11.11.2024 Views

Oltre il trip

Un viaggio creativo e informativo nel mondo della terapia psichedelica.

Un viaggio creativo e informativo nel mondo della terapia psichedelica.

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

gli psichedelici che curano

N.1 - novembre 2024


1 ª edizione

gli psichedelici che curano

OLTRE IL TRIP

Gli psichedelici che curano

2024

Progetto grafico: Giada Tagliati

Stampa: Litocolor S.N.C.

Un viaggio creativo e

informativo nel mondo della

terapia psichedelica.

Apri la mente, esplora nuove realtà.

N. 1 - novembre 2024

Pubblicazione trimestrale



oltre il trip: gli

psichedelici che curano

oltre il trip nasce con l’intento di offrire una narrativa

informativa e visivamente coinvolgente sul grande

ecosistema della psichedelia, esplorando l’uso delle

sostanze psichedeliche nel contesto storico, culturale

e medico, proponendo nuove prospettive per il

trattamento della salute mentale.

Non si tratta solo di informare, ma anche di diffondere

e promuovere nuove possibilità terapeutiche, rendendo

accessibili a un pubblico più ampio le potenzialità

di un approccio integrato che unisce scienza e

creatività. Il progetto invita a riflettere su come l’uso

consapevole di queste sostanze possa contribuire a

una rivoluzione nel campo della salute mentale, proponendo

nuove strade per il trattamento e il supporto

psicologico.

L’obiettivo è diffondere una conoscenza approfondita

e responsabile, stimolando la curiosità e la riflessione

su un tema sempre più rilevante.

Buona lettura e buon trip!

2

3



7 psichedelici

42

set, setting e imprinting

0

sostanze

46

dmt e ictus

8

psichedelici

nella storia

48

ibogaina come

medicina universale

4 psichedelici

e psicoplastogeni

50

sciamani e

cocktail allucinogeni

8

psichedelici come

trattamento terapeutico

52

SiMePsi



psichedelici

Cosa sono e

come funzionano

Noti anche come allucinogeni, sono una

classe di sostanze psicoattive che alterano

in modo significativo la percezione,

l’umore e i modelli di pensiero, inducendo

stati mentali atipici spesso definiti

“trip”(viaggi). Esempi comuni includono

LSD (dietilammide dell’acido lisergico),

psilocibina (presente in alcuni funghi)

e ayahuasca (infuso ricavato da alcune

piante).

Le sostanze psichedeliche agiscono

principalmente sui recettori della serotonina

nel cervello, un neurotrasmettitore

che regola funzioni chiave come l’umore,

le emozioni, il sonno, l’appetito e la

creatività. Questa interazione provoca

profondi cambiamenti nella coscienza e

nella percezione sensoriale, influenzando

la connessione con il mondo esterno

e il modo in cui interpretiamo la realtà, e

spesso può essere accompagnata da visioni

e/o introspezioni.

In generale, le sostanze psichedeliche

rientrano in due categorie: enteogeni e

droghe sintetiche. Gli psichedelici enteogeni

derivano dalle piante, mentre

quelli sintetici vengono creati in laboratorio.

6 7



psiche

delico

ψυχή (psyche)

δηλόω (deloo)

Il termine "psichedelico" è stato coniato dallo

psichiatra Humphrey Osmond nel 1956 per

definire le sostanze che "liberano il pensiero dalle

sovrastrutture delle convenzioni sociali", riflette

infatti le loro proprietà rivelatrici della mente.

8 9



bevanda a base di diverse

piante con effetti psicoattivi

droga sintetica derivata dal

fungo di alcune graminacee,

conosciuta anche come acido

enteogeni

sintetici

sostanza naturale prodotta

da diverse piante e anche

dagli esseri umani

droga sintetica conosciuta

anche come ecstasy

droga sintetica comunemente

usata per anestesia e sedazione

sostanza naturale derivata

dal cactus peyote, può

essere anche sintetizzata

sostanza naturale presente

nell’iboga, una pianta

sostanza naturale prodotta

da più di 100 specie di funghi

10 11



LSd

caratteristiche

(Dietilammide dell’Acido Lisergico)

Sostanza chimica sintetica derivata dall’acido lisergico, un

composto naturale che si trova nell’ergot, nome comune di un

fungo parassita che cresce sulla segale e altre graminacee.

forma comune

molecola

[C20H25N3O]

[foglio impregnato della soluzione]

durata effetto

8-12 h

patologie trattabili

depressione

ansia

dipendenze

cefalea a grappolo

dolore cronico

12 13



psilocibina

risorsa

forma comune

[funghi essiccati o pillole]

[funghi Psilocybe]

molecola

caratteristiche

Composto psichedelico naturale presente in varie specie

di funghi, comunemente chiamati “funghetti allucinogeni”.

È stata utilizzata per secoli nelle cerimonie spirituali e

religiose dalle culture indigene.

durata effetto

4-12 h

[C12H17N2O4P]

patologie trattabili

depressione

ansia

dipendenze

disturbi della personalità

PTSD

14 15



Mdma

caratteristiche

(3,4-metilenediossimetanfetamina)

Farmaco sintetico noto per i suoi effetti stimolanti ed empatici.

Inizialmente sviluppato nel 1912 , ha guadagnato popolarità negli anni

‘70 e ‘80 come droga ricreativa, spesso associata alla cultura rave.

forma comune

molecola

[compresse]

[C11H15NO2]

durata effetto

3-6 h

patologie trattabili

PTSD

depressione

disturbi alimentari

angoscia

ansia sociale

autismo

16



Ayahuasca

risorsa

forma comune

[bevanda]

[Banisteriopsis Caapi/ Psychotria Viridis]

molecola

caratteristiche

Infuso tradizionale utilizzato in rituali religiosi

o spirituali, principalmente in Sud America.

La DMT è la sostanza chimica psicoattiva

presente nell’Ayahuasca.

[C12H16N2]

durata effetto

2-6 h

patologie trattabili

depressione maggiore

PTSD

dipendenze

ansia

autismo

schizofrenia

disturbi alimentari

18 19



dmt

risorsa

forma comune

[cristalli]

caratteristiche

[piante]

molecola

(Dimetiltriptamina)

Sostanza allucinogena potente ma di breve durata,

è un componente naturale di molte piante ed è

presente nel fluido cerebrospinale degli esseri umani.

durata effetto

1 h

[C12H16N2]

patologie trattabili

emicrania cronica

depressione

ischemia cerebrale

20 21



ketamina

caratteristiche

Farmaco analgesico-dissociativo, unico composto

(a differenza di altri psichedelici) approvato per uso

medico da decenni.

forma comune

molecola

[liquido da iniettare o polvere]

[C13H16CLNO]

durata effetto

8-12 h

patologie trattabili

depressione

ansia

ideazione suicidaria

PTSD

disturbi dell’umore

disturbo bipolare

disturbi alimentari

dipendenze

dolore cronico

cefalea a grappolo/emicrania

23



Mescalina

risorsa

forma comune

[bottoni di Peyote]

[cactus Peyote]

molecola

caratteristiche

Contenuta principalmente nei cactus Peyote e San Pedro

o sintetizzata chimicamente, è stata utilizzata dagli esseri

umani per millenni per i suoi effetti antinfiammatori e

antidolorifici e nelle cerimonie rituali.

[C11H17NO3]

durata effetto

4-8 h

patologie trattabili

Esistono resoconti sull’uso della mescalina per una

vasta gamma di scopi, tra cui analgesia e sollievo

dal mal di testa, ma non esistono ancora prove a

riguardo. tuttavia, il suo profilo farmacologico meno

allucinogeno potrebbe sta attraendo un rinnovato

interesse scientifico.

24 25



ibogaina

risorsa

forma comune

[pillole]

[Tabernanthe iboga]

molecola

caratteristiche

Composto psicoattivo dagli effetti dissociativi presente

principalmente nell’iboga, pianta usata nella medicina

tradizionale in diverse zone dell’Africa.

durata effetto

4-6 h

[C20H26N2O]

patologie trattabili

Presenta un notevole potenziale come trattamento

delle dipendenze, in particolare quella da oppioidi.

Tuttavia, le sfide legate alla sicurezza, allo status legale

e alla necessità di ulteriori ricerche continuano a

condizionare il suo sviluppo come agente terapeutico.

27



ESPLORAZIONE SCIENTIFICA

L’era moderna della ricerca psichedelica

è iniziata all’inizio del XX secolo, quando

scienziati e psichiatri iniziarono a scoprire

e sintetizzare nuovi tipi di sostanze psipsichedelici

nella storia

8600 ac

testimonianze dell’uso di cactus

contenenti mescalina trovati in

Perù, suggerendo una precoce

interazione umana con sostanze

psichedeliche

5000 ac

gli affreschi di alcune grotte in

Algeria raffigurano sciamani che

custodiscono funghi, indicando

l’antico uso della psilocibina

ANTICHITÀ

Gli psichedelici sono stati utilizzati per

migliaia di anni in varie culture per scopi

spirituali, religiosi e medicinali. Le testimonianze

suggeriscono che le sostanze

enteogene, quelle derivate dalle piante,

venivano utilizzate in rituali risalenti almeno

al 4000 a.C.: i popoli indigeni principalmente

delle Americhe utilizzavano piante

e funghi psicoattivi per la guarigione e

l’illuminazione spirituale. Ad esempio, gli

Aztechi si riferivano ai funghi contenenti

psilocibina come “la carne degli Dei” e li

utilizzavano per accedere a stati alterati

di coscienza durante le cerimonie religiose.

Nella cultura sudamericana, l’uso

psichedelico è stato storicamente incoraggiato

con l’aiuto di uno sciamano il cui

ruolo è quello di guidarti attraverso l’esperienza

spirituale.

4000 ac

prime pitture rupestri di psilocibina

in Europa (precisamente

Spagna)

1500 ac

particolari pietre a forma di fungo

indicano che in Guatemala esisteva

un sofisticato culto dei funghi

1300-1500

gli Aztechi consumano funghi

(che chiamano la “carne degli

Dei”) durante riti spirituali e di

guarigione

3700-2500 ac

testimonianze dell’uso cerimoniale

del peyote da parte delle

culture indigene

1851

L’etnobotanico Richard Spruce

documenta per la prima volta

l’uso rituale dell’ayahuasca in

Amazzonia

1500-1200 ac

L’uso del Soma, una pianta psichedelica

sacra, viene documentato

nel Rigveda, un testo sacro

dell’induismo in India

28 29



1897

Arthur Heffter isola per la prima

volta la mescalina dal cactus

peyote

1947

Sandoz Laboratories commercializza

l’LSD con il nome di Delysid come farmaco

psichiatrico da utilizzare per il

trattamento di un’ampia gamma di disturbi

mentali

1958

Albert Hofmann isola

la psilocibina

1912

Anton Kollisch sintetizza

e brevetta l’MDMA

1901

Jean Dybowsky isola per

la prima volta l’ibogaina

1938

Albert Hofmann sintetizza l’LSD,

anche se ne scoprirà le proprietà

psicoattive solo nel 1943

1956

nasce il termine “psichedelico”

1960

Timothy Leary e Richard Alpert iniziano

studi sugli effetti della psilocibina

alla Harvard University, accrescendo

l’interesse verso l’uso degli

psichedelici in psicologia

coattive e successivamente divennero

sostenitori della medicina psichedelica.

Nel 1897, la mescalina fu isolata per la prima

volta dal peyote suscitando curiosità

sull’argomento, mentre nel 1938 lo scienziato

Albert Hofmann sintetizzò l’LSD nei

laboratori della Sandoz (un’azienda farmaceutica),

che in seguito divennero un

punto focale per la ricerca sul suo potenziale

terapeutico.

Gli anni ‘50 videro un’esplosione di interesse

per gli psichedelici all’interno della

psicoterapia, con figure come Timothy

Leary che ne sostenevano l’uso per il

trattamento della salute mentale.

In quell’epoca gli scienziati credevano

che l’esperienza della terapia psichedelica

potesse catalizzare un cambiamento

rapido e profondo nel rapporto di una

persona con i propri sintomi, il sistema

dei valori e il senso di sé. Alcune stime

rivelano che gli psichedelici potrebbero

essere stati somministrati a ben 40.000

persone con diverse condizioni di salute

mentale tra il 1950 e il 1965.

Verso la metà degli anni ‘60, l’LSD era diventata

una droga ricreativa di tendenza,

usata casualmente per i suoi effetti psicotropi.

Queste sostanze guadagnarono

popolarità tra artisti, musicisti e attivisti

che credevano di poter espandere la coscienza

e promuovere il cambiamento

sociale.

PROIBIZIONISMO

Gli anni ‘60 segnarono un significativo

cambiamento all’interno della società

poiché gli psichedelici divennero centrali

nel movimento della controcultura. Tuttavia,

questo periodo portò anche a un uso

improprio diffuso e a eventuali restrizioni

legali. Temendo il suo potenziale di abuso,

i governi iniziarono ad emanare divieti

e proibizioni e arrivati all’inizio degli anni

30 31



‘70 molti psichedelici vennero classificati

come illegali, bloccandone di fatto la ricerca

e l’uso clinico.

RINASCIMENTO PSICHEDELICO

Negli ultimi anni, c’è stata una rinascita

nella ricerca psichedelica, guidata da

nuovi studi che dimostrano i loro potenziali

benefici terapeutici per una vasta

gamma di condizioni sia mentali che fisiche.I

ricercatori stanno esplorando

come queste sostanze possano aiutare

la guarigione psicologica promuovendo

la neuroplasticità, essenzialmente “riprogrammando”

il cervello. Questo rinnovato

interesse ha scatenato discussioni sulla

depenalizzazione e la regolamentazione

in varie parti del mondo.

Attualmente, l’applicazione di psichedelici

terapeutici è stata principalmente mirata

a condizioni di salute mentale come

depressione e PTSD. Tuttavia, abbiamo

solo scalfito la superficie quando si tratta

della miriade di modi in cui potremmo

sfruttare il potere di queste piante sacre.

Sebbene la storia delle sostanze psichedeliche

sia indubbiamente complessa,

è chiaro che stanno iniziando a svolgere

un ruolo importante nell’evoluzione della

medicina, nonostante ci sia ancora molto

che non sappiamo su come funzionano

e sui loro potenziali benefici e rischi. Con

il progradire della ricerca, gli scienziati

ritengono che gli psichedelici possano

diventare un pilastro medico per il trattamento

di diverse condizioni.

Di conseguenza, questi farmaci rivoluzionari

potrebbero salvare milioni di vite e

aggiungere miliardi di dollari all’economia

globale, e questo è solo l’inizio.

1966

la California criminalizza possesso, vendita

e produzione di LSD, segnando l’inizio

delle restrizioni legali sulle sostanze psichedeliche

negli Stati Uniti

1990

ripresa della ricerca psichedelica

con studi limitati su MDMA e

psilocibina, nonostante la forte

repressione

2018

La FDA assegna a MDMA e psilocibina

il titolo di “Terapia Innovativa”

per i disturbi da stress post-traumatico

e la depressione resistente ai

trattamenti, accelerando la ricerca

clinica

2024

la ricerca sugli effetti terapeutici

degli psichedelici è in continuo

sviluppo

1971

la Convenzione sulle sostanze psicotrope

pubblicata dall’ONU include

LSD, psilocibina, mescalina e DMT

tra le sostanze controllate, limitandone

drasticamente l’uso globale

2006

uno studio del Johns Hopkins Medicine

dimostra che una singola dose

di psilocibina può produrre effetti

duraturi su benessere psicologico e

spirituale, riaccendendo l’interesse

scientifico

2023

Canada e alcuni stati USA decriminalizzano

diversi psichedelici

per uso terapeutico e personale

32 33



psichedelici e

psicoplastogeni

Gli psichedelici promuovono la

neuroplasticità legandosi al recettore

TrkB del BDNF

Partiamo dagli psichedelici,

ossia un gruppo di

sostanze psicoattive che

producono cambiamenti

nella percezione, nell’umore

e nei processi cognitivi.

Esistono diversi tipi

di psichedelici, suddivisi

in: psichedelici classici

(per esempio LSD e psilocibina),

che producono

i loro effetti legandosi al

recettore 5-HT2A della

serotonina; psichedelici

non classici (per esempio

MDMA e ketamina),

che producono gli stessi

effetti ma lo fanno legandosi

a recettori diversi da

quello della serotonina.

L’interesse crescente della

ricerca scientifica negli

ultimi anni per tutto quello

che concerne il mondo

della psichedelia è principalmente

dovuto al fatto

che queste sostanze si

sono rivelate quasi miracolose

nel curare o trattare

patologie importanti

quali il disturbo post-traumatico

da stress e la depressione

maggiore. Non

solo, ormai la ricerca si è

spinta un po’ ovunque e si

stanno facendo numerosi

trials in giro per il mondo

per vedere gli effetti

degli psichedelici sulle

più svariate condizioni:

dall’anoressia al disturbo

ossessivo compulsivo,

all’emicrania a grappolo.

Alcuni di questi risultati,

seppur preliminari nella

maggior parte dei casi,

sono effettivamente straordinari.

Non sappiamo

ancora nel dettaglio

come gli psichedelici siano

in grado di svolgere il

loro ruolo terapeutico, ma

da quello che è stato scoperto

finora diciamo che

in generale hanno due

principali effetti: effetti allucinogeni

ed effetti neuroplastici.

La neuroplasticità è la capacità

del sistema nervoso di adattare la

propria struttura in risposta a una

varietà di fattori e di stimoli, interni

o esterni.

In soldoni è grazie alla neuroplasticità

che impariamo

e ci ricordiamo le cose,

che modifichiamo i nostri

comportamenti, che ci

adattiamo all’ambiente e

a determinati deficit (per

esempio sordità o cecità

- presente quando si dice

che i ciechi hanno l’udito

più sviluppato dei vedenti?).

Cambiamenti plastici

del sistema nervoso avvengono

anche in stati patologici,

dal Parkinson alla

depressione.

La neuroplasticità si può

attuare tramite modificazioni

strutturali, per

esempio aumentando il

numero dei dendriti dei

neuroni, oppure tramite

modificazioni funzionali,

modificando il tipo di

interazione tra i neuroni.

In generale è comunque

un processo molto lento.

Detto così sembra quasi

che le possibilità terapeutiche

degli psichedelici dipendano

principalmente

dai loro effetti neuroplastici,

ossia dalla capacità

di plasmare un cervello

patologico in uno sano.

E gli effetti allucinogeni?

Ci stanno ancora lavorando.

Non è facile da un punto

di vista scientifico, con

numeri e statistiche, andare

ad analizzare ciò che

concerne la sfera mentale

e spirituale. Si sostiene

che è proprio la dissoluzione

dell’ego indotta dalle

allucinazioni che permette

poi di ottenere un

buon risultato terapeutico,

ed è la combinazione

di trip e neuroplasticità a

dare l’outcome migliore.

34

35



Ma torniamo all’inizio. Se

psichedelici classici e non

classici producono gli

stessi effetti pur legandosi

a recettori diversi, forse

vorrà dire che recettori

diversi attivano lo stesso

processo, allucinogeno e

neuroplastico insieme.

Oppure può voler dire

che in realtà gli psichedelici,

classici e non, si legano

a più di un recettore. In

questo modo il recettore

1 sarebbe responsabile

dell’effetto 1 (allucinogeno)

e il recettore 2 sarebbe

responsabile dell’effetto

2 (neuroplasticità). Può

tornare?

Già qualche anno fa alcuni

ricercatori avevano

fatto un esperimento

sui topi, ai quali avevano

somministrato uno psichedelico

e allo stesso

tempo un bloccante del

recettore 5-HT2A. E cosa

è stato visto? Succedeva

che i topi guarivano dalla

depressione senza avere

allucinazioni.

Ti stai chiedendo come si

fa a sapere se un topo è

depresso o allucinato? Te

lo spiego più avanti.

Quindi sì, può tornare che

gli psichedelici si legano

a due recettori diversi tra

loro, perchè se blocco il

recettore 1 (ossia blocco

le allucinazioni) ho comunque

il risultato 2 (ossia

la neuroplasticità).

Ma quale sarebbe allora il

recettore 2?

Riprendiamo un attimo

la neuroplasticità: è una

cosa fisiologica, di tutti

noi, dalla nascita per l’intera

vita. Chi se ne occupa

di preciso all’interno

del nostro organismo? Se

ne occupa il tropomyosin

receptor kinase B (TrkB),

che è il principale recettore

del brain-derived neurotrophic

factor (detto

BDNF).

Il BDNF, che produciamo

normalmente nel nostro

corpo, si lega al recettore

TrkB, e dal loro legame

partono tutti quei processi

che permettono la neuroplasticità.

Lo scorso mese è uscito

un articolo molto interessante

su alcuni esperimenti

fatti ad Helsinki da

parte di Moliner e collaboratori,

i quali hanno

dato degli psichedelici ad

alcuni topi. Cosa hanno

scoperto?

Si conferma che bloccando

il recettore 5-HT2A si

hanno effetti neuroplastici

e antidepressivi senza

le allucinazioni. Per vedere

se un topo è depresso

lo si immerge in una vasca

d’acqua: se smette di nuotare

e rimane a galla immobile

senza cercare di

mettersi in salvo, allora è

depresso. Per vedere se

un topo ha le allucinazioni

si osservano gli spasmi

alla testa: se ha i tic, allora

è in trip.

Gli psichedelici si legano

anche al recettore TrkB. Il

legame LSD-TrkB è mille

volte più forte del legame

farmaco antidepressivo-TrkB

e anche del legame

ketamina-TrkB (interessante…);

il legame

psilocibina-TrkB è poco

più debole dell’LSD, comunque

centinaia di volte

più forte di un generico

antidepressivo.

Si conferma che gli effetti

neuroplastici e antidepressivi

degli psichedelici

non dipendono dal

legame con il recettore

5-HT2A, bensì dal legame

con il recettore TrkB.

Quello che hanno visto

finora sui topi in questo

studio finlandese risulta

affascinante e abbastanza

convincente. Se questi

dati venissero confermati

anche sull’essere umano,

si potrebbero brevettare

farmaci antidepressivi

psichedelici che però

sono senza la componente

allucinogena.

Se si toglie l’effetto allucinogeno

dagli psichedelici

li possiamo ancora chiamare

psichedelici? No. Li

chiamiamo psicoplastogeni,

per sottolinearne

l’effetto neuroplastico. Ne

consegue che la maggior

parte degli psichedelici

sono psicoplastogeni, ma

non tutti gli psicoplastogeni

sono psichedelici.

La prima domanda che

può sorgere spontanea

è: visto che il BDNF fa tutte

queste belle cose e lo

produciamo fisiologicamente,

si potrebbe creare

un farmaco simil-BDNF

che non c’entra niente

con gli psichedelici? Ci

sono già trials clinici in

corso per testare alcuni

di questi nuovi composti,

però ci sono delle difficoltà

da superare, tra cui l’attraversamento

della barriera

emato-encefalica e

le possibili tossicità.

Seconda domanda: siamo

sicuri che la parte allucinogena

sia inutile dal

punto di vista terapeutico?

Questa sì che è una

bella domanda. Chissà,

chi vivrà vedrà.

La Delix Therapeutics ha

da pochissimo concluso

lo studio di fase 1 su 100

volontari sani per determinare

la sicurezza e la

farmacocinetica del suo

nuovo psicoplastogeno

DLX-001.

Infine: se venisse fuori

che l’effetto allucinogeno

è un intralcio alla terapia,

significa che tutti gli sforzi

per legalizzare gli psichedelici

sono una perdita di

tempo e che non si faranno

mai passi avanti?

Quello che voglio sottolineare,

concludendo, è

che l’importanza vera dello

studio di Moliner va ben

al di là degli psichedelici e

della terapia psichedelica.

Infatti gli psicoplastogeni

possono avere un ruolo

chiave nel trattamento

di patologie fino ad oggi

considerate inguaribili,

dalla SLA ai deficit post-ictus,

e questo è sicuramente

uno scenario che

sarà eccitante scoprire

nel futuro prossimo.

36

37



psichedelici

come

trattamento

terapeutico

Nel 2020, un adulto su 5 negli Stati Uniti

ha sofferto di una malattia mentale; un

adulto su 15 ha sofferto sia di un disturbo

da uso di sostanze che di una malattia

mentale. Si stima che il peso economico

totale della depressione negli Stati Uniti

sia di 210,5 miliardi di dollari l’anno.

Il pesante tributo che le condizioni di

salute mentale hanno sugli individui,

sulle comunità e sul Paese in generale

ha spinto alla ricerca di nuove opzioni

di trattamento e quella che sta guadagnando

maggiore attenzione negli ultimi

anni è proprio l’utilizzo di sostanze

psichedeliche.

Queste sostanze, chiamate anche allucinogeni

serotoninergici (nonostante il

nome, l’esperienza degli utilizzatori non

sempre include allucinazioni), sono sostanze

psicoattive che alterano percezioni,

umore e processi cognitivi. Sono

generalmente considerate più sicure

rispetto ad altre droghe in quanto non

sono associate a comportamenti compulsivi

di ricerca della sostanza.

Tuttavia, il consumo di sostanze psichedeliche

può rapidamente produrre una

tolleranza nota come tachifilassi.

Le ricerche degli anni passati

L’uso di sostanze psichedeliche, in particolare

LSD, divenne ampiamente utilizzato

da psicologi e psichiatri nella ricerca

e nella pratica clinica durante gli

anni ‘50 e ‘60 con studi che mostravano

risultati di supporto per quanto riguarda

l’uso di sostanze psichedeliche nel trattamento

di disturbi della personalità, disturbo

da uso di alcol (AUD), e nevrosi.

Tuttavia, il loro uso non si dimostrò efficace

in studi focalizzati su persone affette

da psicosi o schizofrenia. Sebbene

questi studi abbiano contribuito alla ricerca

sulle sostanze psichedeliche dei

nostri giorni, i metodi presentavano diversi

problemi tra cui la mancanza di segnalazione

di esiti avversi, la mancanza

di gruppi di controllo e l’assenza di analisi

statistiche.

Gli studi sugli allucinogeni furono interrotti

dopo che questi furono classificati

nella Tabella I della Convenzione delle

Nazioni Unite sulle droghe del 1967,

definendoli legalmente come sostanze

senza alcun uso medico accettato e con

il massimo potenziale di danno e dipendenza.

Di conseguenza, lo studio delle

droghe psichedeliche divenne praticamente

impossibile.

Rinascita degli psichedelici

Negli anni ‘90, tre studi hanno esaminato

gli effetti di mescalina (Germania,

1998), DMT (Stati Uniti, 1994) e psilocibina

(Svizzera, 1997) su individui sani, il

che ha portato alla rinascita degli studi

psichedelici. Questi studi hanno contribuito

a stabilire la sicurezza dell’uso

di queste sostanze su soggetti umani a

fini di ricerca. Studi successivi condotti

negli anni 2000 hanno esplorato gli effetti

dell’MDMA sull’elaborazione emotiva,

PTSD, ansia e ansia sociale. I risultati

degli studi hanno aiutato i ricercatori a

identificare l’MDMA come sufficientemente

sicuro da utilizzare nella ricerca.

Gli psichedelici classici agiscono come

agonisti (sostanze che si legano e causano

l’attivazione di un recettore) o

agonisti parziali dei recettori della serotonina

5-HT2A, guadagnandosi così il

termine “serotoninergico”. Gli effetti più

evidenti si producono nella corteccia

prefrontale del cervello, che coinvolge

umore, cognizione e percezione.

38

39



Nel 2006, Moreno e colleghi hanno reclutato nove pazienti resistenti al

trattamento che soddisfacevano i criteri del DSM-IV per il disturbo ossessivo

compulsivo (DOC) per uno studio modificato in doppio cieco

sull’efficacia, la tollerabilità e la sicurezza del trattamento con psilocibina.

Ai partecipanti sono state somministrate fino a quattro dosi di psilocibina,

ad almeno una settimana di distanza l’una dall’altra. Sono state osservate

diminuzioni nel punteggio dei sintomi del DOC in tutti i nove soggetti in

una o più sessioni di test. I limiti dello studio includono le piccole dimensioni

del campione e il fatto che il metodo di dosaggio crescente potrebbe

aver influenzato le aspettative sia nei partecipanti che nei ricercatori.

In uno studio aperto e non controllato

condotto a Londra da

Carhart-Harris e colleghi, 20

pazienti con depressione maggiore

resistente al trattamento

moderata o grave hanno ricevuto

ciascuno due dosi di psilocibina.

Tutti i partecipanti avevano

una storia di trattamento

infruttuoso di non meno di due

diversi farmaci antidepressivi.

La psilocibina è stata somministrata

a una dose moderata e

una settimana dopo è stata seguita

da una dose elevata. Sono

state osservate marcate riduzioni

dei sintomi depressivi per

le prime 5 settimane dopo il trattamento

e i risultati sono rimasti

positivi a 3 e 6 mesi. Poiché si è

trattato di uno studio in aperto

senza condizioni di controllo, si

possono trarre conclusioni limitate

sull’efficacia del trattamento.

Sono necessarie ulteriori ricerche

che utilizzino studi clinici

randomizzati in doppio cieco.

Bogenschutz e colleghi, in uno studio

proof-of-concept, hanno valutato

l’effetto del trattamento con psilocibina

in 10 pazienti con diagnosi

di dipendenza da alcol stabilita dal

DSM-IV. La psilocibina è stata somministrata

in due occasioni separate,

prima alla settimana 4 (dose moderata-alta)

e di nuovo alla settimana

8 (dose alta) in aggiunta a 12 settimane

di terapia di potenziamento

motivazionale. Il cambiamento nel

comportamento di consumo di alcol

(cambiamento nella percentuale di

giorni di consumo eccessivo di alcol)

è servito come risultato primario

dello studio. L’astinenza non è aumentata

in modo significativo nelle

prime 4 settimane di trattamento,

prima che i partecipanti ricevessero

psilocibina, ma è aumentata in modo

significativo dopo la somministrazione

di psilocibina. I limiti di questo

studio includono piccole dimensioni

del campione, mancanza di un gruppo

di controllo e mancanza di verifica

biologica del consumo di alcol.

Alcuni ricercatori hanno

voluto valutare i potenziali

antidepressivi

dell’ayahuasca su 29

pazienti con diagnosi

di disturbo depressivo

maggiore resistente

al trattamento. I partecipanti

sono stati randomizzati

a placebo o

a una dose di infuso di

ayahuasca. Nessuno

dei pazienti aveva mai

fatto uso di ayahuasca

in precedenza e tutti i

partecipanti hanno interrotto

gradualmente i loro

farmaci antidepressivi

prima della somministrazione

del farmaco. Sono

stati osservati significativi

effetti antidepressivi

dell’ayahuasca se confrontati

con il gruppo placebo

dal basale a 7 giorni

dopo la somministrazione.

Sebbene i risultati

sembrino promettenti, il

numero di partecipanti

era esiguo e pertanto

sono necessari studi

randomizzati su popolazioni

più ampie. Inoltre,

lo studio è stato limitato

a pazienti con depressione

resistente al trattamento,

il che impedisce

un’estensione di questi

risultati ad altri tipi di depressione.

Il futuro della ricerca

Visti i risultati contrastanti della ricerca, è importante procedere con cautela e concentrarsi

sul rigore scientifico e sulla trasparenza. C’è bisogno di stabilire meglio

quali di questi farmaci sono più efficaci, come dovrebbero essere somministrati e

chi ha maggiori probabilità di trarne beneficio. Futuri studi potrebbero facilitare lo

sviluppo di medicine personalizzate nel trattamento dei disturbi comportamentali e

fornire i dati necessari su potenziali abusi o effetti collaterali anche a lungo termine.

Nel 2019, Garcia-Romeu e colleghi hanno studiato i casi in cui l’uso psichedelico naturalistico ha portato a riduzioni

auto-riferite dell’abuso di alcol al di fuori di un contesto di trattamento formale. I partecipanti dovevano

soddisfare i seguenti criteri di inclusione: 18 anni o più, aver soddisfatto i criteri del DSM-5 per AUD in passato e

aver utilizzato uno psichedelico classico, seguito da riduzione o cessazione del successivo consumo di alcol. La

dimensione del campione finale includeva 343 adulti il cui consumo di alcol è stato valutato retrospettivamente

prima e dopo l’uso di uno psichedelico. I risultati indicano che dopo l’uso di sostanze psichedeliche, la maggior

parte dei partecipanti ha riferito di aver ridotto il consumo di alcol e la maggioranza non soddisfaceva più i criteri

per l’AUD. I partecipanti hanno anche riferito di aver sperimentato meno sintomi di astinenza rispetto ai precedenti

tentativi di smettere di bere. Purtroppo i risultati di questo studio sono limitati a causa dell’autoselezione dei

partecipanti, del bias dei volontari e della natura retrospettiva dei dati, che sono soggetti a bias di richiamo.

40

41



Set, setting e imprinting

Parliamo di imprinting nella terapia psichedelica:

un articolo un po’ buffo che

però fa capire quanto i nostri comportamenti

possano influire sull’outcome

terapeutico di una seduta con psichedelici,

e quanto poco in realtà ancora ne

sappiamo sull’intero argomento.

Partiamo con il dire che il set e il setting

sono termini che fanno parte del vocabolario

psichedelico da decenni, indicando

rispettivamente lo stato mentale

(mindset) della persona che assume la

sostanza, e l’ambiente (fisico e sociale)

in cui la sostanza viene assunta.

Questi due concetti sono alla base della

terapia psichedelica: preparare il paziente

all’esperienza, oltre che guidarlo

durante la seduta in un ambiente accogliente

e sicuro, permettono di migliorare

il risultato della terapia.

42

Come il set e il setting possano essere

ottimizzati è tuttora una domanda senza

risposte, e nonostante i decenni di

ricerche scientifiche, solo pochi lavori si

sono concentrati strutturalmente sull’analisi

di queste due variabili.

I canadesi Garel et al. hanno condotto

uno studio retrospettivo andando a revisionare

26 pazienti con depressione

resistente a trattamento che hanno ricevuto

6 somministrazioni di ketamina

nell’arco di 4 settimane.

Due pazienti in particolare hanno attirato

la loro attenzione.

Paziente 1: una donna che passava in

media 6 ore al giorno su forum di compravendita

di spille Disney, e che si ritrovava

personaggi Disney nelle sue allucinazioni

durante la terapia, disturbandola

non poco. Paziente 2: un uomo che giocava

ai videogiochi fino a 16 ore al giorno,

e che si è ritrovato ad avere allucinazioni

pixellate in estetica Minecraft.

I terapisti che li seguivano proposero di

ridurre l’esposizione ai social media e

ai videogiochi per lo meno per la durata

della terapia.

Dopo questa modifica ai loro comportamenti

è successo che: Topolino e Minecraft

non hanno più fatto incursioni

sgradevoli nelle allucinazioni dei pazienti;

entrambi hanno riportato un incremento

mistico dell’esperienza; quando

sono stati ricontattati mesi dopo, entrambi

hanno dichiarato che avevano

notevolmente ridotto le ore trascorse

davanti ad uno schermo ed erano più

socialmente coinvolti.

Per quanto riguarda gli altri 24 pazienti,

5 riportarono di avere avuto allucinazioni

che riproponevano film o serie TV visti

nei giorni precedenti, mentre altri 3 riferirono

allucinazioni collegate ad attività

svolte poche ore prima.

E qui i ricercatori canadesi propongono

il nuovo concetto di imprinting, che è assimilabile

ai sogni: i ricordi della giornata

vengono spesso sognati, e le immagini

dei ricordi in generale vengono riproposte

nei sogni anche dopo molti anni.

Cosa è quindi che influenza l’imprinting?

Si va per ipotesi chiaramente, ma Garel

et al. propongono che l’imprinting sia

derivato principalmente da un’esposizione

recente e prolungata ad uno stimolo

omogeneo che genera emozioni

positive nel paziente. Si spingono anche

un po’ oltre, suggerendo che la diminuzione

del DMN (default mode network,

la nostra centralina di controllo che filtra

gli stimoli che riceviamo e che viene

“spenta” durante il trip psichedelico)

faccia venire in superficie quegli stimoli

“bassi” e inconsci che sono proprio alla

base dell’imprinting.

set

la mentalità dell'individuo,

che comprende i suoi

pensieri, il suo umore e le

sue aspettative durante

l'esperienza.

setting

l'ambiente fisico e il

contesto sociale in cui si

svolge l'esperienza.

imprinting

fenomeno per cui

l’esposizione ambientale

precedente alla seduta

psichedelica si viene a

manifestare in maniera

involontaria e spontanea

nel contenuto e/o nella

forma dei cambiamenti

percettivi dell’esperienza.

43



Altra speculazione è che gli psichedelici

funzionano bene nel trattamento

del disturbo post traumatico da stress

e nell’alleviare la paura della morte nei

malati terminali perché queste due condizioni

sono caratterizzate dalla ripetizione

continua delle stesse immagini

nella mente (il trauma e la morte), e quindi

sostanzialmente sono una specie di

imprinting che viene “liberato” durante

la seduta.

L’imprinting può essere esteso a tutti gli

psichedelici e conoscerne l’impatto sul

trip può essere utile sia al paziente che

al terapeuta per dare significato ad alcune

immagini.

Questo articolo va indirettamente ad

enfatizzare il ruolo chiave della psicoterapia

quando si usano psichedelici per

trattare svariate patologie. Ciò è in netta

contrapposizione con le recenti (23

giugno 2023) raccomandazioni della

FDA per l’esecuzione di trial clinici con

gli psichedelici, in cui viene detto che il

supporto psicologico è di dubbia utilità

perché non ci sono prove convincenti

sufficienti a suo favore. Ci sarebbero

molte cose da dire su questo, ma sarò

breve: culturalmente gli strizzacervelli

ancora non ci vanno giù, bisogna modificare

la percezione sociale e convincerci

del fatto che la psicoterapia è parte

integrante della salute e del benessere

mentale e non una lettera scarlatta di

vergogna.

Se si eliminano gli psicoterapeuti dall’equazione

della terapia psichedelica si

va ad eliminare una bella fetta di costi (si

parla praticamente di un’intera giornata

di lavoro a seduta per ognuno questi

professionisti); non sarà quindi che magari,

come sempre d’altronde, la questione

gira più intorno ai soldi che all’efficienza

di una terapia?

44 45



dmt e ictus

Psichedelici come possibile

trattamento dell'ischemia

cerebrale

Un paio di settimane fa la Algernon NeuroScience

ha annunciato di aver finalizzato

la stesura dello studio di fase 2 con

40 pazienti per indagare l’utilizzo di DMT

come possibile trattamento per l’ictus.

Verrà utilizzata una dose endovenosa

sub-psichedelica di DMT, un dettaglio

importante perché permetterà di concentrarsi

esclusivamente sui risultati fisiologici

senza doversi preoccupare di

gestire gli effetti psichedelici.

L’idea di utlizzare DMT per il trattamento

dell’ictus deriva da uno studio ungherese

del 2020 in cui si dimostra come

una singola dose di N,Ndimetiltriptamina

riduca il

volume dell’infarto cerebrale

con un quasi completo

recupero delle funzioni

motorie dopo 30 giorni.

La faccenda è un po’ lunga e complessa

ma decisamente interessante, e i vari

studi eseguiti sull’argomento sono sempre

stati fatti in maniera rigorosa e precisa,

meritando quindi il giusto approfondimento.

Ti introduco allora il protagonista di oggi:

il recettore sigma-1 (Sig-1R). Si tratta di

un recettore intracellulare, tradotto dal

gene SIGMAR1, e il suo ruolo è quello

di controllare lo spostamento degli ioni

calcio all’interno dei mitocondri, regolare

l’espressione di alcuni canali del

potassio, combattere la produzione di

radicali liberi e in generale promuovere

la sopravvivenza cellulare in condizioni

di stress.

Molto dettagliato, lo so, ma anche utile

da sapere visto che nel lontanissimo

2009 si era scoperto che la DMT è un

agonista endogeno di Sig-1R.

La notizia è stata ripresa poi nel 2014 e

nel 2016, quando il team ungherese di

Szabo et al. ha portato avanti degli esperimenti

in vitro per testare alcuni possibili

effetti della DMT, osservando che:

• la DMT aumenta notevolmente la sopravvivenza

di vari tipi cellulari in condizioni

di severa ipossia, tra cui i neuroni

e la microglia (le cellule immunitarie del

sistema nervoso centrale);

• il legame tra DMT e Sig-1R produce un

effetto citoprotettivo, quando invece il

gene SIGMAR1 viene silenziato questo

beneficio viene abolito;

• l’azione antinfiammatoria dovuta all’interazione

tra DMT e Sig-1R si ritrova

anche al di fuori del sistema nervoso

centrale, in tutti quei tessuti e quelle

cellule che esprimono il recettore.

Si passa poi al 2019, quando vengono

eseguiti esperimenti in vivo su ratti per

studiare l’effetto della DMT in seguito ad

ischemia renale. Partendo da questa interessante

ricerca, l’anno successivo il

gruppo di Nardai et al. recupera i dati dei

connazionali ungheresi e disegna uno

studio piuttosto elegante:

ad un primo gruppo di ratti viene provocata

un’ischemia cerebrale per 60 minuti,

seguita da somministrazione continua

di DMT per 24 ore;

al secondo gruppo viene somministrato

un placebo al posto della DMT;

al terzo gruppo, infine, vengono somministrati

DMT e un antagonista del recettore

Sig-1.

I risultati sono stati piuttosto sorprendenti.

Per prima cosa, dopo aver fatto

una risonanza magnetica a 24 ore di

distanza dall’ictus, è stato visto che i

ratti del gruppo 1 (che avevano ricevuto

DMT) avevano un volume infartuale

estremamente ridotto rispetto agli altri

due gruppi. Non c’erano invece differenze

tra il gruppo 2 e il gruppo 3.

Altra cosa strabiliante è stata che a 30

giorni dall’ictus i ratti del gruppo 1 avevano

quasi completamente ripreso la funzionalità

motoria a sinistra, che era il lato

sofferente a causa dell’ischemia.

Ci sono altri risultati interessanti in questo

studio, ma un risultato in particolare

ha attirato la mia attenzione: l’attivazione

di Sig-1R in seguito ad ischemia cerebrale

stimola la produzione di BDNF.

Ebbene, dopo infusione di DMT la concentrazione

di BDNF cerebrale e sistemica

è risultata aumentata, indicando

che l’incredibile ripresa motoria dei ratti

è dovuta alla neuroplasticità.

Tutto torna! I tempi sembrano quindi

maturi per fare il passo successivo e

studiare cosa la DMT può fare nell’essere

umano per migliorare i sintomi e la

riabilitazione in seguito ad ictus.

Un bel passo, non c’è che dire!

46 47



ibogaina come

medicina universale

Ibogaina e magnesio nei veterani

In questo articolo affrontiamo

una molecola di cui

ancora non si è mai parlato,

l’ibogaina.

Si tratta di una molecola

psicoattiva presente in

diverse piante, tra cui l’iboga,

ed è usata tradizionalmente

in alcuni paesi

africani. Viene considerata

un oneirogeno perché

produce uno stato simile

al sogno.

Dal punto di vista farmacologico,

la noribogaina è

il suo principale metabolita

e dimostra lieve-moderata

affinità con numerosi

recettori: NMDA, k e μ

oppioidi, nicotinici, serotoninici,

dopaminici. Per

questo motivo l’ibogaina

viene considerata uno

psichedelico atipico. Inoltre

incrementa il BDNF

e stimola la crescita dei

neuroni permettendo la

neuroplasticità.

Clinicamente è conosciuta

la sua potenzialità nel

trattamento della dipendenza

da sostanze, ma il

disegno di studi clinici appropriati

è difficoltoso per

la neurotossicità e cardiotossicità

della molecola.

Infatti, l’ibogaina provoca

atassia transitoria (instabilità

nel camminare) ed

allungamento dell’intervallo

Q-T con conseguente

aritmia (frequenza cardiaca

accelerata).

È stato però visto che

somministrando magnesio,

si previene l’allungamento

dell’intervallo Q-T,

permettendo quindi di

avere cardioprotezione e

maggiore sicurezza per il

paziente.

A partire da queste osservazioni,

un gruppo di

ricercatori americani ha

studiato la somministrazione

di ibogaina insieme

a magnesio in 30 veterani

con lesioni cerebrali da

combattimento.

Da un punto di vista clinico

queste lesioni cerebrali

provocano numerosi

disturbi, tra cui disturbo

post traumatico da stress,

depressione maggiore,

disturbo d’ansia e numerosi

alterazioni neuronali

tra cui memoria, attenzione

eccetera.

I soggetti che hanno partecipato

allo studio sono

volati fino in Messico,

dove hanno ricevuto 12,1

± 1,2 mg/Kg di ibogaina

dopo un’infusione di magnesio.

Non ci sono stati eventi

avversi gravi, né aritmie

visibili all’ECG. Tutti i partecipanti

hanno sofferto

di atassia e tremore intenzionale

che si sono risolti

entro 24 ore. Altri effetti

collaterali sono stati

emicrania, nausea, ansia,

ipertensione, insonnia.

Tutte le scale di valutazione

utilizzate hanno dimostrato

una riduzione significativa,

sia subito dopo

il trattamento che ad un

mese di distanza.

Si tratta di una risposta

generale del 93% e di un

tasso di remissione medio

dell’83%. Oltre a questo,

l’ideazione suicidaria

è passata dal 47% iniziale

allo 0% post trattamento

e al 7% ad un mese di

distanza. Cifre davvero,

davvero interessanti. Nel

complesso anche i test

neuropsicologici hanno

mostrato dei miglioramenti.

Ci sono ovviamente limitazioni

a questo trial, la più

importante delle quali è

l’assenza di un gruppo di

controllo. Bisogna anche

considerare il breve follow

up di un mese e l’inesistente

eterogeneità nella

popolazione studiata.

Si tratta però di una ricerca

ben fatta, precisa e

scrupolosa, che getta le

basi per futuri approfondimenti

ed applicazioni

terapeutiche.

Gli oneirogeni

sono un gruppo

di sostanze

enteogene

che agiscono

esclusivamente

sull'attività onirica,

senza influenzare

lo stato di veglia.

La parola deriva

dal greco:

“óneiros”, cioè

“sogno” e “gen”

che significa

“creare”. Pertanto,

questo termine

può essere

tradotto con

“creatori di sogni”.

Tutte le sostanze

appartenenti a

questa famiglia

sono classificate

in base alla

loro capacità

di stimolare

l'attività onirica,

producendo

sogni evocativi

e realistici o

più astratti ed

ultraterreni.

48

49



Sciamani

e cocktail

allucinogeni

Dalla cocaina all’ayahuasca, passando

per un mix di piante amazzoniche dalle

proprietà visionarie: questo è l’eccezionale

ritrovamento fatto in Bolivia sudoccidentale.

Un team internazionale

di antropologi ha scoperto in una grotta

delle Ande boliviane una sacca contenente

un assortimento senza precedenti

di sostanze psicotrope, risalenti a

circa mille anni fa. Si tratta della più vasta

combinazione di composti psicoattivi

mai rinvenuta in un sito archeologico

sudamericano, come conferma lo studio

pubblicato su PNAS.

I reperti, trovati nella Cueva del Chileno,

includono una borsa di pelle, tavolette di

legno, tubicini utilizzati probabilmente

per polverizzare e inalare le sostanze,

una cinta di tessuto e una sacca fatta di

tre musi di volpe cuciti insieme. L’analisi

al radiocarbonio ha permesso di datare

la sacca tra il 905 e il 1170, suggerendo

che potesse appartenere a uno sciamano.

Attraverso la cromatografia liquida, i

ricercatori hanno individuato ben cinque

composti psicoattivi: cocaina, benzoilecgonina

(metabolita della cocaina),

bufotenina, armina e dimetiltriptamina

(DMT). Le ultime due, componenti principali

dell’ayahuasca, venivano utilizzate

dagli indigeni in antichi rituali per indurre

stati di coscienza alterati.

“Questa scoperta getta una nuova luce

sui rituali spirituali e religiosi delle antiche

civiltà delle Ande centro-meridionali”

ha dichiarato Jose Capriles della

Penn State University, a capo del team

di ricerca. “Sappiamo che gli sciamani

erano profondi conoscitori delle piante e

del loro potenziale visionario: le usavano

come mezzi per connettersi con antenati

scomparsi o entrare in contatto con

dimensioni ultraterrene. È probabile che

il proprietario di questa sacca consumasse

più piante contemporaneamente

per intensificare gli effetti allucinogeni

e amplificare l’esperienza mistica. Data

la presenza combinata di armina e DMT,

possiamo ipotizzare che questo composto

fosse simile all’ayahuasca, una

bevanda psichedelica di origine amazzonica.”

Sorprendentemente, nessuno dei composti

identificati proviene da piante tipiche

della regione in cui la sacca è stata

trovata. Questo suggerisce l’esistenza

di antiche reti di scambio o di viaggi in

aree diverse per procurarsi le preziose

erbe. La scoperta rappresenta una preziosa

testimonianza delle antiche conoscenze

botaniche e degli usi terapeutici

e psicoattivi delle piante, evidenziando

come già in tempi remoti l’uomo fosse

alla ricerca di connessioni spirituali attraverso

il mondo naturale.

50 51



SiMePsi

La nascita della

prima società italiana

dedicata alla medicina

psichedelica

La medicina psichedelica sta aprendo

nuove prospettive nella cura della salute

mentale e, in Italia, il suo sviluppo ha

un nome: SiMePsi. La Società Italiana di

Medicina Psichedelica è la prima organizzazione

scientifica in Italia dedicata a

questo settore, proponendosi come un

polo di ricerca, formazione e confronto

per tutti coloro che operano nell’ambito.

Questa comunità multidisciplinare riunisce

medici, psicoterapeuti, ricercatori,

avvocati e umanisti che condividono un

obiettivo comune: esplorare e sviluppare

le potenzialità terapeutiche degli

psichedelici in un contesto clinico sicuro

e informato. La missione della società

è ambiziosa: contribuire attivamente al

progresso della medicina psichedelica

nel nostro Paese, combinando rigore

scientifico e integrità etica. In un momento

in cui la ricerca scientifica internazionale

su queste sostanze sta conoscendo

una rapida evoluzione, SiMePsi

si pone come punto di riferimento per

chiunque desideri approfondire o applicare

questo approccio innovativo alla

cura.

L’approccio di SiMePsi si basa sulla creazione

di un dialogo continuo tra le diverse

discipline, considerando la medicina

psichedelica come un campo che

abbraccia tanto le scienze della salute

quanto quelle della vita. “La medicina

psichedelica è molto di più che semplici

trattamenti farmacologici: è un percorso

multidimensionale che richiede la

massima cautela e attenzione” spiegano

i fondatori. La società si impegna a

integrare le evidenze cliniche nella pratica

medica senza semplificazioni, garantendo

che ogni nuova scoperta venga

valutata attraverso un confronto critico

e scientifico.

L'obiettivo della società è partecipare

attivamente allo sviluppo della medicina

psichedelica in Italia, aumentando la

consapevolezza sui potenziali rischi e

benefici, contribuendo alla creazione di

un quadro normativo che supporti l’uso

sicuro e informato di queste terapie.

Obbiettivi specifici:

• Creare uno spazio di confronto per lo

scambio di conoscenze tra esperti

• Promuovere e incentivare la ricerca

clinica e di base sulle terapie psichedeliche

• Esplorare le implicazioni sociali e culturali

delle pratiche psichedeliche

• Collaborare con le istituzioni per la regolamentazione

e l’accesso sicuro ai

trattamenti psichedelici

• Offrire formazione continua e aggiornamento

professionale per gli operatori

del settore

52 53



"Tu sei un esploratore e

rappresenti la nostra specie.

La cosa più straordinaria

che potresti fare è quella di

diffondere una nuova idea,

Il potenziale terapeutico della medicina

psichedelica sta attirando l’attenzione

della comunità scientifica internazionale.

Studi recenti hanno mostrato come

sostanze come la psilocibina, l’MDMA

e l’LSD possano avere effetti positivi nel

trattamento di disturbi come la depressione,

il PTSD e l’ansia. SiMePsi intende

partecipare attivamente a questa rivoluzione

scientifica, offrendo un contributo

alla crescita di un campo in cui evidenze

cliniche, sensibilità etica e rigore scientifico

si incontrano.

Con la nascita di SiMePsi, l’Italia si unisce

al gruppo di Paesi che stanno esplorando

le frontiere della medicina psichedelica,

offrendo alla comunità scientifica e

medica una nuova piattaforma di confronto

e di sviluppo. Per i professionisti

del settore, SiMePsi rappresenta un’opportunità

unica per ampliare le proprie

conoscenze e contribuire a un approccio

integrato e responsabile alla salute

mentale, che guarda al futuro con entusiasmo

e grande cautela.

perché le buone idee nel

nostro mondo sono in

pericolo d'estinzione.

Il nostro mondo è in crisi a

causa della mancanza di

coscienza"

- Terence McKenna

54

55



oltre il trip

Nel corso della storia, gli psichedelici hanno svolto un ruolo cruciale

nel plasmare pratiche culturali e sistemi di credenze. Sono stati parte

integrante dei rituali sciamanici tra le culture indigene e hanno influenzato

l'arte, la musica e la letteratura durante gli anni '60. Oggi, mentre

gli atteggiamenti verso queste sostanze cambiano di nuovo verso

l'accettazione e l'esplorazione dei loro benefici medici, continuano

a ispirare nuovi movimenti culturali incentrati sull'espansione della

coscienza e sulla guarigione olistica.

Man mano che la ricerca continuerà a evolversi, così farà anche la

nostra comprensione di queste potenti sostanze e del loro potenziale

impatto sulla società.

III



Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!