Powertrain 2025-1/2
Tra gli argomenti di questo numero: PREMIAZIONI Diesel of the Year: HD Hyundai Infracore DX Alternative Engine Award: FPT Industrial XCursor 13 GENERAZIONE Bruno Generators: galassia di competenze Isotta Fraschini & Ecomotive: insieme, per il multi-fuel ELETTRIFICAZIONE Reinova: la visione di Corcione FOCUS BU Power Systems Italia: parola di Tummarello, Ceo Rehlko: nei meandri del renaming EIMA Panoramica: un record tira l’altro BU Power Systems: forte sui piccoli e sui grandi Cummins: in salute, e controcorrente Deutz: il 7,7, l’enfant prodige e l’H2 FPT Industrial e i due pilastri della strategia Pitteri Violini: JCB Powertrain, Isuzu e Kioti Rama Motori: il JD4 ha incontrato Ocmis VM: all-in: Stage V, ibrido, idrogeno Volvo Penta: dual fuel e Bess RUBRICHE Editoriale; Hi-Tech; Automotive; VeT Network; Oem&motori
Tra gli argomenti di questo numero:
PREMIAZIONI
Diesel of the Year: HD Hyundai Infracore DX
Alternative Engine Award: FPT Industrial XCursor 13
GENERAZIONE
Bruno Generators: galassia di competenze
Isotta Fraschini & Ecomotive: insieme, per il multi-fuel
ELETTRIFICAZIONE
Reinova: la visione di Corcione
FOCUS
BU Power Systems Italia: parola di Tummarello, Ceo
Rehlko: nei meandri del renaming
EIMA
Panoramica: un record tira l’altro
BU Power Systems: forte sui piccoli e sui grandi
Cummins: in salute, e controcorrente
Deutz: il 7,7, l’enfant prodige e l’H2
FPT Industrial e i due pilastri della strategia
Pitteri Violini: JCB Powertrain, Isuzu e Kioti
Rama Motori: il JD4 ha incontrato Ocmis
VM: all-in: Stage V, ibrido, idrogeno
Volvo Penta: dual fuel e Bess
RUBRICHE
Editoriale; Hi-Tech; Automotive; VeT Network; Oem&motori
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OTTOBRE GENNAIO-FEBBRAIO
2023 2025
N° 10 1-2
EURO 5,00
IL VENTO
DELL’EST
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com
ISSN 0042 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
art. 1, comma 1, LO/MI
• LE PREMIAZIONI DEL
DIESEL OF THE YEAR
E DELL’ALTERNATIVE
ENGINE AWARD
• UN’EIMA TUTTA DA
RACCONTARE.
POWERTRAIN NON
SI TIRA INDIETRO
• STORYTELLING:
BRUNO, BU POWER,
ECOMOTIVE E ISOTTA,
REHLKO, REINOVA
Gennaio-Febbraio 2025
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SOCIAL:
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8
34
18
30
Engine Type
Bore x Stroke (mm)
Displacement (Liters)
Maximum Output
Dimension (mm) LxWxH
Emission
Aftertreatment
Application
HD Hyundai Infracore Co., Ltd.
13F, H
In line 6-cylinder
123 x 155
[Vehicle]
408 PS@2,000 / 1,700 N.m@1,200
[Generator]
60 Hz : PRP 282kWm, COP 226kWm
50 Hz : PRP 256kWm, COP 205kWm
1,326 x 1,020 x 1,222
Euro 6 (Zero-CO2)
Tier 4F / Stage V
DOC+SCR for Vehicle
No ATS for Generator
Vehicle / Generator
D Hyundai Group’s Global R&D Center, 477, Bundangsuseo-ro
Bundang-gu, Seongnam-si, Gyeonggi-do, Korea(13553)
T : +82-32-211-1114 E : enginesales@hd.com
www.hd-hyundaiengine.com
11.1
2024
IL SONDAGGIO
DEL MESE
Df?
Rispondi su
powertrainweb.it
Il sondaggio non ha valore statistico. Le rilevazioni
non sono basate su un campione scientifico
LE RISPOSTE DI
NOVEMBRE-DICEMBRE
Dopo il marino, il terrestre.
I venti di crisi dalla Germania
stimoleranno il diesel-elettrico
nell’agricolo e nel movimento
terra?
56%
sì
44%
no
PREMIAZIONI
8. Diesel of the Year:
HD Hyundai Infracore DX
10. Alternative Engine Award:
FPT Industrial XCURSOR 13
GENERAZIONE
14. Bruno Generators:
Galassia di competenze
18. Isotta Fraschini & Ecomotive:
Insieme, per il multi-fuel
ELETTRIFICAZIONE
22. Reinova:
La visione di Corcione
FOCUS
26. BU Power Systems Italia
Parola di Tummarello, Ceo
30. Rehlko:
Nei meandri del renaming
EIMA
34. Panoramica:
Un record tira l’altro
38. BU Power Systems:
Forte sui piccoli e sui grandi
39. Cummins:
In salute, e controcorrente
40.Deutz:
Il 7,7, l’enfant prodige e l’H2
41. FPT Industrial:
E i due pilastri della strategia
42. Pitteri Violini:
JCB Powertrain, Isuzu e Kioti
43. Rama Motori:
Il JD4 ha incontrato Ocmis
44. VM:
All-in: Stage V, ibrido, idrogeno
45. Volvo Penta:
Dual fuel e Bess
RUBRICHE
4. Editoriale 6. Hi-Tech
12. Automotive 46. VeT
50. Oem&motori
SOMMARIO
3
DIALOGO STRATEGICO
T
anto tuonò che piovve, disse
Socrate. Anche se, commenterebbe
Eric, rivolto a Sarah, nel film
culto “Il Corvo”, non può
piovere per sempre… Due citazioni per
introdurre l’apertura della presidente della
Commissione europea, Ursula von der
Leyen, alla revisione dell’incubo “phase out”
(i sonni agitati sono quelli dei costruttori di
automobili europei, dal management alla
manodopera). Inutile ricordarlo, il bando
categorico al motore endotermico dal 2035.
Un decennio, in termini ingegneristici e
infrastrutturali praticamente dopodomani.
«Ogni settore ha esigenze diverse. E ogni
settore avrà il suo percorso individuale
per essere pulito e competitivo» è il
succo del von der Leyen pensiero. Da
traghettatrice della decarbonizzazione a
crocerossina dell’agonia automobilistica
della Vecchia Europa. Sull’editoriale di
novembre abbiamo citato la bomba H
pronta ad esplodere, un ordigno di nome
Volkswagen. L’Ebit di Mercedes-Benz è
definito significativamente inferiore a quello
2023, anch’esso sintomatico dell’annuncio
shock di una riduzione dei costi nell’ordine
di diversi miliardi di euro all’anno. Infine,
Carlos Tavares se n’è andato, in anticipo
rispetto al calendario contrattuale. «Nelle
ultime settimane sono emersi punti di vista
diversi», ha commentato John Philip Jacob
Elkann, il presidente di Stellantis. Diciamo
che il tonfo americano (meno 18%), che si
è udito nonostante il tracollo generalizzato
delle vendite, ha contribuito a diversificare
i punti di vista. La Repubblica Ceca ha
fatto fronte comune con l’Italia, stilando un
documento in cui sottolinea l’urgenza di una
gamma più ampia di soluzioni. In una parola,
neutralità tecnologica, che ammicca agli
e-fuel e ai biocombustibili. oltre ai veicoli
elettrici a batteria e alle auto a idrogeno.
Praga e Roma auspicano che la revisione
da parte della Commissione sia anticipata
al 2025. Una posizione allineata a quella
del gruppo egemone all’Europarlamento,
i popolari, guidati da Manfred Weber. La
formula auspicata tra i banchi di Strasburgo
è quella di un “dialogo strategico sul futuro
dell’automotive”, e la presentazione “entro i
primi 100 giorni della nuova Commissione”
di un “Clean industrial deal”, che riscriva
il patto tra politica, industria e opinione
pubblica. Cosa ne sarà di questo possibile
strappo, non ci è dato saperlo. Di sicuro,
le ricadute di una democratizzazione del
consumo di biofuel avrebbe una ricaduta sui
costruttori di motori e sull’R&D (e i bilanci)
degli Oem del settore industriale.
EDITORIALE
4
diesel of the year. HD Hyundai Infracore
COLPO
GROSSO
HD Hyundai Infracore si è aggiudicata il Diesel
of the Year 2025 con il DX05 e il DX08.
La canna modulare da 1,25 litri si applica al 4
e al 6 cilindri in linea. La cerimonia si è tenuta
alla Sala Quadriportico di Bologna Fiere.
Ha ritirato la targa Wook Jung, Vice President,
Engine Development dell’azienda coreana
TERRA
La bandiera della Corea del Sud sventola sul pennone
del Diesel of the Year. Come anticipato
nell’uscita di novembre e sulle piattaforme web,
la serie DX05 e DX08 ha ricevuto l’investitura della
diciottesima edizione del DotY. La platea dell’EIMA
ha benedetto la premiazione, avvenuta alla Sala Quadriportico
di Bologna Fiere. Se Goldoni ha apprezzato
i compatti della serie G2, tra gli espositori della kermesse
bolognese si annidano potenziali estimatori del
5 e del 7,5 litri? La canna da 1,25 litri, modulare a 4 e
6 cilindri, si orienta naturalmente verso le applicazioni
del movimento terra, in ragione dell’impronta della casa
4 E 6 CILINDRI DA 1,25 LITRI
madre, che annovera tra le sue fila Bobcat, Develon e
Hyundai CE. Al Key Energy di Rimini abbiamo discusso
dell’allestimento per gruppi elettrogeni. La potenza
di fuoco c’è, la flessibilità pure. Quest’ultimo concetto
inteso come elasticità nella configurazione delle periferiche
e nell’adattamento delle curve specifiche in base
Marca HD HYUNDAI INFRACORE HD HYUNDAI INFRACORE
Modello DX08 DX05
CARTA D’IDENTITÀ
A x C mm - C/A 110 x 132 - 1,20 110 x 132 - 1,20
N. cilindri - litri 6 - 7,52 4 - 5,01
Potenza intermittente kW - rpm 254 - 1.800 171 - 1.900
Pme bar 22,9 22
Velocità lineare pistone m/s 7,9 8,4
Coppia max Nm - rpm 1.460 - 1.200 951 - 900
Pme a coppia max bar 24,9 24,3
Riserva di coppia % 47,6 45,5
Coppia a potenza max Nm 1.343 862
% Potenza a coppia max (kW) 72,3 (184) 52,50 (90)
NELLO SPECIFICO
Potenza kW/litro 33,7 34,1
Coppia Nm/litro 193,9 189,5
Potenza areale kW/dm 2 44,56 45
METRO E BILANCIA
Peso kg 813 688
L x W x H mm 1.143x833x1.210 992x854x1.169
Ingombro m 3 1,15 0,99
Massa/potenza kg/kW 3,2 4
Densità globale kg/litri 108 137,1
Densità di potenza kW/m 3 220,9 172,7
Densità assoluta t/m 3 0,71 0,69
Densità relativa litri/m 3 6,55 5,07
al ciclo di lavoro. La curva di coppia del 5 litri di per
sé aggancia il massimo punto nominale a 900 giri e rimane
stabile fino a 1.400 giri. La riserva di coppia delle
due cubature è del 46% circa. Con una oculata gestione
della centralina elettronica, nelle corde del costruttore
coreano, la scalabilità delle prestazioni diventa una delle
frecce nell’arco di Hyundai Infracore. Due direttrici
indicano la curvatura di un progetto propulsivo, legato
alla trazione: la gestione software e le connessioni alla
elettrificazione. In Corea non mancano né l’una, né l’altra.
Delle specifiche tecniche abbiamo parlato e parleremo.
Nelle tabelle trovate l’usuale declinazione che la
nostra rivista applica dalla fine degli anni ’80. Diamo
dunque spazio agli atti cerimoniali, cioè a un estratto
delle motivazioni del premio, che lo contestualizzano in
una cornice storica, e al discorso di Hyundai Infracore.
POWERTRAIN e HD Hyundai Infracore
Secondo Fabio Butturi, direttore di POWERTRAIN,
«il prestigio di una nazione è misurato in base alla
sua influenza sulla scena globale. Gli indicatori economici
da soli non raccontano tutta la verità. Durante
i Giochi Olimpici della scorsa estate a Parigi, un
piccolo Paese con una popolazione di soli 51 milioni
di abitanti si è assicurato l’ottava posizione nel medagliere.
Vi ricordate fenomeni come i film di Kim
Ki-duk e il K-pop? L’elettronica, le telecomunicazioni,
batterie ed elettrificazione, digitalizzazione: in tutti
questi ambiti la Corea del Sud ha lasciato il segno.
Il Diesel of the Year ha premiato l’innovazione di un
marchio che, oltre dieci anni fa, ha introdotto la serie
G2, compatti sempre aggiornati per assecondare le
richieste del mercato e le normative sulle emissioni.
La serie DX, unità a 4 e 6 cilindri con canna da 1,25
litri, è orientata al futuro, con camere di combustione
e risposta ai transitori ottimizzate, versatilità applicativa,
caratteristiche rese possibili dagli HLA, i
regolatori idraulici, e dalle molteplici configurazioni
della presa di forza. Il design è compatto, il turbo è a
doppio stadio, gli intervalli di manutenzione dei filtri
carburante e olio saliti da 500 a 1.000 ore. Già configurato
per applicazioni di generazione di energia con
G-Drive, non escludiamo la marinizzazione. Il driver
di un attore di primo piano nello scenario tecnologico
è avere un’ingegneria in grado di ottimizzare i tempi
di R&D e il time to market per qualsiasi carburante
alternativo e qualsiasi altro progresso tecnologico».
La parola a Wook Jung, Vice President, Engine Development
Department di HD Hyundai Infracore. «Sono
davvero felice di trovarmi qui, oggi, onorato di ricevere
il Diesel of the Year per i nostri motori DX05 e
DX08. Questi motori rappresentano un significativo
salto di qualità nella nostra famiglia di motori, progettati
per migliorare le prestazioni e l’efficienza rispetto
ai modelli precedenti. Sviluppati per un’ampia
gamma di applicazioni, dalle macchine edili agli autocarri
e ai generatori per impieghi gravosi, i motori
DX05 e DX08 sono destinati a ridefinire gli standard
di versatilità e affidabilità.
Nello sviluppo di questi motori, l’attenzione è stata
rivolta soprattutto alle prestazioni e all’efficienza dei
consumi. Abbiamo impiegato un turbocompressore a
due stadi che non solo aumenta la potenza del 23%
rispetto ai modelli precedenti, ma migliora anche la
coppia ai bassi regimi. Abbiamo inoltre migliorato
l’efficienza dei consumi fino all’8% rispetto ai modelli
precedenti, grazie a tecnologie di combustione avanzate,
sistemi ottimizzati di iniezione del carburante e
una gestione dell’aria migliorata.
Le notevoli caratteristiche di questi motori sono in
grado di migliorare significativamente il vantaggio
competitivo dei prodotti dei nostri clienti. Siamo certi
che questi motori daranno un contributo sostanziale
al settore, offrendo prestazioni, efficienza e sostenibilità
ambientale senza precedenti. Ritengo che siamo
riusciti a ricevere questo onorevole riconoscimento
grazie al duro lavoro e alla dedizione di tutto il nostro
team. Questo dimostra il nostro impegno per l’innovazione
e la sostenibilità. Sono molto orgoglioso di ciò
che abbiamo realizzato».
In alto due
momenti della
premiazione.
A sinistra, Wook
Jung, Vice
President, Engine
Development
Department,
e Hanyoung
Jung, Head of
Engine Division
di HD Hyundai
Infracore, tra i
fratelli Giovanni
ed Enzo Galanto,
di Socoges. Qui
sopra, il ritiro
della targa, al
Quadriportico.
6
7
alternative engine award
FPT INDUSTRIAL
XCURSOR 13
Agnostico, flessibile e multicarburante.
Questa triade identifica la natura e la missione
dell’Alternative Engine Award. In questo ritratto
abbiamo riconosciuto il profilo dell’XCursor
13 di FPT Industrial. Concepito per il gasolio,
completamente aggiornato nelle budella e negli
organi vitali, incline per vocazione familiare al
gas, quindi anche al biometano, si prepara per
l’idrogeno. Ha ritirato la targa Daniele Pozzo, Head
of Marketing & Product Management di FPT
TERRA
FPT Industrial ha maturato un’estrema confidenza
con il Diesel of the Year. Si è aggiudicata
l’edizione 2008, con l’F32, quella del
2014, col Cursor 16, ha infine siglato la tripletta
nel 2020, con l’F28. L’affinità con questo genere
di riconoscimenti, che valorizza l’innovazione
nella calibrazione degli endotermici, l’ha condotta
a fare sua la primissima volta dell’Alternative Engine
Award. Abbiamo presentato il neonato premio
nelle recenti uscite di POWERTRAIN.
Affidiamo i dubbi residui a un estratto del discorso
che la redazione ha rivolto ai vincitori. Che
cos’è un motore alternativo? È la carta vincente
per rilanciare le quotazioni dell’endotermico. Deve
essere agnostico, flessibile, compatto, multicarburante.
Un alternativo è compatibile con diverse
tipologie di combustibile, quali HVO, biometano,
idrogeno, senza stravolgere il motore stesso e il layout
dell’applicazione. Deve rivelarsi convincente
nella potenza specifica e nel momento torcente,
oltre a distinguersi in valori come il rapporto pesocilindrata
e la densità di potenza.
Le tecnologie alternative si prestano sicuramente
all’universo off-highway quanto alle applicazioni
stradali e per la generazione di potenza. Senza
dimenticare il settore marino, dove le opzioni
del metanolo e dell’ammoniaca si stanno facendo
strada.
Segnali dalle quattro ruote?
La flessione dell’industria automobilistica europea
potrebbe accelerare il ripensamento della
transizione e segnare il riscatto del motore a combustione
interna? Le risposte sono necessarie in
tempi stretti, senza affidarsi alla pietra filosofale
del cosiddetto “game changer”, alla tecnologia
che sconvolge gli equilibri e alla maturazione
delle infrastrutture di trasformazione, stoccaggio
e rifornimento dell’energia. Nella valutazione del
premio, abbiamo pensato a un blocco motore che
ha dimostrato la sua affidabilità sia su strada che
fuori strada.
Il doppio stadio ha fatto 13
Prendete un diesel da 13 litri, una fascia affollata
e competitiva, in grado di gestire la sovralimentazione
a doppio stadio e con un common rail ultrareattivo.
Questo motore ha accumulato milioni e
milioni di chilometri con i camion a lungo raggio
e ha arato milioni di ettari di terreno sui trattori da
campo aperto. Non c’è applicazione che non lo abbia
visto in cabina di regia, anche tra gli stazionari
e i marini. È stato implementato il sistema di attuazione
delle valvole per massimizzare la potenza
di frenata, che consente di evitare il retarder in
molte applicazioni stradali. La cura dimagrante per
la versione 2024 di Iveco gli ha fatto risparmiare
oltre 100 chili, a beneficio della capacità di carico.
Hanno aggiunto un turbo dual flow a controllo
elettronico con cuscinetti a sfera, che ottimizza il
flusso d’aria e quindi anche il consumo di carburante.
La pressione del common rail è passata
da 2.200 a 2.500 bar e la pressione di picco del
cilindro sale a 250 bar. Il motore consuma il 9%
di gasolio in meno rispetto al Model Year 2019 di
Iveco. La versione a gas naturale/biometano con-
suma il 10% in meno rispetto all’equivalente del
2019. Passiamo all’idrogeno. All’IAA, Iveco ha
esposto un camion con l’XCursor 13 nella versione
a idrogeno. Lo stesso motore che da tre anni è
messo alla frusta sulla neve nella catena cinematica
di una battipista.
Daniele Pozzo
Chi ha ritirato la targa? Daniele Pozzo, Head of
Marketing & Product Management di FPT Industrial,
il nostro Cicerone alle recenti fiere, per
esempio al citato IAA.
«L’XCursor 13 non è semplicemente un altro motore,
riflette il nostro impegno per l’innovazione,
l’adattabilità e il nostro sforzo concreto per contribuire
alla decarbonizzazione. Questo impegno
è evidente nel ruolo di FPT Industrial, che è stata
la prima a portare la tecnologia multicarburante
sul mercato dei motori industrial con i migliori
prodotti pronti per l’installazione.
L’XCursor 13 è il primo motore multicarburante
di FPT Industrial ricavato dallo stesso monoblocco,
progettato per funzionare con gasolio e
gas naturale, compreso il biometano, idrogeno e
carburanti rinnovabili. Questo motore copre più
segmenti, è adatto a missioni sia su strada che
fuori strada ed è pronto a soddisfare le richieste
e i cambiamenti del mercato. Combina prestazioni
elevate con un peso e consumi di carburante
ridotti, offrendo una maggiore durata e riducendo
il costo totale di proprietà. Le ultime versioni
dell’XCursor sono state progettate per soddisfare
gli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni di
CO 2
e per prepararsi alle normative future.
Come parte del Gruppo Iveco, sfruttiamo la nostra
esperienza nelle applicazioni su strada, affrontando
i tagli di CO 2
con anni di anticipo, per sviluppare
soluzioni innovative per le macchine off-road.
Se consideriamo il XCursor 13, abbiamo ottenuto
una riduzione del 9% per le applicazioni camionistiche
e stiamo lavorando per trasferire questi benefici
anche al settore delle macchine industriali.
Più di un motore, una strategia
L’XCursor 13 riflette perfettamente la strategia di
FPT Industrial, basata su due pilastri principali:
- primo, continueremo a migliorare i motori a
combustione interna per renderli più efficienti e
sostenibili;
- in secondo luogo, ci impegniamo a investire in
sistemi di propulsione alternativi per rimanere
all’avanguardia nella transizione energetica.
Questo duplice approccio ci consente di raggiungere
gli attuali obiettivi di riduzione delle
emissioni di CO 2
, preparandoci al contempo alle
normative future. La vittoria della prima edizione
dell’Alternative Engine Award conferma che la decisione
di investire in un approccio multi-energia
è quella giusta. Voglio condividere questo premio
con tutti i miei colleghi che hanno contribuito alla
realizzazione di questo prodotto».
Daniele Pozzo,
ingegnere,
un curriculum
formativo tra il
Politecnico di
Torino e l’SDA della
Bocconi. Presso
FPT Industrial
ricopre l’incarico di
Head of Marketing
and Product
Management.
Nella foto a
sinistra, riceve la
targa da Maria
Grazia Gargioni, di
POWERTRAIN.
8
9
Horizon Europe BeBop
FPT Industrial al Bauma Shanghai
METANOLO
DA BIOMASSA
EU CORE Consulting, insieme
al Politecnico di Milano, ha
annunciato l’avvio del progetto
Horizon Europe BeBOP. L’obiettivo
è quello di produrre biometanolo.
Tra le caratteristiche di processo,
l’integrazione in serie della cella
elettrolitica e del reattore di
metanolo
HI-TECH
Dalle parole (tante) ai fatti
(pochi, finora). Ci riferiamo
alle vagheggiate potenzialità
dei combustibili di origine
non fossile. È il caso dell’etanolo,
che in Brasile è di casa, anche
in ragione delle distese di canna
da zucchero, materia prima da cui
ricavarlo al pari di mais, amido,
sorgo, patate, frumento. I fatti ci
cui vi parliamo sono riferibili a
EU CORE Consulting che, insieme
al Politecnico di Milano, ha
annunciato l’avvio ufficiale del
progetto Horizon Europe BeBOP.
In questo caso non si parla di
etanolo ma di metanolo. Si tratta
infatti di un progetto ambizioso,
finanziato con oltre 11 milioni
di euro, che mira ad accelerare
la transizione verso combustibili
a zero emissioni, sviluppando e
testando un impianto per la produzione
di metanolo da biomassa
ad alta efficienza, circolare, flessibile
ed economicamente vantaggioso.
«Il cambiamento climatico richiede
l’impiego di fonti energetiche
più pulite nei settori
dell’energia elettrica, dell’industria
e dei trasporti, oltre ad un
uso più efficiente delle risorse. Il
bio-metanolo (prodotto da biomassa)
e l’e-metanolo (prodotto
da elettricità) possono svolgere
un ruolo chiave nella decarbonizzazione
dell’industria chimica
e dei settori del trasporto difficili
da elettrificare (hard-to-abate)»,
affermano Martina Fantini di
EU CORE e Matteo Romano del
Dipartimento di Energia del Politecnico
di Milano, coordinatori
del progetto BeBOP. «Oggi il metanolo
è essenziale per il settore
chimico, ma la maggior parte di
esso viene ancora prodotto a partire
da combustibili fossili, con
conseguenti significative emissioni
di CO 2
. Sostituire le materie
prime fossili con biomassa sostenibile
rappresenta un’alternativa
“green”. Tuttavia, i processi
convenzionali di conversione
biomassa-metanolo risultano essere
“carbon-inefficient”, poiché
rilasciano la maggior parte del
carbonio biogenico nell’atmosfera
sotto forma di CO 2
. BeBOP
sperimenterà invece un processo
innovativo progettato per minimizzare
le perdite di carbonio
e massimizzare la produzione di
metanolo per unità di biomassa
utilizzata».
In questo contesto, il progetto
BeBOP, finanziato dall’Unione
Europea e composto da 12
partner provenienti da 7 Paesi,
lavorerà per 4 anni allo sviluppo
di un impianto pilota di conversione
della biomassa in metanolo
presso il VTT Research Centre in
Finlandia. L’impianto integrerà la
gassificazione della biomassa, sistemi
avanzati per la purificazione
del syngas, una cella elettrolitica
ad alta temperatura (SOC)
e un’unità di sintesi catalitica di
metanolo. Tra le caratteristiche
più innovative vi è l’integrazione
in serie della cella elettrolitica e
del reattore di metanolo. Questa
integrazione consentirà di conseguire
significativi progressi nella
transizione dell’industria di processo
verso soluzioni sostenibili,
aumentando di oltre il 100% l’efficienza
nell’utilizzo della risorsa
biogenica.
Il sistema permetterà di raddoppiare
la produttività dell’impianto,
di raggiungere un’efficienza
nel recupero del carbonio biogenico
superiore al 95%, di recuperare
sostanze di alto valore
dai residui della gassificazione
della biomassa e di operare in
modo flessibile a supporto della
rete elettrica, rispondendo alle
variazioni di prezzo dell’elettricità
e alla disponibilità di energia
rinnovabile.
Il progetto ha il potenziale per
evitare oltre 30 milioni di tonnellate
di emissioni di CO 2
all’anno.
L’impatto del progetto BeBOP
andrà oltre i suoi obiettivi immediati,
mantenendo la qualità del
prodotto finale a costi competitivi,
riducendo le emissioni di gas
serra, abbassando i costi di produzione
del metanolo e creando
nuovi posti di lavoro diretti e indiretti.
Inoltre, il progetto affronta
aspetti di circolarità riguardanti
il settore chimico in ambito europeo,
supportando attivamente gli
obiettivi di neutralità climatica
dell’Unione Europea e gli Obiettivi
di Sviluppo Sostenibile delle
Nazioni Unite.
ASSE ALLA SPINA
Dal 26 al 29 novembre 2024 FPT Industrial ha
partecipato al Bauma China. Presenti l’F28, l’F36 e
l’N67. In rappresentanza degli assali elettrici c’era
l’eAX 375-R, avvistato in anteprima allo IAA
FPT Industrial è sbarcata con
una rappresentanza di endotermici
e con una mano tesa
agli OEM locali, impegnati a declinare
le applicazioni stradali e
industriali secondo il paradigma
BEV. Perché non bastano i layer,
assemblati strato a strato nel
pacco batterie, per attaccare la
spina. La powertrain elettrica di
FPT Industrial era rappresentata
dall’eAX 375-R, che ha fatto
Il Gruppo Carraro si è affidato a
Windchill per gestire il ciclo di vita
dei suoi prodotti. Questo è il nome
della piattaforma PLM (Product
Lifecycle Management) di PTC.
Carraro ha deciso di integrare
Windchill in tutti gli stabilimenti, al
fine di creare sinergie e favorire
la collaborazione tra i vari reparti
di R&D e progettazione. Oltre a
ripensare i processi di gestione
del ciclo di vita del prodotto
in ottica di efficientamento e
incremento del valore aggiunto.
«Con Windchill siamo riusciti a
il suo debutto europeo all’IAA.
L’assale si presta a equipaggiare
veicoli medi e pesanti in configurazione
4×2 e 6×2 con massa
a pieno carico fino a 29 tonnellate,
e veicoli in configurazione
6×4 con massa a pieno carico
fino a 49 tonnellate, così come
per autobus turistici e interurbani.
L’architettura sviluppata
dall’ingegneria di FPT Industrial
rende l’assale elettrico scalabile
Anche in Cina
FPT Industrial
ha portato un
mix di elettrico
e tradizionale
(s’intende un
campione degli
endotermici).
Per la trasformazione digitale Carraro ha scelto Windchill
integrare efficacemente CAD
e EBOM per la gestione del
prodotto, colmando quel gap
che, normalmente, sussiste nel
passaggio dall’idea al prodotto
e rendendo centrale l’attività del
progettista; con questo ambiente
di collaborazione abbiamo
anche favorito l’interazione tra
le funzioni in modo da ridurre le
criticità nel flusso che raccorda la
progettazione e la produzione»,
ha affermato Cristiano Grassi,
Head of Applications for Industry
4.0 di Carraro Group.
e flessibile per rispondere ai vincoli
dettati dagli specifici sistemi
di propulsione. Grazie alla trasmissione
multi-velocità, l’eAX
375-R assicura prestazioni ed
efficienza. La coppia trasmessa
alle ruote, fino a 30.000 Nm, e
la durata, fino a 1.600.000 chilometri
(variabile in funzione del
tipo di impiego), consentono di
garantire operatività in qualsiasi
condizione di impiego.
Tavares non brilla più nel firmamento Stellantis
Il Consiglio di Amministrazione di
Stellantis, sotto la presidenza di John
Elkann, ha accettato le dimissioni
di Carlos Tavares dal suo ruolo di
amministratore delegato con effetto
immediato. Sarà che gli adagi popolari
non sempre ci beccano, ma la relazione
tra Carlos Tavares e Stellantis è stata
meno idilliaca di quella con il Gruppo
PSA. Quella che è sembrata un’opa
ostile a FCA da parte dell’entità a
trazione transalpina (PSA comprende
anche Opel e Vauxhall) si è rivelata
un boomerang. Il piede in America,
con Chrysler e Jeep, è sempre più
traballante, il nodo occupazionale è
tutto da sciogliere, l’elettrificazione
pesa sui conti e i rapporti con il governo
italiano sono eufemisticamente tesi.
Ad ottobre il manager portoghese, con
formazione universitaria parigina, sbottò
con una rivelatrice esternazione: «Altri
hanno creato il caos e voi chiedete
a me di risolvere la situazione e di
garantire posti di lavoro. Non sono un
mago, sono un essere umano come
voi». Il processo di nomina del nuovo
amministratore delegato permanente è
in corso, gestito da un comitato speciale
del Consiglio di amministrazione, e
si concluderà entro la prima metà del
2025. Fino ad allora, sarà istituito un
nuovo comitato esecutivo ad interim,
presieduto da John Elkann. Stellantis
conferma le indicazioni presentate alla
comunità finanziaria il 31 ottobre 2024,
per quanto riguarda i risultati dell’intero
anno 2024. Stellantis, si è liberata degli
asset non automobilistici, liberandosi di
Magneti Marelli e di Comau, per citare
i due esempi più clamorosi. Rimane da
chiarire la situazione di VM Motori. A
inizio anno avevamo riportato il tam tam
che voleva due entità piuttosto vicine ad
accaparrarsi l’azienda di Cento.
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bev. Uno studio tedesco
BATTERIE
INSTANCABILI
Addio timore che il pacco accumulatori abbia
vita breve. Un whitepaper documentato su
più di 7mila auto elettriche dimostra che il
degrado è molto minore di quello stimato
dagli studi teorici. E che i 300mila chilometri
sono un traguardo raggiungibile senza stress
In apertura, il taxi
NIO alle prese
con la sostituzione
della batteria
(battery swapping)
a Stoccolma. Qui
a sinistra, lavori
in corso su una
Rimac. In basso,
batterie BYD.
AUTOMOTIVE
Gira che ti rigira…”, come canta Claudio
Baglioni da più di mezzo secolo, se il tema
sono le auto elettriche la domanda arriva.
«Sì, vabbè, ecologica, silenziosa, a buon mercato da
ricaricare. Ma ’sta batteria quanto dura?». Dubbio
che nasce dalle leggende metropolitane che spopolano
sui social, a partire dallo scozzese che avrebbe
firmato pagato 19mila euro per sostituire il pacco
batterie della propria Tesla S danneggiato da un’infiltrazione
di umidità. Cifre esagerate? Fino a un
certo punto: Elon Musk continua a ripetere che lo
swap delle sue batterie costerebbe tra 5 e 7mila dollari,
ribadendo che comunque sono garantite per 8
anni e almeno 160mila chilometri. Ma è un dato di
fatto che in Europa per il trapianto su una Model Y,
la Tesla più venduta al mondo nel 2023, ci vogliono
almeno 9.200 euro. E non è un caso che la start-up
cinese NIO, che ha fatto dello swap automatizzato
della batteria in 4 minuti l’asset fondamentale, nel
2023 abbia piazzato 450mila auto (anche in Scandinavia)
e i dati 2024 parlino di una crescita mese su
mese dell’11%, con un picco nello scorso settembre
del 35%, tanto da far schizzare in alto di oltre
l’80% il titolo a Wall Street. A cambiare le carte in
tavola è arrivato, a fine 2024, il whitepaper della
società di consulenza tecnologica tedesca P3 Group
che, guarda caso, ha il suo headquarter a Stoccarda,
in una posizione strategicamente baricentrica tra il
quartier generale di Mercedes-Benz nel sobborgo di
Bad Cannstatt e l’ufficio ricerca e sviluppo di Porsche
a Zuffenhausen. Un team di tedeschi pignoli
che è andato ad analizzare la salute di oltre 7mila
auto elettriche e ha concluso, senz’ombra di dubbio,
che non solo i pacchi di batterie non si rompono,
ma che la loro capacità si mantiene nel tempo tanto
da restare efficienti per oltre 300mila chilometri,
senza cali significativi. Una ricerca sul campo che,
per la prima volta, permette di adeguare in base a
dati concreti la stima del cosiddetto SoH (“State of
Health”, stato di salute), l’aspettativa di vita delle
batterie.
L’invecchiamento delle batterie
La domanda che si sono posti i tecnici di P3 Group
è stata: quanto è rilevante, nella pratica, l’invecchiamento
delle batterie? E si sono mossi con due
diversi approcci. Innanzitutto, è stato analizzata la
salute dei pacchi di accumulatori di 50 mezzi della
flotta di BEV con età compresa tra 3 e 5 anni impiegata
dalla società stessa ed è stata costruita una
griglia di correlazione con i comportamenti di uso e
ricarica dei guidatori. L’obiettivo era quello di raccogliere
informazioni sul maggior numero possibile
di profili di guida e di ricarica, da un lato, nonché di
valutare le differenze di resa tra i diversi tipi di batteria
e i software di controllo installati. Avvalendosi
del supporto di Aviloo, società austriaca leader nella
diagnostica delle batterie, P3 Group ha condotto
così oltre 60mila test di capacità degli accumulatori.
Nella seconda fase è stato installato a bordo di oltre
7mila BEV un OBD sviluppato da Aviloo e in grado
di valutare in tempo reale lo SoH delle batterie,
trasmettendo in continuo i dati al server centrale,
così da monitorarne passo passo lo stato di salute.
Un passo avanti sperimentale decisivo, visto che gli
studi finora condotti si basavano sull’analisi di una
singola cella o di un numero limitato di elementi.
Il whitepaper di P3 Group documenta come il
degrado della capacità della batteria acceleri nei
primi 30mila chilometri, poi si stabilizzi e prosegua in
modo quasi lineare, ma con un tasso di decadimento
significativamente inferiore rispetto alla fase
iniziale. Risultato che ha una precisa spiegazione
elettrochimica: nei primi cicli sull’anodo si forma il
cosiddetto strato SEI (Solid Electrolyte Interphase)
in seguito al quale il litio è “consumato” o convertito
in prodotti di degradazione, amplificando la perdita
di capacità.
La prova del SEI
Una volta che lo strato SEI si è stabilizzato, la perdita
di capacità rallenta. E il trend è chiaro: la maggior
parte dei valori rilevati nel corso dei test è superiore
all’80% di SoH, anche dopo oltre aver girato la
boa dei 200mila chilometri. La linea di tendenza
determinata con la regressione mostra che lo SoH
rimane stabile anche per percorrenze elevate da
200mila a 300mila chilometri e che le batterie testate
hanno una longevità sorprendentemente buona. Dati
che, messi a confronto con quelli rilevati sulla flotta
di BEV di P3 Group, risultano pienamente coerenti
e confermano una durabilità reale delle batterie di
molto migliore rispetto a quella finora stimata.
I test sul campo hanno confermato inoltre due aspetti
meno noti: in caso di inutilizzo prolungato i due
fattori determinanti per minare la salute della batteria
sono le temperature esterne elevate (maggiori di 60°
C) e lo stato di carica, che andrebbe limitato al range
10-50%. Nell’uso continuato, invece, oltre alle
temperature estreme, sopra e sottozero, emergono
due altri fattori: il frequente ripetersi di ricariche
rapide e lo sfruttamento al limite della capacità
elettrica, che idealmente non dovrebbe mai scendere
sotto il 20% e superare l’80%. I dati di P3 Group
sono un’ottima notizia non solo per i proprietari di
BEV e le compagnie specializzate nelle garanzie
per i costruttori. Ma soprattutto per l’ambiente e
il valore dell’usato a fine vita: nel pianale di gran
parte delle auto elettriche avviate alla rottamazione
è infatti custodito un pacco batterie che può avere
un’esemplare “second life” nei dispositivi di
accumulo statico di rete o per l’alimentazione di
sistemi di continuità elettrica.
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bruno generators group
GENERAZIONE
ITALIANA
La parabola di Bruno Generators è descritta
dalla vocazione all’innovazione, che sottrae
questa formula allo stereotipo. Con l’avvento di
Space Capital Club le potenzialità della creatura
di Renato Bruno sono sempre più attualizzate.
Ci accompagna in questa spedizione tra la
generazione di potenza Made in Italy addirittura
Giorgio Paris. Dopo il pensionamento dal CdA
di Volvo Penta, sta onorando la sua nuova
posizione di Co-Ceo di BGG
STAZIONARI
Giorgio Paris ha dismesso i panni di “leggenda”,
epiteto affettuoso assegnatogli all’interno
del CdA di Volvo Penta, ma non avrebbe
mai potuto indossare i malinconici abiti mentali
del pensionato. L’imprinting insubre non si cancella
con l’aggiornamento dello stato anagrafico. Nel
maggio del 2022 il fondo Space Capital Club ha
ufficializzato l’ingresso nel capitale di BGG, Bruno
Generators Group. Si è pertanto costituito un nuovo
consiglio di amministrazione, con sede a Tribiano,
vicino a Melegnano, nel contesto operativo della
MT Milantractor. Indovinate un po’ chi ci abbiamo
ritrovato? «Sono entrato nel CdA di BGG su invito
della famiglia Bruno e, successivamente, con
la funzione di Co-Ceo, affiancando Renato Bruno»
precisa Giorgio Paris.
BGG: ritratto di un “gruppo”
La missione e la visione del gruppo sono incernierate
sui cardini della sostenibilità e dell’innovazione.
«Nel 2025 presenteremo il primo bilancio di sostenibilità,
propedeutico al certificato, calendarizzato
nel 2026. Con l’avvento di Space Capital Club, nei
nostri piani strategici la quotazione in Borsa è diventata
l’ambizione che orienta la riorganizzazione
operativa e funzionale del gruppo. Il concetto di
innovazione è nelle corde dell’azienda da tempi non
sospetti e intendiamo conservare la leadership nelle
soluzioni innovative» aggiunge Giorgio Paris. Lo
interrompiamo per contestualizzare il fatidico dogma
dell’innovazione. Sulle nostre pagine abbiamo
associato il nome di Bruno Generators a quello di
Scania per la genesi dei gruppi Stage V nel 2019,
con un empito pionieristico per le consuetudini tendenzialmente
conservatrici della generazione di potenza.
E che dire dell’Hydrogen-Flywheel Tecnogen
da 105 kVA, il gruppo a idrogeno con motore endotermico
sviluppato a quattro mani con Dumarey,
il cui primissimo esemplare in commercio è stato
intercettato dalla John F Hunt Power? E il “disruptive”
(perdonateci l’inglesismo) progetto di genset
ad ammoniaca, presentato insieme a Liebherr al MI-
NExpo2024 di Las Vegas? «Attualmente battiamo
sia la pista delle batterie che quella dell’idrogeno»,
conferma Paris. «Intendiamo replicare questo approccio
e applicare una policy di pratiche responsabili,
nei confronti dei clienti, dei collaboratori e
dell’ambiente.
Più che un gruppo, una holding
BGG è una holding, che controlla società operanti
nella generazione e, più in generale, nell’energia.
È specializzata nella progettazione, costruzione e
distribuzione di gruppi elettrogeni, torri faro, Bess
e prodotti per la sicurezza e la sorveglianza. Fondata
40 anni fa da Antonio Bruno, che inizialmente
installava distributori di benzina, il primo a Grottaminarda,
in provincia di Avellino. Successivamente
ha aperto un negozio di ricambi agricoli, infine ha
inaugurato la stagione dei gruppi elettrogeni. Nella
geografia di BGG, la Tecnogen produce gruppi
a 4 poli fino a 100 kVA e i gruppi a due poli, da
3.000 giri insieme ai Bess (Battery energy storage
systems) e le torri faro, completamente ibridizzate
con tecnologia Led. Due anni fa, il gruppo ha acquisito
la B037, che sviluppa sistemi di sicurezza
e sorveglianza, un prodotto simile alla torre faro,
Con Liebherr e l’ammoniaca
Bruno Generators e Liebherr
Mining Equipment hanno firmato
un accordo di cooperazione
che proietta la formula
dell’ammoniaca nella lavagna
luminosa della transizione
energetica. Un elemento
(chimico e combustivo) finora
ben noto nell’ambiente navale,
parlando di grandi imbarcazioni
da lavoro.
L’ammoniaca, alla pari del
metanolo, veicola idrogeno,
ed è un combustibile
immediatamente spendibile
in camera di combustione.
Per questo motivo, il 24
settembre, in occasione del
MINExpo2024 di Las Vegas, i
segmenti Mining e Components
di Liebherr hanno annunciato
ufficialmente una collaborazione
con Bruno Generators Group.
La piattaforma operativa è
equipaggiato da telecamere sofisticate, a riconoscimento
facciale. La Milantractor, una delle quattro
società di noleggio del Gruppo, si occupa anche di
progetti speciali nell’oil&gas. Le altre società operanti
nel noleggio sono Ocrem per la dorsale adriatica,
la Tiemme Rent è in Toscana, MGE si trova
in Puglia. Gli stabilimenti si trovano tutti in Italia.
La Milantractor nel quadrante sud-est di Milano,
direzione Crema. A Pontenure, vicino a Piacenza,
all’interno de 19mila metri quadri della Tecnogen,
trattiamo lamierature fino a 3 metri per macchine
di medio-bassa potenza, anche a 3.000 giri. La
gamma media da 100 a 500 kVA viene realizzata
a Grottaminarda, in Irpinia, che si estende su
18mila metri quadri. Completa il mosaico produttivo
lo stabilimento di Bari (24mila mq), dedicato
ai gruppi di potenza con un output superiore ai 500
kVA, containerizzati. Produciamo i container intra
moenia, insomma, ci occupiamo noi stessi delle lamierature
e degli involucri. Nell’Unione Europea
abbiamo uffici commerciali in Germania e nel Regno
Unito. Ci rivolgiamo principalmente ai grandi
noleggiatori. Non siamo certamente focalizzati
nelle applicazioni standby, ma su prodotti di fascia
alta. Tecnogen USA è acquartierata nel Delaware.
Risale a due anni or sono l’acquisizione dell’australiana
PowerLite, vicino a Sidney, che realizza
torri faro, che stiamo gradualmente trasformando
in un hub commerciale per l’Oceania». Nel plateau
di acquisizioni del 2023 figura la Powertronix, nei
paraggi di Trezzo d’Adda. L’azienda non si limita a
produrre Ups, ha nelle corde anche la progettazione
e produzione di inverter, componenti essenziali per
l’allestimento dei Bess. Nel corso di questo anno,
BGG ha rilevato la maggioranza di Dynamico dalla
Geminiani, «con un prodotto multipurpose posizionato
come entry-level nella nostra gamma di Bess»,
incentrata sulla convergenza
delle competenze nello studio
della generazione di energia
a basse emissioni.
L’elemento che sconvolge
lo status quo è l’utilizzo
dell’ammoniaca verde come
combustibile. Liebherr ha già
approcciato l’ammoniaca come
fonte di energia per i motori a
combustione interna a doppia
alimentazione.
Del gruppo
alimentato ad
ammoniaca,
trovate i riferimenti
nel box. Bruno
Generators Group
si conferma
quanto mai attivo
su tutti i fronti
della generazione.
Un’accelerazione
è arrivata
dall’ingresso di
Space Capital Club
nella proprietà e
nel CdA capitanato
da Renato Bruno e
Giorgio Paris.
14
15
di BGG tra le torri faro ibride e i Bess, le cui interpretazioni
prototipali risalgono ad oltre un lustro fa.
Nella nomenclatura di Bruno si chiamano Enerpack,
con batterie Archimede e inverter Powertronics: l’escursione
della gamma procede da circa 100 a 500
kVA. Per i picchi di pochi secondi, queste macchine
sono in grado di soddisfare richieste anche doppie
rispetto alla taratura nominale. «È un’applicazione
dal futuro roseo, che negli Stati Uniti quasi coincide
con il presente. Tra le applicazioni del nostro Bess,
le cito le colonnine di ricarica per i veicoli elettrici
di Volvo, automobili, autobus e camion. Abbiamo costruito
un container da 10 piedi, Volvo ci ha fornito
6 batterie Cube da 94 kW ciascuna, raffreddate a
liquido, complete di Bms. Noi abbiamo definito il
layout e installato centralina, progettato l’inverter
Powertronics, impianto antincendio e colonnina di
ricarica. Questa unità è maneggevole e facilmente
trasportabile. Per Volvo è un interessante volano
per la capillarizzazione delle reti di ricarica presso
i concessionari Volvo. All’Ecomondo presenteremo
questo Bess in versione 2.0».
Gruppo
elettrogeno fa rima
con alimentazione.
Non si direbbe?
Qui a sinistra,
un camion Volvo
fa “biberonaggio”
da un gruppo
Tecnogen.
Più a sinistra,
il Fusteq. Sotto,
torri faro ibride.
STAZIONARI
16
puntualizza Paris. Nella costellazione della famiglia
Bruno, oltre alla BGG, compare la HB4 (Holding
Bruno 4), che coagula asset differenziati, rispetto
alla produzione di energia. L’impronta prevalente
della HB4 è quella automotive.
L’acquisizione più recente è quella di Reinova, sulla
quale ci soffermeremo nella sezione successiva. È
lo stesso Giorgio Paris a entrare nel dettaglio di
HB4. «Archimede Energia produce batterie al litio
a Verbania, la Casalini di Piacenza, rilevata nel
2023, è focalizzata sulle microcar. Intendiamo ricollocare
questa azienda alla luce della transizione
ecologica, allestendo nuovi veicoli equipaggiati con
batterie Archimede. Ad EICMA abbiamo presentato
un transporter elettrificato. La Zadi è specializzata
in componentistica per auto e moto (sistemi
integrati di accensione keyless, fari, kit serrature
e tappi carburante ecc.) ed occupa circa 160 dipendenti,
a Carpi. Restando nei paraggi, a Reggiolo,
alla RLM, si occupano di carpenterie. Alla ECIE
di Lainate, realizziamo microcircuiti stampati per il
settore automotive. La BGG nel 2023 ha avuto un
fatturato consolidato di 200 milioni, è presente in
70 Paesi, con 450 dipendenti, produce più di 5mila
generatori a quattro poli e dispone di 11 unità di
produzione e commercializzazione. HB4 ha registrato
un fatturato superiore ai 100 milioni, circa
500 dipendenti, 9 business unit, 8 fabbriche. Nell’economia
dei gruppi elettrogeni di Bruno, il Fusteq
rappresenta la serie più sofisticata, tutelata da brevetto
e disegnata esplicitamente per le necessità del
settore del noleggio. Si caratterizza per la robustezza
e per l’estrema silenziosità. Equipaggiato con
motori Stage V/Tier 4F, il gruppo è stato diviso in
tre camere separate, che alloggiano rispettivamente
motore ed alternatore, sistema di scarico e radiatore;
il ventilatore è azionato da un motore elettrico,
consentendo il risparmio di litri e litri di carburante
e tonnellate di CO 2
. Queste macchine sono
state usate anche dall’industria cinematografica,
addirittura a Hollywood, e nel comparto militare.
Prevediamo la configurazione “twin”, con due motori,
in un container da 20 piedi, che contiene due
macchine da 600 kW. Completano la nostra offerta
i container da 30 e 40 piedi».
Giorgio Paris prosegue snocciolando le pietre miliari
17
ISOTTA & ECOMOTIVE
MA CHE BELLA
MISCELA!
Questa storia è stata ritratta all’Hydrogen Expo di
Piacenza, all’atto della stretta di mani tra Giovanni
Deregibus e Marco Golinelli. Ecomotive Solutions
è al lavoro nel suo dominio elettivo, quello dei
blending. La soluzione in fase di sviluppo prevede
l’applicazione di un approccio multi-combustibile
(e multi-miscela) a un monoblocco di Isotta
Fraschini Motori. Ce ne ha parlato Roberto Roasio
stazionari
Ci eravamo diretti nelle dolci colline del Monferrato
una quindicina d’anni fa. Nella cella di
prova c’era un Daf, alimentato da una miscela
di gasolio e metano. Nel frattempo, quelli di Ecomotive
Solutions non hanno smarrito la via del mix
di combustibili. Un pragmatico approccio alla transizione
che trova conferma nelle attuali tendenze di
Oem e integratori di sistema. Siamo tornati qui, nel
basso Piemonte, per sentirci scandire la conferma
da Roberto Roasio, Business development manager.
«Ecomotive Solutions è stata concepita con
l’obiettivo di sperimentare i combustibili alternativi
nel trasporto pesante. Abbiamo intuito che nella
disciplina dei progetti dual fuel si potevano introdurre
altri combustibili». E qui saltiamo a piedi
pari nell’attualità. Il 12 settembre 2024, durante la
terza edizione della fiera Hydrogen Expo di Piacenza,
Isotta Fraschini Motori e l’azienda piemontese
hanno siglato un memorandum d’intesa. Il traguardo
è lo sviluppo di soluzioni multi-combustibile su
base Isotta Fraschini Motori. Un approccio poliedrico
che insegue la traiettoria dell’idrogeno, come
tappa finale della transizione. Appena un paio di
mesi dopo, dall’altro capo della Via Emilia, all’Ecomondo
di Rimini, Ecomotive Solutions ha svelato
il concept di un diesel dual fuel Afs (Adaptive fuel
system). Il monoblocco, manco a dirlo, è di Isotta
Fraschini Motori. Roasio, quando, come e perché?
«Il management di Isotta Fraschini Motori è lucidamente
consapevole che non si potrà fare a meno
degli endotermici, perlomeno nell’industriale. Ecomotive
Solutions ha un’attitudine operativa, orientata
a ricerche e soluzioni mirate, per approdare
velocemente al mercato. I traguardi che ci poniamo
sono di breve e medio termine. Ci siamo incontrati
con Isotta Fraschini Motori due anni fa, all’Hydrogen
Expo, dove presentammo il nostro primo progetto
a idrogeno. Così è scattata la scintilla. Di
concerto con il loro direttore commerciale, Marco
Golinelli, hanno visto in noi le competenze operative
per una veloce validazione delle tecnologie
necessarie sulla serie 1300. Isotta Fraschini Motori
ci affianca, fornendoci tutto il supporto tecnico necessario
per una collaborazione attiva con il nostro
ufficio tecnico».
A braccetto con Isotta Fraschini Motori
Quindi si tratta di un progetto Ecomotive, in “affiancamento”
con Isotta Fraschini? «Abbiamo acquisito
da loro un monoblocco della serie 1300, 12
cilindri da 21 litri, per un progetto syngas, che richiederà
complessivamente ventuno motori. È come
se le due direzioni, di Ecomotive Solutions e di
Isotta Fraschini Motori, procedessero in parallelo,
fino alle possibili convergenze nell’integrazione dei
motori. Il loro ragionamento è stato: “i tempi nella
transizione energetica sono essenziali, la decarbonizzazione
è un obbiettivo comune, procediamo velocemente
insieme. L’integrazione al nostro interno
sarà un epilogo naturale”. Lo sviluppo riguarderà
l’alimentazione a gas. Seguendo una prassi consolidata,
rivolgeremo le nostre attenzioni a tutti i
combustibili di interesse, quindi biometano, idrogeno
e i combustibili liquidi, metanolo, etanolo ecc.
L’obiettivo è confezionare un motore flexi-fuel, che
sarà messo a banco sia da Ecomotive che da Isotta
Fraschini Motori. Ci hanno consegnato anche un
diesel 6 cilindri marino della stessa famiglia, per
esprimere delle valutazioni, sempre in ottica dual
fuel». Marco Golinelli, Chief Commercial Officer
di Isotta Fraschini Motori, è intervenuto in merito:
«Questa partnership si concentra sullo sviluppo di
una piattaforma motori a combustibili alternativi.
Lavorando sulla nostra Serie 1300, Ecomotive ha
creato un concept innovativo: un motore in grado di
funzionare alternativamente con gasolio, biometano
e idrogeno. Un traguardo fondamentale verso la
decarbonizzazione ed un chiaro segnale di quanto
l’innovazione possa contribuire ad un futuro più
sostenibile». A Ecomondo avete annunciato il dual
fuel Afs (Adaptive fuel system). «Il diesel interviene
nell’accensione della miscela e può alimentare
il motore al 100%. Il sistema consente di bruciare
una miscela al 70% di biometano, in condizioni stazionarie.
La seconda modalità coinvolge l’idrogeno,
fino a un mix del 50% con il diesel. Siamo infine
riusciti a combinare il diesel con una miscela di
qualsiasi proporzione tra idrogeno e biometano. Ad
inizio 2024, il Gruppo Holdim ha rilevato la reggiana
Rail, che ha venduto oltre 4 milioni di iniettori in
meno di vent’anni, con cui dedicarsi a combustibili
sia gassosi che liquidi. Grazie anche alle competenze
di Rail, il motore disporrà di un solo tipo di
iniettori policombustibile, delegati a gestire sia il
biometano che l’idrogeno compresso. Avvalendoci
del blend 50% diesel e 50% idrogeno, siamo in grado
di abbassare la pressione dalla soglia di 350 bar
a quella fisiologica di gestione motore, all’incirca 5
bar. Naturalmente occorre un sistema di regolazione,
per “addomesticare” la sensibile reattività dei
motori Isotta Fraschini Motori e gestire in modo
accurato tempi e pressione di iniezione. Anche in
questo caso Ecomotive Solutions si è avvalsa della
collaborazione di Rail. Il risultato è un regolatore
di pressione elettronico per combustibili gassosi,
che consente una accurata regolazione elettronica
della pressione in uscita. Possiamo quindi avvalerci
di un range di pressioni. Qualora servisse una maggiore
portata, il comando elettronico ci permette
di allungare i tempi di iniezione e di aumentare
la pressione. Fondamentalmente è quanto avviene
con un sistema common rail. Il 12 cilindri avrà
un rapporto di compressione intermedio, valido
sia per l’idrogeno che per il metano, soprattutto
se associato a una miscela magra. Avrà quindi un
Diesel dual fuel
Adaptive fuel
system. Il sistema
di Ecomotive
Solutions,
sviluppato su
base motoristica
Isotta Fraschini,
è “a combustibile
variabile”. È
infatti in grado di
miscelare il diesel
con l’idrogeno,
il biometano e,
addirittura, di un
“ménage a trois”:
qualsiasi mix di
gasolio e idrogeno,
con l’aggiunta del
biometano.
18
19
«Il mercato è
saturo di proposte
(relative al
trasporto elettrico,
ndr). Detto
francamente, quello
che manca è il
mercato stesso»,
ci ha tenuto a
precisare Roberto
Roasio.
Nella pagina
a fianco, la
stretta di mano
all’Hydrogen Expo
di Piacenza tra
Giovanni Deregibus,
Presidente di
Ecomotive (sinistra)
e Marco Golinelli,
Chief commercial
officer di Isotta
Fraschini Motori,
Gruppo Fincantieri.
Lo spirito rivoluzionario della miscela
Blend, cosa serve per conferire a senso a questa
parola? «Un impianto di gestione del gas contempla
un serbatoio, contenitore dei combustibili in pressione,
la linea che va al regolatore di pressione e
il sistema di dosaggio/iniezione. Queste competenze
le abbiamo internalizzate. Le valvole sulle bombole
di idrogeno sono del Gruppo Cavagna, che dispone
di una quota minoritaria di Ecomotive. Siamo a tutti
gli effetti il terzo polo nazionale dei combustibili
alternativi. Molti dei nostri componenti avranno
una doppia certificazione, metano e idrogeno». Servono
due sistemi di stoccaggio? «No, dal momento
che Ecomotive sta sviluppando componenti e soluzioni
bi-compatibili. L’Afs consente di testare la
sensoristica, che misura la presenza di idrogeno e
metano nella miscela. La quarta dimensione del sistema
di mappatura rappresenta il punto di arrivo.
In condizioni emergenziali, che impongano il funzionamento
della sola modalità diesel, si può utilizzare
l’Hvo». Gli impieghi saranno esclusivamente
stazionari? «Sinceramente lo vediamo anche come
applicazione ferroviaria, per la quale ci sarebbe
richiesta in diverse parti del mondo (consentiteci
una breve digressione. Il 12 cilindri a V della serie
1700 di Isotta Fraschini Motori, fino a una ventina
d’anni or sono, era ancora considerato la “sogliola”
più potente del segmento ferroviario, e riscontrava
il gradimento delle locomotive di manovra, ndr).
Nel settore ferroviario Ecomotive è interessata ai
retrofit dei locomotori manovra e terni passeggeri
diesel su cui ha un precedente unico in Europa.
Siamo attori in cause nel progetto che coinvolge
Hitachi, Trenitalia, Fondazione Trenitalia e Snam
per la riconversione a Gnl delle ALN668 Lng. La
missione è rendere compatibili i mezzi storici con
combustibili alternativi (al momento questo retrofit
sarebbe applicabile a oltre una quarantina di unità).
Abbiamo superato lo scoglio del rifornimento.
Non potendo costruire una stazione ad hoc per il
progetto pilota, in ragione dei costi esorbitanti e
dell’assenza di una normativa in merito, abbiamo
allestito un vettore mobile di Gnl. Equipaggiato con
un serbatoio da 3.000 litri, tecnicamente effettua un
trasbordo dal serbatoio all’automotrice, rivelandosi
così idoneo a effettuare questo servizio on-site».
Ecomotive Solutions ne ha fatti, di passi in avanti,
da quel Daf che abbiamo menzionato. Chiediamo
lumi ancora a lui, Roberto Roasio. «Il big bang
scaturisce dalle piattaforme elettroniche di controllo
motore sviluppate dal know-how Dimsport,
inizialmente nato nel rally. Il Gruppo annovera
17 società che si occupano anche di ingegneria
di processo, impiantistica, componenti per turbine
a gas, per il settore industriale ed energetico. Da
quel crogiolo di idee, indirizzato a performance
ambientali e non solo meccaniche, si è esteso il
nostro approccio a tante altre cose, dal Gpl al
metano e agli altri combustibili alternativi. Questi
combustibili stentavano a imporsi per una serie
di ragioni, in primis la densità energetica. Abbiastazionari
impatto neutro anche a ciclo Otto. Alla versione
syngas sarà invece dedicato uno specifico rapporto
di compressione».
mo introdotto in Italia il gas naturale liquefatto,
in anticipo rispetto all’agenda mainstream, promuovendone
l’applicazione anche in sistemi dual
fuel. Dopo approfondimenti tecnici negli Usa ci
siamo rivolti all’italiana Hvm di Livorno per approfondire
le implicazioni dei combustibili liquidi
criogenici applicati al trasporto stradale. I limiti
principali dei nuovi combustibili alternativi rimangono
la carenza dell’infrastruttura e la mancanza
di un quadro normativo chiaro. Ecomotive Solutions
intuì fin da subito che bisognava coinvolgere
l’upstream, e capire come far arrivare la molecola,
qualsiasi essa sia, all’utilizzatore. La creazione di
questa connessione con la produzione ci condusse
alla realizzazione di un liquefattore di metano, per
produrre biometano liquido. Fu la nostra prima
esperienza al di fuori del mondo veicolare. Dimostrammo
che la liquefazione del biometano era
sostenibile anche su impianti di piccola e media
taglia. Interessarsi alla molecola è diventato il nostro
mantra. Siamo al momento estranei al trasporto
elettrico, perché il mercato è saturo di proposte.
Detto francamente» evidenzia Roasio «quello che
manca è il mercato stesso. Preferiamo intervenire
sul parco circolante degli endotermici». Tranchant
la riflessione sulle linee guida di Bruxelles.
Cosa succede a Bruxelles?
«Le proposte dell’Unione Europea si focalizzano
sui vettori energetici, ma i veicoli necessitano di
risorse, che non richiedano la trasformazione di
energia in altri sottoprodotti energetici con conseguenti
perdite di efficienza. Oltretutto, l’imposizione
di un quadro economico è controproducente. Se a
cavallo del 2010 l’UE non si fosse limitata all’elettrificazione
e avesse stimolato le soluzioni migliorative
dell’endotermico, senza pregiudizio alcuno,
in Europa avremmo assistito a un’impennata di innovazioni,
tra le quali sarebbero emerse le più sostenibili
e applicabili. La Commissione osteggia le
soluzioni alternative e persegue l’ortodossia delle
“zero emissioni”, azzerando il suo studio “well to
wheel”, che certificano l’inesistenza di una panacea.
Consideri che l’elettricità è in buona misura di
derivazione fossile e, se prendiamo spunto dall’Lca
(Life cycle assesment), non esiste una soluzione con
un’impronta carbonica nulla. Ecomotive persegue
coerentemente un approccio agnostico ai combustibili
e alle forme di energia che guideranno il cambiamento.
Sperimentiamo i biocombustibili, come
metanolo ed etanolo, e siamo tra i pochi a credere
nel Dme (Dimetiletere). Creato dalla disidratazione
del metanolo, diventa simile al Gpl, che presenta
un determinato numero di ottani. Il Dme ha invece
un altissimo numero di cetano, e può essere acceso
facilmente in compressione, rivelandosi congeniale
al ciclo diesel».
20
21
reinova
NON È UN
CASO
Che Reinova stia performando così bene,
nonostante sia proprio l’ad, Giuseppe
Corcione, a invocare “due apparenti casualità”
all’origine della sua “creatura”. È lui stesso
ad accompagnarci nelle logiche di Reinova.
Non c’è intento apologetico, nelle sue parole,
ma la consapevolezza della trasversalità e
della reale efficienza di un approccio alla
elettrificazione “cum grano salis”
Superare i 10
milioni di fatturato
in poco più di
un biennio dalla
creazione. Volumi
che derivano
dalla erogazione
di consulenze,
quindi dalle pure
competenze. Non
è la sintesi di un
business plan
ambizioso. È il
risultato di Reinova,
con sede a Soliera,
in provincia di
Modena.
AUTOMOTIVE
Reinova è finita nel radar di POWERTRAIN
nella primavera del 2021. La pandemia allignava
nell’aria, seppure in forma meno invasiva,
e le magnifiche sorti e progressive dell’elettrificazione
imponevano scelte di campo “senza se e
senza ma”. Così Giuseppe Corcione, ad di Reinova,
presentava il progetto: «Stiamo costruendo un
polo d’eccellenza per supportare la transizione alla
mobilità sostenibile nel cuore della Motor Valley, a
Soliera (Modena)». La fondazione risale all’ottobre
del 2020, l’apertura vera e propria al 10 luglio del
2021 (una data simbolica: Nikola Tesla è nato il 10
luglio del 1856). Decine di milioni di investimento,
le insidie della burocrazia, appena una decina di
mesi per scaldare i motori e sfrecciare in pista. Da
allora le traiettorie di POWERTRAIN e di Reinova
si sono intrecciate in merito al progetto E-Power,
con Dell’Orto ed Energica Motor Company; A&C
Ecotech, per il riciclo delle batterie; per la e-mobility
nel settore nautico, con E2C; insieme a Sattelo
riguardo alla gestione termica delle auto elettriche;
cybersecurity con Industria Italiana Autobus; negli
Emirati con Peec Mobility. Alla vigilia del primo
lustro di vita della sua creatura, ci siamo recati a
Soliera per confrontarci proprio con lui, Giuseppe
Corcione, e capirne di più di questa caleidoscopica
proiezione di competenze. Il Covid è affidato agli
archivi, l’elettrificazione segna il passo, nel confronto
con le adrenaliniche tabelle di marcia. Eppure,
nel geometrico e asettico plesso ingegneristico
di Reinova, le risorse impiegate sono salite a un
centinaio.
La genesi
Partiamo dall’inizio. «Quest’azienda nasce per
due apparenti casualità» anticipa Corcione. Noi
le chiameremmo “coincidenze astrali”. «La mia
formazione professionale affonda le radici nell’endotermico,
l’indole mi ha però sempre indirizzato
all’innovazione. Occorre fare una distinzione tra
propulsione e generazione di energia. Nel 2018-19
mi sono detto “non m’interessa la tecnologia della
generazione di energia in sé. Non è rilevante se
provenga da idrogeno, batterie, da qualsiasi fonte,
che sia fossile o non lo sia. Quello che mi preme è
incrementare l’efficienza della trazione”. Non esiste
sistema al mondo che abbia un’efficienza più
elevata di quella elettrica. Come alimentare questa
trazione? Può essere una fuel cell a idrogeno, una
batteria o una combinazione di fonte energetiche.
È da questa riflessione che scaturisce un’idea. Se
questo principio è valido, la sfida riguarda l’interazione
con le aziende del comprensorio, per fare
in modo che le competenze trasversali esistenti sul
territorio possano massimizzare questa idea».
Ed è così che le coincidenze astrali si manifestano
anche a occhio nudo. Quanto segue è la rappresentazione
di come gli slanci dell’innovazione
s’intreccino talvolta con le parabole esistenziali e
la longa manus della fatalità (vi dice nulla l’aneddoto
di Newton e della mela?). «Mi sono reso conto
che mancava un centro di competenze. Lavoravo in
AVL, il 9 marzo 2020, quando mio padre ha avuto
una grave ischemia, esattamente il giorno del lockdown.
Da Graz mi sono precipitato in ospedale,
arrivando poco prima di mezzanotte. Su esplicita
indicazione del primario, in ragione dell’emergen-
za Covid, ho accettato il confino in ospedale, con
pochi abiti e l’iPad, per restare vicino a mio padre.
Mi sono ritrovato nelle condizioni ideali per
disegnare quella che secondo me era la soluzione
migliore per applicare la transizione energetica,
nella distinzione tra propulsione e fonte di energia.
Reinova sta per “Reinventing innovation”, cioè
innovare in una forma completamente diversa, combinando
alcuni pilastri. Alta innovazione dei sistemi
trazione, lo sviluppo software di questi sistemi, le
interconnessioni infrastrutturali e un ultimo pezzo,
fondamentale, imperniato alla trasversalità delle
applicazioni». Fin qui, l’intuizione e lo slancio
dell’immaginazione. Segue l’inveramento in una
dimensione tangibile e operativa. «Mi son chiesto
cosa servisse alle aziende del territorio nella via
della transizione, per velocizzarne lo sviluppo e
minimizzare il ritorno dell’investimento. Ho individuato
le dimensioni essenziali di sviluppo, testing e
omologazione». Una visione laica, senza forzature
dogmatiche, quella di Corcione. «Non mi ritengo
un promotore dell’elettrico a tutti i costi, alla pari
di qualsiasi altra tecnologia. Semplicemente, la
trazione che rivendica il 98% di efficienza è sicuramente
superiore a quella che si attesta al 33%».
E cosa cambia, all’atto pratico? «Il modo con cui
trasferisco l’energia. La batteria è un ponte che ci
condurrà a una tecnologia più evoluta. Non esisterà
mai una soluzione universale, semmai delle combinazioni
energetiche declinabili in specifici contesti.
Perseguiamo la trasversalità a 360 gradi, dall’ammoniaca
all’idrogeno. Per capire come attecchisce
l’elettrico in alcune applicazioni, le porto l’esempio
tipico dei caricatori frontali, dove la batteria funge
da zavorra, e ha quindi implicitamente senso. Reinova
si alimenta dell’innovazione su cella, modulo
e pacco batteria. Quindi, motore elettrico, inverter,
assale elettrificato, sistemi di propulsione (AC/DC,
on board charger, sistemi di power distribution) e
le colonnine di ricarica. Consideri che esiste un
momento ben preciso per la consacrazione di una
tecnologia e i tempi non sono ancora maturi per
supportare l’idrogeno. Questo è il momento per
una propulsione elettrica, alimentata da una batteria.
Occorre che questo accumulatore spinga al
massimo sull’efficienza energetica, riduca il costo
e abbia una fonte di energia parallela».
Come ripetiamo spesso su queste pagine, l’elettrificazione
non consiste solamente nel trapianto di un
pacco batterie al posto di un motore a combustione
interna. «La differenza tra un endotermico e un
sistema a propulsione elettrificata non va cercata
tanto nelle emissioni del termico, quanto negli allegati.
Per esempio, le tonnellate di oli riciclati.
Pensi a un mini-dumper equipaggiato con un mono
cilindro, diesel o benzina. Produce vibrazioni che si
riverberano sull’operatore, a differenza di quanto
succede con l’elettrico. Sia comunque chiaro che
22
23
AUTOMOTIVE
la trazione elettrica non è la panacea e ha senso in
alcune famiglie di applicazioni».
Dalla dimensione macro a quella micro, in cui si
annida la sfida del quotidiano: sublimare le resistenze
di un territorio endemicamente refrattario a
un cambiamento di questa natura.
«Sono profondamente convinto» sottolinea Corcione,
«che le competenze diffuse nella Motor Valley,
se canalizzate in maniera corretta, rappresentino la
migliore opportunità per un’azienda come Reinova.
Dopo appena due anni siamo certificati dai principali
Oem di ogni settore. Testiamo e certifichiamo
tutti i componenti high-voltage. Lo dimostra anche
il fatturato: 10 milioni di consulenza, pura espressione
di competenze».
Cosa vi differenza dagli altri?
«Non ci limitiamo a un servizio conto terzi, operiamo
al fianco degli sviluppatori, con una funzione
supplente di alcune diffuse lacune tecnologiche.
Il nostro obiettivo è accompagnare il cliente dal
foglio bianco fino alla produzione, assumendoci
la responsabilità che quel componente funzioni.
Un’azienda di ingegneria consegna il progetto ed
esaurisce così il suo mandato. Noi seguiamo il progetto
fino alla omologazione e alla certificazione
del componente».
Nell’industriale, di cosa vi occupate?
«Lo seguiamo in un duplice aspetto: trazione, quindi
motore, azionamento e assale, fino allo sviluppo
della batteria, al sistema integrato. Infine, i sistemi
di generazione, un battery energy storage certificato
e validato. Un sistema di trasferimento dell’energia
o di ricarica, cioè l’infrastruttura correlata al
sistema stesso. Svolgiamo attività di Tier 1».
Perché Bruno Generators?
«Nel 2022 decidiamo di nominare un advisor per
valutare l’espansione dell’azienda. Riceviamo cinque
offerte, tutte importanti, in particolare quella di
un Oem, che intendeva rilevare il 100% dell’azienda.
Renato Bruno mi contestò il fatto che Reinova
potesse diventare captive. Ed è così che la HB4
ha rilevato le quote degli altri soci. Io sono rimasto
come investitore. La famiglia Bruno concede la
massima autonomia a ogni singola realtà del gruppo,
stimolando semmai le sinergie interne. HB4 ha
la capacità di supportare investimenti, cosa che non
sarebbe stata possibile se fossimo rimasti da soli».
Qual è il valore strategico di Reinova in questa congiuntura
critica?
«Si deve sfruttare il vantaggio competitivo di questa
azienda, anche perché tornare indietro non è possibile.
L’incertezza induce a diversificare. Dobbiamo
posizionarci nella cuspide della piramide dell’innovazione,
che è trasversale alle scelte degli attori
del nostro settore. Il game changer dell’automotive
è uno solo, e manca in Italia e in Europa: la gestione
software. Il vero gap tecnologico consiste nella
capacità di gestione software dei veicoli, allo stato
primordiale rispetto ai player del Far East».
Il controllo, l’uovo di Colombo che enfatizzerebbe
la vocazione ingegneristica italiana all’adattamento
e all’integrazione. Secondo i più, il salto quantico
è la cella, monopolio cinese. Quel che si dice farsi
distrarre dal dito, mentre si rivolge alla luna. «Nessuno
si è mai strappato i capelli per esserci consegnati
nelle mani dell’Opec. Nella raffinazione gli
europei sono fortissimi. Non dobbiamo discutere su
come si crea la batteria, ma su come si controlla.
Portiamo il know-how in Europa, per gestire quella
chimica, e il game changer ce lo ritroveremo tra le
mani, indipendentemente dalla fonte dell’energia.
Che senso ha costruire delle gigafactory in Italia?
È un po’ come reintrodurre le raffinerie, dove non
siamo mai stati competitivi. Possiamo esserlo nella
trasformazione di quel sistema. Occupiamoci dei
sistemi di assemblaggio e del controllo del processo
produttivo. Le faccio un esempio di come un
certo accanimento sia compulsivo. La tecnologia
della marmitta è nelle mani della coreana Umicore,
che controlla il mercato di riferimento. Nessuno
ha mai gridato allo scandalo, eppure i materiali
sono gli stessi di una batteria: cobalto, nichel,
oro, platino ecc. Produrre un veicolo elettrificato
ha bisogno di un decimo della forza lavoro. Se non
facciamo una politica industriale di conversione e
pensiamo a uno switch dalla mattina alla sera, ci
ritroveremo con migliaia di persone sulla strada.
Se invece convertiamo gradualmente e progressivamente
la forza lavoro dalla meccanica ad altri
sistemi, allora possiamo farcela. Reinova ne costituisce
l’esempio vivente: le 120 persone lavorano
in questa azienda non avrebbero altrimenti
trovato un lavoro di questo tipo. L’elettrificazione
rappresenta una grande opportunità, per la sua
trasversalità. Un motore elettrico per il marino è
adattabile a qualsiasi altra applicazione, la differenza
sta tutta nel software con cui lo controllo.
La neutralità tecnologica dell’elettrico risiede in
un filo di rame che controlla corrente e tensione.
Tesla ha realizzato prima sistemi di ricarica, poi
l’infrastruttura, quindi con l’auto. Lo stesso dicasi
per BYD. Le case costruttrici devono diventare
gestori dei flussi energetici». Dalla visione all’applicazione,
alla declinazione degli elementi di rottura.
«L’elettrico non è più un veicolo tout court, è
un sistema di connessione, uomo-veicolo, veicoloveicolo,
veicolo-strada. L’esplosione tecnologica
nell’agricolo riguarderà la guida autonoma. Del
resto, un mondo industriale non si converte sull’input
della CO 2
». Quindi, se elettrico deve essere,
che lo sia per tutti? «Questa tecnologia è per sua
natura neutrale e trasversale. Che si ragioni di
endotermici o di elettrici, la fonte di ingresso è un
avvolgimento, un rotore, uno statore, un organo
meccanico di trasferimento. Per ogni velocità di
rotazione ci saranno una specifica tensione e una
specifica corrente per fornire coppia. Dovremmo
capitalizzare al meglio le grandissime competenze
disponibili in Italia su magnetismo e trasferimento
high-voltage. Probabilmente non le usiamo in maniera
sinergica».
Avviso ai navigatori. Corcione ci ricorda che le
cosiddette nuove tecnologie non sono appannaggio
del Remoto Oriente. Bastino i due nomi da lui snocciolati
al termine della nostra chiacchierata. La più
grande azienda al mondo di colonnine di ricarica è
l’altoatesina Alpitronic. La reggiana Electric 80 è
un colosso dei sistemi Agv.
Giuseppe Corcione,
fondatore e
amministratore
delegato di
Reinova. La società
è finita in buone
mani, quelle di
HB4.
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25
bu power. Con Guglielmo Tummarello
LOGICO E
RAZIONALE
Un concetto che l’ad Guglielmo Tummarello
riferisce al suo percorso professionale e che
potrebbe essere applicato anche all’azienda
del quale ricopre l’incarico di amministratore
delegato, BU Power Systems Italia. Perkins
dispone di una gamma estremamente
segmentata, sia per l’off-highway che per
la generazione. Ricambi e assistenza sono
un fiore all’occhiello che BU Power intende
valorizzare senza soluzione di continuità
professionale dalla connotazione più regionale,
quello della distribuzione localizzata dei motori.
Ho quindi integrato la mia visione con passaggi
significativi nel contesto di aziende internazionali.
Mi ritengo consapevole di quanto ho lasciato, ad
ogni gradino della mia scala di esperienze. Come
quando fui coinvolto da un costruttore di motori dal
respiro globale, che aveva selezionato il mio profilo
per le competenze specifiche maturate tra i motori
marini, incaricandomi di dirigere questo segmento.
I risultati sono stati confortanti, avendo raddoppiato
il fatturato e i volumi nell’arco di quattro anni.
Ho contribuito a fare uscire quel marchio da un
perimetro Europocentrico per proiettarlo su una
scala più internazionale. Successivamente ho diretto
l’organizzazione vendite e sviluppo network
in Emea dei motori industriali, sia a giri variabili
che fissi». Un percorso analogico, che dal particolare
si orienta al generale, per poi… Lasciamo che
sia lo stesso Guglielmo Tummarello a precisarlo.
«L’ultimo step in ordine temporale, quello alla BU
Power Systems Italia, ha sancito il ritorno nell’ambiente
legato alla distribuzione motoristica. Se mi
crede, è esattamente quello che avevo prefigurato.
Mi sono allontanato da una posizione di conforto
applicativo, avevo delle robuste basi, spendibili al
di fuori della comfort zone. L’esperienza mi ha temprato
nel segno della credibilità e della “customer
centricity”».
Come è stato l’impatto con BU Power Systems Itaintervista
Abbiamo conosciuto Guglielmo Tummarello
nelle vesti di deus ex machina della divisione
marina di IML. Come dire, il primo amore
non si scorda mai, in ragione del suo specifico
imprinting ingegneristico. Il trampolino di lancio
nello scenario globalizzato è stato sancito dal passaggio
a General Electric prima e a FPT Industrial
poi, inizialmente nell’ecosistema della nautica. Lo
ritroviamo nelle vesti di amministratore delegato
di BU Power Systems Italia, in sostituzione di Simone
Buraschi, transitato nell’altra metà del cielo
delle applicazioni industriali, in questo caso quelle
stazionarie. Si parla dei costruttori di macchine,
nello specifico di Visa, che dei motori Perkins è
un’affezionata consumatrice. È proprio Tummarello
a dettagliare le tappe del suo approdo al ruolo di ad
di BU Power Systems Italia.
Guglielmo Tummarello: “Logico e razionale”
«Definisco il mio percorso come logico e razionale»
è la sua definizione, stentorea e calibrata. «Frequento
il mondo dei motori diesel da 23 anni, con
rare incursioni all’esterno di questo perimetro, peraltro
durate un battito di ciglia. L’ambiente degli
endotermici mi ha appassionato fin dai miei primi
studi. Mi sono laureato in ingegneria navale e ho
così coltivato questa antica passione per barche
e navi (Tummarello ha avuto modo di cimentarsi
tanto nel diporto quanto nel commerciale, ndr).
Ho quindi trovato una corrispondenza professionale
con le soluzioni diesel nell’ambito applicativo
marino. Ho avuto l’incredibile fortuna di fare una
gavetta estremamente formativa. Mi soffermavo ad
ascoltare i discorsi dei colleghi del commerciale
e prendevo appunti. Sapevo che quello che avrei
carpito mi sarebbe potuto servire nel prosieguo del
mio percorso. A proposito delle definizioni “logico”
e “razionale”, sono partito da un orizzonte
lia? Un nome che fa rima con Perkins e che vede
nel bacino italiano un terreno fertile. «Ho cominciato
nel mese di settembre del 2024. Lo dico sinceramente,
il gruppo e le strutture esistenti hanno
superato le mie aspettative. Le fornisco alcune parole
chiave per interpretare il modus operandi di
BU Power: dinamicità, equilibrio, coerenza, competenza,
approccio prospettico. Ho ereditato una
situazione positiva, sia a livello di performance che
di struttura, e sono quindi in grado di potermi inserire
nella maniera più opportuna. Siamo collocati
in un gruppo ramificato nello scacchiere europeo
– BU Power Group – che opera in 18 diversi Paesi
in Europa e che rispetta le peculiarità del mercato
italiano. Le oltre cinquanta risorse a nostra disposizione
assolvono a tutte le funzioni necessarie
per svolgere un lavoro di qualità. L’obiettivo che
ci proponiamo è valorizzare il ruolo di BU Power
Systems Italia, non solo come fornitore di motori
Perkins. L’interfaccia verso il mercato è imperniata
su tre pilastri: motori, ricambi e service».
La centralità dell’assistenza
E qui si entra nel vivo, dal momento che Tummarello
ha toccato il tasto del service, che fa vibrare le
corde giuste. «I ricambi e l’assistenza sono il fiore
all’occhiello di BU Power Systems Italia. Le cito
un paio di dati: siamo in grado di evadere oltre il
90% dei ricambi attingendo al nostro stock, e di
soddisfare le richieste di service, anche in questo
caso oltre al 90%, entro 24 ore dalla prima segnalazione.
Ci avvaliamo di officine di proprietà, qui
a Colverde (a una manciata di chilometri da Como,
ndr) e a Monastier, in provincia di Treviso. Completano
questa funzione le strutture mobili, furgoni
attrezzati a disposizione dei tecnici BU, opportunamente
dislocate sul territorio. Per esempio, quelli
che partono da Imola per interventi in Emilia-Romagna
e Toscana. Non è un segreto che abbiamo
Guglielmo
Tummarello,
una formazione
nell’ingegneria
navale, un percorso
professionale che
ha seguito tutte
le inclinazioni
delle applicazioni
industriali. Da
settembre 2024
è amministratore
delegato di BU
Power Systems
Italia.
26
27
intervista
aperto posizioni per incarichi nell’area service, allo
scopo di implementare la soglia di efficienza oltre il
90%. Del resto, siamo consapevoli che i fattori di
differenziazione sul mercato sono proprio il service,
la prossimità territoriale e la capacità di servire i
nostri clienti finali quando si trovano in difficoltà.
Se un ricambio non fosse disponibile Italia, attingiamo
al magazzino in Germania. Non ci limitiamo
alla mera consegna dei componenti, forniamo anche
programmi di manutenzione, motori e ricambi
“exchange”, revisioni complete pianificando interventi
in officina o direttamente sulla macchina,
con opportunità di estensione della garanzia con il
Perkins platinum protection. Il personale è qualificato,
spesso con competenze ultraventennali di cui
nessun altro dispone sui motori Perkins, nei nostri
ambiti di competenza».
Si è accennato al mercato, è il momento di prendere
il toro per le corna. Vista la congiuntura, Dante
Alighieri riproporrebbe l’incipit “Per me si va ne la
città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per
me si va tra la perduta gente”. Tummarello, invece,
mitiga i toni strazianti raccolti tra i padiglioni
dell’Eima, se non fosse per le incognite derivanti
dal rischio collasso dell’automotive. «Dopo i problemi
legati alla supply chain, si affaccia un altro
spauracchio. Le crisi ormai accadono con una frequenza
tale da poterle considerare normali. Questa
congiuntura, peraltro, si manifesta proprio all’insorgere
di timidi segnali di ripresa, che potrebbero
essere così vanificati. Il 2024 è stato un anno sui
generis, non fa statistica. Le performance BU sono
comunque in linea con la tendenza del mercato. Il
2025 si prospetta sotto una luce migliore, anche
in virtù del nostro piano strategico di implementazione
nell’ambito after sales. Inoltre, nel corso
del prossimo anno, abbiamo la ferma volontà di
puntare su una definitiva affermazione sul mercato
di BU Energy, divisione nata nell’ottica di diversificazione
e sviluppo, creata per la distribuzione di
pannelli fotovoltaici, inverter e sistemi di accumulo
in ambito residenziale e commerciale. I nostri
successi andranno a braccetto con la crescita delle
nostre competenze specifiche ma hanno già solide
fondamenta che poggiano su qualità dei prodotti e
servizi e sulle sinergie all’interno della nostra organizzazione
di Gruppo. Per il resto, restiamo un
attore fondamentale nel mercato dei gruppi elettrogeni,
che si prospetta “flat”, rispetto al 2024.
Ci serve qualche idea “creativa” in quelle nicchie
che, obtorto collo, per diversi motivi, non abbiamo
avuto modo di seguire al meglio fino ad oggi.
Fortunatamente, col nostro portafoglio di prodotti e
servizi siamo in grado di diversificare e bilanciare
i chiari di luna del mercato».
E in quale fase lunare ci troviamo? «Siamo polarizzati
sugli estremi: per le applicazioni mobili la
richiesta si focalizza in basso sulle serie 400 e 1100
mentre riscontriamo crescenti opportunità scaturite
dal mercato data centre sulla Serie 4000 e sulla
nuova nata serie 5000 (fino a 2.500 kVA, col 61
litri). Ci confrontiamo con gli Oem, che ci considerano
anche dei loro consulenti. Stiamo assistendo
al ritorno alla normalità, dopo anni di una visibilità
del mercato superiore all’anno, cosa assolutamente
innaturale. Discutiamo in un’ottica di 3-4 mesi nella
power generation, fino a 6 mesi nell’industriale.
Un settore che subisce fortemente la congiuntura è
l’agricolo, con cali di vendite degli Oem nell’ordine
del 40-50%. Il 2025 purtroppo non dovrebbe essere
un anno di svolta. La Industry 4.0 ha incentivato in
modo scriteriato, drogando l’indotto, che si tara su
livelli non realistici».
Una riflessione d’obbligo sulla traiettoria tecnologica.
«Ritengo insostituibile il motore a combustione
interna, si può migliorare l’efficienza e
avvalersi di combustibili alternativi, certamente
non convertire all’elettrico nei tempi previsti dal
calendario di Bruxelles. L’errore è stato scommettere
su una elettrificazione onerosa e insostenibile
dal lato dell’infrastruttura. È passato il tempo in
cui le aziende avevano bloccato gli investimenti
nello sviluppo degli endotermici. Non possiamo
arrestare il mondo per una chimera. Bisogna coniugare
le diverse soluzioni tecnologiche e trovare
l’alchimia ottimale». Il 2025 è l’anno della cinquantesima
candelina sulla torta anagrafica. Come
proseguirà il percorso dello “splendido cinquantenne”
Guglielmo Tummarello, dopo il suo recente
insediamento a Colverde? «Vorrei che il mio
valore aggiunto fosse quello di “portatore sano
di nuove idee”. Mi conforta che, dopo un anno
complicato come il 2024, l’azienda goda tuttora
di ottima salute, mantenga indicatori finanziari
soddisfacenti ma soprattutto conservi grande credibilità
di fronte ai principali stakeholder».
«Non possiamo
arrestare il
mondo per una
chimera». Una
sentenza efficace
che coagula il
bilancio di questa
prima fase della
elettrificazione.
Un processo
auspicabile e
irreversibile, le cui
tempistiche sono
però state mal
concepite.
28
29
da kohler a rehlko
È PIÙ DI UN
ANAGRAMMA
I nomi possono anche mutare,
l’impronta del capitale umano e
ingegneristico rimane. È questo il
messaggio che proviene dal quartier
generale motoristico, che ha scandito
il nome Rehlko prima di fronte ai
distributori, poi a un drappello di
giornalisti. Infine, davanti a una folta
platea di costruttori
terra
Lombardini ha incarnato per decenni la voglia
di riscatto dell’Italia rurale, uscita stremata
dalle macerie del conflitto bellico. In seguito
alla progressiva accelerazione del volano economico,
che si è irradiato nella Penisola dal quadrante
dell’Europa occidentale, gli specializzati del Vecchio
Continente hanno familiarizzato con le livree
arancioni delle creature di Adelmo Lombardini.
Diesel e Otto
La famiglia Kohler ha applicato la stessa ricetta ai
farmer delle sterminate distese del MidWest americano,
che necessitavano disperatamente di gruppi
di continuità e di emergenza. Dal ciclo Diesel
al ciclo Otto. Le strade delle due aziende si sono
incrociate e integrate a partire dalla primavera del
2007, quando Kohler ha rilevato Lombardini dal
fondo Mark IV. Sono trascorsi diciotto anni, lo stabilimento
di Reggio Emilia è stato completamente
tirato a lucido, le linee dei 3 e 4 cilindri KDI hanno
raggiunto la piena capacità e, in India, il plesso
di Aurangâbâd è stato rivoluzionato per accogliere
i primi vagiti dell’ultimogenito di casa Kohler, il
promettente KSD. Insomma, se un Diesel of the
Year tira l’altro (la famiglia KDI nel 2012 e nel
2015, il KSD nel 2022), succede anche con i fondi
d’investimento. Primavera 2024, Platinum Equity si
insedia al controllo di Kohler Energy, che coagula
gli asset energetici e industriali del gruppo americano
(oltre a Kohler Engine, Power Systems, Home
Energy, Kohler Uninterruptible Power, Clarke Energy,
Heila Technologies, Curtis Instruments). Le avvisaglie
risalgono al novembre del 2023, quando
Platinum Equity era stato individuato come partner
finanziario e industriale. Si posiziona tra i primi
25 fondi del Nord America, con 48 miliardi dollari
di capitalizzazione. Il fatturato delle aziende sotto
l’ombrello di Platinum è pari a 90 miliardi. «Questa
mossa strategica consente a Kohler di concentrarsi
a investire nei propri business globali Kitchen
& Bath, Wellness e Hospitality, mettendo al tempo
stesso Energy in condizione di raggiungere il pieno
potenziale sotto la proprietà di Platinum Equity»,
ha dichiarato David Kohler, Presidente e Ceo di
Kohler Co. Brian Melka, Ceo di Kohler Energy,
ha aggiunto: «La domanda di energia resiliente è in
crescita e il mondo ha bisogno di molto più di ciò
che facciamo. Kohler è stata un’eccellente amministratrice
della nostra azienda per oltre cent’anni,
e questa decisione ci consente di soddisfare meglio
tale domanda. Platinum Equity sostiene fermamente
il nostro percorso di crescita, e accelererà ulteriormente
i nostri progressi nel settore della resilienza
energetica globale».
Il battesimo ufficiale è avvenuto il 17 settembre al
Fast Company Innovation Festival di New York,
dove Melka ha presentato Rehlko al pubblico. Non
è una semplice questione di enigmistica. L’anagramma
«è l’ancora che ci lega a un’esperienza
centenaria, sia per quanto riguarda i motori diesel,
originariamente col marchio Lombardini, che per i
benzina, storicamente a firma Kohler», puntualizza
Nino De Giglio, Director Marketing Communication
and Channel Management presso Rehlko. «La
cessione della maggioranza delle quote azionarie»
prosegue De Giglio, «è finalizzata a sostenere business
che sono tra di loro incompatibili, istituendo
due aziende separate. L’energy business di Rehlko
ha maturato dei numeri importanti, pur trattandosi,
entrambi, di business “capital intensive”. Dietro
alle performance di Rehlko ci sono stati l’esplosione
dei data center e i brillanti risultati motoristici
del 2022 e del 2023. Platinum Equity ha confermato
Brian Melka alla regia operativa del gruppo.
Vincenzo Perrone rimane il presidente globale della
divisione motoristica. Il collegamento col passato
è palpabile anche dal fatto che siamo gli stessi:
persone, prodotti, rete distributiva e sedi produttive
Il primo motore Rehlko è
stato presentato alla platea
dell’Equipe Expo di Louisville,
in Kentucky. È un benzina
ed è candidato a intervenire
sui manti erbosi, soprattutto
degli Stati Uniti. Si scrive 888
e si pronuncia 888 centimetri
cubici. Il Command Pro
888 rappresenta la futura
generazione di motori a benzina
a carburatore di Rehlko.
Disponibile in due versioni
distinte, siglate CV829 e
CV832, il Command Pro 888 è
stato costruito appositamente
per soddisfare le esigenze degli
utenti commerciali, giocando
le carte delle prestazioni e
della durata. Le attenzioni
dell’ingegneria si sono rivolte
alla massimizzazione dei tempi
di attività e alla riduzione dei
costi di manutenzione. Rehlko
dichiara una potenza netta tra
le più elevate del segmento e
la ottimizzazione dello spazio di
installazione. Anche tra le unità
a benzina, in breve, c’è una
necessità percepibile di trovare
il miglior rapporto tra dimensioni
e potenza. Soprattutto nella
prospettiva di ripotenziare
macchine con migliaia di ore
di funzionamento. La famiglia
Command Pro si conferma
quindi come antagonista dei
prodotti premium, tra cui Honda,
(completano il puzzle manifatturiero gli stabilimenti
di Hattiesburg, in Mississippi, e di Chongqing, in
Cina). Ecco, questo è un aspetto da sottolineare:
Non c’è stato nessun avvicendamento nel management,
compresi i team leader. Dal punto di vista
operativo non è dunque cambiato nulla per gli
8mila dipendenti, chiamati a rispondere ai principi
cardine di curiosità, fiducia, eccellenza e rapidità di
esecuzione. Tra i valori aziendali vorrei enfatizzare
quello di “pace”, passo in inglese, che ci esorta ad
Command PRO 888: il primogenito di Rehlko
scansando le sirene low cost
da scaffale. Secondo Rehlko,
il Command Pro 888 è dotato
di una risposta del regolatore
capace di garantire una rapida
erogazione di potenza con un
nuovo sistema di regolatore
meccanico.
I motori forniscono fino a
32 cavalli netti e 71,9 Nm. Il
Command Pro 888 è progettato
per alimentare un’ampia
gamma di tosaerba commerciali
con e senza conducente. Le
capacità di sostituzione drop-in
semplificano l’integrazione del
motore nei progetti esistenti
o nelle nuove installazioni da
parte degli Oem.
In Kentucky ha
visto la luce il
primogenito dell’era
Rehlko: il Command
Pro 888.
30
31
essere snelli e agili. La missione è affidata alla parola
“resilienza”. Platinum si adopera in un’ottica
di sostegno e ci mette a disposizione dei gruppi di
esperti; per fare un esempio, quelli competenti nel
rebranding».
Alice Magnani e le implicazioni del cambio
È intervenuta a proposito Alice Magnani, Account
Leader Communications, Global Engines di
Rehlko. «La proprietà intende accelerare sul cambio
di marchio, rispetto a quanto avvenuto in precedenza,
nel passaggio tra Lombardini e Kohler. Il
Bauma Monaco sarà un duro banco di prova. In
quell’occasione Rehlko si presenterà con le divisioni
Engines, Curtis e Power Systems». Il cambiamento
sarà scandito in più fasi. «Sostituiremo
i componenti brandizzati Kohler entro tre anni»
riprende Magnani, «e adegueremo le certificazioni.
Alcuni prodotti coabiteranno con il duplice marchio.
Il nome Kohler è utilizzabile in affiancamento
a quello Rehlko dal maggio del 2024 fino al primo
quarto del 2027. Assisteremo la rete distributiva
con un set di strumenti per affrontare questo work
in progress. Continueremo ad essere di supporto ai
clienti, a maggior ragione in questa fase di cambiamento,
anche mediante la fornitura di materiale
tecnico. Una campagna social ci accompagnerà in
questa operazione. Oltre che di resilienza, nella
missione di Rehlko si parla esplicitamente di “empowerment”
dei clienti. Una visione che abbraccia
direttamente l’interazione con gli installatori dei
nostri prodotti». Per la cronaca, il sito web ha già
cambiato dominio (engines.rehlko.com).
Buone nuove per la nomenclatura: le sigle non si
toccano e resteranno fedeli a quelle che conosciamo,
KDI e KDS. Alice Magnani prosegue nello
scandire le tappe di questa metamorfosi “soft”.
«Lo stabilimento di Reggio Emilia diventerà “molto
Rehlko” nel giro di pochi mesi. Quello di SDMO
è già stato completamente plasmato con la nuova
impronta. Il 5 e il 6 novembre abbiamo organizzato
un evento con i distributori europei. In un seconterra
do momento, il 19 e il 20, abbiamo invitato una
folta rappresentanza di Oem. Ci adoperiamo per
uniformare l’aspetto cromatico dei prodotti, a differenza
degli stabilimenti, che conserveranno l’aspetto
attuale. Il blue mezzanotte rimarrà uguale
a sé stesso». E il logo? «L’icona scaturisce da una
somma di frecce che puntano in tutte le direzioni.
Lo riteniamo innovativo dal punto di vista visivo e
conferisce l’idea della spinta, del movimento e della
dinamicità dell’azienda».
Rehlko, insomma, ha cambiato nome, non la direzione.
Nonostante i chiari di luna generalizzati dello
scenario globale, «il KDI conferma il radicamento
nella fascia tra 37 e 56 chilowatt. Dal KSD ci si
attendono segnali di vigore a partire da quest’anno»
ci ha detto De Giglio. All’Eima Rehlko è stato il
convitato di pietra. In sua vece, i compatti posizionati
negli alloggiamenti di MultiOne, MDB, BCS,
Argo Tractors, Antonio Carraro e dei gruppisti, tra
cui CGM, Tecnogen, Coelmo. L’integrazione con
Curtis procede secondo i piani. Alcuni Oem si av-
valgono degli endotermici di Reggio e degli inverter
e controller di Curtis. Ci permettiamo di spifferare
un paio di nominativi illustri: JCB e Merlo.
Ci congediamo con le riflessioni finali di Nino De
Giglio. «Ci siamo presi una pausa di riflessione
all’Eima, ma abbiamo partecipato al Bauma-Conexpo
India, in dicembre. Special guest la serie KDI,
che si candida a dire la sua tra i costruttori locali
quando il Bharat V diventerà la normativa di riferimento
nell’agricolo. Dall’autunno dell’anno scorso
siamo proiettati al Bauma Monaco. Nel frattempo,
l’Equipe Expo di Louisville, in Kentucky, ha battezzato
il nuovo motore a benzina, il Command Pro
888 (vedi box) e il nome Rehlko di fronte a un’audience
professionale. L’interesse per l’elettrico sta
scemando, il core business rimane l’endotermico,
anche ibridizzato, alimentato a Hvo e ad idrogeno.
Ci è richiesto di fornire energia. In quest’ottica
riteniamo che i combustibili alternativi e ibridi costituiscano
soluzioni di breve e di medio periodo, a
differenza dell’elettrificazione integrale».
Sulla livrea, al
momento, è
cambiato il logo.
La foto in basso
a sinistra ritrae
Nino De Giglio
all’ingresso del
museo, a Reggio
Emilia.
32 33
eima international
FEDELE
ALLA LINEA
S’intende ai motori in linea, oltre a quelli a V. Perché
l’aria che si respirava al quartiere fieristico di Bologna
era di esplicita conformità all’ortodossia del diesel,
riveduto, corretto e ancora a lungo necessario per
lavorare tra i campi. La linea è anche quella segnata
dalle ultime edizioni, che ha visto impennarsi il
numero di espositori (1.750) e di visitatori (346.800).
In queste pagine, e nelle successive monografie,
vi racconteremo di BU Power, Cummins, Deutz,
Duplomatic, FPT Industrial, Hatz, Hyundai Infracore,
JCB, John Deere, LS, Perkins, Pitteri Violini, Rama,
Saim, Socoges, VM Motori, Volvo Penta, Yanmar
Terra
Eravamo rimasti al guanto di sfida del Sima. In
considerazione delle cifre snocciolate dagli organizzatori,
Eima International si è consacrata alter
ego di Agritechnica, nella fisiologica rotazione biennale.
Abbassate le serrande, domenica 10 novembre, le
presenze sono state 346.800, delle quali 63.100 estere.
Non abbiamo dati a supporto, se non quelli intuitivi,
ma l’opinione diffusa, almeno alle latitudini motoristiche,
è che i potenziali buyer dall’Estremo Oriente
e dall’India rappresentino una voce significativa del
bilancio di Eima. Premiate, quindi, le 1.750 industrie
espositrici, con oltre 60mila modelli di macchine, attrezzature
e componenti dalle trattrici alle mietitrebbie,
dalle attrezzature per la lavorazione del terreno alle
macchine per i trattamenti e la raccolta, dai mezzi forestali
a quelli per la cura del verde. Riflettori puntati
su robot, droni, tecnologie digitali e sistemi di intelligenza
artificiale che rappresentano la nuova frontiera
dell’universo agromeccanico.
«Ad EIMA abbiamo accolto visitatori da ogni parte
del mondo» ha commentato Mariateresa Maschio,
Presidente di FederUnacoma, organizzatrice della rassegna,
«e abbiamo cercato di analizzare l’evoluzione
della domanda sui mercati tradizionali dell’Europa e
dell’America, sui mercati emergenti dell’India e della
Cina e su quelli di nuova meccanizzazione del Sudest
asiatico e dell’Africa. In ogni regione del mondo
ci sono modelli di agricoltura differenti e il compito
dell’industria agromeccanica è offrire soluzioni tagliate
su misura». Alla vigilia della rassegna, in occasione
dell’incontro con la stampa, Mariateresa Maschio
aveva precisato che «il settore della meccanica
agricola si trova ad affrontare una sfida cruciale, non
solo sotto il profilo dell’incremento delle rese produttive,
ma sotto quello della sostenibilità». Eccolo, ancora
lui, lo spauracchio della sostenibilità. Cosa è emerso
dai padiglioni 15 (motoristica) e 18 (componentistica),
in merito alla riconversione dal motore a combustione
interna? POWERTRAIN ha afferrato il toro per le corna
in occasione del convegno “Diesel, ancora tu, non
dovevamo vederci più?”, alla presenza della divisione
Powertrain di CNH Industrial, BU Power, Deutz, FPT
Industrial e SAIM Industrial. Il bilancio del convegno
è allineato con quanto emerso dalla conferenza stampa
pre-Eima. Il motore diesel continuerà a prodigarsi tra
i campi purché, come espresso da Riccardo Spadoni,
responsabile per Eu Advanced Powertrain and Electrification
Platform, “persegua il principio di aumentare
l’efficienza del sistema”. E, aggiungiamo noi, di conciliare
la combustione in camera con i biocombustibili
o con le miscele, a base di idrogeno.
SOCOGES
La targa Diesel of the Year era esposta tra i due vincitori,
il DX05 e il DX08. Insieme a loro una linea
di fuoco che ricorda quella del Conexpo. L’11,1 litri
a idrogeno (AxC 123x155 mm), siglato HX12, nella
taratura automotive è in grado di erogare 300 kW a
Tractor of the Year 2025
Il Tractor of the Year allarga
le maglie e, in occasione del
venticinquesimo compleanno,
si è presentato agli addetti ai
lavori con la categoria TotYBot,
focalizzata esclusivamente
su trattori autonomi dotati
di attacco a 3 punti, senza
cabina, Pto o trasferimento
elettrico della potenza agli
attrezzi, disponibili sul mercato
europeo, con un livello di
preparazione tecnica (Trl)
minimo di 8. Nella nuova
categoria HighPower del
Tractor of the Year, dedicata
ai trattori con più di 300
cavalli, ha trionfato il Quadtrac
715, l’ultimo arrivato di
Case IH. La decisione della
giuria riflette la superiorità
del Quadtrac 715 in termini
di prestazioni, ergonomia,
connettività e rispetto
dell’ambiente, rendendolo la
scelta più significativa per
le operazioni agricole su
larga scala. Sotto il cofano
una conoscenza di queste
pagine, il Cursor 16, Diesel of
the Year 2014, dalla potenza
nominale di 526 chilowatt
e la potenza massima di
572, dalla coppia massima
di 3.356 Nm a 1.400 giri. La
categoria MidPower, con
potenze comprese tra 150 e
280 cv, ha visto un’agguerrita
concorrenza ma, alla fine,
a spuntarla è stato il Fendt
620 Vario DP. La decisione
della giuria di premiare
Fendt conferma il costante
impegno del marchio verso
l’innovazione e l’eccellenza
nelle macchine agricole. Alla
base del successo del Fendt
620 Vario DP c’è il concetto
di motore iD, incarnato dal
Core50 di AGCO Power. Il 4
cilindri da 5 litri, che eroga
la massima potenza a 1.900
giri con un consumo di 195
g/kWh. L’impianto idraulico
CCLS ha una portata massima
di 205 l/min, la pompa di
sterzo indipendente di 43 l/
min. Nella categoria Utility,
che riconosce i trattori nella
gamma da 70 a 150 cavalli,
con un massimo di 4 cilindri e
un peso operativo fino a 9.000
chilogrammi, ha vinto lo Steyr
4120 Plus. Il trattore austriaco
è equipaggiato dall’F36 di
FPT Industrial, da 3,6 litri, in
grado di erogare una potenza
massima di 86 kW e 506 Nm a
1.300 giri. Kubota fa irruzione
con il 4 cilindri V3307, poco
sotto la fatidica soglia dei 56
kW, sull’Antonio Carraro Tony
8900 TRG, vincitore della
categoria Specialized. il Fendt
e107 Vario si è aggiudicato
il Sustainable TotY, Con una
potenza di picco di 90 kW
(66 kW continui) e una coppia
massima di 347 Nm.
TotYBot è l’AgXeed 5.115T2.
Un robot funzionerà
attaccando la spina?
Sbagliato. A erogare energia
provvede il Deutz TCD 4.1.
L‘Eima delle
meraviglie vista
dall’ingresso
Costituzione.
Al padiglione
15 abbiamo
assistito a un
sensibile fermento.
Tanti i visitatori
dall’Estremo
Oriente, interessati
anche alle aziende
oleodinamiche e
meccatroniche
alloggiate al
padiglione 18.
34
35
Sopra, lo stand
Yanmar. Sotto, Hatz.
A destra, LS.
36
Duplomatic e Hydreco
Claudio Gazzaniga, direttore vendite
Gruppo Duplomatic, ci ricorda le
affinità con Daikin, che hanno indotto
i giapponesi a rilevare l’azienda. A
partire dalla tecnologia degli inverter,
adattabile all’oleodinamica, calettando
delle pompe, per incentivare il risparmio
di energia. Duplomatic è impegnata nella
riorganizzazione delle divisioni, nell’ottica
del coinvolgimento sinottico delle operation
per ogni tipo di prodotto. Duplomatic è
orientata agli ambienti produttivi, alla pari
di Continental Hydraulics, specializzata nel
bacino nordamericano, e Hydrec si rivolge
alle applicazioni mobili. Un esempio di
questo approccio virtuoso è il travaso da
2.000 giri e 1.700 Nm a 1.200, a giri fissi, 50 Hz,
eroga 256 kW meccanici in Prp, cioè in continuo con
un fattore di carico al 70%, 205 kWm con pieno carico
(a 60 Hz diventano 282, Prp, e 226, Cop). La
triade dei compatti ha dato sfoggio. In questi paraggi
ha fatto colpo su Goldoni, per gli specializzati. Anche
nel movimento terra, le minipale di Kato Imer hanno
adottato l’18 e il 2,4 litri di Hyundai. La AS26R
è equipaggiata dal 3 cilindri D18, da 41 chilowatt a
2.400 giri. La AS29R è speculare, ad eccezione del
motore, il D24 da 55,1 kW a 2.200 giri, che compare
anche sulla AT35R.
LS
Fermiamoci in Corea, cambiando sponda. LS richiama
alla memoria l’accordo ci collaborazione con CNH
Industrial, risalente all’estate 2023. Ci ricordiamo
anche dell’Agritechnica, nel 2017, dove toccammo
Duplomatic a Hydreco delle competenze
sulle valvole manuali, diventate
elettrico-proporzionali. Ragionando di
elettrificazione, Hydreco è in grado di
raffreddare l’olio per riscaldare la batteria,
che non deve trovarsi in condizioni
ambientali sottozero. Serviranno quindi
microcontrollori, tecnologia dove Daikin ha
molto da dire. Il fulcro degli sforzi rimane il
recupero di energia (come nel caso della
rotazione della torretta di un escavatore, lo
stop-and-go di un muletto, la dissipazione
del calore ecc). I motori a riluttanza del
gruppo avranno un competence center
in Italia. Non utilizzano terre rare e,
rispetto ai brushless, sono più economici,
con mano la famiglia motoristica frazionata a 3 e 4
cilindri, cubature da 1,88 e 2,5 litri (AxC 88×103 millimetri).
Sono ancora loro a rappresentare la gamma
motoristica di LS, che dispone di versioni aspirate e
sovralimentate, sia con precamera, che con pompa
meccanica e con common rail da 1.800 bar di Delphi.
SAIM
Sul numero precedente, ci siamo lungamente soffermati
sull’ibrido integrato plug-in di Saim. Adesso
possiamo chiamarlo per nome, HIS, Hybrid Integrated
Solutions. La missione è quella tipica di queste
soluzioni, trovare il punto di carico più idoneo per il
ciclo di lavoro della macchina e consentire il funzionamento
in modalità elettrica, là dove suggerito dalle
condizioni ambientali, tipicamente indoor (capannoni,
serre, magazzini ecc.). Il diesel è il Kubota D1105-K
a controllo elettronico da 18,5 chilowatt con un mo-
seppure meno dinamici e performanti. Su
un trattore, a differenza delle macchine
utensili, non è richiesta una tolleranza
al micron. Qui il motore a riluttanza
potrebbe avere delle ottime carte da
giocare. In fiera, tra le altre cose, Hydreco
Hydraulics ha portato le valvole direzionali
MS, che consentono di personalizzare
i controlli, dal pilotaggio manuale, a
quello idraulico, al controllo pneumatico
e quello elettroidraulico. Le pompe e i
motori a ingranaggi esterni della serie
HY presentano il corpo in alluminio, con
l’opzione in ghisa su due modelli. Le prese
di forza sono disponibili sia con montaggio
posteriore che laterale.
tore elettrico di Saim Industrial da 48 V e 12,8 kW,
per applicazioni industriali, in ambito sia agricolo che
movimento terra construction. Nulla vieta a Saim di
diversificare in futuro la declinazione endotermica (in
base alle richieste locali e alle specifiche applicative).
Sviluppato in due diverse versioni, è utilizzabile in
modalità solo diesel, esentato dall’utilizzo del sistema
di post-trattamento, solo elettrica, da 12,8 kW,
oppure ibrida, per una potenza cumulativa di oltre 30
kW. Il software di controllo dell’intero sistema ibrido
integrato, sviluppato da Saim, consente inoltre una
quarta modalità di funzionamento rigenerativa, ossia
di ricarica della batteria. Le competenze di system integrator,
oltre che di fornitore di soluzioni plug&play,
si evincono anche dalla centralina elettronica, fornita
già montata sul motore e cablata, velocizzando e
semplificando l’installazione a bordo veicolo. Il Kubota
D1105-K è un tre cilindri da 1,12 litri, capace di
erogare 18,5 chilowatt a 3.000 giri, che dichiara una
riduzione del consumo di carburante di circa il 5%.
Potere del controllo elettronico che, alla pari del sistema
CAN, equipara questo piccolo motore industriale
alle caratteristiche delle grandi cilindrate automotive.
L’ibrido si inserisce all’interno di un allestimento di
diciannove endotermici a firma Kubota, tra 8 kW e
157 kW, con alimentazioni diesel, benzina e Gpl.
YANMAR
Ancora Osaka, questa volta a casa di Yanmar. Abbiamo
trovato il 4TN101 in configurazione powerpack,
allestito da Yanmar Italy grazie al local dressing a Cassano
Magnago. È un 3,8 litri presentato all’Intermat
del 2018, insieme al 4TN107, eroga 105 chilowatt a
2.200 giri, in questo caso per impieghi stazionari. Il
4 cilindri giapponese si propone al free market nelle
macchine semoventi, come telescopici, sprayer, macchine
radiocomandate. Questo motore presenta un sistema
di post-trattamento molto compatto che fornirà
un vantaggio tra quelle applicazioni “avare” di spazio,
dove quindi sono le dimensioni a fare la differenza,
oltre alla abituale affidabilità della meccanica e della
elettronica a firma Yanmar. È stata l’occasione per
rivedere l’L100V, il mono interamente prodotto nello
stabilimento di Cassano Magnago, abilitato a tutte le
certificazioni, europee, nordamericane ed emergenti.
La flessibilità nell’utilizzo si esprime nella sartoria
ingegneristica a misura di torri faro, generazione e
pure dell’agricolo, principalmente per motozappe e
motopompe, che beneficiano della possibilità di rigenerazione
stazionaria, a 1.500 giri, senza staccare
la pompa. Altra destinazione dei mono di Osaka è il
naturale impiego per il giardinaggio. Con la gamma
al di sotto 56 chilowatt Yanmar continua a fare proseliti.
Uno degli esempi più recenti è dato dall’FS 6.26,
telescopico ultracompatto di Faresin.
HATZ
Quando si parla di monocilindrici risulta facile il
collegamento con Hatz. Dopo un paio d’anni di latitanza
dalle scene fieristiche, i tedeschi sono ritornati
all’Eima. Nel post Conexpo 2020, discutemmo della
piattaforma tecnologica E1 che permette il controllo
elettronico proprio dei mono. A suo tempo, Bernhard
Richter-Schützeneder, Direttore Vendite e
Marketing Hatz, ci spiegò che «questa tecnologia si
basa sul controllo elettronico della pompa del carburante
e del nebulizzatore, che permette di calibrare
l’erogazione del carburante nella camera di combustione
e di tenere sotto controllo tutti i parametri di
iniezione e di combustione. Con la E1, entra in gioco
il CANbus». A Bologna ritroviamo lui. A presidiare
lo spazio di Hatz, il 3H50TICD, dispari da 1,5 litri
(AxC 84 x 88 mm), con una potenza compresa tra
22,6 e 43,7 chilowatt, common rail Bosch da 1.800
bar (pressione abituale sotto i 55 kW, confermata anche
dal Delphi di LS).
37
bu power. Con il 12,9 litri e i due 4 cilindri compatti
cummins. Con il 4,5 litri strutturale e il 9 litri Barley
GENERAZIONE AGRI
Sì, perché nella
generazione di potenza
Perkins conserva il
ruolo di prim’attrice.
Nell’agricolo la serie 1100
incassa consensi tra i
non emissionati. All’Eima
abbiamo incontrato il neo
amministratore delegato
di BU Power Italia,
Giuglielmo Tummarello,
e GianRomeo Brugnetti
IL PROFUMO DEI CAMPI
Cummins procede controcorrente, in queste agitate acque tra 2024 e 2025.
La generazione di potenza premia gli sforzi di Columbus, le versioni strutturali
promettono proseliti. L’approccio alle edizioni multicarburante ha individuato
il 6,7 e il 15 litri come paladini. In attesa del 10 litri
terra
Il 2606J, incontrato per la
prima volta al Conexpo, si
è presentato con un look
aggressivo. Cambiano le pale,
eccezionalmente borchiate,
immutate le prestazioni.
Al “presidio” BU Power ci accoglie Guglielmo
Tummarello, il neo-CEO della divisione italiana.
Le prime impressioni a caldo? «Eima
si conferma un’ottima occasione per incontrare i
clienti consolidati, che ci hanno raggiunti al nostro
stand, e per contattarne di nuovi». In merito al
posizionamento tra gli Oem, Perkins conserva una
forte penetrazione nella generazione ed è tutt’altro
che marginale nell’agricolo, se consideriamo i volumi
delle applicazioni non emissionate. A monito
di questa valutazione, tra le altre, citiamo le serie
1104 (AxC: 105 x 127 mm) e 1106 (AxC: 105 x
135 mm), prodotte nello stabilimento di Curitiba,
in Brasile, soprattutto per i Massey Ferguson destinati
al mercato locale. In orbita Stage V, prosegue
la politica dei piccoli passi, con interpreti come
Lindner e Reform-Werke, soffermandoci sull’Austria.
Il Syncro è stato adottato dai sollevatori Pegasus
di Dieci e dagli specializzati Same Delfino
e Lamborghini Sprint, nell’architettura strutturale.
Sfogliando i petali della margherita BU Power,
allo stand, abbiamo notato il look delle pale del
2606J, borchiate nell’allestimento fieristico. Il 12,9
litri è entrato in produzione e sarà ordinabile nella
configurazione powergen dalla metà del 2025. Per
impieghi stazionari si arrampica fino 500 kVA, in
continuo, mentre a giri variabili arriva fino a 515
chilowatt (690 cavalli), stabili tra 1.800 e 2.100
giri, con una coppia di 3.200 Newtonmetro. Si tratta
del primo motore Perkins con la turbina a geometria
variabile, che ha soppiantato la wastegate
su questa cilindrata. Sul 18 litri è tuttora installato
il sistema a doppio stadio.
Presidiano il set fieristico il 404J-E22TA e il 904J-
E36TA. Entrambi quadricilindrici, il primo ha una
canna da 550 centimetri cubici, il secondo da 0,9
litri. Il 2,2 litri eroga fino a 74 chilowatt e 280 Nm,
il 3,6 litri arriva a 100 chilowatt e 550 Nm. I due
compatti sono orami veterani dell’off-highway, al
quale propongono una rigenerazione trasparente,
senza nessun interruttore, quindi automatica. Sono
disponibili in versione Iopu, con radiatore e filtro
aria montati direttamente a Peterborough.
Perkins Platinum Protection
Come evitare l’argomento “after sales”? Sotto
questo versante, Perkins propone la formula PPP,
Perkins Platinum Protection. A condizione che il
motore rientri nel periodo di garanzia, il PPP prevede
l’estensione fino a quattro anni. Una formula
vantaggiosa per gli Oem, in termini di ottimizzazione
del flusso di cassa.
Fabio Vaiani, On/Off Highway Regional Sales Manager
Italia, ci ha raccontato un 2024 controcorrente,
rispetto alla calma piatta dell’off-highway.
A livello globale l’ultimo quarto di Cummins ha registrato
numeri record. Ha trainato la generazione, in
particolare i data centre (anche in Italia, a Milano), le
applicazioni stradali hanno tenuto nel bacino americano.
Tendenze che hanno bilanciato il malessere delle
macchine per la cantieristica e l’agricolo in Cina ed
Europa. Con il Bharat Stage VI, l’India ha reso più
oneroso il mercato interno, in ragione dei costi degli
allestimenti motoristico. L’Italia è in controtendenza
rispetto alla contrazione dei volumi in Germania e
Nord Europa. Dipende dalla natura del business, che
premia la flessibilità degli Oem italiani. Entrando nelle
stanze di Cummins Italia, spiega Vaiani: «Sostanzialmente
confermiamo i numeri del 2023, di per sé
importanti. La filiale è andata molto bene, nonostante
un calo nella seconda metà, compensato dall’effervescenza
della prima metà dell’anno. Il prossimo anno
ci attendiamo una tendenza inversa, con un recupero
nel secondo semestre. La base dei clienti è stabile,
puntiamo all’agricolo, dove alcune applicazioni ci
vedono presenti in fase di test». Eco di Eima 2022, la
fiducia nelle versioni strutturali è amplificata dal B4.5
con coppa portante, in produzione nel 2025, capace di
erogare fino a 160 chilowatt. In esposizione il 9 litri
Barley, che si distingue dalla versione standard per la
Vgt, che sostituisce la wastegate. La calibrazione è
dedicata allo specifico impiego, con una curva di coppia
più corposa ai bassi regimi. Un esempio è la Trion
di Class. Nella prospettiva di Cummins la richiesta
di elettrico è legata soprattutto agli autobus urbani. A
parte alcuni esercizi di stile, non si registrano in giro
per il mondo delle significative produzioni di serie. E
l’ibrido? «Non è la nostra primissima scelta perché
comporta costi aggiuntivi e richiede spazio nel vano
motore. Continuiamo a impegnarci per avere combustibili
più puliti, come l’Hvo e i blending, e motori più
efficienti. Per fare questo, teniamo gli occhi ben aperti
sulle nuove tecnologie, anche grazie ad Accelera». Il
B6.7 multifuel, alla pari del 15 litri, funziona a idrogeno,
diesel o gas naturale: cambiano testate e sistema
d’iniezione. In futuro potrebbero essere affiancati dal
10 litri. In questo momento è difficile puntare delle
fiches. Dipenderà anche dall’amministrazione Trump.
Il Tier 5 Epa potrebbe incassare uno stop. Un ragionamento
che vale per tutti gli attori della filiera.
La squadra agricola
di Cummins
annovera anche il
4,5 litri strutturale e
il 9 litri in versione
Barley.
terra
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39
deutz. In abiti “classici” e in “verde”
fpt industrial. Tra powerpack diesel, gas naturale ed elettrificazione
EVER GREEN
Sì, sempre verde, anche
staccando le due parole.
In un duplice senso:
Deutz crede e investe nel
motore a combustione
interna, anche a idrogeno,
e nelle interpretazioni
convenzionalmente
green, incarnate dal
sistema elettrico E360
A dare bella mostra di sé, il
TCD 2.9 sia in formato HP che
HT, il TCD3.9/4.0, il TCD 5.2, il
TTCD 7.7, il TCG 7.8 Hydrogen
e l’E360 Electric System.
QUEI DUE PILASTRI
Sui quali si fonda
l’approccio di FPT
Industrial sono
l’aggiornamento
del motore a
combustione interna
e, va da sé, la ricerca
dell’elettrico su
misura per ogni
applicazione. Nella
consapevolezza che
queste due strategie
devono intersecarsi
L’F28 è ritratto in
veste powerpack.
Il motore è diesel,
in onore di Antonio
Carraro e BCS che
proprio grazie a lui
hanno compiuto
quello che per loro
è un inedito salto
in alto: a quota 100
cavalli.
terra
Nella postazione Deutz abbiamo avuto un
“Virgilio” d’eccezione, membro del CdA,
a capo dell’ingegneria e del commerciale
(Chief Technology Officer e Chief Sales Officer),
Markus Müller. Un’intervista che ha riverberato
un’eco “storica”, dal momento che Müller dal
primo marzo 2025 salirà il gradino più alto della
regione Emea di CNH, diventandone presidente.
Con 16 anni di Deutz impressi nella biografia,
conosce anche i corridoi di Colonia e ha contribuito
a dirigere il timone nella direzione intrapresa
dal nuovo consiglio di amministrazione.
Pillole di saggezza
Vi bastino queste due pillole, estratte dalla sua
esternazione: «Deutz ha con certezza deciso di
investire negli endotermici anche in proiezione
futura» e «l’idrogeno è la soluzione che ci guiderà
verso un futuro a zero emissioni di CO 2
ed è
per questo ci stiamo investendo». In queste poche
parole trovate la sintesi della strategia Dual+, che
anticipa le tendenze del 2025. I sinistri scricchiolii
dell’industria automobilistica hanno indotto gli
stessi colossi continentali a tornare sui loro passi,
riabilitando il bistrattato diesel-elettrico e ripensando
le forche caudine del 2035 come sigillo
temporale sull’estinzione del motore a combustione
interna.
Declinando il combustibile nelle modalità del
TCG 7.8 Hydrogen, Müller ci ha fornito un altro
spunto illuminante: «Abbiamo avviato la produzione
a ottobre 2025, ha già trovato applicazione
nel ferroviario e nello stazionario e ce ne saranno
altre nel corso dell’anno. Lo vedrete in diverse
fiere in cui potremo presentare e lo vedrete in
diverse applicazioni».
Come dire, Deutz è uscita dall’isolazionismo del
Coreum, per riaffacciarsi alle fiere di settore, e
c’è chi crede nell’idrogeno, adesso la palla passa
nella metà campo dei decisori politici. Il 6
cilindri (AxC 110 x 136 mm) è capace di 220
chilowatt a 2.200 giri, con un momento torcente a
1.000 Newtonmetro, stabili tra 1.400 e 1.600 giri,
è all’opera in Cina. Dall’11 di settembre 2024 è
entrato in funzione a Pechino il primo del centinaio
di generatori di corrente alimentati a idrogeno,
equipaggiati dal TCG 7.8 H2 alla Chinese
State Innovation Zone ZGC.
In rappresentanza della famiglia “classic”, il TCD
3.9/4.0 (AxC 99 x 128 mm), 129,4 kW e 700 Nm,
che conserva l’Egr solamente per il IIIA. Il TCD
2.9 si è mostrato in formato HD, affiancato dal
TCD 5.2 (AxC 110 x 136 mm), 170 kW e 950 Nm,
e dal TTCD 7.7 di derivazione Daimler/mtu (AxC
110 x 135 mm), 280 kW e 1.550 Nm. A perorare la
causa verde di Deutz, oltre al termico “idrogenato”,
il sistema elettrico E360, disponibile con una
capacità nominale di 42,2 e 84,4 kWh.
FPT Industrial e l’agricolo. Una relazione aperta
e dinamica, raccontata da Michele Lopez, Off-
Road Portfolio and Product Management. Due
binari, paralleli, diretti alla stessa meta. Si chiama
“two-pillar strategy”: su un pilastro c’è il miglioramento
continuo dei motori a combustione interna,
destinati a proseguire. Alcuni testimonial sono
l’XCursor 13, eletto Alternative Engine Award, il
Cursor 16 TST, a doppio stadio, che ha trovato casa
sullo Steiger 715 di Case IH, High Power TotY,
l’F28, Diesel of the Year 2020. Una unità eclettica,
che si presenta sia diesel, accolto in origine a
bordo del Carraro Agricube Pro, che a biometano
(è il caso di Fontanafredda e del New Holland TK
Methane Power) e in una raffinata versione ibrida.
Lopez ha descritto le soluzioni endotermiche di
FPT Industrial come «affidabili, robuste, con una
delicatezza progettuale nell’aprirsi a soluzioni alternative.
In prima battuta l’Hvo, compatibile a tutte
le soluzioni Stage V, che non richiede modifiche,
nemmeno ai filtri».
Avanguardia del gas naturale
Abbiamo citato l’XCursor 13, Lopez ci ricorda che
«FPT Industrial è stata pioniera nel gas naturale,
sia nel mondo on-road che off-road. Anche la dedizione
a questa tecnologia dimostra la nostra apertura
a seguire le evoluzioni del mercato. L’F28 in
esposizione è diesel, in onore di due famiglie di
specializzati che portano i rispettivi marchi per
la prima volta a saltare l’asticella dei 100 cavalli.
Le serie R di Antonio Carraro (anche la serie
Cento adotta lo stesso monoblocco, nella taratura
da 55 chilowatt, alias 74,8 cavalli) e pure BCS.
Un motore modulare, il Diesel of the Year 2020,
che adatta la posizione dei filtri per semplificare
gli accessi, le tipologie di alternatore, il soffiante
posizionato alto o basso, ed è flessibile anche
nell’alloggiamento del post-trattamento. Sotto i 56
kW al Doc si accompagna il Dpf, che scompare
una volta sbarcato negli Stati Uniti. L’installazione
è singola, per semplificare la vita agli Oem.
Sopra i 56 kW compare l’ineludibile HI-eSCR2.
La formulazione ibrida non è solo a 48V, con architettura
P1. Stiamo lavorando per uno “scaling”
sull’alta tensione e per rendere sinergiche queste
due strategie». Il secondo pillar riposa sul cardine
dell’elettrico: l’eBS 42, pacco batteria da 42
kWh, eroga potenza alle terne elettrificate 580EV
di CASE. «La sostenibilità non deve essere aleatoria,
ma pratica», puntualizza Lopez.
Con una punta di malcelato orgoglio, Michele Lopez
evidenzia che nelle valutazioni della giuria del
Tractor of the Year che hanno assegnato il “Best of
Utility” allo Steyr 4120 Plus, è espressamente indicato
l’F36, che ha conservato gli ingombri dell’F34.
terra
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pitteri violini. Isuzu, JCB Powertrain e Kioti
rama motori. Con John Deere ha alzato l’asticella
È UN BEL POWER
Per la precisione, un
powertrain, quello
che Pitteri Violini è in
grado di allestire. JCB
ha coagulato motori,
trasmissioni e assali
in un’unica divisione.
L’azienda di Baranzate
dispone nel suo arco
anche delle frecce di
Kioti, oltre a Isuzu, e
della componentistica
domestica
DELLE PRESTAZIONI
Ocmis ha presentato una pompa da irrigazione che si fregia della
motorizzazione JD4. Un’anteprima mondiale per il compatto di John
Deere, che ha centrato il traguardo dei 129 chilowatt. Rama si è attrezzata
per fornire soluzioni integrate
Rama si è trovata
sotto le luci dei
riflettori dell’intero
universo John
Deere Power
Systems. A
Bologna è stata
la prima volta di
un’applicazione
motorizzata dal JD4,
seppure in versione
prototipale.
terra
Ve lo abbiamo raccontato sul numero di giugno.
Pitteri Violini ha fatto en plein. Il prospetto motoristico
delle applicazioni mobili industriali affianca
JCB Power Systems e Kioti all’antica rappresentanza
di Isuzu in Italia. Abbiamo rivisto a Bologna
Leonardo Zappella, Managing Director.
«Dopo avere saltato due edizioni, ci presentiamo
all’Eima al gran completo. La principale novità riguarda
il marchio JCB Powertrain, che accorpa i
motori nella stessa divisione di cambi, trasmissioni,
assali». Pitteri Violini è quindi abilitata a distribuire
le soluzioni complete della creatura di Lord Bamford.
«Esponiamo il 440 in configurazione Ipu, allestito direttamente
da JCB. Cablaggi e pannelli sono invece
ascrivibili a Pitteri. Sopra i 55 chilowatt, l’allestimento
prevede l’Scr in unico blocco, completo di serbatoio,
centralina e dosatore. Il post-trattamento del 55,
81 e 97 kW può essere “rear mount”, dietro la campana,
oppure “top mount”. Il 112 e il 129 kW sono
previsti solo top mount». E l’Ecomax a idrogeno che
abbiamo visto in Inghilterra? «Sarà disponibile nel
primo trimestre del 2025. C’è qualche abboccamento
con dei costruttori italiani per le prototipazioni». Altro
capitolo, a firma Daedong. «I coreani hanno esteso la
gamma in alto, con il 4J383TA, che eroga da 71 a 104
kW al regime di 2.200 giri. Il brand Kioti è orientato
ai mercati nord-americano ed europeo. Si è aggiunto
anche il 3L 123, 1,23 litri meccanico, Stage V, da 18,3
kW. Altri motoristi hanno dovuto detarare dei motori
esistenti». Pitteri Violini ha realizzato configurazioni
Ipu per tutte le unità esposte. Anche Kioti si sta attrezzando
per lanciare un powerpack, proprio quest’anno,
che si appoggerà a una rete mondiale di assistenza. La
rappresentanza di Kioti non si limita ai motori: tra le
frecce a disposizione del distributore, anche le divisioni
Hydrotech, componentistica oleodinamica, e Gear.
Isuzu rimane il fulcro di Pitteri Violini. «Sono in via
di commercializzazione le versioni per gruppo omologate
Tier 4 Final, per gli Oem che hanno mercato
oltreoceano. Il 4L2 è tuttora il best seller, aggiornato
Stage V/Tier 4F». I giapponesi sono rinomati per l’accuratezza
delle fasi propedeutiche alla commercializzazione.
Nel linguaggio di Isuzu, si chiama Quality
gate. «È la conditio sine qua non per ricevere il via
libera: prevede un summit dei tecnici di ogni reparto
(meccanici, elettrica, software, etc). Il QGate si applica
alla prototipazione e abilita l’Oem all’installazione
senza nessuna riserva».
Un’edizione all’insegna del Cervo, l’Eima nella
prospettiva di Rama Motori, da oltre tre decadi
distributore italiano di John Deere. La narrazione
del Cervo è esposta nel perimetro di Rama.
Ocmis ha presentato sotto le proprie insegne una dei
primi tre prototipi del JD4 a livello mondiale. L’azienda
di Castelvetro (Modena) ha adottato il quadricilindrico
con canna da (quasi) litro (AxC 99 x
128 mm) su una pompa di irrigazione, in versione
powerpack. Una volta calato il sipario sull’Eima,
la macchina si è messa subito al lavoro. Nella carta
d’identità del JD4, l’incremento di coppia e densità
di potenza, rispettivamente pari al 19% e al 25%,
risparmio di carburante e intervalli di manutenzione
più lunghi, con un ingombro inferiore del 20-30%.
All’atto della presentazione del 3,9 litri, l’escursione
della potenza si iscriveva tra 63 e 120 chilowatt.
All’Eima è salita a 129 chilowatt. Si fregia del titolo
di novità anche la versione del JD9 con turbo singolo,
che si affianca al biturbo (una turbina fissa,
l’altra waste gate). Altre frecce nell’arco, il JD14 e il
JD18. Anche il primo spinge sulla potenza per litro,
maggiorata rispetto alle configurazioni da 13,5 litri.
Con una potenza di 510 kW e una coppia di 3.050
Nm, ha maturato decine di miglia di ore di funzionamento
su macchine che lavorano a ciclo intensivo,
come le mietitrebbie e le raccoglitrici di canna da
zucchero. Il JD18, Diesel of the Year 2021, è l’unità
industriale più performante di John Deere, con un
range di potenza esteso da 522 a 677 kW (700-908
cavalli), conforme allo Stage V senza la necessità
di alcun post-trattamento dei gas di scarico e un design
concepito per favorire l’accessibilità ai filtri e
agli organi vitali del motore. La relazione tra John
Deere Power Systems e Rama procede quindi spingendo
sull’acceleratore e spalancando al distributore
le porte su potenze finora inaccessibili. Il passaggio
conseguente a questa inclinazione sarà la maggiore
attenzione all’industriale, evitando di rinchiudersi
nella zona di conforto dell’agricolo, per aprire il
ventaglio di applicazioni accessibili nell’arco dei
prossimi 3-4 anni. In merito all’integrazione elettrica,
Rama prosegue nella politica accorta dei piccoli
passi. È in piedi qualche abboccamento, prototipi
di piccole macchine per l’agricoltura che si stanno
convertendo all’elettrico, integrando batterie, assali
e controller di Hydrogear. Il powerpack del 9 litri
adotta una trasmissione Funk, azienda in orbita John
Deere, i cui prodotti sono stati immessi sul mercato
OE. Rama intende proporre sempre più le pump
drive, per fornire powerpack completi. PSI presidia
la sezione bassa del listino, Weichai su quella alta è
direttamente, fino a 1.100 kVA a 50 Hz. La richiesta
dei gruppisti negli ultimi mesi del 2024 ha alzato l’asticella
della potenza. Dal mese giugno sono riprese
le richieste di motori a gas.
terra
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VM Motori. Stage V, ibrido e termico a idrogeno
volvo penta. All’Eima e ad Ecomondo
RITORNO A CASA
DAMMI UN “BESS”
VM Motori si è
manifestata a due passi
da casa, nello scenario
della meccanizzazione
agricola, dove ha
costruito le sue fortune.
In bella vista, il 4 cilindri
da 3 litri Stage V, un
ibrido confezionato con
4e-Consulting e il 2,2 litri
a idrogeno. Tutti i motori
VM sono approvati Hvo
terra
44
L’R304H5 Hybrid è l’ibrido
di cui ci ha parlato Paolo
Patroncini di 4e-Consulting
nel numero precedente.
È uno dei tre protagonisti
dell’allestimento di VM Motori
a Bologna.
VM Motori, dov’eravamo rimasti? Ne abbiamo
parlato a proposito dei transporter Caron,
un rapporto di lunga durata che testimonia
l’appeal che Cento continua ad esercitare sui veicoli
industriali. Riportammo anche le indiscrezioni
sulla paventata cessione. C’erano in ballo due
potenziali acquirenti, uno nordeuropeo, l’altro italiano.
All’Eima l’azienda in orbita Stellantis si è
manifestata in salute nel giardino di casa. Qui le
radici nella meccanizzazione agricola sono ancora
fertili e Cento dista da Bologna Fiere appena
una trentina di chilometri. Che cosa ha combinato
VM negli ultimi anni? Ci siamo soffermati sulla
omologazione Euro 6E e Stage V dell’R756, nella
nomenclatura EH. Un monoblocco limato nella
sagomatura, soprattutto in altezza, per favorire la
rastrematura dello sbalzo anteriore. In questa edizione
dell’Eima abbiamo parlato con Mauro Puglia,
Industrial & Marine Engines Business Unit General
Manager, VM Motori. Abbiamo chiesto a lui di illustrarci
il terzetto schierato allo stand. Si comincia dal
“tradizionale”, il 3 litri R754EU6EH (AxC 94x107
mm). «Il 4 cilindri Stage V presenta un sistema di
scarico compatto, compatibile con l’omologazione
Euro VI E, top mounted, disegnato per applicazioni
trattoristiche. Il sistema di scarico è innovativo ed è
composto da catalizzatore, Dpf ed Scr».
L’R304H5 Hybrid non è ignoto ai lettori di PO-
WERTRAIN. È lui l’ibrido a cura di 4e-Consulting
al quale fece cenno Paolo Patroncini sul numero
di novembre. L’unità è di derivazione automotive,
mediante le sinergie con la casa madre (si tratta del
celeberrimo Multijet). Ci spiega Mauro Puglia: «la
novità è un 4 cilindri da 1,3 litri, leggero, appena
250 chili, compatto e molto efficiente, che arricchisce
la nostra gamma e che presentiamo in versione
ibrida, accoppiato a un motore elettrico 48 Volt, da
circa 20 chilowatt. È figlio della collaborazione con
il Gruppo Zapi. La potenza complessiva è di 75 kW».
Infine, la scelta coraggiosa, e controcorrente, di convertire
a idrogeno l’R753, un 3 cilindri da appena
2,2 litri (AxC 94x107 mm). Una tendenza, quella
della conversione all’idrogeno degli endotermici, che
impatta prevalentemente sulle cilindrate tra 13 e 15
litri, vedi Cummins, FPT Industrial e Weichai.
«Il terzo prodotto che presentiamo» prosegue Puglia
«è il più innovativo, l’R753 nella versione a idrogeno.
Ha beneficiato in questo ultimo anno di un
intenso testing e sviluppo. Abbiamo riprodotto le
prestazioni della versione diesel, rispettando i limiti
di emissione Stage V senza il sistema di scarico, che
era uno degli obiettivi primari dello sviluppo».
Parafrasando Ligabue, il pittore, dammi un bacio, anzi, un Bess. Concepito in tandem con
Tecnogen, lo stoccaggio a batteria di Volvo si presta all’alimentazione dei veicoli elettrici,
e non solo. A Rimini anche il D17. A Bologna, il D8 idrogeno e diesel, e la driveline elettrica
All’Eima Ilenia Procicchiani
è di casa.
Sulle pagine di PO-
WERTRAIN compare nelle
vesti di Industrial Sales
manager di Volvo Penta
per il Sud Europa, sia sulla
sponda stazionaria dell’industriale
che su quella delle
applicazioni mobili. Le
miscele e i combustibili alternativi
vanno di moda, a
Bologna Volvo ha esposto il
D8 Stage V dual fuel, iniezione
diesel seguita dall’erogazione
di idrogeno,
concepito a quattro mani
con CMB Tech. Altra voce
del capitolato verde, l’electric
driveline. A Göteborg
sono impegnati a rendere
il sistema più flessibile D,
per fornire il battery energy
storage anche all’off-road,
completo di batterie, thermal
management system e
cablaggio. Come dire, se
vuoi il sistema al completo,
te lo forniamo. Idem per la
parte di energy storage. L’eco
di Ecomondo è arrivato
fino a qui. Nello spazio di Volvo Penta troneggiava
il D17, concepito per l’ammiraglia Aero della casa
madre, fino a 780 cavalli, con una curva di coppia
che si è impennata a 3.000, 3.400 e 3.800 Nm. Si
è trasferito pure alla generazione, alimentabile ad
Hvo al 100%, ed è conforme alla Direttiva europea
sulle Energie Rinnovabili “REDII”. A breve
sarà affiancato da una versione gas, pioniere di una
piattaforma per i combustibili rinnovabili. Bollino
verde per il Bess, Battery energy storage subsystem:
Volvo fornisce il blocco DC, le batterie e il
sistema di gestione termica. I costruttori potranno
personalizzarlo, anche mediante l’integrazione di
inverter. La componentistica proviene dal gruppo
Volvo, certificata off-road, trasportabile, scalabile,
alta densità energetica. È stato pensato per quegli
ambienti sprovviste della rete. Come dire, un’alternativa
progressiva al gruppo di emergenza. Ma
non solo! «La prima applicazione che ci viene in
mente» chiarisce Ilenia Procicchiani, «è la ricarica
All’Eima, il dual fuel a idrogeno e la driveline elettrica (qui a
destra). A Ecomondo, il D17 e il Bess (Battery energy storage
subsystem), in collaborazione con Tecnogen.
dei veicoli elettrici». Trovate una rappresentazione
di questa immagine nella chiacchierata con Giorgio
Paris in merito a Bruno Generators. Questo progetto
è stato infatti sviluppato congiuntamente a Tecnogen.
Si è accennato alla trasportabilità. Occorrono
delle precise certificazioni per trasportare questo dispositivo
in ambiente urbano. Volvo le ha. Il Bess si
propone di accumulare l’energia ed erogarla là dove
silenzio e pulizia sono l’imperativo. Rispetto al termico,
questo sistema evita la fuoriuscita di gasolio.
Forniti container, inverter e sistema antincendio, il
resto dell’allestimento è a cura dell’Oem.
A proposito di BGG, concludiamo con le parole del
Ceo, Renato Bruno. «Abbiamo avuto un track record
positivo nell’utilizzo delle soluzioni di alimentazione
affidabili di Volvo Penta nei nostri generatori,
motivo per cui confidiamo che la nostra incursione
nello stoccaggio dell’energia tramite batterie rappresenterà
un’entusiasmante evoluzione della nostra
relazione».
terra
45
Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
NOVEMBRE/DICEMBRE N. 11-12 - 2024
ANNO 33°- euro 5,00
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
VADO E TORNO EDIZIONI www.vadoetorno.com ISSN 0042 2096 Poste Italiane s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
un salto
nel
futuro
Estratto da ‘VADO E TORNO’ n. 12, 2024
Estratto da ‘AUTOBUS’ n. 12, 2024
STY 2025 LE NOMINATION ● innovationT CONVEGNO, AWARD
E WORKSHOP: IN TANTI A BRESCIA PER CAPIRE QUALE SARÀ IL FUTURO
DEL TRUCK ● ANTEPRIME DAF, LA GAMMA - RENAULT TRUCKS T RACER
NISSAN INTERSTAR ● PROVA VOLVO FH460 AERO ● HANNOVER
L’ORA DEGLI OUTSIDER ● POLITICA DE PROFUNDIS SUGLI INCENTIVI
11
12
NOVEMBRE
DICEMBRE
2024
MENSILE
€ 3,00
Prima immissione:
12 novembre 2024
IN QUESTO NUMERO
SETRA MULTICLASS LE HYBRID IN
PROVA CONSUMI, REPORTAGE
DA EUMO E FIAA, VERSO
IBE, A CASA DI ALLISON, LA
TRANSIZIONE GRADUALE, SBY
Semaforo
verde
In una giornata
cominciata col
cielo minaccioso
e proseguita
con abbondanti
dosi di pioggia, il
pesante stradale
svedese con
l’abito Aero mette
lì la migliore
prestazione di
tutti i tempi del
nostro Supertest,
percorrendo
la distanza di
4,29 chilometri
per ogni litro
di gasolio
consumato
Così lontano non era mai
arrivato nessuno. D’altronde
era difficile soltanto
immaginarlo. Percorrere
4,29 chilometri, sì, avete letto
bene, 4 chilometri e 290 metri
per ogni litro di gasolio consumato,
con una combinazione
trattore più semirimorchio a 44
ton di peso. È un qualcosa da
stropicciarsi gli occhi. Salvo
convincersi, dati alla mano,
non prima di aver controllato
e ricontrollato i numeri mille e
una volta, che sì, è tutto vero.
Super prestazione dello svedese
Il cacciatore
di record
È record dei record. Superato,
e non di poco, il precedente
primato di 4,18 km/l che aveva
abbattuto la storica barriera dei
4 chilometri/litro.
È vero, i record sono fatti per
essere superati. Quel che è impossibile
conoscere è quando e
soprattutto di quanto.
Diciamo la verità, con nomi e
cognomi: lo straordinario 4,18
col quale non più tardi di un
anno fa, il Man Tgx 18.520
aveva riscritto la storia superando,
prima volta per un pesante
stradale, la soglia dei 4 km/l,
pareva destinato a rimenere imbattuto
a lungo. Invece, eccoci
qui a raccontare l’ennesima impresa
firmata dal Volvo Fh460
Aero, che sposta ancora oltre
i confini dell’efficienza e del
rendimento. (...)
Prosegue a pag. 48
di Vado e Torno di
Novembre-Dicembre 2024.
Inquadra il QRcode e
leggi l’articolo integrale.
Diesel contro la burocrazia.
I fondi italiani destinati al
rinnovo della flotta autobus
del trasporto pubblico locale
impongono l’esclusione del motore
a gasolio da qualsiasi piano.
Il diesel, insomma, “non s’ha da
fare”. Ma questi vincoli possono
essere considerati un limite? Sì.
È ciò che emerge dallo studio
“Analisi delle opportunità e delle
criticità per la transizione energetica
nel tpl in Italia”, realizzato
da Pierluigi Coppola e Francesco
De Fabiis. Una transizione più
Lo studio sulla transizione del tpl italiano
Ci vuole
calma
graduale alle alimentazioni alternative
consentirebbe, infatti, il ricambio
di un maggior numero di
veicoli con effetti positivi sull’età
media del parco mezzi. Che è poi
l’obiettivo prioritario del settore,
perché ne dipende la sua attrattività
e dunque l’attuazione dello
shift modale, con la riduzione
dell’utilizzo dell’automobile privata.
Le analisi mostrano anche
che per mantenere gli autobus
nella categoria “under 10” nel
prossimo futuro serviranno altre
risorse.
La conta degli autobus impiegati
per il trasporto pubblico locale
è di 43mila veicoli (19mila per
il servizio urbano e 24mila per
quello extraurbano). L’età media,
stabilita al 30 giugno 2024,
è stimata in 10,5 anni (9,5 per
la flotta urbana e 11,3 per quella
(...)».
Prosegue a pag. 20
di Autobus di Novembre-
Dicembre 2024.
Inquadra il QRcode e
leggi l’articolo integrale.
La transizione
graduale alle
alimentazioni
alternative
fa meglio e
presenta dei
vantaggi. Bandire
i motori a diesel
dal processo
non fa bene
perché riduce
il ricambio dei
mezzi in attività,
ma non solo.
La sintesi dello
studio “Analisi
delle opportunità
e delle criticità
per la transizione
energetica nel
tpl in Italia”
realizzato da
Pierluigi Coppola
e Francesco De
Fabiis
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47
ioioni
N.12 - 2024 ANNO 29°
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com
ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
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SUPPLEMENTO A TRATTORI
DICEMBRE
N°2 2024
NOVEMBRE
VADO E TORNO EDIZIONI - www.vadoetorno.com - ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/ MI - EURO 3,50
I campioni
Estratto da ‘TRATTORI’ n. 12, 2024
Estratto da ‘e-Construction’ n. 10, 2024
FOCUS
END OF WASTE
Il DM 127/2024 apre
le porte ad una visione
razionale del settore ma
rimangono punti irrisolti
TEST IN CAMPO
Escavatore idraulico
KOBELCO SK140DSR-7
Pala gommata
HITACHI ZW250-7
ECOMONDO
2024
EIMA 2024: GRAN SUCCESSO NONOSTANTE IL MERCATO IN ROSSO
IN CAMPO: HITACHI 250W-7. PRESTATA DAL MOVIMENTO TERRA
MATERIAL HANDLER
Sicurezza, tecnologia ed
efficienza con diverse
forme di alimentazione
Da questa
edizione sono sei
le categorie di
trattori premiati
come Tractor
of the Year. Nel
giorno inaugurale
di Eima la
proclamazione
dei vincitori.
Ecco nomi e
caratteristiche dei
TotY 2025
Tractor of the Year 2025
I magnifici sei
tegoria MidPower, dedicata ai
trattori tra 150 e 280 cavalli. Il
premio TotY Utility, riservato ai
trattori multiuso di potenza tra
70 e 150 cavalli è andato allo
Steyr 4120 Plus, mentre il TotY
Specialized, per trattori adatti a
vigneti, frutteti, terreni collinari e
montani se lo è aggiudicato l’Antonio
Carraro Tony 8900 TRG.
Sustainable TotY, che premia il
modello più innovativo dal punto
di vista della sostenibilità è stato
assegnato al Fendt e107 Vario,
mentre l’AgXeed 5112 T2 si è
C
ome sempre nel giorno di
apertura di Eima International,
si è svolta la cerimonia
di premiazione del Tractor of the
Year, che quest’anno si presentava
in un formato completamente
rinnovato con ben sei categorie
di premi.
Il verdetto dei 25 giurati del
TotY, 25 giornalisti provenienti
da 25 Paesi diversi, ha sancito
la vittoria del Case IH Quadtrac
715 nella categoria HighPower,
per trattori con oltre 300 cavalli
e del Fendt 620 Vario nella caaggiudicato
il premio TotYBot,
riservato ai trattori robotici senza
cabina. Due volte al giorno, uno
dopo l’altro, con il sottofondo di
uno speaker che ne illustrava le
caratteristiche tecniche, i 20 trattori
hanno sfilato in un apposito
percorso facendo sentire il rombo
dei loro motori. (...)
Prosegue a pag. 22
di Trattori Dicembre 2024.
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Impianti mobili. Riciclare ogni materiale
La qualità è il
primo obiettivo
se le macchine rivestono un ruolo
fondamentale con una demolizione
selettiva dove le attrezzature
sono un elemento cruciale. Ma
subito dopo arrivano gli impianti
che, nella stragrande maggioranza
dei casi, sono frantoi e vagli
mobili in grado di operare direttamente
in cantiere. Parliamo
dunque di macchine che rappresentano
un investimento importante
(ma esiste comunque sempre
il noleggio come intelligente
e flessibile forma di possesso) e
che quindi devono raggiungere
Si fa presto a dire “frantumare”.
In realtà il processo
di lavorazione dei rifiuti
da costruzione e demolizione
è oggi un valore aggiunto che
deve seguire regole ben precise
per poter ottenere un prodotto
di qualità. Se infatti il percorso
di valorizzazione delle macerie
inizia prima ancora di iniziare a
demolire, ossia quando si esegue
lo strip-out della struttura, occorre
poi proseguirlo con un’attenta
selezione che deve tenere conto
dell’obiettivo finale. In questa fagli
obiettivi prefissati. L’evoluzione
tecnologica consente oggi
di avere macchine in grado di
raggiungere livelli di lavorazione
che, un tempo, erano riservati e-
sclusivamente agli impianti fissi.
Dai frantoi fino ai vagli abbiamo
infatti la possibilità di valorizzare
il prodotto finale in modo accurato
(...)
Prosegue a pag. 26
di e-Construction di Ottobre
2024. Inquadra il QRcode e
leggi l’articolo integrale.
Un mercato che
chiede sempre
più qualità
per ottenere
aggregati riciclati
di alto livello.
Una strada che
i costruttori di
impianti mobili di
frantumazione
e vagliatura
hanno intrapreso
volentieri. Anche
sulla scorta
delle singole
esperienze nel
mondo della
selezione degli
inerti. Una
scuola che
investe anche il
mondo del riciclo
con risultati
sorprendenti
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CARON/bis
TUTTO
FARE
La missione di
Caron si esalta con il
temperamento del
motore diesel. L’eC70,
a quattro mani con
MOVe, dimostra però
l’apertura all’elettrico
Motori e componenti per OEM
Cultura, tecnica, impieghi
e mercato del motore diesel.
Fondato nel 1986
Direttore responsabile
Maurizio Cervetto
Coordinatore redazionale
Fabio Butturi
In redazione
Stefano Agnellini, Ornella Cavalli,
Fabrizio Dalle Nogare, Stefano Eliseo,
Fabio Franchini, Riccardo Schiavo,
Cristina Scuteri, Luca Vitali
Ha collaborato
Maria Grazia Gargioni
Impaginazione e grafica
Marco Zanusso
Gestione editoriale
Fabio Zammaretti
Stampa
Industrie Grafiche RGM srl,
Rozzano (Mi)
oem&motori
Prima l’intervista ad Andrea
Caron, pubblicata sul numero
di Novembre, spazio
a un’anteprima assoluta: il primo
veicolo elettrico di Officine
Brevetti Caron, l’eC70, in collaborazione
con MOVe. A esplicita
domanda sull’elettrificazione,
Andrea Caron rispose: «Stiamo
affrontando il tema del full electric
per cercare di capirne le
potenzialità, i costi ed anche le
implicazioni da un punto di vista
produttivo».
Le potenzialità, almeno in questa
prima fase, sono espresse
dall’eC70. Batterie da 35 kWh
con tensione operativa di 350
VDC, un sistema di ricarica AC
Mod2 da 22 kWh, che consente
una ricarica rapida ed efficiente.
Il motore offre 140 kW di potenza
ed è predisposto per una presa di
forza ePower da 15 kW aggiuntiva
alla trasmissione meccanica.
In merito all’idrogeno: «È molto
allettante. Ti fa pensare all’uscita
di semplice vapore acqueo dagli
scarichi, al green per eccellenza.
I motoristi poi dicono che, dai primi
test, già gli attuali propulsori,
con piccole modifiche, sembrerebbero
adatti. Ma rimane il grande
problema della sicurezza. Per garantire
un’autonomia paragonabile
al diesel si calcola occorra 5,5
volte il volume dei serbatoi attuali
con idrogeno pressurizzato a 700
bar. Non riesco a pensare di avere
a bordo carburante altamente
infiammabile immagazzinato a
quelle pressioni su macchine soggette
a continue sollecitazioni, al
rischio di urti o di ribaltamenti
lavorando su forti pendenze. Per
ora sono quindi perplesso sull’utilizzo
dell’idrogeno allo stato puro
per alimentare i transporter».
L’opzione gas/biometano potrebbe
avere senso?
«Francamente finora non abbiamo
mai ricevuto richieste per alimentare
nostri mezzi con questi
carburanti. Mentre sentiamo parlare
sempre più di frequente degli
HVO. Penso che nei prossimi
anni ci saranno sempre maggiori
investimenti sia per lo sviluppo di
nuovi carburanti sintetici alternativi
che di batterie più performanti
e meno dipendenti dall’utilizzo di
materie rare. Perché probabilmente
non ci sarà una unica tecnologia
vincente sulle altre, ma
coesisteranno soluzioni diverse a
seconda della potenza e della destinazione
d’uso del veicolo».
In ultima battuta, riprendendo il
discorso abbozzato sulla consolidata
collaborazione VM Motori,
che ha esposto all’EIMA: «Ciò ci
pone dei vincoli stringenti sugli
ingombri e quindi le dimensioni e
la flessibilità che ci ha dato VM
nell’installazione dei loro propulsori,
in particolare per quanto
riguarda l’alloggiamento dei vari
dispositivi di trattamento dei gas
di scarico è stata sicuramente
fondamentale. Poi i VM, storicamente,
si sono sempre distinti per
avere un alto valore di coppia disponibile
sin dai bassi regimi ed
anche questa è una qualità molto
importante quando si opera sui
pendii».
Fotolito
Industrie Grafiche RGM srl,
Rozzano (Mi)
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di Milano n.860 del 18 dicembre 1987
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