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La rivista istituzionale del Soccorso Alpino e Speleologico - n. 85, Maggio 2025

Un nuovo interessante numero della Rivista dedicato all’attività speleologica, una delle forme più complesse e affascinanti di esplorazione dell’ambiente montano. L’intento è fare chiarezza sul significato profondo dell’andare in grotta e sulle specificità degli interventi di soccorso in questi ambienti unici, dove ai soccorritori sono richieste competenze tecniche di alto livello, oltre a una solida preparazione fisica e psicologica. Alla luce del dibattito, spesso polarizzato, scaturito dall’intervento nella grotta Bueno Fonteno in Lombardia, vengono approfondite le varie fasi dell’intervento, visto sia dall’esterno che dall’interno grotta. Il focus istituzionale invece, non può che essere dedicato a uno dei momenti pù importanti della vita associativa: le recenti elezioni che hanno sancito il rinnovo delle cariche nazionali per il prossimo triennio. A seguire, l’accurata analisi dei dati sulle missioni di soccorso svolte nel 2024 e un’interessante intervista a Guido Bertolaso, figura di rilievo della Protezione civile, oggi Assessore della Regione Lombardia.

Un nuovo interessante numero della Rivista dedicato all’attività speleologica, una delle forme più complesse e affascinanti di esplorazione dell’ambiente montano. L’intento è fare chiarezza sul significato profondo dell’andare in grotta e sulle specificità degli interventi di soccorso in questi ambienti unici, dove ai soccorritori sono richieste competenze tecniche di alto livello, oltre a una solida preparazione fisica e psicologica. Alla luce del dibattito, spesso polarizzato, scaturito dall’intervento nella grotta Bueno Fonteno in Lombardia, vengono approfondite le varie fasi dell’intervento, visto sia dall’esterno che dall’interno grotta. Il focus istituzionale invece, non può che essere dedicato a uno dei momenti pù importanti della vita associativa: le recenti elezioni che hanno sancito il rinnovo delle cariche nazionali per il prossimo triennio. A seguire, l’accurata analisi dei dati sulle missioni di soccorso svolte nel 2024 e un’interessante intervista a Guido Bertolaso, figura di rilievo della Protezione civile, oggi Assessore della Regione Lombardia.

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Soccorso

lpino

Speleologico

RIVISTA ISTITUZIONALE DEL CNSAS

Maggio 2025 / n. 85

Illuminare il buio

SPELEOLOGIA E SCIENZA

LA NUOVA

DIREZIONE NAZIONALE

SERVIZIO REGIONALE

LOMBARDIA


II


Nuova Direzione,

stesso spirito di servizio

Maurizio Dellantonio

Presidente nazionale CNSAS

Il 5 aprile scorso, durante l’Assemblea

nazionale tenutasi a Milano

con la partecipazione di una rappresentanza

del Club Alpino Italiano,

ho avuto l’onore di essere rieletto

Presidente del Corpo Nazionale

Soccorso Alpino e Speleologico per il

mio quarto e ultimo mandato.

Un momento significativo, non solo

per me ma per tutto il CNSAS, che

si appresta ad affrontare un nuovo

triennio con spirito di continuità e

visione. Accanto a me, nei ruoli di

Vicepresidente, Alessandro Molinu e

Roberto Bolza: due figure di valore

che, insieme alla Direzione nazionale

appena rinnovata, rappresentano un

equilibrio virtuoso tra esperienza,

competenza e rinnovata energia. A

Alex Barattin, Luca Franzese, Alberto

Gabutti, Pino Giostra, Fabrizio Masella,

Andrea Placido, Corrado Pesci

e Renato Tessari va il mio augurio di

buon lavoro e la mia piena fiducia.

Un sentito ringraziamento va al

Vicepresidente Mauro Guiducci e ai

Consiglieri Roberto Bartola e Fabio

Bristot, uscenti: il loro impegno e la

loro dedizione hanno lasciato un segno

concreto nel percorso di crescita

del nostro Corpo. Nei prossimi tre

anni continueremo a lavorare insieme,

con determinazione, per rafforzare

ulteriormente la nostra presenza

sul territorio, migliorare gli strumenti

operativi e formativi, e tutelare sempre,

con umanità e professionalità, la

vita di chi si affida a noi.

A tutte e a tutti noi, buon lavoro!

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

1


Foto di Paolo Manca

La speleologia è una delle forme più complesse e affascinanti di esplorazione dell’ambiente

montano. Al di là del richiamo dell’avventura, essa racchiude una disciplina che

intreccia conoscenza scientifica, abilità tecniche e capacità operative in contesti estremi,

con ricadute concrete in molti ambiti della vita reale. Anche alla luce del dibattito,

spesso polarizzato, scaturito dall’intervento nella grotta Bueno Fonteno in Lombardia, abbiamo

scelto di dedicare questo numero della Rivista all’attività speleologica. L’intento è fare chiarezza sul

significato profondo dell’andare in grotta e sulle specificità degli interventi di soccorso in questi

ambienti unici, dove ai soccorritori sono richieste competenze tecniche di alto livello, oltre a una

solida preparazione fisica e psicologica.

Buona lettura!

Mauro Guiducci e Marianna Calovi,

direzione e coordinamento Rivista

2


Sommario

APPROFONDIMENTO

CRONACA E INTERVENTI

LA TESTIMONIANZA

4 Bueno Fonteno - Dall’esterno

9 Bueno Fonteno - Dall’interno

13 I disostruttori del CNSAS

16 Il lavoro invisibile degli speleosub

22 La Speleologia, palestra per lo

Spazio

24 Una ricerca a lieto fine

27 Ciaspole e consapevolezza

30 L’importanza dell’esplorazione

speleologica per la Scienza

FOCUS ISTITUZIONALE

NOTIZIE DAL CNSAS

SPAZIO AL TERRITORIO

36 Elezioni CNSAS

39 In prima linea - Tre anni di

soccorso tra stabilizzazione dei

numeri e nuove sfide operative

44 Aldo Pagani, la voce di uno dei

primi soccorritori

48 La prevenzione si impara da

piccoli, anche in montagna

54 Soccorso Alpino e Speleologico

Lombardia

60 Intervista a Guido Bertolaso

Maggio 2025 / n. 85

Soccorso

lpino

Speleologico

RIVISTA ISTITUZIONALE DEL CNSAS

Illuminare il buio

Anno XXXI

n. 1 (85)

Maggio 2025

DIRETTORE RESPONSABILE

Mauro Guiducci

coordinamentostampa@cnsas.it

COORDINAMENTO REDAZIONE

Marianna Calovi

comunicazione@soccorsoalpinotrentino.it

COMITATO EDITORIALE

Simone Alessandrini, Alfonso Ardizzi,

Roberto Bartola, Ruggero Bissetta,

Simone Bobbio, Roberto Bolza,

Fabio Bristot, Federico Catania,

Fabio Cattaneo, Mauro Guiducci,

Valentina Minetti, Claudia Ortu

CONSULENZA EDITORIALE

Paolo Romani

paoloromaniadv@gmail.com

Registrazione presso Tribunale di Milano

n. 2034/2020

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE

Alberto Grazi - albertograzi@gmail.com

FOTO DI COPERTINA

Paolo Manca

STAMPA

Alcione by Pixartprinting - Lavis (TN)

SPELEOLOGIA E SCIENZA

LA NUOVA

DIREZIONE NAZIONALE

SERVIZIO REGIONALE

LOMBARDIA


APPROFONDIMENTO

BUENO

FONTENO

L’intervento visto dall’esterno

di Mauro Guiducci, direttore responsabile rivista CNSAS

Foto di Luca Longo

Sono le 21.28 di sabato 14 dicembre e sono beatamente immerso

in una festa di famiglia, con musica latina di sottofondo, mentre

si mangia tra risate e battute, quando la suoneria del telefono mi

annuncia un messaggio che non avrei proprio voluto ricevere…

C’è un intervento di soccorso speleologico in una grotta nei pressi

del lago d’Iseo. Mi allontano dal festoso fragore e comincio a fare

telefonate.

Nonostante nei primi momenti dalla richiesta di soccorso il delegato e il suo vice siano

sempre molto indaffarati, sono fortunato, il telefono è libero. Greg mi risponde

subito, un colloquio breve, i minuti che puoi “rubare” ad uno che sta impostando i

soccorsi sono preziosi. Mi spiega la situazione, purtroppo le aspettative non sono

rosee; la grotta è in esplorazione, non esiste un rilievo e il gruppo che era in grotta

aveva appena individuato delle lunghe prosecuzioni, che soltanto loro conoscono.

4

APPROFONDIMENTO


Una speleologa è precipitata per alcuni metri, sembra che un pezzo di roccia si sia

staccato sotto i suoi piedi, facendola cadere rovinosamente. Dal racconto di chi è

uscito per dare l’allarme sembra che le sue condizioni cliniche siano delicate.

Una prima squadra si sta già recando sul posto, ma dalla sede di Stezzano ci vorrà

un po' di tempo. Ci accordiamo per risentirci appena arriveranno sul posto; intanto

comincio ad allertare le nostre commissioni nazionali, quella medica, in modo da

avere subito la disponibilità di medici ed infermieri e anche la disostruzione, temendo

la presenza di passaggi stretti che non permetteranno il passaggio della barella.

Nel frattempo allerto gli altri componenti dell’Esecutivo speleologico, e cominciamo

a contattare i delegati speleologici delle regioni limitrofe. Ancora non sappiamo

che tipo di intervento dovremo affrontare, ma per precauzione cerchiamo

un adeguato rincalzo di tecnici da garantire ai lombardi come rinforzo o ricambio

nelle eventuali turnazioni.


Nel soccorso

speleologico, se

l’incidente avviene

in profondità, se

la grotta presenta

tratti che vanno

allargati perché la

barella non passa,

se l’infortunato

presenta delle

condizioni

sanitarie per cui va

stabilizzato prima di

iniziare il trasporto,

difficilmente un

intervento si risolve

in tempi brevi.

Informo anche la Direzione nazionale;

nonostante sia impegnato con una telefonata

dietro l’altra, i minuti sembrano

ore; non avere aggiornamenti non

mi consente di prendere decisioni, ma

in certe situazioni è impossibile averle

tutte e subito. Ormai è passata una

mezz’ora e la squadra sarà quasi arrivata

sul posto.

Ma ecco che il telefono squilla, sono le

22.01, è Corrado. Come temevo la situazione

si complica, sembra che l’incidente

sia avvenuto in una zona più remota

della grotta; sicuramente servirà

disostruire alcuni tratti del percorso,

due medici e un’infermiera sono disponibili

ed entreranno con la squadra di

primo intervento, ma ne serviranno altri

di rimpiazzo tra una ventina di ore.

Inoltre servirà sicuramente far arrivare

tecnici da altri Servizi regionali.

Nel soccorso speleologico, se l’incidente

avviene in profondità, se la grotta

presenta tratti che vanno allargati perché

la barella non passa, se l’infortunato

presenta delle condizioni sanitarie

per cui va stabilizzato prima di iniziare il

trasporto, difficilmente un intervento si

risolve in tempi brevi. Sono tanti i fattori

che possono incidere nella durata di

un intervento, che può protrarsi anche

per diversi giorni.

Mentre rientro nel salone, la musica

e le voci dei commensali cercano di

prendere il posto delle mie preoccupazioni.

Soltanto pochi minuti, una breve

spiegazione, il tempo di salutare tutti,

le scuse per il contrattempo, e sono già

in macchina; una breve sosta a casa per

preparami lo zaino, qualche minuto

per posizionare i lampeggianti a ventosa

sul cruscotto e quello magnetico sul

tetto e via, destinazione Fonteno. Ma

da Perugia… è lunga.

Nottata pessima per mettersi in viaggio.

Le chiusure dell’autostrada si sus-

6 APPROFONDIMENTO


seguono, la prima ad Incisa, con un

nebbione che non ti fa vedere ad un

palmo dal naso; le strade secondarie

in una zona sconosciuta, seguendo le

indicazioni per Firenze, e poi la notizia

per radio che anche tra Calenzano e

Barberino è chiusa: bisogna proseguire

tra la nebbia e mille curve.

Finalmente l’autostrada, ora si può

viaggiare velocemente, stranamente le

corsie sono deserte e questo agevola

il mio percorso, ma a Verona un'altra

triste sorpresa, anche qui c’è un’interruzione

e la nebbia è ancora più fitta che

in Toscana, un calvario fino a Brescia,

poi di nuovo autostrada.

Sono ormai le cinque del mattino e

finalmente il cartello mi preannuncia

l’ingresso a Fonteno; ancora qualche

minuto e finalmente sono al campo

sportivo, dove è stata allestita la direzione

delle operazioni.

Purtroppo la situazione non è cambiata,

in grotta è entrata la squadra di primo

intervento accompagnata da uno

dei ragazzi che conosce le zone nuove.

Devono raggiungere il prima possibile

il punto dell’incidente, verificare le

condizioni della ragazza infortunata e

stabilizzarla; inoltre ci sono due squadre

di telefonisti che stanno stendendo

il cavo telefonico che ci permetterà di

avere un contatto diretto tra l’esterno

e le squadre di soccorso all’interno della

grotta.

Nel frattempo anche i disostruttori

sono in viaggio, stanno arrivando da

più regioni. La squadra partita dal Lazio

e dall’Umbria, grazie all’intervento

nella notte delle Prefetture di Verona e

Bergamo, ha recuperato i detonatori e

l’esplosivo e sta arrivando scortata dalla

Polizia Stradale.

Le ore scorrono lente, la stesura del

cavo telefonico è più lunga del previsto

ed ancora non hanno raggiunto

l’infortunata. Decidiamo di far entrare

una squadretta veloce con altri mille

metri di cavo, e interrompiamo il lavoro

di una delle due che sta lavorando

sul cavo dalla notte chiedendo di raggiungere

al più presto l’infortunata, per

avere informazioni dettagliate sulle sue

condizioni cliniche, sulla tipologia di

recupero da intraprendere e sulle zone

di grotta da disostruire.

All’esterno tutto prosegue bene, i disostruttori

sono arrivati e stanno lavorando

in un’area delimitata del campo per

predisporre il materiale necessario. Da

gran parte delle regioni attivate abbiamo

la disponibilità di tecnici per coprire

cinque giorni di intervento, medici

e infermieri sono a sufficienza, mentre

anche la logistica è al lavoro per garantire

i pasti. Il sindaco e i cittadini sono

fantastici e in direzione operazioni altri

delegati e i loro vice sono arrivati a supportare

i lombardi.

Nel frattempo la squadra telefonisti ci

comunica che i tre chilometri di cavo

telefonico si stanno esaurendo e temono

di essere ancora distanti dal luogo

dell’incidente; quindi inviamo una

squadra con altri mille metri. Purtroppo

però il prolungarsi della mancanza

di informazioni ci preoccupa, perché

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

7


Finalmente arriva la

comunicazione che

tanto attendevamo. I

telefonisti sono stati

raggiunti da un tecnico

della prima squadra,

le condizioni della

ragazza sono stabili e i

soccorritori hanno già

iniziato le operazioni di

recupero.

ancora non ci danno notizie? Perché

nessuno della squadra di primo intervento

è tornato indietro per intercettare

i telefonisti e darci informazioni? D'altronde

quelli che sono stati in questa

grotta ci hanno detto che oltre la zona

conosciuta sono stati scoperti circa 700,

forse 800 metri, percorribili in circa due

ore di progressione. Ma allora, cosa sta

succedendo? Possibile che fossero in

una zona molto più distante? Vuoi vedere

che i telefonisti, non conoscendo

la grotta, hanno sbagliato strada e sono

finiti in un'altra zona? E se le condizioni

cliniche sono gravi? Iniziamo a temere

il peggio. Inoltre, non avendo informazioni

non sappiamo neanche quando

far entrare la seconda squadra, se questa

dovrà fare il recupero e quindi essere

composta da un adeguato numero

di tecnici, oppure coadiuvare i sanitari

che dovranno proseguire nella stabilizzazione

medica e quindi in formazione

ridotta. Comunque facciamo entrare

un infermiere con una squadra per rimpiazzare

una parte di quelli all’interno

dalla sera precedente.

Finalmente arriva la comunicazione che

tanto attendevamo. I telefonisti sono

stati raggiunti da un tecnico della pri-

ma squadra, le condizioni della ragazza

sono stabili e i soccorritori hanno già

iniziato le operazioni di recupero. Ma

il luogo dell’incidente è veramente remoto,

ben oltre quello che ci avevano

ipotizzato; il tratto percorso durante

l’esplorazione non distava quattro ore

dall’ingresso ma quasi sei, con un andamento

principalmente meandriforme.

La mancanza di un rilievo topografico

ha reso estremamente difficile la localizzazione

dell’infortunata, oltre che la

valutazione dei tempi di percorrenza,

elemento indispensabile per pianificare

la tempistica delle turnazioni. La descrizione

del percorso ci rende consapevoli

che i tempi di recupero saranno

molto lunghi, ma siamo abituati a lavorare

in sinergia, lo facciamo sempre, ci

vorranno giorni, ma sono certo che ce

la faremo.

L’IMPEGNO

DEL CNSAS IN

NUMERI

129 tecnici dalle Delegazioni

Speleologiche di: Alto Adige,

Emilia Romagna, Friuli Venezia

Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia,

Marche, Piemonte, Sardegna,

Umbria, Toscana, Trentino,

Veneto

10 tecnici della VI Delegazione

Alpina Orobica

12 sanitari tra medici ed infermieri

11 tecnici disostruttori

8 direttori delle operazioni

9 addetti alla logistica

Inizio operazioni ore: 21.08 di

sabato 14 dicembre

Termine operazioni ore: 02.30

di mercoledì 18 dicembre

Ore totali: 77.36

8 APPROFONDIMENTO


BUENO

FONTENO

L’intervento visto dall’interno

di Ilaria Bonacina, Istruttrice Scuola Regionale Tecnici Soccorso Speleologico Lombardia

Foto di Luca Longo

All’ingresso di Bueno Fonteno scambio qualche battuta con Walter

e Fabio, a denti stretti, la preoccupazione si legge sulla faccia

di ciascuno; le informazioni sulle condizioni sanitarie dell’infortunata,

giunte al campo base dai compagni di esplorazione,

sono molto serie.

La squadra di primo intervento ci precede; vista la gravità dell’incidente il gruppo

è composto da ben due medici, Rino e Silvia, coadiuvati da Elena nella duplice

veste di infermiera e caposquadra, accompagnati da Jean e Roby che hanno l’incarico

di individuare i punti critici del percorso lungo cui si svolgerà il recupero.

A Riccardo, uno dei ragazzi usciti a dare l’allarme, spetta il compito di guidarli

nel dedalo di gallerie, sconosciuto. Già, perché risale ad appena poche ore prima

dell’incidente l’esplorazione del lungo tratto di grotta che dovremo percorrere.

Parlano di quattro ore dall’ingresso, con oltre un chilometro di grotta nuova.

La gelida corrente d’aria della grotta spazza via ogni pensiero e ci ritroviamo a

percorrere velocemente la forra iniziale, fino al grande pozzo da 50 metri dove

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

9


I nastri gialli lasciati

dalla squadra di primo

intervento per segnare

il percorso iniziano a

diminuire, percorriamo

così qualche tratto di

grotta con il dubbio di

non essere sulla strada

giusta, tanto che un paio

di volte dobbiamo tornare

sui nostri passi.

incontriamo Enrico e Simone, incaricati

di stendere il doppino telefonico

a partire dal cavo lasciato in loco dallo

scorso intervento. Azzeccata accortezza

o sfortunato destino? Sicuramente

la prima.

Poco dopo ci raggiungono Lontra e

Marco con la barella, affaccendati più

che mai per mantenerla asciutta, in un

percorso che segue beffardamente la

via dell’acqua. Lasciamo il ramo principale

al bivio delle Fate, per proseguire

lungo Sempre Dritto, ma stavolta la via

da seguire ci porta a discendere in un

ampio salone. Da qui in poi, inizia la

lunga risalita seguendo controcorrente

uno dei tanti corsi d’acqua sotterranei

di Bueno. È un alternarsi di grandi gallerie,

interrotte da un numero imprecisato

di pozzi, cascate e piani inclinati;

qualche vasca fuoriscala ci fa temere il

peggio, ma fortunatamente riusciamo

ad evitare di sondarne la profondità.

Abbiamo con noi un paio di corde da

20 metri e dei cordini che fissiamo su

alcuni passaggi insidiosi, per agevolare

il transito dei tecnici che arriveranno

dopo di noi.

I nastri gialli lasciati dalla squadra di primo

intervento per segnare il percorso

iniziano a diminuire, percorriamo così

qualche tratto di grotta con il dubbio

di non essere sulla strada giusta, tanto

che un paio di volte dobbiamo tornare

sui nostri passi. La buona sorte ci assiste

e, finalmente, il soffitto della galleria

inizia ad abbassarsi, avvicinandosi gradualmente

al pavimento, ad indicare la

vicinanza dell’agognato sifone, linea di

demarcazione tra la parte conosciuta

della grotta e quella in esplorazione.

L’idea è che non manchi molto a raggiungere

il punto dell’incidente, ma il

tempo si dilata.

10 APPROFONDIMENTO


Ci domandiamo quanti giorni serviranno

per portare all’esterno la barella.

Restiamo fiduciosi e procediamo ancora

più veloci, lasciandoci alle spalle l’inquietudine

e le ampie gallerie, per infilarci

in interminabili meandri silenziosi,

ricoperti di fango asciutto; oltrepassiamo

alcuni passaggi tra grandi blocchi

franati, su uno quali sta scritto un confortante

“vietato toccare”. I capisaldi azzurri

della topografia fresca di giornata,

ci portano finalmente a destinazione.

La tendina arancione è montata al

centro del meandro, occupando tutto

lo spazio disponibile; all’interno procedono

le operazioni di diagnostica e

di condizionamento sanitario. Come ad

ogni intervento speleologico, prestare

assistenza medica in ambiente ipogeo

è sempre una grande sfida, soprattutto

quando ci si trova ad affrontare un politrauma

importante come in questo caso.

Avvicinandoci, sentiamo le voci di Roby e

di Rino; il tono positivo ed energico lascia

sottintendere che la situazione è sotto

controllo. Tiriamo un sospiro di sollievo.

Dopo i saluti ci scambiamo le informazioni

sulle condizioni dell’infortunata,

per capire come dovremo effettuare il

recupero. Nel frattempo sopraggiungono

Lontra e Marco con la barella, seguiti

da Paolo ed Elio che ci comunicano

che la squadra telefoni è molto indietro;

purtroppo non riusciremo ad avere un

contatto telefonico diretto con l’esterno.

Saranno i tecnici a fare da staffetta per

garantire lo scambio di informazioni tra

la squadra medica e la direzione delle

operazioni all’esterno.

Allestiamo lungo il meandro una sequenza

di teleferiche e di pendoli per

superare i tratti sfondati del meandro,

suddividendoci i compiti senza tante

parole. L’alba di domenica ormai è passata.

Siamo pronti a partire con le operazioni

di recupero. La concentrazione

è massima: nei tratti dove la barella non

viaggia appesa alla corda, alterniamo

manovre veloci a uomo con il classico

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

11


Il recupero procede

senza intoppi:

fortunatamente

le condizioni

dell’infortunata

sono stabili e la

cosa non può che

esserci di aiuto, sia

nell’esecuzione delle

manovre sia nella

gestione sanitaria. Non

incontriamo particolari

difficoltà tecniche e

ognuno è determinato

a fare al meglio la

propria parte, sebbene

inizi a farsi sentire la

stanchezza.

trasporto in meandro, cercando di sfruttare

quei pochi appigli di roccia sana e

restando in equilibrio sulle sporgenze

del meandro che, talvolta, si disfano sotto

il nostro peso.

Il recupero procede senza intoppi: fortunatamente

le condizioni dell’infortunata

sono stabili e la cosa non può che esserci

di aiuto, sia nell’esecuzione delle manovre

sia nella gestione sanitaria. Non incontriamo

particolari difficoltà tecniche

e ognuno è determinato a fare al meglio

la propria parte, sebbene inizi a farsi

sentire la stanchezza. Facciamo qualche

breve sosta, per consentire ai sanitari di

controllare il quadro clinico della nostra

amica, che sopporta con contegno e dignità

lo stato in cui si trova senza mai lamentarsi,

mantenendo un atteggiamento

di cooperazione e piena fiducia in noi

soccorritori. Contestualmente ci occupiamo

di preparare il successivo tratto di

recupero; l'obiettivo è quello di raggiungere

l’imbocco della parte più stretta

del meandro, per allestire nuovamente

il punto caldo in tendina. Si avanza accorciando

metro dopo metro il tragitto

verso l’uscita, sarà lunga, ma iniziamo

a sentire nel meandro il rimbombo dei

passi e delle voci di qualcuno che si sta

avvicinando…

12 APPROFONDIMENTO


I disostruttori

del CNSAS

Specialisti dell’impossibile

di Alfonso Ardizzi, esecutivo speleologico CNSAS

Quando ogni via d’uscita sembra chiusa e la montagna diventa

un muro invalicabile, entrano in azione loro: i disostruttori del

CNSAS, tecnici specializzati che hanno il compito – delicato

e pericoloso – di creare passaggi dove prima non ce n’erano.

Non esploratori, ma liberatori di vie. Non solo soccorritori, ma

artigiani del vuoto, capaci di allargare la terra per dare spazio

alla vita.

Il loro campo di battaglia è spesso invisibile: cunicoli impraticabili, condotti franati,

strettoie che si chiudono su sé stesse. Qui, dove l'accesso al ferito è ostacolato

da pareti compatte o crolli improvvisi, i disostruttori intervengono con una precisione

da chirurgo.

Appartengono alla Commissione Nazionale Disostruttori del CNSAS, e la loro formazione

è una delle più tecniche e selettive del soccorso speleologico italiano.

Devono conoscere le caratteristiche della roccia, l’effetto esercitato su di loro delle

cariche, l’uso di esplosivi civili, la balistica delle microfratture. E devono sapersi

muovere in spazi dove a malapena passa un uomo, operando in sicurezza sia per

il soccorritore che per la persona bloccata.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

13


Il percorso

per diventare

disostruttore è lungo

e selettivo. Si parte da

una solida esperienza

speleologica e si

prosegue con corsi

avanzati, simulazioni

pratiche in grotta,

esercitazioni nazionali

e aggiornamenti

costanti.

La parola “esplosivo” può far pensare a

scenari spettacolari, ma la realtà è ben

diversa. Il lavoro del tecnico disostruttore

è fatto di misure millimetriche,

studio del contesto, valutazione del rischio

e capacità di attendere il momento

giusto.

Le microcariche esplosive vengono

usate con estrema cautela, incapsulate

e direzionate per frammentare la roccia

senza generare onde d’urto dannose.

Ma non sempre servono esplosivi.

Spesso si utilizzano martinetti idraulici,

cunei meccanici, cuscini di sollevamento

ad alta pressione, oppure sistemi di

trazione per spostare massi incastrati.

L’obiettivo non è distruggere, ma modificare

lo spazio in modo funzionale e

sicuro. In grotta, ogni grammo in più è

un peso da portare a spalla, ogni errore

può rendere il passaggio ancora più

pericoloso. Ogni scelta è ponderata, e

ogni gesto ha conseguenze dirette.

Il percorso per diventare disostruttore

è lungo e selettivo. Si parte da una solida

esperienza speleologica e si prosegue

con corsi avanzati, simulazioni pratiche

in grotta, esercitazioni nazionali e

aggiornamenti costanti. Ogni tecnico

viene formato per operare in ambienti

complessi e in condizioni estreme,

dove il margine d’errore è molto basso.

14 APPROFONDIMENTO


Tutti i disostruttori sono tecnici abilitati

all’uso di esplosivi, in possesso del patentino

da “fochino” rilasciato secondo

le normative vigenti. Questo li rende

non solo operativi in ambito speleologico,

ma anche potenzialmente impiegabili

in interventi di Protezione Civile,

ad esempio per la rimozione controllata

di macigni, il ripristino di passaggi

ostruiti o la messa in sicurezza di aree

franate in contesti extra-speleologici.

Gli esplosivi utilizzati sono di tipo civile

e vengono trasportati e stoccati secondo

protocolli di sicurezza molto rigidi.

Ma l’efficacia del loro utilizzo dipende

dall’esperienza e dalla sensibilità tecnica

del tecnico disostruttore: ogni roccia

è diversa, e ogni contesto richiede una

valutazione su misura.

Uno dei casi simbolo che ancora si raccontano

tra i disostruttori è l’intervento

nel complesso carsico del Monte Canin,

dove una squadra rimase bloccata e

l’unica via di uscita fu allargare un cunicolo

con una serie di interventi minuziosi.

O ancora, le operazioni in grotte

sarde o nel terremoto dell’Aquila, dove

crolli improvvisi hanno reso necessaria

la riapertura di condotti sepolti.

Non sono interventi che finiscono in

prima pagina. Ma senza di loro, molte

operazioni di soccorso si concluderebbero

con un vicolo cieco. I disostruttori

non aprono solo la via: la proteggono.

Dopo ogni intervento, sono loro a verificare

la stabilità del tratto modificato,

a mettere in sicurezza il passaggio per

il transito della barella, a garantire che

tutto possa svolgersi senza ulteriori pericoli.

Sono i custodi dei punti più critici del

soccorso speleologico. Coloro che, senza

clamore, creano spazio dove non c’è

spazio. Perché il soccorso, in fondo, è

anche questo: immaginare l’impossibile

e renderlo attraversabile.

TESTIMONIANZE

«La cosa più difficile è capire quando fermarsi. Un centimetro in più, e magari

crolla tutto. Un centimetro in meno, e il ferito non passa. Lavoriamo

in condizioni limite, spesso distesi nel fango, con la fronte contro la pietra.

Ma quando la roccia si apre e la barella passa, ti senti parte di qualcosa di

grande».

Giuseppe, disostruttore CNSAS

«A volte lavoriamo per ore e nessuno si accorge di quello che facciamo. Non

ci vedono, non ci fotografano, non arriviamo al ferito. Ma senza il nostro

passaggio, nessun altro potrebbe arrivarci».

Luca, disostruttore CNSAS

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

15


Il lavoro

invisibile

degli

speleosub

di Alfonso Ardizzi, esecutivo speleologico CNSAS

16 APPROFONDIMENTO


Nel silenzio più assoluto, dove la luce si spegne e il mondo diventa

roccia e acqua, lavorano uomini e donne che sfidano

l’ignoto per salvare vite e svelare i misteri del sottosuolo. Sono

gli speleosub del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico,

un'élite di specialisti in grado di operare nelle condizioni

più estreme, là dove la speleologia incontra la subacquea, e

ogni intervento è una sfida al limite delle capacità umane e tecnologiche.

Gli speleosub sono speleologi e subacquei altamente addestrati che intervengono

in ambienti sommersi come sifoni, grotte allagate o passaggi sommersi all'interno

di sistemi carsici complessi. L’attività è tanto affascinante quanto pericolosa:

visibilità ridotta, stretti passaggi, acque fredde e la costante impossibilità di una

risalita rapida rendono ogni immersione un’operazione da pianificare con precisione

chirurgica.

Nel Soccorso Alpino e Speleologico, gli speleosub fanno parte della Commissione

Nazionale Tecnica Speleosub, che si occupa della formazione, dell’aggiornamento

tecnico e del coordinamento degli interventi. Le loro missioni spaziano dal soccorso

a speleologi intrappolati in zone sommerse, al recupero di persone scomparse,

fino al supporto in operazioni di ricerca scientifica e mappatura dei sistemi

carsici sotterranei.

L’Italia, grazie alla sua conformazione geologica, ospita un patrimonio carsico

sommerso di altissimo valore. Alcune grotte, divenute vere e proprie “palestre” per

gli speleosub, rappresentano anche tra le più profonde e complesse d’Europa. Tra

le più note vi è la Grotta dell’Elefante Bianco in Friuli Venezia Giulia, nei pressi di

Sella Nevea. Scoperta negli anni Novanta, è una delle cavità sommerse più difficili

da esplorare. I suoi passaggi stretti, le lunghe distanze in immersione e la profondità

(oltre 100 metri) l’hanno resa teatro di importanti campagne esplorative,

anche internazionali.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

17


Spesso collaborano

con università, enti

di ricerca e istituti

ambientali per il

monitoraggio delle

acque sotterranee,

lo studio dei sistemi

carsici e la mappatura

digitale delle cavità.

Altrettanto famosa è la Risorgenza di

Su Gologone, in Sardegna. Situata ai

piedi del Supramonte, è un sistema

carsico ancora oggi in gran parte inesplorato.

Gli speleosub del Soccorso Alpino

e Speleologico hanno partecipato

a numerose missioni di esplorazione

e monitoraggio di questa importante

risorgenza, raggiungendo quote prossime

ai -150 metri di profondità, spesso

con l’ausilio di rebreather e propulsori

subacquei.

Non meno affascinante è la Grotta

del Bue Marino, sempre in Sardegna

facente parte del “sistema carsico del

Supramonte orientale” con oltre 75

chilometri di sviluppo, un tempo abitata

dalla foca monaca e oggi meta di

speleosub provenienti da tutta Europa

che ne esplorano i rami sommersi di

notevole bellezza, alcuni dei quali si

estendono per chilometri sotto il massiccio

calcareo.

Nel nord Italia, la Grotta di Fontanazzi,

in Veneto, e la Risorgenza dell’Acqua

Azzurra, in Piemonte, sono altri luoghi

di studio e addestramento, dove la

squadra speleosub si esercita costantemente

per mantenere alti gli standard

operativi.

L’attività degli speleosub del Soccorso

Alpino e Speleologico non si limita

al soccorso. Spesso collaborano con

università, enti di ricerca e istituti ambientali

per il monitoraggio delle acque

sotterranee, lo studio dei sistemi

carsici e la mappatura digitale delle

cavità.

Ogni immersione è preceduta da ore

di pianificazione, studio delle mappe,

18 APPROFONDIMENTO


analisi del contesto geologico e confronto

tra colleghi di immersione. È

un lavoro di squadra dove nulla può

essere lasciato al caso. Ogni passaggio

viene immaginato prima ancora

di essere percorso, ogni curva della

grotta visualizzata mentalmente. Le

tecnologie utilizzate sono integrate in

questo approccio meticoloso, ma nulla

può sostituire l’intuito, l’esperienza e

la capacità di adattamento dell’essere

umano.

In questi ambienti sospesi tra acqua e

roccia, dove il tempo sembra dilatarsi

e la realtà si trasforma in un labirinto

liquido, gli speleosub si muovono

con rispetto e attenzione. Ogni metro

conquistato è una piccola vittoria sulla

paura, sul buio e sull’ignoto.

VOCI DAL PROFONDO

«ENTRARE IN UN SIFONE È

COME INFILARSI IN UN SOGNO

LIQUIDO. SAI CHE LÌ SOTTO

NESSUNO PUÒ AIUTARTI,

SE NON LA TUA SQUADRA E

LA TUA PREPARAZIONE. MA

OGNI VOLTA CHE TORNI IN

SUPERFICIE, PORTI CON TE

QUALCOSA DI UNICO: LA

CERTEZZA CHE ANCHE IL BUIO

HA UN SUO LINGUAGGIO, E NOI

IMPARIAMO AD ASCOLTARLO.»

Luca, speleosub del CNSAS

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

19


«OGNI IMMERSIONE PROFONDA

È UNA PARTITA A SCACCHI

CON IL TEMPO, LA PRESSIONE

E L’IMPREVISTO. NON CI SI

IMPROVVISA SPELEOSUB: SERVE

UNA PREPARAZIONE FISICA E

MENTALE FUORI DAL COMUNE.»

Walter, formatore speleosub del

CNSAS

«QUANDO CI CHIAMANO PER

UN INTERVENTO SAPPIAMO

CHE NON C’È MARGINE

D’ERRORE. IN QUEI MOMENTI

CAPISCI DAVVERO COSA

SIGNIFICHI FAR PARTE DI UNA

SQUADRA: FIDARSI L’UNO

DELL’ALTRO È TUTTO.»

Roberto, coordinatore speleosub

del CNSAS

Gli speleosub del CNSAS lavorano lontano

dai riflettori, spesso in condizioni

estreme, con la sola motivazione di salvare

vite e conoscere meglio il mondo

invisibile sotto i nostri piedi. Il loro operato

richiede un mix raro di freddezza,

esperienza, spirito di squadra e passione

per l’esplorazione.

Ogni volta che si immergono in una

grotta, non sfidano solo i limiti del corpo

umano, ma aprono varchi nella conoscenza,

rendendo accessibili luoghi

che per millenni sono rimasti sconosciuti.

Gli speleosub del CNSAS sono gli unici

in Italia ad avere una certificazione

riconosciuta per operare in ambienti

sommersi fino a profondità di -120

metri, grazie a un programma di addestramento

specifico per il soccorso

in grotta allagata. Questa abilitazione

consente loro di intervenire in scenari

estremi, dove la combinazione tra

profondità, distanza e complessità ambientale

richiede una preparazione al-

20 APPROFONDIMENTO


tamente specialistica.

AVVICINARSI ALLA SPELEOLOGIA IN ITALIA

La speleologia è una disciplina affascinante che unisce l'esplorazione del mondo sotterraneo con competenze tecniche e scientifiche.

In Italia, chi desidera intraprendere questa avventura ha diverse opportunità per farlo in modo sicuro e strutturato.

I CORSI DI INTRODUZIONE ALLA SPELEOLOGIA

Il primo passo per avvicinarsi alla speleologia è frequentare un corso di introduzione. Questi corsi sono organizzati principalmente

dai Gruppi Grotte delle sezioni del Club Alpino Italiano (CAI) e da alcuni gruppi affiliati alla Società Speleologica

Italiana (SSI). Le due realtà offrono programmi formativi simili, con l'obiettivo di fornire le conoscenze e le tecniche

necessarie per affrontare l'ambiente ipogeo in sicurezza.

Durante i corsi, che solitamente si sviluppano in alcune settimane, i partecipanti apprendono:

• tecniche di progressione su corda (discesa e risalita con attrezzatura specifica);

• nozioni di geologia e carsismo per comprendere la formazione delle grotte;

• elementi di meteorologia sotterranea e protezione ambientale;

• aspetti legati alla sicurezza e alla gestione delle emergenze.

DOVE TROVARE UN CORSO

In tutta Italia esistono numerosi Gruppi Grotte, presenti sia nelle regioni montuose che in aree carsiche particolarmente

sviluppate, come il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, l'Emilia-Romagna, la Toscana, l'Abruzzo e la Puglia. Per trovare il corso

più vicino, si possono consultare i siti web del CAI e della SSI, oppure contattare direttamente i gruppi attivi nella propria

zona. Alcuni eventi e manifestazioni speleologiche nazionali e locali possono rappresentare un'ulteriore occasione per conoscere

le attività dei gruppi grotte e ottenere informazioni sui corsi disponibili.

ATTREZZATURA E PREPARAZIONE FISICA

L'attrezzatura di base per un neofita viene spesso fornita dal gruppo che organizza il corso. Tuttavia, con il tempo, chi decide

di proseguire nella pratica della speleologia dovrà dotarsi di equipaggiamento personale, tra cui casco con illuminazione,

imbrago, bloccanti e discensori. Dal punto di vista fisico, non è necessario essere atleti, ma una buona forma fisica

aiuta a gestire le lunghe permanenze in grotta e le difficoltà tecniche.

DOPO IL CORSO: PRATICARE LA SPELEOLOGIA

Una volta concluso il corso di introduzione, chi desidera continuare può entrare a far parte di un Gruppo Grotte e partecipare

alle attività esplorative, scientifiche e divulgative. Alcuni speleologi scelgono di specializzarsi in discipline specifiche,

come la speleosubacquea, la fotografia speleologica o la speleologia glaciale.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

21


La Speleologia,

palestra per lo

Spazio

di Loredana Bessone, European Space Agency (ESA)

Immaginate di calarvi in un abisso profondo 200 metri, dove la luce naturale

scompare e l'oscurità avvolge ogni cosa. Questo è esattamente ciò

che gli astronauti sperimentano durante il programma CAVES dell'Agenzia

Spaziale Europea (ESA), un'esperienza che l'astronauta Alexander Gerst ha

descritto come «una discesa in un mondo completamente diverso».

Le grotte offrono un ambiente estremo e inesplorato, molto simile a quello

che gli astronauti affrontano nello spazio. L'assenza di luce naturale, spazi ristretti

e la necessità di una comunicazione efficace sono paralleli diretti alle condizioni

di una missione spaziale. Gerst ha osservato che «è sorprendente quanto l'esplorazione

delle grotte sia simile all'andare nello spazio».

L'astronauta italiano Luca Parmitano, che ha partecipato a diverse missioni di

esplorazione estrema, ha espresso un punto di vista simile: «Lo spazio è una

frontiera dura e inospitale, e noi, in quanto esploratori, dobbiamo affrontare le sue

22 APPROFONDIMENTO


sfide con preparazione e disciplina». La

speleologia, così come le spedizioni

nei deserti o in altri ambienti estremi,

aiuta a sviluppare questa mentalità da

esploratori, fondamentale per affrontare

il vuoto dello spazio.

Durante il programma CAVES, gli astronauti:

• esplorano e mappano: si avventurano

in sezioni inesplorate delle grotte,

utilizzando strumenti di rilevamento

per creare mappe dettagliate;

• conducono ricerca scientifica: raccolgono

campioni d'acqua e cercano

forme di vita, contribuendo a studi

scientifici reali;

• gestiscono risorse limitate: vivono

con risorse limitate, imparando a

gestire cibo, acqua e attrezzature in

modo efficiente;

• affrontano sfide di sicurezza: si

trovano di fronte a pericoli come

cadute e scogli scivolosi, sviluppando

abilità di problem solving sotto

pressione.

Collaborazione con CAI e CNSAS

Per garantire un addestramento speleologico

sicuro e competente, l'ESA collabora

strettamente con il Club Alpino

Italiano (CAI) e il Corpo Nazionale Soccorso

Alpino e Speleologico (CNSAS).

Queste partnership assicurano che gli

astronauti ricevano formazione tecnica

di alto livello e che siano pronti a

interventi di soccorso in caso di emergenza.

L'integrazione della speleologia nell'addestramento

degli astronauti attraverso

il programma CAVES offre un'opportunità

unica per prepararsi alle sfide dello

spazio. Come ha riflettuto Gerst: «Dopo

la mia esperienza con CAVES, posso dire

che, finora, questo è il miglior analogo

che conosco per preparare mentalmente

gli astronauti allo spazio». La collaborazione

con organizzazioni italiane come

il CAI e il CNSAS rafforza ulteriormente

la qualità e la sicurezza di questo addestramento,

assicurando missioni spaziali

più efficaci e sicure.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

23


CRONACA E INTERVENTI

Una ricerca a

lieto fine

sul Monte Verena in Veneto

di Michela Canova, responsabile comunicazione CNSAS Veneto

Appena ha sentito che lo stavano chiamando, Pietro ha risposto e,

dopo aver lasciato al suolo sci e bastoncini, ha iniziato a risalire a

piedi nel bosco. I soccorritori lo hanno visto spuntare tra le gobbe

bianche e venire loro incontro, con i piccoli passi di un bimbo di 5

anni che sprofonda nella neve: «Sono qui! Ma gli sci sono giù, vado

a prenderli». Ovviamente gli è stato detto di aspettare, in due lo

hanno subito raggiunto, riscaldato con un telo termico, fatto sedere all'asciutto sopra

uno zaino, mentre veniva avvisato il campo base. Il bimbo stava bene, anche

24 CRONACA E INTERVENTI


se era naturalmente scosso. Alle 18, via

radio da quel punto in mezzo al bosco,

quando ormai si temevano l’oscurità

imminente e il freddo delle ore buie, è

partita la comunicazione più attesa al

campo base, dove i genitori del piccolo

stavano vivendo ore drammatiche: «Lo

abbiamo trovato!».

Il primo marzo sulle piste del Comprensorio

del Monte Verena si sta tenendo il

modulo neve-valanghe del Corso Osa

dell’XI delegazione Prealpi Venete, è

metà pomeriggio e dagli altoparlanti

della seggiovia si susseguono gli appelli

per un bimbo che non si trova, con la

descrizione di come è vestito, caschetto,

giacca a vento, sci. Si chiama Pietro, ha

5 anni, era a sciare con il papà, «Chiunque

lo veda è pregato di avvisare». Pietro

era salito dalla seggiovia a sei posti che

arriva al Forte Verena assieme al papà,

per sciare con lui sulle piste del comprensorio.

Verso le 15 si erano fermati

per una sosta nella zona dell'arrivo della

seggiovia Civello. Per un’urgenza, il padre

aveva allontanato solo per un istante

lo sguardo dal bimbo e Pietro non

c'era più, sparito, inutili i richiami e l’estenuante

corsa nei dintorni. Immediatamente

il personale di assistenza degli

impianti, i maestri di sci e snowboard, i

Carabinieri si erano messi in cerca del

piccolo, perlustrando le diverse piste, le

stradine laterali, senza però rinvenirlo.

Verso le 16.30 tre istruttori impegnati nel

corso che si sta tenendo nelle vicinanze

con altri sette volontari, sentendo le reiterate

segnalazioni dagli altoparlanti, si

mettono a disposizione per prendere

parte alle ricerche e tramite il Suem, fanno

attivare il Soccorso Alpino di Asiago,

che accorre con uomini e mezzi. Grazie

al supporto dei maestri di sci, nella

loro sede viene allestito il campo base

di coordinamento, dove fare il punto e

distribuire le zone di ricerca, squadre in

movimento in motoslitta e con gli sci a

percorrere vie di collegamento, strade

forestali innevate e a ripetere le piste in

discesa, mentre attorno alla struttura si

Dagli altoparlanti

della seggiovia si

susseguono gli appelli

per un bimbo che

non si trova, con la

descrizione di come

è vestito, caschetto,

giacca a vento, sci. Si

chiama Pietro, ha 5

anni, era a sciare con

il papà.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

25


Ed è sulla neve

immacolata che

presto distinguono, e

iniziano a seguire, le

sottili tracce lasciate

da piccoli sci a cui

si sostituiscono, nei

tratti più ripidi od

ostacolati dalle rocce

affioranti, le impronte

degli scarponcini di

un bambino.

radunano tutte le forze chiamate in supporto,

Vigili del fuoco, Protezione civile.

Prima di scendere al parcheggio, due

istruttori del Soccorso Alpino, assieme

a due scialpinisti di Valdagno offertisi

spontaneamente in supporto, si inoltrano

dal bordo pista in neve fresca in una

zona prioritaria, l’unico modo per individuare

con certezza una traccia che entri

e prosegua nel bosco. Un’area dove, anche

secondo i maestri di sci più anziani,

il bambino si sarebbe potuto dirigere,

sulla scorta di alcune esperienze di persone

disperse e poi ritrovate in precedenza.

Ed è sulla neve immacolata che

presto distinguono, e iniziano a seguire,

le sottili tracce lasciate da piccoli sci a

cui si sostituiscono, nei tratti più ripidi

od ostacolati dalle rocce affioranti, le

impronte degli scarponcini di un bambino.

I soccorritori avvertono il campo

base del rinvenimento e che proseguono

in quella direzione. Lì si concentrano

le ricerche e in quella zona vengono inviate

due motoslitte.

Le tracce, che scendevano in linea retta,

superano la mulattiera del Baito Spelonca

e si ributtano in fuoripista e così

avanti tagliando altri percorsi battuti,

fino a perdersi in un bosco. E finalmente,

a tre chilometri di distanza, Pietro,

che era sempre stato in movimento un

po' a piedi e un po' sugli sci, risponde ai

richiami. I soccorritori si prendono cura

di lui, scherzano per tranquillizzarlo,

poi uno di loro lo carica sulle spalle per

raggiungere la mulattiera più vicina, gli

fa delle domande per tenerlo sveglio

adesso che si sta rilassando dopo tanta

agitazione, gli chiede se è contento

di fare un giro in motoslitta. La risposta

è sì. La prima motoslitta ha a bordo la

dottoressa del Soccorso Alpino di Asiago,

che si prende subito cura di Pietro.

Una seconda porta agganciata la slitta

con la barella. Su una terza arrivano i Carabinieri.

Pietro sale con la dottoressa in

motoslitta, è trasportato al campo base

a riabbracciare mamma e papà, tra gli

applausi di quanti sono ad attenderlo e

l’esplosione di gioia dei soccorritori.

26 CRONACA E INTERVENTI


Ciaspole e

consapevolezza

Un inverno di interventi sul Terminillo

di Michele Messina, responsabile comunicazione CNSAS Lazio

Un inverno intenso ha visto le squadre del CNSAS impegnate in numerosi interventi sul Monte Terminillo e sui

Monti Reatini, spesso per soccorrere escursionisti con le ciaspole in difficoltà. In questo articolo, alcune delle operazioni

più significative diventano lo spunto per riflettere su prevenzione, preparazione e sul valore del lavoro

silenzioso e instancabile dei tecnici del Soccorso Alpino.

Nel cuore dell’Appennino centrale, tra le creste imbiancate del

Terminillo e dei Monti Reatini, l’inverno ha raccontato una storia

che si ripete, ma mai allo stesso modo. Non ha avuto bisogno di

grandi numeri o clamori mediatici per farsi sentire: è bastata la

neve, arrivata copiosa, e la consueta attrazione che la montagna

esercita su chi cerca silenzio, bellezza e sfida. Ma sotto la superficie

candida si nasconde, ogni anno, un equilibrio fragile, che può spezzarsi con un

passo incerto, una scelta avventata, un’attrezzatura inadeguata.

Questa stagione ha visto moltiplicarsi gli interventi del Corpo Nazionale Soccorso

Alpino e Speleologico sul Terminillo, spesso per prestare aiuto a escursionisti in difficoltà

con le ciaspole. Alcuni episodi, tra i tanti, restano impressi non solo per la

loro dinamica, ma per ciò che rivelano: l’importanza della preparazione, la forza della

squadra e la dedizione silenziosa di chi interviene.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

27


Il nuovo anno era

iniziato da pochi

giorni quando,

il 4 gennaio, sei

escursionisti si sono

trovati in difficoltà su

un pendio ghiacciato,

impreparati sia

tecnicamente che

nell’abbigliamento.

È il 22 dicembre quando una squadra del

Soccorso Alpino viene chiamata a raggiungere

un ragazzo in difficoltà nella

zona di Valle Scura. Era in escursione con

la compagna quando, a causa della neve

dura e del terreno ripido, è scivolato per

diversi metri. Nel tentativo di risalire, ha

abbandonato il sentiero, inoltrandosi

nel bosco, ma si è trovato intrappolato

nei pressi di un salto di roccia. Le condizioni

meteo non aiutavano: nebbia fitta

e vento forte rendevano impossibile l’intervento

dall’alto. È bastato poco, come

accade spesso, perché un’escursione si

trasformasse in un momento di paura.

I tecnici del Soccorso Alpino lo hanno

raggiunto a piedi, lo hanno messo in sicurezza,

legato in conserva e accompagnato

fino al Rifugio Sebastiani. Era stanco,

con qualche escoriazione alla mano,

ma in grado di camminare.

Poche ore dopo, la stessa squadra si è

spostata più in alto, nei pressi del Buco

del Merlo. Quattro giovani erano rimasti

bloccati su un pendio coperto di neve

compatta, lungo un vecchio sentiero

estivo. Anche loro erano saliti con le ciaspole,

senza ramponi né esperienza su

terreno invernale. La pioggia, la nebbia

e il vento li avevano sorpresi a metà percorso.

I soccorritori li hanno raggiunti e,

dopo averli tranquillizzati, li hanno aiutati

a tornare al rifugio. Solo una leggera

ipotermia per uno di loro, risolta grazie

al tempestivo intervento del sanitario di

Stazione.

Il nuovo anno era iniziato da pochi giorni

quando, il 4 gennaio, sei escursionisti

si sono trovati in difficoltà su un pendio

ghiacciato, impreparati sia tecnicamente

che nell’abbigliamento. Bloccati in quota,

senza sapere come muoversi, hanno

chiamato i soccorsi. La squadra li ha

raggiunti, valutati uno per uno e, dopo

averli messi in sicurezza, li ha accompagnati

lungo un percorso prudente fino

alla strada provinciale della Vallonina. Il

rientro è stato lungo e silenzioso, interrotto

solo da parole di ringraziamento,

spesso sussurrate, come accade quando

ci si rende conto di aver rischiato davvero.

Infine, il 23 febbraio, è la volta del Monte

Elefante. Due escursionisti scivolano

in un canalone mentre scendono dalla

cima con le ciaspole. Li raggiungono

con gli sci d’alpinismo: sono illesi, ma incapaci

di risalire. Dopo averli stabilizzati

28 CRONACA E INTERVENTI


e assicurati, i tecnici li accompagnano a

valle, passo dopo passo, con la calma di

chi sa che ogni movimento deve essere

controllato.

Quattro interventi tra i molti della stagione.

Storie diverse, ma con elementi

in comune: un sentiero che d’inverno

cambia volto, una valutazione errata, la

sottovalutazione della neve dura o delle

previsioni meteo. E poi, sempre, la presenza

dei soccorritori. Uomini e donne

che conoscono la montagna come il

proprio respiro, che si muovono anche

nella notte, nel vento, con il passo sicuro

e l’attenzione sempre vigile. Non è solo

una questione di tecnica. È un sapere

fatto di ascolto, di esperienza, di fiducia

reciproca. È una dedizione che non cerca

applausi, ma che lascia il segno nei gesti

piccoli e precisi, nell’abbraccio a chi tremava,

nel passo che si fa guida per chi

non sa più dove mettere i piedi.

Questa stagione, il Terminillo ha mostrato

quanto la montagna richieda rispetto,

anche (e forse soprattutto) quando

sembra gentile. Le ciaspole, simbolo

di accessibilità, non devono diventare

sinonimo di leggerezza. La neve non è

sempre soffice, i sentieri non sono sempre

evidenti, e un’escursione invernale

non è mai una semplice passeggiata.

Interventi come questi, se presi uno per

uno, non fanno notizia. Non ci sono feriti

gravi, non ci sono immagini spettacolari,

ma dietro ciascuno di essi c’è un lavoro

silenzioso, professionale e profondamente

umano. C’è la pazienza di chi si

alza da tavola per rispondere a un allarme.

C’è l’attenzione a ogni parola scambiata

via radio, il controllo costante sulle

condizioni del meteo, la capacità di valutare

un pendio con la luce della frontale.

C’è l’esperienza che non si improvvisa e

che, quando serve, fa la differenza tra un

rientro difficile e una tragedia evitata.

Donne e uomini del Soccorso Alpino e

Speleologico sono lì per aiutare, ma anche

per ricordare. Che la montagna è di

tutti, sì, ma solo se ci si avvicina con consapevolezza.

Che la sicurezza non è mai

scontata, e che un piccolo errore può

diventare grande. E soprattutto, che dietro

ogni intervento ci sono persone che

scelgono, ogni giorno, di esserci. Pronte

a partire, qualunque siano le condizioni.

Per riportare a casa non solo le persone,

ma anche un messaggio: la montagna,

se la rispetti, ti insegna. Sempre.

È una dedizione che

non cerca applausi,

ma che lascia il segno

nei gesti piccoli e

precisi, nell’abbraccio

a chi tremava, nel

passo che si fa guida

per chi non sa più

dove mettere i piedi.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

29


LA TESTIMONIANZA

INTERVISTA

L’importanza

dell’esplorazione

speleologica

per la Scienza

di Jo De Waele - La Venta Esplorazioni Geografiche e Dipartimento di Biologia, Geologia e Scienze Ambientali dell’Università di

Bologna - e di Francesco Sauro - La Venta Esplorazioni Geografiche e Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova

Da sempre l’uomo è affascinato dall’ignoto, sia esso un luogo fisico

o concettuale. Fare ricerca scientifica è un po’ come esplorare

terre incognite. Si studiano fenomeni poco conosciuti, o persino

del tutto inaspettati. Si cerca di capire come avvengono certi

processi, o come si comportano nuovi materiali. Si sperimentano

avanzate tecniche di analisi, o s’indaga nella materia oscura.

Il mondo della ricerca punta a gettare luce negli angoli più bui della nostra attuale

conoscenza, esplorando le grandi domande, e talvolta scoprendo delle meraviglie.

Spesso la scoperta finisce lì, senza un’attuale utilità, un sapere solo apparentemente

inutile. In altri casi, invece, la scoperta sposta i confini della nostra conoscenza, apre

la strada a nuove scoperte, porta al progresso scientifico.

Non dovrebbe sfuggire l’analogia con l’esplorazione speleologica. Anche noi speleologi,

nel nostro piccolo, siamo alla continua ricerca di “nuovi mondi”. Scopriamo

rami inesplorati in grotte conosciute, oppure apriamo ingressi che danno acces-

30 LA TESTIMONIANZA


Esplorando e studiando le grotte dei cristalli

di Naica in Messico, un progetto realizzato

dall’associazione La Venta - Foto Paolo Petrignani.

so a vuoti piccoli o grandi sottostanti, mai visti dall’uomo. Se facciamo davvero gli

speleologi e non solo i turisti, documentiamo questi nuovi territori che scopriamo,

creando mappe dei labirinti nascosti sotto i nostri piedi, portando fuori immagini

di quei mondi avvolti nel buio, e descrivendo le emozioni che abbiamo provato

nell’essere stati i primi a lasciare le nostre impronte nel fango. Siamo i “Geografi del

Buio”, coloro che esplorano e descrivono il mondo sotterraneo, sconosciuto ai più.

Alcuni “scienziati”, cioè professionisti della ricerca scientifica, sanno bene che le

grotte sono dei contenitori fantastici. Si tratta soprattutto di biologi, geologi ed archeologi,

ma non solo. L’essere “contenitore” fa della grotta uno scrigno del passato,

protetto, almeno in parte, dalle intemperie esterne. Le grotte non sono altro che

dei vuoti sotterranei pronti ad accogliere tutto quello che vi viene portato dentro,

dalla semplice caduta, ai rigagnoli e torrenti, dal vento e dalla lenta percolazione. E

se non viene riempito totalmente, resta un contenitore accogliente, pronto all’uso

da parte di animali, incluso l’uomo, come riparo, tana, luogo d’ibernazione, abita-

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

31


zione, luogo di rito e culto, o sepoltura.

Animali che lasciano preziose tracce del

loro passaggio.

Per i biologi il mondo sotterraneo costituisce

un habitat molto particolare, in

cui la luce non penetra, e gran parte della

vita si basa su una catena alimentare

senza fotosintesi. Un habitat selettivo, e

per questo estremamente interessante

sia per studiare forme di vita adattate

a questi ambienti “estremi”, sia per le

interazioni ecologiche tra le varie comunità

biologiche presenti. Un ecosistema

in cui le comunità microbiologiche

rivestono un ruolo ancora più fondamentale

rispetto all’ambiente esterno.

Le grotte, poi, sono ambienti talvolta

molto stabili nel tempo, con temperatura

ed umidità quasi costanti. Perfetti

luoghi di rifugio per organismi viventi

che non potevano adattarsi ai troppo

rapidi cambiamenti climatici del passato

(glaciali ed interglaciali) e del futuro

Le grotte non sono

altro che dei vuoti

sotterranei pronti

ad accogliere tutto

quello che vi viene

portato dentro, dalla

semplice caduta, ai

rigagnoli e torrenti,

dal vento e dalla lenta

percolazione.

Il primo pozzo della Spluga della Preta nei

Monti Lessini, un abisso teatro di innumerevoli

spedizioni esplorative e scientifiche. Quest’anno

ricorre il centenario della sua prima esplorazione

avvenuta nel 1925 - Foto Francesco Sauro

32 LA TESTIMONIANZA


(riscaldamento globale). Nelle grotte, la

stretta connessione tra il mondo minerale

e quello biologico è molto evidente.

CI STIAMO RENDENDO CONTO

CHE I MICRORGANISMI

SONO DAPPERTUTTO E,

SORPRENDENTEMENTE,

SONO SPESSO COINVOLTI

NEI CAMBIAMENTI MICRO-

AMBIENTALI CHE PORTANO

ALLA CORROSIONE O ALLA

DEPOSIZIONE DEI MINERALI.

DATA LA SCARSA PRESENZA

DI NUTRIENTI E LA GRANDE

COMPETITIVITÀ PER LE POCHE

RISORSE DISPONIBILI, MOLTI

ORGANISMI HANNO SVILUPPATO

STRATEGIE METABOLICHE

PARTICOLARI, DI GRANDE

INTERESSE PER IL MONDO

DELLA MEDICINA E DELLA

BIOTECNOLOGIA.

Il geologo, come è facile intuire, è lo

scienziato maggiormente interessato al

mondo sotterraneo. Le grotte, del resto,

sono oggetti geologici, creati da processi

di modellamento del territorio attraverso

le ere geologiche. Le grotte sono

anche la parte esplorabile dell’acquifero

carsico, quella rete di drenaggio sotterraneo

che porta l’acqua dalle montagne

alle limpide e grandi sorgenti carsiche.

E chi, se non lo speleologo, può seguire

queste vene d’acqua, ed aiutare

l’idrogeologo a comprendere sempre

meglio quella scatola nera che è l’acquifero

carsico. Là sotto terra, al contrario

dell’ambiente esterno, la roccia è esposta,

spesso levigata, e se non coperta

dalle concrezioni, può essere studiata

dal punto di vista stratigrafico, sedimentologico,

petrografico e strutturale.

Se ci pensiamo bene, le grotte verticali

sono dei veri e propri sondaggi naturali,

pronti ad essere studiati dai geologi. A

costo zero!

Il vuoto stesso è interessante da studiare:

le acque, nel loro lento lavorare,

prendono vantaggio delle discontinuità

presenti, e si accorgono delle differenze

di solubilità e permeabilità. I vuoti che

si creano rispecchiano in qualche modo

queste differenze litologiche, strutturali

e petrofisiche, ed indicano, allo stesso

tempo, il modo di flusso delle acque (o

dell’aria) che le hanno scolpite. Le grotte

accessibili ed esplorabili ci consentono

di studiare l’organizzazione della rete

di drenaggio, che essa sia antica o ancora

attiva, e funge da analogo per le

parti dell’acquifero non raggiungibile.

Studiare la macro-porosità delle rocce

carsificabili è persino utile all’industria

petrolifera, che spesso ha a che fare con

antichi acquiferi carsici, ora sede di importanti

reservoir di idrocarburi.

Il vuoto stesso è

interessante da

studiare: le acque,

nel loro lento

lavorare, prendono

vantaggio delle

discontinuità presenti,

e si accorgono delle

differenze di solubilità

e permeabilità.

Poi ci sono i riempimenti, fisici e chimici,

che custodiscono informazioni di

grande valore scientifico. Le concrezioni

(colate e stalagmiti), in particolare,

sono tra i registri paleo-ambientali e

paleo-climatici continentali più importanti

per chi studia il clima del passato.

Sono facilmente databili, con grande

precisione, e contengono una grande

varietà di dati geochimici e petrografici,

che consentono agli esperti di ricostruire

le variazioni climatiche e ambientali

di migliaia di anni fa, certe volte con

una risoluzione temporale anche di soli

dieci anni. Possono contenere tracce di

pollini, molecole organiche, e DNA, che

potenzialmente potrebbero portare a

ricostruzioni fedeli degli ambienti, con

gli animali e le piante, che esistevano

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

33


Gli scienziati saranno

esperti nei loro

rispettivi settori,

ma quando si parla

dell’ambiente di

grotta dobbiamo

essere noi gli

esperti, protagonisti,

promotori e guide

coscienziose.

Monitoraggio delle grotte glaciali di contatto

del ghiacciaio del Gorner - Foto Alessio Romeo

sopra le grotte nei periodi in cui crescevano

queste concrezioni.

Infine ci sono gli archeologi, estremamente

interessati all’ambiente ipogeo.

Nelle grotte si sono trovati tanti resti

dei nostri antenati, nonché le faune che

popolavano le terre di milioni di anni fa.

L’uomo, in particolare, ha usato le grotte

come riparo, luogo di culto, abitazione

e sepoltura. Nelle grotte esprimevano

l’arte, con pitture rupestri, che sono arrivate

fino a noi grazie all’ambiente conservativo,

l’assenza di luce e la grande

stabilità ambientale. E chissà quanti di

questi tesori di inestimabile valore restano

ancora da scoprire!

Noi speleologi abbiamo il grande onore

di poter essere protagonisti di alcune

delle scoperte più sensazionali che

avverranno nel prossimo futuro, ma

abbiamo anche la grande responsabilità

di comprendere la fragilità degli

ambienti che esploriamo. Dobbiamo

renderci conto del nostro ruolo, quello

di “Geografi del Buio”, osservando con

cura l’ambiente che abbiamo il privilegio

di scoprire, documentandolo con

mestiere, e affidando le nostre scoperte

agli esperti del settore. Abbiamo anche

il compito, non da sottovalutare, di dare

un contributo alle ricerche, coadiuvando

gli scienziati che spesso speleologi

non sono. Siamo un po’ come i custodi

delle grotte, possiamo valutare situazioni

e guidare le scelte degli scienziati,

rispettando il più possibile l’ambiente

sotterraneo. Gli scienziati saranno

esperti nei loro rispettivi settori, ma

quando si parla dell’ambiente di grotta

dobbiamo essere noi gli esperti, protagonisti,

promotori e guide coscienziose.

Per questo la speleologia non è e non

sarà mai un semplice sport, ma un’attività

che anche nel semplice gesto di illuminare

il buio, porta nuove conoscenze

all’umanità. Tutti gli speleologi che

affrontano pericoli (sempre con grande

prudenza) e fatiche con questo obiettivo

meritano rispetto e ammirazione.

Negli ultimi anni le tecnologie hanno

permesso finalmente alla speleologia

di raccontarsi per come è veramente,

un’attività importantissima che contribuisce

alla società con informazioni e

conoscenze altrimenti inaccessibili.

34 LA TESTIMONIANZA


MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

35


FOCUS ISTITUZIONALE

Elezioni CNSAS

Si apre un nuovo triennio

per il nostro Corpo

di Federico Catania, responsabile comunicazione CNSAS

È

stata un’Assemblea nazionale densa di significato quella che si è

tenuta sabato 5 aprile a Milano, anche alla presenza di una rappresentanza

del Club Alpino Italiano. Un momento cardine nella vita

associativa del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico,

che ha sancito il rinnovo delle cariche nazionali, definendo la rotta

per i prossimi tre anni.

Alla guida del CNSAS, per il suo quarto e ultimo mandato, è stato confermato

Maurizio Dellantonio, originario di Moena (Trentino), rieletto Presidente nazionale.

Insieme a lui, sono stati eletti Alessandro Molinu di Buddusò (Sassari) come

Vicepresidente vicario e Roberto Bolza di Pieve di Bono-Prezzo (Trentino) come

Vicepresidente.

La Direzione nazionale è completata dai Consiglieri Alex Barattin (Veneto), Luca

Franzese (Calabria), Alberto Gabutti (Piemonte), Pino Giostra (Piemonte), Fabrizio

Masella (Liguria), Andrea Placido (Sardegna), Corrado Pesci (Lazio) e Renato

Tessari (Alto Adige).

«Accolgo con grande senso di responsabilità e gratitudine la mia riconferma – ha

dichiarato Dellantonio – Il mio primo pensiero va alle volontarie e ai volontari che

ogni giorno, con dedizione e competenza, mettono a disposizione tempo, esperienza

e cuore per aiutare chi è in difficoltà. Intendo rappresentarli al meglio, onorando il

36 FOCUS ISTITUZIONALE


mandato ricevuto e continuando a promuovere il valore del nostro operato, fondato

su qualità, capillarità e competenze riconosciute».

Un ringraziamento sentito è stato rivolto ai membri uscenti della Direzione: Mauro

Guiducci, già Vicepresidente, Roberto Bartola e Fabio Bristot, per il contributo

di grande valore offerto al CNSAS negli anni passati.

All’Assemblea nazionale hanno partecipato anche i Presidenti dei Servizi regionali

e provinciali, eletti nelle scorse settimane al termine del rinnovo delle cariche

territoriali. Le novità più significative riguardano Alto Adige, Basilicata, Campania,

Lombardia, Sardegna, e Veneto dove i neoeletti hanno raccolto il testimone

dai presidenti uscenti, mentre in tutte le altre regioni è stata confermata la guida

precedente.

L’Assemblea ha anche approvato il Bilancio Sociale 2024, strumento essenziale

per raccontare in modo trasparente l’attività del Corpo, le sue missioni, i numeri

dell’impegno quotidiano e il valore umano e sociale che rappresenta. Il documento

è consultabile e scaricabile direttamente dal portale web ufficiale del CNSAS.

Un grazie sincero, da parte di tutti i soci, va ai Presidenti uscenti per l’importante

contributo offerto, e un caloroso augurio di buon lavoro ai nuovi eletti e a coloro

che continueranno il loro servizio. Con rinnovata energia, si apre ora un nuovo

triennio nel segno della continuità, della crescita e dell’impegno condiviso.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

37


ASSEMBLEA 2025-2027

Nr

SERVIZI REGIONALI/

PROVINCIALI

NOME

CARICA

1 PIEMONTE Alpe Cristina RAPP. REGIONALE

2 LOMBARDIA Astori Marco PRESIDENTE SR

3 LOMBARDIA Barbisotti Danilo RAPP. REGIONALE

4 ALTO ALDIGE Bassani Ezio RAPP. REGIONALE

5 PIEMONTE Bertino Stefano RAPP. REGIONALE

6 LOMBARDIA Boldrini Luca RAPP. REGIONALE

7 LOMBARDIA Bottani Michele RAPP. REGIONALE

8 LIGURIA Brandino Alessio RAPP. REGIONALE

9 FRIULI VENEZIA GIULIA Buricelli Sergio PRESIDENTE SR

10 SARDEGNA Caddeo Alessio RAPP. REGIONALE

11 TRENTINO Cainelli Walter PRESIDENTE SR

12 LOMBARDIA Camerini Corrado RAPP. REGIONALE

13 LIGURIA Canese Roberto PRESIDENTE SR

14 LAZIO Carminucci Roberto PRESIDENTE SR

15 ALTO ALDIGE Covi Alberto PRESIDENTE SR

16 SARDEGNA Farci Davide PRESIDENTE SR

17 VENETO Federti Damiano RAPP. REGIONALE

18 EMILIA ROMAGNA Ferrari Sergio PRESIDENTE SR

19 PIEMONTE Fontana Daniele RAPP. REGIONALE

20 PIEMONTE Frangioni Giulio RAPP. REGIONALE

21 FRIULI VENEZIA GIULIA Frattino Silvano RAPP. REGIONALE

22 ALTO ALDIGE Gajer Giorgio RAPP. REGIONALE

23 TOSCANA Galardi Federico RAPP. REGIONALE

24 CALABRIA Galasso Girolamo COMMISSARIO

25 EMILIA ROMAGNA Galeazzi Claudia RAPP. REGIONALE

26 PIEMONTE Giaj Arcota Luca PRESIDENTE SR

27 PUGLIA Grassi Giovanni PRESIDENTE SR

28 SICILIA La Pica Leonardo PRESIDENTE SR

29 CAMPANIA Maiurano Giovanni PRESIDENTE SR

30 EMILIA ROMAGNA Mennilli Giacomo RAPP. REGIONALE

31 VENETO Morandi Roberto RAPP. REGIONALE

32 UMBRIA Moriconi Matteo PRESIDENTE SR

33 PIEMONTE Negro Claudio RAPP. REGIONALE

34 ABRUZZO Perilli Daniele PRESIDENTE SR

35 BASILICATA Petrigliano Alessandro PRESIDENTE SR

36 MARCHE Porto Tarcisio PRESIDENTE SR

37 TOSCANA Rinaldelli Stefano PRESIDENTE SR

38 MOLISE Ritota Roberto PRESIDENTE SR

39 ALTO ALDIGE Tassara Dario RAPP. REGIONALE

40 TRENTINO Taufer Gino RAPP. REGIONALE

41 PIEMONTE Tessiore Umbro RAPP. REGIONALE

42 VENETO Titton Michele RAPP. REGIONALE

43 TRENTINO Zagonel Johnny RAPP. REGIONALE

44 VENETO

Zandegiacomo Sampogna

Giuseppe

PRESIDENTE SR

45 TRENTINO Zappini Franco RAPP. REGIONALE

46 DIREZIONE NAZIONALE Dellantonio Maurizio PRESIDENTE NAZ.

47 DIREZIONE NAZIONALE Molinu Alessandro Giuseppe VICE PRES.VIC. NAZ.

48 DIREZIONE NAZIONALE Bolza Roberto VICE PRES.NAZ.

49 DIREZIONE NAZIONALE Gabutti Alberto CONSIGLIERE NAZ.

50 DIREZIONE NAZIONALE Alex Barattin CONSIGLIERE NAZ.

51 DIREZIONE NAZIONALE Pesci Corrado CONSIGLIERE NAZ.

52 DIREZIONE NAZIONALE Franzese Luca CONSIGLIERE NAZ.

53 DIREZIONE NAZIONALE Giostra Agrippino CONSIGLIERE NAZ.

54 DIREZIONE NAZIONALE Masella Fabrizio CONSIGLIERE NAZ.

55 DIREZIONE NAZIONALE Placido Andrea CONSIGLIERE NAZ.

56 DIREZIONE NAZIONALE Tessari Renato CONSIGLIERE NAZ.

57 CAI Anemoli Marco RAPP. CAI

58 CAI Capitanio Francesco RAPP. CAI

59 CAI Milesi Giuseppe RAPP. CAI

60 CAI Tentori Pietro RAPP. CAI

DIREZIONE NAZIONALE

CARICA

NOMINATIVO

Presidente

Dellantonio Maurizio

Vice Pres. Nazionale Vicario Molinu Alessandro Giuseppe

Vice Pres. Nazionale

Bolza Roberto

Consigliere Nazionale Pesci Corrado

Consigliere Nazionale Gabutti Alberto

Consigliere Nazionale Franzese Luca Cosimo

Consigliere Nazionale Giostra Agrippino

Consigliere Nazionale Tessari Renato

Consigliere Nazionale Masella Fabrizio

Consigliere Nazionale Barattin Alex

Consigliere Nazionale Placido Andrea

ORGANO DI CONTROLLO

NOMINATIVO

CARICA

Buraggi Lorenzo

Effettivi Organo di controllo

Finetti Anna

Effettivi Organo di controllo

Finetti Luca Alessandro Supplenti Organo di controllo

Cattaneo Alessandro Supplenti Organo di controllo

Proserpio Claudio Controllo comp effettivo CAI

Russo Fabrizio

Controllo comp suppl CAI

REVISORE LEGALE

Finetti Marco Antonio Giuseppe

PROBIVIRI

Gian Paolo Boscariol

Veneri Laila

Francesco Penna

38 FOCUS ISTITUZIONALE


In prima linea

Tre anni di soccorso tra stabilizzazione

dei numeri e nuove sfide operative

a cura di Federico Catania e Giulio Frangioni

Nel triennio 2022–2024 il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico

ha affrontato un carico di lavoro costante e impegnativo,

confermando il ruolo cruciale svolto nella sicurezza delle attività

in montagna, in grotta e negli ambienti impervi. Se il 2022 aveva

segnato un incremento netto delle missioni di soccorso rispetto

all’anno precedente (+9,8%), il biennio successivo ha consolidato questo trend,

stabilizzandosi su numeri altissimi: 12.349 interventi nel 2023, 12.063 nel 2024. Un

quadro che racconta non solo l’aumento della frequentazione delle aree montane

e naturali, ma anche l’estrema affidabilità operativa di una struttura fondata sul

volontariato e sull’alta specializzazione tecnica.

Nel 2024, i tecnici del CNSAS sono intervenuti in 12.063 missioni di soccorso, assistendo

complessivamente 11.789 persone. I numeri, se confrontati con i 12.365

soccorsi del 2023 e i 10.125 del 2022, confermano una stabilizzazione su livelli

molto elevati. Si è trattato di 183.846 ore/uomo, con il coinvolgimento attivo di

42.589 tecnici volontari. Una macchina del soccorso che funziona 24 ore su 24,

365 giorni l’anno, fondata su professionalità, formazione costante e grande spirito

di servizio.

Ancora molto elevato il numero dei decessi: 466 persone hanno perso la vita in

ambiente impervio nel 2024, in lieve calo rispetto alle 491 del 2023 e alle 504 del

2022, ma comunque segnale di un fenomeno che richiede costante attenzione,

prevenzione e sensibilizzazione. Il dato, sebbene in lieve flessione, resta un monito

forte per tutti i frequentatori della montagna.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

39


i numeri del 2024

12.063 11.789

Missioni di

soccorso

Caduta o scivolata 43,2%

Incapacità durante

l’attività svolta

26,5%

Malore 12,7%

Altre cause 9,6%

Maltempo 4,1%

Frane 1,3%

Eventi valanghivi 0,7%

Persone

assistite

42.589

Tecnici volontari

coinvolti

183.846

Ore/uomo

impiegate

le cause degli interventi nel 2024

Malore

Altre cause

Maltempo

Frane

Eventi

valanghivi

Shock

anafilattico

Caduta o

scivolata

CAUSE, ATTIVITÀ, SCENARI

Le dinamiche che portano all’intervento

del CNSAS restano pressoché

invariate negli anni. Anche nel 2024 la

principale causa è stata la caduta o scivolata

(43,2% dei casi), seguita dall’incapacità

nello svolgimento dell’attività

(26,5%) e dai malori (12,7%). Seguono

il maltempo (4,1%), le frane (1,3%), gli

eventi valanghivi (0,7%) e, in minima

parte, lo shock anafilattico. Le statistiche

confermano l’importanza della

preparazione fisica e tecnica per affrontare

ambienti spesso complessi, anche

quando appaiono semplici.

L’attività prevalente, come da tradizione,

è l’escursionismo, con il 44,3% dei

casi: un dato che riflette la crescente

fruizione della montagna anche da

parte di utenti non esperti. Seguono

lo sci (14%), la mountain bike (6,8%,

in leggero calo rispetto ai picchi del

2022), l’alpinismo (5,9%) e la ricerca di

funghi (3,4%). Si registrano interventi

anche in contesti lavorativi (2,6%) e su

ferrate e falesie (3,6% complessivi), oltre

a casi legati ad attività venatorie e

sport dell’aria (es. parapendio).

Shock anafilattico 0,4%

le attività coinvolte

Mountain

bike

6,8%

Alpinismo

5,9%

Ricerca

di funghi

3,4%

Sci alpino

e nordico

14%

Attività su

ferrate e

falesie

3,6%

Attività

lavorative

2,6%

Incapacità durante

l’attività svolta

Escursionismo

44,3%

L’IDENTIKIT DELLA PERSONA

SOCCORSA

Invariato anche il profilo medio della

persona soccorsa: uomo italiano tra i 50

e i 60 anni, leggermente ferito dopo una

caduta durante un’escursione ad agosto,

mese che – con il 18% degli interventi –

continua a essere il più impegnativo per

il CNSAS. I dati del 2024 confermano la

prevalenza di cittadini italiani (80,4%),

seguiti da turisti tedeschi (6,8%), francesi

(1,6%) e austriaci (1%). La fascia di

età più coinvolta resta quella tra i 50 e i

60 anni, seguita da over 60 e giovani tra

i 20 e i 30 anni, un dato che rispecchia

anche la distribuzione anagrafica degli

appassionati di montagna.

40 FOCUS ISTITUZIONALE


lo stato fisico delle

persone soccorse

Feriti lievi

5288

Illesi

4187

Feriti gravi

1431

Persone decedute

feriti con compromissione delle funzioni vitali

466

299

Dispersi

118

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000

identikit della persona

scomparsa

Anche l’appartenenza al Club Alpino

Italiano, pur marginale rispetto al totale,

resta un indicatore interessante: nel

2024 il 91,4% delle persone soccorse

non era iscritto al CAI. Il dato conferma,

da un lato, la diffusione dell’attività outdoor

tra i non praticanti abituali, dall’altro

l’importanza di veicolare conoscenze

di base a un pubblico più ampio.

DOVE E QUANDO SI INTERVIENE

La distribuzione temporale degli interventi

vede concentrarsi quasi la metà

delle operazioni nei mesi estivi, con

picchi in luglio (14,4%), agosto (18%)

e settembre (8,6%). Il dato è coerente

con la stagionalità delle attività outdoor.

Anche la primavera – e sempre più

spesso l’autunno – rappresentano periodi

in cui si registra un’alta frequentazione

dei sentieri.

Sul piano territoriale, le regioni con il

maggior numero di interventi nel 2024

sono Piemonte (15,9%), Valle d’Aosta

(14,3%), Trentino (11,7%), Alto Adige

(10,9%), Lombardia (10,4%) e Veneto

(9,2%). Una mappa della montagna

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

41


distribuzione territoriale

degli interventi

Piemonte

Soccorso Alpino Valdostano / Valle d'Aosta

14,3%

15,9%

Trentino

Alto Adige

Lombardia

Veneto

11,7%

10,9%

10,4%

9,2%

0 5 10 15 20

Seguono tutte le altre regioni italiane, con dati coerenti con gli anni precedenti.

confronto con gli anni

precedenti

14000

12000

10.367

12.349

12.063

14000

12000

10.125

12.365

11.789

600

500

504 491

466

10000

10000

400

8000

8000

300

6000

6000

4000

4000

200

2000

2000

100

0

2022 2023 2024

0

2022 2023 2024

0

2022 2023 2024

NUMERO

COMPLESSIVO DI

MISSIONI

NUMERO DI

PERSONE

SOCCORSE

PERSONE DECEDUTE

IN AMBIENTE

IMPERVIO

italiana che coincide con le aree a più

alta frequentazione e complessità morfologica,

dove la presenza del CNSAS

rappresenta un presidio fondamentale

per la sicurezza collettiva.

DATI FISICI: FERITI, ILLESI,

DISPERSI

Nel 2024 sono stati registrati 5.288 feriti

lievi, 1.431 feriti gravi e 299 persone con

compromissione delle funzioni vitali.

Gli illesi, spesso in condizioni di difficoltà

o pericolo non direttamente legate

a traumi, sono stati 4.187, mentre i dispersi

recuperati 118. Anche in questo

ambito i numeri restano in linea con il

2023 (4.151 illesi, 101 dispersi) e il 2022

(3.714 illesi, 84 dispersi), confermando

l’importanza del CNSAS anche nelle

operazioni di ricerca e recupero, non

solo nei casi di incidente conclamato.

Il supporto alle operazioni di elisoccorso

e l’uso di tecnologie come droni e

localizzatori GPS stanno contribuendo

42 FOCUS ISTITUZIONALE


a rendere più rapide ed efficaci queste

missioni.

INTERVENTI SIGNIFICATIVI: DALLA

SPELEOLOGIA ALLE GRANDI

EMERGENZE

Tra gli interventi simbolo del 2024,

merita una menzione speciale il salvataggio

della speleologa Ottavia Piana,

rimasta ferita nella grotta Bueno Fonteno,

in Lombardia. L’operazione, conclusasi

positivamente, ha coinvolto decine

di tecnici specializzati in ambienti

ipogei, confermando l’eccellenza delle

squadre speleologiche del Soccorso

Speleologico, che operano spesso in

condizioni estreme e con logistiche

particolarmente complesse.

L’episodio segue, idealmente, quello

internazionale del 2023 nella grotta

Morca in Turchia, dove fu recuperato

lo speleologo americano Mark Dickey

a -1000 metri di profondità. Anche in

quell’occasione il CNSAS ha dimostrato

la propria competenza e capacità di

operare in scenari transnazionali ad altissima

difficoltà.

UNA PRESENZA COSTANTE, UNA

SFIDA CONTINUA

I dati 2024 confermano il trend registrato

nel triennio: il numero di interventi

non accenna a diminuire, e la pressione

sul sistema di soccorso è costante. Se

da un lato ciò evidenzia l’efficacia della

macchina organizzativa del CNSAS,

dall’altro sottolinea l’urgenza di investire

sempre di più nella prevenzione,

nell’educazione alla montagna e nella

responsabilizzazione individuale. Ogni

intervento è una risposta immediata a

un’emergenza, ma anche un’occasione

per riflettere su quanto si possa fare

prima, affinché quegli interventi siano

sempre meno necessari. A 70 anni dalla

sua fondazione, il Corpo Nazionale Soccorso

Alpino e Speleologico continua a

essere un presidio insostituibile per la

sicurezza in montagna. Ma i numeri

parlano chiaro: c’è ancora molta strada

da fare per costruire una cultura della

montagna che metta al centro consapevolezza

e preparazione.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

43


NOTIZIE DAL CNSAS

Aldo Pagani, la

voce di uno dei

primi soccorritori

a cura di Simone Bobbio, responsabile comunicazione CNSAS Piemonte

44 NOTIZIE DAL CNSAS


febbraio del

1956 quando

avvenne l’effettiva

fondazione

«Era

della XII Delegazione

Canavesana. Ero appena rientrato

da Cortina d’Ampezzo dove

ero responsabile tecnico per la Olivetti

dei servizi stampa delle Olimpiadi

invernali. Dopo oltre un anno di preparativi,

dal 12 dicembre 1954 quando

era nato il Corpo Soccorso Alpino,

anche le nostre valli avevano squadre

pronte per partire negli interventi in

montagna. Ma iniziava una nuova

fase, quella operativa che ci avrebbe

presentato nuove sfide».

I festeggiamenti per il 70esimo anniversario

del Corpo Nazionale Soccorso

Alpino e Speleologico hanno consentito

di recuperare tante storie e testimonianze

sul passato

glorioso del sodalizio, ma

quella di Aldo Pagani è

una delle più significative

perché raccontata in

prima persona non solo

da uno degli ultimi testimoni

di quegli anni, ma

soprattutto da un protagonista

di spicco.

Gran Paradiso e anche quelle successive,

almeno fino al 1967, anno in cui ha

passato il testimone di delegato. Oltretutto

la sua è una vicenda di grande

crescita e riscatto individuale: entrato

adolescente in fabbrica alla Olivetti

percorrerà tutte le tappe di una carriera

che lo porterà a raggiungere un

importante ruolo dirigenziale. Una

storia personale che si intreccia alla

Storia con la “S” maiuscola del Soccorso

Alpino e di un’importante realtà industriale

italiana e internazionale che

avrà un ruolo attivo nella costituzione

della Delegazione Canavesana.

«Dopo la nascita del Soccorso Alpino

– racconta Pagani – fui contattato

dalla Sezione di Ivrea del CAI per la

costituzione di un nucleo di soccorso

alpino nel nostro territorio. Già

Aldo oggi ha 97 anni e,

nonostante gli acciacchi

dell’età, ha ancora una

gran voglia di raccontare

con lucidità, ironia e

senso critico tutte le vicende

che hanno portato

alla nascita del Soccorso

Alpino nelle valli del

versante meridionale del

Buco del Viso (1998) M. Cervino (1947)

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

45


Tra le prime iniziative,

cercammo di creare

una rete di posti

di chiamata tra le

locande e i bar in

valle che avevano

un telefono. Ma la

maggior parte non si

voleva prendere la

briga anche perché

temeva di perdere

clienti creandosi

una brutta fama per

la questione degli

incidenti.

nel 1949, assieme a due compagni e

alle guide di Courmayeur avevo partecipato

al recupero di tre salme (la

quarta non fu mai trovata) di alpinisti

eporediesi scomparsi in una bufera in

cima al Monte Bianco, dopo aver salito

l’impegnativa via della Sentinella

Rossa. Anni dopo si riconobbe che le

mie competenze organizzative erano

adatte a ricoprire il ruolo di delegato

del nascente Soccorso Alpino. “Ci

vuole autorevolezza”, mi dissero. Mi

fidai delle loro valutazioni e mi lanciai

a capofitto nell’impresa, nonostante

due figli piccoli a casa e un lavoro impegnativo».

All’atto fondativo del CNSAS, in Piemonte

ci sono già alcune esperienze

di soccorso in montagna avviate in

Ossola, Biella, Torino, Bardonecchia,

Crissolo e Cuneo. Nell’Eporediese,

occorre partire da zero. «Per iniziare

bisognava cercare gli uomini. A Ivrea

trovavo alpinisti molto preparati da

un punto di vista tecnico, che al di là

delle vie d’arrampicata frequentavano

poco il territorio. I montanari delle

valli conoscevano a menadito le loro

montagne ed erano dotati di una resistenza

fuori dal comune, ma non

vedevano di buon occhio i cittadini.

E poi servivano i fondi per acquistare

le prime attrezzature. Quando non

esisteva ancora il Soccorso Alpino, i

feriti venivano trasportati sulle scale

a pioli che si potevano reperire direttamente

sul posto, anche nelle più

sperdute baite in quota. Una squadra

di soccorso organizzata, invece,

non poteva lasciare nulla al caso;

occorreva attrezzatura tecnica, barelle

e presidi sanitari. Per fortuna ci

vennero incontro le aziende del territorio

con donazioni e sponsorizzazioni.

La Olivetti garantì che avrebbe

riconosciuto per intero la paga nelle

giornate in cui i loro dipendenti erano

impegnati in intervento. In poco

più di un anno, la Delegazione era

pronta con una squadra a Ivrea, una

a Cuorgné e un presidio a Ceresole

Reale. Dopo poco si aggiunse la stazione

di Valprato Soana creata grazie

all’abnegazione del prete alpinista

Don Pierino Balma».

M. Blanc du Tacul (1950) con Alberto Rocchietta (a destra)

46 NOTIZIE DAL CNSAS


Dopo aver costituito l’organizzazione,

occorre accreditarla presso gli altri

enti e nel tessuto delle valli.

«Tra le prime iniziative, cercammo di

creare una rete di posti di chiamata tra

le locande e i bar in valle che avevano

un telefono. Ma la maggior parte

non si voleva prendere la briga anche

perché temeva di perdere clienti creandosi

una brutta fama per la questione

degli incidenti. Non capivano,

al contrario, che quello era un servizio

rivolto a chi aveva bisogno. Le cose

cambiarono quando la Gancia, società

produttrice di spumanti e vermuth,

ci regalò alcune bellissime placche

di ottone con la scritta “Stazione di

chiamata”. A quel punto diventò motivo

di vanto poterla affiggere a fianco

dell’insegna. Al contempo, godevamo

di scarsa considerazione anche tra le

forze dell’ordine. In diverse occasioni

le nostre squadre vennero fermate

da Carabinieri troppo zelanti che non

volevano consentirci di raggiungere il

luogo dell’incidente. Ne nacquero accese

discussioni risolte grazie all’autorevolezza

che mi veniva riconosciuta».

Rimane da organizzare l’attività formativa

rivolta ai volontari che nei primi

anni si concentra sugli aspetti sanitari

per trasmettere rudimentali competenze

di trattamento degli infortunati. «In

delegazione avevamo diversi alpinisti

forti che da un punto di vista tecnico

erano molto competenti. Invece sugli

aspetti medici occorreva una maggiore

preparazione anche se le conoscenze

a disposizione erano ancora piuttosto

basilari. Ci fornirono due farmaci da

usare in operazione: un calmante per i

pazienti agitati e un eccitante per quelli

soporosi. Le indicazioni finivano lì… Oltretutto

andavano iniettati. Per una delle

prime esercitazioni sanitarie acquistai

diverse cassette di mele che furono

utilizzate dai volontari per imparare a

usare le siringhe. Per fortuna dopo i primi

anni pionieristici ci fu una maggiore

specializzazione che ha portato al Soccorso

Alpino e Speleologico che conosciamo

oggi. Non è cambiato, invece,

l’impegno e l’abnegazione dei tecnici:

a distanza di 70 anni rivedo ancora nei

ragazzi di oggi la passione che condividevo

con i miei compagni di allora».

Con la futura moglie Giorgetta sulla Rosa dei Banchi (1946)

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

47


La prevenzione

si impara da

piccoli, anche in

montagna

di Valentina Minetti, team Comunicazione CNSAS

48 NOTIZIE DAL CNSAS


insegnare bisogna emozionare. Molti però pensano

ancora che se ti diverti non impari», diceva Maria

Montessori, esperta pedagogista.

Negli ultimi anni, l’attività di sensibilizzazione per

prevenire situazioni di pericolo e incidenti in ambiente

impervio si è allargata in maniera sempre «Per

più decisa al segmento scolastico, provando una volta di più la bontà di questo

impianto educativo. Il target giovanile, infatti, oltre ad avere una naturale predisposizione

all’apprendimento, si dimostra sempre molto ben disposto a recepire

e fare proprie le indicazioni e i suggerimenti dei nostri operatori – e spesso

poi a trasferirle nel vissuto in cui si trova: familiari, amici, comunità, ambiti di

aggregazione (associazioni, gruppi organizzati etc.).

Foto di Giovanni Mocellin, Trento Film Festival

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

49


Una parte di attività in

ambiente, pensate e

realizzate con l’ausilio

di attrezzatura e di

supporti, e anche

coinvolgendo in

alcuni casi le unità

cinofile, che suscitano

sempre entusiasmo

nei ragazzi.

Questi elementi, accompagnati dall’esigenza

di contestualizzare i contenuti

della legge 20 agosto 2019, n. 92, che

ha introdotto l’insegnamento dell’educazione

civica nella scuola italiana,

hanno permesso di sviluppare concretamente,

e applicare nella realtà,

alcuni degli obiettivi di sviluppo posti

dal legislatore, quali quelli inerenti lo

SVILUPPO SOSTENIBILE, l'educazione

ambientale, la conoscenza e tutela del

patrimonio e del territorio – nella sensibilizzazione

per l’utilizzo consapevole

delle risorse ambientali e la promozione

del rispetto verso gli altri, l’ambiente

e la natura (oltre a saper riconoscere gli

effetti del degrado e dell’incuria).

In particolare, a partire dalla primavera

2020 – quando il Covid ha obbligato

le scuole ad avviare (nel migliore dei

casi) la didattica a distanza – in alcune

regioni i progetti scolastici curricolari

“in esterno”, organizzati in deroga alla

Soccorso Alpino e Speleologico Liguria

normativa pandemica, hanno rappresentato

un’ottima opportunità per la

definizione di un modello di intervento

formativo del CNSAS presso il target

dei giovanissimi, che si è declinato in

varie forme nelle diverse regioni.

Alcuni gli elementi comuni, che connotano

le attività formative: una parte

di lezioni frontali, a scuola, organizzate

per dare ai ragazzi tutti gli elementi

cognitivi essenziali a inquadrare il

tema e a possederne le basi. Una parte

di attività in ambiente, pensate e realizzate

con l’ausilio di attrezzatura e

di supporti, e anche coinvolgendo in

alcuni casi le unità cinofile, che suscitano

sempre entusiasmo nei ragazzi.

La combinazione dei due moduli è

molto efficace, i ragazzi hanno modo

di imparare “sul campo” e divertendosi

alcune delle nozioni base che possono

venire loro utili, anche in circostanze di

difficoltà.

50 NOTIZIE DAL CNSAS


LI SI FORMA, INFATTI, SIA SU

ASPETTI DI PREVENZIONE SIA

SULLE CORRETTE PROCEDURE

PER CHIAMARE I SOCCORSI, IN

CASO DI EMERGENZA.

Da qui, raccogliendo i numerosi ed

efficaci spunti emersi dalle attività regionali

e locali, in occasione del 70°, il

team della Comunicazione nazionale

ha realizzato un kit di prodotti di comunicazione,

studiato per mettere a

fattor comune l’esperienza maturata e

permettere a ogni servizio di poter usufruire

di materiali formativi aggiornati e

dalla grafica accattivante. Il tool kit contiene,

per esempio, una presentazione

ufficiale del CNSAS da utilizzare per le

lezioni in aula, un libretto che raccoglie

gli elementi essenziali per la prevenzione

prima di fare attività in ambiente impervio

e per fare la chiamata di soccorso,

alcuni gadget da lasciare ai ragazzi,

insieme al diploma del soccorritore.

I ragazzi hanno modo

di imparare “sul

campo” e divertendosi

alcune delle nozioni

base che possono

venire loro utili,

anche in circostanze

di difficoltà.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

51


Soccorso Alpino e Speleologico Liguria

SUL SITO UFFICIALE DEL CNSAS

È INOLTRE STATA CREATA LA

SEZIONE EDU, IN CUI SONO

RACCOLTI MATERIALI UTILI

ALLA CONDIVISIONE COI

RAGAZZI E SCARICABILI, TRA

CUI ANCHE ALCUNI DISEGNI

DA COLORARE, PER IL TARGET

ASILO E SCUOLA PRIMARIA.

Infine, per allargare ulteriormente

la disseminazione dei contenuti di

prevenzione e sicurezza e per spiegare

quale sia l’attività principale del

nostro Corpo, è stata realizzata un’iniziativa

editoriale su ampia scala,

attraverso la creazione di un numero

speciale del fumetto “Topolino”, contenente

una storia personalizzata e

dedicata a un intervento di soccorso.

Gli strumenti e le modalità di intercetto

di un pubblico così differenziato

potranno essere ulteriormente

affinati e implementati negli anni a

venire, per consentirci di arrivare in

maniera sempre più efficace e diretta

su un segmento di popolazione decisamente

nevralgico per una ancor

maggiore diffusione di nozioni base

di prevenzione dell'andare per monti,

ma non solo.

52 NOTIZIE DAL CNSAS



SPAZIO AL TERRITORIO

Soccorso Alpino

e Speleologico

Lombardia

Nel cuore delle Alpi nasce il soccorso organizzato

di Daniela Rossi Saviore, responsabile comunicazione CNSAS Lombardia

54 SPAZIO AL TERRITORIO


Nella storia dell’umanità, il primo segno di cultura è un femore rotto,

che poi guarisce: la civiltà comincia quando qualcuno si preoccupa

di portare soccorso a chi ne ha bisogno. Il CNSAS - Corpo nazionale

Soccorso Alpino e Speleologico è nato a Bergamo il 12 dicembre

1954, quando il Consiglio centrale del CAI - Club Alpino Italiano,

dopo la delibera per la costituzione di 26 Stazioni di soccorso alpino in tutta Italia,

trasforma la “Commissione soccorsi alpini” in Direzione del CSA (Corpo di Soccorso

Alpino), che unificava tutte le strutture già operative nei territori in cui erano presenti

forme organizzate di soccorso. Le Delegazioni di Edolo (BS), Bergamo e Sondrio

furono le prime lombarde e tra le prime nazionali, insieme con Tarvisio (UD),

Belluno, Trento, Borgosesia (VC), Aosta e Domodossola (Verbano-Cusio-Ossola).

Oggi Edolo corrisponde alla V Bresciana, Bergamo alla VI Orobica, Sondrio alla VII

Valtellina - Valchiavenna; seguiranno nel 1966 la XIX Lariana e nel 1976 la IX Speleologica.

Sono gli anni in cui, per certi interventi, s’impone l’importanza di utilizzare l’elicottero

con un medico a bordo, grazie anche alla lungimiranza di alcuni soccorritori

lombardi del CNSAS. Nel 1981 nasce l’elisoccorso, pilastro del sistema di emergenza

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

55


Il servizio, con base a

Sondrio e a Piateda,

parte con il contributo

della Comunità

Montana Valtellina e

poi della Provincia,

per far fronte alle

emergenze sanitarie

e antincendio in un

territorio impervio

e privo di reparti

ospedalieri per cure

urgenti.

urgenza odierno. Il servizio, con base a

Sondrio e a Piateda, parte con il contributo

della Comunità Montana Valtellina

e poi della Provincia, per far fronte alle

emergenze sanitarie e antincendio in

un territorio impervio e privo di reparti

ospedalieri per cure urgenti. Dal giugno

1987, a bordo dell’elicottero, accanto al

pilota e allo specialista ci sono un medico

anestesista rianimatore dell'ospedale

di Sondrio e un tecnico della VII Delegazione

Valtellina - Valchiavenna, la quale

si autofinanziava per sostenere il progetto

e organizzava al suo interno esercitazioni

mirate. Il risultato di questo impegno

sarà evidente pochi mesi dopo,

durante l’alluvione del luglio 1987, con

le evacuazioni e le ricerche di dispersi

in Val Tartano, Valdidentro e Valdisotto.

Il 15 ottobre 1987, a Conca di Crezzo

SAR Linate

(CO) precipita un aereo ATR 42 Colibrì,

partito da Linate e diretto a Colonia, in

Germania. A bordo 37 persone, nessuna

sopravvissuta. In seguito all’incidente

nasceranno il Centro operativo del Bione

(LC) e il sistema del numero unico di

chiamata 118.

Ora l’elisoccorso è gestito da AREU -

Azienda Regionale Emergenza Urgenza.

Il CNSAS lombardo è parte di questo

sistema e, attraverso una convenzione,

è riconosciuto quale soggetto di riferimento

per gli interventi di soccorso in

montagna e in ambiente ipogeo.

LE DELEGAZIONI

Sono un migliaio i tecnici delle cinque

Delegazioni lombarde che assicurano

il soccorso durante tutto l’anno, senza

interruzione, di giorno e di notte. Le Sta-

56 SPAZIO AL TERRITORIO


zioni e i Centri operativi sono dotati di

proprie attrezzature; nei fine settimana

e nei periodi con un alto numero di interventi,

alcuni Centri operativi vengono

potenziati, con la presenza continua

di squadre in pronta attivazione per garantire

l’attività di soccorso e i collegamenti

durante gli interventi.

La V Delegazione Bresciana ha un’articolazione

complessa e i soccorritori

agiscono in un’area montana che comprende

la Valle Camonica, dal Passo

Tonale al Lago d’Iseo, la Valle Trompia,

dalla periferia di Brescia al Passo Maniva,

la Valle Sabbia, dal Lago di Garda fino

al Blumone. Gli spazi logistici e amministrativi

sono situati nel Centro operativo

di Edolo, all'interno di un eliporto messo

a disposizione dall'Enel e dal Comune.

Gli altri centri operativi si trovano a Esine

e ad Agnosine, dislocati in punti strategici

della provincia. Le Stazioni sono:

Bassa Valle Camonica, Edolo, Media Valle

Camonica, Ponte di Legno, Temù, Val

Sabbia e Val Trompia.

La VI Delegazione Orobica include le

Valli Brembana e Seriana, con numerose

diramazioni laterali che determinano

anche l’impostazione organizzativa della

struttura. Alcuni documenti del 1937,

conservati nell’archivio del CAI di Bergamo,

indicavano già la volontà di costituire

un gruppo di soccorso, composto da

alpinisti emeriti e selezionati. Nel 1946,

subito dopo la fine della seconda guerra

mondiale, il Consiglio sezionale del CAI

disponeva di una squadra di soccorso

alpino, composta da trenta soci. Il primo

Congresso nazionale del CNSAS si

tenne a Clusone, nel maggio del 1985.

Le Stazioni sono sette: Clusone, Oltre il

Colle, Valbondione, Media Valle Seriana,

Schilpario, Val Brembana e Valle Imagna.

La VII Delegazione di Valtellina - Valchiavenna

opera su un ambito geografico

situato tra le Alpi Retiche e le Alpi Oro-

Gli spazi logistici e

amministrativi sono

situati nel Centro

operativo di Edolo,

all'interno di un

eliporto messo a

disposizione dall'Enel

e dal Comune.

Elisoccorso Sondrio

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

57


La Delegazione sarà

protagonista durante le

Olimpiadi invernali di

Milano Cortina 2026.

biche, montano all’80%, dal fondovalle

fino a quote che raggiungono i 4.000

metri. Dieci le Stazioni: Aprica, Bormio,

Chiavenna, Livigno, Madesimo, Morbegno,

Sondrio, Valfurva, Valmalenco,

Valmasino. Il territorio di competenza

è caratterizzato anche dalla presenza di

località sportive e turistiche di grande

richiamo. La Delegazione sarà protagonista

durante le Olimpiadi invernali di

Milano Cortina 2026 ed è già pronta per

garantire l’assistenza nello svolgimento

delle gare di Bormio (sci alpino maschile)

e Livigno (free style e snowboard), in

collaborazione con AREU.

La XIX Lariana è la Delegazione lombarda

più recente ma solo per ragioni

formali: la data ufficiale di fondazione

è il 1966, ad opera di un gruppo di appartenenti

ai Ragni di Lecco, alle guide

alpine e ai volontari del CAI. In realtà, la

grande tradizione alpinistica locale già

agli inizi del secolo scorso aveva svolto

interventi di soccorso documentati,

58 SPAZIO AL TERRITORIO


come quello registrato nel 1925 per un

alpinista in Grignetta. Il 3 luglio 1932,

sul Resegone, i quotidiani locali riportano

la notizia della benedizione dell’attrezzatura

in dotazione a una squadra

di soccorso in montagna. Nel 1939 il

lecchese Luigi (Gino) Esposito, amico di

Riccardo Cassin, viene decorato con la

medaglia di bronzo al Valor civile, per

avere salvato un bambino e suo padre,

che stavano per precipitare in un dirupo

sulla Grigna. La XIX Lariana comprende

ben quattro province lombarde: Lecco,

Como, Varese e Pavia, con le Stazioni

di Dongo, Lario Occidentale - Ceresio,

Lecco, Pavia Oltrepò, Triangolo Lariano,

Valsassina - Valvarrone e Varese.

La IX Delegazione speleologica lombarda

in origine era parte della prima

Speleologica nazionale, con Piemonte

e Liguria. Nel 1966 nacque il Soccorso

speleologico nazionale che, due anni

dopo, entrò a far parte del CNSA (Corpo

nazionale Soccorso alpino) del CAI. Nel

1976, anche in seguito a un incidente

nell’altopiano di Cariadeghe (BS), la

commissione nazionale CNSAS decretò

l’autonomia della IX Delegazione. Le

grotte lombarde sono circa 6.500, in

gran parte senza abissi particolarmente

lunghi e profondi. Tale caratteristica

era alla base del “sistema d’intervento

lombardo”, che ora appartiene alla storia:

consisteva nell’attrezzare la grotta in

modo meticoloso prima di procedere,

per ottimizzare i tempi di recupero della

persona infortunata. Dalla creatività

dei tecnici sono nati alcuni dispositivi,

come l’argano Vanin, dal nome dell’ingegnoso

soccorritore che l’ha inventato,

non più in uso ma attuale simbolo della

IX Delegazione, e anche un particolare

tipo di barella, prodotta con materiali

ultraresistenti e ultraleggeri, provenienti

dalla Agusta di Varese e utilizzati anche

per gli elicotteri.

È un’iniziativa di origini lombarde anche

la campagna permanente nazionale

“Sicuri in montagna”: nata nel 1999 ed

estesa in tutta Italia dal 2006, promuove

ogni anno, a gennaio e a giugno, una

serie di eventi rivolti a tutti, per approfondire

i temi della prevenzione, della

sicurezza e della responsabilità nella frequentazione

della montagna, in inverno

e in estate.

Due i lombardi che hanno ricoperto

l’incarico di presidenti nazionali del CN-

SAS: il lecchese Giancarlo Riva, dal 1982

al 1988, e il bresciano Armando Poli,

dal 1994 al 2004. Impossibile, in questo

spazio, elencare tutti coloro che hanno

costruito e fatto crescere il CNSAS Lombardo:

può rappresentarli tutti Daniele

Chiappa, istruttore nazionale, accademico

del CAI, alpinista di alto livello, che

ha fatto dell'appartenenza al CNSAS

una ragione di vita, come tutti i nostri

soccorritori.

La XIX Lariana

comprende ben quattro

province lombarde:

Lecco, Como, Varese e

Pavia, con le Stazioni

di Dongo, Lario

Occidentale - Ceresio,

Lecco, Pavia Oltrepò,

Triangolo Lariano,

Valsassina - Valvarrone

e Varese.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

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Intervista a

Guido Bertolaso

Assessore al welfare della Regione Lombardia

a cura di Simone Alessandrini, vice responsabile comunicazione CNSAS

Lei ha guidato la Protezione Civile in momenti cruciali per il Paese e oggi, da

Assessore al Welfare della Regione Lombardia, ha una visione privilegiata

sul valore del volontariato. Cosa rappresenta per lei il Soccorso Alpino e Speleologico

nel sistema di emergenza-urgenza del territorio?

Il Soccorso Alpino rappresenta la capacità di garantire soccorso e quindi assistenza

nelle situazioni maggiormente complicate, nelle aree più disagiate, nei territori più

difficilmente raggiungibili e quindi l’assoluta garanzia di riuscire a dare una risposta

a chiunque ne abbia davvero bisogno. È abbastanza facile comprendere la differenza

che può esserci fra un soccorso per un incidente in autostrada, piuttosto che il soccorso

per una persona che si è dispersa in montagna mentre faceva un’escursione,

ha avuto un incidente con magari la frattura di un arto, o si è trovato in situazioni

60 SPAZIO AL TERRITORIO


atmosferiche particolarmente difficili mentre stava facendo una scalata. La caratteristica

fondamentale del Soccorso Alpino e Speleologico è proprio di poter intervenire

nelle situazioni più complicate, come accaduto nel caso della speleologa rimasta

bloccata in una grotta a dicembre dello scorso anno. Si è trattato di una situazione

particolarmente difficile, dove l’organizzazione del CNSAS è stata davvero mirabile e

ha permesso di recuperare la persona in tempi rapidissimi rispetto alle problematiche

che si presentavano.

Le operazioni del Soccorso Alpino e Speleologico richiedono competenze

tecniche e sanitarie di altissimo livello, spesso in condizioni estreme. Quali

qualità riconosce nei tecnici e nei sanitari del CNSAS che ogni giorno operano

per salvare vite insieme al personale AREU?

Riconosco loro le qualità che si ritrovano nei soccorritori: una grande passione, una

forte motivazione e la voglia di essere utili nei confronti di tutti quelli che possono

avere bisogno nelle situazioni più difficili. Oltre a questo, i tecnici e sanitari del CNSAS

hanno una grandissima competenza e la capacità di essere estremamente flessibili

adattandosi, anche in pochi istanti, a situazioni improvvise e impreviste. Parliamo di

professionalità multidisciplinari dotate di una visione a 360 gradi sui rischi e sulle possibilità

di intervento in ogni tipo di ambiente, anche il più ostile.

Parliamo di

professionalità

multidisciplinari

dotate di una visione

a 360 gradi sui rischi

e sulle possibilità di

intervento in ogni tipo

di ambiente, anche il

più ostile.

Lei ha avuto modo di conoscere da vicino il lavoro del Soccorso Alpino e Speleologico

in diverse situazioni di emergenza. C’è un episodio o un intervento

che l’ha colpita particolarmente e che le è rimasto impresso?

Personalmente ho assistito a un paio di soccorsi in parete durante i quali ho potuto

constatare l’abilità di tutti i professionisti coinvolti: elicotteristi, tecnici e sanitari. Calarsi

dall’elicottero per andare a recuperare una persona rimasta bloccata in parete,

è un’azione veramente straordinaria. Lo dico avendo una buona esperienza di volo e

comprendendo le difficoltà incredibili con cui ci si deve confrontare rimanendo con un

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

61


In Italia una serie di

difficoltà burocratiche

e organizzative

rendevano

problematico l’utilizzo

di questo particolare

cane che è davvero

straordinario nella

ricerca delle persone.

elicottero in hovering, quindi praticamente

fermo, vicino ad una parete, magari a

3.000 metri d’altezza, con tutta una serie

di correnti termiche che rendono problematica

la stabilità del velivolo, mentre

i soccorritori si calano col verricello per

andare a recuperare la persona rimasta

bloccata sulla montagna.

C’è però un altro episodio che lega la mia

storia personale a quella del CNSAS a cui

tengo particolarmente: anni fa il Presidente

del Soccorso Alpino di allora, Piergiorgio

Baldracco, e io riuscimmo a far

accettare anche in Italia l’idea dell’utilizzo

dei cani molecolari per la ricerca dei

dispersi, che all’epoca era un’esperienza

consolidata negli Stati Uniti d’America,

mentre in Europa venivano addestrati

solo in Svizzera. In Italia una serie di difficoltà

burocratiche e organizzative rendevano

problematico l’utilizzo di questo

particolare cane che è davvero straordinario

nella ricerca delle persone. Con il

Presidente Baldracco riuscimmo a superare

questi impedimenti e a introdurre

i cani molecolari e a fare i primi corsi di

addestramento. Oggi la tecnica di ricerca

con i cani molecolari anche in Italia

è diventata una consuetudine e garantisce

il recupero di molte persone che si

perdono ogni giorno nel nostro Paese.

Il volontariato è una risorsa straordinaria

per il nostro Paese, ma richiede

sempre più formazione, strumenti e

riconoscimento. Come immagina in

futuro il ruolo del Soccorso Alpino

e Speleologico nel sistema di emergenza-urgenza?

Il Soccorso Alpino deve continuare ad

avere un ruolo molto importante nel sistema

di emergenza-urgenza. È chiaro

che i volontari hanno bisogno di motivazioni

per essere coinvolti e oggi, sul piano

generale, assistiamo a un calo delle adesioni

al mondo del volontariato.

Ci sono mille motivi, i nostri giovani sono

distratti da tanti altri interessi, hanno

altri obiettivi, hanno tutta una serie di

valori che forse non sono gli stessi che

avevamo coltivato noi in passato. Per

riuscire oggi a coinvolgere il volontario

devi offrirgli prospettive e sfide, particolarmente

importanti e anche avvincenti.

Per questo motivo però credo che, almeno

nell’ambito del mondo del Soccorso

Alpino, il volontariato non mancherà

mai. L’ambiente della montagna è già di

per sé affascinante e sfidante e richiede

anche una preparazione estremamente

significativa. Da questo punto di vista il

Soccorso Alpino e Speleologico avrà sempre

la possibilità di contare sulle adesioni

62 SPAZIO AL TERRITORIO


dei volontari, sempre che riesca a garantire

loro la possibilità di rendersi utili, ma

anche di acquisire elevate capacità professionali,

spendibili anche nella vita quotidiana

e nelle altre attività che svolgono.

Dopo una lunga e soddisfacente

carriera dedicata alla gestione delle

emergenze, se dovesse dare un consiglio

alle nuove generazioni di soccorritori,

quale sarebbe?

Ai nuovi soccorritori direi di non perdere

mai l’entusiasmo e, ovviamente, di non

farsi mai “tirare per la giacchetta” da nessuno.

Il volontario, soprattutto il soccorritore,

deve essere al di sopra delle parti, al

di sopra di qualsiasi situazione, deve soccorrere

tutti quelli che ne hanno bisogno

a differenza di altri che possono essere

influenzati nelle scelte. Il soccorritore non

può scegliere, deve intervenire sempre e

comunque per salvare vite umane.

Daniele Chiappa

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

63


TECNO&LOGICA

a cura di Ruggero Bissetta, direzione SNaDOS

Nuove tecnologie

Il sistema IMSI-IMEI Catcher della Guardia di Finanza

Il CNSAS opera su tutto il territorio nazionale

in sinergia con la Guardia di Finanza,

instaurando un rapporto operativo fondamentale

per il successo delle complesse

operazioni di soccorso. Tale collaborazione

è formalizzata a livello nazionale da

un accordo, sottoscritto nel marzo 2021,

in cui CNSAS ed il Corpo della Guardia

di Finanza si impegnano a perseguire

congiuntamente gli obiettivi di massima

efficienza, tempestività e sicurezza nelle

attività operative. In questo contesto si

evidenzia anche il contributo determinante

dei reparti di volo della Guardia di

Finanza, che supportano le operazioni di

soccorso e ricerca avvalendosi di tecnologie

avanzate, come il sistema IMSI-IMEI

Catcher.

Grazie alla disponibilità del Corpo e alla

cortesia accordataci dal Capitano Pilota

Daniele Lozzi, Comandante della Sezione

Aerea della Guardia di Finanza di Varese, è

possibile illustrare le caratteristiche principali

del sistema IMSI-IMEI Catcher.

Il Servizio Aereo della Guardia di Finanza

fu costituito il primo febbraio 1954 con lo

scopo iniziale di fronteggiare il dilagare

del contrabbando marittimo con interventi

mirati, frutto di informazioni ed esplorazioni

aeree. Tra i compiti istituzionali del

Servizio Aereo, in particolare per quei

reparti dislocati presso le aree di montagna

e senza sbocco sul mare, vi è quello di

prestare assistenza e supporto alle operazioni

di polizia, ricerca e soccorso.

Istituito il 30 marzo del 1965, il Soccorso

Alpino della Guardia di Finanza (S.A.G.F.),

con le sue 29 Stazioni dislocate su tutto

il territorio nazionale, opera in stretta sinergia

con gli altri organismi ed enti del

settore e rappresenta un punto di riferimento

per l’Autorità giudiziaria e per le

Autorità prefettizie, in particolare nei casi

di scomparsa o decesso di persone in località

montane, svolgendo il compito di

“Polizia di montagna”.

Per lo svolgimento dei propri compiti, il

personale delle Stazioni S.A.G.F. è formato

dalla Scuola Alpina di Predazzo della

Guardia di Finanza che, in qualità di Organo

Tecnico del comparto alpestre, è l'Ente

responsabile per l'erogazione dei corsi di

specializzazione, abilitazione, qualificazione

e di post-formazione del personale da

impiegare nel particolare servizio.

Il percorso formativo del militare “Tecnico

di Soccorso Alpino” può arricchirsi con

ulteriori specializzazioni: recentemente è

stata introdotta anche la figura del “Tecnico

della ricerca”, abilitato a rintracciare

i dispositivi mobili dei dispersi: grazie a

una formazione specifica nel campo delle

telecomunicazioni, è in grado di analizzare

i dati forniti dagli operatori telefonici e

individuare un’area di propagazione utile

a orientare le squadre di ricerca, sia a terra

che in volo.

Tale personale opera frequentemente in


in montagna

cooperazione con gli equipaggi di volo

della Guardia di Finanza, impiegati a bordo

di elicotteri dotati delle più moderne

tecnologie, necessarie anche per compiti

di ricerca e soccorso in ambiente impervio.

Su tutte, il cosiddetto “IMSI-IMEI Catcher”,

un apparato in grado di effettuare

la ricerca di dispositivi cellulari e satellitari

che si avvale del software denominato

“Flight Nesie”.

Il sistema è composto dall’avionic core e

da due antenne per la ricezione e la trasmissione

dei segnali, che permettono

all'operatore di bordo, tramite un collegamento

ethernet e un tablet/laptop o con

la console di missione sugli elicotteri in

configurazione operativa completa, di effettuare

una serie di operazioni volte a geo-localizzare

il dispositivo telefonico del

disperso tramite il codice univoco della

SIM telefonica (IMSI - International Mobile

Subscriber Identity) o il cosiddetto

IMEI (International Mobile Equipment

Identity), che identifica lo specifico dispositivo

cellulare.

Attraverso la creazione di una “falsa” cella

telefonica costituita dall’antenna trasmittente,

il cellulare del disperso entra in

comunicazione con l’apparato di bordo,

permettendo all’operatore di estrarre le

coordinate GPS oppure, tramite un'operazione

di triangolazione, di restringere

la ricerca su un’area primaria. Il sistema

viene impiegato con modalità differenti a

seconda della qualità del segnale nell’area

di ricerca e della tipologia di dispositivo

mobile, spaziando nelle tre tecnologie,

dette di seconda (2G “GSM”), terza

(3G “UMTS”) o quarta generazione (4G

“LTE”), con una portata massima di 35 chilometri,

variabile in funzione anche della

zona di ricerca e del suo livello di antropizzazione.

Minore è l’antropizzazione e

maggiore è il margine di successo, in termini

di ricerca, del dispositivo. Elemento

determinante durante le operazioni SAR

con sistema IMSI-IMEI Catcher è la tempestività

d’intervento, connessa allo stato

di carica della batteria del dispositivo,

considerato che la ricerca può avere esito

positivo soltanto se il dispositivo risulta

essere acceso.

L’impiego in contesti emergenziali di tali

tecnologie e la collaborazione con gli altri

partner istituzionali, tra cui il Corpo

Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico,

richiedono un addestramento

costante sia degli equipaggi di volo che

dei soccorritori. Sono infatti tenute apposite

sessioni addestrative durante le quali

sono predisposti scenari d’intervento

simulati nei quali ogni operatore prende

confidenza con le procedure d’imbarco e

sbarco in hovering o con verricello di soccorso,

oltre che con le tecniche di ricerca

a vista e con IMSI-IMEI Catcher.

IMSI C A Bordo


PILLOLE

58° Corso nazionale

unità cinofile da valanga

a cura della Redazione

Si è tenuto a Cortina d’Ampezzo il 58° Corso unità cinofile da valanga

del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, in un momento

particolarmente delicato per il rischio valanghe lungo tutto l’arco alpino.

Sette i campi operativi, tra cui Col Gallina, dove una ventina di

conduttori e cani sono stati valutati per i brevetti di Classe A, B e BE.

Durante il corso, che ha coinvolto anche 40 volontari del Veneto e 9 istruttori nazionali,

si è registrata un’intensa attività formativa, culminata in un’esercitazione

congiunta con le Stazioni CNSAS di Cortina e Livinallongo. Presenti anche osservatori

della Guardia di Finanza e della Polizia. Grande partecipazione alla cena

conclusiva dedicata alle unità cinofile del Veneto.

«Abbiamo bisogno di nuove leve, ma il lavoro con il cane è altamente gratificante», ha

dichiarato il direttore Adriano Favre. «Grazie al Veneto per l’impegno e la sinergia»,

ha concluso il presidente Maurizio Dellantonio.

66 PILLOLE


Esercitazione SATER 1-25

La capacità di fare squadra in caso di ricerca e soccorso

aereo su terra

a cura di Simone Alessandrini, vice responsabile comunicazione CNSAS

e Luigi Barbarese, responsabile comunicazione CNSAS Emilia Romagna

Mercoledì 9 aprile si è conclusa a Pavullo nel Frignano (MO) l’esercitazione

di ricerca e soccorso aereo su terra SATER 1-25.

Due giornate che hanno visto protagonisti uomini e donne

del Soccorso Alpino e Speleologico Emilia Romagna, impegnati

fianco a fianco con i reparti dell’Aeronautica Militare e

con gli altri enti dello Stato che quotidianamente operano in ambiente impervio.

Organizzata dall’Aeronautica Militare, l’esercitazione è stata un’importante occasione

per testare e rafforzare le sinergie operative tra i vari corpi dello Stato.

In questo contesto, il CNSAS ha confermato la propria capacità di coordinarsi e

integrarsi in maniera efficace con tutti gli attori del soccorso, contribuendo con

competenza e flessibilità a ogni fase delle operazioni.

MAGGIO 2025 | SOCCORSO ALPINO SPELEOLOGICO

67


Le attività si sono svolte in uno scenario

realistico e complesso, con la simulazione

di un aeromobile disperso e la ricerca

di persone in difficoltà in ambiente

ostile. Le squadre del Soccorso Alpino

dell’Emilia Romagna hanno operato sul

terreno insieme a quelle della Guardia

di Finanza, supportate dagli elicotteri

del 7° Reggimento Aviazione dell’Esercito

“Vega” di Rimini, dell’83° Gruppo

SAR dell’Aeronautica Militare, del 4° Nucleo

Elicotteri dei Carabinieri, della Sezione

Aerea della Guardia di Finanza di

Rimini e del 2° Reparto Volo della Polizia

di Stato.

L’obiettivo principale dell’esercitazione

– rafforzare la collaborazione tra gli enti

coinvolti nel sistema SAR (Search and

Rescue) – è stato pienamente centrato.

In formazioni miste, che includevano

squadre medicalizzate e unità cinofile, il

personale ha potuto affinare le tecniche

di recupero in contesti difficili, valorizzando

al massimo la condivisione delle

esperienze e delle procedure operative.

Particolare attenzione è stata riservata

all’uso dei nuovi sistemi di geolocalizzazione

dei cellulari in dotazione agli

elicotteri e alla simulazione del recupero

di persone con disabilità non

motoria, grazie alla partecipazione

di figuranti esperti. Ancora una volta,

il Soccorso Alpino e Speleologico ha

dimostrato di essere un partner affidabile,

pronto ad affrontare anche gli

scenari più delicati con professionalità

e spirito di servizio.

Importante anche il contributo della

Croce Rossa Italiana – Emilia Romagna,

che ha messo a disposizione personale

sanitario e volontari qualificati AASAR

per l’operatività sugli aeromobili.

68 PILLOLE


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