L'accademia degli avventurieri - La tigre di fuoco di Batavia
Belle Pompadour fa parte dei giovani avventurieri selezionati dall’Accademia ACE. Non è ancora arrivata alla nuova scuola che già finisce in punizione. Fortunatamente non è sola: c’è Oni con il suo suricato, Oliver il nerd e Connor l’arrogante. Tutti all’inizio le sembrano piuttosto strani; in realtà, i quattro hanno un grande talento in comune: cacciarsi nei guai. Iniziano impadronendosi di uno zeppelin supersonico con tanto di insegnante a bordo. Prima di rendersene conto, vengono catapultati in un’avventura piena di pericoli… e la lezione non è neppure iniziata!
Belle Pompadour fa parte dei giovani avventurieri selezionati dall’Accademia ACE. Non è ancora arrivata alla nuova scuola che già finisce in punizione. Fortunatamente non è sola: c’è Oni con il suo suricato, Oliver il nerd e Connor l’arrogante. Tutti all’inizio le sembrano piuttosto strani; in realtà, i quattro hanno un grande talento in comune: cacciarsi nei guai. Iniziano impadronendosi di uno zeppelin supersonico con tanto di insegnante a bordo. Prima di rendersene conto, vengono catapultati in un’avventura piena di pericoli… e la lezione
non è neppure iniziata!
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
© 2020 Coppenrath Verlag GmbH & Co. KG
© 2021 by
è un marchio
Via Jucker, 28 - Legnano (MI) - Italia
Concesso in licenza da: Mack Media & Brands GmbH & Co. KG.
Direttore responsabile Michael Mack
Testo: THiLO
Illustrazioni: Max Meinzold
Titolo originale: Die fliegende Schule der Abenteurer
Traduzione dal tedesco di Michela Guardigli
Tutti i diritti sono riservati - Stampato in Turchia
I personaggi degli avventurieri ACE e de Die fliegende Schule der Abenteurer,
nonché il mondo narrativo che ruota intorno all’Adventure Club of Europe
sono protetti dal diritto d’autore e sono marchi registrati di MackMedia & Brands
GmbH & Co KG.
In collaborazione con
Basato su un’idea di Michael Mack, Jörg Ihle, Nils Feigenwinter, Tobias Mundinger
THiLO
Illustrazioni di
Max Meinzold
Prologo
Una decisione piena di conseguenze
Il professor Severin Maximov sbatté la mano aperta sul
tavolo. «No!»
L’uomo tremava di agitazione in tutto il corpo. Le vene
della fronte, sotto i capelli bianchi, si erano gonfiate.
Gli altri tre uomini nella stanza erano in preda
allo spavento. Non avevano mai visto il Direttore
dell’Accademia ACE avere una reazione così
incontrollata.
Catherine Noir era l’unica nella stanza a non aver
battuto ciglio.
«Eppure è così!», rispose con calma, ma risoluta.
Severin Maximov si alzò in piedi con tale violenza da
rovesciare la sedia.
«Accidenti, come si può essere così testardi!», sbraitò.
«Lei entrerà nella storia, mia cara! Catherine Noir, la
ventiduesima Presidente dell’ACE, nonostante tutte
le avvisaglie, si è lasciata soffiare sotto il naso il più
5
prezioso manufatto del Club.» Colpì di nuovo il tavolo.
«Incosciente! Testarda! È proprio… una sciocchezza!»
Catherine Noir si alzò e andò alla finestra. Il parco del
castello di Deep Fog era sprofondato nell’oscurità. Solo
i profili degli alberi si stagliavano contro la Luna. Era
abituata a un modo di fare così rude. Quando si trattava
di navi perdute, città sommerse o dicerie su creature
sconosciute, ogni socio del Club cercava di convincere
la Presidente dell’assoluta necessità di una spedizione. A
volte si arrivava apertamente agli insulti. Dentro di sé,
Catherine Noir era persino contenta della passione degli
avventurieri. Era proprio questo fuoco, che bruciava in
tutti i membri, a tenere vivo il Club dal 1716. Tuttavia,
ora Severin Maximov ne vedeva minacciata l’esistenza.
Noir si girò verso gli altri uomini.
«Tra sette giorni inizia il nuovo anno scolastico»,
replicò. «Il culmine della festa sarà, anche quest’anno,
la presentazione della leggendaria Tigre di Fuoco.»
A Severin Maximov si drizzarono tutti i capelli in
testa. «La Tigre di Fuoco è ben più di un pugnale d’oro,
Madame! È il simbolo del nostro Club! È grazie ad esso
che il nostro fondatore, Bartholomeus van Robbemond,
è passato da pirata a collezionista e protettore di
manufatti unici. Se venisse rubato...»
A questo punto intervenne Mads-Arnor Helmstad.
6
Il norvegese era alto, magro e aveva una barba biondo
paglia ispida e i capelli arruffati. Sembrava un albero di
betulla appena sopravvissuto a un uragano.
«Catherine, la mia fonte è estremamente affidabile»,
implorò. «Il pugnale verrà rubato. E l’incarico è stato
affidato nientemeno che al Fantasma mascherato…»
Severin Maximov si chinò a frugare nella sua
valigetta e ne tirò fuori una pila di giornali da tutto il
mondo. Li gettò sul tavolo, come se volesse fare un falò.
«Ecco!», gridò con sdegno. «Parigi, Londra, New
York... persino in Sudan parlano di lui!»
In effetti, questo maestro del furto si era fatto strada
sulle prime pagine di tutti i giornali. L’ultima volta
si era trattato di un audace furto di un dipinto di van
Gogh da un museo di Amsterdam. Come per ogni altra
irruzione riuscita, anche questa volta il Fantasma aveva
rivolto un saluto beffardo alla telecamera di sicurezza,
naturalmente con la sua famosa maschera da pantera sul
viso.
«Catherine…», borbottò il dott. Helmut Martinsberger
con la sua voce rassicurante da domatore di leoni. «Nel
caveau, la Tigre di Fuoco è al sicuro. Tuttavia, nella
Sala dei Cavalieri…»
Maximov e Helmstad annuirono.
Catherine Noir diede una rapida occhiata ai giornali.
7
«Devo davvero ricordarvi chi siamo?», diede
loro una strigliata. «Da oltre trecento anni i membri
dell’Adventure Club of Europe esplorano e scoprono
i segreti e i misteri di questo mondo. Dalle profondità
di Loch Ness alle vette dell’Himalaya, nessun rischio,
nessun pericolo ha mai fermato le donne e gli uomini
coraggiosi dell’ACE. E adesso dovremmo cedere davanti
a un ladruncolo con una maschera da leopardo?»
«Pantera...», obiettò debolmente Helmstad. «Il
Fantasma porta una maschera da pantera...»
Noir non vi badò minimamente.
«I fratelli Eulenstein, scopritori dei cieli, Ursula
Weber, inventrice del primo androide, o il nostro
padre fondatore: tutti credevano nell’incredibile,
nell’incomprensibile.»
Inaspettatamente, ora fu Noir a sbattere il pugno sul
tavolo. «Non permetterò che gli attuali membri scappino
come conigli nella tana. Il Fantasma ci farà visita? E noi
gli manderemo un invito!»
L’uomo seduto, che finora non aveva contribuito
alla discussione, si schiarì la voce. Harold Godric
McFinnegan, scozzese, insegnava cartografia e
geomanzia. Come gran parte dei suoi connazionali,
McFinnegan era un uomo di poche parole.
«Gli scozzesi non hanno paura di niente e di nessuno»,
8
ringhiò con fare scontroso. «Soltanto di quando... finisce
il whisky!»
Noir sorrise. «Tutto rimarrà come sempre, allora! Il
mio voto vale per tre.»
Maximov agitò i pugni con rabbia, poi si voltò e uscì
dalla stanza. Gli altri lo seguirono.
Catherine Noir restò sola. «Ogni crisi nasconde anche
un’opportunità...», mormorò infilando i giornali nel
cassetto.
Prima di richiuderlo, il suo sguardo cadde su una
fotografia del Fantasma con la maschera da pantera. Le
sorrideva. Sembrava che non aspettasse altro che la resa
dei conti con l’ACE.
Ospiti da tutto il mondo
Seduta sul sedile del passeggero di una macchina
d’epoca nera, che sfrecciava a 160 km/h su una stradina
stretta, Belle Pompadour si godeva il vento tra i capelli,
senza smettere neppure per un attimo di controllare
la sua acconciatura. Quella mattina, a Londra, si era
tinta una ciocca rosa tra i suoi capelli biondi, e non ci
aveva ancora fatto l’abitudine. Richiuse lo specchietto.
Nemmeno alla testardaggine del padre si era ancora
abituata. Le strade si facevano sempre più strette e
più accidentate, ma Pierre Pompadour si rifiutava
categoricamente di accendere il navigatore.
«Papà», lo ammonì. «Sicuro che siamo sulla strada
giusta? È da un quarto d’ora che non vedo un cartello.»
Da secoli non vedevano una casa, per non parlare delle
persone.
Con un ghigno, Pierre Pompadour spinse ancora più a
fondo l’acceleratore. Belle sospirò e si mise a guardare
10
fuori dal finestrino. Era agitata come… come… beh sì,
come il suo primo giorno di scuola. La sua famiglia non
aveva avuto assolutamente nulla a che fare con l’ACE
fino ad allora. Era arrivata all’attenzione del Club perché
Belle, quando aveva otto anni, era sopravvissuta una
settimana da sola nel Sahara dopo un safari finito male.
Nel frattempo aveva imparato otto lingue ed era diventata
un’esperta di geroglifici del mondo antico. Eppure Belle
era tesa. Sarebbe riuscita a mantenersi al passo, in
mezzo a tutti gli altri supertalenti dell’Accademia? La
maggior parte degli altri studenti proveniva da famiglie
che avevano a che fare con l’Adventure Club of Europe
da secoli, Belle lo sapeva. I loro antenati avevano preso
parte agli scavi delle tombe dei faraoni egizi, avevano
reintrodotto le ultime tigri della Tasmania in Australia
o avevano compiuto la prima orbita lunare senza uomini
a bordo nel 1924 (l’equipaggio era esclusivamente
femminile, cosa che aveva entusiasmato Belle...).
E lei? Sì, aveva molte conoscenze da offrire; inoltre
aveva vinto tutti i tornei giovanili di scherma in Francia.
Ma era sufficiente?
Facendo stridere le gomme, l’auto d’epoca sterzò
bruscamente imboccando un sentiero nel bosco.
«Papà!», strillò Belle, agitata.
«Belle!», rispose il padre con un sorriso piuttosto
11
condiscendente. «Sono sempre arrivato dove volevo. Un
apparecchio moderno non si adatta a quest’auto.»
Belle sbuffò. «Se arriviamo tardi, poi...»
Pierre Pompadour si limitò a masticarsi la punta
dei baffi. La visibilità diminuì improvvisamente e fu
costretto a rallentare fino alla misera velocità di 120
km/h. Minuto dopo minuto la nebbia si infittiva e poco
dopo Belle non riuscì più a vedere nulla. Si ritrovarono
davanti a un vecchio mulino. Dietro di loro soltanto la
foresta.
«Sicuro che questa sia l’Accademia?», chiese Belle a
bruciapelo.
Pierre Pompadour non rispose. Cominciò a sterzare,
schiacciò il pedale a tavoletta e sfrecciò nella direzione
da cui erano venuti.
Belle avrebbe voluto strangolarlo! Come si può essere
così testardi! Probabilmente il castello di Deep Fog era
più lontano della Luna ormai! La nebbia, tuttavia, si
adattava perfettamente al paesaggio; ma in Inghilterra
non faceva testo, tanto era frequente.
Belle venne scaraventata da un lato, mentre il
padre imboccava un viale. A colpi di clacson, superò
un fuoristrada incrostato di fango con una tenda
pieghevole sul tetto. Poi una scintillante vettura
sportiva. E improvvisamente, eccoli arrivati. Il castello
12
si materializzò come dal nulla attraverso la fitta coltre
di nebbia da cui prendeva il nome.
Con slancio, Pierre Pompadour si infilò sotto le otto
lunghe gambe metalliche di un mezzo di trasporto
simile a uno scarafaggio, fino al piazzale davanti al
castello. La berlina inchiodò, facendo volare la ghiaia in
tutte le direzioni.
Pierre Pompadour sventolò il suo orologio da polso
sotto il naso di Belle. «Le 15:00 spaccate!»
Belle aprì la portiera e schizzò fuori dall’auto con le
guance arrossate.
«Grazie per il passaggio, papà», disse sarcastica
prima di chiudere lo sportello. A passi pesanti arrivò al
bagagliaio e tirò fuori il suo borsone. «Sai una cosa?»,
disse al padre. «Puoi anche tornare indietro subito, e
senza navigatore. Alla festa posso benissimo andare
senza di te.»
Si girò e andò a sbattere contro un tavolo alto, su cui
due insegnanti stavano servendo bevande fresche e i
tradizionali sandwich ai cetriolini.
«Belle!», la chiamò il padre. «Ma che ti è preso?»
Ma Belle non si voltò indietro. L'insegnante che
assomigliava a una betulla porse a Belle il vassoio.
Tuttavia, le era passato l’appetito, voleva solo andare
nella sua stanza il prima possibile.
13
Davanti all’entrata del castello si era formata una
lunga coda. Belle si mise in fila, che altro poteva fare?
Accanto al portone, un uomo anziano, con capelli e
barba rossi, salutava ogni nuovo arrivato con una stretta
di mano. Avvicinandosi, Belle riconobbe l’insegnante
che aveva incontrato alla presentazione un paio di mesi
prima.
Harold Godric McFinnegan indossava come sempre
un completo di tweed in tre pezzi: era proprio come
Belle si immaginava un professore di tutto rispetto.
Non sembrava affatto un temerario avventuriero.
Rappresentava il Club con un fascino e una classe di
altri tempi, tipicamente inglesi, anche se era
orgogliosamente scozzese, come Belle ben sapeva.
Dietro Belle, uno studente disse ad alta voce:
«Quello si fa anche il bagno con la cravatta!».
Quando toccò a Belle, da dietro i tetti del
castello di Deep Fog si udì uno scoppio, come
un colpo di pistola. Tutti si voltarono.
Uno straordinario aggeggio volante
virò tra le torri. Sembrava una salsiccia di
ferro, con tre grandi tubi da cui fuoriusciva del fumo
nero. Il velivolo fece un giro della morte, si arrestò a
mezz’aria con uno stridio e si abbassò fino al suolo.
Con un sibilo, si aprì una botola e ne uscì una famiglia
14
di quattro persone, padre, madre e due ragazzi. Il più
giovane si guardò intorno con il viso rosso come un
tacchino. Il padre si tolse gli occhiali e spinse il figlio
verso McFinnegan.
«Harold, che piacere vederti!», lo salutò. «Stai
ammirando la mia ultima invenzione? È un S-boot.
La S sta per Super: superterrestre, superacquatico e
supernebulare!»
McFinnegan annuì con cortesia, ma senza entusiasmo.
«Posso presentarti un nuovo allievo?», proseguì il
pilota. «Questo è Oli!»
Il ragazzo abbassò lo sguardo, imbarazzato. «Mi
chiamo Oliver!», si lamentò con voce stridula. «La i alla
fine di un nome è la forma diminutiva. Ma io non sono
un pappagallino!»
«Oliver Snyder, benvenuto», lo salutò McFinnegan.
«Ti abbiamo assegnato la stanza Machu Picchu.»
Il padre di Oliver batté le mani. «Ah, ottimo! Era
anche la mia tana... e quella di tua nonna!», rise troppo
forte. «Machu Picchu, Oli, la leggendaria città Inca delle
Ande! Siamo nati per cose elevate, noi!»
Oliver Snyder alzò gli occhi al cielo.
Belle si morse il labbro. Forse era stata troppo dura
con suo padre. Anche se si era comportato in modo
davvero imbarazzante, a quanto pare qualcuno stava
15
andando molto, ma molto oltre...
Dal nulla, un enorme elefante comparve al centro del
parco. Sulla sua schiena era seduta una donna di una
novantina d’anni, con la pelle scura e i capelli bianchi
come la neve. Al collo aveva innumerevoli catene. Alle
sue spalle si reggeva una ragazzina, che osservava il
castello con gli occhi spalancati. Altrettanto curioso, un
suricato aveva fatto capolino dal suo zaino.
«Oni Amaka», mormorò l’insegnante. «Sembra che
abbia ereditato il dono di sua nonna...»
L’elefantessa afferrò la donna con la proboscide e la
depose delicatamente a terra accanto a una
bella pianta di menta piperita.
16
Oni scese tra le pieghe del pachiderma come da una
scala di corda. Il suricato la incoraggiava con grida
fortissime. Non appena furono scese
entrambe, i contorni dell’elefantessa
iniziarono a offuscarsi, e l’animale finì
per scomparire nel nulla.
Belle iniziò a ridere nervosamente.
L’elefante era -puf- sparito! Si guardò intorno, ma
nessun altro sembrava trovare la cosa particolarmente
strana.
Belle fece un respiro profondo. Da un lato,
si sentiva ancora più inadeguata
per questa accademia. Dall’altro,
17
moriva dalla voglia di scoprire la storia di ogni studente.
Quando si girò di nuovo in avanti, vide una donna in
piedi accanto al suo insegnante. Aveva i capelli scuri
lunghi fino alle spalle e portava un elegante abito nero.
Il rossetto rosso non solo accentuava la sua bellezza, ma
le dava anche un tocco di mistero.
«Belle Pompadour, benvenuta al castello di Deep
Fog», la salutò in francese. A Belle piacque subito, e
non solo per questo. «Sono Catherine Noir, Presidente
dell’ACE. Sono sicura che io e te abbiamo tante cose in
comune, oltre alla nostra nazionalità.»
Sorrideva in modo enigmatico. Poi alzò lo sguardo
verso il castello. Dietro una delle finestre, Belle riconobbe
Severin Maximov, il Direttore dell’Accademia, che
l’aveva invitata qualche tempo prima.
«Mi chiedo se il nostro cacciatore di spettri abbia già
avvistato il Fantasma», mormorò Noir a McFinnegan.
Poi si schiarì la voce e si rivolse a tutti gli studenti
e le studentesse: «Benvenuti o bentornati al castello di
Deep Fog! Ora potete accomodarvi nelle vostre stanze
e, mi raccomando, siate puntuali per la cerimonia di
inizio dell’anno scolastico, che comincerà più tardi!»
Alcuni dei genitori applaudirono, gli allievi accolsero
il saluto con un cenno distaccato o continuarono
semplicemente a mangiare.
18
A bassa voce, in modo che solo Belle e McFinnegan
potessero sentire, Noir disse: «Sarò nel mio ufficio.
Devo ancora preparare un paio di cose.»
Belle non capì il significato di quelle frasi. Si fece
spiegare da McFinnegan dov’era la sua stanza, la Luxor,
e trascinò il suo borsone per le grandi scale di pietra fino
al primo piano. Appena vide il letto a baldacchino, Belle
si rese conto di essere esausta e si gettò sul materasso
morbido. Non sarebbe stata una brutta idea fare un
pisolino prima della festa.
Forse non avrebbe dovuto mandare via suo padre.
«Comunque...», mormorò Belle al cuscino. «Tu e
mamma... non vi deluderò.»
Poi si addormentò di colpo.
19
La
Tigre
di Fuoco di Batavia
Belle Pompadour fa parte dei giovani avventurieri
selezionati dall’Accademia ACE. Non è ancora arrivata
alla nuova scuola che già finisce in punizione.
Fortunatamente non è sola: c’è Oni con il suo suricato,
Oliver il nerd e Connor l’arrogante. Tutti all’inizio
le sembrano piuttosto strani; in realtà, i quattro hanno
un grande talento in comune: cacciarsi nei guai.
Iniziano impadronendosi di uno zeppelin
supersonico con tanto di insegnante
a bordo. Prima di rendersene conto,
vengono catapultati in un’avventura
piena di pericoli… e la lezione
non è neppure iniziata!
ISBN 978-88-474-6071-3
e 12,90