presenta Road to Sugarlandia – Don
Papa Competition
16 Col Vetoraz ospita l’artista Silvia Canton
22 Tre etichette da bere per l’estate selezionate da
Sagna S.p.A.
28 Alta cucina, pesce locale e visione vegetale nel
nuovo menù a mano libera dello stellato Enrico Marmo
38 Alessandro Scardina, il cuoco dei contrasti a La
Pista di Torino
#TuttoOk
#TuttoTravel
46 Cambiamento climatico: decortica anticipata per il
benessere delle piante
50 La Ciclovia di Puccini
58 Un viaggio in Cina: un’esperienza tra un mitico
passato e un futuro affascinante
64 Provenza: uno straordinario patrimonio
72 Gran Canaria, dai frutti tropicali alla viticultura
eroica
6 TuttoDrink
# TuttoDrink
8 La Serenissima brinda a
Marco Polo
12 Rinaldi 1957 presenta
Road to Sugarlandia – Don Papa
Competition
16 Col Vetoraz ospita l’artista
Silvia Canton
22 Tre etichette da bere per
l’estate selezionate da Sagna
S.p.A.
TuttoDrink
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8 TuttoDrink
La Serenissima brinda
a Marco Polo
Per l’occasione il Consorzio Prosecco Doc ha pensato aun’etichetta
celebrativa per ricordare il grande avventuriero
A cura di Redazione Centrale TdG
Venezia, alfa e omega di uno dei più noti viaggiatori
della storia. La Serenissima vide nascere
Marco Polo nel 1254 e lo vide morire
nel 1324, esattamente 700 anni fa. Figlio di una famiglia
di mercanti, la vocazione per il viaggio nelle vene, i
suoi occhi videro l’estremo Oriente quando aveva solo
quindici anni e da lì non smise mai di viaggiare.
Restò in Cina 25 anni. Qui imparò in fretta la lingua
e le usanze del luogo, probabilmente già abituato alla
multiculturalità di Venezia e propenso ad allargare i
propri orizzonti, svolse attività amministrative e diplomatiche
e fu così apprezzato per la sua intelligenza che il
sovrano, il Gran Khan, gli conferì la carica di “messere”,
titolo che lo legò all’imperatore del quale divenne consigliere
personale e ambasciatore presso tutti i popoli
dell’Impero. Così, viaggiò in India, Birmania, Tibet…
Ma come l’avventura è una costante nella vita dell’esploratore,
così anche il ritorno. Non solo casa, ma anche
punto di riferimento imprenditoriale. Venezia e l’impresa
commerciale di famiglia furono la destinazione
della fortuna guadagnata durante i viaggi. Terra natia
il cui legame andava oltre la semplice affezione, per
Venezia Marco Polo imbracciò le armi contro i genovesi,
in una delle tante battaglie che all’epoca animavano il
Mediterraneo.
Imprigionato per più di un anno a seguito della disfatta,
non si lascia scoraggiare dalla monotonia e dalle
condizioni del carcere e inizia a dettare a uno scrittore
toscano, Rustichello da Pisa, le prime righe del suo
TuttoDrink
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capolavoro. Il libro Il Milione, ci mise del tempo per
passare da romanzo di fantasia ad essere considerato
il primo attendibile e completo resoconto dell’Oriente
e la prima opera ad aver contribuito alla reciproca
conoscenza tra Asia ed Europa.
A lui, viaggiatore veneziano di fama mondiale e Ulisse
altomedievale protagonista della grandezza della Repubblica
Serenissima, in occasione dei 700 anni dalla
sua scomparsa, la città di Venezia ha dedicato un anno
di eventi diffusi per continuare a scrivere le pagine di
un racconto mai terminato. Quello di Marco Polo è il
primo nome che un turista legge quando raggiunge il
capoluogo veneto, che a lui ha dedicato anche il suo
aeroporto, un luogo di viaggio legato al viaggiatore
per eccellenza.
E quale migliore occasione per brindare con un calice
di Prosecco Doc, la bollicina ufficiale di Venezia, che
esprime tutti i profumi dell’amata terra del viaggiatore
e che sarà presente a tutte le iniziative ufficiali. Per
l’occasione, infatti, il Consorzio Prosecco Doc ha pensato
a un’etichetta celebrativa per ricordare il grande
avventuriero. Un connubio di storia, emozioni e profumi
ancora tutti da scoprire e da immaginare, perché, come
scriveva Marco Polo nel suo Milione: «Non ho scritto
neppure la metà delle cose che ho visto».
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E
proveniente dal territorio unico delle nove province di
Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del
Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine
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Rinaldi 1957 presenta
Road to Sugarlandia –
Don Papa Competition
Il Concorso per i Bartender con voglia di Sognare
e Volare lontano
A cura di Redazione Centrale TdG
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Rinaldi 1957 presenta Road to Sugarlandia –
Don Papa Competition, un’opportunità per
i bartender di tutta Italia di far conoscere il
loro talento nella miscelazione dei cocktail. Il concorso,
che si svolgerà dal 20 giugno al 31 luglio 2024, invita
i partecipanti a ideare e condividere le loro migliori
ricette utilizzando i prodotti targati Don Papa.
Originalità, tecnica d’esecuzione, replicabilità
e presentazione visiva sono i criteri secondo cui la
giuria, composta da Paolo Vercellis (Brand Ambassador)
e Ilaria Bello (Brand Ambassador), Valentina Ursic
(Direttrice Marketing) e Monica Traversa (Senior Brand
Manager), giudicherà i cocktail.
Grazie alle 8 tappe del Tour, che attraversano parte
del territorio, verranno serviti cocktail pensati per
soddisfare tutti i palati.
Inoltre, Rinaldi 1957 ha indetto un concorso rivolto
a tutti coloro che prenderanno parte alle serate. Con
l’acquisto di due drink a base Don Papa Rum sarà possibile
partecipare al concorso “Road to Sugarlandia“,
in palio un viaggio per due persone nelle Filippine.
In seguito all’acquisto dei cocktail verrà data una tessera
con cui poter partecipare all’estrazione finale del viaggio.
Le date e il regolamento completo sono disponibili
sul sito concorsodonpapa.it
Per partecipare, è sufficiente pubblicare sul proprio
canale Instagram un contenuto (video, post o reel) che
mostri la preparazione di un cocktail originale utilizzando
il Rum Don Papa. Il contenuto deve includere
l’hashtag #DonPapaCompetition e menzionare il
profilo @DonPapaRum. Tutte le informazioni e il
regolamento completo sono disponibili sul sito competition.concorsodonpapa.it
I premi
Il primo classificato vincerà un viaggio per una
persona completo di volo e pernottamento nelle incantevoli
Filippine. Il secondo e terzo classificato
avranno invece accesso al prestigioso “Bar Convent
Berlin” dal 14 al 16 ottobre 2024, con volo e soggiorno
inclusi. Infine, per i classificati dal quarto al decimo
posto della classifica, Don Papa ha preparato altri premi
esclusivi, tra cui biglietti per il “Roma Bar Show 2025”
e altre sorprese.
Il Tour “Bar of Masks”
Il Tour “Bar of Masks” punta a celebrare Don Papa
Rum e Sugarlandia, luogo d’origine del distillato. Gli
ospiti saranno trasportati in un mondo di aromi esotici
e sapori intensi, per un’esperienza che coinvolgerà
tutti i sensi.
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I prodotti Don Papa Rum
Don Papa Rum
Don Papa: offre note fragranti di agrumi, mango e nocciole, con
un palato ricco di frutta, vaniglia e toffee, e un finale rotondo con
aromi di quercia tostata.
Don Papa Baroko
Don Papa Baroko: presenta note di vaniglia, agrumi freschi,
zucchero muscovado, mango, cocco tostato e crème brûlée,
con un palato ricco di frutta candita, ciliegie, miele e vaniglia,
e un finale persistente di datteri, uvetta e rovere tostato.
Don Papa Maskara
Don Papa Maskara: miscelato con ingredienti tropicali delle Filippine
come miele filippino e lime calamansi, offre un aroma di vaniglia dolce,
zucchero tostato e lime, con un palato di miele selvatico, cioccolato
infuso con arancia e peperoncino Sealing Labuyo, e un finale lungo
con note di frutta e cioccolato fondente.
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RINALDI 1957
La distribuzione in Italia è affidata alla casa bolognese Rinaldi 1957 SpA,
capitanata da Giuseppe Tamburi. Rinaldi è riconosciuto come uno dei più
dinamici importatori e distributori di alcolici e vini in Italia che si contraddistingue
per l’empatia e l’attenzione nei confronti dei clienti e dei brand
owner. La sensibilità e la gentilezza dello staff Rinaldi contribuiscono alla
crescita continua del portfolio.
SUGARLANDIA
IS CALLING
single island rum. aged, blended
& bottled in the philippines
Distribuito da
BEVI RESPONSABILMENTE
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Col Vetoraz ospita l’artista
Silvia Canton
Col Vetoraz ospita l’artista Silvia Canton con l’opera
“Natura Evanescente”, parte della collezione dedicata
al riciclo del sughero
A cura di Redazione Centrale TdG
Cambio della guardia nella ‘casa dell’arte’,
ossia la Sala Accoglienza di Col Vetoraz
a Santo Stefano di Valdobbiadene, che dallo
scorso anno nei propri spazi ospita a rotazione ogni
quattro mesi, opere pittoriche e sculture a cura di
artisti conosciuti del territorio, un progetto voluto
dall’azienda che coniuga vino e arte nel nome
dell’incontro di eccellenze. Fino a fine luglio torna
quindi la pittrice trevigiana Silvia Canton, questa
volta esponendo una creazione che vuole portare un
messaggio sostenibile.
Si chiama “Natura Evanescente”, è realizzata in
foglia simil oro e olio su tela e sughero, ed è parte
della serie dedicata al riciclo del sughero vergine.
L’opera è stata creata in occasione del progetto A(rt)
message in a (Chianti Classico) bottle, organizzato
dal Consorzio Chianti Classico ed esposta in Casa
Chianti a Radda in Chianti lo scorso anno.
Qui Silvia Canton è stata scelta per reinterpretare
un’opera urbana, una bottiglia di 3,5 metri, rivestita
interamente in granina di sughero con il supporto
di Amorim Cork Italia.
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“Abbiamo pensato di avviare questo progetto – spiega
Loris Dall’Acqua a.d. ed enologo di Col Vetoraz –
per trasmettere attraverso la bellezza quanto siano vicine
le strade dell’arte e del vino e quanto abbiano in comune.
Questa iniziativa è risultata vincente considerando il
ritorno riscontrato in termini di attenzione ed interesse
da parte del pubblico.
Realizzare i nostri Valdobbiadene DOCG non sarebbe
possibile senza un rispetto assoluto per la materia prima,
che significa ascolto e adattamento ai ritmi della terra,
e soprattutto senza dimostrare ogni giorno un amore
profondo per le nostre radici. Un vino che racchiuda in sé
armonia nei profumi ed equilibrio nel gusto trasmettendo
tutto questo con eleganza mirando sempre all’eccellenza,
in fondo è esso stesso un’opera d’arte.”
Per Silvia Canton la pittura è esplorazione,
immersione, libertà compositiva. È recuperare
una voce che appartiene alla natura. Nelle sue opere
emerge il legame viscerale che il sughero riesce
a generare, lui materiale coriaceo dalla potente
personalità, che l’artista è in grado di nobilitare
magistralmente, rendendolo così anima stessa
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delle sue creazioni. Il progetto basato sul riciclo del
sughero nasce alla fine del 2018 dalla volontà̀ di trovare
una soluzione che rendesse più̀ materici i suoi soggetti
pittorici ricercando un materiale originale proveniente
dalla Madre Terra.
Un nuovo linguaggio artistico che trova la sua fonte
di ispirazione nel sughero vergine o primo sughero,
quello più impuro, non utilizzabile per la produzione di
tappi ma destinato ad essere macinato e trasformato in
granulati tecnici per la bioedilizia. “Lavorare con il sughero
è come lavorare a quattro mani – dice Silvia Canton – Una
parte del lavoro la decido io e una parte la decide lui. Non è stato
facile far convivere le mie delicate pennellate con questo materiale
inusuale e dal forte carattere. Solo dopo mesi di prove ho capito
che se volevo instaurare un dialogo tra di noi dovevo mettermi
in “ascolto” di ciò che esso poteva donarmi”.
dato vita all’attuale Col Vetoraz, una piccola azienda
vitivinicola che ha saputo innovarsi e crescere e raggiungere
in soli 10 anni il vertice della produzione di
Valdobbiadene Docg sia in termini quantitativi che
qualitativi, con oltre 2.300.000 kg di uva Docg vinificata
l’anno da cui viene selezionata la produzione di
1.250.000 di bottiglie.
Oggi, raggiunti i 30 anni, la sfida è quella di riuscire
a mantenere nel tempo questa importante posizione
conquistata. Grande rispetto per la tradizione, amore
profondo per il territorio, estrema cura dei vigneti e
una scrupolosa metodologia della filiera produttiva e
della produzione delle grandi cuvée, hanno consentito
negli anni di ottenere vini di eccellenza e risultati lusinghieri
ai più prestigiosi concorsi enologici nazionali
ed internazionali.
Un’occasione in più quindi per decidere di raggiungere
il punto più alto della denominazione, e concedersi
un’emozionante esperienza immersiva che combina una
visita alla scoperta di una terra unica e preziosa, oggi
Patrimonio Unesco, con una degustazione di Valdobbiadene
DOCG guidati da personale formato e competente,
e ammirando la bellezza potente di capolavori unici.
Per approfondire sull’artista:
• Silvia Canton www.silviacanton.it
• FB @silviacantonpittrice
• IG silviacanton_artist
Col Vetoraz Spumanti S.p.A.
Situata nel cuore della Docg Valdobbiadene, la cantina
Col Vetoraz si trova a quasi 400 mt di altitudine, nel
punto più alto dell’omonimo colle parte delle celebri
colline del Cartizze. È proprio qui che la famiglia Miotto
si è insediata nel 1838, sviluppando fin dall’inizio
la coltivazione della vite. Nel 1993 Francesco Miotto,
discendente di questa famiglia, assieme all’agronomo
Paolo De Bortoli e all’enologo Loris Dall’Acqua hanno
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Tre etichette da bere per l’estate
selezionate da Sagna S.p.A.
Il mercato mondiale dei rosé, un trend in continua ascesa
A cura di Redazione Centrale TdG
Con l’arrivo dell’estate i calici sulle tavole si
tingono di rosa, il trend dei rosé, infatti, parla
di una crescita incessante, con la Francia a
restare in cima al podio per numero di bottiglie prodotte
rappresentando il 35% della fascia di mercato. Con una
bottiglia su tre stappata ad essere appunto francese.
Se guardiamo all’export, invece, è la Spagna a primeggiare
per volumi. Dati estrapolati dall’ Observatoire
Mondiale du Rosé che, analizzando i principali 45
mercati nel mondo conferma produzioni ma soprattutto
consumi in crescita negli ultimi dieci anni con proiezioni
da qui al 2033che vedono un CAGR del 5.5%. Un
fenomeno che l’Italia non sta ferma a guardare senza
contribuire al suo sviluppo. Il Belpaese rappresenta infatti
il 9% della produzione mondiale (pari a 23 milioni
di ettolitri) e il 5% dei consumi.
I rosati italiani non vengono tutti assorbiti dal mercato
interno principalmente per due motivi: il Belpaese,
se da un lato è un importante player in termini di
importazioni di rosé stranieri, dall’altra produce vini
che conquistano i mercati internazionali diventando
oggetto di esportazioni.
A conferma del successo dei rosé nel mondo, e in
Italia, c’ è un dato aggregato che prende in considerazione
un periodo di tempo più lungo (4 anni) e i
fattori endogeni, prettamente di natura economica,
che influenzano i costi e i prezzi di acquisto dei vini.Ci
riferiamo al periodo che va dal 2020 ad oggi, in cui si
analizza come i prodotti della categoria dei rosé sono
gli unici ad aver tenuto la propria posizione nonostante
la pandemia e la contrazione dei consumi del vino che
si registra soprattutto nell’ultimo semestre.
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Cosa scegliere allora pescando dalla vasta offerta
oramai anche italiana?
Una soluzione ci arriva dal prestigioso catalogo costruito nel tempo dalla
famiglia Sagna. La quarta generazione, Leonardo e Carlo Alberto, suggeriscono
di tre etichette che ci fanno viaggiare da nord a sud Italia.
Maison Anselmet
Partendo dal piccolo gioello quale è la Valle d’Aosta,
Maison Anselmet realizza un merlot in purezza da
una vigna impiantata nel 1999 a Champagnole, nel
comune di Villeneuve a 710 metri slm su suoli marnosi
e sabbiosi. Vino prodotto da grappoli interi, vinificati in
acciaio da lieviti indigeni. Azienda a gestione familiare
e ben radicata nel territorio valdostano, le prime tracce
di un Anselmet risalgono al 1585.
Dal 1978 è grazie a Renato Anselmet che prende avvio
l’attività, oggi è il figlio Giorgio a gestire oltre 30 ettari
di vigneti tra St. Pierre a Chambave, disposti da 600 a
900 metri slm. Il vino si esalta per il suo colore cipolla
e sensazioni di bacche rosse concentrate, (ribes e mirtilli
rossi) innervate da una filigrana giocata su sbuffi
floreali e balsamici.
Il sorso è potente, corredato nel centro bocca da una
tensione caratterizzata da una vena minerale appagante
e coinvolgente. Un perfetto equilibrio tra densità
materica e freschezza, che racchiude in sé la succosità
del Merlot, la finezza delle sabbie e l’acidità derivante
dalle grandi pendenze di montagna.
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Ronchi di Cialla
Restando al nord, ma spostandoci in Friuli-Venezia
Giulia, Ronchi di Cialla propone il Rosedicialla prodotto
dalla famiglia Rapuzzi a Cialla, vasta collina circondata
dai boschi a Prepotto, che da il nome all’azienda.
Fondata nel 1970 oggi sono Pierpaolo ed Ivan Rapuzzi,
entrambi agrari, a condurre i 26 ettari di vigna in cui
si coltivano esclusivamente e volutamente solo varietà̀
autoctone quali: il verduzzo friulano, il picolit, la ribolla
gialla, il refosco dal peduncolo rosso e lo schioppettino.
Quest’ultimo, oggetto di recupero e di valorizzazione
e motivo di orgoglio dell’azienda.
Il rosato è però a base 100% Refosco dal Peduncolo
Rosso proveniente dalla parcella chiamata Cernetig che
ospita piante di 40 anni di età. Produzione contenuta
perché la vigna è grande come un campo da calcio ed
è esposta a sud-ovest a 200 – 230 metri slm. Il vino è
prodotto da una macerazione sulle bucce per 4/5 ore,
una pressatura molto soffice e una fermentazione del
mosto fiore in vasca d’acciaio a temperatura controllata.
Affina su feccia per 4 mesi con bâtonnage 3 volte
alla settimana.
Nel bicchiere il vino si presenta di color rosa cipria
brillante. Al naso richiama freschi e fruttati sentori di
piccoli frutti rossi su un fondo finemente speziato. Al
palato è fresco e persistente completato da note agrumate
e minerali.
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Palmento Costanzo
A sud, in Sicilia, l’azienda Palmento Costanzo è nata
dopo il progetto di restauro di un antico palmento ottocentesco
nel 2010, da parte di Mimmo e Valeria Costanzo
che, in 14 ettari di proprietà, di cui dieci dedicati alla
vite ai piedi dell’Etna (sul versante Nord), producono
vini a base di uve autoctone: nerello mascalese, nerello
cappuccio, carricante e catarratto.
Una cantina con lo spirito moderno e attento ai
dettagli, che sfocia in un packaging innovativo, l’etichetta
multisensoriale, oltre l’immagine del vulcano,
è realizzata grazie a un pigmento materico totalmente
stampabile, estratto dalla polvere dell’Etna. Tutte le
vigne sono sostenute in solo regime biologico, certificato
sia in coltivazione che in produzione. In Contrada
Santo Spirito, dove si trova la cantina nasce su sabbie
vulcaniche, sassi e rocce un rosato da uve Nerello Mascalese
coltivate ad alberello, piante sostenute da pali
di castagno con un’ età media di 30 anni.
Dopo 8 ore di macerazione prefermentativa a freddo
seguita da una fermentazione in acciaio con lieviti
indigeni, il vino affina 4 mesi in acciaio in contatto
con le fecce fini e 2 mesi in bottiglia. Il risultato è un
vino fresco, fragrante, con sentori di ribes e ciliegia e
un toco fumé.
Info: www.sagna.it
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BEVI RESPONSABILMENTE
Sagna S.p.A. dal 1928
www.sagna.it TuttoDrink
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#
TuttoFood
28 Alta cucina, pesce locale e
visione vegetale nel nuovo menù
a mano libera dello stellato Enrico
Marmo
38 Alessandro Scardina, il
cuoco dei contrasti a La Pista di
Torino
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Alta cucina, pesce locale e visione
vegetale nel nuovo menù a mano
libera dello stellato Enrico Marmo
Ci sono luoghi di mare nei quali se chiudi gli occhi e ascolti il concerto
delle onde che si frangono sugli scogli, con il vento che ti sfiora la pelle
e ti avvolge con i profumi dello iodio e della salsedine,
perdi la cognizione del tempo
A cura di Paolo Alciati e Enza D’Amato
Sono posti magici, da vivere intensamente sia
di giorno sia di notte, per godere appieno delle
sensazioni che cambiano a seconda dell’attimo
che stai vivendo. E che ti rimangono nel cuore. Per
sempre.
Uno di questi luoghi magici l’abbiamo visitato recentemente,
dopo anni di lontananza e qualche rammarico
per aver rimandato troppo a lungo il ritorno a
Ventimiglia: il ristorante Balzi Rossi – 1 Stella Michelin
– era esattamente come ce lo ricordavamo, almeno
esternamente… una fascinosa piccola perla con la terrazza
a strapiombo sul mare anzi, un poco sporgente
in avanti, in modo che dalla ringhiera si possa vedere
solo l’azzurro dell’acqua e, di fronte, l’infinito blu del
mare del Ponente Ligure. Spettacolare, oggi come allora!
Varcato l’ingresso, la ristrutturazione è invece evidente.
Un bancone bianco a sinistra e, alle sue spalle,
la cucina quasi a vista; si salgono pochi gradini e ci si
trova nella grande sala con tavoli rotondi, ampi e ben
distanti tra loro e con tovaglie perfettamente stirate
“comme il faut”, pareti chiare intervallate dalle grandi
finestre che permettono anche dall’interno di bearsi
della impagabile vista del mare e delle sue infinite sfumature
fino al blu intenso dell’orizzonte. L’ambiente è
rilassante, elegante e raffinato nel suo minimalismo.
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TuttoFood
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Lo chef Enrico Marmo, pur se giovane, ha alle spalle
una solida formazione “stellata”: dall’ALMA – la più
importante scuola internazionale di cucina italiana –
al Gellius di Oderzo (TV), da Cracco a Milano a Davide
Palluda in qualità di sous chef All’Enoteca di Canale
(CN), un primo passaggio proprio ai Balzi Rossi e poi
all’Osteria Arborina, come executive chef. A marzo 2022
il ritorno ai Balzi Rossi e a novembre dello stesso anno
riceve l’ambita prima Stella Michelin.
La sua è una cucina fatta di pochi ingredienti di terra
e di mare di altissima qualità, il più possibile freschissimi
e lavorati con la filosofia dello “zero spreco”. L’olio
è di olive taggiasche, il pesce proviene da pescatori
esperti dell’area di Ventimiglia e Bordighera, mentre
le verdure e alcune delle erbe utilizzate arrivano da un
vicino orto di proprietà. A garanzia della freschezza e
della fragranza dei piatti, pasta fresca, pane e prodotti
da forno sono “home made”.
Il nuovo menu del ristorante Balzi Rossi è un inno
alla cucina a mano libera, realizzata con materie prime
fresche al massimo della loro espressione gustativa. Nel
piatto c’è spazio solo per il meglio che la natura offre. Il
tutto è interpretato in un menu degustazione – Menu
Momento – e nella carta composta da otto piatti.
“Per tutti la primavera è un momento di rinascita, ma per
chi vive a contatto con il mare e con la natura dell’entroterra,
la primavera è qualcosa che ti cambia, che senti dentro, è una
sferzata di vitalità. Verdure, frutta e fiori esplodono di cromie e
portano una nuova linfa nei piatti. Adesso è il momento di piselli,
asparagi, carciofi, così come dell’aglio selvatico, del nasturzio,
dell’acetosella, della calendula, dei limoni e delle fragole, materie
prime che risvegliano i sensi”. Lo chef Enrico Marmo ci racconta
così le meraviglie dell’orto e ci fa vivere l’attimo
come se le stessimo raccogliendo con le nostre mani.
Il percorso di degustazione – ben orchestrato dal
direttore Giuliano Revello coadiuvato dall’attenta responsabile
di sala Eleonora Revello – parte dagli amuse
bouche, quattro assaggi intensi e memorabili: Panissa
ligure di ceci e rosmarino croccante, Crackers di lievito
madre e cipolla bruciata con melassa di cipolla
e Parmigiano 30 mesi, Torta di erbe selvatiche con
acetosella, Acciughe e puntarelle.
Si prosegue entrando nel vivo del Menu Momento,
che viene realizzato “à la minute”, per soddisfare le
esigenze di ciascun cliente e per portare in tavola solo
32 TuttoFood
i prodotti freschi di giornata, appena pescati o appena
raccolti. Le ricette combinano l’esplosione dei sapori
vegetali e salmastri, secondo una filosofia di cucina
essenziale, lineare e decisa.
Il “Carciofo alla ligure” è l’esaltazione totale di questo
ortaggio in tre differenti versioni. La verdura, cotta in
pentola in brodo di carciofi e aglio, viene servita con
olive taggiasche, pinoli e maggiorana, olio all’aglio
selvatico, salsa di tuorlo d’uovo marinato e Parmigiano
e un fondo di cottura del carciofo, freschissimi gamberi
rossi di Sanremo in tartare sono il prezioso ripieno.
Cromatismi di colori, profumi e sapori che si intrecciano
con morbidezza.
Accanto al piatto principale, una parmentier di patate
e carciofi con carciofi trifolati alla base e un pithivier in
miniatura, una torta salata, con un carciofo alla brace
avvolto in una sfoglia sottilissima, un velo, e salsa olandese
al miso. Un trittico di una dolcezza unica perché – ci
spiega Enrico Marmo – i suoi carciofi sono freschissimi
e lavorati in giornata, lui raccoglie al mattino solo quelli
che servono per il consumo del giorno.
Seguono delle croccanti spugnole del Col di Nava
cotte “à la crème” con freschissimi piselli crudi appena
raccolti dal giardino e un odoroso “potage”, una schiuma
fatta con le bucce dei piselli, per evitare sprechi. A
completare il piatto, fiori di nasturzio.
La sensazione olfattiva quando si porta il cucchiaio
alla bocca è incredibile… Il dolce profumo erbaceo dei
piselli riporta immediatamente all’infanzia quando,
nella grande cucina della casa in campagna, si aiutava
la nonna a sgranare i piselli appena colti che, non
appena la nonna si distraeva, rubavamo golosamente
con veloci manciate dalla grande ciotola bianca di porcellana
un po’ sbeccata. Sono ricordi che fanno bene al
cuore e all’anima!
Il piatto seguente è un falso risotto, ossia i risoni, e
anche qui si sblocca un ricordo: è la pasta che normalmente
si mangiava come minestrina in brodo facendo
sciogliere il classico formaggino quando eravamo pic-
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coli; in questo caso il risone è cotto con siero innesto e
burro accompagnato da un ragù di moscardini e crema
di erbe amare alla base. Sorprendente!
34 TuttoFood
Tutto verde è il tortello con insalatina di foglie di cime
di rapa, ripieno di burro e acciuga che inaspettatamente
esplode in bocca liberando un gusto intenso e una meravigliosa
acidità, esaltando il contrasto acciuga-erbe
amare e il risultato è un piatto che ti si fissa saldamente
nella memoria e desideri solamente poterlo mangiare
un’altra volta.
La cottura della ricciola è alla brace, procedimento
teoricamente semplice ma che in realtà richiede grande
attenzione per lasciare le carni morbide e non stoppose,
splendidamente arricchite nel gusto dal “ciuppin”, che
non è, come molti credono, una zuppa di pesce ligure
ma il tradizionale passato di pesce, una salsa piuttosto
liquida dal sapore intenso realizzata con piccoli pesci
di scoglio e pomodoro.
Il carrello dei formaggi presenta una selezione di
altissima qualità, tra cui un Comtè 24 mesi, un saporito
Castelmagno d’alpeggio e erborinati naturali come il
Gorgonzola Malghese di un grande caseificio lodigiano.
Bisogna essere veri esperti per proporre prodotti di un
livello tale che ti riconciliano col mondo!
Dalla vicina Mentone – cittadina appena al di là del
confine famosa per i suoi limoni e per la spettacolare
e variopinta festa che li celebra da quasi cento anni –
arriva lo spunto per la squisita “Tarte aux agrumes”,
con alla base un gelato alla vaniglia, un lemon curd e
una soffice meringa all’italiana. Equilibrato, goloso e
con la freschezza agrumata a pulire il palato.
La carta dei vini si concentra su Piemonte, Liguria,
Costa Azzurra, nel tratto fino a Marsiglia, e Corsica,
in particolare per rossi e rosé, ma anche bianchi di
ottima qualità e Champagne. La ricerca del sommelier
Lorenzo Moraldo non si focalizza solo sui vini naturali
e biologici, ma seleziona vitigni autoctoni liguri come
il Bosco e l’Albarola, caratteristici delle Cinque Terre,
valorizzando le piccole realtà con le quali condivide
senso di appartenenza e rispetto per la regione.
Nel nostro menù degustazione i vini sono stati davvero
ben abbinati, dalla bolla francese iniziale, elegante
e fresca, ai vini liguri in accompagnamento: un insolito
Vermentino di una giovanissima cantina di Pornassio,
la più alta della Liguria; un ottimo Pigato tradizionale
proveniente da Finale Ligure; un piccolo azzardo – ben
riuscito – di un Pigato da macerazione pellicolare di un
famoso produttore di Albenga “controcorrente” e, a chiudere,
un piacevole Moscatello di Taggia di vendemmia
tardiva, speziato e dagli intensi sentori di frutta passita
prodotto da una cantina di Imperia, giovane ma con le
idee ben chiare su un luminoso futuro.
Il messaggio di Enrico Marmo è evidente e deriva da
una chiara visione vegetale: le materie prime che ci dona
la natura devono essere rispettate nelle cotture, nelle
consistenze e nell’emozione degli innumerevoli ricordi
che scatenano in noi ogni volta che le gustiamo e con
massima bravura lui ci coinvolge in questa fantastica
esperienza, prendendoci per mano per guidarci in
uno squisito percorso gastronomico in appassionante
armonia con i nostri sensi.
Chef Marmo non dimentica, però, i signature che
hanno reso riconoscibile la cucina dei Balzi Rossi.
Una sezione del menu è dedicata alle ricette iconiche
del ristorante, riviste da Enrico Marmo in omaggio a
Giuseppina Beglia che ha aperto il ristorante nel 1982:
i Ravioli della Pina, con arrosto di coniglio ed erbe di
campo, il coreografico Coniglio arrosto alla ligure, lo
Spaghetto Gentile, ricci di mare e rosmarino e gli Scampi
locali cotti sulla brace di ulivo.
RISTORANTE BALZI ROSSI
• Via Balzi Rossi, 2
• Frontiera San Ludovico – Ventimiglia (IM)
• Tel. 0184 38132
• www.ristorantebaIzirossi.it
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
un vino speciale che puoi trovare solo in bottiglia. E
proveniente dal territorio unico delle nove province di
Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del
Prosecco DOC ti dà il benvenuto su www.prosecco.wine
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Alessandro Scardina, il cuoco dei contrasti
a La Pista di Torino
Cenare a quasi 30 metri d’altezza, sul tetto di una struttura di inizio ‘900 che ha
fatto la storia dell’automobile – una vera cattedrale industriale – sulla pista con le
iconiche curve paraboliche utilizzata per collaudare le prime Fiat degli anni ’20
e ’30 e col giardino pensile più grande d’Europa con oltre 40.000 piante di 300
specie autoctone diverse, può e deve emozionare chiunque.
A cura di Paolo Alciati & Enza D’Amato
E
ancora oggi, nonostante noi si sia saliti su
questo storico tetto decine e decine di volte,
ci colpisce sempre l’idea di cosa ha significato
per Torino e per l’Italia intera questo luogo.
Segnalato dalla guida Michelin, il ristorante La
Pista, collocato nella parte centrale di questo anello
lungo 1.000 metri è molto elegante, raffinato con gli
ampi tavoli in pregiato marmo ben illuminati dai globi
luminosi sospesi e retti da tubolari in ottone, le comode
sedute in velluto, colori caldi alle pareti e un larghissimo
finestrone che permette la vista di un lungo tratto della
vecchia pista di collaudo.
Da pochi mesi Alessandro Scardina si è insediato al
comando della brigata di cucina del ristorante, portando
la sua esperienza di oltre quindici anni acquisita in
ristoranti stellati in giro per il mondo, dal Four Seasons
38 TuttoFood
di Londra al Noma di Copenaghen, ma rimanendo fortemente
legato alla cucina mediterranea – Alessandro
è di origini siciliane – a cui ha aggiunto tocchi fusion
e sudamericani.
La sua cucina, influenzata da quella giapponese e
peruviana, va ad armonizzarsi con i piatti più classici
preparati con materie prime di grande qualità, rigorosamente
stagionali, declinando in chiave contemporanea
la tradizione più pura.
La proposta culinaria pensata da chef Alessandro
Scardina per il ristorante La Pista, gestito da Gerla
1927, prevede tre menù che ben si adattano a tutti i tipi
di esigenze e palati. Il primo è Radici, Gli Essenziali,
un menù che “gioca in casa” e celebra la tradizione e la
cucina piemontese con qualche variazione di prodotto,
come il vitello tonnato fatto con il sottofiletto alla brace
invece del girello, per un sapore più intenso e gustoso.
Immancabili e molto amati dallo chef gli Agnolotti del
Plin, rigorosamente con pasta fatta di soli tuorli e il
tipico ripieno ai tre arrosti, coniglio, manzo e maiale.
Il secondo menù è Botanic World, cinque portate completamente
vegetariane caratterizzate da preparazioni
attente e abbinamenti vegetali inaspettati, come kale e
mango acerbo, patata e cocco, primo fiore e Kombucha.
Il terzo è Trust, il menù più coraggioso e stravagante,
estero ed estroso, contemporaneo e personale, da
scegliere come “atto di fiducia” verso lo chef, sicuro di
riuscire a conquistare il commensale con i suoi accostamenti
ricercati e inediti.
Ad accompagnare Alessandro Scardina il sous chef
Daniele Lo Grasso, il maître e sommelier Davide Sterrantino,
molto preparato, che osa anche con vini non
ordinari, come macerati e orange wine, biodinamici e
triple A, il vice maître di sala Mattia Dagnelli e la bravissima
pastry chef Evi Polliotto.
Come in tutte le più belle storie gastronomiche, la
cena si apre con gli snacks di benvenuto: biscottini
di pasta fillo integrale con Roccaverano, miso di zuc-
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ca e spolverati con barbabietola. Segue un morbido
Bao ripieno di pesce, pesce essiccato e verdurine ed
una maionese al pil pil; un tocco di Perù con la “papa
amarilla” farcita con peperoncino giallo, mais, lime e
caviale, infine il cheddar-fish, un patè di fegato di rana
pescatrice, ricreato come un formaggio abbinato al pan
brioche home made. Sapori intensi e insoliti abbinati
ad un rinfrescante centrifugato di peperone, arancia,
pompelmo, fragola e carota, ideale per sgrassare il
palato e prepararlo al piatto successivo.
Apprezzabili anche i lievitati, tutti fatti in casa, dal
pane ai cinque cereali e lievito madre alla focaccia
romana portati in tavola insieme ad una tripla tentazione:
burro in tre preparazioni, uno classico e salato
tipo quello francese, uno preparato con aglio orsino
e limone lactofermentato per finire con il burro alla
‘nduja, leggermente piccante e talmente goloso che
dopo la cena, ma solo dopo, viene il rimorso per averlo
letteralmente divorato tutto, insieme allo squisito pane
caldo e croccante.
A completare gli amuse bouche, un olio siciliano di
prima spremitura, intenso e fruttato e un burroso pane
sfogliato leggermente salato che precede una tartare
di Fassona condita con un garum di ricci di mare, con
purea di dragoncello, caramello allo zenzero e croccanti
sfere di tempura. Un piatto che ti dà una freschissima
sferzata di iodio e ti porta il mare sul palato. Umami,
dolcezza e sapidità. Grande idea!
Il piatto che segue ha un ingrediente odiato da tutti i
pescatori dell’Adriatico… Il granchio blu! E chef Scardina
contribuisce alla lotta contro questo alieno invasore
dei nostri mari riducendolo in tartare e condendolo con
latte montato, rafano e granadilla per dare, insieme
al piccante, anche una nota agrodolce. Il crunch è dato
dal riso nero soffiato e il piatto è accompagnato da un
chawanmushi -il budino salato cotto a vapore tipico della
cucina giapponese– fatto con estrazione di granchio
blu, garum di crostacei e caramello.
Non nego che, oltre all’apprezzamento di questo eccellente
piatto, abbiamo provato anche un po’ di sadica
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soddisfazione nel masticare questo vorace predatore
che sta facendo piazza pulita delle buonissime vongole
del delta del Po. Occhio per occhio…
E ora il signature dello chef: spaghetto del pastificio
Bossolasco di Savigliano (CN) -perché la buona pasta
non si fa solo a Gragnano- cotto in estrazione di rapa
rossa e aringa affumicata, finito con una fonduta di
Parmigiano Reggiano 40 mesi e aringhe sott’olio. Che
dire? Finora la barbabietola è sempre stata utilizzata,
e bene, soprattutto nei risotti, ma l’idea della cottura
per la pasta è non solo coreografica, ma regala un sapore
inusuale, davvero piacevole, con la dolce terrosità
della rapa rossa e la sapida cremosità della fonduta che
vanno a braccetto.
E anche la carne d’agnello, presentata in tre preparazioni,
diventa una appetitosa pietanza con alternanza
di sapori: la spalla, cotta a bassa temperatura e spennellata
con chimichurry -una salsa tipica sudamericana,
saporita e leggermente piccante e agliata, perfetta
per la carne- un morbido raviolo farcito d’agnello e il
lombetto cotto al barbeque e mantenuto rosa al cuore
accompagnato da morbide patate cotte nell’acidulo
latticello e con un fondo di cottura vegetale.
E per non smentirsi, neanche il dolce è davvero dolce:
un tortino di banana e miso rosso e una quenelle di gelato
al bacon, in ricordo della colazione che Alessandro
Scardina faceva nel suo periodo di lavoro nelle cucine
in Inghilterra. Quasi scioccante all’idea, ma il gusto è
sublime! La piccola pasticceria chiude questa esperienza
di grande soddisfazione.
Scardina gioca con i contrasti, alterna un po’ il dolce,
un po’ il sapido, un po’ l’acido, un po’ il piccante. Non
è certo una cucina piatta, la sua: prima ti attira e poi ti
inganna presentandoti un cibo che “non è come appare”
e, poi ancora, sembra che ti voglia allontanare da
un logico percorso -ma è logico solo per te e per quello
che tu ti aspetti- per poi incuriosirti nuovamente lasciandoti
nel dubbio (goloso) su quale gusto esalterà
nel piatto successivo.
È un gioco il suo? Forse, ma lo conduce seriamente e
ti porta dalla sua parte, ti coinvolge e questo gli piace...
Eccome se gli piace!
È cuoco di eccellenza, ma anche umile, che ha scelto
di fare un percorso iniziale per apprendere non solo le
tecniche di cucina, ma anche di panificazione “… Faccio
impasti maturati, sperimento le fermentazioni e faccio
lievitati che si distinguono.
La mia esperienza come cuoco è partita da Le Tre
Galline (ndr: uno storico ristorante di cucina piemontese
in Torino), poi ho un percorso professionale internazionale
di oltre 15 anni tra Inghilterra, Australia, Grecia,
Spagna e Scandinavia. E ho imparato a confrontarmi
sempre con Daniele, il mio secondo, sui piatti che studio
e preparo. Lui mi ha sempre seguito in tutti i miei giri,
mi conosce bene.
Verifichiamo e commentiamo insieme, io ho bisogno
di qualcuno che mi capisca e capisca anche cosa ho in
mente di preparare. Ha un palato educato e con lui mi
intendo alla perfezione per studiare piatti che facciano
stare bene chi entra in questo locale. E mi sembra di
esserci riuscito”.
E noi, dopo aver vissuto l’intensa esperienza di queste
altalenanti montagne russe del gusto, non possiamo
che essere completamente d’accordo con lui.
La Pista
• Via Nizza 262, Torino
• Tel. 011 19173073
• www.ristorantelapista.com
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46 Cambiamento climatico:
decortica anticipata per il
benessere delle piante
50 La Ciclovia di Puccini
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Cambiamento climatico: decortica
anticipata per il benessere delle
piante
Per assicurare che l’operazione di rimozione della corteccia avvenga
nelle condizioni ideali per la pianta, cambia la pianificazione della filiera
A cura di Redazione Centrale TdG
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Il momento più atteso dell’anno nella filiera Amorim
è già arrivato: nelle foreste di quercia da
sughero (quercus suber – lat.) dell’Alentejo, luogo
incontaminato del Portogallo, la decortica, ovvero la
delicata operazione di rimozione della corteccia
dalla quercia, viene anticipata a causa del cambiamento
climatico. L’attività si trova a fare i conti con
una precoce produzione della linfa tra corteccia e
tronco: questa rappresenta la condizione ideale per
il distacco senza traumi alla pianta, pertanto, tutta la
filiera aziendale si adegua e inizia fin dall’inizio del
mese di maggio le operazioni.
Il ciclo del tappo di sughero inizia, quindi, con questo
processo che ancora oggi viene svolto per la maggior
parte a mano da squadre di decorticatori locali, che si
tramandano un sapere artigiano di generazione in
generazione, mantenendo in vita quella che ad oggi è
l’attività artigianale più remunerata al mondo, proprio
per via dell’alta specializzazione richiesta e per la poca
disponibilità di personale qualificato.
In loro supporto Amorim ha brevettato una macchina
per agevolare e velocizzare l’operazione di
raccolta del sughero, composta da una sega circolare
intelligente che capisce lo spessore della corteccia ed
esegue un taglio preciso e veloce. La dedizione dei decorticatori
è totale: si avvalgono di una piccola accetta,
fanno leva con un apposito manico e distaccano il sughero.
Compiono un lavoro certosino perché ogni ferita
più profonda del necessario inferta alla pianta potrebbe
causare danni, la morte anche, di sicuro l’improduttività.
un’epoca in cui gli alberi faticano a trovare letteralmente
“terreno fertile” per una crescita spontanea, situazione
tipica delle sugherete, Amorim sta piantando 400.000
querce da sughero per arrivare, tra il 2022 e il 2025
a 1.500.000 nuovi alberi.
Ha inoltre acquistato nuovi ettari di foreste storiche
per tutelarle e già da diversi anni, con un innovativo
sistema di irrigazione goccia a goccia, assicura una
crescita più sana e rapida alle querce. Un rimboschimento
rapido, a ottimizzazione anche della risorsa
idrica, sempre più a rischio, senza considerare la
piantumazione aggiuntiva portata avanti negli anni, a
popolare oltre 8.000 ettari di terreno. Infine, Amorim
è anche precursore di un progetto di recupero del
95% delle ghiande che oggi vengono perse, per farne
farine gluten free, ideali per diverse tipologie di diete.
Con un avvio di filiera così attento e sostenibile, la
tecnologia e la scienza, poi, non possono che migliorare
ulteriormente il sughero, vero e proprio dono della
Natura messo al servizio della produzione umana.
La particolarità di questo ruolo sta anche in una forma
di attenzione contro la desertificazione sociale, che
altrimenti affliggerebbe queste zone, così lontane da
territori in cui l’industrializzazione o l’urbanizzazione
sono più rilevanti. La decortica ha anche una valenza
per la pianta stessa, equivale alla tosatura di una pecora,
perché le permette di non accumulare sughero all’esterno
e quindi di evitare l’effetto isolante e di rigenerarsi
ciclicamente, in modo più equilibrato.
A contrasto della desertificazione climatica, inoltre, in
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Il Gruppo Amorim è la prima azienda al mondo nella
produzione di tappi in sughero, in grado di coprire da sola
nel 202 il 45% del mercato mondiale di questo comparto e il
28% del mercato globale di chiusure per vino; conta un totale
di 56 filiali di cui 22 distribuite nei principali Paesi produttori
di vino. Il Gruppo Amorim esporta in più di 100 Paesi e ha le
sue aziende in 28 Paesi nei cinque continenti.
Amorim Cork Italia, con sede a Conegliano (Treviso), filiale
italiana del Gruppo Amorim, si è confermata nel 2023 azienda
leader del mercato del Paese. Con i suoi 75 dipendenti, nel 2023
ha registrato oltre 633 milioni di tappi venduti per un fatturato
di 77 milioni di euro, pari al +2,5% rispetto all’anno precedente.
La leadership di Amorim è dovuta ad una solida rete tecnico-commerciale
distribuita su tutto il territorio della penisola,
ad un efficace servizio di assistenza pre e post vendita ma
anche all’avanguardia dei suoi sistemi produttivi e gestionali
e soprattutto del suo reparto Ricerca&Sviluppo, al quale si
associa una spiccata sensibilità per la tutela dell’ambiente
e in particolare per la salvaguardia delle foreste da sughero.
Accento vigoroso anche quello sulle risorse umane, con una
serie di iniziative di work-life balance per una migliore armonia
tra vita personale e lavorativa della grande famiglia Amorim.
Tra gli ultimi grandi traguardi raggiunti, infine, il compimento
perfetto dell’economia circolare grazie alla linea
SUBER, arredo di design nato dalla granina dei tappi raccolti
dalle onlus del progetto ETICO (di Amorim stessa) e riciclati.
Un’opera di sostenibilità divenuta anche culturale grazie
alla Mostra “SUG_HERO – Metaforme – Le mille vite di uno
straordinario dono della natura, il sughero”, esposizione nata
per valorizzare e testimoniare i valori che animano l’azienda.
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La tecnologia più ecologica e più efficace
al mondo contro il TCA per i tappi in
sughero naturale.
Ispirato dallo straordinario lavoro che la Natura ha fatto con il sughero, abbiamo creato Naturity®, un processo
interamente naturale che rimuove il TCA e altri composti di deviazioni sensoriali dai nostri tappi in sughero naturale.
Sviluppato dall’Università NOVA di Lisbona e da Amorim Cork, Naturity® è una tecnologia rivoluzionaria progettata
per massimizzare la performance dei nostri tappi senza comprometterne la natura. Grazie ad un processo avanzato
che combina tempi, pressione, temperatura e acqua purificata, siamo ora in grado di separare le molecole del TCA e
altre molecole volatili dalla struttura cellulare dei tappi in sughero naturale, attraverso un metodo non invasivo che
mantiene intatte le caratteristiche cruciali di questo materiale unico.
amorimcorkitalia
La scelta naturale
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La Ciclovia di Puccini
È una ciclovia unica in Italia e forse al mondo, tanto da essersi aggiudicata
l’Oscar italiano del Cicloturismo nel 2023, il premio che viene assegnato
da nove anni alle ciclovie verdi delle regioni italiane che promuovono il
turismo lento attraverso le due ruote
A cura di Silvia Donatiello
Una ciclopedonale musicale, intitolata al Maestro Giacomo Puccini,
un percorso melodico accompagnato dalle arie delle opere del gran
musicista come Madama Butterfly e La Bohème, attraversa la provincia
di Lucca da Ponte a Moriano al Lago di Massaciuccoli, in Versilia. Questo
percorso offre l’opportunità di esplorare in bicicletta questa parte della Toscana,
seguendo un itinerario semplice che permette di visitare i luoghi cari al Maestro
e di godere della rigogliosa natura della zona.
Giacomo Puccini, oltre a essere un appassionato di auto e motori, era anche
un entusiasta ciclista. Sempre affascinato dalle innovazioni, si innamorò subito
della bicicletta, investendo i guadagni ottenuti dal successo di Manon Lescaut
nell’acquisto della sua prima bicicletta, una Humber, pagata a rate. La Ciclopedonale
Puccini raccoglie il patrimonio culturale e naturale che s’incontra
pedalando lungo i 53 km di lunghezza, tra andata e ritorno, e racconta i luoghi
e la vita del celebre compositore, di cui proprio quest’anno si celebra il centenario
della morte.
Grazie a Spotify la sua particolare segnaletica consente di accedere, tramite
QR code, a un accompagnamento musicale durante la pedalata e di ascoltare
le sinfonie suggerite in alcuni punti lungo il percorso.
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L’itinerario della Ciclopedonale
Puccini
La ciclovia comincia da Ponte a Moriano, pochi
chilometri a Nord di Lucca, sua città natale, e attraverso
un paesaggio bucolico, tra fili di pioppi, campi coltivati
e una miriade di papaveri rossi, corre lungo l’argine del
fiume Serchio, terra di origine della famiglia Puccini.
A Ponte San Quirico la pista ciclabile si unisce al
percorso del Parco fluviale del Serchio fino a Ponte
San Pietro, situato in località Nave. Da lì, si percorre la
riva sinistra del Serchio fino a raggiungere Ripafratta,
dominata dalle rovine della rocca di San Paolino. Il
percorso prosegue, sull’altro lato del ponte in direzione
Filettole, passando davanti alla ex cava e sulla strada
bianca di Costanza, si percorre il tratto che arriva al
ponte sul Fossa Nuova per poi raggiungere il Lago di
Massaciuccoli tanto amato dal Maestro.
Imperdibile, una volta giunti a Torre del Lago, oggi
rinominata Torre del Lago Puccini, una frazione di Viareggio,
il museo allestito nella Villa Puccini, l’abitazione
in cui il compositore trascorse trent’anni della sua vita.
I luoghi pucciniani da non
perdere
“Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, «turris
eburnea», «vas spirituale», reggia… abitanti 120, 12
case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al
mare, popolate di daini, cinghiali, lepri, conigli, fagiani,
beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso.
Tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccheronica
d’estate, splendida di primavera e di autunno.
Vento dominante, di estate il maestrale, d’inverno
il grecale o il libeccio. Oltre i 120 abitanti sopradetti,
i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco,
ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni,
certo più intelligenti degli abitanti, perché difficili ad
accostarsi. Dicono che nella Pineta “bagoli” anche un
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animale raro, chiamato Antilisca…” Così scriveva in
una lettera del 1900 ad Alfredo Caselli, della sua amata
Torre del Lago. Proprio qui compose “Manon Lescaut”,
“La fanciulla del West”, “La rondine” e il “Trittico”.
Giacomo Puccini mantenne sempre un legame speciale
con la sua città natale, Lucca. È possibile visitare
la sua casa natale in Corte San Lorenzo, ricca di preziosi
cimeli. Un luogo di particolare interesse è il Caffè Di
Simo, frequentato da artisti come Giovanni Pascoli,
Pietro Mascagni e Giuseppe Giacosa, che collaborò ai libretti
di “La Bohème”, “Tosca” e “Madama Butterfly”.
Infine, Bagni di Lucca, frequentato sia durante gli
anni da studente che dopo aver raggiunto la notorietà,
e Celle, un paesino nascosto tra i castagni sulla strada
per la Garfagnana, dove viveva la sorella Remelde, da
Puccini tanto amata, e dove si trova ancora oggi la casa
degli avi, trasformata in casa museo.
Informazioni pratiche sulla ciclopedonale
Il percorso, pianeggiante e adatto a tutti, offre numerosi
servizi lungo il tragitto: noleggio bici, punti
di assistenza e ricarica per e-bike, fontanelle, punti
ristoro e guide. È ovviamente un itinerario percorribile
anche a piedi.
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DISTRIBUITO
IN ITALIA DA
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56 TuttoTravel
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58 Un viaggio in Cina:
un’esperienza tra un mitico
passato e un futuro affascinante
64 Provenza: uno
straordinario patrimonio
72 Gran Canaria, dai frutti
tropicali alla viticultura eroica
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Un viaggio in Cina: un’esperienza
tra un mitico passato e un futuro
affascinante
Un viaggio in Cina: un’esperienza tra un mitico passato e un futuro
affascinante, con potere e dovere ha un primato mondiale
dello sviluppo economico, tecnologico e turistico
A cura di Jimmy Pessina
Il nostro reportage, tra storia e mito, per approfondire
la conoscenza, della Mongolia Interna,
Patria di Gengis Kan. La Cina è una Repubblica
Popolare: il potere è esercitato dal solo Partito Comunista
Cinese.
Il governo, che ha sede nella capitale Pechino, esercita
la propria giurisdizione su ventidue province, cinque
regioni autonome, quattro municipalità direttamente
controllate: (Pechino, Tientsin, Shanghai e Chongqing),
e due regioni amministrative speciali: (Hong Kong e
Macao) parzialmente autonome.
Le fondamenta della nuova Cina risalgono alla metà
del secolo scorso, nel 1949, con l’unificazione nazionale.
dovuta alla grande capacità di un personaggio di primissimo
piano: Mao Zedong, che viene comunemente
chiamato Presidente Mao, il grande Timoniere. All’apice
del culto della personalità, Mao era comunemente noto
in Cina come il “quattro volte grande”: “Grande Maestro,
Grande Capo, Grande Comandante Supremo, Grande
Timoniere”.
A lui si deve la bandiera nazionale rossa con cinque
stelle: la più grande l’ha dedicata al popolo cinese, le
quattro stelle più piccole: i contadini, a lui molto cari,
la seconda agli operai, la terza ai piccoli proprietari e la
quarta alle piccole etnie. Alla morte del presidente Mao
nel 1976, i successori hanno tenuto fede agli ideali della
democrazia del popolo, proseguendo nello sviluppo
economico e sociale. Con una sua superficie di circa 9
572 900 chilometri quadrati la Cina è, per estensione,
la terza al mondo.
Il paesaggio della Cina è notevolmente diversificato:
va dalle steppe ai deserti dei Gobi e del Taklamakan
nell’arido nord, alle foreste subtropicali e umide del sud.
L’Himalaya, il Karakorum, il Pamir e il Tian Shan, sono
le catene montuose che separano la Cina meridionale
dall’Asia centrale. Il Fiume Azzurro e il Fiume Giallo,
rispettivamente il terzo e il sesto più lunghi del mondo,
scorrono dall’altopiano del Tibet verso la costa orientale
densamente popolata.
La costa della Cina, lungo l’Oceano Pacifico misura
circa 14.500 chilometri ed è delimitata dal mare di
Bohai, dal mar Giallo, dal mar Cinese Orientale e dal
mar Cinese Meridionale. Il nostro viaggio inizia proprio
dall’ultima stella: le piccole etnie della Mongolia
Interna, patria del grande condottiero Gengis Khan e
dalla Prefettura Autonoma di Gansu, di fatto un’enclave
tibetana. Per la maggior parte della sua storia la
Mongolia Interna centrale e occidentale, soprattutto la
regione di Hetao, era alternativamente controllata da
TuttoTravel
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agricoltori Cinesi del Sud e Mongoli nomadi del Nord.
Invece la Mongolia Interna Orientale è stata una parte
della Manciuria e la sua storia consiste più nell’alternanza
tra diversi gruppi piuttosto che tra agricoltori
e nomadi.
Questa regione presenta un ambiente aspro formato
essenzialmente da steppe infinite, qualche foresta e
una porzione di deserto del Gobi, un altipiano ondulato
ad un’altitudine media di 1.500 m (ma con cime
che arrivano a 4.356 m) con forti escursioni termiche
diurne e stagionali, scarse precipitazioni, forti venti e
una rete stradale quasi inesistente, dove il principale
mezzo di locomozione per questo fiero popolo di pastori
seminomadi disseminati tra steppe e deserti è ancora
rappresentato dal cavallo e dal cammello, solo di recente
affiancati dalle moto.
chilometri della città di Ordos e comprende tre edifici
che evocano le iurte mongole. In realtà non si conosce
il vero luogo della sepoltura del condottiero mongolo,
poiché alla sua morte il corpo venne riportato in Mongolia
dalle migliaia di suoi seguaci.
Ogni anno i Mongoli di Darhut, discendenti di Genghis
Khan, partecipano alla grande cerimonia di sacrificio
agli antenati. In questi anni a Xiangshawan, sulle
sabbie del Deserto del Gobi, si trova una costruzione
che sembra fluttuante e galleggiante in questa terra
desolata. Ma il Desert Lotus Hotel, immerso nel deserto
del Kabuqi, questo luogo esprime tutta la sensorialità e
il fascino di questi spazi solitari. Corse con cammelli,
gite tra le “dune che cantano”, seminari di yoga sono tra
le attività che si possono praticare in vacanza in questo
luogo. Tra le attrattive anche una ferrovia.
Un paesaggio infinito, dolce e vivace, tra il verde
tenero delle praterie punteggiate da mandrie di cavalli
selvaggi, cammelli a due gobbe e yak e le bianche gher,
case dei nomadi, e il giallo ocra delle dune che cela uno
dei maggiori cimiteri di dinosauri della terra. Eppure, un
simile contesto ambientale nel 1200 diede vita ad uno
dei maggiori imperi dell’Eurasia. Il merito fu tutto di
Gengis Khan, il mongolo più famoso e uno dei più geniali
condottieri e politici di tutta la storia, che fu capace di
trasformare dei pastori individualisti in un’invincibile
armata, in grado di conquistare in pochi decenni un
territorio che si estendeva dalla Cina settentrionale al
mar Nero, dalla Corea alla Polonia, dall’Indocina fino
alla Persia e alla Crimea.
Questa regione possiede un clima molto secco e
si trova nella parte centro-settentrionale della Cina.
La Mongolia interna è un altopiano caratterizzato da
deserti di sabbia, roccia e ghiaia che a est degradano
in fertili steppe. Questa regione, delimitata a est dalla
boscosa catena del grande Khingan, comprende pianure
ondulate divise da aridi piani rocciosi.
Il capoluogo è Hohhot. Da non perdere una visita al
Mausoleo di Genghis Khan, terminato di costruire nel
1957 per volontà del Presidente Mao, si trova a pochi
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Un mondo unico di tradizioni, bellezza e stile racchiuso
in ogni calice di Prosecco DOC. Ecco perché Prosecco DOC è
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proveniente dal territorio unico delle nove province di
Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. La regione del
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Provenza: uno
straordinario patrimonio
Nella zona delle Bouches du Rhone, un itinerario alla scoperta
delle ricchezze archeologiche e artistiche, su un arco
di migliaia di anni
A cura di Franca Dell’Arciprete Scotti
Si può passeggiare in Provenza come in un luogo
fuori dal tempo, dove l’aria del passato
è palpabile, su sfondi di oliveti, cespugli di
bouganvillee, campi di lavanda.
La Provenza, come tutta la Francia, infatti, conserva
splendide testimonianze storiche e artistiche dei secoli
tra il 6° a.C. e il 13° d.C. Qui emerge un mondo intero che
ci riporta a una storia remota, dai Celto Liguri ai Greci,
dai Romani alle comunità dell’Alto Medioevo, con
una ricca contaminazione di culture, immagini e stili.
valorizzata da Augusto. Infatti la sua posizione, alla
convergenza di vie commerciali, porto fluvio-marittimo
sul Rodano, navigabile nella sua lunghezza fino al Mar
Mediterraneo, la rendeva una città importantissima.
E il Museo ha il pregio di divulgare tutto ciò a un pubblico
di non addetti ai lavori, attraverso una équipe di
specialisti, archeologi di terra e di acqua, restauratori,
studiosi, mediatori culturali.
Info: www.arles-antique.departement13.fr – www.
arlesantique.fr
Arles è la città simbolo di questa ricchezza archeologica
e di queste contaminazioni. Per comprenderla
si deve partire da una visita al Musée Departemental
Arles Antique, che ci offre un panorama strabiliante
dal neolitico alla tarda antichità. Tra le migliaia di pezzi
delle collezioni permanenti, un busto che rappresenterebbe
Giulio Cesare, la più bella e ricca collezione
di sarcofagi pagani e cristiani, seconda solo alla
collezione del Vaticano, i mosaici pavimentali di ville
romane, una statua colossale di Augusto.
Ma la “perla” del museo, che lascia davvero senza fiato
è la famosa chiatta gallo-romana in legno, lunga 31
metri, che fu scoperta nelle acque del Rodano nel
2011. Con il suo corredo di oggetti, evoca la ricchezza
e il dinamismo nella navigazione e nei commerci di
Arelate, la “piccola Roma dei Galli”, particolarmente
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Fuori dal Museo, Arles ci accoglie con il suo centro
storico, con i suoi “Monumenti romani e romanici”,
inseriti nella lista del patrimonio dell’umanità
dell’Unesco, l’Anfiteatro, il Teatro, il Criptoportico
costruito come potente sostegno per livellare la piazza
del Foro, le Terme di Costantino, i resti del castrum, la
necropoli degli Alyscamps, un cimitero leggendario,
tappa fissa dei pellegrini lungo il cammino verso Santiago
de Compostela, uno dei luoghi più sacri di tutta
Europa, la chiesa di Saint-Trophime e il suo chiostro.
Se l’Anfiteatro Romano è un grandioso testimone
dell’età classica, Saint Trophime lo è dell’epoca
medievale. In facciata il superbo portale scolpito con
un’elaborata scena biblica, il Giudizio Universale, i leoni
stilofori, le schiere degli eletti e dei dannati, figure
nude e incatenate che vengono trascinate verso le porte
dell’inferno, angeli che suonano le trombe e beati che
ascendono al paradiso. All’interno il famoso Chiostro,
con le colonnine dai capitelli scolpiti, tutti con soggetti
diversi, vegetali, umani e animali, fortemente simbolici
secondo l’iconografia dei bestiari medievali.
Alle porte di Arles, poi, allontanandosi solo di pochi
chilometri, su quello che era nel primo millennio un
isolotto roccioso tra paludi, sorge, isolata e imperdibile,
l’Abbazia di Montmajour. Dalla piccola comunità di
monaci benedettini, che sul terreno ricevuto in donazione
avevano costruito un eremitaggio e una cappella
rupestre, derivò nei secoli una grandiosa Abbazia Fortezza,
che estese il suo potere alle vallate circostanti. In
otto secoli di architettura monastica, con una fusione
di stili, romanico, gotico e classico, si è formato un
complesso articolato e sovrapposto che ha subito innumerevoli
trasformazioni e oggi è “monumento storico
di Francia”. Info: www.monuments-nationaux.fr.
Atmosfere medievali anche a Les Baux de Provence
che colpisce soprattutto per la sua posizione
spettacolare in cima ad uno sperone roccioso alto 250
metri: nel borgo si scoprono tracce di ricchi palazzi
signorili, stemmi e cornici, il bel Museo dei Santoni,
cioè le figure del presepe, una chiesa rupestre, l’enorme
spianata del castello, dove si alzano enormi macchine
da guerra in legno, arieti e catapulte che evocano un
passato bellicoso. Poi ai piedi del borgo, in un paesaggio
di falesie e grotte scavate nella roccia, enormi cave di
calcare ospitano Carrières des Lumières, cioè mostre
immersive che proiettano sul soffitto e sulle pareti alte
14 metri le immagini più svariate di arte e di storia.
Info: www.lesbauxdeprovence.com.
Un altro balzo di secoli e si torna al primo millennio
a. C. nel sito archeologico di Glanum, vicino
al delizioso borgo di Saint Rémy. Qui arretriamo al
tempo dei Celto Liguri, che addirittura nel VII° secolo
a.C. fondarono un santuario legato al dio celtico Glan
e alla sacralità delle acque. Su un’area molto ampia si
scoprono i resti della fonte sacra e poi le tracce di case,
templi, portici di epoca ellenistica e romana. Di grande
effetto soprattutto l’Arco di trionfo e il Mausoleo di una
famiglia gallica, che, fino al XX secolo, erano stati gli
unici testimoni visibili della antica Glanum.
Se Glanum è un sito già ampiamente studiato e frequentato
dal turismo, il sito di Saint Blaise, nel comune
di Saint-Mitre-les-Remparts, merita uno
sguardo a parte. Non ancora approdato al turismo
internazionale, promette grandi rivelazioni. Tra gli
stagni e la foresta di Castillon, in un quadro naturale
ricco e variegato, si sono succeduti nell’arco dei millenni
un villaggio preistorico, una fortezza gallica, una città
tardo antica e un castrum medievale.
L’elemento più sorprendente e che forse può arrivare
a riscrivere la storia della Provenza è che questa
tribù celtica dei Segobrigi avrebbe intessuto legami
con gli Etruschi e i Greci già alla fine del VII° secolo a.
C. quindi prima della fondazione di Marsiglia nel 600 a.
C. ad opera dei Greci di Focea. Anche qui è sorprendente
sapere che solo nel 1935 l’archeologo Henri Rolland
scoprì un’imponente muraglia che non aveva paragoni
in Francia: da cui una grande campagna di scavi sia sul
tracciato gallico, sia sul tracciato medievale, quando, tra
il Ve il VII secolo, Ugium fu tra i più importanti centri
di cristianizzazione della Provenza.
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E arriviamo infine a Marsiglia, città bellissima,
ariosa, vivace, colorata, tipicamente Mediterranea.
Città di crociere e di shopping, Marsiglia è anche una
città dalla lunghissima e gloriosa storia, considerata
a tutt’oggi la più antica città di Francia, fondata
sulla riva del mare dai Greci di Focea nel 600 a. C..
La storia più remota di Marsiglia si coglie sulla riva
nord del Vieux Port, ad esempio nella piazza Lenche,
che era un tempo proprio l’agorà greca e nella grande
spianata vicino al mare, dove, attraverso basamenti
di pietra, pannelli esplicativi e le sagome stilizzate di
navi romane, si intuisce la disposizione del porto di
Massalia in età romana.
Tutte le info
• www.france.fr/it
• www.france.fr/it
• www.ccif-marseille.com
• www.departement13.fr
• www.myprovence.fr
Invece per chi ama l’età tardo antica e medievale, la
tappa imperdibile è l’Abbazia di Saint Victor, dalla
struttura composita, con una chiesa inferiore e una
chiesa superiore, e un aspetto esterno di fortezza, edificata
sulle tombe dei martiri cristiani del 3° secolo e
tra i più antichi monumenti religiosi di Marsiglia. Ma
l’itinerario lunghissimo che attraversa millenni di storia
non è finito qui. Marsiglia ci riserva altre sorprese
che affascineranno soprattutto chi è appassionato
di preistoria.
Il padiglione Cosquer Méditerranée propone, accanto
alla ricca documentazione sulla fauna, il clima, le
caratteristiche del territorio nell’era glaciale, anche una
sorprendente immersione a bordo di una navicella
in una stazione sottomarina. La navicella si muove
all’interno di un ambiente che ricostruisce perfettamente
la famosa grotta marina Cosquer, scoperta nel
1985 dall’esploratore subacqueo Henri Cosquer a 37
metri di profondità. Arrivato nella grotta di 100 metri
di diametro, Cosquer scoprì pareti coperte da disegni,
incisioni, impronte di mani, di 30. 000 anni fa, che
furono una vera rivelazione.
Poiché naturalmente oggi la grotta è protetta per evitarne
il deterioramento, la visita attraverso la navicella
consente di vivere in pieno l’emozione della scoperta
iniziale e di osservare quasi da vicino la riproduzione
delle figure dipinte o incise. Info: www.grotte-cosquer.
com .
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Gran Canaria, dai frutti tropicali
alla viticultura eroica
Spiagge e mari, montagne e boschi, crateri e burroni, paesini rurali e flora
rara si alternano in un territorio sorprendente che, dal 2005, l’Unesco ha
dichiarato Riserva della Biosfera per circa metà dell’isola
A cura di Paolo Alciati
È
un’isola tropicale con una superficie di 1.560
km² – quanto metà della Valle d’Aosta –ma,
pur essendo sullo stesso parallelo che taglia
la zona settentrionale del deserto del Sahara e quella
meridionale del Marocco, Gran Canaria è un vero e
proprio continente in miniatura in quanto ha una tale
varietà di microclimi e paesaggi naturali che rappresentano
davvero una esperienza completa per chi vuole
visitarla ed esplorarla.
Di origine vulcanica, raggiunge quasi 2.000 mt. di
altitudine al centro dell’isola e ha un clima mite ma
anche molto variabile a causa dei venti, gli alisei, che
possono creare condizioni termiche e atmosferiche
sia secche sia umide, favorendo così una flora lussureggiante
in molte zone – con palme tropicali e varietà
di specie autoctone rare con oltre 2.000 tipologie di
fiori esotici addirittura uniche al mondo – e zone più
desertiche con piante grasse, cactus, agave e aloe vera.
buonissimi pomodori e molti altri gustosi ortaggi; o dalla
canna da zucchero, la cui raccolta avviene soltanto una
volta all’anno per distillare il rinomato rum Arehucas.
E all’unica piantagione di caffè in Europa, a 200
metri di altitudine nella Valle di Agaete che gode di un
microclima molto simile a quello della Colombia, e la cui
produzione annua, con chicchi raccolti rigorosamente
a mano, arriva appena a 1.500 kg della varietà Typica,
la prima varietà di Arabica riconosciuta e coltivata
in tutto il mondo, o infine all’aloe – l’oro verde delle
Canarie – la cui particolarità risiede nelle proprietà
superiori rispetto a quella coltivata in altre parti del
pianeta, grazie a una maggiore concentrazione di aloina,
principio attivo presente nella pianta.
La particolare conformazione morfologica ha creato
nel corso dei secoli un paesaggio variegato adatto alle
più svariate coltivazioni: dalla frutta con i tipici frutti
tropicali come papaia, mango, avocado, ananas, guava,
fichi d’india e banane – i bananeti sono uno dei prodotti
più coltivati e migliori, con un frutto, il platano, più
piccolo della classica banana e dolcissimo – o anche con
i classici frutti mediterranei come arance, pere, mele,
prugne, nespole, fichi ed uva, per arrivare ai vegetali,
come la patata, la batata (la patata americana dolce), i
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Per quanto attiene al vino, Gran Canaria e le altre
isole dell’arcipelago delle Canarie sono una delle quattro
regioni al mondo che non sono mai stati attaccati
dalla fillossera della vite – parassita che si diffuse in
tutta Europa tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX
secolo e costrinse al reimpianto di quasi tutti i vigneti
del continente – e ciò ha permesso la sopravvivenza e
la conservazione di varietà estinte in altri luoghi.
A Gran Canaria si coltivano circa 24 varietà locali,
le principali sono Listán negro, Tintilla, Vijariego negro
e Baboso negro tra i rossi e Listán blanco, Albillo
del Monte Lentiscal, Malvasía volcánica e Moscatel
d’Alejandria tra i bianchi e tutti rientrano nell’ambito
territoriale dell’unica Denominazione di Origine
Protetta dei Vini di Gran Canaria, a sua volta collocata
sotto l’ombrello della Strada del Vino di Gran Canaria,
iniziativa territoriale e multisettoriale dedicata alla
promozione e allo sviluppo dell’enoturismo e della cultura
del vino in collaborazione con enti locali, aziende
vinicole, ristoranti – tra i quali le tipiche bochinches o
guachinches, osterie popolari che servono l’autentico
cibo canario fatto in casa e vini di propria produzione –
strutture ricettive, negozi, enoteche, guide specializzate
e intermediari turistici.
Le zone impervie e non favorevoli alle coltivazioni
della vite rappresentano da sempre una sfida che l’uomo
ha puntualmente raccolto cercando di vincerla nei
confronti della natura, non sempre riuscendoci ma
raggiungendo sovente successi insperati.
E questo sforzo, questo tentativo di piegare la natura
al volere e all’impegno dell’uomo ha dato più di una
volta soddisfazioni immense... Cosa c’è di più grande
che riuscire a portare a compimento un progetto, un’idea,
un’impresa quando le condizioni ambientali sono
avverse? Questo è il pensiero che deve aver mosso Don
Juan Armas Rodríguez, fondatore e anima della Cantina
Bentayga, quando ha scelto, a 1.318 metri sul livello del
mare, uno dei pendii della Caldera de Tejeda, un terreno
vulcanico e molto accidentato per coltivare la vite e
realizzare il sogno di produrre vino a quell’altitudine.
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Per far ciò, ha dovuto adattare il terreno in piccoli
appezzamenti per poterlo coltivare perché un suolo così
aspro e difficile rende disagevole e quasi impraticabile
la meccanizzazione, motivo per cui molte attività sono
obbligatoriamente manuali. Una viticoltura disagevole,
che si può a ragione definire “eroica”.
Nel 1994 è stata piantata la maggior parte delle viti,
per un totale di 11 ettari di vigneto di proprietà, nei
comuni di Tejeda e Artenara, tra 1.050 e 1.318 m di altitudine,
uno dei vigneti più alti della Spagna, nel Parco
Rurale del Nublo, e i vigneti ad Artenara si trovano nella
Mesa de Acusa. È un altopiano sorprendente che emerge
singolarmente in un paesaggio brusco e piuttosto brullo.
L’eccezionale posizione dei vigneti nella parte superiore
dell’isola, lontano dall’inquinamento, con una
grande escursione termica tra il giorno e la notte, il
contrasto di inverni freddi e talvolta con nevicate, con
estati calde con temperature massime di 38⁰C e l’orientamento
a sud-ovest che consente alle viti di ricevere
una media di 11 ore di sole al giorno, sono le condizioni
ideali per la coltivazione di uve di alta qualità.
Oltre a Cantina Bentayga ci sono altre 39 “bodegas”
(cantine) aderenti al Consejo Regulador de la D.O. Gran
Canaria, ognuna con caratteristiche proprie e irripetibili
proprio per le differenti collocazioni territoriali in questa
incomparabile isola dalle mille sfaccettature. Tutte
quante, però, oltre ad essere piccole aziende a carattere
familiare, dove viticoltori e vinificatori vi apriranno le
porte della propria casa condividendo con orgoglio il
frutto del loro lavoro e accompagnando le loro innumerevoli
e affascinanti storie con un buon bicchiere
di vino della loro terra, hanno un sottile fil rouge che
le unisce e che si può ben riassumere nel claim del sito
www.rutadelvinodegrancanaria.net: “Produciamo vino
e paesaggi in bottiglia”.
Info:
• www.grancanaria.com
• www.rutadelvinodegrancanaria.net
• www.vinosdegrancanaria.es
• https://vinosdegrancanaria.es/wp-content/uploads/2023/07/tripa_vinos_grancanaria_digital.pdf
Una curiosità: nei periodi di irrigazione viene utilizzato
un particolare sistema di gocciolamento per
distribuire l’acqua che proviene dalla sorgente della
Miniera di Tejeda, la cui conduttura fu costruita tra il
1500 e il 1501 per ordine dei Re Cattolici.
Altra curiosità: i vini di Cantina Bentayga, commercializzati
con il nome Agala -parola aborigena di origine
berbera che significa “montagna alta”-, riportano in
etichetta l’altitudine del vigneto di provenienza e si
va dai 1.050 metri del “Tinto Joven” (rosso giovane),
assemblaggio di Listán Negro e Tintilla, alla straordinaria
quota di 1.318 metri per il loro “Altitud 1318
Blanco” assemblaggio dei vitigni Vijariego Blanco e
Albillo Criollo.
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