Rulantica - L'isola nascosta
Celata dietro una coltre di nebbia impenetrabile si trova Rulantica – l’isola abitata dal Popolo del Mare minacciata da una maledizione degli Dei. Quando la sirena Aquina scopre di avere un fratello nel mondo degli Uomini che si trova in pericolo di vita per colpa della maledizione, si butta a capofitto in una insidiosissima avventura... Aquina però non immagina che con il loro incontro i due fratelli scateneranno un’antica profezia che può significare la distruzione di Rulantica.
Celata dietro una coltre di nebbia impenetrabile si trova Rulantica – l’isola abitata dal Popolo del Mare minacciata da una maledizione degli Dei.
Quando la sirena Aquina scopre di avere un fratello nel mondo degli Uomini che si trova in pericolo di vita per colpa della maledizione, si butta a capofitto in una insidiosissima avventura...
Aquina però non immagina che con il loro incontro i due fratelli scateneranno un’antica profezia che può significare la distruzione di Rulantica.
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MICHAELA
HANAUER
L , isola nascosta
Michaela Hanauer
L , isola nascosta
© 2019 Coppenrath Verlag GmbH & Co. KG, Hafenweg 30, 48155 Münster, Germany
Tutti i diritti riservati, vietata ogni duplicazione anche parziale non autorizzata
Concesso in licenza da: Mack Media & Brands GmbH & Co KG, Direttore Responsabile
Michael Mack
In collaborazione con
In Kooperation mit
© 2020 by per l’edizione italiana
è un marchio
via Jucker, 28 - Legnano (MI) Italia
Titolo originale: Rulantica - Die verbogene Insel
Traduzione dal tedesco di Isabella Nanni
I personaggi e il mondo di Rulantica sono protetti dalle leggi sul diritto d’autore e sono
marchi registrati di Mack Media & Brands GmbH & Co KG.
Basato su un’idea di: Michael Mack, Jörg Ihle, Tobias Mundinger
Progetto: Jörg Ihle
Testo: Michaela Hanauer
Illustrazioni: Helge Vogt
Stampato in Turchia
Michaela Hanauer
L , isola nascosta
illustrazioni di Helge Vogt
PROLOGO
n giorno il Dio Loki staccò una pietruzza da
Asgard, la dimora degli Dei, perché era invidioso
dello stretto legame che gli altri Dei avevano
con gli Uomini e voleva dimostrare quanto i
Mortali fossero in realtà deboli e fallibili. La
pietra cadde nell’oceano e diventò un’isola. Loki era
consapevole che insieme alla pietra sulla Terra era finito
anche un pezzo di magia divina. Tutto compiaciuto esplorò
la sua isola con le sue foreste, montagne e fiumi idilliaci.
Ma ne riconobbe anche l’anima focosa. Fu particolarmente
colpito da una grotta da cui zampillava allegramente una
sorgente, e gli sembrò il posto ideale per il suo subdolo
scherzo. Nel punto in cui sgorgava la fonte sputò per terra
un seme delle mele d’oro dell’immortalità di Idun. Da quel
momento in poi il seme avrebbe infuso nell’acqua il potere
dell’immortalità. Loki era sicuro che nessun uomo sarebbe
stato in grado di resistere a questa tentazione.
Soddisfatto di se stesso e del suo lavoro, cercò una vittima
adatta e la trovò ben presto in Viken Rangnak, il capo di un
clan vichingo. Loki si svelò a Viken e gli mostrò la strada
verso una nuova patria ricca di promesse: Rulantica. Il
gioco per la vita e la morte poteva cominciare.
Non è la prima volta che Vidar ha l’impressione di non
essere all’altezza di suo padre Odino. Fino alla sua caduta
Odino era stato il capo di tutti gli antichi Dei. Infinitamente
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saggio e perspicace com’era, sicuramente sapeva che cos’era
successo alla pietra. Ma ora è Vidar che se ne sta di fronte
alle mura che dovrebbero proteggere il mondo divino di
Asgard e i dieci Dei superstiti. E deve constatare inorridito
che il loro rifugio ha una breccia. Per i Giganti e gli altri
nemici degli Dei sarebbe una sciocchezza attaccare le mura
di cinta in questo punto fragile e sfondarlo. E come si è
formato il buco? A Vidar è chiara una cosa: niente succede
per caso ad Asgard, oggi come in passato. Ma chi potrebbe
mai sapere qualcosa della pietra mancante?
«Hugin, Munin!» grida.
Quasi nello stesso momento, lunghe ombre calano su
Vidar, due corvi gli ruotano in volo sopra la testa. Le loro
piume nere come la pece brillano alla luce del sole. Gli si
posano sulle spalle uno a sinistra e l’altro a destra e fissano
attentamente il giovane Dio.
«Ho intenzione di visitare mio fratello Wali per
consultarmi con lui. Volate dai figli di Thor e da Hel, la
figlia di Loki, così potranno partecipare al nostro Consiglio
al più presto!»
I corvi si alzano in aria per compiere la loro missione.
Nel cortile del castello Vidar incontra il fratellastro che si
sta esercitando al tiro con l’arco. «Vidar, che bello vederti!
Qual buon vento ti porta?» lo saluta Wali.
«Hai mai sentito parlare di una pietra mancante nelle mura
di cinta di Asgard?» chiede Vidar in tono piatto.
Wali scuote la testa. «Mi dispiace molto, caro fratello, ma
sono molto più giovane di te. Se non lo sai tu, non posso
saperlo nemmeno io.»
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«Lo temevo.» ammette Vidar. «Ma spero che uno sguardo ai
Nove Mondi dal trono di nostro padre ci aiuti a fare chiarezza.»
«Allora vieni nella mia sala.» lo invita Wali.
Una cupola d’argento sovrasta la magnifica sala di marmo
che i due fratelli attraversano in fretta per raggiungere il trono.
«Au-uuu!» Due lupi ululano accanto a una colonna bianca,
ma non si avvicinano.
Vidar saluta Geri e Freki. Wali ha ereditato entrambi i lupi
da Odino, così come il trono da cui si può guardare in tutti i
Mondi. Vidar, d’altro canto, ha ricevuto entrambi i corvi di
suo padre e il grande compito di governare i Mondi come suo
successore.
Una specie di ruggito fa voltare i due fratelli.
«Dove sono tutti?» - «Non c’è niente da bere qui?»
Magni e Modi, i figli di Thor, entrano facendo un gran
fracasso e Vidar si rammarica all’istante di averli mandati a
chiamare.
«Stiamo cercando la causa di un buco nelle mura di
Asgard.» spiega Vidar.
«Se hai bisogno di un buco nelle mura, te ne posso fare uno
io.» si offre Modi.
Wali alza gli occhi al cielo. «Mai possibile che ogni volta
che ci incontriamo vi dovete vantare di avere ereditato il
martello di Thor?»
Magni e Modi sorridono unanimi. «Non dovremmo.» dice
Magni. «Ma ci piace farlo.» aggiunge Modi.
«Se sono venuta solo per sentire questi discorsi, me ne vado
subito.» fa una voce femminile.
«Apprezzo molto il fatto che tu sia riuscita a venire, Hel.»
si affretta a tranquillizzarla Vidar.
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«Che cosa ti preoccupa?» Hel rivolge a Vidar il suo lato
bello.
«Mi leggi nel pensiero per caso?» chiede Vidar, allarmato.
«No, ma so interpretare le espressioni del viso. Tutti i
giorni un sacco di persone oltrepassano la mia soglia per
entrare nel Regno dei Morti. E non mi piace essere presa in
giro, non so se mi spiego.»
«E per caso sai qualcosa della pietra mancante nelle mura
di cinta di Asgard?» chiede Vidar.
Hel piega la testa pensierosa. «Non abbastanza, ma temo
che sia coinvolto mio padre Loki.» Sale sul piedistallo del
trono di Odino accanto a Vidar e indica un punto in
lontananza. «Cerca nel mondo degli Uomini un’isola che
racchiude in sé la scintilla divina, e avrai la tua risposta.»
Ma per quanto Vidar si sforzi, in tutta Midgard non riesce
a trovare nulla che corrisponda a questa descrizione.
«Io non vedo niente.» le risponde Vidar.
«Nemmeno io.» dice Wali.
«Ah, ah!» scherza Magni. «Siete ancora più ciechi di
vostro padre che aveva un occhio solo!»
Vidar fa finta di non aver sentito questo commento
scortese e si concentra su Hel.
«Non badare alle apparenze.» gli dice. «Quando c’è di
mezzo mio padre, quello che cerchi è abilmente nascosto e
resta segretamente collegato a lui per causare disastri nei
nostri mondi anche dopo millenni.»
A Vidar viene un brivido lungo la schiena. Persino Odino
riusciva a malapena a tenere a bada il malefico Loki, ma
senza di lui diventa quasi impossibile risolvere una delle
sue malefatte. Soprattutto finché non sanno esattamente
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che cosa ha combinato l’astuto Dio.
Vidar dà un’occhiata a Hel, chiedendosi come la pensi di
tutto questo.
«Non preoccuparti, io non sono mio padre!» lo rassicura
Hel. «Se troviamo qualcosa, potete contare su di me!»
Wali salta su dal trono. «Ecco! La nebbia in mezzo al
mare. Magari è quello che stiamo cercando?»
Tutti e cinque i giovani Dei si stringono intorno al trono
e osservano la scoperta di Wali.
«Un nascondiglio nella nebbia, proprio nello stile di mio
padre.» dice Hel.
«Nel bel mezzo dell’oceano, la pietra può essere diventata
davvero un’isola.» ipotizza Vidar. «Un pezzo di Asgard al
centro di Midgard!»
«Non dobbiamo far altro che andare a distruggere l'isola
e abbiamo risolto il problema.» suggerisce Modi.
«Esatto!» concorda suo fratello Magni. «Poi riportiamo
indietro la pietra, così possiamo riparare le mura!»
«Fermi tutti!» interrompe Vidar. «Non si distrugge niente
finché non ne sappiamo di più.»
«E se la tua esitazione ci mette in pericolo?» fa osservare
Wali.
«Il mistero nella nebbia potrebbe essere millenario, più
vecchio di te, più vecchio di me.» ribatte Vidar. «Non
succede niente se aspettiamo qualche altro giorno per capire
esattamente che cosa è stato creato in quel luogo. Non
voglio annientare niente senza prima chiedermi chi o che
cosa sia. Siamo Dei, non Giganti!»
«Bah, sei così giudizioso. Fai sempre il guastafeste!»
brontola Magni.
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Ma Vidar non si arrende: «Come vostro capo, vi esorto a
giurare che per il momento facciamo scomparire la nebbia
senza interferire in alcun altro modo!»
«Io non avrei così tanti scrupoli.» grugnisce Modi.
«A maggior ragione è meglio che siano i figli di Odino a
proteggere il suo trono, e non gli attaccabrighe di Thor.»
dice Hel stizzita.
«Senti chi parla!» scatta Magni. «Probabilmente tuo padre
è responsabile del buco nelle nostre mura e dobbiamo
soffrire ancora una volta per i suoi misfatti!»
«Smettetela adesso!» ordina Vidar. «Giuratemi
obbedienza, oppure potete accompagnare Hel nel suo regno
anche adesso!»
Vidar allunga la mano. Suo fratello Wali è il primo a
mettergli sopra la sua, seguito con riluttanza da Magni e
Modi, e infine da Hel che mette la sua mano minuta in cima
e sigilla la promessa dei cinque Dei.
«Tra dieci giorni ci rivediamo e mettiamo insieme quello
che abbiamo scoperto.» stabilisce Vidar congedandoli.
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I
LEZIONI SULLA
BARRIERA CORALLINA
«Aquina.»
«Aquina, tocca a te!»
«Aquina! Il tuo skjol, per favore!»
Aquina sente una gomitata alle costole. È la sua amica
Orchid, che è seduta accanto a lei su un grande banco di
coralli e ora, il più discretamente possibile, le fa cenno con
gli occhi di guardare avanti. Aquina segue il suo sguardo e
vede il volto severo di Manati. La vecchia insegnante di
canto le ricorda sempre un po’ un tricheco - con le stesse
rughe e lo stesso naso piatto e, a guardar bene, anche
qualche setola sulle guance. È chiaro che Manati sta
aspettando qualcosa, tamburella con la punta delle dita
sempre più veloce e impaziente. Nel frattempo, anche tutti
gli altri undici tritoncini e sirenette si sono voltati verso
Aquina.
«Canta!» bisbiglia Jade, che ha quasi dodici anni come
Aquina, ed è seduta al suo fianco dall’altro lato.
Oh, ecco qual è il problema! Aquina si alza dandosi la
spinta con la pinna caudale, si schiarisce la gola, poi
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comincia. La sua voce è delicata e accenna le prime note.
Con il pensiero Aquina è ancora con i graziosi pesciolini
che ha osservato sul bordo della barriera corallina. Nuotano
all’indietro, con la coda in avanti. Si dice che chi si ritrovi in
mezzo al loro banco ha l’impressione che anche il tempo
vada all’indietro. Da bambina Aquina aveva voluto provare
di persona, tuttavia non era riuscita a dire con sicurezza se
fosse vero. Nel breve istante in cui il banco le era passato
accanto, non le era sembrato di notare alcun cambiamento.
A parte un paio di pesci che le avevano sfiorato delicatamente
le braccia, non era accaduto praticamente nulla. Come
sempre quaggiù in fondo al mare, anche allora tutto era
sembrato tranquillo e sereno.
Aquina trasferisce tutti questi pensieri nella sua melodia:
quanto sia bello vivere nella città sottomarina di Aquamaris
– e non ci sono dubbi in proposito – ma anche quanto non
sia molto eccitante. Aquina si accorge che il suo canto anche
senza parole descrive quello che le passa per la testa. Nel
frattempo, ha cominciato a cantare a piena voce. Con la
coda dell’occhio vede una piccola stella marina fosforescente
attaccata alla parete di roccia carsica vicino al banco di
coralli e nota che cambia colore al ritmo della sua melodia.
Ora Aquina intensifica il tono del canto. Limpida come
l’acqua di mare nelle giornate estive, la sua canzone lusinga,
riprende le delicate sfumature del rosso, del viola e
dell’arancio della barriera corallina che si mescolano con
l’azzurro dell’acqua. In omaggio alla bellezza della natura
che la circonda, Aquina infonde nelle note il suo stesso
struggimento.
Quando finisce, Manati scuote la testa in segno di
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disapprovazione. «Stai di nuovo sognando a occhi aperti!
Quand’è che capirai che noi Sirene con lo skjol vogliamo
spaventare i nostri nemici e non attirarli? Siediti!»
L’insegnante si guarda intorno. «Chi è in grado di farmi
uno skjol decente? Larima, vuoi provare?»
La pallidissima sirenetta dai capelli color melma salta su
come se non avesse aspettato altro che questa occasione.
Comincia a fare rumori simili a ringhi, tuoni e boati che
sembrano una tempesta in arrivo. Alla fine imita il sibilo di
un fulmine e con un sorriso sprezzante ne indirizza il suono
in direzione di Aquina. Perfino Manati ha un sussulto,
breve ma evidente, e Aquina trattiene a stento il rancore e
la rabbia. Come sempre questa secchiona non solo fa tutto
alla perfezione, ma deve anche sbattere in faccia ad Aquina
il suo fallimento.
«Molto bene, Larima!» la elogia Manati, per quanto sia
superfluo, poi continua: «Prendete esempio da lei. È così
che si usa la voce per proteggere la nostra isola come si
deve! Per domani provate tutti a pensare quali altri suoni
potrebbero essere adatti per questo importante compito di
difesa.»
«Non te la prendere!» sussurra Jade ad Aquina mentre si
allontanano dalla barriera corallina per la pausa pranzo.
«La tua voce è molto più bella di quella di Larima.»
Aquina fa una smorfia. «A che serve se non
posso mai a cantare quello che voglio?»
Nemmeno Jade sa che cosa rispondere.
«Vieni dagli scogli con me,
Orchid e Ruby per distrarti, ci dovrebbero essere molte
ostriche!»
Aquina scuote la testa. «Grazie, ma non mangio più pesce!»
Jade spalanca ancora di più i suoi già grandi occhi verdi.
«Davvero? Neanche i molluschi? Come fai a resistere?»
Aquina sospira piano. Perché nemmeno Jade la capisce?
«Pesci e molluschi sono miei amici, proprio come te. Non ti
staccherei mai la punta del naso a morsi così come non mi
mangerei le tue orecchie a sventola per colazione!»
«Anche tu hai le orecchie a sventola.» brontola Jade
coprendosi subito le orecchie con i lunghi capelli neri, senza
tuttavia riuscire a nasconderle molto più di prima. «Che
cosa mangi allora?»
«Lattuga e asparagi di mare e pesto di alghe, e coltivo un
mio piccolo orto marino.» spiega Aquina con orgoglio.
«Coltivi COSA?» Jade si è già dimenticata delle sue
orecchie.
«Sììì, anche mia madre ha reagito più o meno così.»
«Non mi sorprende! Sei l’unica – com’è che si dice? –
“non-pescivora” di tutta Aquamaris.»
«Preferisco definirmi alghetariana!»
«Bene, pazza alghetariana che non sei altro. In mezzo alle
ostriche ci saranno sicuramente anche delle belle alghe
croccanti tutte per te!»
Jade lancia un’occhiata a Ruby e Orchid, che le hanno già
distanziate di un bel po’ e si dirigono verso gli scogli.
«Oppure puoi venire tu da me così ti mostro il mio
orto.» le propone Aquina. «Ti offriamo anche
un delizioso cetriolo di mare!»
«Ma i cetrioli di mare non sono piante.» risponde Jade
stupita.
«Lo so,» sorride Aquina, «mia madre pensa di potermi
battere in astuzia. Proprio come con il pesce in crosta di
sale la settimana scorsa. Ma se mi mangi la mia parte, riesco
a stare di nuovo in pace per qualche giorno!»
«Preferirei non immischiarmi...» replica Jade riluttante
all’idea.
Aquina allunga la coda argento-turchese e prende Jade
per la sua coda verde. «Dai, sei la mia migliore amica,
dobbiamo fare squadra, no?»
«Domani,» dice Jade, «domani vengo, te lo prometto. E
poi mi impegno a mangiarti tutti i cetrioli di mare che vuoi.
Oggi però andiamo dagli scogli!»
Aquina tira indietro la coda. «Nessun problema, allora tu
vai a cercare ostriche e io vado a fare un giro in superficie.»
Jade si spaventa così tanto che a momenti le va l’acqua di
mare di traverso. «Vuoi andare in superficie? Sai
perfettamente che non possiamo farlo senza i nostri
genitori!» Per dimostrarglielo allarga le pallidissime braccia.
«Siamo sirene. Il sole è pericoloso per la nostra pelle e
potrebbe perfino seccarci la coda!»
«Che sciocchezze!» ride Aquina. «Non credo a queste
favole da quando avevo sei anni!»
«Allora sei già stata di sopra da sola? Più di una volta?»
chiede Jade timorosa.
«Certo.» si vanta Aquina. «Così tante volte che ho perso il
conto! Ti va di venire con me?»
Sul volto di Jade si alternano chiaramente paura e
curiosità. Ma poi scuote la testa in modo molto deciso. «Non
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ne ho il coraggio, ma questo pomeriggio mi racconti come è
andata, promesso?»
«Promesso.» la rassicura Aquina.
In fondo è un po’ delusa, anche se sapeva come sarebbe
andata a finire. Le fa piacere che Jade e le altre vadano a
divertirsi dagli scogli che si trovano alla periferia della
città. Per un momento pensa perfino di cambiare idea e
andare anche lei con loro, ma come per magia l’idea di
andare in superficie la attira molto di più.
Aquina scivola nell’acqua come se stesse fluttuando, solo
di tanto in tanto si dà una leggera spinta con la coda. Non
ha fretta. Giù negli abissi dove si trova Aquamaris, quasi
tutti i colori sembrano filtrati da una lente bluastra,
specialmente il rosso e il giallo. Ma più si avvicina al suo
obiettivo, più il sole crea sulla superficie dell’acqua
incantevoli punti luminosi di colore giallo intenso e
brillante, da cui Aquina è attratta come se ne fosse
ipnotizzata. Perché gli altri tritoni e le altre sirene non
vengono quasi mai qui sopra? Aquina adora il sole, il calore
e i colori chiari. Sospirando felice, si sdraia sulla schiena e
si lascia trasportare dalle onde. Il mondo quassù è una vera
beatitudine. Potrebbe restare così per sempre. Aquina
sbatte le palpebre per via dei raggi di sole che le solleticano
il naso. Come sarebbe essere umani, come i loro antenati?
Aquina stringe gli occhi mentre ci pensa su.
Sua madre le ha raccontato che i loro antenati quando
arrivarono a Rulantica in origine erano Uomini, dei
Vichinghi. Il loro capo si chiamava Viken Rangnak ed era
in cerca di una nuova casa per il suo clan perché l’isola
spoglia da cui provenivano non era in grado di sfamarli.
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Nella sua ricerca aveva chiesto aiuto agli antichi Dei norreni.
All’inizio nessuno sembrava averlo ascoltato, e i Vichinghi
avevano vagato senza meta per il Mare del Nord fino a
quando alla fine gli si era rivelato l’astuto Dio Loki. Questi
aveva spezzato un corno del suo possente elmo, lo aveva
consegnato a Viken e gli aveva ordinato di soffiarci dentro,
dopo un ulteriore giorno di navigazione, non appena avesse
incontrato una fitta coltre di nebbia. Viken aveva seguito le
istruzioni di Loki ed effettivamente dalla nebbia era
spuntata fuori un’isola invitante. Viken e il suo clan
l’avevano esplorata e avevano deciso di farne la loro nuova
dimora. Avevano chiamato l’isola Rulantica. Ed è così che si
chiama ancora oggi.
Sotto l’isola si trova Aquamaris, la città sottomarina in
cui vive Aquina. Dopo la maledizione di Odino, i Vichinghi
furono trasformati in tritoni e sirene e divennero il Popolo
del Mare. Per assicurarsi che né Aquina né le altre sirene
dimentichino mai come tutto ha avuto inizio e perché sono
lì, Kailani ha istituito il Friggtag, il giorno di Frigg, in cui
racconta loro della maledizione di Odino, che li condanna a
sorvegliare per sempre la Fonte della Vita per non essere
divorati da Svalgur, e, naturalmente, della profezia di Frigg.
Aquina conosce questa storia a memoria perché sua madre
Kailani è anche la regina delle sirene. Aquina sa che come
figlia di Kailani, ha molti vantaggi: una bella casa nel
Palazzo di Conchiglie, l’accesso a numerose saghe e
leggende... ma il rovescio della medaglia è rappresentato
chiaramente dai molti divieti.
Aquina solleva leggermente la testa fuori dall’acqua e dà
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un’occhiata alla terra che si erge fuori dal mare a pochi
metri da lei. L’isola è solitaria e tranquilla. Peccato che i
loro antenati all’epoca non avessero sospettato in che
trappola li aveva attirati il malvagio Loki. Altrimenti
sarebbero tutt’ora umani e Aquina potrebbe esplorare il
mondo intero e non sarebbe vincolata all’area di appena
tre miglia di larghezza intorno a Rulantica. E potrebbe
cantare quello che vuole, belle canzoni e non skjol
raccapriccianti per scacciare gli intrusi.
Durante le sue escursioni in superficie, spesso immagina
di vivere come i suoi antenati nell’insediamento vichingo di
Rangnakor. Anche dall’acqua riesce ancora a distinguere
alcune delle alte case su palafitte con i tetti di legno
intagliati. Le travi si sono scolorite da tempo, le palafitte
sono rovinate dalle intemperie e parzialmente crollate, altre
sono usate come nidi da uccelli rapaci come i grandi Mauk
neri. Ma Aquina si immagina di starsene seduta con Viken
davanti a un camino, di mescolare in un calderone e di
prepararsi per il viaggio su una delle orgogliose navi
vichinghe. Vuole scoprire nuove città e nuovi paesi, parlare
con persone che non ha mai conosciuto in tutta la sua vita
e vivere avventure. O almeno esplorare tutti gli angoli
dell’isola che non riesce a vedere dall’acqua. Come ci si
doveva sentire a vivere sulla terra e poter andare ovunque?
Potrebbe dirglielo Kailani, perché è una degli Antichi, gli
Immortali, che furono poi trasformati da Uomini in Sirene
e Tritoni, il Popolo del Mare. Ma ogni volta che Aquina vi fa
accenno, sua madre minimizza: «Non sapevamo nuotare
così bene.»
«Un pochino almeno però sì,» controbatte Aquina
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impaziente, «mentre io non so camminare per niente,
nemmeno per un breve tratto!»
«Credimi, è molto più bello in mare che sulla terra.»
Kailani cerca sempre di tranquillizzarla e non dimentica
mai di metterla in guardia: «Stai lontano da Rulantica! Non
avvicinarti nemmeno dall’acqua, capito? Si dice che nel
vecchio villaggio di palafitte si siano insediate delle creature
pericolose. Non è posto per una giovane sirena come te!»
«Ci sono creature pericolose anche qui. Pescecani e mante
giganti, per esempio.» le ha obiettato Aquina più di una volta.
Ma Kailani non si lascia smuovere su questo punto. «È
qualcosa di completamente diverso. I pericoli del mare hai
imparato a gestirli, da me, da papà e a scuola. Sei pronta ad
affrontarli, i pericoli sulla terra invece no!»
I moniti riescono solo a farle sembrare l’isola ancora più
interessante. Da qualche tempo si arrischia ad avvicinarsi
sempre di più, cercando di scrutare quanto più possibile
della superficie dell’isola. Saggiamente non racconta niente
a sua madre di queste spedizioni esplorative.
La curiosità e la voglia di viaggiare tormentano Aquina
come il bruciore del sale sulla pelle quando resta col viso al
sole per troppo tempo. Una sensazione che sopporta a
malapena, ma che non scompare mai completamente,
finché non vi pone rimedio.
Come se qualcuno le avesse letto nel pensiero, si sente
improvvisamente un ululato tanto assordante da far
impallidire perfino lo skjol di Larima. Aquina si rigira in
un batter d’occhio e ne cerca la causa guardandosi intorno,
ma non vede niente. Eppure il suono proviene chiaramente
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Celata dietro una coltre di nebbia impenetrabile si
trova Rulantica – l’isola abitata dal Popolo del Mare
minacciata da una maledizione degli Dei.
Quando la sirena Aquina scopre di avere un fratello
nel mondo degli Uomini che si trova in pericolo
di vita per colpa della maledizione, si butta a
capofitto in una insidiosissima avventura...
Aquina però non immagina che con il loro incontro
i due fratelli scateneranno un’antica profezia che
può significare la distruzione di Rulantica.
In collaborazione Kooperation mit con
ISBN 978-88-474-6008-9
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