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Speciale_Archeo2007

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S

2007

La Geomatica per i Beni Culturali,

Architettonici, Archeologici e Artistici

GEOmedia incontra

Giorgio Accardo

Modelli 3D multiscala a Grumentum

Valle dei Templi: dalla nascita

dell’archeologia al laser scanner 3D

Un report dal Salone

del Restauro di Ferrara



SOMMARIO

Direttore

RENZO CARLUCCI

direttore@rivistageomedia.it

Comitato editoriale

FABRIZIO BERNARDINI, VIRGILIO CIMA,

LUIGI COLOMBO, MATTIA CRESPI,

MAURIZIO FAVA, SANDRO GIZZI,

LUCIANO SURACE, DONATO TUFILLARO

Direttore Responsabile

DOMENICO SANTARSIERO

sandom@geo4all.it

Hanno collaborato a questo numero:

G. ACCARDO, L. ANGELI, C. ARIAS,

C. BALLETTI, C. BENNARDO, F. BERNARDINI,

G. BOSELLI, M. G. BULGARELLI, A. CARLINO,

L. CARMIGNANI, G. CRISTOFORETTI,

C.FABBRI, R. GABRIELLI, R. GALLOTTI,

G. GRUPPIONI, F. GUERRA, G. KIEFFER,

E. LATINI, S. LEGNAIOLI, P. MELI, V.

PALLESCHI, D. PELOSO, M. PIPERNO,

S. PIRO, G. RADI, E. SALVETTI, M. C. SALVI,

R. SALVINI, L. SEBASTIANELLI, E. TOGNONI

Redazione, Marketing e Distribuzione

Geo4All

Via Arrigo Boito, 126

00199 Roma

Tel. 06.62279612 / 06.8600696

Fax 06.62209510

Skype: redazione.geomedia

E-mail: marketing@geo4all.it

diffusione@geo4all.it

redazione@geo4all.it

Amministrazione

A&C2000 s.r.l.

Via Arrigo Boito, 126

00199 Roma

Web: www.geo4all.it

E-mail: info@geo4all.it

Progetto grafico e impaginazione

DANIELE CARLUCCI

Stampa

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Guidonia (RM)

Condizioni di abbonamento

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è di € 45,00.

Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell'abbonamento

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costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I

fascicoli non pervenuti possono essere richiesti dall'abbonato

non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo.

Editore

Domenico Santarsiero

Registrato al tribunale di Roma con il N° 243/2003

del 14.05.03

ISSN 1386-2502

Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità

dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del

contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e

con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico,

ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati,

senza il consenso scritto dell’editore.

Editoriale

4

S

“Save the world’s cultural heritage”

umanisti e scienziati insieme di Renzo Carlucci

Intervista

6

I mille volti dell’arte del Restauro.

Intervista a Giorgio Accardo a cura della Redazione

Case Studies

14

20

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28

34

36

38

Dal modello numerico alla reintegrazione della forma

di Caterina Balletti e Francesco Guerra

GIS e tutela del patrimonio ecclesiastico

di Elena Latini

Valle dei Templi: dalla nascita dell’archeologia al laser

scanner 3D di Alessandro Carlino

Melka Kunture: tecniche digitali per

l’archeologia preistorica Autori vari

Studio e recupero 3D della necropoli di Colle del Forno

di Roberto Gabrielli, Daniela Peloso e Salvatore Piro

Analisi sui pigmenti di ceramica neolitica tramite

tecniche Raman e LIBS Autori vari

Report

40

Ferrara: un punto di riferimento per i Beni Culturali

di Fulvio Bernardini

Aziende e tecnologie: una rassegna mirata ai

Beni Culturali a cura della Redazione

2007

La Geomatica per i Beni Culturali,

Architettonici, Archeologici e Artistici

GEOmedia incontra

Giorgio Accardo

Modelli 3D multiscala a Grumentum

Valle dei Templi: dalla nascita

dell’archeologia al laser scanner 3D

Un report dal Salone

del Restauro di Ferrara

La copertina di questo speciale è dedicata

all'uso dei sistemi laser scanner per la

documentazione ed i rilievi nel campo dei

beni culturali. In particolare il sistema

mostrato è l'ILRIS 3D distribuito in Italia da

Codevintec (www.codevintec.it), utilizzato

per la chiesa di S. Pietro di Porto Venere.

Le prestazioni permettono di rilevare

oggetti territoriali distanti anche oltre 1000

metri.

Un video sul lavoro svolto a Porto Venere

può essere scaricato da:

www.geo4all.it/geomedia/ilris.zip


GEOmedia

Speciale

“Save the world’s cultural heritage”

umanisti e scienziati insieme

Nel quadro delle varie competenze, proprie degli esperti che operano nel settore del patrimonio

culturale, si assiste da qualche tempo ad una esplosione di interesse talmente ampia che sembra

quasi di assistere ad una contesa tra di essi allo scopo di salvare il Bene Culturale.

La generazione precedente alla nostra, ha gestito il patrimonio essenzialmente tramite operatori di

formazione umanistica che difficilmente affidavano a tecnici specialistici le analisi tecnico-scientifiche.

Gli ingegneri, i geofisici, i chimici, i geometri e gli altri tecnici ad alta specializzazione erano difficilmente

coinvolti nell’effettuare analisi sul patrimonio storico dal momento che, nell’epoca dell’espansione umana,

le attività principi dell’ingegneria e delle scienze connesse, erano devolute esclusivamente allo “sviluppo”

anziché alla conoscenza del patrimonio storico.

Basta citare ad esempio la diatriba recente (degli anni ’80) relativa al rilievo diretto o indiretto dei

monumenti che salutò in maniera molto diffidente la tecnica fotogrammetrica dedicata a questo scopo, a

volte anche disconoscendola, in quanto obbligava l’operatore ad essere distaccato, ed evitava il necessario e

caratteristico contatto diretto con l’opera d’arte.

Una diffidenza ed una sfiducia dovute soprattutto alla mancanza di conoscenza specifica durante la

formazione di base, nel momento in cui, come ad esempio nella Facoltà di Ingegneria, non esistevano

specifici corsi dedicati al Patrimonio esistente in alternativa ai corsi destinati al patrimonio “da costruire”.

Da quando, invece, ci si è forse resi conto che il costruibile è stato quasi tutto costruito, e che l’estrazione di

materie prime e il loro consumo per fonti energetiche porta qualche scompenso al nostro mondo, l’occhio

degli ingegneri e dei tecnologi si è rivolto alla conservazione del patrimonio costruito e alle analisi per la

salvaguardia delle opere d’arte. Chissà che prima o poi non venga istituito qualche corso di “Demolizione

del Costruito” e di “Ricostruzione del territorio” per i nuovi ingegneri del futuro che dovranno cimentarsi

con problemi eco-ambientali enormi. Chissà, ad esempio, se la tanto praticata indagine geosismica non

venga applicata solo all’archeologia, anziché per la ricerca di falde petrolifere.

La pioneristica visione dell’Istituto Centrale del Restauro che primo ha avviato gruppi tecnico-scientifici

all’analisi dell’opera d’arte con mezzi fisico-chimici-meccanici e biologici ha aperto la strada a quello che

oggi è ormai diventato dominio di molte istituzioni e gruppi privati. Anche se, spesso visibilmente, rimane

aperta la discussione sulle competenze dello storico che utilizza e richiede prestazioni al mondo tecnologico.

La formazione dei giovani in Italia è sempre più indirizzata alla conoscenza del nostro patrimonio e il

fascino delle tecnologie porta alla realizzazione di gruppi interdisciplinari ove le competenze umanistiche si

integrano a quelle tecnologiche.

E’ normale che in questo quadro nascano dei pluriesperti, ossia operatori provenienti prevalentemente dal

mondo umanistico che apprendono l’uso di tecnologie ormai alla portata di tutti, quali ad esempio il GPS o

le nuove Total Station, dove tutte le conoscenze acquisite dai tecnici possono essere memorizzate e ripetute

con software adeguati e messe a disposizione da chiunque.

Nelle pagine seguenti il filo conduttore e il tema principale è dunque questo: la necessaria integrazione tra

umanisti e scienziati per la salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’Umanità.

Buona lettura,

Renzo Carlucci

Lettere al Direttore: direttore@rivistageomedia.it

4



GEOmedia

Speciale

Intervista

I mille volti dell’arte

del Restauro

Intervista a

Giorgio Accardo

Giorgio Accardo (al centro), insieme ad una rappresentanza di

tecnici del Laboratorio di Fisica dell’ICR e di esterni, che

hanno collaborato alla realizzazione del modello

fotogrammetrico del Marco Aurelio

ell’ambito di questa seconda edizione dello speciale Archeomatica, ci siamo spinti oltre le tecnologie

classiche di documentazione legate alla geomatica come disciplina. In tale contesto abbiamo voluto

indagare il mondo del restauro, attraverso una intervista al dott. Giorgio Accardo, Direttore del Laboratorio di

Fisica dell’Istituto centrale del Restauro, che ha contribuito con la sue ultradecennale esperienza, a capire

come e quali siano le tecnologie che piu’ si prestano all’indagine, alla documentazione e all’intervento di

Nrestauro di un’opera d’arte o di un bene archeologico o, piu’ in generale, di un bene culturale.

GEOmedia – Tecnologia e restauro. Due mondi che

sembrano antitetici ma che in realtà hanno molto in

comune. Perché?

Giorgio Accardo – La tecnologia è sempre presente,

perché legata indissolubilmente ai temi dello sviluppo e

dell’evoluzione, che caratterizzano e condizionano il modo

di vivere di ogni civiltà.

Ogni oggetto che viene prodotto, nasce con specifiche

funzionalità ed è in pratica il risultato di un processo di

lavorazione della materia che può avvalersi di tecniche

industriali, artigianali o artistiche.

Nel primo caso l’industrializzazione del processo, basata

su tecniche automatiche di lavorazione, è finalizzata alla

produzione di una grande quantità di oggetti tutti uguali, ma

possono essere prodotte anche serie limitate

di oggetti, come ad esempio accade nella

produzione delle Ferrari, o oggetti unici

come nel caso delle barche a vela che si

contendono la coppa America.

Nel secondo caso, le serie di oggetti

prodotti sono necessariamente limitate e gli

oggetti non sono perfettamente uguali

perché il processo di fabbricazione è

caratterizzato dalla lavorazione manuale.

Quando interviene anche l’estro creativo

dell’artista il prodotto è un’opera d’arte

unica, a prescindere dalla tecnica di

lavorazione seguita. Ma, se un tempo

l’opera d’arte era il risultato di un processo

creativo legato ad una tecnologica di

“...se un tempo

l’opera d’arte era il

risultato di un

processo creativo

legato ad una

tecnologica di

lavorazione

artigianale, oggi può

essere anche figlia di

una tecnologia

industriale o di un

processo misto di

lavorazione.”

lavorazione artigianale, oggi può essere anche figlia di una

tecnologia industriale o di un processo misto di lavorazione.

La differenza tra oggetto ed opera d’arte non sta però

nella serialità o meno della sua produzione ma nell’unicità

della sua ideazione, della sua bellezza, della sua forma, del

suo potenziale estetico, nell’ autenticità del suo messaggio

universale, fermo restando che senza il mezzo materiale

attraverso cui l’opera d’arte si manifesta noi non

potremmo mai percepirla.

Poiché, come Cesare Brandi insegna, non si restaura

l’opera d’arte ma si restaura solo il mezzo materiale

attraverso cui l’opera d’arte si manifesta, è allora

impossibile eseguire un corretto restauro se non si ha

anche una approfondita conoscenza del processo

tecnologico seguito per la sua

realizzazione, se non si conosce il

comportamento fisico, chimico e

meccanico dei materiali costitutivi. Questa

conoscenza è di fondamentale importanza

per poter operare nel restauro, è la

condizione necessaria senza il rispetto della

quale il restauratore rischia di

compromettere in modo irreversibile il

mezzo fisico attraverso cui l’opera d’arte si

manifesta, pregiudicandone per sempre la

sua percezione.

L’Istituto Centrale per il Restauro nasce

nella piena consapevolezza del legame che

esiste tra materia ed opera d’arte, tra

tecnologia e restauro.

6


GEOmedia

Nel 1939, con la fondazione dell’Istituto, è di fatto

iniziato il cambiamento che ha rivoluzionato il modo di

restaurare. Giulio Carlo Argan racconta che “I restauratori,

allora, erano artisti o artigiani, spesso abili ed esperti, ma

sempre empirici; fu proprio per questo che con Cesare

Brandi, con cui eravamo fraternamente amici dal giugno

del 1932 quando ci incontrammo la prima volta a Siena,

decidemmo di promuovere la trasposizione del restauro dal

piano artistico-artigianale al piano scientifico.”

Ed è per questo che gli artefici di tale iniziativa hanno

voluto che all’interno dell’Istituto fossero contemplati

laboratori scientifici: per la caratterizzazione delle tecniche

artistiche, per l’analisi dei materiali costitutivi dei

manufatti, per lo studio del comportamento fisico/chimico

dei materiali impiegati per il restauro, per la conoscenza

dei processi di deterioramento e la ricerca sistematica delle

cause di degrado.

Conseguenza di tale impostazione sono le innovazioni

tecnologiche che fin dall’inizio sono state sviluppate dai

laboratori scientifici dell’Istituto.

GEOmedia – Vista la lunga esperienza come fisico

all’ICR può raccontarci quale ruolo ha ricoperto

storicamente il laboratorio sotto l’aspetto

dell’avanzamento tecnologico negli strumenti

d’indagine, di intervento e di conservazione?

G.A. – Già nel 1952 il Laboratorio di Fisica anticipa

nella sostanza l’applicazione della Tomografia Assiale

Computerizzata (TAC), realizzando per la prima volta

un’apparecchiatura per eseguire indagini Stereo Strato

Radiografiche (SSRX) al fine di individuare i difetti

presenti all’interno del materiale, di determinare la loro

posizione, le dimensioni di eventuali perni e/o saldature

all’interno delle statue e così via per le differenti tipologie

di manufatti.

Nel 1954 venne sviluppato il telaio elastico, una

soluzione innovativa per risolvere i problemi di degrado

dei dipinti su tela. Le molle utilizzate dal sistema, oltre a

controllare il comportamento elastico della tela, possono

essere utilizzate come strumento per misurare il livello di

tensionamento iniziale della tela e le sue possibili

variazioni nel tempo. Stranamente questa soluzione, pur

essendo molto semplice ed efficace, è stata poco praticata.

Ma forse non è molto strano perché, come spesso

accade, le innovazioni tecnologiche troppo precoci non

vengono quasi mai recepite al momento in cui sono

proposte.

La stessa cosa è accaduta, ad esempio, con il concetto di

restauro preventivo introdotto da Brandi che ancora oggi

stenta ad essere praticato.

A questo proposito proprio negli anni ’70 il Laboratorio

di Fisica ha lavorato, sotto la guida dell’allora direttore

Giovanni Urbani, all’elaborazione del “Piano Pilota per la

Conservazione Programmata dei Beni Culturali in

Umbria”. E’ questa la prima proposta tecnica in grado di

organizzare sistematicamente la pratica della prevenzione.

Per poter attuare il restauro preventivo in modo estensivo

ed organico bisogna conoscere lo stato di conservazione

dell’opera e le cause di degrado. Di conseguenza, se si

vuole agire correttamente allo scopo di prevenire qualsiasi

tipo di danno, è necessario misurare lo stato di

conservazione di ogni singolo bene, misurare e controllare i

parametri responsabili del degrado dei materiali costitutivi.

Il Laboratorio di Fisica ha contribuito fin da allora al

raggiungimento di tale obiettivo individuando e mettendo a

punto da una parte tecniche di misura e di Controllo non

Distruttivo (PnD), come la termovisione, l’interferometria

olografica, l’endoscopia, e dall’altra, collaborando

all’elaborazione dei primi modelli normalizzati per la

schedatura dello stato di conservazione.

Purtroppo il “Piano Umbro” non sarà mai realizzato

perché viene ostacolato da una mentalità che non è in

grado di recepire proposte tecnologiche avanzate, come nel

caso del telaio elastico, perché predilige invece gli

interventi di estrema urgenza, di indilazionabile

emergenza, come lo stesso Brandi aveva già sperimentato

molti anni prima.

Negli anni ’90, ricorrendo alla tecnologia GIS, il

Laboratorio di Fisica contribuisce alla realizzazione del

primo Sistema Informativo Territoriale per la valutazione

del rischio di perdita di ogni singolo bene appartenente al

Patrimonio Storico Artistico italiano e per la

rappresentazione, sotto forma di carte tematiche, di tutti i

dati che concorrono a tale fondamentale determinazione:

dai dati geografici di base, comprendenti l’identificazione e

la posizione sul territorio del singolo bene, ai dati afferenti

il dominio della Pericolosità Territoriale, come la sismicità

del territorio, l’inquinamento, ecc, a tutti quelli che

definiscono la Vulnerabilità Individuale di ogni bene

schedato.

Speciale

Il sistema di Radiografia Stereo Stratigrafica

(SSRX) messo a punto nel 1952

La forma dell’Italia

disegnata dalle

coordinate

geografiche

utilizzate dal GIS

della carta del

rischio per

localizzare 100.000

beni sul territorio

7


GEOmedia

Speciale

Dunque un GIS che, dopo aver rivisto ed aggiornato il

modello di scheda già elaborato in occasione del Piano

Umbro, si propone di acquisire, attraverso la schedatura, i

dati necessari a determinare lo stato di conservazione dei

beni, allo scopo principale di costituire il primo DBMS

nazionale in grado di calcolare la Vulnerabilità e il Rischio

di perdita di ogni singolo bene, tenendo conto delle

variazione che nel tempo possono subire tali parametri.

Queste informazioni sono di capitale importanza se ci si

propone la pratica sistematica del restauro preventivo e se,

in altri termini, si intende avviare una politica di

conservazione dei beni storico artistici basata sulla

manutenzione programmata, sulla pianificazione degli

interventi e sulla distribuzione delle risorse in funzione

delle reali necessità conservative.

Ma quella stessa mentalità, cui si è appena accennato,

riesce ancora una volta a impedire il raggiungimento di

tali importanti obiettivi, anche se questi sono già a portata

di mano. Grave è il danno che si produce quando

applicazioni tecnologie così complesse, sviluppate con

grande dispendio di risorse, sono distolte dagli scopi per

cui sono state concepite. In questo caso la cattiva gestione

e l’uso improprio di questa innovazione tecnologica si

contrappone ancora oggi alla formazione del DBMS della

Vulnerabilità di tutti i beni appartenenti al patrimonio

storico artistico italiano, perpetrando una carenza

informativa che solo il Ministero dei Beni Culturali può e

deve colmare. Ma cosa ancora più incredibile è che questa

mentalità, che sta minando alla base la missione principale

dell’ICR perché impedisce la pratica del restauro

preventivo, si manifesta proprio attraverso la componente

storico artistica dell’Istituto stesso.

GEOmedia – Il Progetto Marco Aurelio è stato un

momento molto importante sia a livello tecnologico che

metodologico. Cosa può raccontarci a proposito?

G.A. – L’esperienza del Marco Aurelio è iniziata nel

1979, in seguito alla bomba fatta esplodere il 19 aprile da

un gruppo di terroristi sulla piazza del Campidoglio, ed è

Marco Aurelio: visualizzazione al computer del modello

digitale 3D, secondo la restituzione fotogrammetrica per

sezioni (5 mm)

terminata il 21 aprile 1997, con la collocazione della copia

al posto dell’originale.

E’ stata un’occasione unica che ha permesso di

verificare e confermare la validità dell’approccio

metodologico ereditato da Brandi e consolidato da Urbani.

Il lavoro svolto nell’arco di oltre 15 anni, grazie anche ai

contributi forniti da una comunità tecnico scientifica

allargata, ha permesso di definire una serie di applicazioni

tecnologiche, la cui validità generale si è confermata tutte

le volte che in seguito si sono dovuti affrontare altri casi

di opere in bronzo, dai monumenti equestri del Mochi a

Piacenza, al Perseo di Cellini, al caso più recente del

Satiro danzante di Mazara del Vallo.

Il Marco Aurelio è stata l’occasione in cui ho sviluppato

anche un nuovo ed originale procedimento, dedicato

soprattutto alla scultura, e basato sul rilievo geometriconumerico

della forma. Al tempo del restauro del Marco

Aurelio non esistevano i sistemi di rilievo basati sulla

scansione laser 3D. L’unico modo possibile di generare un

modello digitale 3D di una forma non riconducibile ad

una figura geometrica regolare era quello di utilizzare il

rilievo fotogrammetrico. Il processo di restituzione

prevedeva allora la rappresentazione della statua rilevata

solo per curve di livello. I 6 prospetti ottenuti dal plotter

erano un bel disegno utilizzato al più come

documentazione grafica in aggiunta a quella fotografica. I

dati rilevati costituivano in realtà la memoria numerica

della forma nella dimensione tridimensionale dello spazio,

corrispondevano a quello che oggi è il modello digitale

3D. Ho allora proposto di utilizzare i 6 prospetti per

localizzare nella rappresentazione topografica tutti i dati

che interessavano le caratteristiche costruttive del

manufatto, i difetti, le riparazioni, i punti di prelievo per le

analisi ecc. Allo stesso tempo ho sviluppato un processo di

lavorazione automatica a controllo numerico che,

utilizzando i dati della fotogrammetria restituiti per

sezioni invece che per curve di livello, consentiva di

materializzare, per aggiunta di strati di uguale spessore, la

forma della statua. Questo mi ha dato la possibilità di

costruire modelli fisici in scala ridotta e conformi

all’originale che ho utilizzato come cavie per condurre

tutte le sperimentazioni necessarie senza sottoporre a

rischi di danno l’originale. Pertanto prima ho utilizzato il

modello digitale 3D per eseguire la simulazione al

calcolatore del comportamento statico strutturale del

Marco Aurelio tramite il metodo di calcolo agli elementi

finiti, a seguire il modello fisco per mettere a punto la

tecnica di misura tramite estensimetri.

Quando è emersa la necessità di collocare il monumento

in ambiente confinato per proteggerlo dall’inquinamento,

abbiamo potuto realizzare anche la copia, senza procedere

tramite la tecnica tradizionale del calco diretto. Grazie al

procedimento da me ideato e messo a punto abbiamo

realizzato un modello fisico stratificando le sezioni

restituite dalla fotogrammetria ogni 5 mm. Ciò ha

permesso di evitare all’originale tutti i rischi di danno cui

sarebbe stato sottoposto se si fosse usato il silicone.

8


Nessuno poteva controllare lo spazio... fino al suo arrivo.

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GEOmedia

Speciale

Il modello “fotogrammetrico” del

Marco Aurelio realizzato per

aggiunta di strati da 5 mm

Avete idea di

quanti frammenti di

doratura sarebbero

stati strappati

durante la

sformatura del

silicone?

Grazie alla

immaterialità del

modello numerico

di partenza è stato

anche possibile

maggiorare del 2%

la dimensione del

modello stratificato

per compensare il

ritiro del bronzo. In

questo modo la

copia del Marco

Aurelio, oltre ad

essere fedele, è stata

la prima ad avere le

stesse dimensioni

dell’originale.

Proseguendo nella stessa direzione le ricerche condotte

dal Laboratorio di Fisica dell’ICR hanno permesso di

cogliere anche negli sviluppi più recenti della tecnologia

digitale 3D altre importanti occasioni di innovazione. Lo

dimostrano i risultati ottenuti per il Satiro danzante di

Mazara del Vallo, (vedi il sito www.ilsatiro.it, ndr).

L’applicazione dei processi di reverse engineering insieme

all’utilizzazione dei nuovi sistemi di rapid prototyping

hanno di fatto aperto nuove prospettive per la

documentazione di forme complesse, per trovare le

soluzioni più adatte al problema della ricomposizione di

L’aspetto di questa copia, che dal 1997 si trova sul

Campidoglio, non dipende dal processo tecnologico messo

a punto ma dalla patinatura decisa dagli archeologi del

comune di Roma. La stessa scelta avrebbe conferito lo

stesso aspetto anche ad una copia ottenuta da calco diretto.

La decisione di questa patina non è stata da me mai

condivisa, così come non lo era quella di integrare

manualmente la superficie del modello fotogrammetrico al

fine di ottenere un risultato più simile a quello del calco

diretto.

In alternativa avevo proposto di utilizzare il modello

fotogrammetrico, in quanto rappresentazione rigorosa

dell’originale. Il modello discreto si distingue in modo

esplicito dall’originale grazie agli scalini che

caratterizzano la sua superficie. In questo modo il modello

non si presta ad essere confuso come invece avviene se a

sostituire l’originale è la copia ottenuta da calco diretto.

Quante persone sono invece ingannate dalla copia del

David di Michelangelo esposta a palazzo della Signoria?

Quando si deve integrare un volume mancante, come

nel caso del Campidoglio, l’aspetto discretizzato della

superficie ha la stessa funzione del tratteggio praticato per

l’integrazione delle lacune pittoriche: non disturba la

lettura dell’immagine e, da distanza sufficientemente

ravvicinata, permette di riconoscere la parte non originale

da quella originale.

La soluzione da me proposta, pur essendo più coerente

con la teoria del restauro, non è stata mai accettata.

Evidentemente quella mentalità cui si accennava prima si

manifesta in tante forme diverse e riesce ad essere sempre

presente per ostacolare la diffusione di utili innovazioni

tecnologiche.

Le “nuvole di punti” acquisite durante la scansione

laser 3D del Satiro di Mazara del Vallo. In basso a

destra una vista laterale del modello

parti staccate o mancanti, per lo studio e per la memoria

della forma di una scultura.

La costruzione sistematica dell’archivio digitale 3D

della Scultura, proposta dal Laboratorio di Fisica fin dal

tempo dei finanziamenti stanziati dal governo per sfruttare

i cosiddetti Giacimenti Culturali, non può essere

ulteriormente rinviata e, per finanziare il progetto,

dovrebbe essere sufficiente che l’Istituto ed il

Dipartimento dell’Innovazione Tecnologica del nostro

Ministero si ricordassero che è stato un attentato a

provocare il restauro del Marco Aurelio, che l’attuale

minaccia di atti terroristici o vandalici non è di sicuro

diminuita, così come continua ad essere presente il rischio

di eventi catastrofici, naturali o no, e che l’azione degli

agenti inquinanti, è lenta ma continua.

GEOmedia – L’ICR è da sempre un referente

d’eccezione nello scenario del restauro e

dell’innovazione nella gestione di particolari aspetti dei

beni culturali. Può illustrarci qual è il ruolo specifico e

la collocazione dell’ICR nel contesto generale del

Ministero per i Beni e le Attività Culturali?

G.A. – Si può dire che l’Istituto Centrale per il Restauro

sta al Ministero per i Beni e le Attività Culturali come

l’Istituto Superiore di Sanità sta al Ministero della Sanità.

L’ICR è un’istituzione pubblica la cui missione

10


GEOmedia

fondamentale è quella di studiare i meccanismi di

deterioramento delle opere d’arte, di ricercare e di

sviluppare metodi e tecniche di misura, di indagine e di

intervento per la conservazione ed il restauro delle opere

d’arte. Sulla base dei risultati ottenuti l’ICR ha anche il

compito di formare e di produrre le direttive per chi deve

operare. Ma, a differenza di quello che avviene con

l’Istituto Superiore di Sanità, i risultati e le indicazioni

diffuse dall’ICR sotto forma di raccomandazioni operative,

di protocolli, di norme, di consulenza ecc., non sono

vincolanti, perché non sono mai state trasformate in norme

di legge, nonostante la validità e la correttezza sia stata

riconosciuta di fatto anche all’estero.

Ciò significa che gli operatori privati ma anche pubblici

possono agire liberamente, ossia anche in maniera

difforme da quanto stabilito dall’ICR. A volte è accaduto

che le stesse Soprintendenze o altri Uffici del Ministero,

abbiano operato in contrasto con le indicazioni dell’ICR,

con conseguenze dannose per l’opera interessata

dall’intervento. Così capita anche di dover intervenire

d’urgenza, per correggere gli errori, sprecando tempo e

risorse.

La prima volta che le indicazioni dell’ICR sono

diventate norme di legge risale a pochi anni fa quando,

sotto la spinta federalista della Lega, si sarebbe dovuto

decidere sul passaggio dei Musei alle Regioni. Si tratta di

un documento tecnico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale,

riguardante lo standard minimo cui doveva rispondere un

museo per garantire condizioni idonee alla conservazione

dell’opere in esso contenute.

L’Istituto ha lavorato da più di 30 anni, in

collaborazione con il CNR, ai cosiddetti gruppi Normal.

Questi gruppi hanno prodotto molti documenti tecnici

riguardanti le norme da rispettare per il trattamento dei

materiali lapidei, ma questi ultimi non hanno mai avuto

valore vincolante. Solo di recente, ma sempre con grandi

difficoltà ed ostacoli da parte delle Direzioni Generali del

Ministero si è raggiunto un accordo con l’UNI (l’Ente

Italiano di Unificazione delle Norme tecniche, ndr) per

trasformare i documenti dei gruppi Normal in norme

ufficiali, in standard riconosciuti per legge e quindi

vincolanti per chi opera in questo campo.

GEOmedia – Come si muove l’ICR nell’ambito

internazionale e che rapporti ha con l’ICCROM e con

le altre istituzioni del settore?

G.A. – Con l’ICCROM (International Centre for the

Study of the Preservation and Restoration of Cultural

Propert, ndr) abbiamo un rapporto di collaborazione

costante. L’accordo prevede che una certa percentuale del

tempo dei tecnici ICR sia riservata ad attività per

l’ICCROM. Questo tempo, nella maggioranza dei casi,

viene dedicato ai corsi di formazione e training che

l’ICCROM organizza soprattutto per la formazione degli

operatori dei paesi in via di sviluppo.

Altre volte la collaborazione viene data per particolari

progetti di ricerca o per interventi di conservazione e di

restauro organizzati dall’ICCROM anche all’estero.

In molti altri casi il rapporto di collaborazione con

l’estero nasce su richiesta del paese interessato, che

riconosce la validità del modo di operare dell’ICR.

Questo riconoscimento viene da molti paesi esteri, per

cui il numero dei tecnici dell’Istituto che esportano la

conoscenza e l’esperienza maturata in questo campo è

negli ultimi anni aumentato. Oggi possiamo trovare una

sorta di sezioni della scuola italiana di restauro distaccate

in Cina, in India, in Argentina e spesso siamo chiamati

anche in situazioni belliche molto critiche, come è

accaduto a Baghdad ed in Afghanistan. Recentemente

abbiamo avuto l’attenzione anche dei giapponesi, che sono

venuti a trovarci in Italia, per conoscere meglio le nostre

applicazioni tecnologiche, in particolare in relazione al

GIS della Carta del Rischio, ed ai dispositivi in fibra di

carbonio che abbiamo realizzato per movimentare in

sicurezza il Satiro danzante, proprio in occasione del suo

trasferimento prima al Museo Nazionale di Tokyo ed, a

seguire, alla EXPO 2005 di Aichi.

GEOmedia – L’Italia possiede il più ricco patrimonio

artistico del mondo e le capacità degli operatori nel

campo dei beni culturali e del restauro non sono da

meno. Aziende, tecnologie, know how: quali sono i

valori d’eccellenza che gli italiani possono promuovere

all’estero su questo fronte?

G.A. – Credo che le applicazioni tecnologiche di cui

abbiamo finora parlato, abbiano tutte le carte in regola per

essere promosse all’estero, come anche molte altre

Qui sopra, Roberto Ciabattoni, tecnico del Laboratorio di

Fisica dell’ICR, controlla l’apertura delle casse all’arrivo del

Satiro alla EXPO 2005 di Aichi, in Giappone

Sulla destra, il “guscio protettivo” per il Satiro Danzante è

stato realizzato stratificando le fibre di carbonio sul prototipo

del Satiro derivato dal modello digitale 3D

Speciale

11


GEOmedia

Speciale

sviluppate dai nostri Laboratori di Chimica, di Biologia, di

Prove sui Materiali, e di cui non c’è stato modo di parlare.

La loro promozione non dovrebbe essere neanche molto

difficile perché l’attenzione e l’interesse per gli sviluppi

tecnologici da noi condotti in questo settore è molto

maggiore all’estero che in Italia. Tra l’altro, in questo

modo, si potrebbe avere una ricaduta utile anche per le

realtà imprenditoriali che hanno dato la loro disponibilità

per la messa a punto e la sperimentazione di tali

applicazioni. I migliori risultati si sono ottenuti quando

abbiamo avuto la possibilità di lavorare a progetti di

sviluppo e ricerca insieme ad imprese private. In questo

modo è stato possibile accostarsi a tecnologie nate per

essere utilizzate in altri settori, tecnologie che a causa dei

loro costi sarebbero stato impossibile sperimentare nella

normalità. Così diventa anche più facile individuare e

realizzare le modifiche e le integrazioni che bisogna

apportare a queste tecnologie per

poterle utilmente impiegare anche nel

settore dei beni culturali e nella

massima sicurezza.

Lo sfruttamento dei cosiddetti

giacimenti culturali, ad esempio, è

rimasto fino ad oggi confinato alla

sola formula delle mostre permanenti

e temporanee di opere, di siti ma

esistono molte altre forme possibili di

sfruttamento, legate ai prodotti

secondari che possono essere derivati

dall’applicazione di particolari

tecnologie e che potrebbero essere messi facilmente in

circolazione anche attraverso internet.

GEOmedia – Raggi X, tomografie, termografie,

sistemi laser per la riproduzione di calchi digitali e per

la pulizia delle statue fanno parte delle diverse

applicazioni verticali nel campo del restauro. Qual è il

percorso professionale per esercitare ed apprendere un

mestiere così complesso e delicato?

G.A. – “Non basta che uno scienziato ricco di idee sia

realmente versato nel proprio campo. Se i suoi pensieri

lungimiranti debbono essere fecondi gli devono essere

parimenti familiari i fatti ed i problemi dell’altro campo cui

si riferisce il suo lavoro.”

Così diceva Max Planck nel 1942 ma sono convinto che

il suo pensiero sia ancora attuale.

La facilità manuale con cui alcune apparecchiature

possono essere messe in funzione può trarre in inganno e

niente ha a che vedere con le modalità che devono essere

seguite ed osservate nell’impiegare quella particolare

tecnica di indagine allo scopo di acquisire specifici dati ed

informazioni.

L’uso ed il trasferimento di tecniche di intervento,

metodi di indagine, analisi, controllo e misura in un

settore differente da quello per cui sono stati progettati e

messi a punto non e’ automatico, ne’ immediato, ne’

semplice, come si potrebbe erroneamente credere, ma

presuppone la conoscenza approfondita dei principi fisici

“Sono convinto che un

mestiere così complesso e

delicato si può apprendere

solo all’interno di una

struttura dove è possibile uno

scambio tra esperienze

lavorative di diverse

professionalità.”

di funzionamento della tecnica che si vuole utilizzare o

trasferire, unita a quella delle specifiche problematiche

della conservazione e del restauro.

Indispensabile in tal senso è la conoscenza delle

tecniche artistiche unita alla conoscenza delle

caratteristiche chimico-fisiche dei materiali costitutivi e

del comportamento fisico-meccanico del manufatto.

Io ho imparato a fare il fisico del restauro lavorando dal

1974 all’Istituto Centrale per il Restauro, all’interno di

una struttura dove il fisico, il chimico, il biologo, il

restauratore, lo storico dell’arte sono affiancati ed ognuno

può conoscere i fatti ed i problemi dell’altro campo grazie

ad un’organizzazione così concepita proprio da uno

storico dell’arte.

Sono quindi convinto che un mestiere così complesso e

delicato si può apprendere solo all’interno di una struttura

dove è possibile uno scambio tra esperienze lavorative di

diverse professionalità.

Finora così è stato ed è merito

proprio di questa impostazione se,

almeno in questo settore, possiamo

vantare un primato che anche

all’estero ci viene riconosciuto.

Ma quanto ancora potrà durare

questa impostazione organizzativa?

Di fronte ai cambiamenti in atto da

qualche anno su tutta

l’organizzazione pubblica dei beni

culturali non so quanto questo

primato potrà durare.

E’ difficile spiegare, ad esempio, le modifiche che si

sono verificate nell’organico dell’Istituto nell’ultimo

decennio. Queste registrano solo un aumento della

componente umanistica, rappresentata oggi da più di 60

unità tra restauratori, storici d’arte, archeologi e architetti,

a fronte della componente scientifica, ridotta a meno di 20

unità, tra biologi, chimici e fisici.

Un sbilanciamento così sfavorevole ad una sola parte

non si era mai verificato, ne’ si intravedono all’orizzonte

segnali di possibili reclutamenti per invertire questa

tendenza. Anche la scarsità dei finanziamenti destinati

negli ultimi anni dall’Istituto a progetti di ricerca ed

all’innovazione tecnologica sono una conferma evidente

di questa tendenza tanto da indurre a pensare che presto

l’impostazione del restauro tornerà ad essere quella di

prima del ’39.

Bisognerebbe allora chiedersi: perché mai un giovane

dovrebbe essere interessato ad imparare un mestiere che,

secondo l’attuale tendenza, non sarà più richiesto?

A Cura della Redazione

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GEOmedia

Speciale

Case Studies

Dal modello

numerico alla

reintegrazione

della forma

di Caterina Balletti e Francesco Guerra

Negli ultimi anni gli aggettivi numerico o digitale che sempre più spesso accompagnano i termini

rilievo e rappresentazione non fanno altro che sottolineare come l’evoluzione che si è avuta

negli strumenti e nelle metodologie abbia inevitabilmente imposto un approccio diverso al

settore della conoscenza e documentazione del patrimonio culturale.

Tra le varie esperienze in atto, molte hanno lo scopo di studiare, approfondire e sviluppare

l’integrazione di tecniche per il rilievo dimensionale e la ricostruzione 3D di luoghi e oggetti con

particolare attenzione agli aspetti metrologici del problema, mediante il confronto tra metodi di

rilievo tradizionale e quelli di recente applicazione.

In particolare recentemente si è assistito ad un rapido

sviluppo di tecnologie di scansione 3D per la conoscenza

di forme anche ad alta complessità morfologica, sviluppo

che ne ha affermato l’efficacia come metodo per l’analisi

e la conservazione dei Beni Culturali.

Il rilievo del sito di Grumentum (Basilicata), caso studio

individuato nel progetto di ricerca “Sistemi di rilievo e

modellazione tridimensionali per l’architettura e

l’archeologia. Integrazione di tecniche laser scanning e

fotogrammetriche per la realizzazione di modelli 3D

multiscala mappati”, si colloca all’interno di quelle

attività sperimentali che hanno lo scopo principale di

definire dei protocolli e delle specifiche di rilievo e di

modellazione, sperimentando i più recenti strumenti nel

campo della documentazione della forma e del colore e

studiando delle forme di rappresentazione alternative o

complementari a quelle tradizionali.

Le campagne di rilievo

(agosto 2005-2006)

Per predisporre un apparato conoscitivo appropriato si

ricorre attualmente all’uso integrato di laser scanner 3D,

tecniche di fotogrammetria digitale e GPS, al fine di

ottenere un modello numerico tridimensionale. Infatti la

complessità e la ricchezza dei siti archeologici pone la

necessità di rilevare la posizione dei manufatti all’interno

di un’area urbana, di rilevare ogni singolo edificio (rilievo

dei manufatti architettonici emergenti) e di rilevare anche

ogni frammento che viene ritrovato (rilievo dei

particolari).

Il rilievo diventa dunque non solo studio della città e

delle architetture ma anche un contenitore multiscala per

la catalogazione delle emergenze, in un suo uso

strumentale alle discipline archeologiche.

Fase di acquisizione dei fotogrammi aerei da pallone

frenato nella zona del Foro

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GEOmedia

La città romana di Grumentum

La nascita di Grumentum viene fatta risalire alla

prima metà del III sec. a.C. Viene menzionata dalle

fonti dell’epoca della seconda guerra punica,

quando i Romani si scontrarono con Annibale

proprio nei pressi delle mura di Grumentum. Nel

133 a.C. diviene colonia romana grazie alla sua

posizione strategica: era collegata a Venosa e alla

via Appia, a Nord, e con la costa tirrenica e la via

Popilia a Sud. L’insediamento, che si sviluppa su

tre terrazze naturali, ospita: un teatro di età

augustea, nelle cui adiacenze sono stati rinvenuti

un tempietto di tipo italico (età Severiana) e una

grande domus con pavimenti a mosaico; il foro,

collocato nell’area centrale dell’insediamento, dove

è tutt’ora possibile riconoscere il capitolium ed un

tempio dedicato alla triade capitolina; infine la

struttura più imponente del sito, l’anfiteatro,

ubicato nell’angolo nord orientale dell’area, dalla

forma ellittica che in parte sfrutta il naturale pendio

collinare e, in parte, è costruito in muratura. La sua

nascita è quasi contemporanea all’anfiteatro di

Pompei (seconda metà del I sec a.C.).

Data la dispersione sul territorio e la varietà

dimensionale che spesso caratterizza i siti archeologici e

le architetture che su di essi insistono, il rilievo

topografico ha un ruolo fondamentale per la

georeferenziazione delle singole emergenze in un unico

sistema di riferimento e per la determinazione dei punti di

controllo invarianti in più scale di rappresentazione.

Per questo la rete di inquadramento dell’intero sito,

composta in realtà in due schemi, uno di 12 vertici

sviluppato nell’area del foro secondo la direzione del

decumano e l’altro di 5 vertici distribuiti attorno e

all’interno dell’anfiteatro, è stata realizzata con misure da

terra (strumentazione Leica TCA 2003) e GPS (Leica GPS

System 500 e GPS1200). La rete complessiva,

compensata ai minimi quadrati, ha fornito la posizione dei

vertici con SQM massimi di ±3mm.

Le procedure di rilevamento seguite sono state

finalizzate all’integrazione dei dati laser-scanning e quelli

fotogrammetrici in particolare per le parti orizzontali (a

terra, scavate o corrispondenti ai crolli). Si sono inoltre

ottimizzate le scansioni e le prese per il rilievo delle

strutture in elevazione presenti, seguendo e integrando

quanto normalmente in uso nei rilievi architettonici.

Nel caso di un sito archeologico diventa di particolare

interesse la realizzazione di un modello digitale attraverso

un DEM da terra mediante laser-scanner e delle prese

aeree calibrate da pallone frenato.

Speciale

Dal modello numerico laser scanning alla generazione dell’ortofoto dell’area del foro alla scala nominale 1:100

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GEOmedia

Speciale

Le scansioni da terra devono garantire l’ottenimento di

un modello denso e uniforme nella risoluzione di tutte le

superfici.

Il laser-scanner in dotazione al laboratorio è il modello

LMS-Z360i della Riegl integrato con camera digitale precalibrata

Nikon D100 (con ottica 20mm). Si tratta di un

sensore terrestre trasportabile, adatto all’acquisizione

veloce di immagini tridimensionali di buona qualità anche

in presenza di difficili condizioni ambientali. Il sistema,

integrando fotogrammetria e laser scanning, rappresenta

una delle migliori soluzioni tecniche oggi disponibili in

grado di soddisfare tutte le esigenze di rilievi laser scanner

terrestri.

Nelle aree di maggior interesse le scansioni sono

state fatte cercando di assicurare la maggiore

ortogonalità alla superficie, accorgimento

necessario, assieme alla ridondanza dei

dati, per la riduzione del noise

nella nuvola, oltre che

un’omogenea distribuzione

dei punti. Le nuvole

(corrispondenti a 30 scansioni

con passo 0.05°) sono

state allineate sulla base

di punti di appoggio

rilevati

topograficamente e

punti di legame

distribuiti nell’area

di scansione. La

precisione sugli

allineamenti è inferiore a

1cm.

Per garantire

un’elevata risoluzione

nelle immagini, per le

parti a terra o a

sviluppo orizzontale

si è ricorso alla

fotogrammetria da

pallone.

E’ noto come la

fotogrammetria ha un ruolo

fondamentale nel settore della tutela del

patrimonio culturale come metodo di

rilievo e di documentazione dettagliata

della struttura degli oggetti.

In particolare l’utilizzo di ortofoto o di fotopiani è

diventato comune, soprattutto in campo archeologico,

proprio per la possibilità di offrire degli strumenti di

analisi non solo metrica ma anche materica: la vista

dall’alto con la qualità di un’immagine fotografica ad alta

risoluzione permette di leggere ciò che da terra non si

vede. Soprattutto nel caso di un rilievo archeologico siamo

costretti ad abbandonare quei riferimenti preferenziali che

normalmente usiamo in architettura (direzione verticale e

piani orizzontali che corrispondono agli schemi costruttivi

Schema delle strisciata da pallone in

corrispondenza dell’Anfiteatro

architettonici): non ci sono più architetture ma frammenti

di architettura che molto spesso risultano essere in parte

nascosti da strati di terra. La lettura dall’alto aiuta la

comprensione della composizione architettonica di un

luogo.

Nel caso di Grumentum, la fotogrammetria ha avuto il

compito di fornire gli elaborati su cui basare la lettura

multisacala sito-monumento-traccia. La risoluzione delle

immagini doveva quindi assicurare una precisione non

solo metrica ma anche descrittiva a più livelli di dettaglio

e per questo si è optato per eseguire delle riprese

fotogrammetriche non convenzionali. Come si è visto

anche in altre esperienze di rilievo di luoghi

archeologici, la ripresa da aereo è spesso

sostituita da riprese fatte da elicottero,

pallone, o altri dispositivi di elevazione,

in considerazione delle dimensioni

dell’area da ricoprire e delle condizioni

ambientali. All’interno della ricerca si

è pensato di studiare l’utilizzo di

palloni frenati per l’esecuzione

di riprese fotogrammetriche

con camere digitali calibrate

ad alta risoluzione, in

quanto risulta essere

uno dei metodi

sicuramente meno

invasivi e più controllabili.

Il sistema era composto da

un aerostato a fuso sostenuto

a elio, vincolato con dei

cavi per il controllo

da terra e un sistema

radiocontrollato per

l’acquisizione delle

immagini.

Al pallone è stata

collegata una piattaforma

orientabile per la camera digitale,

una Fuji S3 (12 Mpixel) con ottiche

50 e 20mm calibrate, su cui è stata

installata anche una telecamera per la

trasmissione a terra delle immagini

corrispondenti agli scatti eseguiti.

Vista l’estensione delle aree (foro e

anfiteatro) il volo è stato progettato

per ottenere delle immagini in scala 1:50-1:100. I limiti

del sistema sono legati fortemente alle condizioni di vento

in cui ci si trova ad operare, non tanto per la definizione

della traiettoria da seguire per ottenere delle strisciate

quanto per la quota di volo: si era pensato di effettuare le

riprese da quote variabili da 50m a 20m per avere delle

risoluzioni diverse, ma la quota massima di volo è stata

attorno ai 30m per una maggiore stabilità e controllo del

pallone.

Nella seconda campagna di misure (agosto 2006) sono

state eseguite delle integrazioni con delle riprese dell’area

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GEOmedia

archeologica fatte da piccolo aereo da turismo biposto da

una quota di 200m. Nonostante l’aereo non fosse

specificatamente attrezzato per la fotogrammetria (in

quanto si trattava di un superleggero) è stato comunque

possibile realizzare delle strisciate quasi nadirali che

hanno proposto il consueto schema di rilievo

fotogrammetrico.

La realizzazione delle ortofoto del sito si è basata

sull’utilizzo del DEM denso ottenuto da dati laser scanner

e fotogrammi acquisiti da pallone. Le scale nominali

vanno dalla rappresentazione 1:200-1:100 per l’intera area

fino ad arrivare alla scala 1:50 per i singoli monumenti.

I problemi principali incontrati sono quelli noti: errori

in corrispondenza delle discontinuità (break-lines) e delle

zone defilate (aree nascoste). Il primo problema è

risolvibile lavorando sul DEM, integrando alcune zone

d’ombra delle scansioni con punti rilevati

topograficamente, mentre il secondo usando più immagini

orientate per garantire una copertura fotografica il più

completa possibile.

Speciale

Geometria e forma

I dati ricavati dal rilievo laser scanning sono stati il punto di partenza nell’affrontare la ricostruzione dell’anfiteatro di Grumentum, fornendo una

descrizione completa ed esaustiva dell’intero sito e di tutti gli elementi in esso presenti.

Il lavoro si è in particolare concentrato sullo studio dell’Anfiteatro, struttura che si presenta allo stato di rudere, ma del quale è possibile

riconoscere chiaramente l’intero impianto planimetrico.

Restituita la planimetria dello stato di fatto dal modello numerico (nuvole laser scanner allineate e registrate) è stata condotta una doppia analisi:

l’analisi geometrica, utile a rintracciare nell’anfiteatro quei rapporti geometrici-proporzionali usati dagli antichi per la realizzazione delle opere

monumentali;

l’analisi tipologica e compositiva, effettuata confrontando le caratteristiche ancora visibili dell’arena di Grumentum con alcuni anfiteatri italiani

simili per impianto tipologico e vicini sia spazialmente che temporalmente a Grumentum;

L’analisi geometrica

L’analisi critica della planimetria ha permesso di individuare un insieme di punti che, opportunamente trattati, definiscono le curve che delimitano

l’intera struttura. Queste curve, appartenenti ad elementi architettonici non manomessi nel tempo, sono i dati di partenza per rintracciare lo schema

geometrico alla base di questa architettura romana.

Lo studio si è quindi sviluppato secondo il seguente schema:

i punti di ogni singola curva sono stati interpolati con ellissi ed ovali a 4 e 8 centri di rotazione 1 , andando a valutare l’SQM per ogni singola figura;

dai dati precedentemente ricavati è stata nuovamente effettuata un’interpolazione dei punti con ovali a 4 e 8 centri di rotazione mantenendo però

fissi i centri di rotazione, i triangoli generatori e la rotazione degli assi, per poter valutare la posizione dei centri di rotazione per il tracciamento

della figura in fase di cantiere;

individuazione del più probabile coefficiente di conversione metro/piede romano;

esame delle convergenze radiali dei setti dell’edificio rispetto ai centri di rotazione degli ovali;

controllo dei rapporti geometrici sulla base della costruzione precedentemente verificata;

confronto in situ tra i dati ottenuti e l’edificio;

Seguendo questo processo di analisi è stato possibile, alla fine, rintracciare nell’Anfiteatro di Grumentum uno schema modulare tripartito, valido

sia per la pianta (3 moduli da 30 piedi ciascuno) che per l’alzato (3 moduli da 15 piedi ciascuno), generato sul modello del triangolo pitagorico 2 .

Una volta in sito (campagna di rilievi agosto 2006), sono stati materializzati a terra i centri di rotazione precedentemente calcolati, operazione che

è stata possibile effettuare avendo condotto tutte le verifiche geometriche nello stesso sistema di riferimento del rilievo. Con tale operazione abbiamo

potuto verificare le ipotesi fatte sulla base dell’analisi in laboratorio dei dati ottenuti dal rilievo.

L’analisi tipologica e compositiva

Una volta effettuate tutte le considerazioni sulla geometria dell’edificio, è stato quindi possibile integrare le analisi geometriche confrontando ogni

singola parte che costituisce l’anfiteatro con l’impianto di alcuni anfiteatri italiani spazialmente e tipologicamente vicini al nostro. Tra tutti gli esempi

visitati e studiati sono risultati di particolare interesse gli anfiteatri di Pompei (da noi rilevato sempre con tecnologia laser scanner), Cassino, Paestum,

Sutri, Castra Albana.

L’Anfiteatro di Grumentum, benché sia una struttura della provincia romana, presenta la maggior parte degli elementi che caratterizzano quelli di

Roma, a partire dall’arena cinta da un corridoio anulare coperto con volta a botte, priva di ambienti ipogei per finire con la cavea, caratterizzata da un

solo meandro, della quale è possibile tutt’ora riconoscere un podio continuo, composto da tre gradini, separato dalle gradinate destinate al pubblico da

un balteus (parapetto in muratura).

L’anfiteatro ha due sistemi che caratterizzano la struttura portante: un sistema autoportante costituito da vani compartimentati accessibili

dall’esterno coperti con delle pseudo volte a botte ad est, mentre ad ovest ritroviamo dei vani riempiti di rinterro a sostegno delle gradinate. Edifici

che presentano questo particolare sistema portante sono l’Anfiteatro di Cassino e di Castra Albana.

Attenzione viene poi rivolta all’apparato distributivo, riconoscibile negli ingressi all’arena, al podio da scale interne e alle gradinate. L’accesso a

quest’ultime presenta la caratteristica di avere entrate poste a quote differenti rispetto alla quota dell’arena, sia nei sistemi di risalita ad est che dagli

ingressi nella parte appoggiata al declivio naturale. Tra gli esempi analizzati, oltre a Pompei, il quale presenta maggiori similitudini con il nostro

edificio, ritroviamo anche l’Anfiteatro di Cassino.

Sono proprio i sistemi di risalita orientali una delle caratteristiche di particolare interesse di questo edificio. Troviamo infatti tre scale adiacenti il

muro perimetrale esterno orientale, poste rispettivamente una in corrispondenza dell’asse minore e due poste simmetricamente rispetto a questo.

Visibili oggi solo in parte, esse si compongono di due rampe convergenti su un pianerottolo posto al di sopra delle arcate d’ingresso. Un tipo simile di

accesso lo ritroviamo nell’anfiteatro di Pompei, dove esistono sei scale aderenti alla facciata.

1 In riferimento agli studi fatti dal prof C.Trevisan contenuti in Disegnare, “Colosseo:Studi e

Ricerche”, n° 18-19, Gangemini Editore, Roma, 1999;

2 Mark Wilson Jones in “Designing Amphiteatres”, Bollettino dell’Istituto Archeologico

Germanico, sezione romana, Vol.100, 2003, pag. 344-391;

(a cura di Micol Pillon e Luisa Sartorelli)

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GEOmedia

Speciale

La ricostruzione digitale

La modellazione 3D ed il conseguente rendering

fotorealistico, occupano un settore decisamente ampio per

ciò che riguarda l’applicazione della tecnologia

informatica alla risorsa archeologico-storica con la

funzione principale di facilitare la comprensione di un

luogo e evidenziare le relazioni tra i singoli elementi che

lo compongono. Tra le possibili rappresentazioni, i

modelli tridimensionali con superfici mappate con texture

fotorealistiche ad alta risoluzione sono sicuramente di

grande versatilità, nell’ottica di fornire una banca dati che

documenti lo stato attuale del sito e fornisca la possibilità

di interpretare lo stato originario e le successive

trasformazioni dei monumenti ancora visitabili. Le

mappature possono essere semplice integrazione del

modello geometrico, nel caso di texture fotorealistiche, o

il risultato di analisi specifiche.

Dati i legami sempre più stretti tra computer graphic e

rappresentazione dell’architettura e visti gli esempi spesso

pubblicati, di fronte a modelli 3D spesso ci si domanda a

cosa servano, se sono veramente utili, se diverranno

indispensabili.

La risposta a questa domanda deve quindi guidare le

fasi necessarie alla costruzione della rappresentazione

finale. La modalità con cui approcciare l’acquisizione

tridimensionale varia a seconda dei casi: deve essere

sempre chiara la finalità del modello che si vuole

acquisire. Nel caso di un rilievo per la verifica geometrica

è indispensabile che ci sia una corrispondenza metrica

puntuale tra oggetto fisico e modello numerico, mentre nel

caso di modelli realizzati per la ricostruzione virtuale di

luoghi o oggetti non più visibili, si predilige la

componente geometrico-descrittiva sulla base di analisi

tipologiche più che la corrispondenza tra reale e virtuale.

Nel caso di Grumentum, si sono volute fornire delle

rappresentazioni tridimensionali dello stato attuale del

luogo, principalmente attraverso superfici 3D (mesh)

ricavate dai dati lidar texturizzati con le immagini

calibrate ad alta risoluzione dove la qualità descrittiva e

metrica del modello è data dalla somma della componente

geometrica e dalla componente raster applicata (nei

modelli multirisoluzione mappati quindi, si deve

bilanciare la componente geometrica e quella raster in

ragione del mantenimento delle caratteristiche metriche e

semantico-percettive dettate dalla scala nominale della

Rendering del modello texturizzato del rudere

dell’anfiteatro

Unione delle scansioni nell’area dell’anfiteatro

Vista delle nuvole allineate e registrate colorate

con i valori RGB delle immagini orientate

rappresentazione) ma anche una ricostruzione 3D

dell’immagine originaria (Balletti et al. 2006).

In particolare il lavoro di modellazione si è concentrato

sull’anfiteatro, monumento che da un punto di vista

architettonico permette di affrontare delle analisi

geometrico-spaziale più interessanti, basandosi su un

approccio tipologico comparativo con altri esempi.

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GEOmedia

La difficoltà principale è quella di modellare la realtà

rilevata con tutte le sue deviazioni da una geometria

rigida, per mantenere la precisione dei dati di partenza, e

su questa ri-progettare, studiando tutti gli elementi

costruttivi e distributivi che caratterizzano questa tipologia

architettonica, la forma dell’anfiteatro.

A partire dai dati laser (circa 3 milioni di punti) si è

ottenuto un modello triangolato (circa 1.85milioni di

facce) utilizzato come base geometrica per l’estrazione di

profili fitti da utilizzare nella modellazione solida (la

difficoltà maggiore è modellare i crolli della struttura). Il

modello solido dello stato attuale è stato quindi

texturizzato con le immagini raddrizzate dei fronti

verticali e con l’ortofoto per i piani pseudo-orizzontali (le

immagini presentano una dimensione del pixel al reale di

1cm). Dato che l’anfiteatro poggia parte della cavea su un

declivio, il modello del terreno è stato ottenuto per

triangolazione dei dati laser. La mesh, opportunamente

processata, è stata poi trasformata in una superficie nurbs

modificabile per assicurare un livello di smussatezza e

continuità tra le patch che in un DTM a maglia non si può

avere. La geometria nurbs permette inoltre di garantire

una continuità e congruenza geometrica con il modello

della parte architettonica.

In base al rilievo, agli studi svolti sugli anfiteatri

appartenenti allo stesso periodo (come controllo degli

elementi costruttivi) e all’analisi geometrica (non va

dimenticato che nell’architettura romana le dimensioni

erano determinate da proporzioni), si è fatta una

ricostruzione filologica dell’anfiteatro che rappresenta sia

il recupero della memoria di un luogo (i siti archeologici

sono luoghi a molti invisibili!) sia uno strumento di

conoscenza e di comunicazione che può essere impiegato

in diversi settori scientifici. Inoltre la rappresentazione

tridimensionale, intesa come applicazione della computer

graphic, risponde fortemente ad una richiesta sempre più

pressante da chi si occupa di archeologia.

Spesso la cosiddetta virtual archeology non sempre si

basa su dati di rilievo e processi metodologici resi noti e

per tale ragione l’utente meno esperto può convincersi del

fatto che ciò che sta vedendo corrisponde alla verità.

Assumendo quindi il punto di vista dell’architetto di

fronte ad una azione di ricostruzione (ri-progettazione) di

un’architettura antica, sono stati esplicitati alcuni

fondamentali punti secondo i quali doveva essere

realizzato il modello dell’arena di Grumentum:

la congruenza geometrica del modello alle informazioni

oggettive derivanti dal rilievo strumentale;

La riprogettazione virtuale dell’anfiteatro attraverso i dati di rilievo,

l’analisi geometrica e tipologica

la congruenza costruttiva del modello in riferimento alle

tecnologie degli antichi, ovvero derivare la forma

dell’oggetto studiato da un’effettiva possibilità

costruttiva sulla base della lettura strutturale dello stato

attuale;

la congruenza formale rispetto alle indicazioni di

confronto tipologico.

Quello che si è voluto restituire con il modello finale

digitale non è tanto l’immagine dell’architettura che un

tempo esisteva, quanto piuttosto una trasposizione in tre

dimensioni delle informazioni dirette e indirette ottenute

dalle varie forme di analisi che passo dopo passo hanno

supportato le scelte operate.

Bibliografia

F. Guerra, C. Balletti, A. Adami, 3D multiresolution

representations in archaeological sites, in Proceeding of

CIPA 2005 XX Internationa al Symposium “International

cooperation to save the word’s cultural heritage”, Torino,

26 settembre – 01 ottobre 2005.

L. Peretti, C. Porporato, F. Rinaudo, La tecnica Lidar e

la modellazione 3D di ambienti complessi. Considerazioni

operative, in atti del Convegno Nazionale Sifet “le nuove

frontiere della rappresentazione 3D”, Taranto, 14-16

giugno 2006.

C. Balletti, F. Guerra, Il rilievo per la rappresentazione

3D: la città romana di Grumentum, in Atti del convegno

nazionale Sifet “le nuove frontiere della rappresentazione

3D”, Castellaneta Marina, Taranto, 14-16 giugno 2006.

C.Balletti, F. Guerra, J. Riegl, N. Studnicka, Pratical

comparative evaluation of an integrated hybrid sensor

based on photogrammetry and laser scanning for

architectural representation, in ISPRS, International

Archives of Photogrammetry and Remote Sensing”,

Commission V, ISPRS XX Congress, Istanbul, Turchia, 12-

23 luglio 2004.

G. Guidi, J.A. Beraldin, Acquisizione 3D e modellazione

poligonale. Dall’oggetto fisico al suo calco digitale,

Edizioni Poli.Design, Milano, 2004.

Autori

CATERINA BALLETTI, FRANCESCO GUERRA

balletti@iuav.it, guerra2@iuav.it

Università IUAV di Venezia

Laboratorio di fotogrammetria

Circe S. Croce 1624, 30125 Venezia

Speciale

19


GEOmedia

Speciale

Case Studies

GIS e tutela

del patrimonio

ecclesiastico

di Elena Latini

Negli ultimi anni, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha avviato un progetto

denominato Censimento delle chiese di proprietà ecclesiastica che affianca l’inventario

dei beni mobili ecclesiastici, iniziato nel 1997.

A prescindere dai preliminari e ben noti obblighi definiti dal diritto canonico e dalla

normativa dello Stato, l’inventariazione dei beni culturali della Chiesa ha assunto

carattere di necessità e di urgenza in quanto la sistematica opera di acquisizione di

conoscenze costituisce l’ovvio e necessario presupposto per intraprendere le efficaci

azioni di tutela, conservazione e recupero delle identità religiose sul territorio.

La scheda di censimento adottata dalla CEI è stata

sviluppata in aderenza agli standard definiti dall’Istituto

Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) e

denominata scheda“A-CEI”, in linea con gli accordi

vigenti tra Stato e Chiesa in materia di beni culturali e

perfezionati attraverso l’intesa del 1996.

Il progetto è maturato dalla necessità di elaborare una

modalità di raccolta delle informazioni fondamentali in

modo immediato, evitando così i campi la cui

compilazione risulta spesso essere complessa e con il fine

di rendere veloce la realizzazione della scheda e quindi

PIEVE DI SAN MARTINO, GROSSETO tratta

da http://www.rete.toscana.it/galleria/

economicamente meno onerosa in considerazione

dell’enorme quantità di beni di questa tipologia nel nostro

territorio nazionale. Per questi motivi, la struttura di base

della scheda è stata adottata la versione 3.00 di quella“A”

ICCD (2003) e la cui compilazione prevede le stesse

obbligatorietà di campi previste per la schedatura di

livello inventariale. La scheda per l’immissione dei dati

“A-CEI” è articolata in 32 paragrafi ICCD e 4 paragrafi

CEI, di cui 16 di compilazione obbligatoria per il

censimento (livello inventariale) così distribuiti: 12 ICCD

e 4 CEI.

Nella scheda censimento della CEI è stato dedicato uno

spazio significativo alle informazioni inerenti l’uso

liturgico, gli interventi di adeguamento (posizione degli

altari), lo stato degli impianti (elettrici, amplificazione,

riscaldamento) lo stato di conservazione e la storia degli

interventi di restauro, ma anche quelli riguardanti

l’individuazione geografica e giuridica.

La scheda messa a punto per il progetto della Regione

Toscana, in linee generali coerente con quella della CEI,

presenta inoltre il paragrafo “AC-ALTRI CODICI”, che

permette di collegare ogni singola scheda ad altre, anche

di tipo diverso e/o non conforme agli standard ICCD (es.

le schede del database regionale dei beni vincolati) e che

consente di collegate i dati provenienti da diversi progetti

regionali, quali ad esempio la “Carta dei vincoli”. Sono

oggetto di questo progetto di censimento tutti i luoghi di

culto, indipendentemente dalla loro proprietà (chiese

private, di enti pubblici o di persone giuridiche private

20


GEOmedia

Fotografia aerea della Pieve di San Martino,

Grosseto tratta da

http://www.rete.toscana.it/sett/pta/cartografia_sit/sit/terraflyer/start.html

senza scopo di lucro, luoghi di culto di altre confessioni,

etc.) e dall’attuale destinazione d’uso.

Nell’ambito del progetto della Regione Toscana ha

collaborato la società BeCAP s.r.l. che ha partecipato

all’attività di recupero delle informazioni riguardanti i

luoghi di culto relativi alle diocesi di Pitigliano –Sovana -

Orbetello, Grosseto e Monte Oliveto Maggiore

compilando le schede anagrafico descrittive, A-CEI e loro

informatizzazione in apposito data base.

L’attività condotta dalla BeCAP s.r.l. ha riguardato, in

26 comuni, un campione di 383 beni immobili di cui si è

effettuata la compilazione dei tracciati schedografici, con

la registrazione dei dati anagrafici, giuridici e

amministrativi, della localizzazione territoriale.

PER SAPERNE DI PIU’

DIOCESI: La diocesi è, nella Chiesa Cattolica e

nelle altre chiese di ordinamento episcopale, una

porzione della comunità cristiana delimitata in maniera

territoriale e affidata al governo pastorale di un

vescovo. In Italia può corrispondere al territorio di una

provincia anche se, con tutti i recenti accorpamenti, le

diocesi sono molte di più delle province e i loro

territori, in molti casi, sono interprovinciali.

CARTA DEI VINCOLI: La Regione Toscana, in

collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività

Culturali, Direzione Regionale per i Beni

Architettonici e Paesaggistici della Toscana, ha

realizzato un sistema informatizzato dei vincoli

storico-artistici, archeologici e paesaggistici su tutto il

territorio regionale.

Il sistema fornisce, su supporto cartografico (Carta

Tecnica Regionale in scala 1:10.000 e ove esistente in

scala 1:2.000), l’esatta georeferenziazione e

perimetrazione dei beni e delle aree soggette ai

suddetti vincoli.

L’ARCHIVIO DIGITALE: è organizzato in un data

Base Beni, contenente le principali informazioni del

bene tutelato ed un data Base Decreti, contenente le

informazioni desunte dai provvedimenti di tutela

relativi ad ogni singolo bene. Infine è possibile

visualizzare il Catalogo delle Immagini, contenenti le

scansioni di tutta la documentazione presente negli

uffici vincoli delle soprintendenze.

(http://www.cultura.toscana.it/paesaggio/carta_vincoli/index.shtml)

Speciale

Catasto Leopoldino (SEZ.: D, f.:1 ) della Pieve di

San Martino, Grosseto tratta da

http://web.rete.toscana.it/castoreapp/index.htm

Carta tecnica regionale Sez. 319110 con evidenziata la

Pieve di San Martino, Grosseto tratta da

http://www.rete.toscana.it/sett/territorio/carto/cartopage/index.htm

21


GEOmedia

Speciale

L’attività nella raccolta delle informazioni si è

sviluppata con la collaborazione degli Uffici della

Soprintendenza dei beni architettonici della provincia di

Siena e Grosseto.

La campagna di rilevamento ha rappresentato una

occasione importante per sperimentare il nuovo tracciato

schedografico della scheda A-CEI, e per poter localizzare

tutti i beni architettonici delle diocesi analizzate e per

poter aggiornare la banca dati del patrimonio culturale

della Regione Toscana.

Un aspetto fondamentale del progetto è stata la fase

legata alla georeferenziazione che consente di acquisire

direttamente la posizione del bene sul territorio ed è

necessaria per una precisa contestualizzazione

topografica. Partendo dalla localizzazione catastale del

bene immobile, spesso riportata nella documentazione

degli uffici della Soprintendenza, oppure descritta nel

Catasto Leopoldino, si è arrivati alla registrazione dei dati

che permettono di georeferenziare il bene catalogato

mediante la definizione di un punto, individuato da una

coppia di coordinate agganciate al sistema di riferimento

specificato. Infatti, le metodologie di georeferenziazione

possono essere diverse in base al tipo di bene, alla

possibilità di recarsi in situ da parte dello schedatore, alla

documentazione cartografica disponibile, alla scala di

dettaglio adottata e alle finalità specifiche di una

campagna di catalogazione. Questo paragrafo della scheda

CEI-A è stato impostato come ripetitivo, in relazione alla

possibilità di georeferenziare un bene con metodi e

tecniche diverse.

Infine sono stati indicati i dati relativi alla presenza di

vincoli diretti o indiretti posti sul bene in esame ai sensi

delle leggi di tutela attualmente in vigore, specificando

che la scheda A-CEI fa riferimento solo all’esplicita

esistenza di un provvedimento notificato e l’eventuale

tutela ope-legis viene riportata nel campo delle

osservazioni.

Il tema affrontato meriterebbe una trattazione più ampia

e approfondita arricchita dai contributi di tutti quelli che

hanno collaborato nelle varie fasi di progettazione e di

elaborazione e in base alle loro specifiche competenze.

PIEVE DI SAN MARTINO

Dati anagrafico-descrittivi

Regione: Toscana

Provincia: Grosseto

Comune: Grosseto

Località: Batignano

Indirizzo: via del Gelsomino, 14

Identificazione catastale

Foglio: 28 Particella: B

Identificazione geografica

Coordinate Gauss-Boaga

X 1.677.005 Y 4.748.408

Tipologia edilizia: Chiesa romanica

Pianta: Ad aula, con due cappelle laterali

Qualificazione: Parrocchiale

Uso attuale: Chiesa

Età di costruzione: XIII sec.

Proprietà:

Ente ecclesiastico; Beneficio parrocchiale

Vincoli esistenti: Ex D.Lgs. 490/1999 art. 5

Stato di conservazione: Buono

Bibliografia:

Repetti E. – Dizionario Geografico Fisico

Storico della Toscana

Guerrini G. - La Diocesi di Grosseto

Bibliografia

Manuale per la compilazione delle schede inventariali “OA”.

Versione 3.0.1, novembre 2001, con aggiornamenti giugno

2003, allineata ala versione 3.3 del modulo software di

inventario, a cura di M. Panzeri, CEI-Ufficio Nazionale per i

Beni Culturali - SICEI Servizio Informatico, 2003.

Introduzione al manuale perla compilazione delle schede di

censimento delle chiese, allineata alla versione 3.00 della

scheda “A” dell’ICCD, a cura di G. Caputo, CEI-Ufficio

Nazionale per i Beni Culturali - SICEI Servizio Informatico,

2003.

Strutturazione dei dati delle schede di catalogo – Beni

architettonici scheda A-CEI – Scheda standard ICCD 3.00 e

campi CEI a cura di G. Caputo, L. Gavazzi, CEI-Ufficio

Nazionale per i Beni Culturali - SICEI Servizio Informatico,

2003.

Dispense del Corso di formazione per tecnici esperti nella

archiviazione e comunicazione informatizzata del patrimonio

culturale, V. De Luca, Politecnico di Milano 2000.

Strutturazione dei dati delle schede di catalogo – Normativa

per la strutturazione e il trasferimento dei dati

A cura di P. Auer, F. Cavallini, E. Giffi, M. Lattanti,

ICCD,1998.

Strutturazione dei dati delle schede di precatalogo – Beni

architettonici e ambientali – Edifici e manufatti – Scheda A ,a

cura di L. Cavagnaro, ICCD, 1992.

Autore

DOTT.SSA ELENA LATINI

elena.latini@libero.it

BeCAP s.r.l. – ROMA

22



GEOmedia

Speciale

Case Studies

Valle dei Templi:

dalla nascita

dell’archeologia

al laser scanner 3D

er anni, il rilievo dei siti e dei monumenti archeologici è rimasto ancorato ai sistemi tradizionali,

senza che venissero introdotte novità sconvolgenti tali da potere contribuire in maniera

veramente innovativa all’azione di conoscenza e di conservazione richiesta al rilievo. Il laser

scanner e le sue applicazioni ci sembra che oggi possano dare un grande contributo a quelle

esigenze. Il Parco della Valle dei Templi di Agrigento, intravedendo tale possibilità, ha voluto

approfondire e sperimentare il loro uso nell’ambito di alcune operazioni in corso di realizzazione,

finalizzate al restauro dei monumenti e allo scavo archeologico, cogliendo proprio in questo,

il futuro tanto atteso.

Fino a qualche decennio fa, all’avvento della

fotogrammetria, il rilievo dei monumenti archeologici non

si era molto discostato dai sistemi utilizzati nei due secoli

precedenti e romanticamente illustrati in alcune incisioni

settecentesche riguardanti anche i monumenti agrigentini.

Ricordiamo le note tavole dell’opera del Saint Non

raffiguranti i templi di Giunone e della Concordia sulle

quali si vedono all’opera alcune persone chiaramente

intente ad eseguire il rilievo delle architetture, o le

incisioni prodotte qualche anno più tardi da Jean Hoüel e

raffiguranti il tempio di Esculapio, dinanzi al quale è

disteso un enorme drappo recante la pianta del

monumento (Fig. 1). Anche nei Frammenti del tempio di

Giove Olimpico, sempre dello stesso Hoüel, è evidente

come vengano rilevate le misure del triglifo con l’ausilio

di un canna metrica (Fig. 2).

Oggi che l’informatica interessa tutti gli aspetti del

rilievo, dalla misura alla elaborazione delle immagini, la

ricerca nel nostro settore si rivolge ai nuovi indirizzi e alle

possibilità che essi aprono cercando di superare gli

eventuali inconvenienti che strumentazioni sofisticate

possono presentare, parallelamente agli indubbi vantaggi

che essi offrono.

L’esecuzione del rilievo di uno scavo, o anche di un

Figura 1 - Vista dei resti del tempio di Esculapio e del

sito dell’antica Agrigento dal lato sud

(J.-P.-L. Hoüel, 1787)

Figura 2 - Frammenti del tempio di Giove Olimpico di

Agrigento (J.-P.-L. Hoüel, 1787)

24


GEOmedia

monumento archeologico, comporta la necessità di

intervenire con una strumentazione ed una metodologia

che non ne compromettano lo stato di conservazione e

soprattutto che permettano la documentazione dello

scavo, nel quale l’asportazione del materiale in situ via via

che procedono i lavori, lascia trapelare nuove

conformazioni, cancellando irrimediabilmente parte di

quello evidenziato precedentemente: il rilievo rimane

spesso, dunque, l’unica testimonianza di ciò che non esiste

più.

Il laser scanner, anche per le sue caratteristiche di

dettaglio e per l’altissima densità di informazioni

acquisite, è uno strumento che ben soddisfa questi

requisiti. Il vantaggio, come in precedenza sottolineato,

consiste essenzialmente nella rapidità con cui viene

acquisita un’enorme mole di dati, e nella capacità di

descrivere molto fedelmente lo stato di fatto di un edificio

o di una porzione di esso. L’importanza di disporre di un

rilievo estremamente preciso assume particolare

importanza quando si considera che esso costituisce

l’unica testimonianza esistente di alcune parti dei

monumenti archeologici: clamoroso è il caso dei capitelli

del tempio della Concordia, la cui forma è leggibile oggi

solamente attraverso le due copie realizzate nel 1901 e nel

2001 sulla scorta di un rilievo eseguito nel 1884 da

Giovan Battista Filippo Basile. Solo grazie alla precisione

del rilievo del Basile si è potuta conservare la forma di

una parte così importante del tempio come il capitello.

La precisione del laser scanner potrà garantire la

conservazione virtuale di tutto ciò che di fisico ci permane

del passato. Se a questo aggiungiamo la ulteriore

possibilità che un rilievo di tal genere offre per la

restituzione fisica dell’elemento rilevato, l’importanza di

tale operazione risalterà maggiormente.

Al fine di calibrare ogni singolo intervento, è necessario

stabilire delle regole, necessarie sia per evitare che

l’intervento rimanga fine a se stesso, sia per progettare le

scansioni, sia ancora per elaborare i dati in funzione della

geometria dell’oggetto e del prodotto che si desidera

ottenere. I prodotti finali del rilievo possono essere

molteplici: visualizzazioni tridimensionali che permettono

di avere una visione dell’oggetto in tutta la sua

complessità e che permettono di ottenere ricostruzioni per

applicazioni di realtà virtuale o ancora ricostruzioni delle

superfici e generazione di profili orizzontali e verticali ed

ortofotopiani per mezzo di foto acquisite con camere

calibrate.

Riferendoci alla sperimentazione condotta presso il

Parco della Valle dei Templi, prima di dare inizio alle

campagne di scansione si è progettata una rete topografica

allo scopo di georeferenziare ogni singolo rilievo. Ognuno

di essi costituirà pertanto un tassello che nel tempo potrà

permettere la copertura totale dell’area archeologica e

consentire approfondimenti parziali o totali su ciascun

monumento. Questa rete collegata alla rete nazionale

IGM, garantisce l’inserimento nella cartografia del GIS in

Speciale

Figura 3 - Tempio di Eracle,

vista generale della nuvola di

punti (Geogrà srl)

Scheda progetto

Titolo: Tempio di Eracle, Agrigento.

Datazione monumento: VI-V secolo a.C.

Tipologia di intervento:

Realizzazione di piante e sezioni con

prospetti da ortofotopiano spalmati

sulla scansione;

creazione di un sistema di coordinate collegato

alla rete geodetica;

posizionamento di 47 mire;

44 posizioni di scansione (HDS3000);

acquisizione dell’oggetto con una maglia media

di 0,6x0,6 cm.;

Tempistica: campagna di acquisizione 7 giorni

25


GEOmedia

Speciale

Figura 4 -

Tempio di Eracle,

particolare

prospettico della

nuvola di punti

(Geogrà srl)

Figura 5 - Tempio di Eracle, particolare del modello

tridimensionale virtuale

(arch. Alessandro Carlino – arch. Andrea Marulli)

Figura 6 - Fortificazioni di Akragas, Porta I, vista del

modello tridimensionale virtuale (NoReal)

corso di elaborazione. Quindi, non solo si utilizzeranno

dati ottenuti da scansione ma pure i singoli rilievi

topografici saranno utili per progettare, ad esempio,

migliorie alla fruibilità dei luoghi.

La prima reale esperienza che ha fatto comprendere le

potenzialità del laser scanner è stata l’acquisizione del

tempio dei Dioscuri (dove è stato anche realizzato un

modello tridimensionale eseguito con prototipatore 3D in

polvere di gesso e resina in scala 1:50), un monumento

emblematico che, seppur di dimensioni modeste e

controverso, esprime le caratteristiche strutturali e

morfologiche di buona parte del nostro patrimonio.

La tecnologia laser scanner consente di acquisire

digitalmente oggetti tridimensionali di varie dimensioni

sotto forma di nuvole di punti. La rappresentazione

geometrica digitale dell’oggetto è discreta e tendente al

continuo: quanto maggiore è la risoluzione impostata per

l’acquisizione tanto più densa sarà la nuvola di punti e

quindi il dettaglio della rappresentazione. Ciascun punto è

definito da una posizione spaziale in coordinate X, Y e Z

rispetto al punto di origine rappresentato dalla posizione

dello scanner.

Dopo i più che soddisfacenti risultati della prima

sperimentazione, sono stati rilevati con la stessa tecnica il

tempio di Giunone, il tempio di Esculapio, il tempio di

Eracle, parte delle fortificazioni agrigentine, il

Gymnasium, l’Agorà e il Telamone del tempio di Giove

Olimpico. Di quest’ultimo, utilizzando la nuvola di punti,

è stata realizzata una copia in scala 1:1 in polistirolo ad

alta densità rivestito di resine e cromaticamente

caratterizzato, esposto alla mostra Continente Sicilia -

Cinquemila anni di Storia presso il Museo Nazionale di

Pechino in Cina. Inoltre, partendo dai nuovi dati del

rilievo 3D e dalle recenti indagini archeologiche e

architettoniche, si sono realizzati i modelli ricostruttivi

virtuali di alcuni monumenti agrigentini, tra cui il tempio

di Eracle e le fortificazioni, particolarmente efficaci sia

per la ricerca che per fini didattici e divulgativi.

Attualmente è in progetto il rilievo dei restanti

monumenti del Parco Archeologico e contiamo di poter

completare nei prossimi anni questa nuova campagna di

rilevamento, preservando in tal modo indispensabili

informazioni che insieme ad altre iniziative attualmente in

fase di definizione, come la costruzione di un GIS e la

realizzazione della nuova Carta Archeologica digitale,

risultano di fondamentale importanza per la

conservazione, la tutela e la fruizione della Valle dei

Templi.

Bibliografia

J.-C.-R. DE SAINT-NON, Voyage pittoresque ou description

des Royaumes de Naples et de Sicile, IV, Paris 1785.

J.-P.-L. HOÜEL, Voyage pittoresque des îles de la Sicile, de

Malte et de Lipari, IV, Paris 1787.

G.B.F. BASILE, Curvatura delle linee nella architettura

antica, Palermo 1884.

Autori

PIETRO MELI, CARMELO BENNARDO,

GIUSEPPE BOSELLI E ALESSANDRO CARLINO

26


A&C2000 s.r.l.

Via Arrigo Boito, 126

00199 Roma

www.aec2000.eu


GEOmedia

Speciale

Melka Kunture:

tecniche digitali

per l’archeologia

preistorica

Case Studies

La musealizzazione del sito di Melka

Kunture rappresenta la conclusione di

40 anni di ricerche e scavi compiuti

dalla Missione Archeologica Francese

diretta da Jean Chavaillon tra il 1965 e il

1995 e dalla Missione Archeologica Italiana

dell’Università di Roma “La Sapienza” e del

Ministero degli Affari Esteri, diretta da Marcello

Piperno a partire dal 1999 e tuttora in corso.

L’estensione del sito, la sua lunga sequenza

culturale (1.7-0.2 milioni di anni) insieme alla

molteplicità e varietà delle situazioni

archeologiche presenti nelle sue diverse fasi

fanno di Melka Kunture un complesso

straordinario e unico, paragonabile soltanto alla

Gola di Olduvai in Tanzania.

Il progetto “From the past to the present in

Ethiopian Prehistory. An Interactive Museum for

the Archaeological Park of the Early Palaeolithic

site of Melka Kunture”, Agreement n. 2006 –

1033/001 -001 CLT CA12, cofinanziato dalla

Commissione europea all’interno del programma

Cultura 2000 per l’anno 2006, è stato concepito per

la valorizzazione di uno dei siti archeologici più

importanti per la conoscenza delle più antiche fasi

della Preistoria.

Al progetto partecipano diverse istituzioni nazionali

e internazionali: il Ministero degli Affari Esteri, il

Dipartimento di Scienze dell’Antichità

dell’Università “La Sapienza” di Roma, il Centro di

Geotecnologie dell’Università di Siena, l’Institut de

Préhistoire et de Géologie du Quaternarie

dell’Université de Bordeaux (Francia), la Regione

Aquitania, l’International Institute for Geo-

Information Science and Earth Observation

(Olanda), la Facoltà di Geologia e Geofisica

dell’Università di Addis Abeba (Etiopia). La

collaborazione tra questi enti di ricerca rappresenta

un fattore importante di cooperazione europea per

la realizzazione di un progetto in un paese in via di

sviluppo nell’ambito del patrimonio culturale.

Il sito di Melka Kunture rientra nell’ambito dei grandi

siti dell’Africa orientale conservati all’interno della Rift

Valley, che hanno permesso di ricostruire non soltanto la

storia delle trasformazioni anatomiche che condussero alla

diversificazione dei primi rappresentanti del genere Homo,

ma anche gli eventi archeologici che documentano

l’emergere delle più antiche tecnologie.

Il primo obiettivo del progetto, già realizzato nel corso

della Missione effettuata tra la fine di ottobre e la metà di

dicembre 2006, è consistito nell’allestimento di quattro

strutture museali, costruite grazie a un coraggioso sforzo

economico della Regione Oromia, inserite in un parco

archeologico-naturalistico. Gran parte dell’area di Melka

Kunture si è infatti conservata anche per quanto riguarda i

suoi aspetti naturalistici: flora e fauna sono state protette

dallo sfruttamento agricolo intensivo della regione.

Le strutture sono dedicate rispettivamente alla Preistoria

africana, alla Geologia e Vulcanologia, alla

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GEOmedia

Fig. 1a e 1b -

Misurazione di una

delle nove basi di

nuova generazione

in modalità

diffenziale statica

(foto L. Carmignani)

Paleoantropologia e all’Archeologia di Melka Kunture.

Oltre queste quattro strutture, è possibile visitare anche

due aree di scavo (Open Air Museum) che permettono di

entrare direttamente in contatto con due località

frequentate dai nostri progenitori circa 800.000 anni fa.

L’intento è quello di attivare un circuito turistico di cui

si prevede beneficeranno sopratutto gli studenti delle

scuole di Addis Abeba, ma anche turisti, sia etiopici che

stranieri, da qualche anno sempre più numerosi.

L’attivazione del Museo porterà inoltre vantaggi

economici immediati agli abitanti del vicino paese di

Awash e della regione circostante, che potranno essere

impiegati nella gestione del Parco stesso.

In questo quadro, la creazione di un portale internet,

secondo obiettivo fondamentale del progetto,

rappresenterà una tappa fondamentale, sia per il grande

pubblico che per gli specialisti, finalizzata alla conoscenza

e la diffusione della preistoria di questa regione

dell’Etiopia a livello internazionale. Il percorso all’interno

delle quattro strutture museali e dell’Open Air Museum si

tradurrà in un viaggio virtuale attraverso le più antiche

fasi della nostra storia. L’ultima struttura introdurrà alla

visita di Melka Kunture, il cui territorio sarà poi

virtualmente percorribile e i cui siti saranno visitabili in

estremo dettaglio attraverso foto, piante e informazioni

legate alle diverse aree di scavo. La parte territoriale del

sito internet, ricostruibile attraverso le funzionalità proprie

del Web GIS, si basa sulla prima carta topograficoarcheologica-geologica

di Melka Kunture, di cui si

discuterà in dettaglio nelle pagine successive, che verrà

consegnata al Servizio Archeologico Etiopico e diventerà

un utile strumento di salvaguardia dei diversi siti sparsi in

un’area vasta diverse decine di chilometri quadrati.

Inoltre, tale carta di dettaglio è un documento essenziale

per completare il dossier che il governo etiopico ha già

presentato all’UNESCO, affinchè il sito di Melka Kunture

venga inserito tra i monumenti appartenenti al patrimonio

culturale dell’umanità.

Questo progetto realizza oggi l’idea-museo di Melka

Kunture, concepita sin dagli anni Settanta e parte

importante delle ricerche sul sito durante le diverse

missioni. Se oggi essa si concretizza è anche e soprattutto

grazie alla collaborazione, all’interesse e al supporto di

diverse istituzioni etiopiche: il Center for the Research

and Conservation of the Cultural Heritage, Ministry of

Culture & Tourism, la Regione Oromia e il Museo

Nazionale di Addis Abeba. Il continuo servizio di custodia

che tali enti sono riusciti a garantire sin dall’inizio delle

ricerche ha preservato l’integrità culturale e naturalistica

del sito, senza la quale nessun progetto avrebbe potuto

trovare realizzazione.

La carta geo-archeologica

e la fotogrammetria digitale:

metodologie di lavoro

Il ruolo del Centro di Geotecnologie (CGT) all’interno

del progetto è stato quello di creare un sistema

informativo geografico contenente dati a carattere

archeologico, geologico e topografico relativi all’area di

Melka Kunture e di elaborare e gestire il Web GIS da

realizzare in collaborazione con l’International Institute

for Geo-Information Science and Earth Observation ITC.

Per raggiungere questi obiettivi si è fatto ricorso alla

fotogrammetria satellitare e terrestre, tecniche di rilievo

che permettono di ottenere informazioni metriche (forma e

posizione) di oggetti tridimensionali mediante

interpretazione e misura di immagini.

Per rilevare tutti i dati necessari all’elaborazione del

geodatabase, dal 13 al 30 novembre 2006 un gruppo di

ricerca del CGT si è recato, all’interno della Missione

Archeologica Italiana, sul sito e, in collaborazione con

archeologi e geologi, ha condotto una campagna di

rilevamento GPS. La strumentazione utilizzata è consistita

in due ricevitori Leica SR530, un ricevitore Leica 1200 ed

un ricevitore Leica GS20.

L’area da rilevare corrisponde a una superficie di circa

100 km 2 , generalmente pianeggiante, ma non sempre

facilmente accessibile alle auto a causa di mancanza di

piste o per motivi morfologici. Per poter garantire

un’elevata accuratezza e, contemporaneamente, tempi di

acquisizione compatibili con il periodo di svolgimento

della missione, le misure sono state registrate sia in

modalità differenziale statica che in modalità RTK.

La modalità statica, che consente elevata precisione

anche su lunghe distanze (alcune decine di km) con tempi

di acquisizione piuttosto lunghi, è stata utilizzata per

misurare il punto di triangolazione BNP 267, di coordinate

note grazie alla monografia della Mapping Agency di

Addis Abbeba; contemporaneamente ad essa sono state

materializzate e misurate ulteriori nove basi di nuova

generazione dislocate uniformemente nell’area di studio

(Fig.1a e 1b).

Tutti gli altri punti GPS sono stati acquisiti in modalità

Speciale

29


GEOmedia

Speciale

RTK, permettendo tempi di osservazione di pochi minuti

e rapidi spostamenti.

I punti rilevati in questa modalità sono stati di tipo

archeologico, geologico e topografico (Fig.2); questi

ultimi sono stati utilizzati come GCP (Ground Control

Point) per l’orientamento esterno delle immagini

stereoscopiche IKONOS, appositamente riprese per questo

progetto e utilizzate per la creazione della nuova carta

topografica dell’area di Melka Kunture in scala 1:10 000.

Per tal motivo i punti sono stati individuati in modo da

essere uniformemente distribuiti nell’area di interesse e

collocati in zone ben riconoscibili nell’immagine (spigoli

di tetti in lamiera, recinti di tukul, ecc.), tenendo conto

anche della risoluzione a terra di quest’ultima (1 m).

I punti di interesse archeologico costituiscono la parte

preponderante dei dati collezionati: per quanto riguarda i

siti oggetto di scavi sistematici, dei quali esisteva già un

database non georiferito, il rilievo è stato effettuato per

ogni livello archeologico, in modo da consentire

operazioni di overlay. In aree più vaste, ad esempio i

grandi accumuli di ossidiana nei pressi di Balchit, o in siti

non più in luce, il rilevamento è stato realizzato in

modalità punto singolo. Ad ogni punto è associata una

scheda descrittiva che ripercorre la storia del sito e ne

traccia le caratteristiche peculiari da inserire nel

geodatabase.

I punti di interesse geologico, anch’essi accompagnati

da una scheda esplicativa, riguardano elementi

ricollegabili a depositi di origine sedimentaria e vulcanica,

che costituiscono fondamentali punti di riferimento e di

raccordo stratigrafico tra i vari affioramenti nelle diverse

località.

Tutti i dati raccolti e elaborati sono stati georeferenziati

con coordinate assolute nel sistema UTM, ellissoide

Clarke 1880, datum Adindan, zona 37 N, secondo la

convenzione etiope, in conformità al riferimento stabilito

per tutto il materiale già disponibile.

Nel corso delle successive elaborazioni dei dati,

obiettivo principale è stata la creazione della nuova carta

topografica dell’area di Melka Kunture in scala 1:10 000

che aggiornerà la carta in uso fino ad oggi, in scala

1:50 000 e relativa al 1973. Il software utilizzato per tutte

le applicazioni fotogrammetriche è stato Erdas Imagine

9.1.

Negli ultimi anni l’alta risoluzione a terra raggiunta dai

sensori ha fatto sì che, per la produzione di carte su scala

medio-grande, la fotogrammetria satellitare venga

considerata una valida alternativa a quella aerea,

consentendo notevoli risparmi economici rispetto alla

produzione di foto aeree.

Le immagini acquistate sono due stereocoppie IKONOS

tipo Standard Stereo 1m Pansharpened, in cui la banda

pancromatica e quelle multispettrali (sono presenti le

bande del blu, del verde, del rosso e dell’infrarosso

vicino) vengono fornite già fuse, raggiungendo la

risoluzione spaziale di un metro.

L’orientamento esterno delle scene satellitari (Fig. 3) è

Fig. 2 - Distribuzione nell’area di tutti i punti rilevati con il

GPS in modalità statica e RTK

stato effettuato utilizzando le terne di coordinate ricavabili

dai GCP rilevati con la strumentazione GPS durante la

missione.

La triangolazione aerea ha permesso di rendere le

immagini georiferite, osservabili in stereoscopia e di

passare alla fase di restituzione necessaria alla creazione

della carta topografica, attualmente ancora in corso.

E’ stato inoltre creato un DEM (Digital Elevation

Model) preliminare della zona, ottenuto grazie ad

algoritmi di autocorrelazione tra pixel, tramite il quale è

stato possibile ortorettificare le scene satellitari rendendole

geometricamente corrette e georeferenziate.

Durante la missione sono inoltre stati compiuti rilievi di

fotogrammetria digitale terrestre presso i siti di Gombore

II OAM (Open Air Museum) e Simbiro III.

A tale scopo sono state utilizzate una barra

fotogrammetrica calibrata di proprietà del CGT, due camere

digitali non metriche (Hp Photosmart C945 e Nikon

Coolpix serie S1) e una stazione totale laser Leica 1200.

Fig. 3 -

Orientamento

esterno delle

immagini

satellitari

IKONOS

30


GEOmedia

Fig. 4 - Operazioni di presa fotogrammetrica:

acquisizione di immagini presso il sito di Gombore II

OAM (foto G.Gruppioni)

Il sito di Gombore II OAM è costituito da una

paleosuperficie datata a circa 800-700.000 anni fa

(Acheuleano medio). Nel sito sono conservati migliaia di

strumenti litici e resti di fauna. La ripresa fotogrammetrica

ha riguardato la superficie orizzontale dello scavo,

ottenuta con riprese dall’alto utilizzando l’impalcatura che

costituisce il telaio del tetto del museo (Fig. 4). La camera

fotografica è stata posizionata sulla barra munita di livelle

toriche di controllo, in modo tale che, in seguito, fosse

possibile eseguire in modo accurato gli orientamenti

esterni delle immagini e avere la conseguente visione

stereoscopica. La presenza del tetto ha permesso, ed allo

stesso tempo condizionato, le modalità della ripresa

fotografica: a copertura totale dello scavo sono state infatti

necessarie dieci strisciate di foto, sette orientate circa

Nord-Sud e tre orientate circa Est-Ovest.

Il rilievo sul giacimento di Simbiro III è invece

consistito nella ripresa della sezione principale, in cui

sono esposti quattro livelli archeologici relativi alle prime

fasi acheuleane di Melka Kunture (1 milione di anni di

anni fa). Le riprese sono avvenute frontalmente rispetto

alla sezione, orientando la barra in direzione Nord e

utilizzando un treppiede fotografico di supporto.

Successivamente all’acquisizione dei fotogrammi, sia

per Gombore II OAM che per Simbiro III si sono misurati

con la stazione totale i punti che avrebbero costituito i

GCP necessari all’orientamento delle foto. Di entrambi i

siti sono state rilevate

le coordinate assolute

mediante GPS in

Fig. 5 - A sinistra, mosaico delle ortofoto relative

all’intero scavo di Gombore II OAM; a destra modello 3D

di un particolare dello scavo.

modalità differenziale RTK. In questo modo è stato

possibile georiferire tutti i GCP da utilizzare

nell’orientamento esterno dei fotogrammi, in modo che

essi siano consultabili nel futuro sito GIS rendendo

possibili analisi spaziali intra e intersite.

Ad oggi il lavoro è proseguito solo per il sito di

Gombore II OAM del quale sono state realizzate le

operazioni di orientamento dei fotogrammi, compiute

orientando simultaneamente le diverse strisciate

indipendentemente dalla loro direzione di scatto.

Grazie al blocco ottenuto dall’orientamento esterno, è

stato creato, utilizzando algoritmi di autocorrelazione tra

pixel, un DEM unico di tutto lo scavo con risoluzione

spaziale pari a 3 mm.

Si sono potute a questo punto generare ortoimmagini ad

alta risoluzione spaziale, che sono state mosaicate,

permettendo anche la creazione del modello 3D del

giacimento, visualizzabile in ambiente Erdas 9.1

VirtualGIS sovrapponendo il mosaico di ortofoto al DEM

(Fig. 5).

Per gli elementi peculiari presenti nel sito è in corso la

restituzione stereoscopica attraverso la quale sarà possibile

estrarre dati quali la pendenza e l’inclinazione dei singoli

reperti, essenziali per l’identificazione delle dinamiche

deposizionali e post-deposizionali che hanno portato alla

formazione del livello archeologico in questione.

Ulteriori e più dettagliate analisi spaziali intra-site

verranno elaborate grazie alla sovrapposizione delle piante

di scavo vettoriali (già esistenti) al modello stereoscopico.

Conclusioni e prospettive future

Oltre che strumento di tutela del sito e base per il Web

GIS del sito internet, la carta geo-archeologica di Melka

Kunture è anche un elemento di ricerca essenziale. Infatti,

visualizzando in un unico ambiente di lavoro tutti i dati

archeologici e quelli di tipo paleo-ambientale, ciascuna

informazione può essere analizzata in rapporto alle

caratteristiche paleo-geografiche del territorio. I dati così

ottenuti potranno essere ulteriormente elaborati, mediante

specifici software, per proporre uno o più modelli,

sincronici e diacronici, di frequentazione antropica.

Inoltre, sulla base dei risultati acquisiti con la locational

analysis, potrà essere avanzata un’ipotesi che, partendo

dalle variabili territoriali analizzate, possa predire la

localizzazione di nuovi insediamenti non ancora

individuati, orientando in tal modo nuove ricerche di

superficie e favorendo il processo di conservazione e

salvaguardia di questo inestimabile patrimonio di

informazioni.

Il sistema Web GIS fungerà da finestra

mondiale sulla regione di Melka Kunture,

costituendo un sistema aperto a nuove

integrazioni, aggiornato e aggiornabile.

Non meno importante viene considerata

all’interno del progetto la funzione didattico-divulgativa

del sito Web, al fine di favorire e facilitare la conoscenza

della storia delle origini di questa regione.

Speciale

31


GEOmedia

Speciale

Data l’assenza o la scarsa velocità di collegamento

Internet in gran parte dell’Etiopia, è prevista a tale scopo

la distribuzione nelle scuole e nei musei etiopi di un CD

contenente il sito web in versione off-line.

Una tale struttura museale rappresenta attualmente una

situazione inedita e potenzialmente vincente in un Paese

in via di sviluppo come l’Etiopia con un patrimonio

preistorico così ricco e significativo, ma finora poco

conosciuto e valorizzato se non in ambiente specialistico.

Il sito di Melka Kunture

Melka Kunture si trova circa 50 km a sud di Addis

Abeba nell’alta valle del fiume Awash. Il sito fu

scoperto e segnalato per la prima volta nel 1963 da G.

Dekker e fu oggetto di ricognizioni nello stesso anno da

parte dell’archeologo preistorico francese G. Bailloud.

Le diverse missioni archeologiche, dirette da Jean

Chavaillon dal 1965 al 1999 e successivamente, dal

1999 ad oggi, dall’Università di Roma “La Sapienza”,

con finanziamenti del Ministero degli Affari Esteri,

della Regione Aquitania e del CNRS, hanno effettuato

lo studio sistematico del giacimento attraverso una serie

di scavi estensivi, la ricognizione della vasta area

interessata dagli insediamenti preistorici e la

definizione della cronostratigrafia del giacimento.

Melka Kunture è un giacimento di vallata con

terrazzi sovrapposti, i cui sedimenti sono conservati per

oltre 100 m complessivi di spessore. Nella sua lunga

sequenza, gli apporti fluviali (ciottoli, ghiaie, sabbie,

argille) sono stati spesso interrotti da eruzioni

vulcaniche i cui prodotti (tufi, lave) costituiscono

essenziali punti di riferimento e di raccordo

stratigrafico tra i vari affioramenti nelle diverse località

del giacimento. Degli oltre 70 livelli archeologici finora

individuati, circa 30 sono stati oggetto di scavi più o

meno estensivi. Gli scavi di vaste superfici hanno

permesso di mettere in luce da 50 a 250 m 2 per ciascun

giacimento, e di raccogliere in ognuno dei livelli

archeologici diverse migliaia di manufatti litici e resti

faunistici. In alcuni di questi siti sono stati anche

scoperti resti umani attribuiti sia a Homo erectus sia a

forme arcaiche di Homo sapiens.

Bibliografia

Berthelet A., Bulgarelli G.M., Chavaillon J.,

Piperno M. (eds.) 2001, Melka Kunture. La Guida

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Kunture. Immagini, Finiguerra Arti Grafiche, Lavello,

pp. 37.

Campana S., Forte M. (eds.) 2001, Remote sensing

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Chavaillon J., Piperno M. (eds.) 2004, Studies on

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Remote Sensing (Praga, 4-6 Giugno 2002), Millpress,

Rotterdam, pp. 149-156.

Kraus K. 1993, Photogrammetry, Volume I,

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Verlag, Bonn, pp. 397.

Leica Geosystems 2003, Il sistema GPS:

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formation processes from total station proveniences,

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Piccarreta F., Cerando G. 2000, Manuale di

aerofotografia archeologica. Metodologia, tecniche e

applicazioni, Edipuglia, Bari, pp. 218.

Piperno M. 2002, Le origini del comportamento

umano e le più antiche tecnologie, Il Mondo

dell’archeologia, Enciclopedia Archeologica Treccani,

pp. 477-482

Autori

LEONARDO CARMIGNANI, GIULIA GRUPPIONI

MARIA CRISTINA SALVI, RICCARDO SALVINI

Centro di GeoTecnologie - Università di Siena

www.geotecnologie.unisi.it

MARIA GRAZIA BULGARELLI

Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico

Etnografico "L. Pigorini"

www.pigorini.arti.beniculturali.it/index.html

ROSALIA GALLOTTI, GUY KIEFFER, MARCELLO PIPERNO

Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e

Antropologiche dell’Antichità - Università di Roma «

La Sapienza »

www.uniroma1.it

32



GEOmedia

Speciale

Case Studies

Studio e recupero

3D della necropoli

di Colle del Forno

di R. Gabrielli, D. Peloso, S. Piro

La Necropoli Sabina sita nel territorio di Colle del Forno, all’interno dell’Area della Ricerca del

CNR RM1, ha rappresentato nel tempo, oltre ad una testimonianza di indubbio valore

storico-archeologico, un’occasione ideale per poter sviluppare ed affinare tecniche avanzate di

indagine del suolo e sottosuolo con metodi indiretti.

Il progetto, nato grazie alla collaborazione interdisciplinare tra l’Istituto per le Tecnologie

Applicate ai Beni Culturali e l’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico

(CNR) nella persona della Dott.ssa Paola Santoro, Responsabile archeologico, ha avuto come

obiettivo l’indagine intensiva dell’altura di Colle del Forno attraverso prospezioni geofisiche,

topografiche e di rilievo ad alta risoluzione congiunte alle indagini archeologiche dirette, al fine di

definire l’occupazione della collina nell’evoluzione diacronica e storica in rapporto all’insediamento

Sabino di Eretum.

L’obiettivo primario del progetto è stato quello di

estendere le indagini geofisiche, sviluppate negli anni

1983-1993 dall’ITABC, verificare i risultati dei metodi

geofisici applicati alle ricerche archeologiche e definire le

caratteristiche delle strutture sepolte.

La necessità di precisione nel posizionamento delle

strutture antropiche caratterizzanti e l’importanza di una

ricostruzione dell’andamento geomorfologico del terreno

sono state raggiunte grazie all’uso coordinato e

complementare di stazione totale e DGPS.

L’elevata risoluzione geometrica con cui sono stati

acquisiti i dati sull’area archeologica ha permesso di

realizzare analisi finalizzate al monitoraggio della zona.

Inoltre, utilizzando appropriate tecniche di elaborazione, è

stato possibile processare il modello DTM sfruttandone la

tridimensionalità per analizzare in dettaglio l’andamento

del dislivello e le minime irregolarità del terreno.

Le elaborazioni hanno messo in luce alcune anomalie

superficiali che sono state sufficientemente analizzate

grazie all’interpretazione delle elaborazioni geofisiche.

Le aree sospette sono state investigate, adottando

tecniche di acquisizione ad alta risoluzione, con diverse

tecniche geofisiche: magnetometrica, georadar e

geoelettrica. In alcuni casi l’impiego di questi metodi in

configurazione integrata, ha permesso di ottenere in fase

di rappresentazione dei risultati, la fedele ricostruzione

dell’immagine geometrica delle strutture sepolte, la

localizzazione in profondità e l’indicazione sullo stato di

conservazione delle strutture.

Le indagini svolte nel corso del 2003, mediante il

Metodo Magnetometrico Differenziale, hanno rivelato

delle anomalie magnetiche di particolare interesse che

hanno ispirato la successiva campagna di scavo

archeologico, effettuata da un team dell’ISCIMA (figura

qui sotto). E’ stata riportata alla luce la più grande tomba

a camera trovata in Italia; un complesso lungo 37 metri

che si articola in un corridoio di 28 metri e tre camere.

L’eccezionalità della scoperta si è

rivelata anche nel fatto che questa

sepoltura spettacolare e ricca nel

corredo funerario, risale alla II metà

del VI secolo, epoca in cui era

venuta meno la consuetudine di

deporre corredi nelle tombe, come

si evince dalle testimonianze del

periodo, in relazione all’influenza

esercitata sui Sabini dai Romani e

dagli abitanti di Veio che non

accompagnavano i defunti con

oggetti usati nella vita terrena.

La necessità di costruire un

modello geometrico completo di

elevata risoluzione della tomba al

fine di esaltare gli elementi di

complessa geometria presenti in

essa ha suggerito la realizzazione di

un rilievo di dettaglio mediante

laser scanner. In particolare, i lavori

sono stati eseguiti con il sistema

Callidus CP 3200 (distribuito da

34


GEOmedia

Trimble – Italia), costituito da un sistema di misurazione

laser, un computer che memorizza i dati provenienti dallo

strumento, una videocamera, un sistema di servo motori,

un sistema di sensori angolari ed un sistema di

livellamento automatico.Lo strumento è in grado di

acquisire le informazioni geometriche e restituire in

tempo reale, sul monitor del computer in dotazione al

sistema, una nuvola di punti che descrive la superficie

rilevata.

L’unità laser presenta le seguenti caratteristiche:

range, 80 metri con superfici naturali riflettenti

velocità di scansione 77scans/sec

Range di scansione:

orizzontale, piano - 400gon

verticale, linea - 166gon dalla verticale

Accuratezza:

distanza Z, circa 5mm

lettura dell’angolo azimutale, piano - circa 17mgon

lettura dell’angolo zenitale, linea – circa 3mgon

Durante il processo di misurazione, la testa dello

strumento ruota, in modo automatico, di 360° sul piano

orizzontale e di 180° sul piano verticale, procedendo a

ventaglio in senso orario. La modellazione della nuvola di

punti ha permesso di ottenerne un calco assolutamente

fedele e misurabile in tutte le sue coordinate da utilizzare

come vero e proprio archivio geometrico (figura qui sopra).

Oltre a questo aspetto, un modello 3D digitale,

combinato con tecnologie immersive, può diventare un

sistema attraente per studiare o promuovere un sito

culturale. Infatti, un modello 3D contiene una quantità di

informazioni che possono essere analizzate e accresciute.

Particolari caratteristiche, poco visibili ad occhio nudo, o

visibili solo a distanza, possono essere esaminate in modo

interattivo; diviene così possibile lo studio di dettagli

particolari come le impronte degli scalpelli o la tessitura

della superficie. Per esempio, permette di interagire

direttamente sui dati informativi, senza provvedere ad

interventi spesso traumatici per l’originale; oppure in alcuni

casi, elementi che possono deteriorarsi durante gli anni

possono essere ricostruiti ed il modello 3D numerico può

essere esaminato nel contesto storico corretto. Modellazioni

geometriche simili a quelle realizzate per la tomba presso la

necropoli di Colle del Forno favoriscono la realizzazione di

ambienti di realtà tridimensionale, fondamentali per una

nuova comunicazione museale che sta subendo profondi

cambiamenti diventando multimediale e mediatizzata. In

poche parole l’interattività e la multimedialità moltiplicano

non solo le occasioni di apprendere attivamente un

contenuto informativo, ma permettono, attraverso la loro

duttilità progettuale, di creare nel soggetto connessioni che

facilitano l’apprendimento.

Ringraziamenti

Si ringrazia la Società Geosystem Group di Roma, in

particolare nella persona del Sig. Pasqualino Esposito per

aver fornito il Laser Scanner 3D e per la straordinaria

competenza tecnica e scientifica.

Bibliografia

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VALZANO V., BANDIERA A., LATOUCHE C., Virtualizing a

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GABRIELLI R., PELOSO D., ROSE D., IL TUMULO DI POGGIO

GAIELLA DI CHIUSI (SI): tecniche di rilevamento integrato con

DGPS e Stazione Totale, Atti del convegno di Firenze “BENI

CULTURALI E AMBIENTALI E GIS. GIS E INTERNET”, CD ROM

a cura di M. Azzari, Dip. Di Studi Storici e Geografici, Università di

Firenze, Firenze University Press

GABRIELLI R., 2001, Introduzione all’uso dei GPS in Archeologia,

in AA.VV., Remote Sensing in Archaeology, Firenze, All’Isegna del

Giglio, 1-25

LEVOY M., PULLI K., CURLESS B., RUSINKIEWICZ S. et.al.

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ORLANDO L., PIRO S., VERSINO L., Location of sub-surface

geoelectric anomalies for archaeological work: a comparison between

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PELOSO D., Tecniche Laser Scanner per il rilievo dei Beni

Culturali, Archeologia e Calcolatori, 16, 2005, Edizioni all’Insegna del

Giglio, pp.199-224

PIRO S., Multimethodological approach using GPR, Magnetic and

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optimisation and modeling of Geophysical data in Archaeological

Prospecting. Special Issue of Prospezioni Archeologiche (50 th

Anniversary of Fondazione Lerici), pp. 135-148, 2000.

Autori

ROBERTO GABRIELLI, DANIELA PELOSO, SALVATORE PIRO

Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali

Consiglio Nazionale delle Ricerche

Via Salaria Km 29,300

00015 Monterotondo (Roma)

Speciale

35


GEOmedia

Speciale

Analisi sui pigmenti

di ceramica neolitica

tramite tecniche

Case Studies

Raman e LIBS

Idati presentati in questo breve contributo provengono da uno studio condotto in

collaborazione dal Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa e

dall’Istituto per i Processi Chimico-Fisici di Fisica molecolare del CNR di Pisa.

Le metodologie applicate sono basate sull’analisi integrata delle tecniche spettroscopiche

Raman e LIBS già ampiamente utilizzate nel campo dei Beni Culturali; i metodi sono infatti

essenzialmente non distruttivi, non richiedono di un pre-trattamento del campione e

l’acquisizione delle misure è immediata.

Le analisi hanno permesso di caratterizzare la

natura delle sostanze coloranti utilizzate nella

decorazione dipinta di alcuni campioni di ceramica

provenienti dal villaggio neolitico di Trasano (MT);

si fa riferimento alle fasi culturali III, IV e V.

Nell’ambito di suddette fasi i complessi ceramici

erano caratterizzati dalla progressiva comparsa di

ceramiche dipinte: dai primi frammenti dipinti della

fase III nel Neolitico antico, all’affermazione

preponderante di stili ceramici ben definiti delle

fasi IV e V, nel Neolitico medio.

Le ceramiche dipinte della fase III (Ceramica

graffita e dipinta) sono caratterizzate da un decoro a

bande strette di colore bruno, posto sulla superficie

interna di forme vascolari aperte. Le analisi Raman

hanno rilevato la natura organica del pigmento

ottenuto dalla parziale decomposizione o

combustione di sostanze di origine vegetale o

animale. Sono state altresì analizzate alcune

ceramiche caratterizzate da tracce di incrostazione di

pasta bianca all’interno del decoro a graffito largo.

Le analisi Raman hanno identificato la presenza di

calcite, una sostanza di origine inorganica e

proveniente dalle formazioni locali (Fig. 1).

Fig. 1 - Fase III - colore bruno (pigmento organico) e

colore bianco (pigmento inorganico a base di calcite)

Nella fase IV (Ceramica bicromica) l’utilizzo

della calcite è ancora attestato nelle ceramiche

figuline decorate da bande dipinte di colore bianco

spesso associate a bande di colore rosso. Le analisi

LIBS hanno riconosciuto nella zona rossa una forte

concentrazione di ferro in confronto ad un segnale

più debole rilevato nella zona non dipinta. Si tratta

verosimilmente di ematite, un ossido di ferro

piuttosto frequente nella composizione delle argille

locali (Fig. 2).

36


GEOmedia

Raman - Analisi spettroscopica che fornisce

informazioni qualitative sulla struttura molecolare del

campione. L’identificazione avviene mediante il confronto

con spettri standard raccolti nel database dello University

College di Londra (UCL).

LIBS - Analisi spettroscopica che permette di

visualizzare lo spettro quantitativo di emissione della

composizione elementare del campione

Pigmento – Sostanza colorata di natura organica e

inorganica

Fig. 3 - Fase V - colore nero (pigmento inorganico a

base di manganese)

Speciale

Calcite - Il nome di questo minerale deriva dal latino

calx (calce). Si tratta di un carbonato di calcio (CaCO 3 )

tipicamente di origine sedimentaria sia per precipitazione

chimica diretta, sia per sedimentazione di resti organici di

organismi marini che utilizzano il carbonato di calcio come

costituente del loro guscio.

Ematite - Il nome di questo minerale deriva dal greco

aima (sangue) a causa del color rosso molto intenso. Si

tratta di un ossido di ferro (Fe 2 O 3 ) piuttosto diffuso in

natura. La varietà più comune è un’ematite a grana fine che

si chiama Ocra Rossa, una terra che contiene circa il 70%

di ferro ed è conosciuta e sfruttata sin dall’antichità come

sostanza colorante.

Manganese - Il nome di questo elemento chimico (MN

nella tavola periodica) deriva dal greco bizantino

magnésion dalla voce più antica magnesía = della (o delle)

città di Magnesia. Il nome richiama la proprietà del

magnetismo osservata già nel periodo greco in alcune rocce

estratte nei pressi della città di Magnesia in Asia Minore.

L’utilizzo come colorante è attestato sin dalla preistoria

nelle pitture rupestri di 17.000 anni fa.

Fig. 2 - Fase IV - colore rosso (pigmento inorganico a

base di ematite) e colore bianco (pigmento inorganico

a base di calcite)

Nella fase V (Cultura di Serra d’Alto) le

ceramiche figuline sono caratterizzate da una

complessa decorazione dipinta in nero a base di

ossido di manganese la cui provenienza non è stata

al momento verificata in situ (Fig. 3).

Sulla base dei risultati si osserva una certa

omogeneità nella scelta dei coloranti nelle fasi

culturali III e IV, mentre un netto cambiamento è

riscontrabile nell’ambito della produzione vascolare

della fase V ascrivibile ai gruppi neolitici della

Cultura di Serra d’Alto.

L’analisi delle sostanze coloranti si inserisce in

uno studio tecno-tipologico sulle produzioni

ceramiche; la combinazione di diverse metodologie

di studio, tra cui analisi minero-petrografiche e

SEM, ha permesso di riconoscere alcuni elementi di

continuità e cambiamenti nelle produzioni vascolari.

Bibliografia

Angeli L., Arias C., Cristoforetti G., Fabbri C.,

Legnaioli S., Palleschi V., Radi G., Salvetti E., Tognoni

E., 2006, Analisi archeometriche applicate allo studio

delle ceramiche dipinte del Neolitico dell’Italia centro

meridionale, in Riassunti IV Congresso Nazionale di

Archeometria Scienza e Beni Culturali, pp. 21.

Angeli L., Fabbri C., 2005, Analisi archeometriche

applicate allo studio della ceramica neolitica di Trasano,

in Rivista di Scienze Preistoriche, LV pp. 209-223

Ciucci A., Corsi M. et alii, 1999, New procedure for

quantitative elemental analysis by laser-induced plasma

spectroscopy, in Applied Spectroscopy, vol. 53, N. 8, pp.

960-964.

Radi G., Guilaine J., Cremonesi G., Coularou J., 2000,

Trasano e la Ceramica Impressa nel Materano, in Atti

Convegno “La Neolitizzazione tra Oriente e Occidente”,

pp. 439-450.

Autori

ANGELI L. 1 , ARIAS C. 1 , CRISTOFORETTI G. 2 , FABBRI C. 1 ,

LEGNAIOLI S. 2 , PALLESCHI V. 2 , RADI G. 1 , SALVETTI E. 2 ,

TOGNONI E. 2

1 Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di

Pisa. E-mail: luciaangeli78@yahoo.it;

cristina.fabbri1@virgilio.it.

2 Istituto per i Processi Chimico-Fisici di Fisica molecolare

del CNR di Pisa. E-mail: stefanol@ipcf.cnr.it

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GEOmedia

Speciale

Ferrara:

Report

un punto di

riferimento

per i Beni

Culturali

di Fulvio Bernardini

a quattordicesima edizione del Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e

Ambientali si è da poco conclusa confermando la sua centralità nel contesto internazionale e

confortando gli addetti ai lavori con numeri più alti rispetto alle scorse edizioni. GEOmedia per il secondo

anno consecutivo era presente col suo stand tra gli espositori.

Con 4.000 musei, 100.000 chiese e cappelle, 40.000 fra

rocche e castelli, 30.000 dimore storiche con archivi e

non, 6.000 biblioteche, 4.000 giardini di carattere storico

importante, 900 centri storici e centinaia di parchi e aree

archeologiche, in Italia risiede una parte importante del

patrimonio culturale dell’umanità.

41 siti UNESCO sono presenti nel nostro paese. Ferrara

è uno di questi, uno dei più importanti, e da quattordici

anni, dal quel 1991 che ne ha visto la nascita, ospita

l’avvenimento principe dedicato alla conservazione, al

restauro ed, in generale, a tutta la materia riferita ai Beni

Culturali.

L’edizione 2007 del Salone del Restauro, svoltasi dal 22

al 25 marzo, ha confermato la sensazione da parte degli

operatori del settore che le istituzioni, nonostante le crisi

economiche, sociali e politiche che giornalmente si

susseguono, abbiano cominciato a focalizzare una sempre

maggiore attenzione nel Recupero del Patrimonio,

indirizzando sempre più la politica delle scelte verso il

concetto di Economia della Cultura.

La portata internazionale dell’evento e la sua visibilità

all’estero sta cominciando ad essere di importanza

fondamentale affinché le competenze e le tecnologie

sviluppate in questi anni dai tecnici italiani, leader

riconosciuti a livello internazionale, possano trovare un

degno e meritato sbocco, anche grazie ad alcuni episodi di

studio e restauro effettuati fuori dall’Italia da

Assorestauro, la prima associazione italiana tra i

produttori di materiali, attrezzature, tecnologie ed i

fornitori di servizi per il settore del restauro del

patrimonio architettonico, monumentale ed urbano.

Il Salone del Restauro da questo punto di vista, col

passare del tempo rilancia sempre più l’immagine della

nostra cultura e della nostra competenza nel mondo e

l’edizione 2007 lo ha confermato.

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GEOmedia

Speciale

L’incremento del pubblico che ha visitato i padiglioni

della Fiera di Ferrara è stato notato da più di un espositore

che ha riconosciuto in questo segnale la volontà, ed anche

la necessità, di mantenere un aggiornamento tecnologico al

passo coi tempi. La rappresentanza dei giovani, poi, è

sempre stata uno dei target principali degli organizzatori:

fornire loro un ampio spettro di occasioni conoscitive e di

approfondimento delle materie dei Beni Culturali nelle loro

diverse diramazioni.

Il già decantato peso di Restauro 2007 si è espresso in

questa quattordicesima edizione attraverso i 300 espositori

presenti tra aziende di settore, editori, istituzioni e servizi

legati al mondo dell’arte, 30 convegni di livello

internazionale ed 85 incontri tecnici tra aziende e visitatori.

Tra gli espositori non sono mancati i grandi nomi che da

sempre accompagnato lo sviluppo del settore dei Beni

Culturali a livello istituzionale, con la presenza del

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del suo

gigantesco stand per la presentazione dei progetti e del

lavoro svolto dai tecnici del restauro e della conservazione,

dell’Associazione Città Italiane Patrimonio Mondiale

UNESCO, nata nel 1997 per sostenere efficaci interventi di

promozione delle realtà territoriali, per finire con gli stand

delle Regioni e dei Comuni, immancabili nel promuovere

il patrimonio culturale che li caratterizza. Erano poi

presenti a livello accademico tutti i principali istituti e

centri che si occupano di restauro e tutela dei Beni

Culturali.

L’offerta tecnico-commerciale si è rivelata completa ed

interessante nella varietà di applicazioni che le tecnologie,

geomatiche e non, forniscono se applicate ai Beni

Culturali; la rassegna dei prodotti e delle aziende di seguito

a questo report tenterà, appunto, di fare una sommatoria

delle offerte presentate, nel tentativo di chiarire il

panorama che si è presentato al pubblico del Salone.

Gli incontri ed i convegni hanno toccato diverse ed

importanti tematiche, soprattutto quando le esperienze

maturate dagli staff italiani sono diventati casi di studio

sui quali analizzare nuove tendenze e tecniche di lavoro.

Formazione, tecnologie, case studies, conservazione, ICT,

manutenzione, riqualificazione e visioni hanno reso gli

appuntamenti offerti dal Salone un vero e proprio

calderone di conoscenze ed informazioni confermando, se

ce ne fosse stato bisogno, la vitalità della quattro giorni

ferrarese.

Gli incontri tecnici hanno poi rappresentato un ottimo

momento di incontro a livello personale tra gli esperti del

settore, forti delle loro competenze pratiche, ed il pubblico

che di queste competenze ha bisogno per superare le

problematiche a livello lavorativo e di progettualità.

L’organizzazione del Salone del Restauro, poi, non è

stata da meno; una segreteria organizzativa sempre

disponibile ha limitato al massimo l’insorgere di

contrattempi, favorendo un fluido scorrere degli eventi e

degli incontri. Unico neo, soprattutto per noi giornalisti,

l’assenza di una vera e propria sala stampa con una

connessione stabile: un PC per un’intera fiera era

francamente un po’ poco.

In conclusione, l’edizione 2007 del Salone del Restauro

ha confermato quanto di buono era già stato notato lo

scorso anno, ed anzi ha rafforzato la convinzione di

quanto il settore sia vitale; l’impegno verso il

raggiungimento di un’idea di Economia della Cultura,

come si diceva prima, è la base di lancio di un nuovo

modo di vedere il tesoro insito nel nostro patrimonio

culturale, il più ricco ed eterogeneo che un paese solo

possa presentare.

Fulvio Bernardini

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GEOmedia

Rassegna Prodotti

Aziende e tecnologie:

una rassegna mirata

ai Beni Culturali

Report

ultimo salone del restauro è stato una importante occasione per vedere da vicino l’operato

delle molteplici aziende che rappresentano il polo dell’eccellenza nel campo dei beni culturali,

nelle molteplici forme e tecnologie che pervadono il settore. La rassegna che segue è una lettura

non sequenziale di queste tecnologie, sia in termini di servizi resi da tante aziende, sia in termini di

tecnologie vere e proprie, che spaziano dai sistemi di rilievo, ai sistemi di analisi e gestione dei

dati, fino ai sistemi di indagine. I campi applicativi vanno dai monumenti ai dipinti, passando

per gli aspetti della fruizione e della conservazione. Buona lettura.

Tabella delle aziende e delle soluzioni in rassegna

Azienda Settori applicativi e/o tecnologie Tipologia di offerta Web

SO.IN.G

Sistemi e servizi per la diagnostica

geofisica in ambito beni culturali

Servizi

www.soing.it

Consorzio Arte Tecnologia

Rilievi laser scanner orientati alla

realizzazione di prototipi e copie

Servizi

www.consorzioartetecnologia.com

CAM 2 Gruppo FARO Europa Laser scanner Prodotti e servizi www.faro.com

Geotop

Sistemi di rilievo fotogrammetrico,

topografico e laser scanner

Prodotti

www.geotop.it

Leica Geosystems Sistemi di rilievo laser scanner Prodotti www.leica-geosystems.com

Menci Software

Sistemi di rilievo fotogrammetrici e

gestione dati laser scanner

Prodotti

www.menci.com

Unocad Art Division Modellistica 3D orientata ai prototipi Servizi www.unocad.it

Akanthos Indagini archeologiche, rilievi 3D,

fotogrammetria e laser scanner

Servizi

www.akanthos.it

S.R.Societa' Rilievi Generali

di Ing. Viazzo & C

Servizi e rilievi fotogrammetrici, Termografici

e UV, monitoraggio microclimatico

Servizi

www.viazzo.eu

VirtualGEO

Servizi e prodotti orientati alla

promozione dei beni culturali

Servizi

www.virtualgeo.it

Art Test

Diagnostica ottica,riflettografia IR, termografia,

fluorescenza UV e colorometria

Servizi

www.art-test.com

FLIR System Sistema a infrarosso Prodotti www.flirthermography.com

Geogrà Servizi per i beni culturali, rilievi laser scanner Servizi www.geogra.it

Soluzioni Museali Pogetti e soluzioni per la gestione museale Servizi www.3d-pixel.com

3D-Pixel

Sistema di ripresa digitale sferico e

misura delle dimensioni

Prodotti

www.3d-pixel.com

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GEOmedia

Tomografie geoelettriche a passo di carica

Presentato per la prima volta in Italia il sistema ARP (Automatic Resistivity Profiling) basato

sull’innovazione tecnologica e applicativa made in France e targato GeoCarta (www.geocarta.net).

A presentare il sistema durante il Salone del Restauro e’ stata la SO.IN.G Strutture & Ambiente

s.r.l. di Livorno, partner italiano per la promozione dei servizi basati su tale tecnologia.

Il sistema ARP di GeoCarta e’ orientato ad applicazioni di analisi nel settori archeologico,

dell’agricoltura di precisione e della viticultura. Il plus del sistema e’ tutto legato alle sue potenzialita’ operative; infatti esso e’ installato

su un mezzo mobile trainato da un piccolo vettore ed e’ in grado di fornire, attraverso i suoi 3 sensori, tre distinti livelli del terreno i cui

valori vengono rappresentati da mappe di resistivita’ rispettivamente a 0.5, 1 e 1.7 metri di profondita’, con letture sia di variazioni

laterali che di profondita’ di un singolo strato, grazie alla possibilita’ di variare la posizione spaziale dei sensori.

Il sistema di acquisizione dati e’ ovviamente dotato di un sistema DGPS che permette di

georeferenziare con precisione submetrica i diversi data set di dati. A valle del sistema di

acquisizione abbiamo la fase di interpretazione e la fase di disegno delle mappe

geoelettriche della resistivita’, fasi queste, gestibili attraverso uno specifico software, e che

rappresenta la fase in cui SO.IN.G interviene massivamente con tutta la sua esperienza.

Il sistema si presta ad essere impiegato anche nel campo delle indagini sui beni culturali

orientate alla individuazione di zone archeologiche sotterrate. L’enorme potenzialità del

sistema è dovuta alla sua capacità di acquisizione massiva di dati, e quindi la possibilità di

indagare ettari ed ettari di terreno in pochi giorni.

www.soing.eu

Rassegna Prodotti

Consorzio Arte e Tecnologia

L’applicazione presentata da CAT al salone è di forte interesse per

l’acquisizione dati di oggetti d’arte di dimensioni medio-piccole. Il sistema è

basato sull’ingegnerizzazione di un braccio antropomorfo a 7 assi, sul quale

viene montato un sistema Laser Scan Arm della Faro. A valle del sistema di

acquisizione, vi è un software adeguato per la gestione dei dati che

ovviamente permette di realizzare tanto un semplice modello 3D esportabile

nei più comuni formati (STL, 3DS, OBJ, VRML, ecc.), quanto in formati più

orientati alla progettazione come curve di livello e sezioni (DWG, DXF,

IGES, ecc.). Tra i prodotti processabili dal sistema, vi sono ovviamente i file

impiegati per la fresatura sulle più comuni macchine a controllo numerico.

L’esperienza di CAT spazia dalle competenze del restauro, delle fusioni d’arte e della moderna tecnologia digitale, riunendo in un’unica

esperienza le esperienze di tre aziende che a loro modo erano già leader nei singoli settori applicativi. I sistemi laser scanner impiegati

da CAT sono targati Faro Europe, e consistono nella soluzione Laser Scan Arm Platinum e nel sistema LS880 tradizionalmente

impiegato nei rilievi industriali e architettonici.

www.consorzioartetecnologia.com

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GEOmedia

Rassegna Prodotti

Laser scanner e misure industriali allo stato puro

CAM2 rappresenta in Italia l’azienda madre USA FARO Inc., che attraverso filiali in tutto

il mondo, è attiva nel campo della metrologia industriale e dei sistemi laser scanner per

l’acquisizione, l’elaborazione ed il trattamento di dati 3D orientati alla realizzazione di

prototipi in scala 1:1 o a scale diverse. Le soluzioni portatili di misura industriale di

CAM2 sono caratterizzate da altissime prestazioni: il sistema, infatti, è orientato

all’acquisizione nel settore architettonico e rileva circa 120 mila punti al secondo, con una

precisione della distorsione lineare di 3mm entro i 10m di portata. I sistemi FARO

spaziano dalla soluzione FaroArm basata su un braccio meccanico encoderizzato che

presenta accuratezze angolari dell’ordine dei 0.0005”, e su soluzioni che integrano la

precisione meccanica con sistemi laser per piccoli oggetti, spingendo la precisione intorno

ai 50 micron. Sul fronte dei software di elaborazione FARO ha un forte apertura verso la

maggior parte dei software professionali nel campo della modellazione 3D.

CAM2 ha partecipato al Salone del Restauro, forte della sua esperienza nel settore dei

beni culturali, rivolgendosi verso soluzioni orientate agli oggetti di medie dimensioni

come le statue e verso i settori archeologico, architettonico e storico.

www..faro.com

Soluzione per legare topografia, fotogrammetria e laser scanner

Con la presenza di Geotop, non potevano mancare al Salone le classiche tecnologie

geomatiche per il rilievo con soluzioni specifiche come la stazione totale GPT-7005i,

fortemente orientata al rilievo nei beni culturali, il sistema laser scanner GX200 e il

sistema per la fotogrammetria architettonica Photometric 2007. Geotop è presente

continuativamente al Salone del Restauro fin dal 1999 e non a caso sviluppa e

commercializza sistemi di fotogrammetria orientati al rilievo architettonico ormai da

circa 20 anni, offrendo oggi una continuità di soluzioni che vanno appunto dal laser

scanner alla stazione totale laser, fino alle soluzioni fotogrammetriche che

comprendono anche la fornitura della camera digitale metrica per eccellenza, la

Rolleiflex 6008AF. Un approfondimento è necessario per la Total Station GPT-7000i.

Annunciata dal claim “Un’immagine vale più di 100 parole”, la particolarità di questa

stazione totale è proprio quella di scattare una piccola immagine per ogni punto

misurato via laser così che l’operatore, anche senza fare una monografia del punto rilevato (tanto più vale nel caso dei rilievi

architettonici o dei punti di appoggio fotogrammetrico), al momento dell’elaborazione e della restituzione del disegno può sempre sapere

esattamente quale era il punto misurato, il che rappresenta un enorme vantaggio per chi rileva nel campo archeologico e dei beni

culturali in genere.

www.geotop.it

Laser e non solo

Leica Geosystems rappresenta da sempre un puntoi di riferimento certo in fatto di tecnologie

geomatiche applicate ai beni culturali e non. Al Salone del Restauro ha promosso l’uso della

tecnologia laser scanner come metodologia d’eccellenza nel rilievo di beni architettonici. I sistemi

laser scanner di Leica hanno rappresentato nel tempo l’evoluzione dei sistemi, che dalle prime

applicazioni targate Cyra, con forti ingombri e consumi di energia, hanno condotto alle attuali

soluzioni dove alle ridotte dimensioni e quindi ad un’ampia maneggiabilità e trasportabilità del

sistema, si coniuga un ridotto consumo di energia e quindi una maggiore flessibilità d’uso. Le

soluzioni laser scanner di Leica spaziano su almeno 5 modelli per le diverse classi di impiego: il

sistema ScanStation, e i sistemi HDS6000, HDS4500, HDS300 e HDS2500. Oltre alle soluzioni

hardware non mancano soluzioni software per l’acquisizione e il trattamento dei dati come Cyclone

e Cyclone CloudWorkx.

www.leica-geosystems.com

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L’innovazione nel rilievo di Menci Software

Menci Software è una azienda storica del settore

fotogrammetrico che ha iniziato ad operare nel campo dei

beni culturali da molti anni. All’ultimo salone del restauro ha

presentato un innovativo sistema di ripresa che supera

ampiamente le potenzialità dei sistemi di rilievo laser

scanner, unendo la restituzione dei modelli digitali

dell’oggetto d’arte o del manufatto architettonico, con la sua

rappresentazione cromatica.

Il sistema chiamato ZScan si pone come un sistema di

scansione 3D SENZA utilizzo di laser scanner. ZScan è basato su un sofisticato algoritmo di

analisi dell’immagine che lo rende estremamente efficiente e preciso, e l’acquisizione e

l’elaborazione delle nuvole di punti RGB avviene esclusivamente usando immagini digitali.

Il sistema ZScan si compone di una Fotocamera digitale Nikon D80 (10 Mpix), con ottica

fissa da 28mm opportunamente calibrato presso i laboratori Menci Software, una slitta di

precisione con carrello a ricircolo di sfere (lunghezza 500 o 900 mm) e di un treppiede

professionale manfrotto dotato di testa 3D. Il prodotto finale ottenibile dal sistema di ripresa

e di elaborazione consiste in modelli 3D di alta qualità a colori (con colori di fedeltà

fotografica), realizzati con estrema facilità di utilizzo. Ogni modello è frutto di 3 soli scatti

(senza richiedere mosaicature). I plus del sistema risiedono oltre che nella facilità di

trasporto e brandeggiabilita’ dello strumento, nella sua economicità, e soprattutto nella

possibilità di realizzare riprese e restituzioni di tipo multiscala. Infatti a differenza dei

sistemi laser scanner dove le scale operative sono legate fortemente ai sistemi hardware

adottati, nel caso del sistema di ripresa messo a punto da Menci Software, la scala è legata

semplicemente alla scala media del fotogramma, quindi potenzialmente in grado di operare

con precisioni legate alla distanze delle riprese, a partire dal molto vicino (subdecimetrico),

fino alle scale classiche come 50, 100 e 200 tipiche delle rappresentazioni architettoniche.

www.menci.com

UnoCAD fa 100 nell’Art Division

Tra le diverse aziende del comparto tecnologico presenti al

Salone, UNOCAD si distingue tanto per le tecnologie

esclusive, tanto per l’attività di supporto e realizzazione di

copie di opere d’arte scultoree.

Tra le singolarità dei prodotti troviamo il sistema di rilievo

Polhemus FastSCAN: impiegato in esclusiva per l’Italia

nella realizzazione di attività di reverse engineering di

opere architettoniche o scultoree da catalogare, restaurare

o semplicemente per farne una replica, così come e’ stato

fatto per le 6 statue del Battistero di Parma, i cui originali

sono stati trasferiti all’interno del Museo Diocesano per

scongiurare l’ulteriore deperimento dovuto ai fattori

esterni, mentre le copie in pietra di Vicenza sono state

collocate in sostituzione.

Sempre sul fronte scultoreo si pone l’altro strumento tecnologico dedicato a chi deve

scolpire la materia su modelli digitali o virtuali: il sistema FreeForm mette a disposizione

dell’artista e del design non solo gli avanzati strumenti software, ma anche il sistema

hardware PHANTOM nella versione desktop e Omni. Il punto di forza del sistema

PHANTOM risiede nella sua capacità di restituire la rugosità del materiale all’artista,

attraverso un feedback generato da una frizione che restituisce la sensazione della durezza e

della rugosità del materiale digitale che si sta modellando. Insomma, una di quelle cose per

cui bisogna per forza provare per credere. Per vedere alcune delle modellazioni create con il

sistema PHANTOM della sensale inc. puntate quindi il mouse su

www.sensable.com/freeform-models.htm.

www.unocad.it


GEOmedia

Rassegna Prodotti

Innovazione tecnologica ed archeologia

L’innovazione tecnologica ha invaso il mondo dell’archeologia e dei beni culturali, non

solo ovviamente per le fasi di indagine e documentazione, ma soprattutto per le più

impegnative fasi di st e di valorizzazione dei beni archeologici o museali. Akanthos

Ricerche Archeologiche è una delle aziende specificamente impegnate nell’uso delle

tecnologie di documentazione e rilievo come il laser scanner, impiegato nell’ambito

della realizzazione sia dei rilievi archeologici e dei beni culturali in genere, sia nella

realizzazione di documentazione tout court di monumenti e scavi archeologici.

Eccezionale la documentazione

presentata durante il Salone, grazie

agli esempi applicativi sulla Villa

Emilia di Cesena e sui monumenti di

Rufo e Obulacco di Sarsina, realizzati

per la Soprintendenza per i Beni

Archeologici dell’Emilia Romagna;

ma le competenze di Akanthos vanno oltre l’impiego della tecnologia, soffermandosi

su diverse attività come sondaggi archeologici di superficie, controlli archeologici in

corso d’opera, realizzazione di scavi stratigrafici, per finire con le consulenze

archeologiche collegate alle ricerche bibliografiche per individuare il rischio di

impatto nelle aree urbane ed extraurbane e la progettazione e l’allestimento di mostre

ed eventi di carattere archeologico.

www.akanthos.it

Dalle indagini ai rilievi

In un continuum di competenze e soluzioni, troviamo il mondo dei rilievi topografici, della fotogrammetria, dei rilievi termici e delle

indagini acustiche. L’azienda è l’unione sinergica tra la Giorgio Viazzo Engineering e la Società Rilievi Generali di ing. Viazzo & C

s.n.c., ma l’intento è unico nelle varie attività. Il gruppo di professionisti mette in campo

le varie esperienze e professionalità, e propone servizi e prodotti come ortofotocarte,

telerilevamento, rilievi topografici, immagini 3D anaglife, rilievi all’infrarosso vicino,

termografie, fotopiani, fotogrammetria aerea e terrestre, e per finire i rilievi acustici.

Tutte specialità che ben si sposano con le necessità progettuali e di indagine necessari ai

professionisti, alla pubblica amministrazione e nel caso specifico al mondo dei beni

culturali e del patrimonio monumentale e artistico.

www.viazzo.eu


GEOmedia

Virtualgeo: geomatica e comunicazione per i beni culturali

Operando nel campo della geomatica, dello sviluppo software e della comunicazione,

Virtualgeo fornisce servizi dedicati ai beni culturali, facendosi promotrice dell’impiego

di tecnologie e soluzioni informatiche avanzate.

Autodesk Authorized Developer, Virtualgeo impegna i suoi informatici nello sviluppo

di ProgettoCube, un contenitore di applicativi AutoCAD in supporto alle attività di

Reverse Modelling e progettazione. In questo contesto si inserisce CloudCube, una

soluzione proposta da Virtualgeo per la gestione e la modellazione 3D delle nuvole di

punti ottenute da laser scanner, mettendo a disposizione tre differenti tecniche di modellazione perfettamente integrate tra loro ed

utilissime nel campo archeologico ed architettonico.

Forte della lunga esperienza nel campo della topografia, Virtualgeo effettua rilievi batimetrici, architettonici e planoaltimetrici,

tracciamenti, livellazioni, rilievi fotogrammetrici e sviluppa applicazioni GIS per il territorio.

Grande risalto viene dato alle tecnologie legate ai beni culturali, da qui l’ampio utilizzo da parte di Virtualgeo della realtà virtuale per la

realizzazione di prodotti dedicati alla conservazione ed al recupero e vicini ad aspetti divulgativi e didattici; il rapid prototyping e la

versatilità dei modelli che ne scaturiscono sono anch’essi parte dei servizi erogati.

Attiva a livello comunicativo tramite metodologie classiche, Virtualgeo promuove lo sviluppo di libri urbani, strumenti comunicativi a

scala monumentale capaci di dialogare con l’ambiente in cui sono inseriti.

Mostre temporanee in stereoscopia allo scopo di visitare ricostruzioni di monumenti o di esaminare oggetti non esposti al pubblico,

completano l’offerta di questa interessante azienda.

www.virtualgeo.it

Rassegna Prodotti

Art-Test: esperienza e competenze al servizio delle opere d’arte

Art-Test nasce dall’esperienza di un gruppo di specialisti nella progettazione e nello sviluppo di sistemi ed

applicazioni per la raccolta e l’elaborazione di dati digitali finalizzati allo studio e alla salvaguardia dei beni

culturali, dispone di tecnologie tra le più avanzate oggi esistenti, in grado di realizzare indagini approfondite e

di qualità molto elevata. Le applicazioni interessano ogni tipo di studio sulla genesi, la realizzazione e la storia

conservativa di un’opera d’arte, nonché la programmazione ed il monitoraggio di interventi di restauro. Art-

Test svolge indagini con strumentazione portatile ed in modo non invasivo.

Presente per la prima volta al Salone del Restauro, la società toscana ha presentato l’innovativo scanner per

riflettografia IR Vis-IR in grado di realizzare riflettografie digitali ad alta risoluzione ed elevata dinamica

tonale. Le prestazioni elevate consentono una migliore leggibilità dell’immagine finale e non richiedono correzioni a posteriori per

distorsione geometrica, disomogeneità di illuminazione, vignettatura ecc.

Acquisizione multispettrale del visibile, fluorescenza UV multispettrale, termografia, acquisizione e modellazione 3D, radiografia

digitale ed elaborazione e interpretazione dati sono le tecnologie ed i servizi che completano l’offerta di Art-Test.

www.art-test.com

Telecamere ad infrarossi allo stato dell’arte da FLIR Systems

FLIR Systems, leader mondiale nella progettazione, produzione e

commercializzazione di termocamere dedicate a settori verticali che spaziano da

quello medico fino a quello dei beni culturali e della loro diagnostica; la tecnologia

dietro ai prodotti FLIR rileva le radiazioni o il calore di un oggetto, consentendo di

misurare anche la minima variazione di temperatura. FLIR Systems è anche l’unico

produttore di termocamere in grado di progettare e costruire ogni singolo

componente: dal detector alle ottiche, fino alle parti elettroniche.

Lo stand di FLIR al Salone presentava il nuovo strumento della casa americana, la BCAM SD. Leggera ed ergonomica nasce per

l’utilizzo in interno ed esterni; grazie alla sua sensibilità migliorata, è possibile rilevare anche differenze di temperatura minime ed

ottenere immagini più nitide sul display LCD. La scheda SD in dotazione consente la memorizzazione di 1000 immagini a infrarossi,

evitando il trasporto dei dati tramite i cavi. Il potente software risulta anche di facile utilizzo, mentre la funzione di allarme isolamento

aiuta a rilevare facilmente le aree che non soddisfano tali requisiti. L’allarme punto di rugiada visualizza le aree a rischio condensa e

accumulo di muffa prima che si verifichino danni.

www.flirthermography.com

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GEOmedia

Rassegna Prodotti

Geogrà rinnova l’immagine e la presenza

Presente fin dal 1995 al Salone del Restauro, Geogrà conferma la sua presenza anche

quest’anno. Partner di fiducia di GEOmedia con contributi commerciali ed editoriali

(anche su questa edizione dello Speciale Archeomatica a pag. ….), la società di Sermide,

in provincia di Mantova, si è presentata alla fiera ferrarese accompagnata da un restyling del proprio logo e del proprio visual

aziendale. Un regalo per celebrare i primi quindici anni di attività ma anche una naturale tendenza nel fornire una immagine che segue

la spinta tecnologica che caratterizza i nostri tempi. Geogrà, infatti, con le sue attività nel campo del laser scanning 3D, dei rilievi

stereofotogrammetrici, topografici, fotogammetrici, batimetrici e tradizionali, è da sempre attenta soprattutto a tutto ciò che riguarda la

ricerca e l’innovazione per dare vita a prodotti con un valore aggiunto sia nel senso della rappresentazione, sia nei contenuti. Dotata di

un parco strumenti di tutto rispetto, Geogrà è costantemente impegnata nella ricerca e sperimentazione di nuove metodologie che

possano velocizzare e migliorare qualitativamente i propri servizi. I rilievi per la Cappella della Sacra Sindone, la Cattedrale di

Bayamo a Cuba, il Tempio di Ercole ed il Tempio dei Dioscuri ad Agrigento e Palazzo Spinelli a Venezia, fanno di Geogrà una delle

società di riferimento nel settore dei rilievi dedicati ai beni culturali.

www.geogra.it

Soluzioni Museali per la conservazione preventiva

Soluzioni Museali è una società flessibile che opera nella progettazione diesposizioni temporanee e permanenti e con

una esperienza maturata nella conservazione preventiva. Dalla content architecture alla progettazione museologica,

all’assistenza museografica e tecnica, al marketing, al fund raising ed alla consulenza legale, Soluzioni Museali

costruisce un ponte tra pubblico, isitituzioni ed aziende. Assieme al proprio partner canadese di Microclimate, di sui

Soluzioni Museali è il referente per l’Italia, la società milanese ha partecipato ad un incontro tecnico dedicato appunto

alle tecnologie di controllo climatico per la conservazione dei beni culturali nelle esposizioni, nei depositi e nei

trasporti. Le competenze sviluppate dal suo staff nello studio dei requisiti e delle specifiche degli oggetti che devono essere esposti,

fanno di Soluzioni Museali e del concetto di conservazione preventiva un connubio imprescindibile, e delle strumentazioni professionali

per il rilievo delle condizioni microclimatiche ed illuminometriche la messa in pratica di questo stretto rapporto.

www.soluzionimuseali.com

Beni culturali ma non solo per 3D-Pixel

3D-Pixel, società bolzanina alla prima apparizione in quel di Ferrara, si occupa della vendita di

sistemi fotografici speciali per la ripresa e la documentazione digitale e sferica di ambienti esterni

ed interni, con funzione di misurazione di distanze, e ripresa di tutte le zone sovra e sottoesposte

alla luce. Il sistema One-Click sviluppato in casa da 3D-Pixel è stato concepito dopo quattro anni di

collaborazione col RIS (Reparto d Investigazioni Scientifiche dei carabinieri) di Parma e la Procura della Repubblica

di Bolzano. Si affianca allo scontato impiego nel settore criminalistico, una sempre crescente richiesta di

documentazione dettagliata nel campo dei beni culturali. Il sistema One-Click permette di ottenere immagini sferiche

ad altissima risoluzione grazie ad una scansione lineare con passo rotatorio (180°x360°) ed un’apertura del diaframma

fino a 26 livelli per visualizzare tutte le zone di un ambiente con vari tipi di illuminazione, ed il tutto tramite una

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