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513 Cintura Nera Rivista Arti Marziali Maggio 2025

La rivista internazionale di Arti Marziali tradizionali, sport da combattimento e autodifesa Cintura Nera Budo International. Download gratuito. Edizione Online 513 Maggio Anno 2025

La rivista internazionale di Arti Marziali tradizionali, sport da combattimento e autodifesa Cintura Nera Budo International. Download gratuito. Edizione Online 513 Maggio Anno 2025

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Perle guerriere


“Le armi sono strumenti di sfortuna; usarle per

troppo tempo porterà calamità. Quando le tue

truppe sono scoraggiate, la tua spada smussata, la

tua forza esaurita e le tue scorte scarse, persino la

tua stessa gente approfitterà della tua debolezza per

ribellarsi. Quindi, anche se hai saggi consiglieri,

alla fine non sarai in grado di far funzionare le

cose.”




Unisciti ai grandi!


Date 16, 17 e 18 maggio 2025

MAESTRI DI BUDO 2025

L'evento:

Come di consueto, (fermata solo dalla pandemia) la rivista Budo International (Black Belt) ha l'onore di riunire periodicamente

i suoi amici in un grande evento internazionale.

Lo scopo è quello di ritrovarsi, fare nuove amicizie, scambiare esperienze, contatti, imparare gli uni dagli altri, sempre in

un'atmosfera di cameratismo, onore e rispetto.

L'evento consiste in un grande seminario il sabato, dove i partecipanti si alterneranno per incontrare tutti i Maestri.

La sera stessa si terrà la cena di gala, con cibo tradizionale delle Canarie e spettacoli speciali, che culminerà con la consegna

dei diplomi ai Maestri, foto, ecc...

Partecipare a questo evento significa appartenere (o entrare) in un club esclusivo governato dall'onore e dalle buone

maniere, diretto dal nostro direttore Alfredo Tucci. Implica anche, come è logico, apparire nella rivista speciale che verrà

realizzata sull'evento, come è consuetudine.

Verrà inoltre realizzato un video su tutte le attività.

Questa volta abbiamo scelto l'ambiente privilegiato delle Isole Canarie, tra Europa e America, con un clima straordinario

e una bellezza spettacolare, di fronte alla spiaggia di Las Canteras.

Le Isole Canarie sono una destinazione turistica con un ampio servizio e magnifici collegamenti internazionali che indubbiamente

facilitano l'incontro.

Prezzi:

Il prezzo di partecipazione all'evento è di 210 euro; questa quota comprende la partecipazione alla cena di gala e la partecipazione

come insegnante a fianco dei Grandi Maestri internazionali nel seminario del sabato.

I partecipanti sono pregati di osservare un'etichetta corretta alla cena: donne: abito lungo; uomini: giacca da pranzo,

cravatta, abito formale tradizionale (kimono ecc...) o guayabera.

Per apparire sulla locandina dell'evento è necessario confermare la propria presenza e i nuovi partecipanti devono aver

versato la propria quota. Per farlo, contattare Alfredo Tucci via e-mail all'indirizzo: budo@budointernational.com.

Attività extra:

Il team degli amici della Federazione di Garrote Canario, sta preparando tutta una serie di attività speciali parallele per

i partecipanti, fornite e facilitate dalle autorità locali, che possono essere consultate in seguito (surf, esibizioni di arti marziali

locali, garrote Canario, lucha Canaria, escursioni, eventi in spiaggia, ecc... ecc...).

Modalità di pagamento:

Versamento di 210 euro sul conto del BANCO DE SANTANDER

BUDO MASTER CANARIAS 2025

IBAN ES34 2100 6769 7202 0044 7308


Unisciti ai grandi!

Hotel

Ci sono due hotel tra cui scegliere per partecipare all'evento.

L'NH Imperial Playa **** e l'NH Playa Las Canteras, *** offrendo così un'ampia

gamma di condizioni e prezzi ai nostri partecipanti.

Per effettuare le vostre prenotazioni con prezzi speciali per i BUDO MASTERS in

uno o nell'altro hotel e confermare i prezzi per il soggiorno, i giorni, ecc... Usa questo

link:

https://www.nh-hotels.com/es/event/budo-masters-2025

La cena di gala si svolgerà presso l'NH Imperial Playa

****

N.B. (L'iscrizione all'hotel non significa iscrizione alla manifestazione. Questo deve

essere fatto separatamente tramite bonifico bancario, PayPal o Bizum come indicato

nella pagina precedente)


Date 16, 17 e 18 maggio 2025


Editoriale

A re morto... idiota posto!

S

ottomissione, vassallaggio e ossequio. I grandi che ho conosciuto, e in qualsiasi campo, non hanno mai

chiesto una cosa simile ai loro allievi. Sono gli spiriti piccoli che hanno bisogno delle genuflessioni degli

altri per sentirsi grandi, non per esserlo, perché questo è patrimonio dell'anima, e non delle forme.

Afferrarsi a questo è la vittoria dell'esclusivismo sulla magnanimità, essendo questa la predilezione

naturale e la prerogativa dei grandi di spirito.

Recentemente un professore e alcuni dei suoi accoliti hanno voluto mettere “piede in parete” davanti

a me, rivendicando l'eredità esclusiva del loro professore sotto il suo esclusivo dettato; il tutto basandosi su un

foglio di carta. In questo modo, rivendicava il suo spazio nella mia rivista, al posto di un altro allievo dello stesso

Maestro.

Da un lato sappiamo che la carta resiste a tutto, tuttavia il modo in cui ci comportiamo nella vita può smentire

in un batter d'occhio la presunta grandezza che tale documento potrebbe conferirci. Di cosa ha paura se un

altro allievo dello stesso maestro riesce a diffondere il nome del suo stile?

Curiosamente, più piccoli sono gli stili, più esigenti sono i loro presunti eredi; è una regola infallibile. Essere la

testa di un topo piuttosto che la coda di un leone è il suo dettato preferito! Più sono scarsi i resti, più si litigano

gli avvoltoi.

Casualmente conoscevo molto bene il Maestro defunto. Ci univa una grande amicizia, che si è tradotta in una

lunga collaborazione per molti anni. Al Maestro in questione, che era un gentiluomo, non sarebbe mai venuto in

mente di avvicinarsi a me con simili lamentele; al contrario, ha sempre ringraziato con grande affetto tutto l'aiuto

nella diffusione del suo stile che ha ottenuto attraverso i miei mezzi. Le cose nella sua famiglia le sistemava

lui, e siccome non ho mai osato intromettermi in quei giardini, non gli è mai venuto in mente di dirmi come fare

il mio lavoro.

Queste cose mi colgono di sorpresa, di sorpresa, di sfuggita, perché sinceramente la questione non mi riguarda.

Non sono mai stato un fan dei documenti, forse e paradossalmente perché sono un editore! Personalmente amo

molto di più i contenuti che le forme; queste passano; sono portate via dai venti del tempo. I contenuti, invece, sono

come radici che affondano profondamente la loro forza lì, nel profondo della vita e fanno sì che, di conseguenza, i

venti del cambiamento non ne abbattano mai la struttura. Come grandi alberi silenziosi sfidano le tempeste, fondati

su se stessi e sulla loro connessione con l'essenziale.

D'altra parte, gli amanti del formale, pongono il loro accento al di fuori di se stessi e per questo si indeboliscono;

mancano di radici, di fondamenta e sono esposti ai capricci del cambiamento. Come recita il detto: “Ogni spirale si

dirige dal suo centro!”.

In queste cose marziali, a me è stato concesso di “distribuire le carte”. Tutto questo mi è successo senza alcun

gusto per questo ruolo. No. Non ho alcun interesse per il ruolo di “croupier”, ma ho visto che altri lo desiderano

e, credetemi, non sono pochi quelli che per questo, oscuramente e silenziosamente, sospirano. Nonostante la

mia scarsa propensione per la carica, guardate un po'! L'ho presa sul serio! (come quasi tutto ciò che faccio),...

per questo, di tanto in tanto, mi tocca richiamare all'ordine il personale, soprattutto quando la mediocrità e le

ingerenze finiscono per disturbare il mio solerte svolgimento, al punto che chi deve mettere “piede in parete”

sono io. Finché non vengono a casa mia a dirmi come devo sistemare i miei mobili, o a rigirare la frittata, va tutto

bene, perché la verità è che nel mio cuore questi argomenti non trovano eco, o come dice Mika Waltari nel meraviglioso

“Sinuhe l'Egiziano”: “Le tue parole sono come il ronzio delle mosche nelle mie orecchie o come la polvere

dei sentieri nei miei piedi”.

L'ambiente marziale non è poi così diverso dagli altri... è pieno di ego; il male è che, a causa della loro stessa linea

di interessi, questi ego si manifestano in modo violento e non di rado confuso e disinformato. La cultura e le buone

maniere non sono tra le caratteristiche principali di chi gestisce la violenza, ma una buona educazione non guasta

mai. L'eleganza abbellirà sempre le nostre forme, ma per questo bisogna essere abbastanza raffinati.

Trattare con grandi Maestri è sempre stato facile per me, e lo è per quasi tutti. Con loro tutto è facilità, gratitudine,

riconoscimento, gentilezza... Spesso sono gli studenti o i professori mediocri a creare problemi in tutto e, invece

di vedere i vantaggi insiti in ogni inconveniente, vedono solo gli inconvenienti impliciti nei vantaggi.



Editorial


La grandezza è un bene scarso. Analogamente ai pochi e piccoli mattoni che coronano

una piramide, la maggior parte di quelli che ne sostengono la struttura sono grandi,

pesanti e densi, come gli ego di coloro che non hanno ancora superato la loro condizione

più rozza e primitiva.

Chi sa cosa è, non rivendica; chi vuole avere, enfatizza su questo punto, cercando di

controllare tutto. I grandi non mettono mai “porte al campo”; sono generosi per natura,

eleganti e sobri, gentili nel trattare, umili nel loro atteggiamento. Perché più racconti, più

sai che sai poco. Quindi, più grande è la statura di uno spirito, più semplice si presenta

e più gentile si comporta, senza imposture o manierismi, semplicemente con la propria

naturalezza.

Scoreggiare più in alto del proprio culo, sputare in alto o pisciare controvento non

sono mai state le migliori idee...

Se il mio caro amico alzasse la testa, correggerà immediatamente la sua progenie;

chiederà scusa per il suo comportamento e si vergognerà, perché sapeva benissimo che

ogni allievo è il riflesso e la rappresentazione del suo Maestro; tuttavia, quando quest'ultimo

non è più in vita, questo precetto deve essere abolito, perché in sua assenza, nessuno

può giustamente ritenerlo responsabile delle intemperanze altrui.

Che truppa!...

“Sono spesso gli studenti o i professori mediocri a

creare problemi in ogni cosa e, invece di vedere i

vantaggi insiti in ogni inconveniente, vedono solo

gli inconvenienti impliciti nei vantaggi”.

“La grandezza è un bene scarso.

Analogamente ai pochi e piccoli mattoni che

coronano una piramide, la maggior parte di

quelli che sostengono la sua struttura sono

grandi, pesanti e densi, come gli ego di coloro

che non hanno ancora superato la loro

condizione più rozza e primitiva.”


Guro Markus Göttel - Diztrict66

Pugilato filippino

Un'area importante, ma ancora molto sconosciuta delle arti marziali filippine

è il “Filipino Boxing”, noto anche come “Pinoy Boxing”, “pugilato sporco”, “panantunkan”,

ecc. A partire da Bruce Lee, il Wing Chun e l'Escrima (Eskrima, Kali,

Arnis, ecc.) hanno formato una forte connessione. Bruce Lee ha imparato

la marziale filippina dal suo allievo Dan Inosanto. Entrambi i sistemi

avevano una funzione definita: il Wing Chun per combattere a mani

nude e le arti marziali filippine erano destinate a soddisfare

le esigenze del combattimento con le armi.


Le tecniche senza armi dell'Escrima erano

considerate più una competizione che un

arricchimento. Il Gran Maestro René

Latosa era una persona di mentalità aperta

che voleva insegnare a tutti e a tutto e

non fu solo per questo motivo che ruppe i

legami con una delle più grandi organizzazioni

di Wing Tsun e arti marziali.


I concetti di allenamento e le strategie di combattimento del Gran Maestro Rene ci hanno insegnato a utilizzare tutte le

armi in modo realistico con un unico sistema e questo, naturalmente, vale anche per il combattimento senza armi, il pugilato

filippino.

Il passaggio tra le diverse armi e il combattimento senza armi è sempre stato un aspetto molto importante dell'Escrima,

così come insegnato dal Gran Maestro René Latosa. I concetti sono il “collante” che tiene tutto insieme e devono essere

intesi più come allenamento fisico. Le tecniche e gli esercizi ci aiutano solo a comprendere i concetti e i principi. Per questo

sono assolutamente sicuro che l'insegnamento dell'Escrima secondo René Latosa possa servire a tutte le arti marziali

come strumento per la loro specifica interpretazione.


Insegnando i concetti e i principi, il Gran Maestro René era in grado di personalizzare le lezioni per ogni individuo.

Ogni persona è diversa e ha esigenze diverse a seconda della sua fase di vita. Per questo motivo, i diversi allievi e

istruttori di Escrima hanno modi diversi di pensare e di applicare i concetti e i principi. I concetti e i principi

dell'Escrima mi hanno aiutato a ritrovare la mia strada nel Wing Tsun e a renderlo significativo e attraente per me e

per i miei allievi. Non vedo i due sistemi come concorrenti, ma come complementari. Gli insegnamenti di entrambi i

sistemi servono solo come strumento per allenare il corpo. Esercizi come il Chi Sao nel Wing Tsun sono un importante

esercizio di equilibrio, ma questo non indica abilità marziali. Tuttavia, un buon maestro non deve essere necessariamente

anche un buon lottatore.


Molte persone si lasciano influenzare dall'aspetto esteriore e dalla reputazione di un maestro. Il fatto che Mike Tyson ti

alleni non significa che diventeremo automaticamente bravi come lui. Altri spingono il loro maestro davanti a loro, secondo

il motto: non toccarmi o verrà mio fratello maggiore! L'unica cosa che conta davvero è ciò che impari dal tuo insegnante.

Nel caso del Latosa Escrima, sono i concetti e i principi e non una tecnica strana o “segreta”.

Per questo motivo, non posso né voglio criticare nessuno. Siamo tutti adulti che possono decidere da soli con chi

vogliono allenarsi e da chi vogliono imparare. Non posso né devo confrontarmi con nessuno. Personalmente, non mi lascio

influenzare o impressionare da cose esterne come titoli, premi, uniformi, voci o simili.

Il Gran Maestro René non voleva imitatori che lo imitassero, ma individui che pensassero, decidessero e agissero in

modo indipendente. Insegnava in modo individuale, diretto e logico. Andava dritto al punto e senza fronzoli. Forse questo

era uno dei motivi per cui i suoi programmi e corsi di formazione non attiravano necessariamente le folle.


“Il grande maestro René

non voleva imitatori che

lo imitassero, ma

individui che

pensassero,

decidessero e

agissero in modo

indipendente”


L'Escrima secondo Latosa è sopravvissuto fino ai

giorni nostri indipendentemente dalle influenze della

moda e io farò tutto ciò che è in mio potere per far

conoscere meglio le arti marziali filippine. Anche se

sono solo modesti tentativi attraverso i miei corsi, libri

e video. Vorrei dedicare questo articolo e questo

video al mio maestro, il Gran Maestro René Latosa.

RIP - Gone but not forgotten.

Oltre alle diverse tecniche di colpo, in questo video

mostrerò principalmente esercizi per l'allenamento

del corpo. Come ho detto prima, le tecniche svolgono

un ruolo subordinato alla forma. Come disse

Bruce Lee, ovviamente ci sono diverse arti marziali,

ma finché avremo solo due braccia e due gambe,

“Molte persone si lasciano

influenzare dall'aspetto

esteriore e dalla reputazione di

un maestro. Il fatto che Mike

Tyson ti alleni non significa che

diventeremo automaticamente

bravi come lui.”




“I concetti non

possono essere

incasellati, ma le

tecniche sì.”

queste differenze saranno piccole fino a un certo punto. Un

attacco può essere eseguito in molti modi diversi, ma fisicamente

rimane sempre un trasferimento di energia. Nell'Escrima

cerchiamo di migliorare al massimo questo trasferimento di

energia. Ciò avviene attraverso la comprensione dei concetti e

la loro applicazione fisica e non attraverso una tecnica o un'altra.

Non si tratta dell'aspetto o della ricerca di tecniche di combattimento

simili. Pertanto, questi esercizi possono essere eseguiti

anche da qualsiasi rappresentante di qualsiasi altro stile di

combattimento. Questo è ciò che rende l'Escrima secondo

Latosa così interessante ed è forse un buon motivo per andare

contro la tua tradizionale arte marziale.


I concetti non possono essere incasellati, ma le tecniche sì. Quando combatto, non si può riconoscere uno stile di combattimento

specifico perché non do alcun stimolo tecnico visivo. Non uso una tecnica o un'altra che mi renda rappresentante

di un'arte marziale o di un'altra. Non assumo una posizione fissa prima del combattimento né mi copro. Finché mi attengo

ai concetti, alle strategie e ai principi, posso muovermi liberamente. Non sono un flagello delle mie tecniche marziali.

Spero che questo articolo e il video che lo accompagna vi piacciano, e mi piacerebbe conoscervi di persona in uno dei

miei corsi, workshop e/o lezioni.

Vorrei ringraziare Alfredo Tucci, editore di Budo International, per l'invito a realizzare questa pubblicazione.

(Estratto dal mio libro “La difesa personale perfetta”, disponibile su Amazon)

“Un attacco può

essere eseguito in

molti modi diversi, ma

fisicamente rimane

sempre un

trasferimento di

energia.”




“Un aggressore che

sputa schiuma dalla

bocca, a cui non importa

cosa succede né a lui né

a te, che farà di tutto

per fare del male a te,

alla tua famiglia o ai tuoi

amici o, nel peggiore dei

casi, che vuole toglierti

la vita.”

Parliamo chiaro

Non illudiamoci. Difendersi da un aggressore ultra aggressivo è

uno dei compiti più difficili. Un aggressore che sputa schiuma dalla

bocca, a cui non importa cosa succede a lui o a te, che farà di tutto

per fare del male a te, alla tua famiglia o ai tuoi amici o, nel peggiore

dei casi, che vuole toglierti la vita. Un individuo a cui non importa

se lui o tu rimarrete feriti e che potrebbe dover andare in prigione

dopo lo scontro fisico.

Difendersi da una persona del genere non è un'impresa impossibile,

ma sarà molto, molto difficile. C'è un'alta probabilità di

rimanere feriti.

Per molte persone, i rappresentanti di una arte marziale sono

supereroi che escono vittoriosi da una rissa di strada come Davide

contro Golia. Purtroppo, non è così semplice!



Paragono sempre i praticanti di qualche forma di difesa personale agli operai edili. Conoscono i pericoli di un cantiere.

Conoscono le condizioni, si proteggono con indumenti protettivi (scarpe antinfortunistiche, caschi, guanti, ecc.), ma non

possono comunque essere sicuri di non avere mai un incidente sul lavoro.

Gli artisti marziali non sono guerrieri del XXI secolo, né samurai moderni disposti a morire con onore sul campo di battaglia.

Per questo motivo, i samurai indossavano un kimono bianco sotto l'armatura. In Giappone, il kimono bianco è un

abito funebre e ancora oggi viene utilizzato come abbigliamento da allenamento (gi). Quindi, gli antichi guerrieri andavano

in guerra con l'aspettativa di una morte onorevole. Ecco perché erano così pericolosi. Un guerriero samurai che non

temeva la morte e la cui unica missione era eliminare il maggior numero possibile di nemici.

Un pilota di Formula 1 non può avere un incidente stradale?

“Gli artisti marziali non

sono guerrieri del XXI

secolo, né samurai

moderni disposti a morire

con onore sul campo di

battaglia.”



Fattore X

La cosa peggiore di una situazione in cui dobbiamo difendere noi stessi o altri

sono le variabili sconosciute. Né gli avversari, né le situazioni, né il contesto temporale,

né i luoghi sono prevedibili. Non sappiamo nulla del nostro avversario o dei

nostri avversari, delle loro intenzioni, della loro disponibilità a usare la violenza o

delle loro abilità di combattimento. Non sappiamo se i nostri avversari sono armati

né come reagiranno. Spesso non conosciamo nemmeno le condizioni del luogo.

Potremmo non conoscere le vie di fuga e le trappole, come vicoli ciechi, cortili,

stanze senza possibilità di fuga, ecc.

Il momento di uno scontro fisico non è mai quello giusto e di solito arriva inaspettatamente

come l'acqua a maggio. Può accadere in qualsiasi momento. Al

lavoro, mentre si fa la spesa, in un ingorgo o magari facendo sport. Non abbiamo

la possibilità di prepararci e non ci sarà una seconda possibilità se commettiamo

un errore.

Tutte queste variabili e fattori sconosciuti rendono una situazione di difesa personale

così imprevedibile. Non esiste uno schema o una regola di comportamento

universale che possa essere applicato a tutte queste circostanze così diverse.



“La cosa peggiore di una

situazione in cui dobbiamo

difendere noi stessi o altri

sono le varianti sconosciute.”


“Alcuni credono di

poter creare il

proprio stile di

combattimento

personale

semplicemente

mescolando stili e

tecniche diverse.”


Miscela

Alcuni credono di poter creare il proprio stile di

combattimento personale semplicemente mescolando

stili e tecniche diverse. L'idea in sé non è male,

ma manca il collante che tiene tutto insieme, i concetti

di combattimento e i principi di allenamento.

Se volessi creare la migliore auto del mondo utilizzando

pezzi di ricambio di marche diverse, avrei

bisogno del miglior meccanico per assemblare il

tutto. Anche in questo caso, sarebbe molto discutibile

se funzionasse e se fosse efficace.

Naturalmente, si può avere la fortuna di combinare

una o due tecniche e poi, eventualmente, utilizzarle.

Tuttavia, è raro e difficile da fare.

L'insegnamento e la comprensione della meccanica

fisica devono occupare un posto centrale. Le tecniche

sono quindi irrilevanti, ma svolgono un ruolo

subordinato.


Strategie e concetti

Se le tecniche sono irrilevanti, ma subordinate

alle funzioni, abbiamo bisogno di sofisticate strategie

di combattimento e concetti di allenamento.

I concetti di allenamento devono essere effettivamente

trasferibili a tutte le tecniche, esercizi e

applicazioni.

Le strategie di combattimento sono valide solo

se possono essere applicate in tutte le situazioni di

difesa. Indipendentemente dal fatto che si tratti di

arti marziali con armi bianche o di combattimento

corpo a corpo.

Concetti di allenamento e strategie di combattimento;

- Equilibrio

- Atteggiamento / spirito di combattimento

- Timing / fare la cosa giusta al momento giusto

- Distanza

- Potenza / forza

- Velocità

- Concentrazione

- Transizione

- Transizione.

Vorrei affermare di aver stabilito questi principi e

concetti, ma il merito non è mio. Queste idee provengono

dal grande maestro Rene Latosa, che

rimarrà per sempre nella nostra memoria.

“Le strategie di

combattimento sono valide

solo se possono essere

applicate in tutte le

situazioni di difesa.”





La legge universale della tensione psicologica:

le tre distanze e le zone di pericolo

Ogni persona si circonda istintivamente di

uno spazio protettivo individuale che può

essere suddiviso in tre zone chiaramente

definite: la zona intima, la zona personale e

la zona sociale. Queste zone influenzano

non solo il comportamento della persona

che le stabilisce consapevolmente o inconsapevolmente,

ma anche le reazioni delle

persone che oltrepassano questi confini.

La comprensione di queste zone è la chiave

per un'autodifesa efficace.



Le tre zone e i loro effetti

• La zona sociale (zona esposta, da 120 cm in su):

In questa zona ci troviamo a una distanza confortevole dagli altri. La distanza

permette di osservare la situazione da lontano e di mantenere il controllo. Qui il

potenziale di pericolo è minore, poiché un confronto è meno immediato.

2. La zona personale (area centrale, da 60/80 a 120 cm):

Se si entra in questa zona, la tensione aumenta notevolmente. La distanza è

troppo ravvicinata per mantenere un atteggiamento neutrale, ma non così ravvicinata

da farci sentire minacciati in modo acuto. Tuttavia, è in questa zona che

il rischio inizia ad aumentare: il campo visivo si restringe e la sensibilità alle

minacce aumenta. Qui è richiesta una maggiore vigilanza.

3. La zona intima (area ravvicinata, da 0 a 60/80 cm):

questa è l'area che ci è più vicina fisicamente. Gli intrusi in questa zona di solito

scatenano una forte reazione, sia per istinto che per azione consapevole. La

sensazione di minaccia è maggiore qui, poiché i potenziali pericoli possono difficilmente

essere respinti senza stabilire un contatto diretto.

Zona esposta, da 120 cm

Zona intermedia 60/80 - 120 cm

Zona ravvicinata, 0 - 60/80 cm

Tensioni psicologiche e conseguenze pratiche

Più un aggressore si avvicina a queste zone, maggiori sono il pericolo e il carico

psicologico. Mentre nella zona sociale una situazione può essere per lo più

controllata e disinnescata, la zona ravvicinata richiede decisioni rapide e precise.

La capacità di riconoscere queste zone e di reagire in modo mirato è fondamentale

sia per i civili che per le forze di sicurezza e di ordine pubblico.

L'importanza nell'autodifesa

Nella difesa personale, la consapevolezza di queste zone è di fondamentale

importanza. Permette di identificare tempestivamente potenziali minacce e di

agire di conseguenza. Il rischio di uno scontro aumenta in modo esponenziale,

soprattutto a media e breve distanza. Chi conosce e si allena in queste zone

può reagire in modo adeguato e quindi aumentare notevolmente la propria sicurezza.

Un sistema di autodifesa efficace non tiene conto solo delle tecniche, ma allena

anche la consapevolezza spaziale, uno strumento indispensabile per rimanere

vigili e pronti all'azione.



“Un allenamento mirato in combinazione con tattiche efficaci

è la chiave per aumentare la sensazione di sicurezza e

rafforzare la fiducia in se stessi. Chi irradia sicurezza,

non solo trasmette forza, ma riduce anche lo stress

e fattori di paura, fattori che in situazioni di pericolo

sono spesso decisivi. Questa stabilità interiore non ha solo

un effetto positivo sulla propria sicurezza, ma contribuisce anche

a proteggere meglio la famiglia, i colleghi o

altre persone nell'ambiente circostante.

Un tale approccio olistico crea

una base che è indispensabile sia nella vita privata che

in quella professionale.”

Una profonda comprensione delle tre zone di pericolo, delle quattro distanze di combattimento e dei livelli di mezzi coercitivi

legali costituisce la base per un'efficace riduzione del rischio. Inoltre, una de-escalation chiara e ben ponderata è di

fondamentale importanza, in quanto può evitare escalation. Se tuttavia si dovesse verificare un'escalation, una preparazione

mirata consente un'azione professionale, corretta ed efficace, soprattutto se un aggressore entra nella zona di pericolo

verde, arancione o addirittura rossa.



L'importanza delle zone di pericolo e delle distanze di

combattimento

Se un aggressore accorcia la distanza di combattimento e penetra nella zona di pericolo

verde o rossa, è essenziale conoscere i principi di autodifesa pertinenti.

Comprendere il posizionamento all'interno delle zone di pericolo riduce al minimo il rischio

di lesioni e aiuta a rimanere illesi.

Le zone di pericolo sono suddivise come segue:

• Zona verde (zona personale): una distanza in cui la comunicazione e la de-escalation

sono fondamentali.

• Zona arancione (zona critica): qui la minaccia aumenta e sono necessarie una maggiore

vigilanza e misure difensive.

• Zona rossa (zona intima): un'area ristretta in cui c'è un pericolo immediato ed è

necessaria un'azione rapida.

Principi fondamentali e posizionamento del corpo

L'autodifesa efficace inizia con la postura e il posizionamento corretti in ogni zona di

pericolo:

• Posizione stabile: posiziona i piedi in modo da stare sempre in piedi in modo sicuro

e stabile.

• Braccia in posizione di attesa: posiziona le braccia in modo che possano essere

portate rapidamente all'altezza della mascella. In questa posizione dovrebbero segnalare

una posizione di riduzione della tensione.

• Comunicazione corretta: parla in modo rispettoso ma deciso, con un tono di voce

adeguato alla situazione.

• Gestione della distanza: mantieni sempre la giusta distanza.

• Attenzione: rimani vigile e preparato a possibili sviluppi.

• Analisi dell'ambiente: osserva attentamente l'ambiente circostante e individua tempestivamente

i potenziali pericoli.

• Concentrazione: sii consapevole che un'escalation può avvenire rapidamente e che

devi agire in una frazione di secondo.

• Sicurezza di sé: agisci sempre con convinzione e scegli consapevolmente le tue

misure.




• Vigilanza: non abbassare mai la guardia.

• Controllo emotivo: Evita reazioni emotive che potrebbero

compromettere la tua capacità di agire.

• Responsabilità: La tua sicurezza è sempre nelle tue mani.

Posizionamento mobile e principi di azione a media e breve distanza

Se un aggressore accorcia la distanza, il

corretto posizionamento è fondamentale:

• Distanza adeguata: Posizionati in modo da non poter essere

facilmente afferrato dall'avversario.

• Analizzare l'angolo di attacco: osserva la direzione e il tipo di

attacco per utilizzare la contromossa o la tecnica di contrattacco

appropriata.

• Controllo e neutralizzazione: proteggi le armi ed esegui movimenti

che controllano e neutralizzano l'avversario. Ciò consente

una migliore visione d'insieme e, se necessario, un lavoro di

squadra coordinato.

• Posizionamento laterale: evita di essere rivolto frontalmente

verso l'aggressore. Una posizione laterale riduce la superficie di

attacco e migliora le tue capacità di controllo.

• Colpi efficaci: se sono necessari dei colpi, fai attenzione a

dove colpisci e usa la rotazione dell'anca per ottenere la massima

forza.

• Precisione e copertura legale: ogni movimento e contromossa

non dovrebbe essere solo efficace, ma anche legalmente

legittimo.

“Più un aggressore avanza

in queste zone, maggiore è il

pericolo e lo stress

psicologico.”

“Mentre nella zona sociale

una situazione può essere

per lo più controllata e

disinnescata, la zona

ravvicinata richiede decisioni

rapide e precise.”


Principi di base per la stabilità e l'equilibrio

Una postura stabile non solo migliora l'equilibrio, ma aumenta anche la forza nell'esecuzione delle tecniche. Questo vale

per tutte le direzioni di movimento e per i contrattacchi. Grazie a un equilibrio bilanciato, puoi deviare l'energia dell'attaccante

e mettere in pratica le tue tecniche con precisione e velocità.


Conclusione: la comprensione delle zone di pericolo e delle distanze di combattimento è essenziale per ridurre al minimo i rischi

e garantire la sicurezza personale. Una buona preparazione, il giusto posizionamento e sangue freddo consentono di evitare

lesioni e allo stesso tempo di rimanere in grado di agire. La propria sicurezza e la propria protezione sono sempre al primo posto.





Kaeshi no Heihō: un'analisi basata sugli studi di

Shinpogaeshi e Torigaeshi

In questo articolo esploreremo il concetto di Kaeshi no

Heihō (), un metodo che ha origine dal verbo

Kaeru (), che significa “ritornare”, “tornare” o “restituire”,

e Heihō (), che può essere tradotto come “metodo del

soldato”. Il Kaeshi no Heihō è un approccio che enfatizza la

protezione della spada (Katana) e la capacità di reagire rapidamente

alle situazioni di pericolo.

Nell'ambito dell'antropologia sociale, la necessità di proteggere

la spada può essere paragonata alla responsabilità di

un poliziotto moderno di proteggere la propria arma e di non

perderla in nessun caso. In altre parole, proprio come un poliziotto

moderno protegge la sua arma, il guerriero del passato

non poteva mai perdere la sua katana. Perdere la spada

significava vergogna, vulnerabilità e spesso morte. Ecco perché

il Kaeshi no Heihō si concentra sulle tecniche di difesa e

contrattacco, dove l'obiettivo è proteggere la katana a tutti i

costi.

Questa premessa è alla base del Kaeshi no Heihō, dove

molte tecniche vengono sviluppate e studiate all'interno di un

riverbero, dove, di fronte a un attacco nemico, la Katana deve

essere protetta a tutti i costi. In altre parole, il Kaeshi no

Heihō viene studiato con l'obiettivo di garantire che, anche

sotto attacco, il praticante sia in grado di proteggere la sua

spada e di reagire efficacemente.

In un parallelo, i vecchi maestri erano soliti dire che una

delle parti dello studio del Jujutsu nasceva da questo tipo di

situazioni, in cui una persona afferrava o cercava di rubare la

Katana, e il praticante doveva liberarsi da questa situazione il

più rapidamente possibile, quindi estrarre e infine tagliare

l'avversario.

Tuttavia, guardando il Kaeshi no Heihō attraverso il prisma

del Battojutsu, i maestri hanno scoperto che le caratteristiche

principali della protezione includono fattori quali: il taglio in

prima istanza, la difesa, il movimento, gli angoli specifici, gli

assi considerati assi di condizioni, tra gli altri fattori, come

vedremo in questo articolo.



Shinpogaeshi e Torigaeshi: due metodi di studio

del Kaeshi no Heiho

All'inizio degli studi relativi al Kaeshi no Heihō, troviamo

due sistemi principali: Shinpogaeshi ()

e Torigaeshi ().

1. Shinpogaeshi: Shinpo () significa “progredire”

e si riferisce a situazioni in cui l'avversario ha già

guadagnato spazio rispetto alla posizione del praticante.

In questo contesto, l'attenzione è rivolta ad

anticipare il movimento dell'avversario, avanzando

per intercettare l'attacco o sguainando la spada per

contrattaccare. Pertanto, se l'avversario avanza per

estrarre la spada e sferrare un taglio, il praticante ha

due alternative:

○ Avanzare a un ritmo più veloce e raggiungere l'avversario

prima che esegua la mossa.

○ Estrarre la katana e avanzare nel movimento.

2. Torigaeshi: Toru () significa “afferrare” o

“tenere”. In questo caso, il concetto di Torigaeshi si

applica quando l'avversario è già in contatto fisico,

tenendo il braccio, la spalla, il fianco o il collo del praticante.

In questo caso, le tecniche mirano a liberarsi

dalla presa e a riprendere il controllo della situazione,

utilizzando il principio della “restituzione” del movimento

al nemico.

Dettagli sullo Shinpogaeshi

Quando parliamo di Shinpogaeshi, all'interno del

Kaeshi no Heihō, immaginiamo la seguente situazione:

innanzitutto, l'avversario avanza per estrarre la katana

e tagliare il praticante. In questo caso, il praticante,

dalla sua posizione, ha due possibilità: avanzare a un

ritmo più veloce e raggiungere l'avversario prima che

esegua la mossa, oppure estrarre la katana e anticipare

il movimento.

Considerando questa seconda possibilità, quando il

praticante regola i tempi ed estrae la katana prima che

l'avversario si muova, ci sono due modi importanti per

estrarre la katana: l'estrazione Suihei ( - orizzontale)

e l'estrazione Suichoku ( - verticale).

Da queste due posizioni di servizio, il praticante sarà

in grado di eseguire il proprio servizio da quattro possibilità

di attacco: frontale, posteriore ed entrambi i lati

(destro e sinistro).


Sempre all'interno di questo scenario, sulla base

delle premesse presentate in precedenza, il giocatore

può scegliere di eseguire il proprio servizio in

anticipo, cioè di contrattaccare prima che l'avversario

completi il proprio movimento. Può anche

servire contemporaneamente all'avversario o servire

dopo l'attacco iniziale dell'avversario. Questi

sono i tre modi di studiare la posizione dell'avversario

in relazione allo Shinpogaeshi.

Sempre considerando lo studio dello

Shinpogaeshi e delle sue suddivisioni, possiamo

osservare queste tecniche dal punto di vista

dell'Idori, dell'IdoriKomi, dello Tsuka-ate ( -

quando si colpisce lo tsuka e poi si esegue il taglio)

e del Saya no Uchi ( - quando si colpisce il

saya e poi si esegue il servizio e il taglio).

Modi di studiare il Torigaeshi

Quando si parla di Torigaeshi, il praticante deve

tenere presente che esiste già una posizione di

presa, in cui l'avversario tiene il praticante. A questo

proposito, il Torigaeshi viene studiato sulla base

delle tecniche del Nukitodome Kaeshi (

) e delle tecniche dello Shinpodome (),

includendo quanto segue, le corrispondenti divisioni

tecniche in ciascuna di esse, come le uscite

dall'anca, dalla spalla, dal braccio o anche dal

polso o dalla mano quando si usa il Te hodoki (

).

Se si considerano i movimenti di uscita e di evasione

del Suihei o del Suichoku nello

Shinpogaeshi, si può notare una serie di movimenti

curiosi che saranno molto simili a quelli del

Torigaeshi. Ecco perché è importante non confondere

le tecniche. Facciamo un esempio:


Nello Shinpogaeshi, quando una persona

esegue un movimento Kiriorochi e il praticante

avanza dall'interno, esegue un movimento

di taglio in SokeibuGiri (), ad esempio

tra le gambe della persona. Questa mossa

può essere molto simile a quella eseguita

quando l'avversario tiene il braccio del praticante,

situazione in cui si deve tagliare l'ascella

nel Waki no ShitaGiri () di

Torigaeshi.

Nel primo caso, nello Shinpogaeshi, il taglio

viene effettuato all'altezza delle gambe, utilizzando

la parte mono-uchi (parte superiore

della lama), cercando di tagliare l'interno

coscia. Quest'area è costituita da sei muscoli

principali: gracile, pectineus, adduttore

lungo, adduttore breve, adduttore grande e

otturatore esterno. Inoltre, l'area è ricca di

strutture vascolari e nervose, tra cui le arterie

femorali, glutee (superiori e inferiori),

otturatorie, femorali profonde e genicolate

discendenti, nonché il sistema venoso

superficiale e profondo. Il taglio può raggiungere

anche i nervi femorali, safenici e

cutanei femorali (laterali e posteriori).

Questo tipo di taglio è molto efficace per

mettere in difficoltà l'avversario, poiché colpisce

sia la mobilità che la circolazione sanguigna.

La tecnica richiede precisione nell'uso

del mono-uchi, nella sua parte inferiore,

poiché questa posizione della lama è ideale

per tagli profondi e rapidi. Inoltre, il movimento

deve essere accompagnato da un'adeguata

rotazione dell'anca e da un corretto posizionamento

del piede, garantendo equilibrio e

forza durante l'esecuzione.


Nel secondo caso, nel Torigaeshi, il taglio viene effettuato

all'altezza delle ascelle, utilizzando la parte più alta del monouchi,

non oltre il limite dello Yokote della katana, dove si trovano

il Boshi e il Kissaki. Lo scopo di questo taglio è quello di danneggiare

la regione ascellare, un'area sensibile e vitale che contiene

strutture come il plesso brachiale, l'arteria ascellare e importanti

vene. Un taglio preciso in questa regione può causare la perdita

della funzionalità del braccio, una grave emorragia e l'immediata

incapacità dell'avversario.

L'esecuzione del Torigaeshi richiede attenzione all'angolo della

lama e all'uso corretto dello Yokote, che è la transizione tra la

punta e il corpo della spada. Questa parte della lama è particolarmente

efficace per tagli precisi e veloci. Il movimento deve

essere accompagnato da una rotazione del corpo e da un trasferimento

di peso per garantire che il taglio sia eseguito

con forza e controllo.



Entrambe le tecniche, Shinpogaeshi e Torigaeshi, dimostrano l'importanza di conoscere non solo l'anatomia dell'avversario,

ma anche le caratteristiche della spada e la biomeccanica del corpo. Mentre lo Shinpogaeshi mira a inabilitare

l'avversario colpendo le gambe, il Torigaeshi si concentra su un'area più ampia, cercando di neutralizzare

la capacità di combattimento dell'avversario in modo rapido ed efficace.

L'uso dell'Hara e le sue variazioni di contrazione

Un'altra differenza caratteristica tra i movimenti dello Shinpogaeshi e del

Torigaeshi è l'uso dell'Hara ( - il centro di gravità del corpo, situato

nella regione addominale). Nel primo movimento, lo Shinpogaeshi, il

praticante deve piegare il corpo, abbassando la propria altezza per

effettuare il taglio all'altezza delle gambe. Questo cambiamento di

postura richiede la contrazione dell'Hara in due punti:

1. Alla base dell'Hara, per stabilizzare la base e fornire sostegno alle

gambe e alle anche.

2. Appena sopra l'Hara, per mantenere l'equilibrio e la forza durante

il movimento di flessione.

Questa doppia contrazione è essenziale per garantire che il praticante

mantenga il controllo del corpo mentre si muove in una posizione più

bassa, consentendo di eseguire il taglio con precisione ed efficacia.

Nel movimento Torigaeshi, il praticante rimane in piedi senza modificare

significativamente la propria altezza. In questo caso, la contrazione dell'Hara

avviene solo nella parte inferiore, concentrando la forza e l'equilibrio nel basso

addome. Questa singola contrazione è sufficiente a mantenere la stabilità e la

potenza necessarie per eseguire il taglio all'altezza delle ascelle, senza bisogno

di piegare il corpo o di alterare drasticamente la postura.

Questa differenza nell'uso dell'Hara riflette l'adattamento del corpo alle esigenze

specifiche di ciascuna tecnica. Mentre lo Shinpogaeshi richiede una posizione

più dinamica e flessibile per colpire le gambe dell'avversario, il Torigaeshi privilegia

la stabilità e la precisione in una posizione più eretta, concentrandosi sulla parte

superiore del corpo.

Inoltre, la contrazione dell'Hara è strettamente legata alla respirazione e all'allineamento

del corpo. In entrambi i movimenti, la sincronizzazione tra respirazione, contrazione

dell'Hara e movimento dell'anca è fondamentale per garantire che la tecnica sia

eseguita con la massima efficienza e il minimo sforzo.

Come devono lavorare le braccia e le spalle?

Un punto interessante da sottolineare è che le braccia e le spalle non devono mai

essere contratte, tranne quando si tratta di un movimento d'impatto, ad esempio

quando devo resistere a una presa. Questa regola è fondamentale per garantire la

fluidità, l'efficienza e il risparmio energetico dei movimenti.

Quando le braccia e le spalle sono rilassate, il praticante può sfruttare meglio

la forza generata dall'Hara (centro di gravità) e dal movimento delle anche, trasferendola

più efficacemente alla spada. Un'eccessiva tensione delle braccia e

delle spalle non solo limita la gamma dei movimenti, ma aumenta anche l'affaticamento

muscolare, riducendo la precisione e la velocità delle tecniche.




Tuttavia, in situazioni specifiche, come quando si resiste a una presa o si esegue un movimento d'impatto, può essere

necessaria una contrazione controllata delle braccia e delle spalle. Ad esempio, se un avversario afferra saldamente il praticante,

questi può contrarre momentaneamente le braccia e le spalle per creare una base solida ed

evitare di essere sbilanciato. Questa contrazione, tuttavia, deve essere breve e focalizzata, rilasciando

la tensione non appena il movimento di resistenza o di impatto viene completato.

Questo approccio riflette un principio centrale nell'esecuzione del Kaeshi no Heihō: l'economia di

movimento e di energia. Mantenendo le braccia e le spalle rilassate per la maggior parte del

tempo, il praticante conserva la propria energia per i momenti in cui la forza è veramente

necessaria, come nel caso di un taglio deciso o di una difesa vigorosa. Inoltre, la

fluidità dei movimenti consente una transizione più fluida tra le tecniche, aumentando

la versatilità e l'adattabilità durante il combattimento.

L'influenza delle quattro direzioni e l'alterazione della struttura funzionale

Quando si praticano gli stessi tagli nelle quattro direzioni dal punto

di vista del Torigaeshi, la struttura funzionale del movimento cambia

in modo significativo rispetto alla pratica delle quattro direzioni

nello Shinpogaeshi. Questa differenza si verifica perché il

Torigaeshi comporta una diversa dinamica di movimento e

di applicazione della forza, soprattutto nelle situazioni di

presa o di contrattacco.

Immaginiamo una situazione in cui qualcuno afferra

il praticante sul lato destro e questi deve proteggersi

per impedire all'avversario di

completare la presa. In questo caso,

tutti i piccoli dettagli del movimento

diventano cruciali:

1. Cambio di respirazione: la respirazione

deve essere sincronizzata con il

movimento, espirando al momento

dell'impatto per aumentare l'efficienza e

la stabilità.

2. Angolazione dell'anca: l'anca deve

ruotare per creare spazio e generare forza,

trasferendo il peso del corpo sul taglio.

3. Posizionamento della colonna vertebrale:

la colonna vertebrale deve essere allineata

e impegnata, consentendo di trasmettere

efficacemente la forza dalla base del

corpo alla spada.


4. Movimento della scapola: Il braccio in

sé non ha molta forza, ma se il movimento

nasce dalla scapola, in combinazione con

tutto il corpo, l'impatto è molto maggiore.

La scapola agisce come punto di connessione

tra le braccia e il busto, amplificando

la forza generata dai movimenti dell'anca e

dell'Hara.

Questa integrazione tra scapola, fianchi

e respiro è ciò che permette al praticante

di eseguire tagli potenti e precisi, anche in

situazioni svantaggiose come una presa. Il

movimento non dipende solo dalla forza

muscolare localizzata, ma dalla coordinazione

di tutto il corpo, che lavora come

un'unità coesa. In altre parole, anche se il

braccio da solo non ha molta forza, se il

movimento proviene dalla scapola insieme

al corpo, l'impatto coinvolgerà tutto il nostro

essere.


Allo stesso modo, quando i movimenti non

hanno molto spazio e il praticante deve tagliare

l'avversario da una certa posizione, come

nel servizio Suichoku (verticale), il corpo deve

agire come una leva per garantire che il taglio

sia preciso ed efficace. Questo principio è

essenziale nelle situazioni di combattimento

in cui lo spazio è limitato e il tempo di reazione

è breve.

Quando il corpo funziona come una leva, il

praticante è in grado di massimizzare l'efficienza

dei suoi movimenti, anche in condizioni

avverse. Ad esempio, se l'avversario è molto

vicino, limitando lo spazio per il servizio, il praticante

può utilizzare la rotazione delle anche e

la forza dell'Hara per generare un taglio potente,

anche con un movimento corto e compatto,

e così via per ogni movimento, sia esso frontale,

costale o laterale, nell'ambito di quanto previsto

dal Kaeshi no Heihō.


Kaeshi no Heiho in Ushiro Harai

In un altro esempio, quando l'avversario

afferra il praticante da dietro, ci sono due fattori

importanti: 1) impedirgli di chiudere le

mani o, 2) anche dopo aver chiuso le mani,

impedirgli di eseguire il movimento. Il

Kaeshi no Heihō studia queste due forme di

Ushiro Harai.

Quindi, da qui, immaginiamo che l'avversario

abbia afferrato il praticante. Il praticante

non deve permettergli di chiudere le

braccia e, allo stesso tempo, deve cercare

lo spazio per colpire con lo iai, quindi tirare

e tagliare, non permettendo all'avversario di

allontanarsi troppo.

Allo stesso modo, quando l'avversario riesce

ad afferrare e a chiudere le mani, il praticante

non ha più lo spazio per colpire con il

saya, ma può ora disegnare in una postura

Suichoku. In questo caso, il praticante deve

contemporaneamente tirare e girare (tirare

girando) all'interno del movimento per tagliare.

Questa struttura, quando deve essere

eseguita in un unico movimento, richiede che

il praticante allontani i fianchi dal centro del

corpo dell'avversario, che è la struttura che

sostiene la forza delle sue braccia. Poi, da

questo momento in poi, si disegna e si gira,

lasciandosi tagliare.

Tutti questi movimenti hanno una cadenza

sistematica di forme fino ad arrivare al taglio

finale. Queste erano solo alcune considerazioni

iniziali per farvi capire che, all'interno dei

metodi, ci sono le loro suddivisioni e tanti altri

metodi, ognuno con i suoi temi specifici, con

la sua specifica respirazione, forma dell'anca,

forma della spalla.






BOLO

Il machete delle Filippine

Il coltello, ampiamente usato da i popoli del mediterraneo, è stato definito,

più volte, la spada del popolo. Come abbiamo già detto, anche in questa sede,

al popolo non era consentito portare la spada, quindi le persone si sono organizzate,

per la difesa di se stesse e dei propri cari, imparando ad usare un’arma

notevolmente più piccola, addirittura tascabile: il coltello. Attrezzo mortale

che sapeva seguire le regole delle scherma di spada o di sciabola ma che

sapeva sfruttare anche i vantaggi offerti dalle ridotte dimensioni. A metà

strada tra la spada (o sciabola) e il coltello troviamo ciò che noi chiamiamo coltellaccio

oppure, assorbendo la connotazione sud americana, machete. Il

machete nasce come strumento da lavoro, un

mezzo per farsi strada nella Giungla. I marines

americani nella guerra del Vietnam hanno

dovuto imparare ad impiegare questo

strumento sia per crearsi un varco nella

fitta vegetazione sia per difendere nelle

imboscate. Il machete sa tramutarsi

facilmente in una arma mortale. Alcune

unità dei marines di stanza nelle

Filippine facevano uno speciale addestramento

che noi conosciamo come jungle

fighting in cui, la larga lama del bolo

(così si chiama il machete nelle Filippine)

diventava prezioso per la difesa nel

corpo a corpo.


“Il coltello, ampiamente usato da i popoli del

mediterraneo, è stato definito, più volte, la spada

del popolo. Come abbiamo già detto, anche in

questa sede, al popolo non era consentito portare

la spada, quindi le persone si sono organizzate,

per la difesa di se stesse e dei propri cari,

imparando ad usare un’arma notevolmente più

piccola, addirittura tascabile: il coltello.”


Sappiamo che le forme di queste lame, a meta strada tra la spada e il coltello, sono diverse. Esse sono costruite non

solo a seconda delle necessità ma anche in base all’etnia che le produce e, di conseguenza, anche i nomi, con cui sono

conosciute quelle lame, cambiano di volta in volta. Per esempio, nella vicina Indonesia uno strumento di queste dimensioni

prende il nome di golok. La dimensione media (non troppo lungo, non troppo corto) lo rende uno strumento prezioso

nello scontro di gruppo ed anche in zone ricoperte da folta vegetazione. Sia la massa umana, sia la massa vegetale

della giungla possono limitare le manovre offensive e difensive del combattente. Anche in nostri soldati romani impugnavano

il gladio che ritenevano un’arma delle giuste dimensioni per riuscire a manovrarlo bene nella mischia.

La differenza nell’uso è tuttavia rappresentata più che dalle dimensioni, dalla presenza o dall’assenza della punta. Se

un’arma può colpire di punta sviluppa un sistema di attacco e contrattacco particolare come quello che ha caratterizzato

la spada occidentale. Se invece la punta è assente, come nel caso di alcuni bolo filippini, allora le manovre verteranno

inevitabilmente sul taglio. Ci sono strumenti che pur avendo una forma della lama a foglia larga hanno allo stesso tempo

una punta. Tuttavia si capisce immediatamente che la forma della lama induce ad un uso prevalente, anche se non esclusivo,

del taglio. Sebbene, come diceva il generale romano Vergezio il colpo di punta sia da preferire rispetto al taglio, un

esperto nel combattimento col bolo può arrecare notevoli danni all’avversario e raggiungere un efficace colpo d’arresto

quasi quanto il colpo di punta caro alla nostra tradizione, occidentale e italiana, in particolare.

Un’altra differenza con la spada è costituita dall’assenza, nel bolo, di una protezione per la mano. Del resto non dimentichiamo

che nasce come attrezzo di lavoro e non come arma da guerra. Anche da noi, in occidente, la salvaguardia della

mano non era contemplata inizialmente, poi, con l’esperienza, si è cominciato a pensare di proteggerla fino ad arrivare a

quelle bellissime forme dell’elsa che caratterizzano le armi lunghe del rinascimento.

Anche in questo caso la struttura influenza la funzione. Se non esiste protezione per la mano risulta ovvio che questa

sarà il primo e più sicuro bersaglio. Intercettare il colpo bloccandolo oppure accompagnandolo nella sua corsa permette

di scivolare sulla sua lama usandola come guida fino a tagliare le dita che impugnano il bolo.

I colpi di taglio possono essere tirati di diritto o di rovescio, bassi o alti oppure sulle diagonali ovviamente "a scendere

e a salire”.


Ma oltre ad usarlo con gli stessi movimenti che faremmo

con un bastone, o altra arma percussiva, il bolo può essere

usato strisciando. Il peso delle sua lama e tale che appoggiandolo

su un braccio o sul collo, tirando o spingendo, si

produrrà un taglio profondo capace di recidere le arterie.

Nei tagli alti il bersaglio preferito è il collo.

In quelli orizzontali bassi è la vescica. Ricordo sempre il

mio maestro Jun Ibanez Matagay guardia del corpo di Marcos

che a tal proposito mi diceva, ridendo: “Mauricio… taglia

sempre dove uomo fa pipì”

Una nota controversia del passato verteva sul fatto se era

meglio parare, assorbire (accompagnare) o schivare il colpo.

Indubbiamente come nella boxe e sempre meglio schivare

quando si può, ma è sempre meglio parare piuttosto che

prendere il colpo. La curiosità spingeva lettori, appassionati e

praticanti a domandarsi se non fosse meglio parare con la

costa per non rovinare il taglio. A costoro rispondo nello

stesso modo: se si può, meglio preservare il filo parando

con la costa, se tuttavia, per qualunque motivo, non possiamo

allora non ci resta che parare come capita. L’importante

e non fare arrivare il colpo a destinazione. Un conto è il

ragionamento accademico, un conto è la necessaria

improvvisazione sul campo.


Infine se parliamo di Bolo dobbiamo parlare del palis. Si tratta di usare la mano libera per intercettare l’attacco e accompagnarlo

rispettando la sua corsa deviandolo però dal suo bersaglio. Nel contempo con la mano armata lo colpiamo di

taglio o contro-taglio. Alcuni hanno voluto evidenziare nell’uso attivo della mano viva (la mano disarmata, solitamente la

sinistra) la vera differenza con la scherma occidentale o italiana in particolare. Se si fa riferimento a quanto vediamo alle

olimpiadi non ci sono dubbi, ma se facciamo, invece, rifermento alla scherma di terreno (non di sala) del ‘500 e ‘600, la

mano libera nella scherma con la spada, sia in Italia che nel resto dell’Europa, era ampiamente usata. La mano sinistra

veniva impiegata manovrando la daga, il mantello (o cappa), la lanterna e persino si poteva agire con la mano completamente

ibera opportunamente protetta da un guanto di pelle.

Nella scherma col bolo, la mano libera può essere usata anche per rinforzare l’attacco appoggiandola sulla costa dell’arma

o addirittura afferrandola a due mani per tagliare a semicerchio il suo collo nel corpo a corpo.


Il Maestro Bruno Tombolato, discepolo di 32a generazione del

Tempio Songshan Shaolin, presenta una raccolta di 18 tecniche

di combattimento tradizionali dello ShaolinQuan, organizzate

secondo le quattro tecniche di difesa e attacco che

compongono lo stile: calciare (tī), colpire (dǎ),

lanciare o proiettare (shuāi) e prendere (ná).

Le arti marziali cinesi sono rimaste nella

storia come un tesoro di stili di

combattimento, ognuno con una

propria ricchezza e profondità.

Queste quattro abilità,

fondamentali per i sistemi di Gong

Fu, danno un'essenza completa

ed equilibrata alla pratica delle

arti marziali cinesi. La pratica

del Gong Fu cinese impone

regole severe sui movimenti di

attacco e di difesa. La maestria

delle Quattro Tecniche non

risiede solo nella perfezione

individuale di ciascuna abilità,

ma anche nella perfetta

integrazione di tutte. Un artista

marziale completo capisce che

non si tratta di entità separate, ma

di componenti interconnesse di un

sistema olistico. Nelle arti marziali

cinesi, le Quattro Tecniche

rappresentano l'essenza stessa del Gong

Fu tradizionale.

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Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta

olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili).

Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità.

Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che

vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.


Cosa succede dopo aver imparato i fondamentali e gli

intermedi? Qual è il passo successivo nel vostro percorso di

apprendimento del Gracie Jiu-Jitsu? La struttura del

programma Gracie Concepts dei fratelli Vacirca

definisce tre livelli principali di sviluppo degli

studenti: GC Fundamentals, GC

Intermediate e infine (in due parti

separate) GC Advanced Gracie Jiu-

Jitsu. Questi livelli indicano diversi

livelli di maturità per gli studenti

del Gracie Jiu-Jitsu, che alla

fine raggiungono la Faixa

Preta (cintura nera). In

questa fase, la maggior

parte dei praticanti di Gracie

Jiu-Jitsu ha trascorso

diversi anni con noi e può

dimostrare un alto livello di

esperienza, una profonda

comprensione della filosofia

dei Concetti Gracie e un forte

legame e passione per

l'allenamento e la condivisione

del Jiu-Jitsu con i compagni di

allenamento, indipendentemente

dal loro livello di cintura o dalle loro

caratteristiche fisiche. Benvenuti nel

programma avanzato di Gracie

Jiu-Jitsu GC che vi porterà al livello

successivo di scioltezza. Ricordate che il Gracie

Jiu-Jitsu è molto più che autodifesa. È uno stile di vita

positivo. 47 min.

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CDC e protezione VIP in

Giappone

I miei ultimi seminari in

Giappone mi hanno riportato

alla mente i bei ricordi

degli anni in cui ero studente

a Tokyo e mi hanno ricordato

le parole del mio

Sensei: “Un giorno tornerai

in Giappone come insegnante”.

Ho avuto l'onore di condividere

la via del Bushido

dei samurai e il suo sviluppo

nei giorni moderni come

CDC e qui condivido alcune

delle idee, delle lezioni e dei

workshop e offro anche un

nuovo DVD con Budo

Magazine e nuovi workshop

basati anche sul viaggio in

Giappone e già tenuti a

Malta, negli Stati Uniti e in

Germania e prossimamente

in Grecia e Repubblica Ceca

e ho già il mio programma

prenotato per condividerlo.




Imparare dal Sensei Avi Nardia Fondatore del Close

Distance Combat (combattimento a distanza ravvicinata)

di autodifesa: lo spirito delle arti marziali giapponesi

- Bushido e arti marziali moderne.

Come le arti marziali giapponesi Budo hanno influenzato

lo sviluppo del combattimento a distanza ravvicinata

Avi Nardia, esperto mondiale di autodifesa, conosce molto bene lo spirito delle

arti marziali giapponesi. Questo seminario in Giappone offre un'opportunità unica

per imparare come le arti marziali giapponesi hanno influenzato le tecniche di combattimento

a distanza ravvicinata (CDC) e come il CDC (basato sullo sviluppo di

Krav Maga, tattiche difensive, Jiujutsu israeliano, sicurezza e addestramento tattico,

protezione VIP, armi da fuoco e così via) si è evoluto nella sua forma attuale.

Che tu sia nuovo al CDC o abbia esperienza, questa è la tua occasione per esplorare

le vere origini del CDC e i suoi profondi elementi spirituali.

In questo seminario, acquisirai una comprensione completa della connessione

tra il moderno Budo, un sistema di autodifesa all'avanguardia, e le arti marziali tradizionali

giapponesi attraverso le seguenti tre prospettive:



1. Prospettiva tecnica:

- Scopri come le tecniche delle arti marziali

giapponesi sono state applicate nel CDC.

Attraverso un'analisi comparativa e dimostrazioni

dal vivo, comprenderai le somiglianze

e le differenze tra le due e acquisirai tecniche

efficaci per la modern self-defense.

Per i principianti, questa è un'eccellente

opportunità per imparare le tecniche di CDC

infuse con l'essenza delle arti marziali giapponesi.

2. Prospettiva filosofica:

- Esplora come la filosofia delle arti marziali

giapponesi sia stata incorporata nei principi

e negli ideali del CDC. Scopri come elementi

come il rispetto, la disciplina e il

miglioramento di sé nelle arti marziali abbiano

influenzato lo spirito del CDC. Questa

comprensione approfondirà il tuo apprezzamento

per il background filosofico del CDC,

aumentando la tua motivazione per l'allenamento

futuro, che tu sia un principiante o un

praticante esperto.

3. Prospettiva spirituale:

- Esaminare gli aspetti spirituali delle arti

marziali giapponesi e come si riflettono

nell'allenamento del CDC. Comprendere

l'importanza della concentrazione mentale,

dell'autocontrollo e della forza interiore

nell'autodifesa e imparare ad applicare questi

principi nella vita quotidiana.


Anche per i principianti, questa è una preziosa opportunità per

conoscere la forza spirituale e le sue applicazioni pratiche.

Questo seminario offre un'opportunità inestimabile sia ai principianti

che ai praticanti esperti per acquisire una comprensione completa

delle origini del CDC e dei suoi profondi aspetti spirituali.

Imparando a conoscere il CDC dal punto di vista della tecnica, della

filosofia e della spiritualità, approfondirai le tue conoscenze e

aumenterai la tua motivazione per l'allenamento. Per chi è nuovo al

CDC, questa è un'occasione perfetta per acquisire sia le competenze

tecniche che le basi spirituali di questo potente sistema di autodifesa.

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mondiale: un seminario speciale di autodifesa per proteggere i tuoi

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emergenza? In questo seminario speciale, Avi Nardia, che ha formato

alcune delle principali agenzie di protezione VIP del mondo,

insegnerà tecniche di autodifesa che chiunque può applicare.

Imparerai abilità pratiche per proteggere non solo te stesso, ma

anche i tuoi figli, la tua famiglia e i tuoi amici, cioè coloro che ti

stanno più a cuore.

Imparerai la filosofia alla base della protezione VIP e come può

essere applicata alla vita di tutti i giorni.

Comprendendo la teoria alla base del rilevamento dei rischi e



della risposta appropriata, acquisirai le conoscenze necessarie per proteggere te stesso e i tuoi cari da potenziali minacce.

Padroneggia le tecniche di base per proteggere i tuoi figli, la tua famiglia e i tuoi amici dagli aggressori in situazioni non letali.

Attraverso la formazione pratica, svilupperai le competenze necessarie per intervenire in sicurezza e disimpegnarti rapidamente

dal pericolo.

Impara tecniche avanzate per gestire minacce più letali, come quelle che coinvolgono bastoni, coltelli o armi da fuoco. Questa

sessione ti fornirà tecniche specifiche per proteggere i tuoi cari in situazioni critiche.


Punti salienti del seminario:

Questa è una rara opportunità per imparare l'autodifesa direttamente da un professionista che forma le migliori agenzie di protezione

VIP del mondo. Acquisirai le competenze necessarie per proteggere i tuoi figli, la tua famiglia e i tuoi amici.

Attraverso la formazione pratica, svilupperai la fiducia e la capacità di salvaguardare le persone a cui tieni.

Questo seminario non è un corso di formazione per personale di sicurezza o guardie del corpo. È pensato per chiunque voglia

acquisire le competenze necessarie per proteggere i propri cari.



Non perdere l'occasione di imparare tecniche di livello mondiale

e acquisire la sicurezza necessaria per proteggere le persone a

cui tieni di più. Registrati ora per assicurarti il posto!

Protezione VIP nella vita quotidiana: come proteggere i propri

cari

L'arte della negoziazione

Definizione di protezione VIP nella vita quotidiana

Capire i VIP:

un VIP non è solo una celebrità da proteggere, ma chiunque sia

importante nella tua vita: famiglia, amici, persone care.

Scopo dell'addestramento:

l'autodifesa non è solo per la sicurezza personale, ma serve a

proteggere chi è più importante.

Passare da sé agli altri



Cambiamento di mentalità:

passare da “Come mi proteggo?” a “Come proteggo i miei cari?

Ruoli e responsabilità:

in quanto esperto di autodifesa, assumi il ruolo di protettore.

Posizionamento protettivo

Posizionamento: posizionati sempre tra la minaccia e il tuo VIP.

Usa il posizionamento per proteggere il tuo VIP in varie situazioni.

Riconoscere e gestire le minacce

Consapevolezza della situazione:

valuta costantemente l'ambiente circostante per individuare potenziali minacce.

Gestione proattiva:

riconosci le minacce in anticipo e agisci per neutralizzarle o evitarle.

Tecniche di evasione e scorta

Scorta sicura:

Guida il tuo VIP fuori pericolo in modo rapido ed efficiente.

Usa barriere fisiche e manovre evasive per proteggere il tuo VIP.

Il potere dei comandi verbali Comunicazione chiara:

Usa un linguaggio assertivo e chiaro per ridurre le situazioni di pericolo.

Dirigi il tuo VIP con istruzioni semplici e ferme per la sua sicurezza.

Pianificazione preventiva e preparazione Adotta un

approccio proattivo:

Pianificare possibili scenari (ad esempio punti di incontro, uscite di sicurezza).

Preparare se stessi e il VIP alle emergenze.

Sfruttare la tecnologia Uso intelligente dei dispositivi:

Utilizzare smartphone e dispositivi di comunicazione per rimanere connessi.

Utilizzare app e strumenti progettati per la sicurezza.

Comprendere i limiti legali ed etici

Conoscere i propri limiti:

Essere consapevoli delle implicazioni legali dell'uso della forza in difesa di

altri. Considerare la responsabilità etica di intervenire per proteggere una persona

cara.



Imparare da esempi di vita reale Casi di

studio:

Condividere storie di persone comuni che hanno usato

l'autodifesa per proteggere i propri cari.

Analizzare le situazioni per trarne lezioni chiave.

Componente interattiva:

Esercitarsi nel posizionamento e nelle tecniche di protezione.

Potenziare il protettore di tutti i giorni

Mentalità di potenziamento:

Avete le competenze per proteggere i vostri VIP nelle situazioni

quotidiane.

Invito all'azione:

Prendete sul serio la vostra formazione e impegnatevi

nell'apprendimento continuo.

Domande e discussione.


obcKW=√ h^m^mJNO

Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica

distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso

modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità.

Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi

mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.


obcKW=√ kls^S

Il y a plus d'un siècle, dans nos villes, les hommes de

différentes classes sociales recouraient encore aux

duels à l'épée et au sabre pour régler leurs différends

et, dans les rues, on pouvait rencontrer des voyous

et des agresseurs prêts à utiliser un couteau.

Époque où il était courant pour un

gentleman de sortir de chez lui avec

sa canne, souvent animée, c'est-àdire

équipée d'une lame

dissimulée. En partant du traité

de Maître G. Martinelli (1908)

"Trattato di scherma con

bastone da passeggio"

interprété et intégré selon

la méthodologie de la Nova

Scrimia, les maîtres

Chiaramonte, Galvani,

Girlanda et Proietti

présentent un travail

complet sur l'utilisation de

la canne, qui aujourd'hui

encore peut être

extrêmement valable et

efficace. Pour l'escrime à la

canne, Martinelli s'inspire de

l'école italienne de sabre, avec une

approche classique, ainsi que de la

boxe comme moyen d'autodéfense : la

garde, les frappes, les parades, les feintes,

les pas tournants et circulaires, les sauts, les

coups forts à la main, au bras, à l'aine et les terrifiants

Jabs au visage. Le bâton dans les bonnes mains est

aussi bon qu'un sabre. Bien sûr, il ne coupe pas, ne

perce pas, ne tue pas, mais il met à genoux, si

nécessaire, même le plus féroce des délinquants.

ORDINALA A:

Budo international.com

Tutti i DVD prodotti da Budo International

vengono identificati mediante un’etichetta

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5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo

stesso modo, sia le copertine che le serigrafie

rispettano i più rigidi standard di qualità.

Se questo DVD non soddisfa questi requisiti

e/o la copertina non coincide con quella che vi

mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.


“La chiave dell'universo…” (2)

Arrendersi alla verità ultima

Anche quando un individuo arriva a una

verità personale, una verità che sente profondamente

realizzata e intimamente compresa,

la durata di quella verità dipende

interamente dalla forza della propria volontà

e convinzione. La sua stabilità è fragile,

sostenuta solo dalla misura della propria

fede in essa. Questo è il difetto intrinseco

della verità soggettiva: è legata alla percezione

individuale, plasmata da pregiudizi

personali e quindi priva dell'immutabilità

che definisce la verità stessa.


La verità, per sua stessa natura, deve essere

assoluta. Non può essere malleabile, mutevole

per adattarsi a narrazioni personali, né

può esistere in forme multiple e contrastanti.

La verità è esclusiva, non inclusiva: non si

piega alla percezione, né si frammenta in innumerevoli

realtà personali. Se ciò che chiamiamo

“verità” è suscettibile di cambiamento, di

reinterpretazione, di ridefinizione, allora non è

affatto verità; è semplicemente una proiezione

dei propri desideri, un riflesso di ciò che si desidera

sia reale piuttosto che di ciò che è.



Per sottomettersi alla “Verità Ultima”, bisogna prima

affrontare ed esaurire le illusioni della verità personale

e soggettiva. Ciò richiede il riconoscimento che una

convinzione che cambia e si evolve in base alle emozioni,

all'esperienza o alla prospettiva non è la verità,

ma un costrutto in continua evoluzione, un rifugio psicologico

che offre conforto piuttosto che certezza. Il

vero significato non può derivare da qualcosa di così

instabile.

Il paradosso è che gli individui spesso si aggrappano

a verità soggettive con convinzione incrollabile,

scambiando la loro persistenza per validità. Eppure, la

convinzione da sola non crea la verità; sostiene semplicemente

la credenza. Una verità che deve essere

costantemente rafforzata dal credente non è una verità,

è un'illusione autoimposta. Solo rinunciando a

queste “verità” transitorie e egoistiche si può iniziare

a percepire ciò che è definitivo, immutabile e indipendente

dalla percezione personale.

Per affermare veramente il significato, si deve cercare

la verità incrollabile e immutabile, non quella costruita

per servire il sé, ma quella che esiste al di là del

sé, al di là della prospettiva, al di là del desiderio. Solo

rinunciando alla nozione di verità personale si può

cogliere l'unica verità che è reale.

Libertà dal piano

Una delle maggiori fonti di sofferenza umana,

credo, è il nostro incessante attaccamento a progetti

e aspettative. Fin dalla tenera età, siamo condizionati

a costruire progetti dettagliati per la nostra vita, tracciando

meticolosamente il modo in cui le cose

dovrebbero svolgersi. Ci poniamo degli obiettivi,

immaginiamo delle pietre miliari e ci aggrappiamo saldamente

alla convinzione che la realizzazione arriverà

solo se la realtà si allineerà ai nostri progetti accuratamente

pianificati.

Ma la vita non è un copione da seguire, né è vincolata

dalle rigide strutture che le imponiamo.

Inevitabilmente, la realtà si discosta dalle nostre

aspettative e quando ciò accade proviamo frustrazione,

delusione e persino un senso di disorientamento.

Ci addoloriamo per la perdita della vita che pensavamo

di dover avere, scambiando deviazioni e interruzioni

per fallimenti piuttosto che per rivelazioni.



Eppure, il vero scopo, la nostra destinazione finale, non può

essere limitato alla pianificazione umana. Non è dettato da

condizioni esterne, né risiede nel panorama in continua evoluzione

dei successi mondani. È invece qualcosa di molto più

profondo, qualcosa che trascende il tangibile. Si trova dentro

di noi, nella nostra connessione con l'infinito, con il divino,

con la Verità Ultima che esiste al di là del tempo e delle circostanze.

Quando ci risvegliamo a questa realtà, arriviamo a capire

che non abbiamo bisogno di un piano rigido per trovare la

realizzazione. Non sentiamo più il peso di portare il nostro

destino interamente sulle nostre spalle. Invece, impariamo

a fidarci, ad arrenderci, a fluire con la vita piuttosto che

resisterle. Questa resa non è una rassegnazione passiva,

ma un allineamento attivo con qualcosa di più grande di noi

stessi, un riconoscimento che il percorso verso il nostro

scopo più alto non è sempre visibile, ma si sta sempre svolgendo

davanti a noi.

Abbracciare questa verità significa essere liberi. Significa

liberarsi dal peso del controllo, lasciar andare l'ansia che deriva

dal cercare di forzare la vita in una forma predeterminata.

Significa muoversi con fede, non con paura, sapendo che

finché rimaniamo allineati con ciò che è vero ed eterno,

saremo sempre guidati. Potremmo non capire sempre la

rotta che stiamo seguendo, ma possiamo confidare che

ogni svolta, ogni curva, ogni reindirizzamento inaspettato

ci sta portando esattamente dove siamo destinati

ad essere.

Solo quando rinunciamo al nostro bisogno di controllo,

finalmente raggiungiamo la vera pace, non

una pace derivata dalla certezza, ma dalla fede in

qualcosa di molto più grande della certezza

stessa.


La sfida di vivere in modo autentico

Vivere in modo autentico non significa semplicemente

esprimere se stessi, ma abbracciare senza riserve la

Verità Ultima, fortificare la propria fede e rifiutare il peso

del giudizio esterno. È il coraggio di rimanere saldi in

ciò che è reale, imperterriti dalle fugaci opinioni degli

altri. Nessun altro può definire la tua verità, né può dettare

il tuo valore. Queste non sono cose conferite dalla

società o convalidate dall'approvazione umana; esistono

intrinsecamente dentro di te, legate solo al divino.

L'unica relazione che ha un significato eterno è

quella tra te, il tuo vero io e l'infinito, Dio.

Ma questo percorso non è facile. Richiede un

impegno incrollabile per spogliarsi delle illusioni.

Richiede la rinuncia agli attaccamenti terreni: il desiderio

di essere accettati, la paura del rifiuto, la pressione

di conformarsi. Richiede di abbandonare la ricerca di

desideri che servono solo l'ego e di rivolgersi invece

verso l'interno per scoprire chi si è veramente al di

là dello status, delle etichette, delle aspettative.

Per vivere pienamente e sinceramente, devi

incarnare l'essenza di ciò che cerchi. Se desideri

la pace, devi diventare pace. Se brami

la verità, devi essere verità. Se cerchi l'amore

divino, devi irradiare quell'amore.

L'autenticità non consiste nel costruire

un'identità, ma nel dissolvere tutte

le falsità fino a quando rimane solo il

nucleo incrollabile ed eterno.

La vera vita non si trova nel cercare,

nel perseguire o nello

sforzarsi, ma nell'essere.

E quando vivi come

la più pura espressione

della tua anima, in armonia

con la Verità Ultima, nulla di esterno

può sminuirti. Diventi libero.




Un invito all'azione

Vi lascio con questa sfida: guardate dentro di voi. Distogliete lo sguardo dal

rumore del mondo e rivolgetelo alle profondità del vostro essere. Impegnati in

un dialogo quotidiano con te stesso, una conversazione onesta e senza filtri

che non rifugga dal disagio. Poniti le domande difficili, quelle che ti turbano,

quelle che spogliano l'illusione. Cerca la tua verità non nelle affermazioni fugaci

del mondo esterno, ma nella quiete della tua esperienza, nei sussurri delle

tue emozioni, nelle profondità della tua anima.

E se cercherete con sincerità, credo che scoprirete qualcosa di profondo:

sepolto sotto gli strati di dubbio, paura e condizionamenti, si trova un messaggio,

una verità che è sempre stata lì, scritta nel tessuto della vostra esistenza

da Dio stesso. Non è qualcosa che dovete creare, né qualcosa che

dovete cercare dagli altri. È già dentro di voi, in attesa di essere scoperto, in

attesa di essere vissuto.


Non possiamo plasmare le nostre vite in base alle aspettative

degli altri, né possiamo permettere che i loro giudizi

dettino il nostro percorso. Farlo significa vivere come

un'ombra di noi stessi, piegandoci per sempre, cercando

sempre la convalida in luoghi dove la verità non risiede.

Dobbiamo vivere autenticamente, non per l'approvazione

del mondo, ma per la realizzazione della verità che ci chiama

dall'interno. Dobbiamo camminare guidati non dalla

paura, ma dalla fede, non dal rumore esterno, ma dalla

nostra connessione con l'infinito.

Questo viaggio non è facile. È un percorso di prove, di

incertezza, di momenti in cui la verità sembra lontana o

oscurata. Ma è proprio questo che lo rende così prezioso.

La verità non ci viene consegnata, deve essere cercata,

combattuta e guadagnata attraverso l'esperienza, la riflessione

e l'impegno incrollabile. E quando la troverai, quando

vedrai e abbraccerai veramente ciò che è reale, capirai

che nessuna difficoltà, nessun giudizio, nessuna forza

esterna potrà portartela via.

Quindi, accetta la sfida. Guardati dentro. Chiedi, cerca e

scopri. La verità è lì, che aspetta che tu ti svegli. E quando

lo farai, troverai non solo un significato, ma anche libertà

e salvezza.


“Chiedete e vi sarà dato;

cercate e troverete;

bussate e vi sarà aperto.

Perché chiunque chiede riceve;

chi cerca trova;

e a chi bussa sarà aperto.”

Matteo 7:7-8











Muay Thai moderna e tradizionale: due facce della stessa medaglia.

Dalla fine degli anni '80 alla seconda metà degli anni '90 ho avuto il privilegio di allenarmi in uno dei più importanti campi di

Muay Thai in Thailandia, il rinomato Pinsinchai Gym. Guidato dal generale di polizia Sawake Pinsinchai, era uno dei Kai Muay

(campi di addestramento) più esclusivi di Bangkok. Ho frequentato il campo per diverse volte in quegli anni, principalmente per

periodi di 3 settimane alla volta. Sempre sotto la tutela del mio insegnante di allora, il Maestro Krutsuwan, sono stato introdotto

ad un livello molto alto di Muay, qualcosa che in seguito non ho mai più incontrato. A parte l'estrema cura per l'allenamento

fisico (tipico di ogni campo di Muay Thai professionistica), gran parte della impegnativa routine quotidiana era dedicata

all'affinamento minuzioso di tutti i dettagli di svariate azioni tecniche. Inoltre, ogni combattente veniva preparato a sviluppare

un arsenale di strategie di combattimento personali volte ad affrontare possibili diversi tipi di avversari. Guardando

indietro a quei giorni, posso individuare l'origine di ogni strategia e tecnica che mi è stata insegnata. Ora posso riconoscere

quelle tecniche come un adattamento di antichi principi di combattimento che formavano la spina dorsale di ciò che oggi

chiamiamo Muay tradizionale o Muay Boran.



I ricercatori concordano sul fatto che fu durante le ere da Rama VI a Rama VIII che tutti gli stili locali di Muay subirono una

trasformazione sistematica che mirava ad adattare le vecchie tecniche marziali e le strategie di combattimento alla nuova

situazione imposta dall'introduzione di nuove regole per lo più prese in prestito dal Pugilato occidentale. Questi anni sono

etichettati come periodo di “sviluppo” o “cambiamento” dai seguaci degli stili antichi: infatti, la Muay Thai passò da

Tradizionale (Boran) a Moderna. I thailandesi sono molto pragmatici: quando le esigenze cambiano, gli strumenti devono essere

cambiati di conseguenza. Per questo motivo, tutti i principali stili regionali hanno adattato le loro capacità alla nuova necessità

di competere con regole e regolamenti che non avevano mai usato prima. Tuttavia, il fondamento su cui si è evoluto il

"nuovo” stile deve essere trovato in tradizioni di combattimento ben consolidate. Gli insegnanti di maggior successo sono

stati quelli che hanno adattato in modo più efficiente il vecchio stile alla nuova forma di sport da ring. Nel corso degli anni,

molti insegnanti e Campi di addestramento hanno dato il loro contributo allo sviluppo della Muay moderna. Secondo molti

esperti questo processo ha raggiunto il suo apice negli anni '80 e '90: per questo motivo quei decenni sono spesso indicati

come l'Età d'Oro della Muay Thai. Sono stato estremamente fortunato a poter osservare e a partecipare

a quel processo, trovandomi nel posto giusto al momento giusto. Le abilità e le

conoscenze acquisite al Pinsinchai Gym mi hanno aiutato (e tuttora mi aiutano) a comprendere

meglio tutte le sfumature degli antichi stili siamesi del combattimento a mani

nude.



“Dalla fine degli anni '80 alla seconda

metà degli anni '90 ho avuto il privilegio

di allenarmi in uno dei più importanti

campi di Muay Thai in Thailandia, il

rinomato Pinsinchai Gym”

La vita nel Camp.

Il Kai Muay aveva regole e regolamenti molto rigidi: il primo era una gerarchia ben definita tra tutti i membri di quella

comunità. Il grado inferiore era formato dai nuovi pugili: dovevano seguire le indicazioni di tutti gli altri membri del gruppo.

Poi c'erano i pugili esperti: alcuni di loro (al momento del mio soggiorno 5 di loro erano campioni in carica del

Rajadamnern Stadium) avevano privilegi speciali a causa del loro status, ma generalmente seguivano le direttive degli

anziani, degli allenatori e ovviamente del proprietario del campo. I combattenti più anziani, appena ritirati o ancora in attività

(ma non classificati tra i primi 10 di nessuno dei 3 principali stadi di Bangkok) venivano subito dopo. Invitavo spesso

quei "vecchi" pugili a gareggiare in Europa e il più delle volte sconfiggevano facilmente il meglio che avevamo da offrire

all'epoca. Gli allenatori erano i successivi nella gerarchia del Camp: tutti erano ex combattenti e senza eccezioni erano

bravissimi a tenere i Pao (Pad Men). Il fulcro dell'allenamento quotidiano di tutti i pugili era il lavoro con Pao che veniva

svolto per ore e ore. La capacità dei pad man di offrire agli atleti il bersaglio appropriato al momento giusto era una loro

abilità eccezionale che mostrava una grande conoscenza dell'Arte e non è affatto facile da riprodurre. L'allenatore capo,

il Maestro Krutsuwan al momento del mio soggiorno, non teneva quasi mai i Pao, ma soprattutto supervisionava l'allenamento

e occasionalmente aiutava i combattenti a perfezionare tecniche specifiche che dovevano essere affinate.



L’uomo al vertice era il proprietario del campo, il Generale Pinsinchai. In genere passava solo occasionalmente un po' di tempo

a guardare i combattenti mentre provavano le loro mosse: tuttavia, quando io ero al campo, allenandomi con gli Anziani o gli

Allenatori, sotto la supervisione del mio Maestro, spesso prendeva parte alla "classe" dando istruzioni speciali a alcuni dei migliori

pugili che poi “volontariamente” trascorrevano del tempo mostrandomi tutte le complessità di una data tecnica.

In una comunità così ben regolamentata, l'apprendimento e il perfezionamento di tecniche e strategie di combattimento era l'interesse

principale di tutti i membri. Contrariamente a una palestra di tipo occidentale, i membri di quella comunità vivevano nel

campo 24 ore al giorno: "respiravano" continuamente la Muay Thai e assorbivano quante più informazioni tecniche possibili dai

loro compagni di squadra, anziani e allenatori, per tutto il giorno. Per questo motivo, possiamo distinguere

due principali Sistemi di apprendimento che sono in uso in un Kai Muay professionale:



1. Il primo è imparare direttamente dall'insegnante (gli allenatori).

2. Il secondo è imparare da soli guardando gli altri allievi.

Entrambi i sistemi sono essenziali per lo sviluppo tecnico, psicologico e spirituale a tutto tondo di un combattente.

In un Kai Muay il primo sistema non può essere sempre implementato: il più delle volte un pugile impara dall'osservazione

dei suoi compagni. Infatti, mentre la Muay Thai è per definizione un'attività individuale, in un Kai Muay l'elemento

"squadra" gioca un ruolo fondamentale. I maestri thailandesi esprimono questo concetto con il detto "Kru Puk Luk Chum"

che significa imparare guardando gli altri. Secondo molti studiosi di tecniche di boxe questa parte dell'apprendimento è

altrettanto importante quanto la supervisione e dei consigli forniti direttamente dal Maestro. Osservare gli anziani che soffrono

senza mostrare alcun segno di stanchezza, o assorbono i colpi rimanendo impassibili (anche se tutti sanno che



“Ho imparato molto

osservando e

allenandomi insieme

ad alcuni dei migliori

combattenti dell'Età

d'Oro della Muay

Thai. Ognuno di loro

era uno specialista in

un'area specifica del

combattimento”

questa è una maschera che indossano per

nascondere all'avversario il loro vero stato fisico

o emotivo) rappresenta uno strumento di

apprendimento inestimabile per tutti i membri

della squadra . Il contatto continuo con combattenti

esperti insegna ai nuovi studenti come

concentrare totalmente la loro concentrazione

durante le varie fasi dell'allenamento. Ogni

pensiero negativo deve essere tenuto lontano.

Da tempo immemorabile il sistema di apprendimento

Kru Puk Luk Chum è stato utilizzato

nei Kai Muay siamesi e ha dimostrato il suo

alto valore più e più volte. Negli anni trascorsi

come allenatore di thai boxers professionisti

ho cercato costantemente di replicare quel sistema

nella mia scuderia di combattenti.

L'atmosfera di allenamento rilassata ma piena

di energia che ne è derivata si è rivelata molto

utile per i membri della mia squadra e i risultati

in termini di vittorie totali e titoli conquistati

sono stati molto gratificanti.

Ho imparato molto osservando e allenandomi

insieme ad alcuni dei migliori combattenti

dell'Età d'Oro della Muay Thai. Ognuno di loro

era uno specialista in un'area specifica del

combattimento: calci alle gambe, colpi di

gomito, lavoro al ginocchio e così via. Da

ognuno di questi pugili d'élite ho imparato

molto in termini di tecnica pura, gestione avanzata

del ring e metodi di allenamento specifici

per sviluppare al meglio le abilità fisiche in termini

di velocità, equilibrio, resistenza, forza.

Durante i miei soggiorni al

Pinsinchai Camp mi sono allenato

con i seguenti Campioni:

Boglek Pinsinchai, Thailandi Pinsinchai,

Sankaeng Pinsinchai, New Sanchien

Pinsinchai, Pumpayak Promachart,

Yodkunpon Sittripum. Il mio intento nel corso

degli anni è stato quello di condividere con i

miei allievi le preziose lezioni che ho appreso

da questi grandi atleti. Quelle abilità sono sempre

state le mie forti radici lungo il percorso di

scoperta del significato più profondo dell'Arte

ancestrale del Combattimento Siamese.



Continuare a imparare: la chiave

del successo nel Gracie Jiu-Jitsu

Quasi nessuno vuole restare

fermo nel nostro settore, vero? Il

settore del BJJ e delle arti marziali/sport

da combattimento è in

costante evoluzione, sia in positivo

che in negativo. Il cambiamento

è costante e quindi alcuni

istruttori/insegnanti si adattano,

mentre altri rimangono fedeli alle

loro radici. Ma esiste una via di

mezzo, o modernizzarsi troppo

senza diventare l'ultimo “dinosauro”

a estinguersi?

Lo scorso dicembre (2024) abbiamo

avuto l'onore di accogliere

Ryron Gracie a Zurigo. Sono passati

diversi anni dalla mia ultima visita

al professor Ryron in California.

Conosco Ryron e suo fratello

Rener da quando erano bambini.

Ricordo ancora molto bene la

prima volta che li vidi in California

alla Gracie Jiu-Jitsu Academy con il

nonno Hélio Gracie, che dava loro

consigli e suggerimenti nell'allenamento

di Jiu-Jitsu.

Text: Franco Vacirca,

Photos: Eleftherios Papagiannoulis



Penso che anche Ryron abbia voluto cogliere l'occasione per vedere come si sono sviluppate le

cose per noi qui a Zurigo. Devo molto a suo padre, il Gran Maestro Rorion Gracie, e a suo zio, il

Maestro Royce Gracie. Hanno dato a me e a mio fratello Demetrio l'opportunità di svilupparci nel

Gracie Jiu-Jitsu. Ogni lezione che ho potuto trascorrere con loro sul Tatame è stata una grande

esperienza sotto ogni aspetto.

In seguito, ogni volta che mi trovavo in California, andavo anche da Ryron e Rener per allenamenti

privati e di gruppo, anche dopo che la Gracie Academy di Torrance aveva chiuso e i due fratelli

avevano avviato la nuova Gracie University.

Prima e dopo, nelle lezioni private, mi concentravo maggiormente sull'aspetto di come applicavano

il metodo di insegnamento Gracie. Nelle lezioni di gruppo, mi divertivo anche a presentarmi

come cintura bianca per vedere come si allenavano con i principianti e a cosa prestavano attenzione

loro stessi quando insegnavano.

“Allenatevi sempre come se vi allenaste con vostro figlio.” -Royce Gracie

“Il settore delle arti

marziali e delle arti

marziali miste è in

costante evoluzione,

sia in positivo che in

negativo.”



Il ‘sovraccarico’, il killer del Jiu-Jitsu!

Il successo nel Jiu-Jitsu sta nei dettagli. Questo vale

sia per gli studenti che per gli insegnanti. Innanzitutto, è

necessario chiarire che un cintura nera di BJJ/GJJ non è

un insegnante, ma uno studente avanzato. Non tutti i

cintura nera hanno acquisito le stesse conoscenze, al

contrario, è e rimane molto individuale, anche all'interno

della stessa famiglia o organizzazione. Quindi, cosa è

importante? Chi è un insegnante qualificato in BJJ/GJJ?

Molto semplicemente: colui che può anche dimostrare di

avere le qualità di un eccellente allenatore, il che non è

così facile.



Purtroppo, oggi il BJJ è sotto pressione, soprattutto a causa della sua popolarità

sui social media, perché ogni praticante sia un “mago” o un “inventore”. Nel mio

ambiente, vedo anche che gli istruttori dimostrano costantemente nuove tecniche

“cool” e purtroppo spesso “inutili” perché credono che questo aumenterà i loro “mi

piace” su Instagram, Facebook e simili, il che forse è in parte vero. Tuttavia, questo

non li porta da nessuna parte, ma piuttosto in un circolo vizioso da cui difficilmente

possono sfuggire perché hanno paura di perdere questo riconoscimento

(virtuale). Secondo me, i “Tiktoker” del Jiu-Jitsu sono anche peggio. Conosco una

o due persone che non riescono nemmeno a pagare la bolletta del telefono a fine

mese, o che sono mesi indietro con l'affitto del Dojo, ma hanno migliaia di follower.



L'allenatore di BJJ come guru della vita!

Ricevo, che ci crediate o no, almeno quattro o cinque nuove

offerte ogni settimana per trasformarmi in un allenatore di successo.

Che senso ha tutto questo? Dove sono i veri valori? Poi

quando guardo questi guru dell'allenamento, tutto ciò che vedo

sono persone che non riescono nemmeno a essere normali. Mi

scuso con tutti voi, ma è così che vi vedo. Avreste l'opportunità

di fare qualcosa di positivo con uno strumento brillante, che nel

mio/nostro caso è il Jiu-Jitsu, ma tutto ciò che ottenete sono

chiacchiere, ... puro guadagno, e lo sapete anche voi.

Questa cosa del coaching/guru non è nuova per alcuni di noi.

Negli anni '70 e '80, furono i primi maestri di kung fu e gli insegnanti

di yoga a cercare di attirarci con questo discorso di vendita.

C'è chi è caduto in questa trappola e non si è più ripreso.

Quando oggi sento dire: “Il jiu-jitsu mi ha salvato la vita!”, penso

che quella persona abbia davvero bisogno di un aiuto professionale,

e il jiu-jitsu non lo è. Il jiu-jitsu, o qualsiasi altra arte marziale

o sport da combattimento, non può fare questo. Puoi usare il

Jiu-Jitsu come una barca (veicolo) o uno strumento, ma alla fine

devi toglierti le dita dal culo e andare avanti.

Il Jiu-Jitsu è lì come un supporto importante, ma alla fine devi

trovare la forza di andare per la tua strada e fare i cambiamenti

necessari per sentirti di nuovo bene. Se stai bene, allora puoi aiutare

anche gli altri!



Impara dai migliori!

Guarda queste foto scattate durante il nostro seminario

con Ryron Gracie. Cosa vedi? Esatto, giovani e

meno giovani insieme sul tatame, con un esperto di

GJJ (relativamente) giovane che piace alla comunità,

non perché assomiglia a Godzilla e stacca il braccio a

tutti, ma perché riesce a strappare (almeno) un sorriso

a ciascuno dei partecipanti. Con la sua tecnica raffinata

e sofisticata, Ryron è riuscito a catturare l'attenzione

dei partecipanti al seminario per oltre due ore. È

stato straordinario che alcuni partecipanti provenissero

non solo dalla Svizzera, ma anche dalla Germania e

dalla Francia. Come sempre, il seminario era aperto a

tutti, come è stato il nostro caso per 30 anni.

Il fatto che Ryron fosse nato nella tradizione familiare

del Gracie Jiu-Jitsu è stato evidente fin dall'inizio,

anche per un profano. Il padre Rorion Gracie (detentore

della cintura rossa e successore ufficiale del GM

Hélio Gracie) iniziò i figli a quest'arte non appena

furono in grado di camminare. Da bambini, osservavano

il padre, gli zii e i cugini impartire lezioni al

“Gracie Garage” di Manhattan Beach. Ancora più

importante, Ryron e Rener si resero conto del profondo

impatto che il Gracie Jiu-Jitsu aveva su tutti coloro

che lo imparavano.

Arrivò il momento in cui Ryron e Rener divennero gli

istruttori principali della neonata Gracie University,

assumendosi la responsabilità di tutti gli aspetti

dell'addestramento Gracie Jiu-Jitsu e dello sviluppo

del programma. Gradualmente, i due fratelli revisionarono

i programmi esistenti che erano stati sviluppati

da loro padre, Rorion. Crearono anche una delle più

moderne e complete piattaforme di apprendimento a

distanza (gracieuniversity.com) oggi conosciuta in

tutto il mondo.

Tuttavia, il loro impegno non si è limitato al territorio

locale o alla forma virtuale, ma hanno creato una rete

globale e internazionale con opportunità di certificazione.

Con il nome congiunto di “Global Training

Program”, Ryron e Rener soddisfano l'enorme richiesta

di istruzione di Gracie Jiu-Jitsu al di fuori della loro

scuola di Torrance, in California.


Il vero punto di forza del duo risiede, tra le altre cose, nel

fatto che trasmettono le tecniche di autodifesa e di combattimento

classificate del nonno Hélio Gracie nella loro forma

più pura ed efficace, attenendosi rigorosamente ai principi

di base dell'applicabilità per strada, dell'efficienza energetica

e dei movimenti naturali del corpo. Come il nonno

Hélio, anche Ryron e Rener si impegnano per un costante

miglioramento in tutti gli ambiti della vita, dentro e fuori dal

tatami, cosa che i partecipanti al nostro seminario hanno

potuto non solo sentire, ma anche sperimentare in tutta la

sua pienezza sul posto. Non vediamo quindi l'ora di

annunciare presto un'altra visita dei nostri amici della

Gracie University e vorremmo ringraziare ancora una volta

Ryron per aver accettato il nostro invito e aver condiviso con

noi una piccola parte della sua enorme conoscenza.

E infine, vorrei ringraziare ancora una volta il nostro amico e

studente Eleftherios Papagiannoulis, che è stato in grado di catturare

molti momenti speciali del seminario con Ryron Gracie a Zurigo

con le sue numerose bellissime foto, che sicuramente ci hanno regalato

una serata molto positiva in un'atmosfera informale.

Keep it real!



GM Martin Sewer


Kung Fu

Yap Moon Kuen


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