WineCouture 9-10/2024
WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
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NUMERO 9/<strong>10</strong><br />
Anno 5 | Ottobre <strong>2024</strong><br />
Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.<br />
INTRAMONTABILE CHAMPAGNE<br />
STORIA, EVOLUZIONE E FUTURO: A COMINCIARE DA CRISTAL ROSÉ
2<br />
Il bersaglio della nuova normalità<br />
Nel <strong>2024</strong> della nuova normalità, che non deve spaventare ma piuttosto<br />
aiutare a riflettere, ci si interroga, più e più, sul futuro del vino. Posizioni<br />
e ricette sono tante: tutti sembrano abbiano qualcosa da dire in tema. Tra<br />
le Cassandre e gli struzzi, cioè tra chi prefigura sventure apocalittiche e<br />
chi finge che non ci sia nessun problema all’orizzonte, si staglia qualche<br />
voce di assoluto buon senso. Sono le parole di chi questi mari li naviga da<br />
sempre e che sa bene che la risposta ai tempi che mutano non può certo<br />
essere quella di fare tabula rasa. Stiamo parlando di Unione Italiana Vini,<br />
che per voce del suo presidente Lamberto Frescobaldi dice no agli estirpi<br />
incondizionati, privandosi di quella vigna fondamentale non solo per<br />
le imprese ma per intere comunità rurali, sì al contenimento delle rese e<br />
all’abbassamento della gradazione alcolica dei vini, suggerisce l’allargamento<br />
della misura Ocm Promozione in ambito unionale e di trasferire i<br />
fondi inutilizzati al plafond dell’anno successivo. Pochi chiari ingredienti,<br />
per condurre in porto una semplificazione delle regole del gioco e portare<br />
a una reale modifica strutturale del settore e delle pratiche enologiche.<br />
Oggi, un ripensamento di sé è quanto mai necessario per il mondo del<br />
vino. Ma come dice Frescobaldi, “occorre ragionare sui dati e non di pancia”.<br />
Un rinnovato abbinamento con i trend di consumo non è solo auspicabile,<br />
ma deve essere la mission di tutti noi che viviamo questo universo<br />
fantastico. Però, non si devono affrontare le sfide del futuro con timore,<br />
ma mirare in alto, come l’arciere che vuole centrare il bersaglio.<br />
04 Dossier. Debutta in Italia il Brut Millésimé<br />
2015, rarità firmata Laurent-Perrier<br />
<strong>10</strong> Dossier. Maison Telmont lancia Réserve de<br />
la Terre, nuovo Champagne <strong>10</strong>0% bio<br />
13 Dossier. Premium Wine Selection:<br />
lo Champagne è per tutti<br />
SOMMARIO<br />
17 Dossier. Santa Teresa 1796 e Champagne<br />
Bollinger s’incontrano a Terrazza Martini<br />
24 Focus On. Anteprima Rosé del Cristo 2022<br />
Cavicchioli, eccellenza del Lambrusco<br />
25 Giramondo. Il volto spumeggiante<br />
della Barbera<br />
WINECOUTURE - winecouture.it<br />
Direttore responsabile Riccardo Colletti<br />
Direttore editoriale Luca Figini<br />
Coordinamento Matteo Borré (matteoborre@nelsonsrl.com)<br />
Marketing & Operations Roberta Rancati<br />
Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello,<br />
Luciana Rota<br />
Art direction Inventium s.r.l.<br />
Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa<br />
Sociale Onlus (Novara)<br />
Editore Nelson Srl<br />
Viale Murillo, 3 - 20149 Milano<br />
Telefono 02.84076127<br />
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www.nelsonsrl.com<br />
Registrazione al Tribunale di Milano n. 12<br />
del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -<br />
Iscrizione ROC n° 33940 del 5 Febbraio 2020<br />
Periodico bimestrale<br />
Anno 5 - Numero 9/<strong>10</strong> - Ottobre <strong>2024</strong><br />
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L’editore garantisce la massima riservatezza<br />
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Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli<br />
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Responsabile dati Riccardo Colletti<br />
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20149 Milano
4<br />
DOSSIER<br />
Il volto meno noto<br />
di Laurent-Perrier<br />
Debutta in Italia il Brut Millésimé 2015, una rarità<br />
per la Maison di Tours-sur-Marne<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
Dopo la rivoluzione tutta da scoprire di Héritage, primo Champagne Brut<br />
da <strong>10</strong>0% vini di riserva, Laurent-Perrier chiude l’anno con un nuovo lancio<br />
sul mercato italiano: quello del Brut Millésimé 2015. Un prodotto che,<br />
da sempre, racconta il lato meno noto della Maison di Tours-sur-Marne.<br />
I millesimati Laurent‐Perrier sono, infatti, molto rari: meno di un’annata<br />
su due, quando il mercato millesima più di tre annate su quattro. Ma questo assemblaggio<br />
in parti uguali dei migliori Crus di Chardonnay della Côte des Blancs (da Chouilly, Oger,<br />
Cramant, Oiry) e di Pinot Noir della Montagne de Reims (da Tours‐sur‐Marne, Aÿ, Tauxières,<br />
Verzenay, Ambonnay), oggi porta con sé un ulteriore elemento di novità, con la<br />
vesta della storica bottiglia scudata che definisce l’iconografia della Maison a rinnovarne<br />
l’immagine. Poi, il Brut Millésimé 2015 è racconto di un annata caratterizzata da eventi<br />
climatici estremi che tuttavia ha condotto a una perfetta maturazione delle uve. Successivamente<br />
sono sette gli anni di affinamento sui lieviti a regalare un vino dal perlage fine e<br />
persistente, che in bocca si contraddistingue per l’attacco vivace che lascia il posto ad un<br />
palato cremoso ed elegante con note di limone candito e caprifoglio. Per uno Champagne<br />
che si abbina bene con il carpaccio di capesante agli agrumi, la spigola in crosta di erbe o il<br />
pollo arrosto agli agrumi e pan di zenzero. “Il millesimato è da sempre un prodotto che esce<br />
un po’ dai canoni di Laurent‐Perrier”, sottolinea Stefano Della Porta, neo amministratore<br />
delegato della filiale italiana. “La particolarità sta proprio nella scelta di dichiarare molte<br />
meno annate rispetto alla media del mercato, in quanto raramente in Laurent‐Perrier si<br />
ritiene realmente opportuno farlo per preservare quello che è il nostro stile maggiormente<br />
improntato all’eleganza rispettando al contempo il carattere peculiare dell’annata”. La novità<br />
che accompagna il debutto in Italia del Brut Millésimé 2015 è la nuova veste. “Anche<br />
il nostro millesimato si uniforma all’iconica immagine scudata e alle forme delle produzioni<br />
simbolo Laurent‐Perrier, raggiugendo l’altra new entry Héritage, il Blanc de Blancs<br />
e la Cuvée Rosé”, spiega Della Porta. Ma è un prodotto, il Brut Millésimé, che riscuote da<br />
sempre notevole successo nel Bel Paese. “Vale sempre quasi il 5% delle nostre vendite, dato<br />
eclatante rispetto al mercato”, prosegue il nuovo amministratore delegato. “Una referenza<br />
destinata alla media e alta ristorazione, oltre che all’universo delle enoteche. Arriviamo<br />
oggi con l’annata 2015, che segue la 2012 e, prima, la 2008, per raccontare un assemblaggio<br />
davvero l’unione di alcuni dei migliori terroir della Champagne”. Il Brut Millésimé 2015<br />
Laurent-Perrier non è, come detto, l’unica novità ad aver caratterizzato il <strong>2024</strong> della Maison<br />
in Italia. “Il debutto di Héritage ha rappresentato un vero toccasana, in un mercato<br />
dello Champagne quest’anno meno dinamico dei precedenti e che nel primo semestre ha<br />
registrato un complessivo -15% sullo stesso periodo 2023 nelle importazioni in Italia”, sottolinea<br />
Della Porta. “Se l’accoglienza è stata buona, anche a fronte della curiosità suscitata<br />
da un’innovazione di prodotto che arrivava da un nome noto come Laurent-Perrier, registriamo<br />
un reale riscontro rispetto al prodotto, con i primi clienti che stanno confermando<br />
la fiducia e la rotazione di questa nuova referenza dal grande potenziale evolutivo”. Due<br />
new entry, Héritage e il Brut Millésimé 2015, saranno carte in più anche in vista della volata<br />
finale di fine anno, quella che da sempre sancisce commercialmente l’annata per la bollicina<br />
francese più desiderata. “Per quel che riguarda l’universo Champagne, occorre fare<br />
un distinguo sui numeri: è vero che sono inferiori allo scorso anno, ma se li si confronta al<br />
pre-Covid si è sostanzialmente in linea”, evidenzia l’amministratore delegato. “Lo Champagne<br />
è in quel range di volumi, in termini di vendite, dove dovrebbe stare per sua natura.<br />
E serve un ritorno a un po’ di sano realismo, innanzitutto produttivo dopo l’ultimo triennio,<br />
oltre che nei prezzi, con un più sano ripensamento di quelli che sono i ricarichi, dopo<br />
gli aumenti dei prezzi che hanno colpito il consumatore finale. Tanti operatori se ne sono<br />
accorti e stanno già facendo i primi passi per riadattarsi a una nuova normalità, specie sui<br />
vini di fascia alta”. Oggi, il mercato in Italia sta premiando Laurent-Perrier come marchio,<br />
dove guadagna spazio nel suo segmento di riferimento, conquistando quote tra le Maison<br />
famigliari. “Siamo in linea, commercialmente, con i numeri del 2023”, conclude Della Porta.<br />
“Anche perché la risposta che stiamo dando è in linea con quello che il consumatore sta<br />
cercando. E per il prossimo Natale, la previsione è di un sempre maggiore consolidamento<br />
di questa fidelizzazione al brand da parte del pubblico, come spesso accade in periodi d’incertezza<br />
come quelli che stiamo vivendo”.
6<br />
L’<br />
evoluzione di un mito, che oggi entra nella leggenda.<br />
Cristal Rosé, Cuvée de Prestige della Maison Louis<br />
Roederer, compie 50 anni. Mezzo secolo per “diventare<br />
grandi” e che racconta di una sfumatura differente<br />
dall’icona nata nel 1876. Per un progetto sempre all’inseguimento<br />
di qualcosa di più, in un susseguirsi di vendemmie,<br />
cambiamenti delle tecniche di vinificazione e<br />
approcci alla vigna. Un percorso di riflessione, di crescita<br />
e di trasformazione di una creazione che rappresenta<br />
il primo passo nella ricerca verso il raggiungimento della<br />
massima finezza. Un lavoro che prende il via nel 1974,<br />
con le prime selezioni parcellari e la messa a punto di<br />
una tecnica rivoluzionaria, pioneristica: quella dell’infusione.<br />
Ma il tendere alla perfezione è mestiere che<br />
guarda costantemente oltre, così la decade successiva,<br />
tra il 1998 e il 2006, vede il passo dettato dallo studio<br />
più approfondito del terroir e il perfezionamento dei<br />
protocolli di vinificazione. Sono gli anni in cui il cambiamento<br />
climatico inizia a dare i primi segnali sui diversi<br />
stadi di maturazione delle uve. Serve muoversi,<br />
di conseguenza, fin da subito. Così, il mutare dei paradigmi<br />
impone altre calibrazioni, in vigneto soprattutto:<br />
Maison Louis Roederer inizia il percorso di conversione<br />
biologica nel 2000, con l’arrivo dello chef de cave Jean-Baptiste<br />
Lécaillon. Agronomo ed enologo, affina la<br />
sua tecnica d’infusione dolce facendola diventare una<br />
pratica pioneristica. Nel 2008, una delle più belle annate<br />
del secolo, si rinnovano anche le parcelle storiche impiegate<br />
per il blend. È così che Cristal Rosé entra in una<br />
nuova dimensione. Un’evoluzione, quella che ha visto<br />
protagonista questo Champagne mito lungo 50 anni,<br />
che ha corso in parallelo a quella della Maison Louis<br />
Roederer, in un costante dialogo tra vigna e cantina.<br />
L’intuzione di Jean-Claude Rouzaud<br />
1974, 1975 e 1976. Poi, 1978. Ancora: 1981, 1982 e 1983.<br />
Poi, 1985. Di nuovo: 1988, 1989 e 1990. Assomiglia<br />
quasi a una sorta d’incantesimo scorrere le annate del<br />
Cristal Rosé realizzate durante il suo mezzo secolo di<br />
esistenza. Un pattern che s’interrompe con un duplice<br />
biennio: il 1995-1996, cui seguirà il 1999-2000. Il nuovo<br />
millennio, poi, detterà nuovi paradigmi e sarà decisamente<br />
più generoso dei decenni precedenti, con il Cristal<br />
Rosé a vedere la luce nel 2002, 2004, 2005, 2006,<br />
2007, 2008, 2009, 2012, 2013 e 2014. Con la creazione<br />
di Jean-Claude Rouzaud – il primo ad aver colto le implicazioni<br />
della necessità di un costante dialogo tra vigna<br />
e cantina, gettando così le basi della reinterpretazione<br />
costante di questa sua opera – che mai si è accontentata<br />
di restare fissa, immobilizzata all’intuizione iniziale.<br />
Dopo il debutto dalla vendemmia 1974, infatti, Cristal<br />
Rosé riscuote un immediato successo tra i grandi appassionati,<br />
diventando espressione iconica capace di sfoggiare<br />
energia accompagnata da una texture concentrata<br />
e fine. All’epoca responsabile dei vigneti e delle cantine,<br />
Jean-Claude Rouzaud scommette sul Pinot Noir da Aÿ<br />
e lo Chardonnay di Avize e Le Mesnil-sur-Oger. Prende<br />
così forma il primo assemblaggio, che però dietro la sfumatura<br />
Rosé cela tanto di più.<br />
Le prime selezioni parcellari<br />
Soprannominata “la Musigny della Champagne”, la<br />
zona delle Bonottes, ad Aÿ, è il cuore del Domaine Cristal.<br />
Le sue dorsali calcaree danno vita a Pinot Noir ricchi<br />
di texture e di succhi, dai profumi incantevoli, con<br />
un meraviglioso equilibrio tra finezza e concentrazione.<br />
È in questa zona che Jean-Claude Rouzaud seleziona le<br />
prime parcelle di Pinot Noir del Cristal Rosé. Si tratta<br />
di quelle che maturano più precocemente: la Bonotte<br />
Pierre Robert, la Gargeotte e la Côte du Moulin. È solo<br />
l’inizio di una grande avventura per quelli che saranno<br />
riconosciuti in seguito come dei veri e propri filari predestinati.<br />
Queste parcelle storiche, infatti, diventeranno<br />
la fonte principale, per Maison Louis Roederer, del<br />
progetto “In Vinifera Æternitas” sulla selezione massale<br />
delle viti. Ma prima, per mezzo secolo, le loro uve sono<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
DOSSIER<br />
Mezzo secolo<br />
di Cristal Rosé<br />
La storia di 50 anni di tensione alla perfezione<br />
della Cuvée de Prestige della Maison Louis Roederer
7<br />
chiamate a sposare gli Chardonnay un po’ più gessosi e<br />
salini, raccolti a fine vendemmia negli appezzamenti di<br />
Montmartin (Mesnil-sur- Oger) e Pierre Vaudón (Avize),<br />
il cui decisivo contributo nell’assemblaggio consentiva<br />
di contrastare e affinare i sapori dei Pinot Noir<br />
dall’eccezionale concentrazione.<br />
Il cambiamento climatico e la rivoluzione in<br />
vigna<br />
Gli inizi degli anni 2000 portano a una constatazione:<br />
il cambiamento climatico è in atto e occorre mettere<br />
mano al materiale vegetale. Impegnandosi molto presto<br />
nell’adozione di pratiche agricole sostenibili e virtuose,<br />
Maison Louis Roederer dà il via alla sua grande evoluzione.<br />
“Era necessario rigenerare il materiale vegetale e<br />
ritrovare una parte dell’unicità del nostro stile attraverso<br />
la selezione massale”, spiega Jean-Baptiste Lécaillon.<br />
Dal 1998, una nuova parcella a un’altitudine superiore<br />
sulla collina di Aÿ e più tardiva, La Villiers, viene<br />
reimpiantata dopo diversi anni di maggese con giovani<br />
piante provenienti dalla selezione massale. All’interno<br />
di una più generale riflessione sul futuro della viticoltura,<br />
è l’inizio di una ridefinizione continua delle parcelle<br />
del Cristal Rosé. Questa selezione rigorosa delle migliori<br />
viti, provenienti dai vigneti storici che da sempre<br />
concorrono alla fisionomia della Cuvée de Prestige, si<br />
basa infatti sulla scelta di selezioni massali che portano<br />
a basse rese, a uve dense e dai profumi più concentrati.<br />
Ma la rivoluzione in vigna passa anche da una transizione<br />
verso una coltivazione biologica rigenerativa, che<br />
prende il via nel 2006 proprio dalle parcelle del Domaine<br />
Cristal Rosé. Si rafforza così l’effetto terroir, con il<br />
vino a rivelare più profumi, sfumature ed energia. Ma<br />
all’interno dell’equazione Cristal Rosé, la tecnica in vigna<br />
è da sempre associata a quella in cantina.<br />
meccanici, sfruttando solamente la pressione osmotica<br />
del succo d’uva. Questo primo atto consente di conservare<br />
la delicatezza degli aromi del Pinot Noir senza<br />
rischiare di estrarre tannini, che potrebbero sembrare<br />
troppo intensi a contatto con l’alcol. I succhi vengono<br />
poi separati dalle bucce e assemblati con quelli di<br />
Chardonnay prima della fase di rilascio degli aromi,<br />
che avviene durante la fermentazione alcolica. Alla<br />
metà degli anni Novanta, gli effetti del cambiamento<br />
climatico portano a un’intensificazione della maturazione<br />
e alla concentrazione della materia, rendendo<br />
necessari i primi aggiustamenti di rotta, in un costante<br />
gioco di equilibri per preservare la massima finezza<br />
aromatica. Sono anni di riflessione e di sperimentazione,<br />
che conducono a spingersi oltre, separando in<br />
modo ancora più preciso le due fasi di infusione e di<br />
fermentazione. La mano dietro questo passo in avanti<br />
è quella di Jean-Baptiste Lécaillon, Chef de Caves e responsabile<br />
dei vigneti dal 1999, che riesce a far progredire<br />
la tecnica, ispirandosi in particolare al lavoro dei<br />
grandi Maestri del tè giapponesi, che padroneggiano<br />
l’arte della preparazione e dell’infusione delle foglie di<br />
tè per estrarre succhi ancora più freschi, precisi e brillanti:<br />
per uno impegno che prosegue ormai da quasi<br />
25 anni, sostenuto dalla nascita, nel 2008, della nuova<br />
cantina sperimentale, dotata di attrezzature all’avanguardia<br />
per preparare, con ancora più precisione, ogni<br />
singolo grappolo già prima del processo iniziale, preservando<br />
l’intensità e la purezza del frutto originario.<br />
Se l’infusione, così, si fa più dolce, la fermentazione<br />
viene invece reinventata per diventare maggiormente<br />
dinamica ed espressiva: i lieviti rivelano gli aromi<br />
con un tratto netto, deciso e preciso, sviluppando una<br />
texture vellutata e perfettamente integrata, dal finale<br />
salino, intenso. Calibrazioni che portano a risultati<br />
immediati: i succhi ottenuti sono più profumati e<br />
più freschi, i colori maggiormente luminosi. La parte<br />
aromatica cattura la freschezza del frutto e la capacità<br />
d’invecchiamento del vino aumenta. L’anno della trasformazione<br />
del paradigma, il 2008, porta in dote una<br />
delle più grandi annate di Cristal Rosé mai realizzate,<br />
figlia del millesimo leggendario, certo, ma sostenuta<br />
dai cambiamenti nella viticoltura e nella vinificazione.<br />
Il futuro della Cuvée de Prestige di Maison Louis<br />
Roederer, però, ha ancora nuovi capitoli da scrivere<br />
innanzi a sé.<br />
“In Vinifera Æternitas”<br />
50 anni fa, le parcelle utilizzate per l’assemblaggio del Cristal<br />
Rosé erano quelle con le viti più vecchie, capaci di donare<br />
uve dalla maturazione ottimale. L’esistenza stessa di<br />
questa nuova Cuvée ha consentito la loro conservazione<br />
e, qualche tempo dopo, la pratica della selezione massale,<br />
iniziando proprio dalle piante più storiche. Così, il Cristal<br />
Rosé ha avuto un ruolo determinante nella storia e nei<br />
progressi culturali della Maison.<br />
È una più generale riflessione sulla conservazione del patrimonio<br />
vegetale quello in cui s’innesta, nel 2016, il piano<br />
di rinnovo dei vigneti per garantire il futuro della Cuvée<br />
de Prestige di Maison Louis Roederer. La Gargeotte<br />
viene così reimpiantata con le selezioni massali del Cristal<br />
Rosé, ma si tratta solo di un inizio. Questi lavori nei vigneti<br />
danno il via al lungo percorso di sperimentazione che ha<br />
condotto al progetto “In Vinifera Æternitas”.<br />
Se da un lato, oggi, Maison Louis Roederer accompagna<br />
la natura favorendo pratiche virtuose – quali la conservazione<br />
della diversità genetica delle piante attraverso la<br />
selezione massale, la coltivazione dei portainnesti direttamente<br />
nei Domaine, la potatura nel rispetto del flusso<br />
della linfa, la manutenzione di siepi e muretti, l’introduzione<br />
di arnie, la presenza di alberi da frutto con vecchie<br />
varietà di peschi, peri e meli, l’alternanza tra coltivazione<br />
e maggese o la conservazione delle parcelle come un prezioso<br />
mosaico geologico – dall’altro ha accelerato sulla<br />
strada della conservazione del proprio patrimonio vegetale.<br />
A distanza di 20 anni dall’impianto, nel 2018 le viti<br />
di La Villers hanno sviluppato il loro apparato radicale<br />
in profondità sullo zoccolo calcareo, trasformandosi nel<br />
cuore del Pinot Noir per il Cristal Rosé. In seguito, nel<br />
2021, la parcella di Bonotte Pierre Robert è stata reimpiantata<br />
con densità d’impianto maggiori e siepi a foglia<br />
più importanti per concentrare ulteriormente gli aromi<br />
delle uve, con le piante scelte a beneficiare dell’immenso<br />
lavoro di selezione massale svolto dall’équipe di Maison<br />
Louis Roederer, che ha optato per una soluzione capace<br />
di donare grappoli più piccoli ma abbastanza diradati<br />
per prolungare il processo di maturazione. Nuovi grandi<br />
passi per tratteggiare il futuro eterno di Cristal Rosé.<br />
DOSSIER<br />
L’infusione dolce<br />
La prima annata del Cristal Rosé è uno sfaccettato<br />
assemblaggio fatto di contrasti, proveniente dalle parcelle<br />
più vecchie e meglio esposte della Maison Louis<br />
Roederer. È anche il frutto di un metodo particolare e<br />
pionieristico, l’infusione dolce, diventato il tratto distintivo<br />
di questa Cuvée de Prestige. È una rivoluzione<br />
nel mondo dello Champagne in rosa: per estrarre i<br />
precursori aromatici più nobili, contenuti nelle bucce<br />
delle uve, si effettua infatti un’estrazione controllata e<br />
rapida dei Pinot Noir, in fase liquida, senza interventi
8<br />
DOSSIER<br />
Photo: agencediscovery<br />
Abelé 1757<br />
e il valore del tempo<br />
Il nuovo volto della quinta più antica<br />
Maison di Champagne<br />
Il valore del tempo è tutto quando si parla di Champagne.<br />
È proprio l’incedere dei giorni e degli anni,<br />
infatti, a dettare il passo nella creazione delle bollicine<br />
più celebrate al mondo. Un elemento imprescindibile,<br />
il tempo, a determinare i profili in bottiglia,<br />
ma anche le storie di chi dà forma alla magia dello<br />
Champagne. Come per Abelé 1757, la quinta più antica<br />
Maison di Champagne, realtà fondata a metà del XVIII<br />
secolo dal trisavolo di colui il quale, nel 1876, le donò<br />
il suo attuale nome. È una vera e propria epopea, quella<br />
che ha tracciato lungo il corso dei secoli un marchio che<br />
oggi, a distanza di 250 anni, si è reinventato, riaffermando<br />
il proprio legame indissolubile con le origini, facendo<br />
di Reims, la “Città delle incoronazioni”, il caposaldo di<br />
un nuovo capitolo di una già gloriosa storia. È un lavoro<br />
di cesello quello da cui prendono vita gli Champagne<br />
sartoriali realizzati da Abelé 1757, che da sempre hanno<br />
nella paziente attesa uno dei loro tratti peculiari. La lunga<br />
maturazione, infatti, definisce l’anima di queste bollicine<br />
plasmate nei sotterranei del civico 50 di rue de Sillery,<br />
dal 1880 indirizzo storico della Maison a Reims: qui, ad<br />
una profondità di 20 metri, si snodano due chilometri<br />
di gallerie modellate dalla mano dell’uomo nella roccia<br />
calcarea grezza, che fanno da cornice al lavoro di Etienne<br />
Eteneau, lo Chef de Caves, che ha trasformato quello che<br />
lungo i secoli è stato un vero laboratorio d’innovazione,<br />
in un atelier creativo scavato nel gesso. È una produzione<br />
da sempre in quantità molto limitate, quella figlia del<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
savoir-faire artigianale di Abelé 1757: il riflesso dell’arte<br />
di collezionare terroirs. La “Maison Boutique” di Reims,<br />
infatti, seleziona da sempre le uve, da una ristretta cerchia<br />
di viticoltori artigiani con cui vanta forti legami, in quegli<br />
angoli di Champagne in cui il potenziale aromatico è il<br />
più promettente per concorrere allo sviluppo di assemblaggi<br />
unici e puntuali. Ed è poi una ricetta ben precisa<br />
quella a definire le cuvée firmate Abelé 1757: l’obiettivo è<br />
di produrre Champagne eccezionali, su misura e di lunga<br />
maturazione, in cui lo Chardonnay sia il protagonista. La<br />
sottile arte dell’assemblage entra così in gioco definendo<br />
una gamma essenziale ma completa, che vede Abelé 1757<br />
Brut e Le Sourire de Reims quali standard di riferimento.<br />
Poi, lo stile della Maison è dettato dall’eco prezioso del<br />
tempo che scorre: è così, infatti, che fa sua la materia, in<br />
modo da plasmarla al meglio per dare forma a creazioni<br />
intrise di finezza e precisione. Ogni annata degli Champagne<br />
Abelé 1757 è una sinfonia di profumi: fragranze<br />
fruttate e floreali, potenti e delicate, destinate ad esaltare il<br />
palato degli appassionati più esigenti. Un costante inseguimento<br />
dell’eccellenza, ponte che unisce passato, presente<br />
e futuro della Maison, su cui veglia attentamente Etienne<br />
Eteneau. Il responsabile delle cantine, la cui esperienza<br />
e sensibilità contribuiscono in maniera decisiva nel preservare<br />
la tradizionale firma in bottiglia di Abelé 1757, ha<br />
promosso al contempo interventi e calibrazioni nel solco<br />
della continuità: dalla riduzione dei dosaggi all’aumento<br />
della percentuale dei vin de réserve, passando per una, se<br />
possibile, più meticolosa accuratezza nella creazione degli<br />
assemblaggi. Poi, con l’obiettivo di identificare ancor più<br />
lo stile della Maison, lo Chef de Caves ha optato per l’utilizzo<br />
esclusivo di liqueur d’expédition <strong>10</strong>0% Chardonnay<br />
multi-millesimato per tutto l’assortimento. La precisione<br />
di ogni gesto definisce così una collezione che si compone<br />
del Brut, del Blanc de Blancs e del Rosé, Champagne<br />
non millesimati, e del Sourire de Reims, Cuvée de Prestige<br />
che matura sui lieviti per <strong>10</strong> anni ed è declinata in<br />
Brut – assemblaggio tra lo Chardonnay della Côte des<br />
Blancs, con in prima fila Cramant e Bergères-Les-Vertus,<br />
e il Pinot Noir della parte nord della Montagne de Reims,<br />
con Verzy, Verzenay e Ludes – e Rosé – <strong>10</strong>0% Pinot Noir<br />
delle colline di Les Riceys. Sono però le prime tre bollicine<br />
le protagoniste di quella che è una delle grandi novità<br />
<strong>2024</strong>, con la fisionomia della loro bottiglia che si rinnova,<br />
slanciandosi, e muta di tonalità, per ricordare nelle forme<br />
e nei colori l’eleganza dei due “fratelli maggiori”. Ma<br />
oltre l’evoluzione estetica, da segnalare è anche come le<br />
tre cuvée non millesimate oggi in arrivo siano figlie del<br />
tiraggio 2020, il primo con Etienne Eteneau al timone, a<br />
pochi mesi di distanza dalla sua nomina a Chef de Caves:<br />
se una grande ricchezza aromatica, la sua freschezza e il<br />
profilo maturo degli aromi fruttati rendono il Abele 1757<br />
Blanc de Blancs un vino di grande finezza, è tuttavia Abele<br />
1757 Brut la cuvée che, con il suo profilo complesso,<br />
esprime tutta la delicatezza di una bollicina di Champagne;<br />
intenso e fruttato, infine, Abele 1757 Brut Rosé è il<br />
tocco di charme, sintesi di eleganza e sensualità, perfetto<br />
equilibrio tra l’emblematico Chardonnay cifra della<br />
Maison e il Pinot Noir figlio dei vigneti di Les Riceys.<br />
Nuove espressioni di una gamma che si reinventa, rimanendo<br />
fedele a un’identità artigianale che vede l’uomo<br />
al centro e il tempo come suo più prezioso alleato.
9<br />
Esistono tanti volti della Champagne. Ci sono quelli degli Chef de Cave e dei capitani<br />
d’industria delle Maison più note, che a lungo ha dettato il passo dell’evoluzione<br />
della bollicina francese più amata. Ci sono quelli dei Vigneron di grido,<br />
oggi sempre più superstar dall’anima rock con le loro rivoluzioni in vigna e cantina.<br />
E poi c’è un’anima nascosta, quella di una storia a lungo celata nelle pieghe<br />
di una riservatezza che ha sempre privilegiato il “fare” al mondano “apparire”. È questo il<br />
caso di una nuova “giovane” Maison che lega il suo nome e il suo savoir-faire a un passato<br />
glorioso e ancora più a uno dei volti che più hanno plasmato la Champagne e la bollicina<br />
che nasce in questo territorio straordinario nel corso del ‘900: parliamo di Monsieur Gaston<br />
Burtin. Un profilo, il suo, poco noto al grande pubblico internazionale, anche quello<br />
dei veri appassionati, ma che è il fondamento di quello Champagne Hommage à Gaston<br />
Burtin che sempre più si sta affacciando prepotente sulle tavole di tutto il mondo. “Carneade!<br />
Chi era costui?”. Il celebre interrogativo che nei Promessi sposi Alessandro Manzoni<br />
mette in bocca a don Abbondio potrebbe ritornare oggi anche per colui che nel 1933,<br />
all’età di 33 anni, decise di avviare la propria impresa dando vita all’azienda Maison Burtin.<br />
Erano passati solo <strong>10</strong> anni da quando, nel 1923, quest’uomo intraprendente originario<br />
dell’Aisne si era stabilito in Champagne. Il suo credo per tutta la vita sarà uno: “Sii audace e<br />
parla poco”. Ed è così che Monsieur Gaston Burtin ha saputo nel corso dei decenni imporsi<br />
come uno dei riferimenti per il mercato e la produzione della bollicina più famosa al mondo.<br />
Il suo intuito, che lo porterà a diventare uno degli uomini più ricchi di Francia, è legato<br />
a una visione chiara: la volontà in ogni dettaglio di valorizzare il lavoro in vigna e consentire<br />
alle uve di offrire il meglio di sé. Nel 1958 acquista lo Château des Archers, magnifico<br />
edificio a pochi passi dall’Avenue de Champagne a Épernay, sotto il quale si celava una rete<br />
di cantine di 15 km disposta su due piani. Alla parte storica, Gaston Burtin affianca una<br />
nuova struttura all’avanguardia. A venire scavate nel gesso, fino a 35 metri di profondità,<br />
sono moderne cantine su nove livelli. È così che in poco tempo Maison Burtin si trasforma<br />
in un riferimento per la Champagne del tempo, tanto da portare il suo fondatore a rivestire<br />
per sei anni la carica di presidente del Syndicat des négociants en vins de Champagne. In<br />
un perfetto equilibrio tra ambizione e discrezione, prende il via una lunga epopea che s’interromperà,<br />
ma solo temporaneamente, con la sua scomparsa nel 1995. Il filo si riannoda<br />
nel 2022, quando riprende vita il sogno del fondatore con una gamma finemente cesellata,<br />
dedicata al mercato Horeca e alle enoteche, di cinque cuvée dallo stile singolare: Champagne<br />
Hommage à Gaston Burtin. Se a firmare queste creazioni è oggi la giovane enologa<br />
Flore Philippe, classe 1993, entrata a far parte del team di vinificazione nel 2020, la filosofia<br />
della realtà di Epernay si fonda sull’invecchiamento dei vin de réserve tramite Metodo<br />
Solera, adottato nel 2005, così da garantire una qualità costante del prodotto nel tempo.<br />
L’obiettivo, poi, è lo stesso delle origini: valorizzare il lavoro in vigna e consentire alle uve<br />
di offrire il meglio di sé. Perché ancora oggi, grazie alle storiche relazioni avviate dal suo<br />
fondatore, Maison Burtin è in grado di attingere a una tavolozza di cru, alcuni classificati<br />
Grand e Premier Cru, dalla Côte des Blancs all’Aube, passando per la Vallée de la Marne<br />
e la Montagne de Reims. Prodotte da singole varietà attentamente selezionate o frutto di<br />
sottili assemblaggi, le cuvée della gamma di Champagne Hommage à Gaston Burtin rivelano<br />
il proprio carattere. Alle quattro etichette che hanno rappresentato il principio della<br />
seconda avventura targata Maison Burtin – il Brut, bollicina versatile che nasce dal 49% di<br />
vin de réserve invecchiati tramite Metodo Solera, il Brut Rosé, realizzato prevalentemente<br />
da uve Meunier, il Blanc de Blancs, <strong>10</strong>0% Chardonnay che prende vita solo nelle grandi<br />
annate (ora 2018), e il Vintage, millesimato (ora 2014) in prevalenza da Grand e Premier<br />
Cru che rivela con precisione la complessità dell’annata – lo scorso anno si è affiancata<br />
anche in Italia l’Extra Brut. Questa cuvée, composta da 40% Pinot Noir, 40% Meunier e<br />
20% Chardonnay, provenienti dai migliori territori della Champagne, si distingue al primo<br />
sguardo per i riflessi dorati. I suoi sentori di scorza d’arancia e lampone sono bilanciati da<br />
una freschezza acidula. Al naso presenta note di frutti bianchi, miele d’acacia e la dolcezza<br />
della punta di brioches. Le note aromatiche, unite al basso dosaggio e al lungo invecchiamento,<br />
lo rendono vino elegante, puro e fine, perfetto per accompagnare aperitivi, sushi,<br />
pesce crudo e frutti di mare. Per un nuovo must che sottolinea quanto, a distanza di quasi<br />
un secolo, la visione di Monsieur Gaston Burtin sia ancora perfettamente attuale.<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
L’insegnamento<br />
di Monsieur Gaston Burtin<br />
L’essenzialità della cuvée Extra Brut<br />
e una visione da sempre attuale<br />
DOSSIER
<strong>10</strong><br />
DOSSIER<br />
“Il sapore<br />
del futuro”<br />
Maison Telmont lancia Réserve de la Terre,<br />
il nuovo Champagne <strong>10</strong>0% biologico<br />
DI ROBERTA RANCATI<br />
La scelta della sostenibilità è strada lunga e<br />
complessa nel vino. Le bollicine non fanno<br />
eccezione, come dimostra l’unità d’intenti<br />
che ha posto attorno lo stesso tavolo la quarta<br />
generazione di una storica famiglia produttrice<br />
di Champagne, con il capo della cantina e della parte<br />
vinicola Bertrand Lhôpital, un colosso internazionale<br />
come il gruppo Rémy Cointreau, un istrionico presidente<br />
e azionista, qual è Ludovic du Plessis, e la superstar di<br />
Hollywood, ambientalista, investitore e premio Oscar,<br />
Leonardo DiCaprio. È questo il blend che sta conducendo<br />
Maison Telmont, realtà fondata nel 1912 e con sede<br />
a Damery, nelle vicinanze di Épernay, in un futuro sempre<br />
più green. A testimoniarlo, in tutta la sua più reale<br />
concretezza, è l’ultima novità che oggi fa il suo debutto<br />
in Italia, distribuito da Molinari, inno alla purezza e<br />
all’agricoltura biologica: è la nuova cuvée Réserve de la<br />
Terre. Una dichiarazione d’intenti in bottiglia, come ha<br />
tenuto a sottolineare il presidente della Maison, Ludovic<br />
du Plessis, in occasione della presentazione della nuova<br />
cuvée, andata in scena al Bulgari Hotel di Milano: “Con<br />
questa nuova cuvée Réserve de la Terre, Telmont continua<br />
a dimostrare i benefici dell’agricoltura biologica per<br />
il suolo, i viticoltori e il vino stesso. È il sapore del futuro”.<br />
E che ci sia più gusto in un impegno sostenibile nella<br />
creazione delle bollicine francesi più pregiate lo testimoniano<br />
anche le parole di due nobili padri della nuova<br />
etichetta: Bertrand Lhôpital, cellar Master e Grape Father<br />
di Maison Telmont, e Richard Geoffroy, già Cellar<br />
Master e Chef de Cave di Dom Pérignon, oggi fondatore<br />
e produttore di Iwa Sake. “Questa cuvée biologica è<br />
una delle mie più grandi vittorie”, sottolinea Bertrand<br />
Lhôpital. “È il frutto del mio lungo impegno nella viticoltura<br />
biologica e del rispetto che nutro verso il terroir<br />
e le viti. Un manifesto-cuvée, radioso, luminoso e pieno<br />
di vita”. A fare eco sono le parole di Geoffroy: “Questo<br />
vino è solare, radioso e rivela il terroir in tutta la sua purezza.<br />
È il futuro dello Champagne: una coerenza totale<br />
tra intenzione e risultato. Luminosità, energia, armonia<br />
e serenità”. Ma l’ultima creazione in bottiglia non è altro<br />
che il risultato di un percorso molto più lungo, che ha<br />
preso il via diversi anni fa, portando Maison Telmont<br />
a implicarsi su più fronti a sostegno di una produzione<br />
sempre più green: tanto che tra i suoi ambiziosi obiettivi,<br />
l’azienda mira a essere Climate Positive entro il 2030<br />
e Net Positive entro il 2050. Ma c’è molto di più, che<br />
è sintetizzabile con la rivendicazione della Maison ben<br />
precisa: “Il vino sarà buono se la Terra sarà bella”. Una linea<br />
di condotta che l’ha portata ad ottenere la sua prima<br />
certificazione AB (Agricoltura Biologica) nel 2017 per<br />
una parte delle sue parcelle e, a seguito dell’acquisizione<br />
della quota di maggioranza da parte del gruppo Rémy<br />
Cointreau, al lancio nel 2021 del programma “Au Nom<br />
de la Terre” (“In nome di Madre Natura”), l’avveniristico<br />
progetto che ha portato al cuore delle strategie del<br />
marchio l’obiettivo della creazione di uno Champagne<br />
<strong>10</strong>0% bio di alta qualità e realizzato nella maniera più<br />
sostenibile possibile. Un orizzonte green, che ha convinto<br />
anche la superstar ambientalista e premio Oscar<br />
Leonardo DiCaprio a investire nell’azionariato di Maison<br />
Telmont e che in questi anni ha condotto a tanti importanti<br />
scelte che rappresentano un decisivo passo in<br />
avanti per lo Champagne. A iniziare dalle azioni finalizzate<br />
alla conversione alla viticoltura biologica del <strong>10</strong>0%<br />
della tenuta e delle parcelle dei suoi soci viticoltori, passando<br />
per la conservazione della biodiversità e la drastica<br />
riduzione dell’impronta di carbonio, fino a una serie<br />
d’iniziative già avviate ma che saranno presto ampliate:<br />
dall’eliminazione di confezioni regalo e altri imballaggi<br />
non necessari alla riduzione del peso delle bottiglie,<br />
con anche l’abbandono di quelle trasparenti contenenti<br />
vetro non riciclato o di formati speciali, passando per lo<br />
stop totale del trasporto aereo per la movimentazione<br />
dello Champagne e l’utilizzo di energia rinnovabile. Un<br />
numero fa comprendere meglio l’importanza che ogni<br />
scelta assume: 800. È il peso della bottiglia di vetro più<br />
leggera al mondo per uno Champagne, che permette<br />
alla produzione di ridurre l’impronta di carbonio del<br />
4% nel raffronto con i “comuni” 832 grammi. Un’ulteriore<br />
conferma della serietà di un impegno sostenibile,<br />
che pone il sigillo anche sul nuovo Champagne <strong>10</strong>0%<br />
biologico certificato che mira a farsi portabandiera di<br />
una rivoluzione green. Invecchiato in cantina per tre<br />
anni, con sboccatura <strong>2024</strong>, dopo vinificazione classica<br />
in acciaio inox e fermentazione malolattica, Réserve de<br />
la Terre è un blend di tre eccezionali annate:<br />
2020 al 70% affiancata dai vini di<br />
riserva sia del 2019 al 15% sia del 2018<br />
al 15%. A concorre a darle vita sono i<br />
tre vitigni simbolo in Champagne,<br />
perfettamente equilibrati: Meunier al<br />
44%, Chardonnay al 34% e Pinot Nero<br />
al 22%. Per un Extra Brut che giunge sul<br />
mercato con una tiratura di 64.800 bottiglie<br />
numerate con l’etichetta a recare<br />
tutte le informazioni relative al prodotto,<br />
a iniziare dall’impegno a produrre<br />
vini senza l’uso di diserbanti e pesticidi,<br />
fungicidi o fertilizzanti sintetici.<br />
Asciutto, dosaggio zuccherino 2,5<br />
g/l, e fruttato, questo Champagne<br />
Extra Brut è piena espressione<br />
della forza e del carattere del<br />
terroir, figlio dei frutti raccolti<br />
tra Damery, Cuchery, Mareuil-sur-Ay,<br />
Boursault e Avenay.<br />
Per un vino capace nel calice<br />
di riflettere la vita del vigneto,<br />
l’energia del terreno e la<br />
vitalità dei suoli con precisione,<br />
equilibrio e complessità,<br />
superando i paradossi<br />
e unendo l’incisivo al gourmand,<br />
l’aspro al croccante,<br />
il fresco al maturo. “Al<br />
naso, questa Cuvée rivela<br />
aromi di agrumi e di anice<br />
che s’intrecciano armoniosamente<br />
alle note di frutti<br />
bianchi freschi. Al palato,<br />
la mela verde croccante, minerale<br />
e corposa, si evolve in<br />
sentori esotici di scorza di<br />
Yuzu”: così racconta l’ultima<br />
novità Bertrand Lhôpital.<br />
E conclude: “Le bollicine<br />
che avvolgono il palato e una<br />
lieve nota affumicata conferiscono al vino tutta la sua<br />
struttura, il suo equilibrio e la sua energia. Il retrogusto<br />
pungente offre al palato una sensazione prolungata di freschezza,<br />
frizzantezza e vitalità”. Una cuvée che racchiude<br />
in bottiglia il sapore del futuro dello Champagne.
12<br />
DOSSIER<br />
Champagne dalle stelle alle stalle o più<br />
semplicemente nuova normalità? Questa<br />
la domanda sempre più insistente<br />
rispetto a un universo che, più di altri,<br />
ha beneficiato del rimbalzo post-pandemico.<br />
Le statistiche e i trend non mentono: i numeri<br />
parlano di spedizioni di Champagne in calo nel mondo.<br />
Una flessione generalizzata, quella che si registra,<br />
che si è attestata nel primo semestre<br />
<strong>2024</strong> attorno al -15% rispetto ai numeri<br />
2023. I rappresentati di Maison<br />
e Vigneron sono realisti sulle<br />
cifre che si raggiungeranno da qui<br />
a fine anno, con il traguardo già<br />
fissato attorno alle 280 milioni<br />
di bottiglie, ovvero una ventina in<br />
meno del dato 2023. Passo indietro<br />
irreversibile o nuova normalità?<br />
“Dopo due anni di euforia e crescita,<br />
il primo semestre <strong>2024</strong> è stato caratterizzato<br />
da consumi di Champagne più razionali,<br />
con vendite, in termini di volumi, che si possono<br />
paragonare agli anni pre-pandemia”, spiega Carlo<br />
Alberto Sagna, alla guida con il fratello Leonardo<br />
di Sagna S.p.A. “Dati che tuttavia non tengono conto<br />
dell’aumento crescente dei prezzi, del caro vita e di un<br />
clima che non ha favorito le aperture di dehors e attività<br />
presso zone di villeggiatura. Dopo un’estate breve,<br />
DI RICCARDO COLLETTI<br />
La nuova<br />
normalità<br />
dove si sono registrati dei margini di crescita a partire<br />
da luglio, ora guardiamo al Natale con fiducia: i grandi<br />
appassionati di Champagne rispondono sempre con<br />
entusiasmo al momento del lancio di una nuova release<br />
e noi ci accingiamo a presentare il Collection 245 di<br />
Maison Louis Roederer”.<br />
Sottolinea Alessandro Rossi, National Category Manager<br />
Wine di Partesa: “Il mercato dello Champagne<br />
in Italia è molto cambiato nell’ultimo<br />
biennio: i consumi hanno ormai<br />
superato l’exploit osservato verso la<br />
fine del periodo pandemico e vediamo<br />
confermato quest’anno un ridimensionamento<br />
che li sta riportando<br />
ad una situazione di normalità,<br />
ovvero ai livelli pre-Covid. Tra i<br />
diversi fattori, ad incidere sono state<br />
soprattutto le dinamiche inflattive,<br />
che hanno ridotto il potere d’acquisto<br />
e portato ad orientare le scelte di consumo<br />
su produzioni sempre di qualità ma più accessibili,<br />
a partire dalle bollicine italiane. Hanno fatto<br />
la loro parte anche l’incertezza legata alla situazione<br />
geopolitica e una minore affluenza di turisti stranieri,<br />
in particolare di americani che anche nel nostro Paese<br />
sono soliti acquistare Champagne”.<br />
“Il mercato dello Champagne è effettivamente in contrazione<br />
nei primi nove mesi del <strong>2024</strong>”, aggiunge Luca<br />
Cinque distributori a confronto<br />
sul primo semestre dello Champagne<br />
Cuzziol, amministratore unico di Cuzziol Grandivini.<br />
“I numeri ufficiali delle spedizioni verso l’Italia parlano<br />
di una flessione in doppia cifra, ma questa dinamica<br />
non deve spaventare, in quanto stiamo assistendo soltanto<br />
all’ultima scossa di assestamento dopo un biennio<br />
2021-2022 in cui sembrava che la gente bevesse<br />
esclusivamente Champagne, portando ai record che si<br />
sono registrati. Nell’attuale contesto, è chiaro che quel<br />
che tiene meglio sono i prodotti più noti, con una fidelizzazione<br />
ai marchi, come è normale dinamica in tempi<br />
incerti. A fine settembre, come Cuzziol Grandivini<br />
abbiamo fatto segnare una contrazione attorno al 4%<br />
relativa all’insieme della nostra offerta Champagne,<br />
che però confidiamo di appianare nel finale d’anno.<br />
Quel che è incoraggiante è osservare un prezzo medio<br />
in crescita, anche se non alla pari degli aumenti di listino:<br />
ma anche su questo fronte, siamo convinti che i<br />
prossimi mesi riporteranno in positivo la bilancia”.<br />
“Dopo un primo semestre particolarmente negativo<br />
per le spedizioni mondiali di Champagne, la situazione<br />
è poi progressivamente migliorata, a fronte di un minimo<br />
recupero”, evidenzia Pietro Pellegrini, presidente<br />
di Pellegrini S.p.A. “La situazione è molto mutata rispetto<br />
a due anni fa, quando si è vissuta una sorta di<br />
psicosi da ammanco di Champagne. Dall’estate 2023<br />
si è iniziato a vivere una congiuntura più complicata e<br />
la bollicina francese è stata indubbiamente una delle<br />
categorie che ha patito di più. L’attuale situazione evidenzia<br />
da un lato come la marca conosciuta, sia di Maison<br />
o di Vigneron, non registri di fatto particolari problemi,<br />
dall’altro come gli ultimi arrivati o i meno noti<br />
stiano incontrando grandi difficoltà. Poi c’è il tema dei<br />
prezzi, aumentati più che per vini di altre categorie, anche<br />
se non si deve generalizzare, in quanto qualcuno ha<br />
avuto la prontezza di capire che la direzione del vento<br />
stava mutando. Come Pellegrini, stiamo vivendo una<br />
situazione normalissima, con i marchi più noti in linea,<br />
quando non in crescita rispetto al 2023, anche per<br />
via di una maggiore disponibilità di bottiglie, mentre<br />
con i meno conosciuti, una flessione si registra. Però<br />
parliamo di numeri contenuti, quindi di una prospettiva<br />
ben diversa di sofferenza rispetto a chi, con una<br />
grande Maison, è costretto a controvalori ben più significativi.<br />
Infatti, da qui a fine anno osserveremo una<br />
crescente pressione promozionale. Sul Natale sono<br />
personalmente ottimista, soprattutto nel confronto<br />
con lo scorso che non era stato eccezionale: è possibile<br />
ipotizzare una crescita lenta e costante. Certo, in questo<br />
<strong>2024</strong> assisteremo a una dinamica inusuale per gli<br />
ultimi tempi: avremo bottiglie di Champagne da poter<br />
vendere e il periodo delle feste indubbiamente ben si<br />
presta all’acquisto”.<br />
“È un <strong>2024</strong> complesso per lo Champagne, anche se in<br />
Italia la bollicina francese vive una situazione migliore<br />
rispetto ad altri mercati”, chiosa Marcello Meregalli,<br />
amministratore delegato del Gruppo Meregalli. “Le<br />
Maison più note tengono la barra a dritta, mentre i Vigneron<br />
non così ben posizionati in giro per il mondo<br />
stanno soffrendo tanto. Se i volumi sono in contrazione,<br />
in molti si sono accorti con colpevole ritardo<br />
di aver aumentato eccessivamente i prezzi, perché dal<br />
2019 ci si attesta attorno a una media che supera il 30%.<br />
Nell’attuale scenario economico, è poi l’accresciuto<br />
costo della bottiglia al consumatore finale, soprattutto<br />
al ristorante, a non favorire le vendite oggi. Lato Gruppo<br />
Meregalli, Champagne Bollinger è in leggerissimo<br />
incremento, anche grazie alla forza del brand e del suo<br />
posizionamento premium, mentre Maison Ayala ha<br />
sofferto l’inizio dell’anno, per poi carburare e ritrovare<br />
terreno, anche se non credo che il <strong>2024</strong> si chiuderà in<br />
positivo, pur volendo restare ottimista. Per i Vigneron,<br />
assistiamo a una doppia tendenza: chi più noto o chi ha<br />
mantenuto un prezzo da Récoltant, sta continuando a<br />
vendere bene; altri che hanno scelto di fare il classico<br />
passo troppo lungo senza una storicità che li potesse<br />
supportare nella fama, ora stanno soffrendo”.
13<br />
Premium Wine Selection:<br />
lo Champagne per tutti<br />
Pannier, Albert Lebrun, Champagne Aubert et Fils:<br />
tre nomi che fanno rima con un ottimo rapporto qualità-prezzo<br />
DOSSIER<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
Tre nomi per una proposta capace di mostrare il volto migliore della Champagne:<br />
dove la qualità fa però anche rima con quantità, dunque prezzi maggiormente<br />
accessibili. Pannier, Albert Lebrun, Champagne Aubert et Fils: sono<br />
questi i nomi che definiscono con le loro spumeggianti proposte il portfolio<br />
di Premium Wine Selection, azienda di distribuzione e importazione con<br />
sede in Valpolicella fondata da Silvano Piacentini, insieme ai figli Luigi e Luisa. Una realtà<br />
oggi protagonista dell’offerta che si rivolge al settore Horeca, con più di 3 milioni di bottiglie<br />
vendute ogni anno, dove lo Champagne non è mai mancato. A dimostrarlo è la storica<br />
intesa che lega la famiglia Piacentini alla Maison di punta del suo catalogo, quando si parla<br />
delle bollicine d’Oltralpe più conosciute. “Il rapporto con Pannier nasce, come spesso capita<br />
nei matrimoni più felici, quasi casualmente: per sostituire una precedente importazione<br />
con cui si era interrotta la collaborazione a seguito di un passaggio di proprietà”, spiega<br />
Luigi Piacentini a <strong>WineCouture</strong>. Siamo nel maggio 1998, un amico appassionato suggerisce<br />
a Piacentini di assaggiare gli Champagne di questa Maison che riteneva avesse un<br />
ottimo rapporto tra qualità e prezzo. “Era ancora il tempo in cui Vinexpo andava in scena a<br />
Bordeaux in giugno e approfitto dell’occasione per farmi un’idea con mio padre”, prosegue<br />
il titolare di Premium Wine Selection. “Quel che è venuto dopo è molto semplice: i vini e<br />
le persone ci sono piaciuti e da lì è nato un’intesa che oggi brinda al traguardo dei primi 25<br />
anni”. Pannier è una Maison fondata nel 1899 da Louis-Eugène Pannier a Dizy, alle porte<br />
di Epernay. Dopo essersi guadagnata una buona reputazione come eccellente produttrice<br />
di Champagne, il trasferimento a Château-Thierry, nel cuore dei vigneti della Vallée<br />
de la Marne, dove ha iniziato un nuovo capitolo di una storia che dura tutt’oggi. La Maison,<br />
che in cantina si affida all’abilità di Philippe Dupuis, che da oltre 25 anni sovrintende<br />
all’elaborazione di una gamma di Champagne dallo stile netto e preciso, lavora con Chardonnay,<br />
Pinot Noir e, naturalmente, Meunier, vitigno per il quale Pannier ha sviluppato<br />
una sensibilità e una perizia particolari. “Tra le Maison classiche, Pannier è stata una scelta<br />
innanzitutto strategica sul mercato, perché è capace di coprire con la sua gamma tutte le<br />
nostre esigenze, offrendo una proposta variegata che si compone anche di prodotti molto<br />
di nicchia”, spiega Piacentini. “Spaziamo dal Brut al Demi Sec, passando per l’Extra Brut,<br />
il Vintage, il Blanc de Blancs e il Blanc de Noirs Brut, fino al Rosé, la Cuvée de Prestige e<br />
anche le due speciali versioni di Ode au Meunier”. Proprio il legame che unisce la Maison<br />
di Château-Thierry con la Vallée de la Marne è ribadita dalla padronanza che nel corso del<br />
tempo ha saputo maturare sull’utilizzo del vitigno principe della sua zona, il Meunier, varietà<br />
che oggi viene esaltata dalla più recente creazione firmata Pannier, un’ode in bottiglia<br />
e nel calice che declama la bontà dei frutti di due vigneti a Charly-sur-Marne e a Venteuil,<br />
racconto di due espressioni parcellari che affinano minimo due anni sui lieviti, dopo vinificazione<br />
in botti di rovere francese. Ma l’offerta di Premium Wine Selection copre davvero<br />
tutte le sfumature delle bollicine francesi più amate. “La scelta di aggiungere Albert<br />
Lebrun al nostro portfolio è legata al fatto che propone Champagne che si affiancano ma<br />
non si sovrappongono a quelli firmati Pannier: con la Collection Terroir, infatti, presenta<br />
un Premier Cru, un Grand Cru, un Blanc de Noirs, ma Extra Brut, e il Bio Brut da sole uve<br />
Meunier. È un’integrazione perfetta tra due attori di primo piano della scena champenoise”,<br />
sottolinea Piacentini. Maison ad Avize, zona poi classificata Grand Cru, nasce nel 1860<br />
su impulso di Léon Le Brun. Il figlio Albert darà il suo nome a una realtà che proseguirà<br />
la tradizione di famiglia per più di 135 anni. Dal 2003 lo Champagne Albert Lebrun entra<br />
nell’orbita del gruppo guidato da un’altra grande famiglia di viticoltori, tra i più importanti<br />
della regione: i Rapeneau. Lo stesso che detiene la maggioranza di Champagne G.H.<br />
Martel, cui fa riferimento l’ultimo prodotto importato da Premium Wine Selection e che<br />
risponde alla perfezione all’attuale trend di mercato nel contesto italiano. “Assistiamo a una<br />
leggera flessione dello Champagne ma anche a una dinamica che sta premiando in questo<br />
frangente le proposte da primo prezzo”, conclude Piacentini. “Noi importiamo anche Aubert<br />
et Fils, un Brut di un marchio del gruppo Champagne G.H. Martel pensato per essere<br />
più accessibile al pubblico sia in termini economici sia di beva: con il suo ottimo rapporto<br />
tra qualità e prezzo sta avendo un grande successo ed è in crescita nelle vendite. Sembra,<br />
infatti, che in questo momento si guardi più al prezzo che al blasone della Maison”. E con<br />
la proposta Premium Wine Selection lo Champagne riesce a essere proprio per tutti.
14<br />
implica un minor numero di bottiglie vendute. All’interno<br />
di un trend generale al ribasso per lo Champagne, che ci<br />
vede allineati all’andamento del mercato, assistiamo a uno<br />
sviluppo sostanzioso, attorno al <strong>10</strong>%, per il prodotto meno<br />
caro in gamma. Alla contrazione dei consumi si è unita,<br />
infatti, una più spiccata attenzione alla spesa: un’anomalia<br />
per l’Italia, dove da sempre le Cuvée de Prestige e i Millesimati<br />
la fanno da padroni.<br />
DOSSIER<br />
“Il Natale torni<br />
spumeggiante”<br />
Alessandro Sarzi Amadè tira il primo bilancio <strong>2024</strong><br />
a partire dallo Champagne<br />
La Champagne secondo Sarzi Amadè, storica<br />
realtà familiare della distribuzione Horeca nata<br />
dalla passione per il vino di Nicola Sarzi Amadè<br />
nel 1966 a Milano. Da sempre specializzata<br />
proprio sulle migliori produzioni francesi,<br />
anche se si guarda alle bollicine transalpina più pregiate<br />
il catalogo dell’azienda meneghina include partnership<br />
consolidate, vantando intese che spaziano da quelle “affinate”<br />
per mezzo secolo a scommesse più recenti, ma<br />
altrettanto stimolanti, per chiunque desideri scoprire sfumature<br />
insolite ed esclusive. Ad Alessandro Sarzi Amadè<br />
abbiamo domandato un bilancio sull’anno in corso e sulle<br />
performance dello Champagne.<br />
Che inizio <strong>2024</strong> è stato per Sarzi Amadè e per<br />
l’Horeca in Italia?<br />
La prima metà del <strong>2024</strong> non è stata semplice. Le avvisaglie<br />
di un rallentamento del mercato sul finire dell’anno<br />
scorso sono state confermate nei primi tre mesi, tra gennaio<br />
e marzo, che è stato il periodo più ostico in assoluto.<br />
Poi si è assistito a una prima ripresa, grazie a un risveglio<br />
primaverile. L’andamento climatico ha portato a differire<br />
fino all’ultimo gli ordini, quasi giungendo a inizio estate.<br />
Poi, il dato relativo ai primi otto mesi parla di un leggerissimo<br />
aumento nel volume d’affari, con un +2% sul<br />
fatturato dello scorso anno: in considerazione all’umore<br />
attuale del mercato, un riscontro che accogliamo come<br />
assolutamente positivo. E siamo contenti anche del fatto<br />
DI ROBERTA RANCATI<br />
che stiamo continuando a consolidare quella che è stata<br />
la crescita post-Covid, dinamica tutt’altro che scontata.<br />
Che Natale ci dobbiamo attendere?<br />
Non abbiamo ancora abbastanza elementi per sbilanciarsi<br />
su che Natale potrà essere, dopo quello non particolarmente<br />
esaltante di 12 mesi fa. È inevitabile, però, osservare<br />
come alcuni dei prodotti forti del periodo della festa stiano<br />
mostrando segnali di difficoltà: come nel caso dello Champagne,<br />
che vede le importazioni oltre il -15% all’interno di<br />
una tendenza negativa generalizzata a livello mondiale per<br />
la bollicina francese per eccellenza. A tal proposito, è inutile<br />
nasconderlo, i rincari degli ultimi anni stanno frenando<br />
i consumi. A questo si aggiungono quelli che erano stati i<br />
precedenti importanti stoccaggi da parte di tanti operatori,<br />
che hanno di conseguenza diluito gli ordini non strettamente<br />
necessari. Una serie di fattori che influenza poi una<br />
richiesta attuale meno sostenuta rispetto al recente passato.<br />
L’augurio e l’aspettativa, però, sono ora legati alla conferma<br />
proprio dello Champagne come il prodotto per eccellenza<br />
del Natale e delle feste. La speranza, quindi, è che ribadisca<br />
il suo status, trascinando a un risveglio, pur non aspettando<br />
che possa colmare per intero il gap che si è generato in questa<br />
prima metà dell’anno sulle cifre 2023.<br />
Quali sono i trend per lo Champagne nel <strong>2024</strong>?<br />
In generale, sullo Champagne, registro un aumento del<br />
prezzo medio. A fronte degli incrementi a listino, questo<br />
Chi compone la vostra proposta Champagne?<br />
Sono sei récoltants quelli che presentiamo in gamma, parlando<br />
di Champagne. Realtà che si completano tra loro. È<br />
un mondo, quello dello Champagne, a cui ci siamo avvicinati<br />
più di 50 anni fa, con Champagne Henri Goutorbe,<br />
la prima azienda importata da mio padre. Poi, altrettanto<br />
storiche del nostro catalogo, anche se con meno anni<br />
di collaborazioni, sono indubbiamente Champagne De<br />
Sousa e Champagne Françoise Bedel. Infine, gli ultimi arrivi<br />
sono quelli di Champagne Christian Gosset, piccolo<br />
produttore che ha iniziato la sua avventura nel 2015 con<br />
straordinarie vigne, tutte Grand Cru, posizionate prevalentemente<br />
ad Aÿ ed in minima parte a Chouilly, Godmé-Guillaume,<br />
l’erede di una famiglia di Vigneron della<br />
Montagne de Reims dal 1897 che dal 2017 vinifica le uve<br />
di proprietà provenienti dai villaggi di Verzy, Verzenay e<br />
Villers-Marmery, e soprattutto Domaine Alexandre Bonnet,<br />
progetto recente di una Maison dell’Aube nel villaggio<br />
di Les Riceys, il cru più ricercato della Côte des Bar, su<br />
cui stiamo facendo particolarmente focus e che ritengo in<br />
futuro ci potrà dare grandi soddisfazioni.<br />
Ci sono novità a catalogo nel <strong>2024</strong> sulle bollicine<br />
francesi?<br />
Le novità <strong>2024</strong> a catalogo arrivano proprio da Domaine<br />
Alexandre Bonnet, anche per via della sua natura di progetto<br />
recente che si sta sviluppando passo dopo passo.<br />
Arrivano in Italia due cuvée inedite, Les Vignes Blanches<br />
2019 e Hardy 2019, entrambi Blanc de Noirs parcellari in<br />
grado di raccontare le unicità del territorio di Les Riceys.<br />
Sugli altri, invece, la gamma rimane invariata, ma con la<br />
possibilità di avere una solida continuità dei prodotti:<br />
una disponibilità che in questi ultimi anni non si è per<br />
lungo tempo verificata.<br />
Avete in cantiere nuovi inserimenti per il 2025?<br />
Per il momento, in tema Champagne, non abbiamo in cantiere<br />
nuove collaborazioni all’orizzonte. Siamo esattamente<br />
dove volevamo, riuscendo a coprire con la nostra offerta<br />
ogni zona di questa straordinaria regione del vino. Il fatto<br />
che in questo frangente ci sia disponibilità di prodotto da<br />
parte di tutti ci tranquillizza; quindi, non avvertiamo la necessità<br />
di procedere a ulteriori inserimenti. A livello generale<br />
di catalogo, ampliando l’orizzonte, non posso negare<br />
che si fa sempre attenzione a quel che succede sul mercato.<br />
Ma al momento ritengo che sia decisivo riservare grande<br />
attenzione a quel che già c’è, per valorizzare al massimo le<br />
cantine con cui siamo già partner prima di assumere nuovi<br />
impegni. Coglieremo, dunque, l’eventuale occasione, se si<br />
presenterà e ne varrà la pena, ma inserire qualcosa di nuovo<br />
solo per ampliare la gamma non è la strada che seguiremo.<br />
Ultima domanda: che <strong>2024</strong> è stato per l’anima<br />
italiana di Sarzi Amadè?<br />
L’Italia ci sta regalando buone soddisfazioni, quindi la nostra<br />
scelta di ampliare il catalogo in questa direzione, dopo<br />
anni di iperspecializzazione sul mondo francese, si è dimostrata<br />
la giusta strada. Ovviamente abbiamo aziende che<br />
stanno performando meglio di altre, ma vediamo anche la<br />
forza vendite sempre più convinta dell’utilità di un portfolio<br />
completo, che evita l’accumulo di rappresentanze dirette<br />
con magari volumi provvigionali modesti. Questo gioca<br />
a vantaggio anche del cliente, che ha la possibilità di arricchire<br />
o integrare la propria offerta o carta vini attingendo<br />
a cartone, quando non a bottiglia. Dunque, se ci saranno<br />
dei nuovi inserimenti nel 2025 credo andranno proprio in<br />
questa direzione, arrivando principalmente dall’Italia.
15<br />
Dove va lo Champagne nelle aste mondiali? La fotografia la scatta iDelawine,<br />
leader nelle vendite all’incanto di vini online e prima casa d’aste in Francia<br />
per la vendita di vini e distillati di prestigio, con un’istantanea sul primo semestre<br />
<strong>2024</strong> che aggiorna trend e numeri dello scorso anno. 12 mesi, quelli<br />
del 2023, dove grazie a un prezzo medio più appetibile (207 euro contro<br />
i 259 euro nel 2022) la percentuale in valore della Champagne nelle vendite di iDealwine<br />
è rimasta praticamente invariata al 5,6% (rispetto al 5,4% del 2022), così come in volumi<br />
(4,1% contro 4% nel 2022). A livello di trend, nel 2023 si è assistito a un riequilibrio nelle<br />
presenze in classifica tra Maison e Vigneron, con questi ultimi a vedere la loro quota crescere<br />
all’interno della Top 20 dei produttori. Al vertice della graduatoria del valore scambiato,<br />
infatti, a guidare è Jacques Selosse, sempre molto ricercato dagli appassionati, ma poi sono<br />
storici volti noti a seguire: Dom Pérignon, Salon, Krug e Louis Roederer. Il 2023 è stato,<br />
però, l’anno della consacrazione per tanti piccoli produttori, che hanno visto impennare il<br />
valore delle vendite, come nei casi di Cédric Bouchard (+59,1%), Romain Hénin (+186%),<br />
Egly Ouriet (+<strong>10</strong>5%), Emmanuel Brochet (+861%) o Jérôme Prévost (+553%). Ma alle<br />
aste iDealwine grande apprezzamento hanno ricevuto anche gli Champagne di Aurélien<br />
Lurquin e Pascal Agrapart. Nelle classifiche è cresciuta ancora l’attenzione nei confronti<br />
della produzione ispirata a principi di sostenibilità, con biologico e biodinamico ad aver totalizzato<br />
il 13,9% dei volumi, pari al 12,2% del valore aggiudicato, mentre i vini naturali hanno<br />
rappresentato rispettivamente l’8,7% e il 22,8%. Ma cosa sta raccontando il <strong>2024</strong>? I dati<br />
iDelawine del primo semestre evidenziano come lo Champagne rappresenti il 4,3% dei volumi<br />
venduti, con oltre 5.200 bottiglie, e il 5% del valore. Non muta la dinamica che parla di<br />
un quantomai agguerrito confronto tra Maison e Vigneron. Tra i 20 Champagne più costosi<br />
del semestre ritroviamo alcuni dei vini già presenti nell’elenco delle bottiglie più ambite<br />
gli scorsi 12 mesi, ma a fronte di variazioni di prezzo notevoli, nonostante non emerga una<br />
precisa tendenza generale. È il caso, ad esempio, di Cédric Bouchard col Roses de Jeanne<br />
Cuvée Inédite RDJ numero 1, venduto a 1.407 euro rispetto ai 1.315 euro dell’anno scorso<br />
(+7%), oppure di una bottiglia di Taittinger Comtes de Champagne 1976, venduta a 551<br />
euro rispetto agli 814 euro dello scorso anno (-32%). Ma la prima piazza, come nel 2023,<br />
spetta a uno Champagne della Maison Krug: una versione magnum di Krug Collection<br />
1981, venduta per 3.380 euro, rarità che ha ovviamente suscitato grande interesse, dando<br />
vita a ben otto aste. Da notare, poi, nella Top 20 degli Champagne più costosi del <strong>2024</strong><br />
finora, la presenza di due Rosé: una bottiglia, lotto 2016, di La Closerie di Jérôme Prévost<br />
(840 euro) e una di Saignée de Meunier Maison 2019 Aurélien Lurquin (476 euro), ovvero<br />
etichette che rappresentano la nouvelle vague del movimento ispirato a una filosofia<br />
naturale, produzioni particolarmente ricercate negli ultimi due anni. Testimonia come gli<br />
Champagne dei Vigneron legati a quest’ultima tendenza siano sempre più apprezzati il fatto<br />
che siano proprio loro in questo primo semestre <strong>2024</strong> a occupare 11 posti della Top 20:<br />
troviamo, infatti, Jacques Selosse (#2), Salon (#3), Cédric Bouchard (#4), Jérôme Prévost<br />
(#8), Egly-Ouriet (#<strong>10</strong>), Pierre Péters (#12), Henri Giraud (#13), Bérêche et Fils (#14),<br />
Ulysse Collin (# 15), Aurelien Lurquin (#18) e Georges Laval (#19). Ma le grandi Maison<br />
non stanno certo a guardare, completando la graduatoria con prodotti particolarmente<br />
rari: Krug Collection 1981 in testa, poi Cristal 2005 Louis Roederer (#5), Dom Pérignon<br />
1985 (#6), Billecart-Salmon Blanc de Blancs Grand Cru Brut 1989 (#7), Bollinger James<br />
Bond 007 2009 (#9), Philipponnat Clos des Goisses 1982 (#11), Taittinger Comtes de<br />
Champagne 1976 (#16), Armand de Brignac Brut Gold (#17) e Champagne Hors Serie<br />
Piper Heidsieck 1982 (#20). Da evidenziare, tra i nomi appena scorsi, la presenza di uno<br />
Champagne che finora ha avuto poca visibilità su iDealwine: Armand de Brignac, marchio<br />
conosciuto nel mondo delle celebrità perché in comproprietà tra il produttore americano<br />
Jay-Z e il gruppo LVMH e per la sua veste appariscente. Quella entrata in classifica, pagata<br />
476 euro, è una Magnum della prima cuvée della Maison, assemblaggio di tre diverse<br />
annate, messa sul mercato nel 2006 ed eletta miglior Champagne del mondo dalla rivista<br />
Fine Champagne. Volendo ricercare il fil rouge tra i trend 2023 e <strong>2024</strong>, si può evidenziare<br />
come gli Champagne di Maison, rispetto a quelli dei Vigneron, acquisiscano valore soprattutto<br />
con il trascorrere del tempo: ma va anche detto che le etichette dei piccoli produttori<br />
oggi in classifica sono spesso figlie di realtà solo da poco tempo salite alla ribalta.<br />
DI LUCA FIGINI<br />
Vigneron<br />
alla riscossa<br />
Alle aste iDelawine nel <strong>2024</strong> i piccoli produttori guadagnano<br />
campo, ma le Maison rispondono con le loro rarità<br />
DOSSIER
16<br />
DOSSIER<br />
Photo: Leif Carlsson<br />
Lo Champagne<br />
non è in crisi<br />
Cosa sta succedendo davvero al mercato<br />
della bollicina più amata al mondo<br />
DI ANDREA SILVELLO<br />
Era il 2022, in un articolo pubblicato proprio<br />
su <strong>WineCouture</strong> attaccavo con queste parole:<br />
“Si stappa sempre più Champagne. E questa<br />
non è certo una sorpresa”. Oggi, sembra<br />
passata un’infinità di tempo da quelle parole<br />
e di essere in una situazione esattamente opposta. Cosa<br />
sta succedendo davvero al mercato della bollicina più<br />
pregiata e amata al mondo? Cominciamo col dire che<br />
ormai i titoli di alcuni articli sono ahimé spesso dettati<br />
da superficialità di analisi o da voglia di attirare l’attenzione<br />
del lettore. Mi è recentemente capitato di leggere<br />
importanti riviste nazionali che con vari toni parlavano<br />
di “Champagne in crisi”, senza però poi argomentare in<br />
modo approfondito il vigore di tale affermazione.<br />
Proviamo a fare un po’ di chiarezza e a non farci prendere<br />
dall’euforia o dall’ansia, a seconda di come la su vuole<br />
vedere. Partiamo col ricordare che nel post-Covid abbiamo<br />
assistito ad un rimbalzo del mercato assai spinto<br />
e forse (almeno in alcuni casi) più dettato da fenomeni<br />
di acquisto compulsivo che da effettive esigenze di<br />
consumo. I prezzi di molte Cuvée de Prestige di grandi<br />
maison sono arrivati a livelli mai visti prima. Al contempo,<br />
alcuni vigneron “importanti” hanno visto una parte<br />
delle loro bottiglie scambiate sul mercato secondario<br />
a tre cifre, mentre altri nuovi produttori, sconosciuti e<br />
piccoli viticoltori, hanno fatto sold-out con le loro nuove<br />
cuvée in pochi giorni e successivamentehanno “ritrovato”<br />
le stesse sui principali siti di aste on-line a cifre a di<br />
poco spropositate. Perché? Che cosa aveva “drogato” il<br />
mercato? Difficile dirlo. Probabilmente anche lo Champagne<br />
era entrato nel vortice “rialzista” che nel periodo<br />
immediatamente successivo alla quarantena e all’isolamento<br />
ha guidato una crescita irrazionale degli acquisti<br />
in tanti e diversi settori. In ogni caso, abbiamo assistito<br />
a un fenomeno che era destinato a non durare a lungo,<br />
checché ne dicessero i “fuffa-guru” del vino (eh sì, esistono<br />
proprio in tutti gli ambiti) che sfruttavano i continui<br />
rialzi per vendere bottiglie “da investimento” a poveri<br />
clienti creduloni. I quali, forse, immaginavano che<br />
una bottiglia di qualche Cuvée de Prestige dell’annata<br />
allora corrente sarebbe arrivata a costare 500 euro pochi<br />
mesi dopo l’uscita sul mercato, senza voler qui citare<br />
tutte le bottiglie che all’epoca continuavano a segnare<br />
incrementi di prezzo e note a chi mastica di mercato.<br />
Oggi, a mio parere, stiamo rientrando in una situazione<br />
di normalità, non di crisi. Le Maison, che avevano via via<br />
aumentato i prezzi di listino per sfruttare al meglio questo<br />
trend rialzista, hanno necessariamente dovuto iniziare<br />
un percorso inverso per incentivare la domanda, che<br />
nel frattempo si stava affievolendo. Lo stesso discorso<br />
vale per il mercato secondario (e-commerce, aste, carte<br />
vini al ristorante), anche se in alcuni casi qualche prezzo<br />
“folle” è rimasto. Sono convinto, però, che i volumi acquistati<br />
di queste bottiglie sovra-prezzate siano sempre<br />
più sporadici. Un po’ come accade per il mercato immobiliare<br />
attuale in alcune grandi città italiane: a fronte di<br />
prezzi “esposti” che rimangono alti - senza disponibilità<br />
a ridurli da parte dei venditori - i volumi di vendita scendono,<br />
a conferma che tali valutazioni non sono allineate<br />
alla disponibilità di spesa dei compratori.<br />
Ciò detto, per chiarire in modo spero semplice e comprensibile<br />
l’andamento schizofrenico dei prezzi di mercato<br />
nell’ultimo paio d’anni, nel <strong>2024</strong> il mercato mondiale<br />
dello Champagne sta marciando a ritmi che si<br />
avvicinano in prospettiva ad un -<strong>10</strong>% (o qualcosa in più)<br />
rispetto allo scorso anno ed è pertanto ragionevole attendersi<br />
che l’anno potrà chiudere sotto la soglia psicologica<br />
delle 300 milioni di bottiglie. Non una tragedia, a<br />
parere del sottoscritto: un semplice assestamento dopo<br />
il rally post Covid in un contesto macroeconomico, peraltro,<br />
non semplice per i consumi. Valgono le considerazioni<br />
fatte ad inizio anno: nel medio termine, le nostre<br />
aspettative non cambiano. E così prepariamoci a una sostanziale<br />
tenuta del mercato in termini di volume (diciamo<br />
tra 300 e 320 milioni di bottiglie mediamente) con<br />
un prezzo medio in crescita e, pertanto, un corrispettivo<br />
in valore sempre superiore ai 6 miliardi di euro. C’è da<br />
attendersi, poi, che la quota internazionale pesi sempre<br />
di più rispetto al mercato domestico e che i principali<br />
cinque o sei Paesi importatori mantengano la propria<br />
predominanza. Infine, è ipotizzabile che le maison continueranno<br />
a farla da padrone, ma che sul lungo termine<br />
i vigneron aumenteranno in numero e guadagneranno,<br />
un pezzo alla volta, piccole quote di mercato.
17<br />
Un incontro tra due mondi geograficamente distanti, ma che si sono scoperti<br />
vicini grazie a un’intesa che concilia le due anime del Gruppo Meregalli,<br />
realtà distributiva con alle spalle quasi 170 anni di storia, che oggi gestisce<br />
una gamma di prodotti di assoluto prestigio, composta da svariate referenze<br />
di oltre 200 produttori tra vino e Spirits. Lo scenario di un insolito<br />
rendez-vous, ma solo a prima vista, è quello di un luogo simbolo di Milano: l’iconica<br />
Terrazza Martini. È qui che va in scena il primo atto ufficiale dell’intesa che da qualche<br />
mese lega il Gruppo Meregalli a Bacardi - Martini, in un importante accordo di distribuzione<br />
per marchi prestigiosi, tra cui il rum Santa Teresa 1796, gli Scotch whisky<br />
Craigellachie e Aberfeldy, il Bourbon Angel’s Envy e il Tequila Gran Patròn<br />
Burdeos. Una partnership che mira a consolidarne la presenza sul mercato<br />
Horeca finalizzata a contribuire in modo sostanziale all’espansione della<br />
portata e della visibilità di questi prodotti Premium. Referenze che<br />
all’interno del variegato universo degli Spirits scelgono di tracciare<br />
nuove strade rispetto a una delle principali tendenze del momento: la<br />
mixology. È così che Santa Teresa 1796 e Champagne Bollinger hanno<br />
regalato un’inedita contaminazione tra mondi, che ha elevato il concetto<br />
del food & drink pairing. Un’esperienza d’abbinamento a sei mani, per<br />
la precisione, quella sullo scenografico palco di Terrazza Martini, tra Spirits,<br />
Champagne e le creazioni uniche dello chef due stelle Michelin Andrea Aprea.<br />
“Usereste il nuovo Champagne Bollinger PN VZ19 in un cocktail miscelandolo con Santa<br />
Teresa Rum 1796 o scegliereste di essere puristi?”. Da questa “provocazione” del tandem<br />
Andrea Pomo, brand ambassador Italia del marchio venezuelano, e Alessandro Nigro<br />
Imperiale, Miglior Sommelier d’Italia 2023 e head sommelier presso il Grand Hotel<br />
Saint-Jean-Cap-Ferrat in Costa Azzurra, è nato un viaggio alla scoperta delle affinità tra<br />
le sfumature di gusto sudamericane e le spumeggianti bollicine francesi. Già, perché se a<br />
un primo superficiale sguardo i due universi non appaiono avere punti di contatto, scoprendone<br />
la storia e i segreti ci si rende presto conto che Rum e Champagne hanno più<br />
di una connessione: in particolare, se parliamo di Santa Teresa Rum 1796 e Champagne<br />
Bollinger. Si inizia dall’elemento forse più decisivo ma spesso dato per scontato: entrambi<br />
fanno riferimento a quello che possiamo identificare come un disciplinare Doc, vera<br />
rarità quando si parla di Rum. Poi ci sono diverse fasi nel metodo di produzione dei due<br />
protagonisti dell’evento che segnano delle assonanze, come la scelta di legno e barrique al<br />
momento della fermentazione. E ancora, le storie di Santa Teresa Rum 1796 e Champagne<br />
Bollinger sono state segnate indelebilmente dal carattere indomito di due donne senza<br />
cui i due marchi non avrebbero mai raggiunto l’aura leggendaria che li definisce oggi:<br />
la rivoluzionaria Panchita Rivas, da una parte, e Madame Lily Bollinger, dall’altra. Infine,<br />
altri elementi di contatto tra le due produzioni fanno riferimento ai tempi<br />
di affinamento, più lungo per il rum venezuelano rispetto all’uso comune,<br />
proprio come per gli Champagne Bollinger rispetto al minimo previsto<br />
dal disciplinare, all’arte del blending, con l’assemblaggio che definisce<br />
tanto l’anima del Rum venezuelano quanto quella dello Champagne, e<br />
un’attenzione al dosaggio, ridotto al minimo per entrambi e strumento<br />
utilizzato esclusivamente per raggiungere l’equilibrio finale desiderato a<br />
livello gustativo. È così, allora, che la provocazione si trasforma in curiosità,<br />
conducendo all’assaggio di tre creazioni nel bicchiere che hanno accompagnato<br />
quelle nel piatto dello chef Andrea Aprea. Old Venezuela (Santa<br />
Teresa 1796, Lime, Sugar, Herbs, Champagne Bollinger), Santa Cooler (Santa<br />
Teresa 1796, Citrus Cordial, Ginger) e Che Benessere! By The Doping Club (Santa<br />
Teresa 1796, Passion Fruit Falernum, Candied Almonds, Lime, Champagne Bollinger):<br />
sono questi i drink scelti per regalare un ulteriore, inedito, punto d’incontro a Rum e<br />
Champagne. I tre twist on classic sapientemente miscelati si sono dimostrati all’altezza di<br />
un cibo ricercato e raffinato, tipico delle cucine stellate. Così, a fine serata, a riecheggiare è<br />
la domanda che ha dato il via a tutto: “Usereste il nuovo Champagne Bollinger PN VZ19<br />
in un cocktail miscelandolo con Santa Teresa Rum 1796 o scegliereste di essere puristi?”.<br />
Citando le immortali parole di Enrico IV di Francia: “Parigi val bene una messa”.<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
Il cocktail<br />
dei due mondi<br />
Santa Teresa 1796 e Champagne Bollinger<br />
s’incontrano a Terrazza Martini<br />
DOSSIER<br />
Photo: Elena Di Vincenzo
18<br />
DOSSIER<br />
“Champagne è sinonimo<br />
di tutto il bello della vita”<br />
Le sfide, il mercato e il futuro:<br />
a tu per tu con Vitalie Taittinger, presidente della Maison di famiglia<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
L’<br />
occasione è di quelle speciali: la riapertura delle porte<br />
al pubblico, dopo 18 mesi di lavori, dello lo storico sito<br />
di Saint-Nicaise, dichiarato Patrimonio dell’Umanità<br />
dall’Unesco nel 2015, e delle antiche cantine di Maison<br />
Taittinger. È proprio al cuore di Reims, dove ha sede<br />
la storica realtà champenoise fondata nel 1734, che incontriamo<br />
colei che ne è diventata presidente nel 2020,<br />
Vitalie Taittinger. Classe 1979, guida oggi insieme al<br />
fratello Clovis l’azienda, dopo avere ricevuto il testimone<br />
dal padre Pierre-Emmanuel, che nel 2006 aveva<br />
rivelato la maggioranza di Maison Taittinger, riportandola<br />
in seno alla famiglia.<br />
2006 è una data incisa sui nuovi collarini di<br />
ogni bottiglia della Maison, insieme 1932 e<br />
1734: è il momento in cui la vostra famiglia<br />
ritrova la proprietà di Taittinger. Cosa è cambiato<br />
da allora?<br />
Siamo una Maison di Champagne che presto compirà<br />
<strong>10</strong>0 anni. Rispetto alle nostre fondamenta, quelle stabi-<br />
lite da François Taittinger, lo zio di mio padre, che aveva<br />
ricevuto il testimone da suo padre Pierre, il fondatore<br />
nel 1932, nulla è cambiato. Taittinger resta una Maison<br />
fondata sullo Chardonnay, che ha bisogno di un grande<br />
patrimonio vitato per esprimere il suo gusto e la sua<br />
storia attraverso anche il contributo dei vigneron suoi<br />
amici e partner. La nostra resta un’azienda guidata dalla<br />
famiglia e la scelta di iscrivere su ogni bottiglia questa<br />
data, 2006, intende proprio celebrare il ritorno di Taittinger<br />
in seno alla famiglia. È come se fosse un secondo<br />
capitolo, quello scritto a partire da questo istante così<br />
importante: da quel momento, siamo tutti impegnati per<br />
lavorare al massimo e guadagnarci la nostra occasione di<br />
essere i proprietari della Maison. Viviamo, infatti, in un<br />
contesto in cui i più noti colossi sono orientati sempre<br />
più a fare dello Champagne non soltanto un grande vino,<br />
ma soprattutto un emblema del lusso e uno stile di vita.<br />
Per questo, davanti a una così grande competizione, in<br />
Taittinger dal 2006 costantemente aggiorniamo il nostro<br />
progetto affinché la Maison sia sempre più ancorata<br />
al tempo che vive, ma contemporaneamente possa salvaguardare<br />
la propria tradizione, come testimonia l’attenzione<br />
con cui preserviamo le cantine o ci prendiamo<br />
cura delle vigne. In sintesi, cerchiamo al meglio di fare sì<br />
che la cultura della nostra famiglia resti al centro del progetto<br />
e dell’azienda. Dal 2006 a oggi, abbiamo rinnovato<br />
tutti gli spazi e strutturato il progetto vinicolo, acquisendo<br />
una nuova cantina e ampliando il nostro centro pro-<br />
duttivo, così da avere tutto il necessario per poter dare<br />
vita a grandi vini e, anche, per poi crescere nel tempo.<br />
Ma i cambiamenti sono stati davvero molti: a iniziare da<br />
come curiamo i vigneti, passando per le modalità con cui<br />
lavoriamo di squadra, fino al modo come ci interfacciamo<br />
alla nostra rete commerciale.<br />
Che cos’è lo Champagne per Vitalie Taittinger?<br />
È innanzitutto un grandissimo vino, vivo, che vanta una<br />
dimensione che gli altri non hanno: la bollicina. Un elemento,<br />
quest’ultimo, che dona benessere sprigionando<br />
allo stesso tempo energia. Poi, lo Champagne è anche un<br />
simbolo. Questa sua dimensione è estremamente importante,<br />
a mio avviso, perché è un vino che vuol dire tante<br />
cose. Champagne, infatti, è sinonimo di amore, di festa,<br />
di gioia, di storia, di patrimonio, di vigneto e tanto ancora.<br />
È una parola che sintetizza in sé davvero tutte le cose<br />
più belle della vita. E per me questo aspetto è decisivo.<br />
Che responsabilità vive nell’essere entrata nel<br />
solco della lunga tradizione delle grandi donne<br />
di Champagne?<br />
È innanzitutto una grande occasione, prima di essere<br />
una responsabilità. Oggi, essere una donna al vertice di<br />
un’azienda come Taittinger significa offrire un esempio.<br />
Di questo mi sono resa conto solo col passare degli anni.<br />
Vivo la responsabilità di dare alle donne di tutto il mondo,<br />
che guardano alla mia posizione come a qualcosa di
19<br />
che essere: vogliamo essere felici e che ogni giorno sia<br />
lieto. A iniziare da quell’istante, osservando l’ambito distributivo<br />
ci siamo resi conto che c’erano cose che non<br />
funzionavano: non c’era alchimia, non c’era intesa, non<br />
c’era piacere nel lavorare insieme. Quindi abbiamo cambiato<br />
tutto, perché avevamo bisogno di costruire una<br />
nuova complicità con il nostro distributore in Italia. Per<br />
questo abbiamo scelto una realtà più piccola, più giovane,<br />
ma proprio per questi motivi con tanto più dinamismo.<br />
Inoltre, rappresenta anche una famiglia, che è qualcosa<br />
d’importante nella nostra visione. E questa esperienza<br />
ci ha insegnato che non bisogna mai avere paura di ricominciare<br />
da capo.<br />
eccezionale, l’occasione di osservare che essere donna<br />
e guidare un’azienda è possibile. In questo atto di libertà,<br />
occorre sapere osare e imparare allo stesso tempo. E<br />
rendersi anche conto che, sia che si tratti di un uomo sia<br />
che si parli di una donna al vertice di un’azienda, la responsabilità<br />
sulle nostre spalle è la medesima. Poi, ovviamente,<br />
non ci rapporteremo tutti a quel che accade<br />
alla stessa maniera, ma io questa responsabilità che mi<br />
è stata affidata la vivo come una grandissima occasione<br />
per esprimere dei valori e delle convinzioni che mi sono<br />
cari a proposito della vita, del testimone che dobbiamo<br />
lasciare a chi verrà dopo di noi, della generosità che ci<br />
deve sempre contraddistinguere. Una donna, poi, ha la<br />
capacità di riservare uno sguardo al lato economico delle<br />
cose, in modo che possano progredire, e al contempo<br />
prestare attenzione a tutto quello che occorre dare affinché<br />
l’azienda possa nel tempo continuare a esistere.<br />
Amo profondamente questa visione di una realtà in cui<br />
tutto non è soltanto ridotto a una questione di numeri.<br />
Bisogna infatti essere capaci di costruire anche un progetto<br />
umano e sociale, che sia capace di trasmettere tutta<br />
la cultura intrinseca all’azienda che si guida. È così che<br />
questa responsabilità nel tempo si è trasformata anche in<br />
una vera fonte di gioia per me.<br />
Parlando d’Italia, come è nato il rapporto con<br />
Ghilardi Selezioni, il vostro nuovo importatore<br />
dal 2023?<br />
Con mio fratello Clovis, che è responsabile di tutti i mercati<br />
esteri da tanti anni, quando abbiamo preso la guida<br />
della Maison ci siamo domandati: come vogliamo vivere?<br />
Perché noi a lavorare in questa azienda ci dobbiamo<br />
restare ancora a lungo. Dunque, la risposta non poteva<br />
Davanti alle attuali dinamiche di mercato, in<br />
cui si osserva una contrazione dei volumi dopo<br />
l’euforia post-Covid, come vede il futuro della<br />
Champagne e dello Champagne?<br />
Per me preservare il valore sui mercati del mondo significa<br />
la sopravvivenza del modello Champagne. Perché<br />
è il solo mezzo che ci permette di essere all’altezza e di<br />
mantenere quel livello di qualità superiore che ci contraddistingue.<br />
Dopo, occorre anche che il mercato sia<br />
contento. È, dunque, una sintesi tra questi due aspetti<br />
che definirà il futuro della Champagne e dello Champagne.<br />
Per questo motivo, una Maison d’eccellenza come la<br />
nostra deve sempre avere a mente innanzitutto la felicità<br />
dei propri consumatori, essendo capace di esprimerlo,<br />
quando è necessario, e di accoglierli, sempre. Le cose,<br />
nella realtà di tutti i giorni, diventano troppo care quando,<br />
nel riceverle o acquistarle, riteniamo di essere stati in<br />
qualche modo ingannati. Ma se una persona è felice, se<br />
lo Champagne è buono, se gli amici con cui condividete<br />
la bottiglia sono altrettanto contenti quanto voi, cioè se<br />
tutto funziona nella giusta maniera all’interno del vostro<br />
personalissimo ecosistema, il valore non sarà mai ritenuto<br />
eccessivo. Poi, mi stupisco di quanto oggi si parli del<br />
prezzo dello Champagne e mi domando: ma i fiori non<br />
sono forse anch’essi più cari? E il cioccolato? Ma questo<br />
non stupisce nessuno, perché il piacere che da essi deriva<br />
si mostra evidente agli occhi di tutti. Noi non imponiamo<br />
nulla: quando qualcuno avverte il desiderio di una<br />
bottiglia di Champagne, quale ne sia il prezzo, è perché<br />
in lui si risveglia una voglia che è in grado di soddisfare<br />
economicamente. Il nostro compito è quello di fare in<br />
modo che i momenti associati allo Champagne, tanto<br />
per il vino, quanto per tutto quello che lo circonda, siano<br />
sempre corrispondenti al valore intrinseco del prodotto.<br />
DOSSIER<br />
Oltre agli Champagne di famiglia, cosa ama<br />
bere Vitalie Taittinger?<br />
Confesso che per me tutto dipende dal momento.<br />
Quando rientro a casa, ad esempio, avverto il bisogno<br />
di una semplice birra con mio marito. Poi, parlando di<br />
vino, amo davvero tutto e cerco sempre di viverlo e sceglierlo<br />
in base al contesto e al momento. Al bar di un<br />
piccolo villaggio di campagna, ordinerò allora un Kir;<br />
in Italia, sarò felice di scegliere un vino italiano; e così<br />
dappertutto. Quello che mi piace sempre, però, è che<br />
ogni cosa sia al suo giusto posto: se c’è da festeggiare e<br />
ci siamo molto impegnati in cucina, allora ecco che dalla<br />
cantina amo scegliere un grande Borgogna o un buon<br />
Bordeaux con il giusto abbinamento nel piatto, fino a<br />
chiudere con del Sauternes per il formaggio.<br />
E la più bella degustazione fatta di Champagne<br />
Taittinger nei suoi anni da presidente?<br />
È stata un caso fortuito: dovevo pranzare con un giornalista<br />
e mio papà, ma nel scegliere gli abbinamenti<br />
al menù ho commesso una svista. Così, al posto di far<br />
portare a tavola un Comtes de Champagne 2013, ne ho<br />
messo uno del 1993, di cui restano poche bottiglie. Non<br />
l’avevo mai degustato prima ed è stata un’esperienza<br />
divina. E così mi sono girata verso il nostro invitato e<br />
ho semplicemente detto: beh, ora sono davvero pronta<br />
per un’altra domanda (ride, ndr).
20<br />
COLLECTION<br />
La storia dello Champagne Fumey-Tassin s’identifica con<br />
uno dei vitigni minori tra quelli autorizzati dalla Denominazione<br />
francese delle bollicine per eccellenza: quel Pinot<br />
Blanc chiamato a queste latitudini Blanc Vrai. Piccoli<br />
produttori nel cuore della Côte des Bar, a Celles sur<br />
Ource, la famiglia Tassin è il più classico esempio di<br />
Récoltant-Manipulant, che segue ogni passaggio dalla<br />
vigna alla cantina. Un savoir-faire tramandato da<br />
generazioni, che li vede impegnati sui cinque ettari<br />
di vigneti piantati a Pinot Noir e Pinot Blanc, con<br />
proprio quest’ultimo a rappresentare il marchio di<br />
fabbrica dell’azienda: una rarità, se si considera<br />
che sono meno di <strong>10</strong>0 gli ettari ad esso dedicati in<br />
tutta la regione. Dall’incontro tra le due varietà<br />
coltivate, prende forma quello Champagne Passé<br />
Composé Brut Fumey-Tassin che è assemblaggio<br />
tra 60% Pinot Noir e 40% Pinot Blanc:<br />
dal perlage fine e duraturo, grazie a un sorso<br />
fresco e delicato, con una grande eleganza di<br />
fondo, è il perfetto abbinamento a frutti di mare<br />
e piatti elaborati a base di tonno e salmone.<br />
L’audacia di una bollicina pronta a raggiungere nuove vette, sfidando la<br />
gravità grazie a una partnership da vertice delle classifiche: Champagne<br />
Nicolas Feuillatte, la Maison più giovane e uno dei marchi più amati<br />
in Francia, ha lanciato una nuova collaborazione che lo legherà fino<br />
alla fine del 2026 all’eclettico artista e designer internazionale Mika.<br />
Un incontro, per sorprendere e osare, denominato “Defying Gravity”,<br />
che ha già dato vita a una limited edition dell’etichetta simbolo della realtà<br />
con sede a Chouilly: lo Champagne Réserve Brut Exclusive Nicolas<br />
Feuillatte x Mika. Una Cuvée emblema dello stile della Maison,<br />
con la sua freschezza vibrante e gli intensi aromi fruttati, le note di pera<br />
matura e albicocca che si combinano in una texture setosa e ricca, figlia<br />
di un affinamento lungo 36 mesi, che grazie alla speciale veste colorata,<br />
vibrante e giocosa, punta a proiettare, distaccandosi dalle classiche convenzioni,<br />
lo Champagne in una nuova dimensione: un mondo onirico<br />
in cui le bollicine sembrano fluttuare in assenza di gravità.
21<br />
I maestri dei vin de réserve sulla Montaigne de Reims. A Berru, nel 1956, nasce la<br />
Maison Jacques Picard, realtà oggi gestita dalla quarta generazione della famiglia di<br />
Vigneron, con Theo che cura insieme al padre José i 27 ettari di vigneto, realizzando i<br />
propri vini esclusivamente da uve di proprietà. Champagne che oggi arrivano in Italia<br />
grazie ad Allegrini Wine Distribution e al contributo di Matteo Allegrini allo sviluppo<br />
di una selezione che sposa i valori della storica famiglia della Valpolicella, a iniziare<br />
dall’attenzione alle nuove generazioni portatrici d’innovazione. Quella che ritroviamo<br />
in un’etichetta simbolo del savoir-faire di una famiglia e dello stile di una Maison che<br />
ricerca pulizia e grande freschezza nella beva, anche quando si parla degli affinamenti<br />
più lunghi: lo Champagne Zéro Dosage Double Soléra. Una particolarità che merita<br />
di essere scoperta, omaggio allo straordinario patrimonio di vini di riserva di Maison<br />
Jacques Picard. Per una rarissima cuvée che è unione di basi invecchiate secondo il<br />
metodo Solera, associazione di 20 annate differenti progressivamente aggiunte a una<br />
miscela che si dimostra visione fuori dal tempo del terroir. Da una parte lo Chardonnay,<br />
dall’altra un blend di Meunier e Pinot Noir, che assemblate, dopo cinque anni di<br />
affinamento sui lieviti, regalano uno Champagne elegante e croccante, complesso e<br />
cremoso, con un finale minerale e di lunga persistenza, bollicina perfetta da sposare a<br />
frutti di mare, ostriche e crostacei, ma anche alla cucina giapponese.<br />
COLLECTION
22<br />
Il quarto capitolo della serie di cuvée in quantità limitata, svelate al loro apice, per<br />
rivelare terroir unici che lo Chef de Cave della Maison di Aÿ ha scelto di mettere<br />
in evidenza attraverso un’annata particolare: Champagne Ayala Collection N°16<br />
segue le edizioni precedenti N°8, lanciato nel 2017, N°7, del 2020, e N°14, del 2022.<br />
7.357 bottiglie numerate di un assemblaggio tra cru e vitigni inediti, letti dalla prospettiva<br />
dell’annata 2016. Metà Chardonnay, la restante parte Arbane, Petit Meslier<br />
e Pinot Blanc, da Aÿ, Avenay, Chouilly, Cramant, Cuis e Oger: Grand e Premier cru<br />
della Côte des Blancs e della Montagne de Reims posti in risalto sulla mappa che<br />
decora il nuovo design di una confezione regalo <strong>10</strong>0% riciclabile che richiama le<br />
tonalità dorate delle uve a bacca bianca che definiscono la cuvée. Champagne complesso<br />
e cesellato, al palato è setoso, elegante e molto fresco. Per un vino finemente<br />
lavorato che offre grande complessità e un finale lungo e salino.<br />
Photo: Eva Iova<br />
COLLECTION<br />
Una veste perfetta per rallegrare con impareggiabile<br />
eleganza la tavola, per un millesimo,<br />
l’annata 2014, che evoca golosità,<br />
pienezza e un rigoglio quasi esotico. È un<br />
<strong>10</strong>0% Chardonnay Extra Brut, dosato solo<br />
3 grammi per litro, il Blanc de Blancs<br />
2014 Champagne Bruno Paillard. A<br />
distinguerlo, il fatto non solo che sia ottenuto<br />
esclusivamente a partire dalla prima spremitura,<br />
la più pura, dei Grand Cru di Chardonnay<br />
del cuore della Côte des Blancs – Oger,<br />
Mesnil-sur-Oger, Cramant e Chouilly, il 25%<br />
dei quali viene vinificato in piccole botti di<br />
rovere vecchio –, ma anche un riposo sui<br />
lieviti ad affinare di otto anni, con un’ulteriore<br />
attesa tra i 16 e i 18 mesi dopo la<br />
sboccatura. In bocca, l’attacco è preciso e<br />
morbido, la consistenza è carezzevole e<br />
la freschezza dell’annata si esprime nella<br />
struttura salina e nella persistenza,<br />
senza alcuna austerità. Il sapore pieno<br />
di frutta gialla mescolata all’anice<br />
stellato ispira il tema “Gourmand”,<br />
che l’artista Monique Tello,<br />
pittrice e incisore, insegnante alla<br />
Scuola di Belle Arti di Poiters<br />
dal 1981, ha interpretato su<br />
un’etichetta d’artista.
23<br />
COLLECTION<br />
Lo Champagne dal volto italiano: l’elegante De Vilmont, oggi tra i brand di<br />
punta di Serena Wines 1881. Un progetto nato nel 2007, per volontà dello<br />
zio di Luca Serena, Gerardo, grande estimatore delle bollicine francesi per<br />
antonomasia. La famiglia veneta è protagonista col proprio marchio nella<br />
zona Premier Cru Aoc Rilly La Montagne, a poca distanza da Reims, dove<br />
è prodotto lo Champagne che celebra il nobile marchese di San Crevés,<br />
François Alphonse Donatien De Vilmont, vissuto a fine 1700. Si narra che<br />
l’ex ufficiale della Guardia Reale di Luigi XVI, passato nel 1792 tra le file<br />
del neonato esercito rivoluzionario, dopo un’importante vittoria militare<br />
contro le armate austro-prussiane, festeggiò sul campo di battaglia di Valmy<br />
sciabolando una bottiglia di quella che è diventata bollicina più prestigiosa<br />
al mondo. Come dimostra l’innata eleganza del Brut Blanc de Blancs De<br />
Vilmont, <strong>10</strong>0% Chardonnay che matura pazientemente in cantina per tre<br />
anni, per poi presentarsi con il suo perlage finissimo e persistente. Al palato<br />
è gradevole con le sue peculiari note fruttate che si accompagnano a un floreale<br />
bouquet mielato. Ben strutturato nell’equilibrio tra parte acidula e dolce,<br />
si caratterizza per un’ottima persistenza gustativa, prerogativa esclusiva delle<br />
sue vivaci bollicine e della sua innata freschezza.
24<br />
FOCUS ON<br />
La rivoluzione<br />
a Sorbara<br />
Anteprima Rosé del Cristo 2022 Cavicchioli,<br />
eccellenza Metodo Classico del Lambrusco<br />
Da quasi un secolo, Lambrusco fa rima con<br />
Cavicchioli. Impossibile non pensare al<br />
primo senza associarvi il nome della cantina<br />
che, dal 1928, rappresenta un caposaldo<br />
nell’universo della declinazione modenese<br />
della storica bollicina emiliana in rosso. Ma quando si parla<br />
di Cavicchioli e di Lambrusco è a un angolo preciso di Emilia<br />
che si deve innanzitutto guardare: quel vocato lembo di<br />
terra compreso tra i fiumi Secchia e Panaro, nel territorio<br />
di Sorbara, dove si può trovare una vigna simbolo di cinque<br />
ettari che oggi dà vita a un vino che ne porta il nome,<br />
recentemente premiato per l’11esima volta con i Tre Bicchieri<br />
del Gambero Rosso, e uno speciale Metodo Classico<br />
Rosé, che il massimo riconoscimento lo ha conseguito 12<br />
mesi fa. Siamo nella località di Cristo, a 200 metri dall’argine<br />
del fiume Secchia: qui, a iniziare dalla vendemmia 1987,<br />
l’enologo Sandro Cavicchioli ha dato il via a una rivoluzione<br />
diventata presto icona, presentando la prima versione di<br />
un Lambrusco di Sorbara in purezza. “Il Vigna del Cristo,<br />
così come il Rosé del Cristo e tante altre nuove referenze a<br />
marchio Umberto Cavicchioli & F., sono la dimostrazione<br />
concreta che il Lambrusco può raggiungere vette di eccellenza,<br />
portandolo a competere anche con tipologie di vino<br />
più blasonate e celebrate”, sottolinea Francesca Benini, direttrice<br />
commerciale e marketing di Cantine Riunite & Civ<br />
che detiene la proprietà dei brand Cavicchioli. Se, infatti, in<br />
Cantine Cavicchioli c’è la storia del Lambrusco, il Rosé del<br />
Cristo, Metodo Classico che sosta sui lieviti per 36 mesi, ha<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
contribuito a scriverla svelando un’altra faccia della bollicina<br />
emiliana. Si tratta, infatti, di un vino che ha saputo fin da<br />
subito conquistare i palati più esigenti. Nel Rosé del Cristo,<br />
dal 2003, anno della sua prima comparsa, sfida enologica a<br />
un’annata caldissima, si possono trovare coniugati il sapore<br />
autentico della migliore tradizione emiliana con l’innovazione<br />
dettata da un “saper fare” costruito lungo un secolo di<br />
bollicine. Come testimonia perfettamente anche la nuova<br />
annata 2022, che ha scelto per fare il suo primo debutto,<br />
in un’anteprima spumeggiante, un’occasione davvero speciale:<br />
quella Champagne Experience <strong>2024</strong>, kermesse che<br />
riunisce il meglio della più pregiata produzione d’Oltralpe<br />
proprio a Modena, in un incontro tra terre di grandi bolle.<br />
Nel 2022, la produzione delle uve del Rosé del Cristo<br />
è stata influenzata da diverse condizioni meteorologiche<br />
che hanno caratterizzato l’anno. L’inverno 2021-2022 è<br />
stato relativamente mite, con temperature sopra la media,<br />
che hanno portato a una gemmazione anticipata delle viti.<br />
La primavera, in seguito, ha visto un clima variabile, con<br />
alcune piogge che hanno contribuito a fornire l’umidità<br />
necessaria per la crescita delle piante. Tuttavia, ci sono<br />
stati anche periodi di siccità che hanno messo sotto stress<br />
le viti. Infine, l’estate 2022 è stata caratterizzata da temperature<br />
elevate e da una certa aridità, che ha portato a una<br />
riduzione della produzione. “Le alte temperature possono<br />
influenzare la qualità delle uve, ma nel caso del Lambrusco<br />
di Sorbara del Cristo, le condizioni di caldo hanno aiutato<br />
a concentrare gli zuccheri senza modificare l’acidità in<br />
modo significativo”, spiega l’enologo Sandro Cavicchioli.<br />
“Abbiamo così vendemmiato a mano il primo settembre<br />
2022 in piccole casse da 18 kg, con giornate soleggiate e<br />
notti fresche, che hanno consentito una buona raccolta”. In<br />
sintesi, l’annata 2022 ha presentato sfide e opportunità per<br />
la produzione della Rosé del Cristo. “Sebbene ci siano stati<br />
momenti di stress idrico e temperature elevate, le condizioni<br />
favorevoli in fase di vendemmia hanno contribuito a<br />
ottenere uve di qualità”, prosegue Cavicchioli. “Le caratteristiche<br />
intrinseche ed il patrimonio genetico del Sorbara<br />
hanno sopperito perfettamente agli stress generati dalle<br />
alte temperature dimostrando ancora una volta l’attitudine<br />
al cambiamento climatico delle nostre uve di Sorbara”.<br />
Quel che ne è derivato è un vino già al primo approccio<br />
molto equilibrato malgrado la tendenza agrumata, di un<br />
profumo elegante di fiori bianchi piccoli, espresso in prima<br />
lettura verticale, che apre la strada a sentori secondari di<br />
mirtillo e lampone e lime. Il Rosé del Cristo 2022 arriverà<br />
sul mercato a inizio 2025, come conferma il suo artefice.<br />
“Anche se nasce da uve Lambrusco, il Rosé del Cristo è tutto<br />
un altro vino, in quanto perde tutta l’aromaticità del vitigno,<br />
legata ai polifenoli della buccia”, sottolinea Sandro Cavicchioli.<br />
“Quando si dà forma al Metodo Classico si lavora<br />
con piccole casse da 18 kg proprio per non estrarre questa<br />
parte, tendendo piuttosto a valorizzare la componente liquida<br />
dell’acino, il succo, che è ricco di sali acidi ed è l’elemento<br />
più longevo”. In merito alla nuova annata pronta a<br />
debuttare, le sensazioni sono molto positive. “La rifermentazione<br />
in bottiglia è avvenuta perfettamente e la sosta sui<br />
lieviti sta muovendosi verso i 30 mesi, l’intervallo ottimale<br />
per questa tipologia di proposta”, prosegue Cavicchioli. “Ci<br />
troviamo così di fronte a un vino profumato, che già mostra<br />
lunghezza e finezza da grande spumante, con dei sentori<br />
che spaziano dalla crosta di pane alle caratteristiche più<br />
tipiche del vitigno, seppur defilate. Anche se non si avverte,<br />
come deve essere, il Sorbara nella sua piena espressività, il<br />
sottofondo richiama alla mora, al ribes e al frutto rosso”. Il<br />
Rosé del Cristo proprio questo mostra: l’eccellenza di un<br />
territorio e l’unicità dei suoi frutti letti dalla prospettiva<br />
del Metodo Classico, tipologia che non è mai appartenuta<br />
storicamente a queste zone, dove però la rifermentazione<br />
in bottiglia, attraverso il Lambrusco Ancestrale, da sempre<br />
presenta affinità nelle fasi del processo produttivo fino a<br />
un certo punto della lavorazione. Una bollicina in grado<br />
anche di sfidare il tempo, come dimostrano alcune sperimentazioni<br />
in piccolissime quantità che hanno dato mostra<br />
del potenziale di questo spumante, capace di spingersi<br />
anche oltre i <strong>10</strong> anni. “Ma sui propri lieviti, non sboccato,<br />
il Rosé del Cristo potrebbe regalare una longevità infinita”,<br />
evidenzia Cavicchioli. “Con evoluzioni che lo porterebbero<br />
sul piano delle più grandi bollicine al mondo”. La<br />
rivoluzione firmata Rosé del Cristo è solo all’inizio.
25<br />
A<br />
sti non è solo Palio. Non è nemmeno solo la tradizionalissima<br />
Douja d’Or, anche se sono i due eventi tipici e tradizionali<br />
“da sempre” di una città bella, antica e moderna. Asti è<br />
tutta da scoprire. Anche attraverso il vino. Una città Barbera<br />
e Champagne. Asti è una città che si apre al futuro della<br />
Barbera, vino iconico e… spumeggiante. Licenza poetica:<br />
perché no, non siamo impazziti, la Docg Barbera d’Asti<br />
non è uno Champagne ma è una tipologia di rosso che ha<br />
grande tradizione (e terroir) ma vive di luce contemporanea,<br />
si fa volere bene, perché è espressione della sua terra<br />
e si abbina alla perfezione anche a un mondo d’arte e di<br />
cultura. Un mondo che si è regalato un nuovo momento<br />
tutto suo, spumeggiante quanto basta, per un vino rosso,<br />
andato in scena a settembre per <strong>10</strong> giorni (dal 6 al 15): la<br />
prima edizione del Barbera d’Asti Wine Festival.<br />
La Barbera ha il suo Festival<br />
Il terzo vitigno d’Italia più coltivato a bacca rossa ha finalmente<br />
il suo evento: un Festival nel cuore del Monferrato,<br />
nella bella Asti, dove abbiamo trovato un cuore che batte<br />
in rosso da sempre. Barbera d’Asti Docg e i suoi fratelli e<br />
sorelle: i vini del Monferrato. Un Festival che ci ha fatto<br />
incontrare il presidente del Consorzio, Vitaliano Maccario,<br />
primo naturale Ambassador della Barbera, un tipo che<br />
sorride spesso e cammina in fretta, ma si ferma a stringere<br />
tante mani per il futuro del suo vino. La prima edizione di<br />
questo nuovo evento è andata bene e può solo crescere.<br />
Vitaliano Maccario non si ferma davanti a piccoli ostacoli<br />
ed ha sempre un pensiero positivo da proporre accompagnato<br />
dal sorriso della Barbera: comunque sia, questo è<br />
un tratto distintivo per certa gente del Piemonte, basso o<br />
alto poco importa. Il presidente si dice quindi soddisfatto<br />
del lavoro del suo Consorzio e anche del suo Festival, sintetizzando<br />
così l’importanza storica dell’evento: “Questa<br />
prima edizione del Barbera d’Asti Wine Festival è stata un<br />
grande successo, siamo davvero lieti che la gente giunta<br />
giorno per giorno abbia risposto all’invito della nostra<br />
Barbera, dimostrando un vero legame con il vino e con il<br />
territorio. Alludo ai produttori, agli appassionati ma anche<br />
a parte del pubblico anche insolito, dal quale registriamo<br />
un caloroso riscontro. Certo, possiamo ancora migliorare<br />
e puntiamo nelle prossime edizioni a coinvolgere un maggior<br />
numero di persone. Sottolineo comunque che per noi<br />
è stato un momento in cui tutti i produttori, che ringrazio,<br />
si sono uniti per comunicare le origini, la storia vincola e<br />
l’unicità del nostro territorio”, spiega Vitaliano Maccario.<br />
L’idea ha una primogenitura, nome e cognome importanti:<br />
Luciano Ferraro, che non è solo il vicedirettore del Cor-<br />
riere della Sera, e nemmeno “solo” un intenditore di vini<br />
da comunicare, su guide o su colonne del giornale, ma è<br />
anche un poliedrico regista e direttore artistico di eventi e<br />
festival del vino. Sua anche l’idea del Trento Doc Festival,<br />
per fare un esempio di successo. E suo, dunque, il Barbera<br />
d’Asti Wine Festival, prima edizione, interamente dedicato<br />
ai vini del Monferrato e alla promozione dell’identità<br />
della Barbera d’Asti e delle varie denominazioni del Consorzio.<br />
Un Festival per la Barbera che sembra solo destinato<br />
a crescere: “Come Consorzio ci auguriamo che questa<br />
sia solo la prima di molte edizioni future per trasmettere a<br />
pieno la bellezza e le mille sfumature della Barbera e del<br />
nostro territorio”.<br />
La formula by Ferraro è rodata e firmata: talk, masterclass<br />
e degustazioni guidate da esperti italiani e internazionali<br />
del mondo del vino. Con una sfilata di prime voci come:<br />
Veronika Crecelius, Gianni Fabrizio, Aldo Fiordelli, Andrea<br />
Gori, Othmar Kiem, Jeffrey Porter, Andrea Radic,<br />
Paolo Porfidio e Marco Sabellico. Il contorno è poi musica,<br />
ospiti, divagazioni artistiche: tutto quello che, insomma,<br />
fa cultura.<br />
Barbera e Champagne<br />
Nella città di Vittorio Alfieri, del “Diavolo Rosso” Giovanni<br />
Gerbi e di Paolo Conte, ecco Neri Marcoré che<br />
intrattiene e pizzica le corde della musica per un brindisi<br />
a suon di Barbera d’Asti che abbia anche un po’ di<br />
profondità. Barbera e Champagne, sì, dove basta la pa-<br />
DI LUCIANA ROTA<br />
Il volto spumeggiante<br />
della Barbera<br />
Cronache da un Festival che racconta i nuovi orizzonti<br />
del simbolo del Monferrato nel calice<br />
GIRAMONDO
26<br />
GIRAMONDO<br />
rola: “Già di per sé Barbera è un termine molto inclusivo<br />
perché si dice sia la Barbera che il Barbera e questo<br />
mi piace perché davvero abbraccia tutto”, ci dice Neri<br />
Marcorè con un calice di Barbera d’Asti Docg in mano,<br />
quello del Consorzio.<br />
Barbera e Champagne, poi, ci fa anche cantare, vero?<br />
“Ai tempi di quella canzone il Barbera era considerato<br />
un vino di basso costo molto meno nobile rispetto allo<br />
Champagne, oggi non dico che abbia raggiunto quel<br />
livello ma per certi versi proprio sì, perché parliamo di<br />
due modi e due mondi di bere diversi. E penso che la<br />
Barbera non abbia nulla da invidiare al cugino francese,<br />
alludo soprattutto al livello qualitativo”. E se dici Barbera,<br />
comunque, sorridi: “Anche grazie a quella canzone<br />
di Gaber, Barbera in effetti porta al buon umore, al bere<br />
insieme, al consolarsi per dolori esistenziali o sentimentali”.<br />
Una buona cosa.<br />
Neri Marcoré, regista, cantante, attore, poliedrico come<br />
la Barbera, ci viene da aggiungere, e che da queste parti,<br />
in Piemonte, capita spesso anche per impegni artistici,<br />
è stato uno degli Ambassador del Festival. La chiave<br />
degli artisti che mettono il naso nel calice del vino di<br />
un posto, proprio di quello, e si aprono ad un confronto<br />
culturale e artistico innaffiato di vino è una formula<br />
che piace a tanti, e apre ad un target molto più ampio<br />
rispetto agli eventi “soliti” del mondo del vino. A questa<br />
prima edizione del<br />
Festival hanno preso parte<br />
importanti ospiti: dal<br />
cinema alla letteratura,<br />
dallo sport all’arte, passando<br />
per l’imprenditoria.<br />
Ad esempio, l’ex calciatore<br />
Andrea Barzagli,<br />
i comici Diego Parassole<br />
e Leonardo Manera, il<br />
fotografo Guido Harari,<br />
la scrittrice Stefania Auci,<br />
che a Palazzo Michelerio<br />
ha presentato il suo ultimo<br />
libro, “I leoni di Sicilia”,<br />
la saga dei Florio, e il<br />
cantautore Giorgio Conte.<br />
Così la pensa Luciano<br />
Ferraro, che in proposito<br />
ci ha detto: “L’idea del<br />
Barbera d’Asti Wine Festival<br />
è di mettere assieme<br />
il racconto del vino con<br />
quello del suo territorio<br />
attraverso diverse forme<br />
artistiche. Nell’immaginare il programma<br />
del Festival non bisogna pensare solo<br />
agli appassionati del mondo del vino e<br />
agli enoturisti, che certo devono trovare<br />
spazio ma non solo loro. Il Festival deve<br />
divertire, far riflettere, informare mettendo<br />
sul palcoscenico una vera protagonista:<br />
la Barbera”.<br />
I “barberisti d’Asti”<br />
I “barberisti d’Asti” sono 412: è questo<br />
il numero delle aziende rappresentate<br />
in Consorzio oggi. Dunque, 412 realtà<br />
che appartengono al Consorzio Barbera<br />
d’Asti e Vini del Monferrato, un sodalizio<br />
fondato nel 1946 che ha il compito di<br />
“tutelare e promuovere le sue denominazioni<br />
per garantire la loro diffusione e la<br />
loro immagine sui mercati nazionali e internazionali,<br />
anche attraverso marchi distintivi”.<br />
Sono invece 14 le denominazioni<br />
tutelate. Quattro sono Docg: Barbera<br />
d’Asti, Nizza, Ruchè di Castagnole Monferrato e Terre<br />
Alfieri; <strong>10</strong> sono Doc: Albugnano, Cortese dell’Alto<br />
Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino<br />
d’Asti, Loazzolo, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco,<br />
Monferrato, Piemonte, Calosso. La superficie rivendicata<br />
da tutte le denominazioni del Consorzio nel 2021<br />
era pari a <strong>10</strong>.430 ettari.<br />
Se analizziamo<br />
il numero degli ettari<br />
rivendicati per le<br />
maggiori denominazioni<br />
notiamo la leadership<br />
della Barbera<br />
d’Asti Docg, che conta<br />
4.142 ettari, invece<br />
il Piemonte Doc ne<br />
conta 3.827. Stando<br />
ai numeri, ci basiamo<br />
sempre sui “conti” del<br />
2021 quando l’imbottigliato<br />
registrato<br />
per tutte le Denominazioni<br />
tutelate era<br />
492.986,21 ettolitri<br />
per 65.731.495 bottiglie.<br />
Rispetto alle<br />
Denominazioni principali,<br />
in termini di<br />
ettolitri e bottiglie<br />
registrate, si evidenzia<br />
che al primo posto<br />
c’è la Barbera d’Asti<br />
Docg: 149.689,70 ettolitri<br />
e 19.958.627<br />
bottiglie, quindi il<br />
Piemonte Doc con<br />
275.696,83 ettolitri e<br />
36.759.577 bottiglie.<br />
“La Barbera è un vitigno territoriale che identifica in maniera<br />
inconfondibile una zona, un’area, quella del Monferrato<br />
e ad ogni sorso questa caratteristica si ritrova nel<br />
bicchiere. Nonostante le differenze di terroir o di lavorazione<br />
delle uve e del vino, la vera caratteristica di questo<br />
vitigno è l’inscindibilità dal suo territorio”, riassume Costantino<br />
Gabardi, organizzatore dell’evento, al termine<br />
della settimana di masterclass. Per completare il calendario,<br />
ogni giorno, Palazzo Alfieri ha aperto le porte a tutti<br />
gli appassionati e ai wine lover offrendo loro la possibilità<br />
di scoprire e di approfondire l’unicità di questo vitigno ai<br />
banchi d’assaggio e attraverso incontri di persona con i<br />
produttori. Un filo rosso e tante anime, sfumature. L’avvio<br />
mediatico è stato importante, poi il resto lo ha fatto<br />
davvero la forza di una squadra, del territorio.<br />
I nuovi orizzonti del<br />
Monferrato<br />
In 70 anni di vita, il Consorzio<br />
Barbera d’Asti e<br />
Vini del Monferrato non<br />
solo ha promosso le sue<br />
eccellenze vitivinicole,<br />
ma ha davvero aperto<br />
l’orizzonte “territoriale”<br />
allargando la sua ottica<br />
che è quella frutto del lavoro<br />
“corale” svolto dalle<br />
comunità del Monferrato,<br />
“più che mai attente a<br />
conciliare con armonia<br />
la viticoltura con il paesaggio,<br />
rendendola parte<br />
integrante di esso e portando<br />
fino ai giorni nostri<br />
una tradizione dal valore<br />
qualitativo in continua<br />
crescita”.<br />
“Sono tante le anime vinicole che trovano espressione<br />
nel Monferrato ed il Consorzio ha come obiettivo, sin<br />
dai suoi esordi, proprio quello di fare da collante tra que-
27<br />
ste molteplicità, per promuovere in modo unitario e uniforme<br />
l’intero territorio e le sue eccellenze”, evidenzia il<br />
presidente Maccario.<br />
Un fil rouge collega le tante espressioni<br />
ed anime dei vini a denominazione di<br />
questo Piemonte “basso” e quel filo è teso<br />
dal Consorzio che vuole essere punto di<br />
riferimento per le tante realtà vitivinicole<br />
che lo caratterizzano. Oltre 70 anni fa, nel<br />
1946, il sodalizio fu fondato per la difesa<br />
dei vini tipici Barbera d’Asti e Freisa d’Asti,<br />
per poi trasformarsi in qualcosa di più.<br />
Da “Consorzio dei vini d’Asti e del Monferrato”,<br />
infatti, è diventato “Consorzio<br />
Barbera d’Asti e Vini del Monferrato”, orgoglioso<br />
di rappresentare una delle aree<br />
vitivinicole più importanti nel panorama<br />
italiano ed estero. Un importante passo<br />
avanti in questa direzione è arrivato in<br />
tempi recenti, nel 2015, con il riconoscimento<br />
erga omnes che da quel momento<br />
consente al Consorzio di rappresentare<br />
tutti gli utilizzatori delle varie denominazioni, associati<br />
e non, con un conseguente ampliamento delle possibilità<br />
di promozione, tutela e cura degli interessi generali.<br />
Oggi il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato<br />
opera per garantire un alto profilo produttivo e qualitativo,<br />
tutelando e promuovendo tutte le 14 denominazioni<br />
che trovano spazio all’interno di questa terra dalla lunga<br />
e profonda vocazione vinicola.<br />
Tracce di Barbera nella<br />
storia del vino<br />
Per diventare Patrimonio<br />
Mondiale dell’Unesco ci ha<br />
messo lo zampino l’agricoltura:<br />
da queste parti, anzi, la<br />
viticoltura. E questo è un traguardo<br />
recente per una terra e<br />
una comunità dediti alla vite<br />
da tempi antichissimi. Dici<br />
Piemonte e pensi Barbera. E<br />
pensi bene: perché il Barbera<br />
è, infatti, uno dei principali<br />
vitigni che caratterizza il<br />
territorio e che rende celebre<br />
questo territorio nel mondo:<br />
s’ipotizza che venisse coltivato<br />
nel Monferrato al tempo dei<br />
Romani ma in realtà risalgono<br />
al Medioevo i primi documenti<br />
che accertano l’impianto delle viti<br />
di Berbexinis, per la produzione di<br />
vino destinato alla mensa vescovile.<br />
La prima citazione “barberista” risale<br />
al 1249 e si ritrova in un contratto<br />
di affitto conservato presso l’archivio<br />
capitolare di Casale Monferrato in<br />
cui l’affittuario dei terreni della chiesa<br />
si impegnava a piantare e prendersi<br />
cura “de bonis vitibus berbexinis”: si<br />
immagina dunque che si trattasse di<br />
viti pregiate, capaci di produrre vini<br />
adatti alla mensa qualificata della Curia<br />
in una città che, all’epoca, era una<br />
capitale.<br />
Troppo affascinante la storia della<br />
Barbera d’Asti per non approfondirne<br />
le origini. Le prime tracce ufficiali<br />
si hanno tuttavia a partire dal<br />
1512, anno a cui risale un atto catastale<br />
del Comune di Chieri in cui se<br />
ne segnala la presenza. Proseguendo<br />
nel corso della storia, il vino ricompare in un manoscritto<br />
conservato nell’archivio comunale di Nizza Monferrato:<br />
in una lettera del 1609, scoperta dal Dottor Arturo<br />
Neri Marcorè<br />
Stefania Auci<br />
Andrea Barzagli<br />
Bersano, risulta che in quell’anno venissero inviati “nel<br />
Contado di Nizza de la Paglia appositi incaricati per assaggiare<br />
il vino di questi vigneti, e in particolare lo vino<br />
Barbera per servizio di S.A. Serenissima e di pagargli al<br />
giusto prezzo”. Il che significa che la fama del vino Barbera<br />
prodotto nell’astigiano era giunta fino alla corte<br />
ducale di Mantova dove non mancavano le occasioni<br />
per banchettare e per apprezzare i migliori vini d’Italia.<br />
Nel 1798, durante l’ultimo periodo di occupazione<br />
francese, il Conte Nuvolone citò il Barbera come vitigno<br />
caratteristico del Piemonte nella prima versione<br />
del trattato ampelografico “Calendario Georgico della<br />
Società Agraria di Torino (1799)”: uno studio voluto da<br />
Napoleone Bonaparte per identificare e classificare le<br />
varietà di vitigni attraverso schede descrittive relative<br />
alle caratteristiche dei vari organi della pianta nel corso<br />
delle diverse fasi fenologiche.<br />
Fu poi Giorgio Gallesio, uno dei padri della scuola ampelografica<br />
piemontese, nei primi dell’Ottocento, a fornire<br />
una descrizione esauriente del vitigno specificando<br />
come venisse coltivato prevalentemente nel Monferrato,<br />
a nord di Asti e verso Casale. In seguito,<br />
il vitigno ebbe grande diffusione<br />
a destra del Tanaro, e, nei primi<br />
decenni del Regno d’Italia, la più alta<br />
concentrazione di vigneti di Barbera<br />
si era già realizzata in quello che è<br />
stato definito il “triangolo d’oro del<br />
Barbera d’Asti”, tra Tanaro e Belbo<br />
(Montegrosso, Costigliole, Agliano,<br />
Castelnuovo Calcea, Mombercelli e<br />
paesi limitrofi, fino a Nizza a Sud e<br />
Asti a Nord). In quella zona si coltivava<br />
Barbera quasi in purezza, mentre<br />
altrove predominavano i vigneti<br />
misti; una tradizione che si è mantenuta<br />
sino a pochi decenni fa.<br />
I riconoscimenti del pregio di questo<br />
vitigno sono testimoniati e indubbi<br />
già alla fine dell’Ottocento e ne hanno<br />
determinato la sua crescita nel corso di tutto il secolo<br />
successivo, mettendo in moto quel percorso di sviluppo<br />
e valorizzazione che ha portato, in tempi più recenti, a un<br />
nuovo momento di svolta negli anni ’80 del Novecento<br />
quando è iniziata la sua nuova fase di crescita, che l’ha<br />
condotto fino all’eccellenza qualitativa che tutti conosciamo.<br />
Una qualità da festival.<br />
“Il nostro compito più importante è quello di valorizzare,<br />
attraverso le attività di promozione dei vini, il lavoro<br />
dei viticoltori, i quali danno vita alle eccellenze vinicole<br />
che conosciamo”, conclude il presidente<br />
Vitaliano Maccario. “Non<br />
solo la bottiglia in quanto prodotto<br />
finito, ma tutto il lavoro che viene<br />
fatto a monte di esse deve trovare il<br />
giusto riconoscimento. Tutto questo<br />
nel segno di un’unione, ma anche di<br />
una valorizzazione, delle sfaccettate<br />
realtà del nostro territorio”.<br />
Il Monferrato ha in sé materia e forma<br />
che riportano al suo paesaggio vitato<br />
e dunque intrinsecamente legato<br />
alla cultura del vino. Il succedersi<br />
interminabile di vigneti, intervallati<br />
solo da villaggi e castelli medievali, è<br />
espressione di un territorio che promette<br />
già nel suo paesaggio quanto<br />
mantiene nella bottiglia e nel calice,<br />
come avviene per Langhe e Roero,<br />
che rappresentano al meglio la vocazione<br />
vitivinicola piemontese: l’eccellenza<br />
delle loro produzioni e tutti<br />
i luoghi centrali per la filiera del vino<br />
hanno contribuito alla conquista del riconoscimento di<br />
Patrimonio Mondiale dell’Unesco, assegnato a queste<br />
terre già dal 2014. Dieci anni di meraviglia.<br />
GIRAMONDO
28<br />
Berlucchi brilla<br />
al mondiale delle bollicine<br />
Pasqua Vini sempre più<br />
mecenate dell'arte<br />
Guido Berlucchi guida da primo della classe la carica<br />
del Franciacorta ai mondiali delle bollicine, conquistando<br />
otto medaglie d’oro nella prestigiosa classifica<br />
stilata da Tom Stevenson al Champagne & Sparkling<br />
Wine World Championships.<br />
All’evento l’azienda ha inviato<br />
una selezione delle linee ‘61 e<br />
‘61 Nature, entrambe dedicate<br />
all’anno di nascita del<br />
primo Franciacorta, creato<br />
grazie all’intuizione di Franco<br />
Ziliani e Guido Berlucchi.<br />
TITOLI DI CODA<br />
Serena Wines 1881<br />
porta in Italia i<br />
vini Djokovic<br />
Serena Wines 1881 scende a rete, piazzando<br />
un colpo da applausi: la storica azienda familiare<br />
coneglianese tra i riferimenti nella produzione<br />
e commercializzazione di Prosecco Doc<br />
e Docg è il distributore esclusivo in Italia dei<br />
vini Djokovic. Si tratta nello specifico di due<br />
etichette, uno Chardonnay e un Syrah, prodotte<br />
dall’azienda vinicola di famiglia gestita<br />
da Goran Djokovic, lo zio del tennista Nole,<br />
nel distretto serbo di Šumadija, a Lipovac, tra<br />
Arandjelovac e Topola, un’areale conosciuto<br />
per i suoli rocciosi e ferruginosi e quindi per la<br />
tipica colorazione rossa della terra. I due vini<br />
qui prodotti sono fortemente riconoscibili, di<br />
carattere e raccontano in modo inequivocabile<br />
la loro provenienza, proprio come nelle intenzioni<br />
del suo artefice. Questa nuova collaborazione<br />
trae ispirazione dall’amore per campi<br />
di terra rossa (questa volta non quelli delle<br />
vigne) e per il vino di alta qualità, passione<br />
che unisce il campione serbo e Luca Serena,<br />
quinta generazione oggi alla guida di Serena<br />
Wines 1881 nonché giocatore professionista<br />
– che lo scorso 17 agosto si è aggiudicato l’oro<br />
ai Mondiali Itf Over40 nel doppio maschile a<br />
Lisbona – e amministratore delegato vulcanico<br />
che si divide tra campionati sportivi e amministrazione<br />
aziendale, senza perdere mai<br />
un colpo. “In un momento di grande soddisfazione<br />
personale per il mio recente traguardo<br />
tennistico sono più che mai felice ed entusiasta<br />
di annunciare questa collaborazione prestigiosa,<br />
che non solo lega il nome di Serena<br />
Wines 1881 a quello della famiglia dell’oro di<br />
Parigi <strong>2024</strong> ma avvicina<br />
ancora di più la nostra<br />
azienda al mondo<br />
dello sport, di cui<br />
condividiamo da<br />
sempre valori e insegnamenti”,<br />
ha dichiarato<br />
Luca Serena.<br />
Pasqua Vini mecenate dei giovani talenti. Prosegue il<br />
cammino dell’azienda veronese, prossima a tagliare il<br />
traguardo del suo primo secolo di vita, a supporto del<br />
mondo dell’arte contemporanea. Da Verona a Londra,<br />
ancora una volta la famiglia Pasqua ha scelto di sostenere<br />
la creatività e l’innovazione, con l’inaugurazione,<br />
in occasione della manifestazione Frieze presso l’Ambasciata<br />
italiana a Londra, di un’installazione commissionato<br />
all’artista Adalberto Lonardi che esplora<br />
il ruolo del vino come oggetto<br />
temporale che collega generazioni,<br />
tradizioni e comunità.<br />
In contemporanea, ad Art<br />
Verona, Pasqua Vini è stata<br />
accanto a Sergio Fiorentino<br />
per l’apertura della sua<br />
personale all’Officina Fiori.<br />
La famiglia Damilano riapre<br />
“Il Gramsci”<br />
La Famiglia Damilano, profondamente legata a Torino,<br />
continua a espandere le sue attività nel mondo della ristorazione<br />
con la riapertura del ristorante “Il Gramsci”. Il<br />
progetto segna un ulteriore passo nel valorizzare l’eccellenza<br />
enogastronomica piemontese, già testimoniata dal<br />
rilancio del Pastificio Defilippis, dall’iconico Bar Zucca<br />
e dall’apertura del ristorante stellato Massimo Camia a<br />
La Morra. Luoghi simbolici come “Il Gramsci” contribuiscono<br />
a definire l’identità di Torino, mantenendo la<br />
loro autenticità nel tempo. Con i suoi 50 coperti, il ristorante<br />
propone un viaggio nella cucina piemontese e<br />
torinese, con influenze dai classici<br />
italiani. Il menù unisce tradizione<br />
e innovazione, offrendo<br />
piatti che raccontano storie<br />
uniche. I clienti possono optare<br />
per un pranzo veloce ma<br />
di qualità o scegliere di vivere<br />
una cena rilassata e rituale.<br />
Allegrini Wine Distribution:<br />
David Moret<br />
nel catalogo<br />
Dopo un primo rendez-vous nel calice in occasione della<br />
scorsa edizione di Vinitaly, si presentano ufficialmente i<br />
nuovi volti che, dalla Champagne a Gevrey-Chambertin,<br />
entreranno nella squadra Allegrini Wine Distribution, il<br />
ramo d’azienda di Allegrini Wines dedicato alla distribuzione.<br />
Si amplia il catalogo, con un’offerta consolidata<br />
a cui si aggiungono delle piccole<br />
gemme dell’enologia francese.<br />
A iniziare da David Moret,<br />
griffe nota per la produzione<br />
di bianchi di pregio in Borgogna,<br />
nuovo brand in distribuzione<br />
per la prima volta<br />
in Italia dallo scorso 15 ottobre.<br />
E ancora...<br />
Vendemmia <strong>2024</strong> in Italia, +7%: che annata sarà. Il Belpaese<br />
“re” della vendemmia in Europa: la situazione sul<br />
fronte mercato. No a estirpi, sì all’abbassamento della gradazione<br />
alcolica: la ricetta di Uiv per il futuro del vino Ue.<br />
Sparkling Wine Producer of the Year: Ferrari Trento per<br />
la settima volta campione del mondo delle bollicine. Poltrona<br />
Frau x Dubl Edition: Feudi di San Gregorio lancia<br />
un’edizione limitata in 2000 pezzi. Montestefano 2019:<br />
Michele Chiarlo rilancia un Cru iconico del Barbaresco in<br />
edizione limitata. Braida diventa Marchio Storico di Interesse<br />
Nazionale. VinNatur sbarca a New York: grande debutto<br />
il 12 e 13 gennaio 2025. Rive<br />
Line Collection: Andreola racchiude<br />
in un cofanetto 6 espressioni<br />
uniche di Valdobbiadene<br />
Docg. The Grand Wine<br />
Tour: a Nadia Zenato ed Elvira<br />
Bortolomiol le chiavi della<br />
comunicazione dell’associazione.
29<br />
Belvedere <strong>10</strong> lancia la sua nuova versione<br />
mini nel formato prêt–à-porter da 20 cl.<br />
Icona di eleganza brutalista con il suo colore<br />
brillante che evoca la purezza del liquido che<br />
contiene e un design minimalista, scultoreo<br />
e sfaccettato che ricorda un diamante: si<br />
presenta così la luxury vodka di Belvedere<br />
Vodka in questo speciale formato ideale per<br />
farla degustare in purezza o all’interno di<br />
un perfetto Luxury B<strong>10</strong> Martini nei locali<br />
più esclusivi d’Italia. Alta e slanciata, anche<br />
la versione mini della bottiglia si sviluppa<br />
su <strong>10</strong> livelli per richiamare le <strong>10</strong> fasi del<br />
complesso processo produttivo che ne è alla<br />
base e per onorare la purezza della pregiata<br />
segale Diamond Rye da cui Belvedere <strong>10</strong><br />
proviene. Il gusto di Belvedere <strong>10</strong>, poi, è<br />
quello di sempre: straordinario. Sul palato,<br />
la vodka si presenta opulenta e cremosa, con<br />
una leggera dolcezza al miele che si fonde<br />
con intense esplosioni di caramello e caffè. Il<br />
finale è elegante e persistente, con morbide<br />
note di nocciola pralinata e ricco cacao che<br />
completano l’esperienza.<br />
Borghetti, storico liquore di vero caffè<br />
espresso diventato parte integrante della<br />
tradizione nostrana, ha presentato un nuovo<br />
look per l’iconica bottiglia che prevede<br />
una veste più moderna pur mantenendo le<br />
caratteristiche uniche di questo prodotto, che<br />
si è distinto per anni nel mondo per gusto,<br />
tradizione, qualità, stile, senza tempo. Il<br />
restyling vede al centro, ancora più grande,<br />
l’inconfondibile stella simbolo del brand,<br />
un omaggio allo stemma Nazionale e alle<br />
origini made in Italy. Da sempre, sull’etichetta<br />
Borghetti, la femminilità è protagonista. Oggi<br />
viene rappresentata attraverso un ritratto che<br />
celebra la donna come una Dea, simbolo di<br />
forza ed eleganza, con una folta chioma di<br />
preziosi chicchi. Grazie al suo gusto intenso e<br />
deciso Borghetti è ottimo bevuto liscio o con<br />
ghiaccio. La sua versatilità e semplicità sono<br />
state riscoperte e apprezzate dalla community<br />
dei bartender di tutto il mondo tanto che oggi<br />
è il protagonista principale di cocktail iconici<br />
come l’Espresso Martini.<br />
DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />
Non è un Rum e non è un vino: Composition<br />
N°1 è uno Spirit Drink dal gusto inedito,<br />
una visione moderna del concetto di<br />
assemblaggio, che apre la strada ad un nuovo<br />
modo di interpretare l’after dinner. La base<br />
è un Moscatel spagnolo che affina per 44<br />
anni in barrique, a cui si aggiungono tre<br />
diversi Rum provenienti dalle Barbados, dal<br />
Venezuela e dal Nicaragua. Non è un vino e<br />
non è un Rum, ma una composizione. Una<br />
sfida, che inizia con la freschezza, data dal<br />
Moscatel, e l’avvolgenza e struttura date dai<br />
Rum. Disponibile in quantità limitate, con<br />
una produzione annua massima di 20mila<br />
bottiglie, Composition N°1 è un prodotto a<br />
impatto zero: non si crea nulla, si assemblano<br />
grandi elementi, vino e distillati. E la bottiglia,<br />
completamente in vetro, è riutilizzabile.<br />
Da provare on the rocks, liscio o abbinato a<br />
formaggi, cioccolato fondente, caffè o frutta<br />
essiccata. Senza coloranti e aromi artificiali,<br />
zucchero aggiunto, glutine e conservanti, è<br />
adatto anche ai vegani.<br />
Il presente della Grappa nella sua migliore<br />
tipicità: blend Bordolese da vinacce di uve<br />
Merlot e Cabernet, Sarpa di Poli è figlia di<br />
una distillazione artigianale, a piccoli lotti,<br />
con alambicco in rame con caldaiette a vapore<br />
a ciclo discontinuo. Dal colore limpido<br />
cristallino, ha un carattere robusto, quasi<br />
rustico, sincero, profumi gradevolmente<br />
erbacei che ricordano l’erba fresca appena<br />
tagliata, un aroma vinoso e di fiori rossi, come<br />
il geranio, la rosa, la viola, che la rendono un<br />
classico senza tempo.
30<br />
DISTILLATI – LIQUORI – AMARI<br />
Grappa 903: 25 anni<br />
di un simbolo<br />
Bonaventura Maschio<br />
La Distilleria Bonaventura Maschio,<br />
da sempre radicata nella<br />
tradizione ma con uno sguardo<br />
rivolto al futuro, segna un importante<br />
traguardo: la celebrazione<br />
del 25esimo anniversario<br />
di uno dei suoi<br />
prodotti più iconici, La<br />
Grappa 903. Questo prestigioso<br />
distillato, che racchiude<br />
in sé un profondo<br />
legame con la storia della<br />
famiglia Maschio, si presenta<br />
con una nuova immagine<br />
sofisticata e inedita, capace di combinare<br />
la classicità con l’innovazione, senza mai<br />
perdere il suo spirito originario. La Grappa<br />
903 è dedicata al fondatore dell’azienda,<br />
Bonaventura Maschio, nonno di Anna<br />
e Andrea, nato proprio nell’anno 1903. Il font utilizzato<br />
nell’etichetta è l’esatta copia di quello con cui il prete del<br />
paese aveva stilato il suo certificato di nascita, scelto per<br />
suggellare il rapporto indissolubile tra il distillato e il suo<br />
ideatore. Tipica, dal profumo intenso, fruttato e floreale,<br />
con note di mela e erbe aromatiche, si contraddistingue<br />
per un gusto pieno e complesso, ricco di personalità. Barrique,<br />
invece, si presenta con un profilo più delicato, caratterizzato<br />
da un profumo speziato e un gusto morbido,<br />
equilibrato e di lunga persistenza. Il nuovo layout della<br />
bottiglia è stato progettato con un approccio innovativo,<br />
ma senza perdere di vista l’autenticità e il valore storico<br />
dell’emblematica confezione. La<br />
bottiglia, con il suo design moderno,<br />
evoca la storia e il prestigio<br />
accumulati in questi<br />
25 anni, mantenendo il font<br />
dorato sull’etichetta, che rappresenta<br />
un tocco di eleganza e<br />
continuità con la tradizione.<br />
Hennessy: due decanter<br />
d’artista per la collezione<br />
X.O<br />
Hennessy, marchio leader mondiale di cognac, annuncia<br />
con la sua ultima collaborazione con l’acclamato artista<br />
Jean-Michel Othoniel, noto per le sue sculture monumentali<br />
e le opere realizzate in vetro soffiato a mano.<br />
Questa partnership dà vita a due straordinarie creazioni,<br />
che uniscono e rendono omaggio ai mondi dell’arte e dei<br />
liquori di lusso: Hennessy X.O Masterpiece e Hennessy<br />
X.O Limited Edition. Jean-Michel Othoniel ha collabo-<br />
rato con Hennessy per la creazione di due decanter, che<br />
elevano ulteriormente lo status della collezione X.O. Nel<br />
corso degli anni Hennessy ha collaborato con i più rinomati<br />
talenti del design, della moda e della cultura, tra cui<br />
il designer Tom Dixon, l’archistar Frank Gehry e l’icona<br />
del fashion Kim Jones. La collaborazione stretta ora con<br />
l’artista Jean-Michel Othoniel conferma l’impegno della<br />
Maison nei confronti dell’innovazione e della creatività.<br />
Ispirandosi al ricco patrimonio di conoscenze e alla<br />
maestria artigianale espressa in oltre 250 anni di storia<br />
da Hennessy, Othoniel ha realizzato dapprima il decanter<br />
X.O. Masterpiece, un pezzo unico dove convivono<br />
in perfetta armonia tradizione e innovazione: oltre ad<br />
essere infuso della caratteristica brillantezza – cifra stilistica<br />
di Othoniel – fatta di luce e riflessi, è ornato da<br />
preziosi cristalli destinati a diventare l’oggetto del desiderio<br />
dei collezionisti di tutto il mondo. Proprio da qui<br />
nasce l’ispirazione per il design del decanter X.O Limited<br />
Edition, entrambi sono opere d’arte impreziosite da<br />
dettagli intricati. Hennessy X.O, il primo cognac Extra<br />
Old, è la testimonianza dell’esperienza del marchio nella<br />
miscelazione e nell’invecchiamento di liquori pregiati. Sin<br />
dalla sua nascita nel 1870, Hennessy<br />
X.O è stato celebrato per la<br />
sua complessità e profondità<br />
aromatica. Questa miscela<br />
iconica è diventata un simbolo<br />
di raffinatezza e ricercatezza,<br />
apprezzata dagli intenditori<br />
di tutto il mondo.<br />
Legre: il distillato<br />
di Caffè Panama Geisha<br />
Nasce Legre, un distillato innovativo e unico nel suo<br />
genere, con una gradazione alcolica di 47 gradi. Non<br />
è classificabile come gin, vodka, mezcal o grappa, ma<br />
rappresenta una nuova tipologia di distillato. Come<br />
spiega lo chef Alessandro Gilmozzi, uno dei creatori,<br />
Legre non rientra in nessuna categoria esistente e costituisce<br />
un marchio registrato. Il suo nome è un acronimo<br />
di “Legacy Reserve”, sottolineando l’originalità e<br />
il prestigio di questo prodotto che unisce tradizione e<br />
innovazione. Viene realizzato utilizzando l’intera pianta<br />
del caffè Panama Geisha, uno dei più pregiati e sofisticati<br />
al mondo, con valutazioni spesso superiori ai 90<br />
punti. Il fiore bianco, dolce e delicato; la polpa rossa,<br />
fruttata e resinosa; e il chicco verde, non tostato, vengono<br />
tutti distillati, valorizzando ogni parte della pianta<br />
e dando vita a un distillato raffinato. Legre è il primo<br />
prodotto del brand Spirit of Longboard, legato al mondo<br />
del caffè Longboard Specialty Coffee. Prodotto in<br />
edizione limitata con sole 700 bottiglie numerate, viene<br />
presentato in un elegante cofanetto riciclabile che<br />
mette in risalto le sue caratteristiche uniche e le origini<br />
del caffè. La bandiera italiana sulla confezione ricorda<br />
l’origine italiana del distillato, mentre i colori del fiore<br />
(bianco), della polpa (rosso) e del chicco (verde) si riflettono<br />
nella sua composizione.<br />
Gin: consumi in crescita<br />
del fuori casa in Italia<br />
Il Gin ha un potenziale che potrebbe portarlo a primeggiare<br />
nel mercato del fuori casa italiano secondo<br />
la ricerca di CGA by NIQ. Attualmente, il gin & tonic<br />
occupa una delle posizioni più alte nella classifica dei<br />
cocktail preferiti dagli italiani, trovandosi al quarto<br />
posto dopo Aperol Spritz, Mojito e Campari Spritz.<br />
Tuttavia, per guadagnare posizioni, l’innovazione del<br />
servizio rappresenta il primo passo verso un’opportunità<br />
di crescita sempre più concreta per valorizzare la<br />
bevanda e garantirne una maggiore attrattiva da parte<br />
degli italiani. Tra queste, la realizzazione di cocktail<br />
che si allineino alla cultura italiana della ristorazione<br />
e dell’aperitivo ponendo le bevande a base di gin,<br />
ad esempio il gin tonic, come alternative interessanti<br />
all’Aperol o al Campari Spritz. Inoltre, dallo studio di<br />
CGA by NIQ emerge che il 25% dei consumatori di<br />
gin considera decisive le raccomandazioni dei baristi<br />
nel momento della scelta. Attualmente il gin è scelto<br />
nel fuori casa da una percentuale di italiani di poco<br />
inferiore rispetto alla media globale – si tratta di un<br />
16% a fronte del 19% – e occupa<br />
una posizione più alta in<br />
classifica rispetto ad altri<br />
alcolici come il rum (14%)<br />
e il whisky (12%) mentre<br />
segue, in termini di gradimento,<br />
aperitivi (42%) e<br />
A mari (34%).<br />
Compagnia dei Caraibi<br />
porta in Italia<br />
Tequila Tequiero<br />
Compagnia dei Caraibi distribuisce<br />
in esclusiva per l’Italia il tequila<br />
Tequiero, nato dalla collaborazione<br />
tra il rapper Gué (Cosimo<br />
Fini) e l’imprenditore Driss El<br />
Faria. L’azienda propone due<br />
referenze: il Tequila Reposado<br />
di Tequiero e il premixed<br />
Paloma. Tequila Tequiero,<br />
realizzato con il <strong>10</strong>0% di<br />
agave blu, viene prodotto<br />
in una distilleria familiare<br />
sugli altopiani di Jalisco,<br />
Messico, seguendo metodi<br />
tradizionali. La sua<br />
produzione è lenta e meticolosa:<br />
le piante di agave impiegano<br />
8 anni per maturare, e il<br />
tequila invecchia per 9 mesi in botti di rovere, dopo una<br />
tripla distillazione che dona al distillato un gusto morbido<br />
e inconfondibile. Non contiene additivi, garantendo<br />
autenticità e alta qualità. Tequiero punta a rivoluzionare<br />
il modo di vivere il tequila, mantenendo alta la qualità e<br />
l’autenticità del prodotto. La collaborazione con Compagnia<br />
dei Caraibi, che ha una grande esperienza nella<br />
distribuzione di brand, permette al tequila di Tequiero<br />
di crescere nel mercato italiano.<br />
Il brand include anche Tequiero<br />
Paloma Premix, una<br />
lattina con pompelmo soda,<br />
lime e sale, a cui basta aggiungere<br />
50ml di Tequila<br />
Reposado per preparare un<br />
perfetto Paloma con facilità.
Battito<br />
emiliano<br />
Il gusto dell’eccellenza passa attraverso una passione<br />
condivisa: quella per un sapore raffinato, che con le sue<br />
note fresche e floreali continua a legarsi alla migliore delle<br />
tradizioni vitivinicole. Vigna del Cristo. Cuore pulsante d’Emilia.