MONDO AGRICOLO, settembre 2025
L’accordo tra Usa e Ue sui dazi prosegue il suo iter. La proposta di Regolamento della Commissione prevede esenzioni per un elenco ben definito di prodotti agricoli. Nuovo passo in avanti anche per l’accordo di libero scambio con i Paesi del Mercosur. I settori più a rischio sono le carni bovine, lo zucchero, il riso e il pollame. I dazi trumpiani accelerano la ricerca di nuovi mercati. Come quello dell’Asean. Con una crescita del 6-7% annuo, il Vietnam è uno dei Paesi più attrattivi dell’area. Ne scrive Maily Anna Maria Nguyen, presidente della Fondazione Italia-Vietnam. La ricerca di nuovi mercati si sta rivelando tutt’altro che semplice, come spiega Lamberto Frescobaldi. Il componente di giunta di Confagricoltura è anche presidente dell’Uiv. I recenti dati sul settore vitivinicolo devono far riflettere. “A luglio prezzi dell’export in Usa in calo del 13%. Così le imprese si fanno carico dei dazi”. Anche il riso registra una crescita della sua produzione e come per le aziende vitivinicole, anche i risicoltori fanno i conti con il calo dei prezzi e con il rischio di un eccesso di offerta. Difficoltà si registrano anche per le nocciole con decrementi produttivi fino al 70%. Bruxelles amplia la definizione di canapa riconoscendo esplicitamente la liceità delle infiorescenze. Per questa produzione la Pac è sempre più vicina. La rimodulazione del Pnrr va avanti con importanti spostamenti di risorse da una misura all’altra per evitare di perderle, tra cui quelle destinate alle Comunità energetiche rinnovabili. “Sarebbe stato più giusto posticipare la scadenza dei bandi”, commenta Nicola Gherardi, componente di giunta e presidente di ConfagriCer. Il sistema assicurativo per la gestione del rischio deve essere riformato. Fabian Capitanio, docente dell’Università Federico II di Napoli, propone un cambio del sistema riassicurativo, con un fondo pubblico-privato garantito. Con la recente proposta di direttiva Ue Soil Health Law si colma lo storico vuoto normativo sulla tutela della fertilità del suolo. Ne scrive Luciana Di Gregorio, ricercatrice Enea.
L’accordo tra Usa e Ue sui dazi prosegue il suo iter. La proposta di Regolamento della Commissione prevede esenzioni per un elenco ben definito di prodotti agricoli.
Nuovo passo in avanti anche per l’accordo di libero scambio con i Paesi del Mercosur. I settori più a rischio sono le carni bovine, lo zucchero, il riso e il pollame.
I dazi trumpiani accelerano la ricerca di nuovi mercati. Come quello dell’Asean. Con una crescita del 6-7% annuo, il Vietnam è uno dei Paesi più attrattivi dell’area. Ne scrive Maily Anna Maria Nguyen, presidente della Fondazione Italia-Vietnam.
La ricerca di nuovi mercati si sta rivelando tutt’altro che semplice, come spiega Lamberto Frescobaldi. Il componente di giunta di Confagricoltura è anche presidente dell’Uiv. I recenti dati sul settore vitivinicolo devono far riflettere. “A luglio prezzi dell’export in Usa in calo del 13%. Così le imprese si fanno carico dei dazi”.
Anche il riso registra una crescita della sua produzione e come per le aziende vitivinicole, anche i risicoltori fanno i conti con il calo dei prezzi e con il rischio di un eccesso di offerta. Difficoltà si registrano anche per le nocciole con decrementi produttivi fino al 70%.
Bruxelles amplia la definizione di canapa riconoscendo esplicitamente la liceità delle infiorescenze. Per questa produzione la Pac è sempre più vicina.
La rimodulazione del Pnrr va avanti con importanti spostamenti di risorse da una misura all’altra per evitare di perderle, tra cui quelle destinate alle Comunità energetiche rinnovabili. “Sarebbe stato più giusto posticipare la scadenza dei bandi”, commenta Nicola Gherardi, componente di giunta e presidente di ConfagriCer.
Il sistema assicurativo per la gestione del rischio deve essere riformato. Fabian Capitanio, docente dell’Università Federico II di Napoli, propone un cambio del sistema riassicurativo, con un fondo pubblico-privato garantito.
Con la recente proposta di direttiva Ue Soil Health Law si colma lo storico vuoto normativo sulla tutela della fertilità del suolo. Ne scrive Luciana Di Gregorio, ricercatrice Enea.
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Nuovi
mercati
Le politiche Usa
accelerano la ricerca
di sbocchi alternativi.
Ma non è un’impresa facile
per il settore primario,
alle prese con eccessi
di offerta, eccedenze
e concorrenze sleali
Frescobaldi: “Ecco come
le cantine si fanno
carico dei dazi”
Gestione del rischio,
Capitanio: “Serve un fondo
riassicurativo garantito”
CER, Gherardi:
“La revisione delle risorse,
una doccia fredda
Anno LXXIII - n. 9 - SETTEMBRE 2025 - TAR. R.o.c. - Poste Italiane spa - Periodico di Tecnica, Economia e Politica Agraria - 1 copia euro 3
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amministrativa
L’EDITORIALE
Questo numero di Mondo Agricolo è stato chiuso il 30.09.2025
•••
Attenzione ai mercati
aperti, ma senza reciprocità
L’
agricoltura
è sotto attacco, proprio come la sicurezza energetica e la convivenza pacifica dei Paesi dell’Unione
europea. È una realtà che la Commissione e le altre istituzioni europee sembrano ignorare, dimostrando così
di non considerare più l’agricoltura strategica. Il 3 settembre la Commissione ha dato il via libera all’accordo
con il Mercosur, la più grande intesa commerciale, con 700 milioni di consumatori coinvolti. È chiaro che
l’accordo ha potenziali vantaggi per alcuni settori, ma è altrettanto vero che è penalizzante per importanti
produzioni agricole europee e italiane in termini di concorrenza e sicurezza alimentare, come carni bovine,
pollame, riso, mais e zucchero. La Commissione ha rassicurato sul fatto che ci saranno misure concrete a tutela
degli standard ambientali e sanitari, con un rafforzamento dei controlli nei Paesi partner, ma le garanzie
annunciate non sembrano al momento tutelare a sufficienza il nostro settore e l’eccellenza delle nostre
produzioni. La necessità di un principio di reciprocità che richieda ai produttori del Mercosur di rispettare
gli stessi parametri ambientali, sanitari e sociali previsti per gli agricoltori europei è un elemento imprescindibile
per le nostre imprese e per l’intero sistema agroalimentare per contrastare la crescente volatilità
dei mercati e dei prezzi. Per questo lavoreremo insieme ai nostri rappresentanti a Bruxelles e con il COPA
affinché il settore primario europeo non paghi il conto di un’intesa che grava sul comparto, già fortemente
colpito dai dazi Usa e dal contesto geopolitico internazionale.
Secondo gli analisti, il prezzo della politica commerciale statunitense per l’Europa è altissimo: l’onere
tariffario stimato è di 75,8 miliardi di euro all’anno. Per l’Italia si aggira intorno ai 5,9 miliardi. Un aggravio
che rischia di comprimere i margini per le imprese e ridurre la competitività sui mercati Usa di importanti
settori come quello agroalimentare, anche a causa dell’effetto combinato tra nuovi dazi e svalutazione del
dollaro, che rende automaticamente più costose le merci importate dall’Europa, con un effetto inflattivo che
potrebbe frenare la domanda e spingere le famiglie di Oltreoceano a privilegiare beni locali o provenienti da
Paesi non soggetti a tariffe.
In questo contesto globale segnato da crescente protezionismo e indebolimento delle istituzioni
multilaterali, per l’Italia e per l’Europa sarà fondamentale la propria autonomia e definire strategie
di lungo periodo capaci di difendere la competitività del comparto agricolo ed agroalimentare.
In direzione completamente diversa sembra invece muoversi la proposta di riforma della PAC
presentata dalla Commissione europea lo scorso 16 luglio, che contiene forti criticità in termini
di dotazioni finanziarie, perdita di specificità e rischio di una forte rinazionalizzazione delle scelte.
Il tutto assieme a un forte indebolimento degli strumenti a disposizione, in particolare a carico
delle imprese professionali e orientate al mercato. Noi abbiamo bisogno dell’esatto opposto: semplificazione
burocratica, più budget e maggiore distribuzione della catena del valore, giusta remunerazione.
Per questo chiediamo una profonda revisione della proposta della Commissione e di avviare
velocemente un dialogo costruttivo con il settore primario per ridefinire un piano ambizioso
basato su regole certe: il rischio di depotenziare l’agricoltura europea è enorme.
Massimiliano Giansanti
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 3
8
20 22
24
40
L’EDITORIALE
Attenzione ai mercati,
aperti, ma senza reciprocità
Massimiliano Giansanti...................... 3
IL RICORDO
Diana un pioniere
Gabriella Bechi..................................... 5
NUOVI MERCATI
Mercosur
Accordo fatto
Gabriele Zanazzi................................... 6
Vietnam
Siamo pronti
Maily Anna Maria Nguyen.................. 8
DAZI
I prodotti da salvare
(gz)................................................... 12
VIGNETO ITALIA
Frescobaldi: “Gli errori
da non rifare”
Anna Gagliardi................................. 14
SUINICOLTURA
Peste Suina, si riducono le restrizioni
(gb)................................................... 18
RISO
Un anno di sfide
Riccardo Calabrese............................ 20
CANAPA
Ue: anche i fiori tra i prodotti agricoli
Jacopo Paolini................................... 22
COMUNITÀ ENERGETICHE
Gherardi “Portiamo ConfagriCer
in tutta Italia”
Francesco Bellizzi............................. 26
GESTIONE DEL RISCHIO
Capitanio: “Il nodo sono le riassicurazioni”
Fabian Capitanio................................ 28
FINANZA MISTA
I nuovi strumenti
Giulia Callini..................................... 32
ENEA
Leggi e tech per la biodiversità
Luciana Di Gregorio.......................... 34
Le vitamine per il suolo di Syngenta (gb)... 36
PACTS FOR SKILLS
Una leva per la competitività
Cecilio Blengino............................... 38
AREE INTERNE
La Valle dei Templi nel Registro nazionale
Giorgia De Pasquale......................... 40
Rubriche
Notizie da Bruxelles Clima e tecnologia 10 | Prodotti&Mercati Uova, cresce l’import 24 | ConfagriBio Zootecnia al pascolo 42
Anga Vino italiano 44 | Enapra For.Tree nursery 49 | Buono a Sapersi Conoscere le piante 50
4 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
Direttore responsabile
Gabriella Bechi
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e Amministrazione
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Confagri Consult - Mondo Agricolo, Roma
Autorizzazione Tribunale
di Roma, n. 1662 del 22/06/1950
ROC 34051 del 24/03/2020
RAPPRESENTANZA IL RICORDO
Diana
un pioniere
Presidente di Confagricoltura,
politico, ministro. Ma
soprattutto, agricoltore.
Aveva 95 anni
di Gabriella Bechi
H
o avuto il piacere e l’onore di conoscere
Alfredo Diana e anche di lavorare per
lui e non nascondo che la notizia della
sua morte mi ha provocato grande commozione.
Lo avevo intervistato in occasione
del suo novantesimo compleanno
e sentire la sua voce ferma, pacata e decisa mi aveva
riportato indietro di molti anni, quando vedevo
arrivare a Palazzo della Valle
questo signore, alto, elegante,
austero. Ricordo che incuteva
una certa soggezione, che
subito era allontanata dalle
sue buone maniere, dalla sua
cortesia, dal suo sorriso. Una
vita, quella di Alfredo Diana,
dedicata all’agricoltura: presidente
di Confagricoltura, politico,
ministro, ma soprattutto,
agricoltore. Dopo gli anni
a Berlino, dove il padre era
ambasciatore, e gli studi in
Nel 2016 Diana ha ricevuto dal
Presidente Mattarella il Collare
di Decano dell’Ordine al Merito
del Lavoro
collegio in Italia, si iscrisse alla Facoltà di Agraria
a Portici dove ebbe come professori Pietro Medici
e Manlio Rossi Doria. Cominciò a seguire le
tre aziende agricole di famiglia, a Caserta, in Calabria
e in provincia di Catania. La sua avventura
in Confagricoltura inizia nel ‘59 con la creazione
- insieme al dg dell’epoca, Rinaldo Chidichimo
- dell’Anga, l’associazione dei giovani, che, come
logo aveva l’atomo, a significare la voglia di guardare
al futuro. Diventa presidente dei senior nel
‘69 e lo resterà per otto anni. Anni di grandi lotte,
come quella dei contratti agrari e di problemi importanti
come quello delle eccedenze produttive.
Nel 1979 Confagricoltura scelse Diana per rappresentante
il settore agricolo in Europa candidandolo
nel collegio Nord-Ovest come indipendente
nella DC. Ottenne 256.000 preferenze, secondo
solo al segretario, Zaccagnini. Fu un successo per
la Confederazione e per tutta l’agricoltura italiana.
Andò volentieri a Bruxelles, dove aveva vissuto
da bambino e dove ormai era di casa, capendo
subito che la politica agricola si decideva lì. Risale
a quel periodo un documento scritto insieme ad
Altiero Spinelli per rivendicare più peso per il
Parlamento europeo ponendo le basi per i poteri
che oggi ha assunto.
Ancora politica. Dal 1983 al 1992 senatore della
Repubblica nel collegio agricolo forte di Lodi
Casal Pusterlengo, sempre come indipendente
DC. E infine ministro, quando ormai pensava di
avere chiuso con la politica ed era tornato a fare
l’agricoltore. Il presidente del Consiglio Giuliano
Amato nel 1993 lo chiamò, infatti, a sostituire
il ministro Fontana coinvolto in non chiare
vicende. Erano gli anni del dopo Tangentopoli
e dei referendum abrogativi, tra cui quello per
l’abolizione dei ministeri dell’Agricoltura e del
Turismo. Gli italiani votarono e il ministero fu
abolito. Ma Diana, da ministro, riuscì a salvarlo
con cinque decreti-legge.
Una battaglia vinta insieme a
Confagricoltura. Dal 1981 al
2001 è stato presidente della
Federazione Cavalieri del Lavoro
contribuendo allo sviluppo
economico e sociale
del nostro Paese.
Ha trascorso gli ultimi anni a
Posillipo, nella sua bella casa
alla Gaiola, davanti al mare,
uno dei suoi grandi amori.
Era tornato a fare l’agricoltore,
occupandosi soprattutto
dell’azienda di Caserta, dove si allevano bufale
(l’altra in Sicilia è condotta con grande successo
dal figlio Gerardo). “Un innovatore, sempre fiducioso
nel progresso e nella ricerca, che ha segnato
il percorso dell’Associazione e dell’agricoltura italiana
ed europea”. Così lo ricordano, con affetto e
gratitudine, il presidente Massimiliano Giansanti,
la giunta e tutta Confagricoltura.
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 5
NUOVI MERCATI MERCOSUR
Accordo
fatto
I settori messi più a rischio
dall’intesa di libero scambio
con il Sud America sono
le carni bovine, lo zucchero,
il riso e il pollame
di Gabriele Zanazzi
L
a presentazione, avvenuta lo scorso 3
settembre, dell’accordo commerciale
tra l’Unione Europea e il blocco Mercosur
(Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay)
ha riacceso il dibattito sulle sue
potenziali conseguenze per il settore
agricolo europeo, in particolare quello italiano.
Se da un lato l’intesa, firmata nel dicembre
2024, è il più ambizioso trattato commerciale
dell’UE, dall’altro solleva forti preoccupazioni,
specialmente per prodotti sensibili come la carne
bovina, il pollame, lo zucchero e il riso. L’accordo
prevede una progressiva liberalizzazione
dei mercati, con il Mercosur che liberalizzerà
il 93% dei prodotti agricoli europei e l’UE che
farà lo stesso per l’82% delle importazioni agricole
sudamericane. Se per l’Italia ciò si traduce
in un’opportunità di esportazione per vini, oli
d’oliva e formaggi, le importazioni di prodotti
sensibili a dazi ridotti o assenti minacciano di
destabilizzare il mercato interno. A tal proposito,
i contingenti tariffari più discussi riguardano
quattro produzioni, in particolare: carni bovine
(99.000 tonnellate con un dazio del 7,5%);
pollame (180.000 tonnellate esenti da dazio);
zucchero (180.000 tonnellate esenti da dazio);
riso (60.000 tonnellate esenti da dazio, il settore
è già in difficoltà e potrebbe subire l’effetto
della competizione di import a costi inferiori).
Uno degli aspetti più controversi è la protezione
delle Indicazioni Geografiche (IG). Sebbe-
6 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
ne l’accordo ne tuteli 344, l’uso di
nomi di prodotti come “Prosecco”
, “Gorgonzola” o “Mortadella Bologna”
sarà ancora consentito nei
paesi del Mercosur per un periodo
transitorio, da 5 a 10 anni, anche se
con la chiara indicazione dell’origine
geografica del prodotto. I nomi
“Parmigiano Reggiano” e “Fontina”
non godranno nemmeno di questa
protezione temporanea e potranno
essere commercializzati senza limiti
di tempo. Questo rischia di confondere
i consumatori e minare la percezione
del valore del Made in Italy.
In risposta alle preoccupazioni del
mondo agricolo, la Commissione
europea ha introdotto una serie di
misure aggiuntive nella presentazione
dell’accordo dello scorso 3
settembre. Anzitutto, l’Esecutivo europeo
ha introdotto dei meccanismi
di salvaguardia con un atto giuridico dedicato
che consente di monitorare il
mercato dei prodotti sensibili
e di avviare indagini rapide,
con misure provvisorie (come
la sospensione delle riduzioni
tariffarie) che possono essere
adottate entro 21 giorni in
casi urgenti. In questo senso,
l’aumento delle importazioni
del 10% dal Mercosur può
essere considerato prova di
“grave pregiudizio”. La Commissione
ha inoltre proposto
un fondo di compensazione
di 6,3 miliardi di euro nel
bilancio 2028-2034 (cd. Unity
Safety Net), volto a sostenere
i settori agricoli in caso
di impatti negativi. Tuttavia, si tratta ancora di
una proposta, e il fondo non è dedicato esclusivamente
all’accordo con il Mercosur. Infine,
la Commissione si è impegnata a rafforzare i
controlli sui prodotti importati per garantire il
rispetto degli standard europei. Verrà vietato
l’ingresso di prodotti che contengono pesticidi
non autorizzati nell’UE.
Per quanto riguarda il percorso legislativo,
questo è stato suddiviso in due parti, riprendendo
il modello già adottato in passato per il
Cile: un Accordo commerciale interinale (iTA),
Alcune denominazioni IG
non saranno tutelate
per un periodo
di 5-10 anni.
Altre, come Parmigiano
Reggiano, saranno
libere, senza
limiti di tempo
che richiede l’approvazione del Parlamento
europeo e del Consiglio dell’Ue, e l’accordo di
partenariato completo, che necessita della ratifica
di tutti i 27 Stati membri e del Parlamento
Europeo, ricomprendente anche la parte più
“politica” dell’accordo. L’Italia ha recentemente
espresso un parere favorevole all’inclusione
delle nuove misure di protezione, ma la sua
decisione finale dipenderà da una valutazione
dell’efficacia di queste garanzie, consultando
le associazioni di categoria. Questa posizione
è cruciale, dato che il voto italiano potrebbe
bloccare l’intero accordo. Al momento, anche
Austria, Francia e Irlanda hanno espresso
riserve. La Commissione rimane fiduciosa
sull’approvazione della parte commerciale
entro dicembre, mentre l’iter per l’accordo
completo si preannuncia più lungo e incerto.
Al momento, malgrado i passi avanti da parte
della Commissione europea, Confagricoltura
continua ad esprimere la propria contrarietà
all’Accordo. Tale contrarietà è denotata soprattutto
dal fatto che le garanzie non forniscono
concrete rassicurazioni circa
una loro efficace e puntuale
applicazione in caso di concorrenza
sleale da parte dei
Paesi del Sud America. Ancora
più incerto è l’effettivo
allineamento degli standard
produttivi dei prodotti sudamericani
a quelli rigidi europei,
nonché agli aspetti sulla
sostenibilità che non rientrano
nell’accordo interinale di
più rapida attuazione, dedicata
unicamente all’aspetto
commerciale.
Il messaggio è chiaro: il Mercosur
è un mercato molto
importante per gli interessi
europei, soprattutto industriali, ma l’agricoltura
non deve più essere considerata la merce
di scambio per gli interessi di Paesi terzi
nella conclusione degli accordi commerciali
internazionali. Al contrario, deve essere un
elemento da rafforzare per promuovere la
competitività delle nostre imprese nel mercato
mondiale, diffondendo il valore del Made in
Italy e fornendo nuove opportunità piuttosto
che ulteriori concessioni che si sommano alle
già numerose criticità che il settore deve costantemente
affrontare.
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 7
NUOVI MERCATI VIETNAM
Siamo
pronti
Con una crescita del 6-7%
annuo, il Vietnam è diventato
una delle aree strategiche
dell’Asean. L’Accordo di libero
scambio con l’Ue del 2020
contribuisce a creare grandi
opportunità per le imprese
europee e italiane
di Maily Anna Maria Nguyen*
Hanoi, la capitale del Vietnam
L
a collaborazione tra Confagricoltura e
Fondazione Italia-Vietnam si inserisce in
un momento storico in cui l’apertura e il
rafforzamento di nuovi canali commerciali
rappresentano una priorità per il
settore agricolo e agroalimentare. L’evoluzione
degli equilibri tra Unione Europea e Stati
Uniti, infatti, spinge le imprese a guardare con
sempre maggiore attenzione a mercati emergenti
e dinamici. Negli ultimi quarant’anni, a partire
dal processo di innovazione noto come Doi Moi,
il Vietnam ha conosciuto una delle crescite economiche
più rapide al mondo. Dai primi anni
’90 ai giorni nostri il Pil ha mantenuto tassi di
crescita elevati, con una media superiore al 6%
negli ultimi decenni, arrivando a sfiorare l’8% in
alcuni periodi. Con una popolazione di circa 100
milioni di abitanti, il Paese si è trasformato da
realtà con carenze alimentari a uno dei principali
esportatori mondiali di prodotti agricoli, tra cui
caffè, riso, anacardi, ortaggi, gamberetti e legno.
Nel 2020, nonostante la pandemia, il Vietnam ha
registrato un surplus commerciale di 19,1 miliardi
di dollari, collocandosi al 22° posto al mondo
per volume di esportazioni.
L’impegno di Hanoi verso uno sviluppo sostenibile
è stato ribadito anche a livello internazionale,
con l’obiettivo annunciato alla COP26 di
raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.
La strategia di sviluppo socio-economico 2021-
8 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
2030 punta a rendere il Paese un’economia
industriale moderna, sostenuta
da innovazione tecnologica,
trasformazione digitale, attrazione
di investimenti esteri e attenzione al
capitale umano. Il Vietnam rappresenta
dunque un mercato dinamico,
rafforzato dall’Accordo di libero
scambio Ue-Vietnam (EVFTA), entrato
in vigore nel 2020, che prevede
l’eliminazione progressiva dei dazi
doganali entro sette anni. Questo accordo
offre grandi opportunità alle
imprese europee e italiane, in un Paese
con una crescita stabile del 6-7%
annuo e parte di un’area strategica
come l’ASEAN, che con quasi 700
milioni di consumatori
si prepara
a diventare entro
il 2030 la quarta
economia mondiale.
Inoltre con
la sottoscrizione a novembre
2021 del RCEP (Regional
Comprehensive Economic
Partnership Agreement) tra i
Paesi dell’ASEAN, Giappone,
Corea del Sud, Cina, Australia
e Nuova Zelanda è stato costituito
il più grande mercato di
libero scambio al mondo che
pesa per oltre 1/3 del PIL mondiale e rappresenta
il 30 % della popolazione.
In questo scenario, l’Italia vede nel Vietnam un
partner di riferimento. Nel 2024, l’Italia ha esportato
verso il Paese beni per circa 1,67 miliardi
La collaborazione
con Confagricoltura
è in corso, stiamo
lavorando alla definizione
di una missione
commerciale
di dollari, con un valore agroalimentare stimato
intorno ai 90 milioni di euro. I settori più dinamici
riguardano macchinari agricoli, lattierocaseario,
vino e olio d’oliva. Dal lato opposto,
il Vietnam ha esportato in Italia nel 2023 merci
per circa 4,47 miliardi di dollari, con forti incrementi
in settori come calzature, elettronica, metallurgia
e agroalimentare (caffè, spezie, frutta
esotica e noci per quasi 40 milioni di dollari). La
volontà di consolidare il dialogo è stata rafforzata
dal Memorandum of Understanding firmato
tra il MASAF e il ministero dell’Agricoltura del
Vietnam per promuovere nuove opportunità di
interscambio e collaborazione tecnica. Proprio
per dare impulso al MOU, Confagricoltura ha
sottoscritto con la Fondazione Italia-Vietnam un
accordo esteso non solo al comparto agricolo,
ma anche all’allevamento del
bestiame, alla pesca e all’acquacoltura,
ampliando le prospettive
di cooperazione.
Per Confagricoltura e per i
suoi associati, il dialogo con il
Vietnam rappresenta dunque
un’occasione concreta per ampliare
la presenza sui mercati
internazionali, valorizzare le
eccellenze del Made in Italy e,
al tempo stesso, aprire a nuove
sinergie con una realtà in
forte espansione.
Dopo il recente incontro a
Palazzo della Valle tra il vicepresidente del Comitato
Centrale per le Policy e la Strategia del
governo del Vietnam, Nguyen Duy Hung, e il
vicepresidente della Confederazione Sandro
Gambuzza e il dg, Roberto Caponi, il prossimo
passo sarà un webinar dedicato
alle imprese associate. Per rafforzare
ulteriormente la partnership, le parti
stanno lavorando ad una missione
commerciale per un incontro dal
vivo tra le aziende dei due Paesi.
La sfida per il futuro sarà quella di
trasformare queste opportunità in
risultati tangibili, capaci di generare
valore e crescita sostenibile per tutto
il comparto agricolo e agroalimentare,
ma anche per la zootecnia e l’acquacoltura.
Il vicepresidente di Confagricoltura, Sandro Gambuzza
e il dg, Roberto caponi, insieme alla presidente della
Fondazione Italia-Vietnam, Maily Anna Maria Nguyen
* presidente della Fondazione
Italia-Vietnam
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 9
NOTIZIE DA BRUXELLES di Nicoletta Antelli
250 DELEGAZIONI ATTESE PER L’EVENTO DEL COPA-COGECA PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA
Clima e tecnologia, i temi della Conferenza
Nord America-Unione Europea a Como
D
al 30 settembre al 2 ottobre, l’Italia, nella cornice
del Lago di Como, ospita per la prima volta la
41ª edizione della Conferenza Nord America-
Unione Europea, un appuntamento che mette a confronto
il mondo agricolo dei due
Continenti. L’iniziativa è organizzata
dal Copa-Cogeca con
il supporto di Confagricoltura,
Coldiretti, CIA-Agricoltori Italiani
e Alleanza delle Cooperative
Italiane, e in partnership con la
Federazione canadese dell’agricoltura,
l’American Farm
Bureau Foundation e il Consiglio
nazionale dell’agricoltura
messicano. All’evento partecipano
circa 250 delegati tra
agricoltori, cooperative, rappresentanti
istituzionali, ministri
e operatori del settore provenienti da Europa e Nord
America. Al centro dei lavori, le sfide globali del settore
primario: dalla sicurezza alimentare alla sostenibilità,
dall’innovazione tecnologica alla resilienza delle filiere,
All’evento partecipano
agricoltori, cooperative,
rappresentanti istituzionali,
ministri e operatori
del settore europei e
statunitensi
in un contesto geopolitico sempre più complesso. La conferenza
assume un ruolo strategico, soprattutto alla luce
delle tensioni commerciali degli ultimi anni, come i dazi
introdotti dall’amministrazione statunitense di Trump, che
hanno avuto impatti significativi
sulle esportazioni europee e sulla
stabilità dei mercati agricoli.
L’incontro offre l’opportunità di
rafforzare le alleanze transatlantiche,
condividere esperienze
e individuare strategie
comuni per garantire una
competitività equa e sostenibile.
L’agricoltura, oggi più che
mai, è riconosciuta come un
asset strategico non solo per
gli agricoltori, ma anche per
la sicurezza alimentare dei
consumatori e per la stabilità
economica globale. Nel corso della conferenza si discutono
strumenti concreti per aumentare la resilienza delle
colture e delle produzioni, ridurre l’impatto ambientale e
garantire pratiche agricole più sostenibili. L’innovazione
10 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
Lo Sheraton Lake Como Hotel, sede della prossima Conferenza
Nord America-Unione Europea, dal 30 settembre al 2 ottobre
tecnologica è un elemento centrale dei dibattiti, dalle
nuove tecniche genomiche alla digitalizzazione dei
processi produttivi, passando per la precision farming.
Questi strumenti rappresentano leve fondamentali per
rendere l’agricoltura europea e nordamericana più competitiva,
efficiente e sostenibile.
La partecipazione di esperti e rappresentanti
istituzionali garantisce un
confronto diretto sulle politiche agricole,
sulle normative e sulle migliori pratiche,
fornendo agli agricoltori strumenti concreti
per affrontare le sfide globali.
L’obiettivo non è solo discutere le problematiche
attuali, ma anche tracciare linee
guida operative per il futuro, favorendo
una cooperazione duratura tra Europa e
Nord America. Gli accordi e le proposte
che emergeranno avranno ripercussioni
significative sui mercati globali e contribuiranno
a rafforzare la resilienza del
settore primario di fronte a crisi economiche,
climatiche o commerciali.
La Conferenza Nord America-Ue rappresenta
un momento strategico per il
dialogo transatlantico e per la definizione
di soluzioni condivise in grado di
garantire sicurezza alimentare, sostenibilità
e competitività. Confagricoltura e
le altre organizzazioni italiane coinvolte
giocano un ruolo centrale in questo
processo, promuovendo una visione
collaborativa e innovativa dell’agricoltura
europea in un contesto internazionale
in continua evoluzione. Nei giorni
della conferenza sono, inoltre, previste visite a diverse
aziende agricole locali, per mostrare concretamente le
eccellenze del territorio, le tecniche innovative adottate
e il valore delle filiere italiane di qualità, rafforzando
così il legame tra dibattito internazionale e realtà produttiva
sul campo.
g EMO CAPODILISTA ENTRA NEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO (CESE)
Il vicepresidente dei Confagricoltura, Giordano
Emo Capodilista, è stato nominato, per il quinquennio
2025-2030, componente del Comitato
Economico e Sociale Europeo (Cese). “Son convinto
che questo nuovo incarico possa essere utile a rafforzare
ancora di più la voce della Confederazione
in ambito europeo - ha detto Capodilista - e ringrazio
il presidente Giansanti e la giunta esecutiva
tutta per la fiducia che hanno voluto riporre in me.
L’Italia dispone di 24 membri all’interno del Comitato.
Giordano Emo Capodilista è stato nominato
come rappresentante del settore agricolo e agroalimentare,
portando a Bruxelles l’esperienza e la
voce del mondo agricolo italiano. La sua nomina
è avvenuta su proposta del governo italiano, dopo
la consultazione della Commissione europea ed è stata formalmente adottata dal
Consiglio Ue.
Il Comitato Economico e Sociale Europeo è uno degli organi ufficiali dell’Unione
Europea, istituito dal Trattato di Roma del 1957. L’organismo svolge un ruolo consultivo
nei confronti della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europei,
esprimendo pareri sulle proposte legislative e sulle principali politiche comunitarie.
Il Cese rappresenta la società civile organizzata: vi siedono i rappresentanti delle
organizzazioni datoriali, dei lavoratori e delle altre componenti economiche, sociali,
professionali e culturali degli Stati membri. È quindi un ponte tra le istituzioni europee
e i cittadini, rafforzando il dialogo sociale e la coesione nell’Unione.
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 11
DAZI LAVORI IN CORSO
I prodotti
da “salvare”
La proposta di Regolamento
della Commissione Ue
prevede su alcuni prodotti
l’azzeramento delle tariffe
e su altri la sospensione
in base al valore, oppure
in base alla quantità
M
entre l’Accordo preliminare tra Stati
Uniti e Unione Europea del 27 luglio
scorso sta definendo i suoi contorni,
i recenti sviluppi e la Dichiarazione
Congiunta del 21 agosto
2025 hanno reso operative le prime
misure che avranno un impatto diretto sul settore
agroalimentare italiano. L’obiettivo, come
noto, è stabilizzare il partenariato e favorire
nuove opportunità commerciali, ma la bilancia
sembra pendere decisamente a favore degli
esportatori statunitensi, lasciando i produttori
europei, e in particolare quelli italiani, di fronte
a un quadro complesso. L’accordo ha introdotto
un dazio massimo del 15% sulla maggior parte
dei prodotti europei esportati negli Stati Uniti.
Questa misura, pur inferiore alle minacce iniziali,
rappresenta un aumento significativo per
tutte le merci che in precedenza godevano di
tariffe inferiori a tale soglia.
L’Unione Europea ha risposto a questa mossa
con una serie di impegni finanziari, tra cui l’acquisto
di 750 miliardi dollari in energia e altri 600
miliardi in investimenti diretti negli Stati Uniti,
oltre a centinaia di miliardi per equipaggiamenti
militari. Tali sforzi mirano a rafforzare la partnership
transatlantica, ma il costo in termini di gettito
doganale per l’Ue è considerevole, con una
perdita stimata di circa 230 milioni di euro solo
per il settore agricolo e 63 milioni di euro per i
prodotti ittici. In cambio, l’Ue si è impegnata a
eliminare i dazi su tutte le merci industriali statunitensi
e a concedere un accesso preferenziale a
specifici prodotti agricoli e ittici.
Nonostante l’accordo preliminare fosse stato riconosciuto
dalle parti, pochi giorni fa l’Amministrazione
Trump ha voluto rilanciare, annunciando
nuovi dazi su settori chiave come farmaci
(con tariffe fino al 100%), mobili, legno e camion,
riaccendono la tensione transatlantica. Le
ultime notizie parlano di nuove tariffe, a partire
dal 14 ottobre, al 10% sul legname e al 15% sui
12 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
mobili, che per ora non sembrano riguardare il
Vecchio Continente. Un annuncio, però, che preoccupa
e rende ancora più urgente l’approvazione
in Europarlamento del rinvio di un altro anno,
proposto dalla Commissione, del Regolamento
Deforestazione (EUDR), per evitare che i nuovi
oneri finanziari e burocratici previsti vadano ad
aggiungersi ai problemi che le aziende della filiera
del legno-arredo devono già affrontare.
La proposta di Regolamento COM (2025) 471,
ora al vaglio di Consiglio e Parlamento Europeo,
illustra nel dettaglio le tre concessioni relative ai
dazi oggetto dell’accordo preliminare Usa-Ue del
27 luglio scorso. La prima concessione consiste
nella liberalizzazione totale (dazio 0%) da applicare
a prodotti come patate,
cipolle, agrumi, frutta a guscio,
oli vegetali e fertilizzanti.
L’impatto per i produttori europei
in questi settori è considerevole,
poiché dovranno
competere con merci statunitensi
non gravate da dazio. La
seconda concessione si concretizza
nella sospensione del
dazio ad valorem: per prodotti
come pomodori, cetrioli, mele
e pere, la componente d’imposta
sul valore viene azzerata,
pur mantenendo il dazio specifico,
alleggerendo parzialmente il costo per gli
importatori. Terzo punto dell’accordo Ue-Usa riguarda
i Contingenti Tariffari (TRQ): per prodotti
come carne suina, latticini, formaggi (esclusi
quelli erborinati come Gorgonzola e Roquefort),
olio di semi di soia e frutti di mare, sono stati
aperti dei contingenti a dazio zero.
È fondamentale sottolineare che la presidente
Von Der Leyen ha mantenuto la
linea dura, rifiutando ogni apertura su
prodotti “sensibili” come carni bovine, pollame,
miele, uova, riso, zucchero ed etanolo,
salvaguardando il mercato interno
da una competizione ritenuta insostenibile.
Una scelta, probabilmente orientata a
non alimentare nuovi focolai di protesta
già scaturiti dalla firma dell’accordo con il
Mercosur, che interessa tali prodotti. Il settore
agroalimentare italiano, pilastro delle
esportazioni del Paese, rimane in attesa di
chiarimenti cruciali. Sebbene i vini siano
tra i prodotti di punta, il presidente Trump
ha finora negato l’esenzione dai dazi, una
Con i dazi Usa l’Ue avrà
una perdita di gettito
doganale di 230 milioni
per il prodotti agricoli
e di 63 milioni per
i prodotti ittici
decisione che preoccupa enormemente i produttori
italiani, data la vastità e l’importanza del
mercato statunitense.
Allo stesso modo, la Commissione Europea ha
rassicurato che altri prodotti di punta come formaggi,
pasta e conserve saranno oggetto di futuri
negoziati, ma la loro inclusione nel regime di
dazio del 15% o nei contingenti tariffari rappresenta
una spada di Damocle. Secondo l’Istituto
per il Commercio Estero (Ice), i dazi imposti in
passato hanno già causato una flessione nelle
esportazioni di alcuni prodotti iconici, e la nuova
aliquota rischia di rendere le merci italiane meno
competitive sul mercato statunitense.
L’accordo con Washington prevede, seppur in
termini generici, la possibilità
di sospendere le agevolazioni
se le importazioni dagli Usa
dovessero arrecare un danno
grave ai produttori europei.
Inoltre, per assistere le imprese
in questa complessa fase di
transizione, la Rappresentanza
Permanente d’Italia presso
l’Ue e il ministero degli Affari
esteri hanno istituito una task
force permanente sui dazi,
disponibile per chiarimenti e
aggiornamenti. In attesa che il
Consiglio e il L’Europarlamento
approvino formalmente i regolamenti, l’incertezza
sui dettagli specifici continua a regnare. I
prossimi negoziati, in particolare quelli di ottobre,
saranno cruciali per definire il futuro di settori
chiave per l’economia italiana.
(gz)
Il parere dell’ICE
Secondo l’Istituto per il Commercio Estero del presidente
Matteo Zoppas, i dazi imposti in passato hanno già
causato una flessione dell’export italiano Oltreoceano,
e la nuova aliquota rischia di rendere le merci ancora
meno competitive sul mercato
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 13
PRODUZIONI VIGNETO ITALIA
Rischio
svendita
Lamberto Frescobaldi:
“Valore del vino verso gli Usa
in calo di oltre il 13%.
Così le imprese si fanno
carico dei dazi”
di Anna Gagliardi
Lamberto Frescobaldi
Produttore fiorentino, presidente dell’Unione Italiana Vini,
è componente di giunta di Confagricoltura
Vigneto Italia è molto, in certi casi
troppo, frammentato. E questo nanismo,
nonostante la ricchezza che
racchiude, diventa una debolezza di
fronte alle dinamiche globali. La su-
“I
l
perficie media del nostro patrimonio
viticolo è di 2,2 ettari. Quella francese è di 10
ettari. Non è una mera questione di estensione,
ma di effettiva competitività. Per le aziende significa
poter fare investimenti e ammortizzare le
spese, essere più efficienti e, conseguentemente,
più brave ad affrontare tutto quello che accade
a livello internazionale”.
Con sano pragmatismo e lucida visione, Lamberto
Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana
Vini (e componente della giunta di Confagricoltura)
va oltre il tradizionale bilancio della
vendemmia, anche perché il neo-riconquistato
primato tricolore in termini di volumi è un risultato
temuto, più che ricercato, e va analizzato
in prospettiva: i 47 milioni di ettolitri, +8%
rispetto al 2024 e una qualità delle uve nel complesso
molto buona, si aggiungono a circa 37
milioni di ettolitri di vino già presenti in cantina.
“Alle attuali condizioni di mercato sarà
difficile garantire una giusta remunerazione
alla filiera. Ci troviamo a fare i conti con difficoltà
che non riguardano solo l’Italia, ma tutti
i Paesi produttori. La qualità del nostro vino è
indiscussa, ma anche il buono, se è troppo, fa
perdere valore al comparto”.
Presidente cosa deve fare il settore per affrontare
questa difficile fase?
Serve un piano per dimensionarsi, essere più
14 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
competitivi sui prezzi,
abbassare i costi e anche
allargare la gamma
di prodotto, laddove
serve. Quello che sta
accadendo nel mondo
richiede abilità a stare
sul mercato e una programmazione
che permetta
alle imprese di
continuare ad esistere.
Dal 2000 ad oggi l’Italia
ha perso molti ettari
vitati. Il numero di
aziende agricole è diminuito
drasticamente e
non sempre il processo
è stato compensato da
accorpamenti. Allora:
sono possibili interventi
politici e anche finanziari,
come ad esempio aperture di credito a lungo
periodo e nuovi strumenti della finanza, che potrebbero
essere messi in atto per essere presenti
oggi sul mercato, affrontarlo bene e garantire
un futuro con un solido ricambio generazionale.
Certo non è facile, ma se non ci pensiamo noi, ci
pensano altri.
Come sta reagendo il sistema dei Consorzi di
fronte all’abbondanza di produzione e alle eccedenze
in cantina?
I Consorzi hanno iniziato a
ripensare l’attività. Non tutti
sono stati finora sufficientemente
critici rispetto all’eccesso
di produzione, nonostante
il contesto. Ma occorre essere
realistici: ci sono situazioni in
cui non si è ragionato troppo
sul rapporto tra giacenze e
mercato, confidando magari in
nuovi sbocchi verso piazze internazionali
sulla carta molto
appetibili, in realtà assai difficili
da conquistare.
Se ci pensiamo bene, tutto
questo alla fine non giova
all’agricoltore, porta a un deprezzamento delle
uve che innesca una serie di interventi al ribasso
per contenere i costi di produzione e spinge a
fare affidamento sugli aiuti. Dobbiamo ammettere
che in certi casi per sopperire a difficoltà croniche
si è fatto troppo affidamento su sostegni
Troppo affidamento sui
sostegni esterni. Il numero
di aziende è diminuito
drasticamente e
non è stato compensato
da accorpamenti
“Gli Usa assorbono il 24% del valore
del vino italiano e l’accordo con i Mercosur
avrà effetto tra otto anni e altrettante
vendemmie in uno scenario in continua
evoluzione. Dobbiamo strutturarci”
esterni. Ma una volta terminati gli aiuti, alcune
colture sono ‘naufragate’ e anche i valori fondiari
sono diminuiti.
Dazi USA: qual è oggi il conto che le imprese
stanno pagando?
Nel mese di luglio il vino italiano è arrivato negli
Stati Uniti con un prezzo medio ribassato di oltre
il 13% per rimanere competitivo anche dopo
l’entrata in vigore delle nuove tariffe. Il nostro Osservatorio
(UIV) ha elaborato gli ultimi dati sulle
importazioni delle dogane
americane: la media a listino
dei vini italiani è passata da
6,52 dollari/litro di luglio 2024
a 5,64 dollari dello stesso periodo
di quest’anno, nonostante
una fase di deprezzamento
del dollaro che dovrebbe invece
spingere gli americani a
spendere mediamente di più
per comprare in euro.
Il vino sta uscendo dalle cantine
a prezzi inferiori, e questo
testimonia che molte imprese
si sono fatte carico del dazio
per rimanere competitive. Ma
quante ‘Ferrari’ abbiamo? Non
è che tutte le aziende possono permettersi di andare
a muso duro dall’importatore e dirgli di farsi carico
lui del costo in più. Quindi è un risveglio doloroso
quello dei nuovi dazi: non dimentichiamo che gli
Stati Uniti assorbono in valore il 24% del vino italiano:
quale altro sbocco così importante abbiamo
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 15
PRODUZIONI VIGNETO ITALIA
g VENDEMMIA 2025, IL REPORT DI UIV: PRODUZIONE IN CRESCITA, +8% RISPETTO AL 2024
La vendemmia italiana 2025 passerà alla storia
complessivamente come un’ottima annata.
E anche abbondante, con un +8% rispetto
allo scorso anno; in tutto 47,4 milioni di ettolitri
che ridanno al nostro Paese lo scettro in
termini quantitativi. Torna a crescere anche
la produzione di vino sul versante europeo
(+2,1%). A recuperare solo parzialmente le
perdite dello scorso anno è la Francia, che si
ristabilisce al secondo posto dopo l’Italia nella
classifica dei produttori, con 37,4 milioni di
ettolitri. Scende quindi di un gradino del podio
la Spagna, che dovrebbe raccogliere 36,8
milioni di hl. Seguono, a distanza, Germania
e Portogallo, con rispettivamente 8,4 e 6,2
milioni di ettolitri. Sono le stime presentate
al MASAF il 10 settembre scorso da Unione
italiana vini (Uiv), Assoenologi, e ISMEA con il
contributo dell’Ufficio competente del ministero dell’Agricoltura e delle Regioni.
A fare da contraltare è il quadro di mercato particolarmente complesso, sollecitato da nuovi modelli di consumo. L’indagine
evidenzia nei mesi estivi una flessione dei listini in attesa della nuova campagna e dell’evoluzione del quadro
produttivo internazionale, che incide maggiormente sui vini da tavola, mentre le Doc-Docg seguono dinamiche più
autonome. Le giacenze al 31 luglio 2025 risultano stabili: circa 37 milioni di ettolitri (dati Cantina Italia). Sul fronte
della domanda interna, la GDO mostra una crescita degli acquisti di bollicine, sia in volume che in valore, a fronte di
un rallentamento dei vini fermi (dati Ismea/Nielsen IQ).
Per quanto riguarda la domanda estera, dopo un 2024 positivo, i primi cinque mesi del 2025 confermano i valori
raggiunti con una lieve riduzione dei volumi (-4%) dovuta al calo delle spedizioni di vini comuni, mentre le Dop
registrano un incremento. Sul fronte dazi USA, l’Osservatorio Uiv avverte che, dall’attivazione di quest’estate, i vini
italiani hanno subito tariffe aggiuntive pari a 61 milioni di dollari, circa un terzo rispetto al totale import di prodotti
provenienti dall’estero. Una classifica ad handicap, che vede primeggiare di poco la Francia (62,5 milioni di dollari),
seguita dal Belpaese e, in lontananza, dalla Spagna. Nel mese di luglio il vino italiano negli Stati Uniti è arrivato con
prezzo medio ribassato (-13,5%) per rimanere competitivo con il peso dei dazi.
Non c’è abbastanza
critica rispetto all’eccesso
di produzione,
si è confidato in nuovi
mercati, in realtà difficili
da conquistare
al momento? Francamente nessuno”.
I nuovi accordi internazionali
aprono tuttavia alternative
interessanti per il comparto.
Il Mercosur, ad esempio:
il vino è uno dei pochissimi
settori agricoli che trarrebbe
beneficio dall’intesa…
Sì, certo. Ma prima che l’accordo
Mercosur abbia pieno
effetto ci vogliono otto anni
e altrettante vendemmie, con
uno scenario che è in continua
evoluzione e cambiamento.
Per questo, nel frattempo, dobbiamo
strutturarci.
I primi giorni di ottobre a Chicago torna Vinitaly
USA: con che spirito gli operatori affrontano
questo appuntamento,
alla luce degli attuali rapporti
con gli States?
È un appuntamento importante.
Non dobbiamo affatto
cedere sul fronte della promozione,
anzi, chiediamo
a ICE di non abbandonarci
e alla politica di mantenere
l’OCM Vino, uno strumento
assolutamente necessario e
utile per le aziende. Dal canto
nostro, non dobbiamo essere
solo bravi agricoltori, ma
anche bravi commercianti.
Le fiere, quindi, funzionano
ancora?
Sì, ad esempio in Asia, in Giappone e negli
stessi Stati Uniti sono occasioni da non per-
16 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
Enoturismo
“Dobbiamo attualizzare la nostra immagine, senza travisare
la nostra identità. In azienda abbiamo bandito certe bibite
per proporre prodotti della campagna, genuini”
Consumi e nuove generazioni
“Su alcuni vini dobbiamo essere più contemporanei, dare una lettura più
fresca. Non penso che i motivi salutistici siano la motivazione principale
del calo dei consumi. Lo dimostra l’aumento dei consumi
di superalcolici proprio tra i giovani”
dere. Noi facciamo un
bene voluttuario e c’è
tanta concorrenza nel
mondo: andarci significa
anche consolidare
rapporti personali,
confrontarsi con i
colleghi di altri continenti.
Le persone si
devono guardare negli
occhi.
Calano i consumi di
vino e le nuove generazioni
non sembrano
appassionarsi alla sfera
enoica. Complice, si
dice, una narrazione
troppo elitaria e incapace
di emozionarli. Che cosa cambiare nella
comunicazione del vino o nell’ambito dell’enoturismo?
Partiamo dal fatto che ogni prodotto ha un suo
target e un suo linguaggio. Sicuramente per
alcuni vini dobbiamo essere più “contemporanei”,
dare una lettura più fresca e divertente per
poter raggiungere le giovani generazioni. E in
questa direzione ha lavorato molto bene il Prosecco.
Non penso che il calo dei consumi sia
imputabile a motivi salutistici, almeno non ritengo
che questa sia la motivazione principale,
anche perché c’è stato un parallelo aumento dei
consumi di superalcolici proprio tra i giovani.
Per quanto riguarda l’enoturismo, che in questi
anni è cresciuto e si è modificato come fenomeno,
anche noi produttori dobbiamo contribuire
a creare cultura.
Il territorio è per noi italiani un punto di forza
e, pertanto, aprire la porta di casa vuol dire
offrire un’esperienza bella e autentica al turista.
Non dobbiamo cercare elementi di forzatura né
in un senso, né nell’altro. Mi spiego: la vita in
campagna non è quella agreste di un tempo,
pertanto, la nostra immagine deve essere attuale,
non vecchia, pur facendo leva sulla nostra storia.
Analogamente, non dobbiamo proporre prodotti
lontani dalle nostre
tradizioni, travisando
l’identità dell’impresa
agricola e ammiccando
ad altri àmbiti.
Faccio un esempio:
noi in azienda abbiamo
bandito certe
bibite che alcuni visitatori
chiedevano per
i bambini. Proponiamo
alternative in linea
con la nostra attività,
come un succo
di frutta o comunque
un prodotto della
campagna, genuino.
Ed è sempre molto
apprezzato. •••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 17
PRODUZIONI SUINICOLTURA
Peste Suina
Si riducono
le restrizioni
Da ottobre 2024
non si registrano
più casi in allevamenti.
In Lombardia il virus
ha coinvolto 300 aziende.
Milani: “Adesso preoccupa
l’indagine antidumping
della Cina sui prodotti Ue”
L
a Commissione europea ha accolto la
richiesta del commissario straordinario
alla Peste Suina, Giovanni Filippini, di
rivedere e allentare in modo sostanziale
le restrizioni agli allevamenti suinicoli
lombardi delle province di Pavia e
di Lodi e anche a quelli piemontesi di Novara.
Nel dettaglio, la Zona 3, quella con restrizioni
totali, viene completamente rimossa, 109 Comuni
vengono classificati in Zona 2 e altri 57
in zona 1. Mentre altri 72 comuni, precedentemente
inclusi nelle zone di restrizione, passano
ora a territorio libero. Un passaggio atteso
da mesi dal comparto, che in Lombardia ha
pagato in prezzo più alto dell’emergenza. Il virus,
innocuo per l’uomo, ma letale per i suini,
ha colpito duramente in particolare il Pavese,
imponendo restrizioni che hanno inciso sull’attività
quotidiana di circa 300 allevamenti lombardi.
Da ottobre 2024, però, non si registrano
18 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
più casi negli allevamenti e anche la circolazione
di selvatici appare ridotta, grazie ad un
insieme di azioni che hanno visto impegnati le
Regioni, il ministero dell’Agricoltura e quello
della Salute e il commissario di governo per la
Psa. Le misure messe in campo sono servite a
contenere la diffusione del virus con recinzioni,
strutture di biosicurezza, contenimento dei
cinghiali, rimozione sistematica delle carcasse,
anche con il sostegno del mondo venatorio; e
soprattutto, con la grande disponibilità al sacrificio
degli allevatori e dell’intera filiera della
suinicoltura.
Per il presidente della Federazione nazionale di
prodotto suinicoltura di Confagricoltura, Rudy
Milani, si tratta di un risultato importante, una
grande vittoria di un sistema che ha funzionato
nonostante momenti di grandissima difficoltà.
“Ringraziamo il commissario straordinario Filippini
per il lavoro svolto - ha detto -, senza dimenticare
l’apporto fondamentale
del ministero della Salute e
del Masaf e l’impegno delle
Regioni coinvolte. Ma questo
non significa che la battaglia
sia finita”. Milani non dimentica
le difficoltà attraversate dal
comparto, ed invita tutti a porre
la massima attenzione sul
futuro prossimo. “Se vogliamo
evitare che questa piaga continui
a colpire le nostre aziende,
con ripercussioni pesanti per
l’intera filiera e costi altissimi
sia per la Pubblica Amministrazione,
sia per il settore,
dobbiamo proseguire con il
lavoro di selezione faunistica
avviato in questi mesi. La componente venatoria
è stata determinante per attenuare il problema,
ma sarebbe un errore pensare che da sola possa
risolvere tutte le criticità legate al contenimento
della fauna selvatica”.
Ma non c’è solo la Psa a preoccupare la filiera
suinicola. È di qualche settimana fa la notizia
dell’apertura da parte della Cina di un’indagine
antidumping sulle importazioni di prodotti
provenienti dall’Unione europea. La decisione
rischia di avere conseguenze molto gravi per il
comparto italiano ed europeo. Confagricoltura
giudica inaccettabili queste possibili misure restrittive.
“L’Italia, a causa della Peste Suina Africana,
ha già perso dal gennaio 2022 il limitato
Milani Le carni Ue
che non potranno
essere esportate in Cina
finiranno sul mercato
interno, con il rischio
di un’ulteriore
riduzione dei prezzi
export che era riuscita
a conquistare verso
la Cina. Per questo
non possiamo restare
indifferenti di fronte
a questa notizia”,
ha commentato sul
punto Rudy Milani.
Secondo il presidente
della Fnp, i volumi
di carne che non
potranno più essere
destinati alla Cina dai
Paesi europei, maggiormente
colpiti da
eventuali dazi, finiranno
inevitabilmente per riversarsi sul mercato
interno, già sotto pressione, con il rischio di
un’ulteriore riduzione dei prezzi.
Il contesto è aggravato da altri elementi: innanzitutto
dall’accordo con gli Stati
Uniti, che ha rimosso i dazi
Ue sulle carni suine americane
lasciando però un’imposta
Rudy Milani
Presidente della Federazione nazionale
di prodotto suinicoltura di Confagricoltura
del 15% sulle esportazioni
europee verso gli Usa. Senza
dimenticare il Mercosur,
che penalizza fortemente l’agricoltura
senza garantire il
principio di reciprocità, cioè
il rispetto degli stessi standard
produttivi richiesti agli operatori
europei anche per i prodotti
importati dall’America
Latina.
“In questo contesto - ha proseguito
Milani - dire che la
misura è colma oltre ad essere
riduttivo, evidenzia anche che diventa estremamente
complicato non solo fare impresa, ma
persino sopravvivere. È inaccettabile che gli allevatori
siano costretti a pagare dazio, nel vero
senso della parola, per dispute commerciali che
finiscono per rafforzare i nostri competitor globali
e indebolire i produttori europei”. Alla luce
di queste criticità, Confagricoltura chiede alla
Commissione europea di rivedere la propria politica
commerciale e al governo italiano di farsi
portavoce delle istanze del settore. L’agricoltura,
conclude la Confederazione, non può più essere
trattata come merce di scambio nei negoziati internazionali.
(gb)
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 19
PRODUZIONI RISO
Un anno
di sfide
Nel 2024 il valore dell’export
è stato di 872 milioni. In questo
anno l’incremento degli ettari
fa pensare ad un ulteriore
aumento produttivo. Il rischio
di un eccesso di offerta
è dietro l’angolo
di Riccardo Calabrese
L’
Italia, pur non essendo universalmente
riconosciuta come “culla del riso”
al pari di nazioni asiatiche, vanta una
storia antica e significativa nella coltivazione
e nel consumo di questo cereale.
Le radici affondano nelle regioni
settentrionali, in particolare in Lombardia e Piemonte,
dove terreni fertili e abbondanza d’acqua
hanno creato l’ambiente ideale per la sua crescita.
Inoltre, ricordiamo che la produzione di riso
si è estesa in Veneto, Sardegna, Emilia-Romagna
e, nonostante non sia scontata, si è affermata anche
in Calabria.
Nel 2023, l’Italia si è posizionata al trentaseiesimo
posto a livello mondiale con una produzione
di 1,4 milioni di tonnellate (fonte FAO). Paesi
come India, Cina e Bangladesh dominano la scena
globale in termini di volume, ma le condizioni
pedoclimatiche e le tecniche agronomiche giocano
un ruolo cruciale nella resa per ettaro. In Europa,
l’Italia guida la produzione, mentre la Spagna,
pur con una superficie coltivata inferiore,
si posiziona seconda. La Grecia, nonostante una
piccola estensione, vanta un’alta resa per ettaro.
L’India si colloca al primo posto sia per valore
che per volume con 10,7 miliardi di dollari,
confermando il suo ruolo dominante nel mercato
mondiale del riso. La Thailandia con 3,9
miliardi di dollari, e il Vietnam con 3,1 miliardi
di dollari, seguono, convalidando la loro posi-
20 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
zione come importanti esportatori di
riso nel mercato internazionale. Il dato
interessante nella classifica è dato dal
prezzo medio più alto del riso italiano
(1,19 dollari per kg), che riflette probabilmente
la preferenza per varietà
speciali e di alta qualità. Al contrario,
Paesi come Myanmar e Brasile hanno
un prezzo medio più basso, indicativo
forse di una maggiore concorrenza
e produzione su larga scala. Gli Stati
Uniti si distinguono anche loro per
un prezzo medio elevato (0,69 dollari per kg),
suggerendo una possibile concentrazione sulla
produzione di varietà premium o di nicchia. La
Cina, nonostante sia uno dei principali consumatori
di riso, si posiziona nella parte inferiore
della classifica in termini di valore delle esportazioni,
forse a causa della sua enfasi sulla sicurezza
alimentare interna anziché sull’esportazione
su larga scala.
Le esportazioni italiane di riso nel 2024 hanno
raggiunto un valore complessivo di 872 milioni
di euro, con Germania e Francia come principali
mercati di riferimento, assorbendo insieme il
43% del totale. Seguono, a distanza, Regno Unito
(7%) e Belgio (5%). Gli Stati Uniti rappresentano
invece solo il 2% delle esportazioni, pari a 16 milioni
di euro e 8.406 tonnellate, destinate in gran
parte al settore della ristorazione.
Con l’introduzione dei dazi del 15% voluti dal
presidente Trump, il prezzo del riso italiano sul
mercato statunitense ha subito un aumento significativo.
In precedenza, infatti, l’importazione era
soggetta a un incremento di 14 euro per tonnellata.
Con la nuova
La presidente dell’Ente Nazionale Risi,
Natalia Bobba, a Vercelli questo settembre
per il festival internazionale, Risò
tassa del 15% e
considerando un
prezzo medio di
2.000 euro a tonnellata,
l’aumento
si traduce in circa
2,30 euro al chilo,
equivalenti a 2,70
dollari.
Si tratta di un rincaro
importante,
che tuttavia non
dovrebbe determinare
gravi ripercussioni
sui
volumi esportati,
grazie alla buona
collocazione del prodotto italiano in quel mercato.
Va sottolineato che l’unicità del riso italiano,
con le sue varietà destinate al risotto, non trovano
confronti sul mercato mondiale. Il consumatore
è consapevole che per fare un risotto è
necessario acquistare un riso italiano.
Nel 2025 le superfici coltivate a riso in Italia hanno
raggiunto i 235.450 ettari, con un incremento
di 9.321 ettari rispetto all’anno precedente. Si
tratta di una crescita significativa, che conferma
la vitalità del settore e la fiducia riposta dagli
agricoltori nella coltura risicola, nonostante le
incognite legate all’andamento climatico e alle
dinamiche di mercato.
L’aumento delle superfici lascia prevedere una
produzione più abbondante rispetto al 2024, con
un conseguente ampliamento dell’offerta disponibile
per la commercializzazione, sia sul mercato
interno che su quello estero. Secondo gli
operatori del comparto, tuttavia, questo scenario
potrebbe avere effetti ambivalenti: da un lato,
una disponibilità maggiore di prodotto garantisce
un rafforzamento della presenza italiana nei
mercati internazionali e una risposta più solida
alla crescente domanda globale; dall’altro, esiste
il rischio che l’incremento produttivo determini
un eccesso di offerta, con conseguente pressione
sui prezzi all’origine.
Un eventuale calo delle quotazioni avrebbe ripercussioni
dirette sul reddito dei produttori,
soprattutto in un contesto già reso complesso
dall’aumento dei costi di produzione (energia,
sementi, manodopera) e dalla concorrenza dei
Paesi extra-UE, spesso avvantaggiati da costi inferiori
e normative meno stringenti.
In sintesi, il 2025 si prospetta come un anno di
abbondanza produttiva, ma anche di sfide commerciali:
la capacità di equilibrare produzione e
domanda sarà determinante per evitare un eccessivo
calo dei prezzi e tutelare così la redditività
dell’intera filiera risicola.
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 21
PRODUZIONI CANAPA
Anche i fiori
tra i prodotti
agricoli
La Comagri amplia
la definizione di canapa
riconoscendo esplicitamente
la liceità anche delle
infiorescenze
di Jacopo Paolini
I
l 9 settembre 2025 è stata una data cruciale
per la filiera della canapa in Europa. La Commissione
Agricoltura e Sviluppo Rurale del
Parlamento Europeo (Comagri) ha votato un
emendamento per ampliare la definizione di
canapa, riconoscendo esplicitamente anche
i fiori come prodotti agricoli leciti nell’Ue, a condizione
che provengano da varietà registrate nel
Catalogo europeo con limiti di Thc conformi alla
normativa comunitaria. Questo voto è significativo
perché si allinea alla proposta fatta a luglio dalla
Commissione europea nell’ambito della revisione
della Politica Agricola Comune (Pac): autorizzare
esplicitamente la produzione e la commercializzazione
di tutte le parti della pianta di canapa,
incluso il fiore. Se l’approccio whole-plant verrà
confermato anche dal Consiglio dell’Ue e dalla
stessa Comagri durante i prossimi negoziati,
la revisione verrà integrata formalmente nel
regolamento dell’Organizzazione Comune di
Mercato (Ocm), il principale quadro legislativo
del mercato agricolo europeo. La decisione
definitiva è attesa per ottobre, quando
si dovrebbe completare il processo di approvazione
interistituzionale con il voto in plenaria
del Parlamento europeo e i negoziati
tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Se
l’esito sarà favorevole, le nuove regole potrebbero
entrare in vigore già dalla prossima
estate, molto prima dell’entrata in vigore della
nuova Pac prevista per il 2028.
Quello che accade in Europa rassicura la
filiera italiana che, ricordiamo, sta attraversando
un momento di grande incertezza a
causa dell’articolo 18 del decreto Sicurezza.
L’approvazione definitiva dell’emendamento
rappresenterebbe una tutela normativa concreta,
oltre che un segnale chiaro nei confronti
delle misure restrittive, e purtroppo ideologiche,
prese dal nostro governo.
Approccio whole plant: tre benefici per la filiera
Come sottolinea Francesco Mirizzi, direttore
dell’European Industrial Hemp Association
(Eiha), in un comunicato stampa: siamo di fronte
a un segnale importante. Per la prima volta
il Parlamento europeo riconosce la necessità di
armonizzare le regole comunitarie per garantire
certezze normative e stabilità a un settore da
sempre penalizzato a causa di restrizioni nazionali
frammentarie e spesso contraddittorie.
Riconoscere i fiori di canapa come prodotto agricolo
legittimo porterebbe alla filiera tre principali
benefici concreti: eliminerebbe divergenze,
contraddizioni e disparità nazionali unificando la
normativa per tutta la filiera; consentirebbe an-
22 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
g CBD, IL REGNO UNITO TRACCIA LA ROTTA VERSO IL NOVEL FOOD
Mentre in Italia il Cbd vive un momento
di incertezza normativa, il Regno
Unito ha scelto da tempo una strada
concreta e trasparente. Già nel gennaio
2019 la Food Standards Agency
(Fsa) ha classificato ufficialmente il
cannabidiolo come novel food, imponendo
nuove regole a oli, infusi, snack,
caramelle e a qualsiasi altro alimento contenente Cbd. Da allora, solo i
prodotti con una domanda di autorizzazione valida hanno potuto restare
sul mercato. Per fare ordine, la Fsa ha creato una lista pubblica: un
registro trasparente dei prodotti ammessi in attesa di decisione finale.
Le prime approvazioni sono arrivate nel 2024 e stanno continuando nel
2025, segnando un passaggio chiave verso la piena regolamentazione
del settore. A luglio la Fsa aveva già diffuso indicazioni preliminari, fissando
per esempio un limite giornaliero di 10 mg per gli adulti sani e
raccomandando precauzioni per donne in gravidanza, persone immunodepresse
o sotto trattamento farmacologico.
Ad agosto 2025 l’Fsa ha aperto la consultazione pubblica sulle prime
tre domande di autorizzazione definitive che riguarderanno: Cbd sintetico
e Cbd isolato derivato dalla Cannabis Sativa L. L’iniziativa, aperta
fino al 20 novembre 2025, coinvolge imprese, associazioni, autorità e
consumatori. L’obiettivo? Un mercato chiaro, sicuro e sostenibile, dove
la tutela della salute dei consumatori va di pari passo con la crescita economica
delle imprese.
che a chi lavora le infiorescenze di accedere ai
sussidi della Pac, ai fondi per lo sviluppo rurale
e agli incentivi ambientali, mettendo finalmente
la canapa sullo stesso piano delle altre colture
tradizionali; garantirebbe
agli agricoltori una chiarezza
normativa prima della nuova
Politica agricola, prevista per
il 2028.
Canapa e Pac: gli ultimi aggiornamenti
Il 10 settembre sono stato al
ministero dell’Agricoltura per
una lunga riunione sul Regolamento
della Pac. Sono intervenuto,
con Copa-Cogeca, per
il settore canapa chiedendo
che tutti gli agricoltori che coltivano
da semi certificati con
Thc sotto lo 0,3% % possano lavorare nella piena
legalità, sia che coltivino per fibra, che per
seme, biomassa o infiorescenze. La discussione
è stata lunga, ma sembra ci sia unanimità nel
ritenerla una soluzione valida e corretta. Per la
nuova Pac, prevista per il 2028, il Parlamento
europeo ha già proposto di stabilire una soglia
unica di Thc allo 0,5% per la canapa industriale,
Se a ottobre anche
il Parlamento, il Consiglio
e la Commissione Ue
diranno sì all’approccio
whole plant, la canapa
entrerà nella Pac
valida in tutti gli Stati membri. Uno
step fondamentale per ridurre le discrepanze
tra normative nazionali e
creare un quadro giuridico uniforme,
in linea sia con le sentenze della
Corte di Giustizia europea che con
gli standard internazionali. Anche in
questo caso sarebbe utile anticipare
i tempi, consentendo già oggi a chi
coltiva infiorescenze conformi ai limiti
di legge di operare con serenità,
come dovrebbe accadere in un settore
regolamentato.
La filiera italiana può tornare a respirare?
Oltre alle iniziative europee, altri
segnali ci suggeriscono che possiamo
quantomeno essere ottimisti. L’8
settembre, il Tribunale di Trento si
è pronunciato sul ricorso presentato
dalle associazioni del settore per
ottenere la sospensione dell’articolo
18 del decreto Sicurezza. Pur non
potendo sospendere l’articolo, che
interviene in modo generale sulla
materia degli stupefacenti (DPR
309/1990) per il Tribunale resta valido quanto
stabilito dalle Nazioni Unite del 2029: la canapa
è legale se non ha effetto drogante e l’effetto sospensivo
dell’articolo potrà essere applicato in
caso di provvedimenti amministrativi
specifici nei confronti
di aziende e attività che operano
nel rispetto della legge.
Il Tribunale di Trento, anche
in questa fase preliminare, ha
ricordato le sentenze del TAR
del Lazio e i principi europei
secondo cui non è legittimo
distinguere tra le varie parti
della pianta per imporre divieti
generali e assoluti. Sembra
quindi che il cerchio si
stia stringendo: la canapa va
considerata nella sua totalità e
la filiera va tutelata con norme fondate su base
scientifica. Solo così il settore potrà continuare a
crescere e a generare valore economico, ambientale
e sociale.
* Cofondatore e Cso di Enecta, vicepresidente del
gruppo di lavoro “Lino e Canapa” del Copa-
Cogeca)
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 23
PRODOTTI & MERCATI a cura del Centro Studi di Confagricoltura
L’UCRAINA SI CONFERMA IL PRINCIPALE FORNITORE CON 47.467 TONNELLATE, SEGUITA DAL REGNO UNITO
Cresce ancora l’import di uova in Italia
e in Ue, anche l’export in forte aumento
Le importazioni di uova sono in aumento sia in Italia, sia
nell’Unione europea, con un incremento significativo degli
acquisti da Paesi terzi. Secondo gli ultimi dati disponibili,
il mercato sta registrando una crescita marcata,
confermando la tendenza già osservata nel 2024. Questo
fenomeno riguarda sia le uova in guscio, sia quelle
sgusciate destinate al consumo, con incrementi rilevanti
nei primi cinque mesi del 2025. Secondo l’elaborazione
su dati Istat e Ismea, nel 2024 le importazioni italiane
di uova in guscio di gallina avevano raggiunto quota
47.661 tonnellate, con un aumento del 29,2% rispetto
al 2023. Il ritmo di crescita non si è arrestato: nei primi
cinque mesi del 2025 l’incremento è stato del 38,4%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il dato
riguarda anche le uova sgusciate, che nei primi cinque
mesi del 2025 segnano un aumento del 31,9%. Non è
però possibile distinguere la specie animale di provenienza
per questa categoria.
Analizzando i principali Paesi fornitori di uova in guscio,
si rileva che i primi sei coprono quasi il 90% delle importazioni
complessive. Nei primi cinque mesi del 2025
spicca la Bulgaria, che ha incrementato notevolmente le
esportazioni verso l’Italia, superando anche Spagna e
Turchia, tradizionalmente fornitori significativi. In netta
controtendenza la Turchia, con un calo del 61,4% dopo
il forte aumento del 2024 (+49,4%).
Maggiori import anche a livello UE
La tendenza all’aumento delle importazioni non riguarda
solo l’Italia. Secondo i dati Eurostat, aggiornati a maggio
24 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
2025, le importazioni di uova extra-UE hanno
raggiunto complessivamente 62.863 tonnellate
equivalenti, in crescita del 34% rispetto
allo stesso periodo del 2024.
L’Ucraina si conferma di gran lunga il principale
fornitore, con 47.467 tonnellate
(+62%), seguita dal Regno Unito (5.774 tonnellate,
-5,5%), dalla Macedonia del Nord
(+135,4%), dall’Argentina (+11,5%) e dalla
Bosnia-Erzegovina (+32,5%). Al contrario,
le importazioni dalla categoria “Altri” si sono
praticamente dimezzate (-50,7%). Considerando
che nel 2023 le importazioni complessive
di uova nell’UE erano pari a circa
90.000 tonnellate e che nel 2024 erano salite
a 122.000 tonnellate, i primi cinque mesi
del 2025 mostrano un’ulteriore accelerazione,
con circa 16.000 tonnellate in più rispetto
allo stesso periodo dell’anno scorso.
Export UE in forte crescita
Se le importazioni di uova dell’UE sono aumentate
negli ultimi mesi, è anche opportuno
notare che sono parallelamente incrementate
in modo significativo le spedizioni di uova verso i Paesi
terzi. L’aumento delle esportazioni, tra l’altro, è notevolmente
superiore all’aumento delle importazioni. Nei
UOVA (TON) - IMPORT EUROPA
GEN - MAG 2024 GEN - MAG 2025
Ucraina 29302 47467 62,0%
Regno Unito 6113 5774 -5,5%
Macedonia del Nord 1227 2889 135,5%
Argentina 1847 2059 11,5%
Bosnia-erzegovina 626 830 32,6%
Altri 7802 3843 -50,7%
Extra EU 46918 62863 34,0%
UOVA (TON) - EXPORT EUROPA
GEN - MAG 2024 GEN - MAG 2025
Regno unito 59128 65855 11,4%
Svizzera 21024 50360 139,5%
Giappone 26071 24835 -4,7%
Israele 3615 5817 60,9%
Tailandia 5535 4200 -24,1%
Altri 35018 47698 36,2%
Extra - EU 150391 198766 32,2%
Fonte: Eurostat
g NEL 2025 PRODUZIONE DI NOCCIOLE IN CRISI. CALI FINO AL 70%
La campagna corilicola 2025 registra un decremento della produzione
fino al 70% in alcuni territori. La flessione rispetto al potenziale produttivo
è stimata in circa il 50%. In alcune delle aree maggiormente vocate,
come Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia, le perdite raggiungono
il 70%, e in alcuni casi non si raccoglierà affatto. A rendere ancora più
allarmante il quadro è il fatto che, dal 2015 ad oggi, le superfici coltivate
a nocciole sono aumentate di oltre il 30%, a fronte di una produzione
che già da diversi anni risulta in calo.
Di questa gravissima crisi Confagricoltura ha informato il ministro dell’Agricoltura,
della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida,
chiedendo interventi urgenti, sia nel breve che nel lungo periodo,
a tutela delle imprese agricole.
“Il comparto corilicolo è in estrema difficoltà - ha commentato Dario Di
Vincenzo, presidente della Federazione nazionale di prodotto frutta in
guscio della Confederazione - e necessita di misure immediate per garantire
un futuro alle aziende. È indispensabile prevedere ristori urgenti
per far fronte alle perdite di quest’anno, ma anche interventi strutturali
per tutelare la redditività, la competitività e la tenuta produttiva di un
settore strategico per molti territori”.
La filiera corilicola italiana resta seconda per produzione al mondo e
non rappresenta solo un’importante realtà economica, ma anche un
elemento fondamentale sotto il profilo paesaggistico, ambientale, occupazionale
e sociale.
primi cinque mesi del 2025, infatti, sono state esportate
198.766 tonnellate equivalenti, in aumento del 32,2%
(circa 50mila tonnellate in più di export, contro un aumento
di meno di 20mila tonnellate di
maggiore import) rispetto allo stesso periodo
del 2024.
Il Regno Unito rimane la principale destinazione
con 65.855 tonnellate (+11,4%),
seguito dalla Svizzera, che ha più che
raddoppiato i propri acquisti (50.360
tonnellate), e dal Giappone (24.835 tonnellate,
-4,7%). In forte aumento anche le
spedizioni verso Israele (+60,9%), mentre
calano sensibilmente quelle verso la Thailandia
(-24,1%).
Un mercato sempre più dinamico
L’insieme dei dati conferma che il commercio
internazionale di uova sta vivendo
una fase di intensa movimentazione.
L’Italia continua ad aumentare il ricorso
all’import, con forniture che si concentrano
su un numero ristretto di Paesi europei,
ma con nuovi protagonisti, come la Bulgaria.
Parallelamente, l’Unione europea
rafforza il proprio ruolo di esportatore
netto, aumentando in maniera significativa
i volumi inviati ai mercati extra-UE.
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 25
RINNOVABILI COMUNITÀ ENERGETICHE
Una doccia
fredda
Nicola Gherardi: “Lo spostamento
di parte delle risorse destinate
alle Cer non è una buona notizia.
Sarebbe stato più giusto
posticipare la scadenza dei bandi”
di Francesco Bellizzi
P
er la rimodulazione delle risorse delle
ultime due rate del Recovery (41,2
miliardi), il governo ha chiesto a Bruxelles
di poter usare le risorse che non
verranno utilizzate entro i termini su
altri obiettivi del Pnrr con scadenze
oltre il 2026. In questa richiesta rientrano anche
i bandi delle Comunità energetiche
rinnovabili che scadranno il 30 novembre
prossimo. Per le Cer, Palazzo Chigi
ha chiesto l’autorizzazione di riallocare
1 miliardo dei complessivi 1,6 di finanziamento.
La scelta di Roma è “una
doccia fredda” per Nicola Gherardi, imprenditore
agricolo ferrarese (tra i primi
ad investire nella diversificazione della
propria attività con la produzione di
energia) e presidente del primo progetto
di comunità energetica italiana in ambito
agricolo, ConfagriCer.
Nicola Gherardi
Componente di giunta di Confagricoltura,
presidente di ConfagriCer
Presidente cosa ne pensa delle ultime
novità relative alla modulazione del
Pnrr?
Siamo consapevoli che le domande di
partecipazione ai bandi per la costituzione
delle Cer sono tutt’oggi poche rispetto
alla disponibilità finanziaria della misura.
Ma questo è anche dovuto alle diverse
modifiche che hanno subito tra maggio e
giugno scorsi. Modifiche positive - come
l’estensione dei contributi a fondo perduto
per la realizzazione degli impianti ai
comuni fino a 50.000 abitanti -, ma che
hanno richiesto un tempo di maturazione
maggiore rispetto al previsto. Per questo
motivo avevamo chiesto che, invece di
prevedere lo spostamento di risorse, si
posticipasse la scadenza di fine novembre.
In questo senso, la scelta del governo rappresenta
una doccia fredda.
La probabile riduzione delle risorse quanto
mette a rischio lo sviluppo e la diffusione delle
Comunità?
Di certo rischiamo di fare grandi passi in dietro.
Depotenziare i finanziamenti a fondo perduto
26 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
vuol dire allontanare l’interesse ad
investire.
A che punto è il progetto ConfagriCer?
Non basta essere stati i primi, tra le
sigle del settore agricolo, a sviluppare
l’opportunità offerta anche dal
Pnrr. Aspetto che ci è stato riconosciuto
recentemente, con l’invito al
convegno organizzato al Meeting di
Rimini. Dobbiamo essere soprattutto
capaci di mettere a terra i progetti
che abbiamo in mente. Nelle ultime settimane
si è riunito il consiglio di amministrazione di
ConfagriCer per discutere le prime domande di
adesione. Ne sono arrivate una quindicina, tra
cui quella di un’importante azienda del settore
agroalimentare della provincia di Mantova.
Una provincia che si conferma lungimirante e
che dimostra ancora una volta di avere voglia
di investire nell’innovazione del settore energetico:
non solo nell’ambito delle fonti rinnovabili,
pensiamo al biometano.
L’attenzione di quel territorio
è rivolta anche alle nuove formule
di produzione e autoconsumo
diffuso dell’energia.
Il successo del recente incontro
pubblico che abbiamo
avuto a Mantova città, ne è la
dimostrazione.
State guardando anche ad
altri territori?
Certo. Questa prima esperienza
sta facendo da apripista.
L’aspirazione è di guardare a
tutto il territorio nazionale. La
struttura di ConfagriCer sta già
incontrando i settori produttivi
e le comunità di altre regioni
grazie al ponte che creano le strutture territoriali
di Confagricoltura. Abbiamo avuto incontri con
le unioni provinciali e le federazioni della Puglia,
della Sicilia, del Lazio, del Marche, dell’Emilia
Romagna e al Nord Est, a Rovigo. Come associazione
di categoria, stiamo seguendo un percorso
interno che coinvolge anche i soggetti pubblici:
amministrazioni locali, comitati e associazioni.
Non dimentichiamoci che una percentuale delle
risorse destinate alle Cer deve arrivare alle realtà
del terzo settore. Questo perché devono essere
espressione di condivisione, non solo di energia
ma anche di valori, sociali e ambientali.
ConfagriCer, arrivate oltre
15 domande di adesione.
Cittadini e imprese
comprendono il valore
economico e sociale
del progetto
Da una parte i produttori
di energia,
dall’altra chi la consuma.
Sì. Il ruolo dei cittadini è fondamentale. Personalmente,
nella veste di imprenditore agricolo, mi
è già chiaro da tempo, avendo aderito ad una
Comunità energetica prima dei bandi finanziati
dalla Comunità europea. Ma adesso, il sostegno
del Pnrr rende la formula ancora più appetibile,
anche per i singoli cittadini. E i
feedback che stiamo registrando
testimoniano che l’idea è
convincente. Se da una parte il
mondo produttivo ha accesso
ad un finanziamento a fondo
Gherardi al convegno sulle Cer organizzato
da Compagnia delle Opere
al Meeting di Rimini di quest’anno
perduto del 40% per i costi degli
impianti di produzione di
energia, dall’altro i cittadini si
vedono riconosciuto sul proprio
conto in banca un beneficio
economico concreto pari
al 30% del contributo che la
comunità energetica riceve per
ogni kilowatt-ora condiviso.
Quali saranno i passi successivi
alla fase interlocutoria?
Abbiamo realizzato uno statuto
e definito il regolamento interno della Cer.
Siamo nella fase in cui i produttori e i consumatori
stanno aderendo alla Comunità energetica.
L’aspirazione è quella di produrre abbastanza
energia da poter diventare interlocutori preferenziali
anche dei grandi gruppi energetici.
Si tratta di una grande opportunità per il Sistema
Paese di affiancare alla tradizionale produzione
e vendita di energia, un sistema dal basso
che vede, da una parte imprese e cittadini soggetti
attivi e dall’altra una reta energetica nazionale
più sicura, stabile e, quindi, meno soggetta
a problemi di approvvigionamento. •••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 27
GESTIONE DEL RISCHIO CAMBIARE ROTTA
Il nodo sono
le riassicurazioni
Il settore delle polizze
può essere liberato
dal suo circolo vizioso
con un grande fondo garantito
di Fabian Capitanio*
I
l paradigma che ha guidato gli interventi
di Politica Agricola Comune (Pac) per alcuni
decenni ha di fatto fortemente attenuato,
quando non annullato, l’impatto sulle imprese
agricole europee delle forti oscillazioni dei
prezzi. Il graduale inasprimento della pressione
competitiva, conseguente all’ampliamento
dei mercati, ha portato all’ulteriore incremento
dell’esposizione dell’agricoltore al rischio associato
all’attività d’impresa estendendolo anche ad
aspetti di mercato fino a quel momento meno rilevanti.
In questa prospettiva, lo stesso percorso
riformatore della Pac ha posto grande enfasi sul
tema della gestione del rischio in agricoltura. La
realtà, prevede che gli eventi che generano rischio
debbano essere distinti secondo i gradi o livelli di
frequenza, intensità del danno e correlazione.
In funzione della combinazione di tali tre dimensioni,
un evento dannoso può essere localizzato
in uno spazio tridimensionale (la cosiddetta “scatola
dei rischi”) i cui vertici corrispondono alle
manifestazioni estreme. Anche se magari nessun
evento reale corrisponde perfettamente a una
di tali forme estreme, la classificazione serve a
sottolineare la combinazione delle caratteristiche
più rilevanti ai fini della scelta dello strumento di
gestione più idoneo. Con l’eccezione di eventi di
tipo G e H, vale a dire di eventi frequenti le cui
conseguenze potenziali sono molto gravi, e per i
quali l’unica strategia possibile dovrebbe essere
quella di cercare di evitarli (per esempio, non
localizzando l’attività di produzione in ambienti
ad essi esposti), la maggior parte dei rischi sperimentati
dagli agricoltori è “in between”, e quindi
può essere gestita efficacemente.
Il divario territoriale
È chiarissimo, visivamente, come l’assicurazione
agricola, così come altri strumenti presi singolarmente,
possa gestire soltanto una parte di questo
spazio tridimensionale.
In Italia, notoriamente, abbiamo una domanda
assicurativa bassa e fortemente concentrata;
viviamo un dualismo drammatico tra le diverse
aree del Paese, e pochi si interrogano sulle reali
cause di questo divario. Gli aspetti che fortemente
limitano il ricorso al mercato delle assicurazioni
agevolate agricole, soprattutto nelle regioni
del Centro-Sud Italia possono essere molteplici.
I principali sono quattro: una bassa propensione
al ricorso di strumenti di gestione del rischio da
parte degli agricoltori del Centro-Sud caratterizzati
notoriamente da un approccio tradizionale
e locale nella conduzione dell’azienda agricola,
piuttosto che come impresa competitiva; una
scarsa dinamicità dei Consorzi di Difesa nel Centro-Sud
rispetto ad una tradizione più consolidata
da registrare nel Nord del Paese. È noto come
il 95% delle polizze sottoscritte dalle aziende
agricole italiane siano oggi veicolate attraverso i
Consorzi di Difesa, che anticipano anche il pagamento
del premio della polizza all’imprenditore
agricolo, svolgendo un ruolo importantissimo
per il settore primario. Terzo fattore che rende
disomogeneo il fenomeno assicurativo lungo lo
Stivale è l’inadeguatezza dell’offerta assicurativa,
sviluppata in ottica “grandinocentrica” in risposta
alle esigenze di base dei frutteti e della viticultura
del Nord-Est e quindi, poco attenta alle reali
e specifiche esigenze della domanda dei territori
del Centro-Sud Italia.
28 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
I ritardi del Sistema Italia
rispetto all’Ue
L’impermeabilità italiana al cambiamento,
nonostante l’evoluzione
normativa comunitaria, può
essere sintetizzata in tre punti:
scarsa partecipazione delle
aziende agricole (mai superiore
al 20% di PLV assicurata negli ultimi
15 anni); enorme divario tra
aree diverse del Paese (80% della PLV assicurata
si concentra in poche province nel nord del Paese);
creazione di un portafoglio anti selettivo con
crescenti costi di riassicurazione del portafoglio
assicurativo (si assicurano soltanto le aziende che
si riconoscono “rischiose” rispetto ai parametri del
contratto assicurativo). Tale scenario è estremamente
critico in relazione a due elementi sostanziali:
le proiezioni sui cambiamenti climatici in atto
che indicano il Meridione quale una delle zone a
maggior rischio di erosione e di resa; e la degenerazione
della concentrazione anomala del mercato
delle assicurazioni agricole che incide in maniera
negativa sulla dinamica del prezzo delle polizze.
Ciò ha comportato negli ultimi anni una crescita
del prezzo dei premi delle polizze nel Sud Italia,
proprio in ragione di una riduzione
del numero dei certificati, che
restringe la possibilità per le
compagnie di diversificare il
rischio tra gli assicurati.
La Strategia Nazionale e i
limiti di Agricat
Da tali premesse, l’obiettivo
dell’intervento pubblico
dovrebbe essere orientato
verso la piena attuazione
alla Strategia Nazionale,
antecedente alla partenza
della Programmazione
2014-2020. Tale strategia è
imperniata su tre punti fondamentali: riduzione
del divario tra aree geografiche e settori nella
domanda assicurata; incremento del numero di
aziende che ricorrono a strumenti di gestione del
rischio; ampliamento e miglioramento dell’offerta
di strumenti di gestione del rischio (fondi mutualistici,
IST, index, polizze ibride). Finora, nessuno
dei tre obiettivi è stato raggiunto e, nel caso
del terzo obiettivo, nulla è stato messo - colpevolmente
- in campo dall’amministrazione pubblica.
Tale consuntivo, risulta ancora più critico se volgiamo
l’attenzione al funzionamento di Agricat. È
La Scatola dei Rischi per la classificazione
dei danni catastrofali
I danni provocati nell’ottobre del 2024
dall’alluvione in Emilia Romagna
di evidenza condivisa, credo unanime, che il problema
più rilevante per le imprese agricole e per il
settore assicurativo globale sia rappresentato dagli
eventi climatici estremi simultanei (compound
extreme events). La concomitanza di fenomeni
come siccità, ondate di calore, gelo tardivo, inondazioni
e tempeste sta aumentando in frequenza e
intensità in concomitanza con le nuove tendenze
climatiche, generando impatti economici e sociali
senza precedenti. L’attuale architettura dei modelli
di rischio climatico spesso non riesce a catturare
adeguatamente le complesse interrelazioni tra
questi eventi e le loro conseguenze sui sistemi
socioeconomici. Questa considerazione induce
anche a riflettere sul macroscopico errore “teorico”
tutto italiano del delegare la gestione di eventi
sistemici (siccità, gelo, alluvione)
allo strumento assicurativo. Non
è un caso, infatti, che le assicurazioni
agricole nascano
come polizze monorischio
grandine. La grandine non è
un evento e, quindi, provocando
danni a “macchia di
leopardo” ha permesso alle
compagnie di gestire, nel
tempo, il rischio di indennizzo
nell’ambito del portafoglio
degli assicurati. Gli
eventi sistemici, in agricoltura,
non permettono questa
gestione perché l’intero pool di assicurati viene
colpito allo stesso istante dallo stesso evento.
È per questo motivo che siccità, alluvione, e gelo
sono eventi che devono trovare nuove soluzioni di
trasferimento del rischio.
Agricat, oggi, altro non è che un salvadanaio con
partecipazione diretta (prelievo sui pagamenti
diretti) e indiretta (risorse provenienti dal budget
delle singole regioni) degli agricoltori alla
capitalizzazione del fondo. Fondo che, in realtà,
è un contenitore, un salvadanaio, e quindi, per
definizione, inadeguato per gli scopi previsti. Evi-
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 29
GESTIONE DEL RISCHIO CAMBIARE ROTTA
tando polemiche sterili sulla mancata operatività
del fondo (alluvione in Emilia-Romagna), va sottolineata
l’assoluta necessità di superare un’idea
vecchia (ed inutile) di gestione dei danni ex post.
La soluzione è un Fondo riassicurativo garantito
Sotto l’aspetto assicurativo il settore della gestione
del rischio è fortemente condizionato dalla capacità
riassicurativa offerta dai gruppi internazionali,
ossia l’offerta di contratti di ”assicurazione sull’assicurazione”
che permettono alla compagnia originale
di ridurre la propria esposizione derivante
dalla polizza stipulata con l’azienda. La quasi totalità
degli assicuratori orienta le proprie scelte di
mercato sulla scorta delle decisioni assunte dalle
compagnie di riassicurazione. Da almeno due anni
a questa parte i riassicuratori mostrano estrema sfiducia
verso il mercato dei rischi agricoli, in prima
istanza per gli andamenti tecnici sfavorevoli. Conseguenza
naturale, questa, di un mercato/sistema
che ha proliferato per decenni
in violazione di tutti i dettami
della teoria assicurativa.
In questa luce, oltre alla evoluzione
del sistema di partnership
pubblico-privato verso
strumenti innovativi (es. polizze
index), che permettano
l’allargamento del portafoglio
assicurativo in aree diverse
(Centro-Sud) e per colture
diverse da uva, vino e mele,
andrebbe aggiornato anche il
ruolo del consorzio di riassicurazione
ISMEA. Tale aspetto
è dirimente sia in ottica di
spesa pubblica che di vantaggi per le compagnie
assicurative. Una possibile innovazione, o strada
da esplorare, che permetterebbe di evitare oneri
finanziari e legislativi impegnativi (da verificare,
soprattutto i secondi), potrebbe essere quella la
creazione di un fondo riassicurativo direttamente
messo a disposizione delle compagnie di riassicurazione
attive sul mercato.
Mediante il contributo di società pubblico/private
(ad esempio, SACE, CDP ecc.), tale partnership
potrebbe rappresentare una seria garanzia per un
incremento della dotazione finanziaria del fondo
stesso. Interloquendo direttamente con le compagnie
di riassicurazione si avrebbe un’incidenza
diretta a cascata in termini di capacità riassicurativa
e distribuzione sull’intero territorio nazionale.
L’integrazione in questo sistema di Agricat genererebbe
una leva finanziaria per gli oltre 300 milioni
L’emissione di Cat Bond
permetterebbe di orientare
le compagnie assicuratrici,
oggi dipendenti dalle
riassicurazioni private
di euro annui con cui è finanziato. L’amplificazione
di questa importante disponibilità di denaro
potrebbe essere realizzata con l’emissione di Cat
Bond per la cartolarizzazione di eventi catastrofali
di natura sistemica (alluvioni, gelo e siccità). Con
la loro indicizzazione si potrebbe ottenere una riduzione
del rischio di perdite che il leverage comporta.
Un grande fondo riassicurativo è un percorso
ineludibile se si mira a stabilizzare i rischi
(crescenti) legati alla manifestazione di eventi di
tale portata e soprattutto, se si vuole garantire un
abbassamento delle tariffe assicurative e la permanenza
della produzione agricola nel nostro Paese.
Sarebbe anche auspicabile applicare criteri equi di
distribuzione della capacità riassicurativa del fondo.
Ad esempio, con un intervento di questo strumento
come fondo di secondo livello e sciogliendo
le riassicurazioni miste proporzionali e non proporzionali
spacchettate. Nello specifico, un’applicazione
concreta potrebbe
essere quella di suddividere la
capacità riassicurativa totale in
soglie di 80 e 20 e oltre, di cui
80 al libero mercato dei contratti
tra compagnie e riassicuratori.
Mentre, le eccedenze da 81 a salire
a carico del fondo di co-riassicurazione
ISMEA. In pratica
strade completamente nuove,
rispetto a quelle battute oggi.
Lo strumento dei Cat Bond
In tale scenario, nella visione di
proposte operative che diano
benefici per l’efficienza della
spesa pubblica e per la sostenibilità
economica delle aziende agricole italiane/
europee, è opportuno approfondire il tema della
gestione delle catastrofi e, quindi, dei Cat Bond.
Diversamente da quanto accadeva ad inizio del
secondo millennio, i mercati finanziari oggi sono
prontissimi a trattare un tipo di rischio come
quello delle catastrofi. Perché i prodotti finanziari
collegati ad assicurazioni vengano accettati con
successo è però necessario definire rigorosamente
cosa si intenda per catastrofe. A tale scopo vanno
identificati e costruiti quindi degli indici sulle
perdite subite dai beni assicurati ai quali si riferiscono
i prodotti finanziari assicurativi. Ognuno di
questi indici deve definire il tipo di catastrofe di
cui si deve sopportare il rischio (uragano, tempesta,
terremoto, ecc.), la zona geografica nella quale
le perdite sono rilevate (esistono indici nazionali
o regionali) ed il valore preciso del danno oltre
30 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
il quale entra in gioco la copertura dei contratti
emessi sul mercato.
Quando l’indice supera un certo ammontare di
perdite, l’investitore deve sopportarne una parte,
che dipenderà dal tipo di strumento finanziario
posseduto. L’indice può essere collegato sia alle
perdite dell’impresa che emette il prodotto finanziario
ad esse connesso, sia alle perdite dovute a
catastrofe misurate per l’intera industria assicurativa.
In questo ultimo caso viene eliminato il rischio
di moral hazard da parte dell’impresa assicurativa
emittente. Va inoltre definito con esattezza
l’ammontare della perdita a carico del possessore
del prodotto finanziario collegato alla catastrofe,
nel caso in cui il valore limite delle perdite venga
superato dall’indice ed entri, quindi, in gioco la
copertura a carico dell’investitore. La costruzione
di indici così impostati, ai quali sono collegati
gli strumenti finanziari assicurativi,
rende possibile la standardizzazione
degli strumenti
Il Fondo di Solidarietà
Nazionale è ormai
senza risorse, non è
in grado di assolvere
alle funzioni per cui
era nato
stessi, con evidenti vantaggi di
maggiore liquidità sul mercato.
È proprio tramite l’indice che si
fornisce al mercato l’informazione
precisa di cosa si intenda
con il concetto di catastrofe.
È ipocrita nascondersi ancora
dietro la presenza (formale)
del Fondo di Solidarietà Nazionale
(FSN) nell’eventualità
di eventi catastrofali. È un
dato, che quindi non si presta
ad interpretazioni, che il FSN
ormai è un fondo senza risorse
che non è in grado di assolvere alle funzioni
per cui era stato istituito nel 1970. Le ragioni
principali che dovrebbero spingere l’Italia verso
un gande fondo riassicurativo - sotto “tutela
pubblica” - per la gestione dei danni catastrofali,
sono una maggiore velocità nel ripristino della
capacità produttiva del settore primario, ed una
maggiore certezza nel ristoro dei danni produttivi
correnti. Ci sono evidentemente degli aspetti da
considerare ineludibili per traghettare nella “modernità”
l’attuale sistema dell’intervento pubblico
(integrare variabili socioeconomiche nei modelli
predittivi di rischio, integrazione tra strategie/
strumenti ex ante di trasferimento del rischio).
Una fase “trasversale” cruciale però è rappresentata
dalla delimitazione “chiara” del perimetro
di azione dei singoli strumenti di gestione del
rischio ed integrazione settore agricolo (coinvolgendo
finalmente anche il settore pesca/acquacoltura)
partendo dal postulato che nessun strumento
è “all risk” (non esistono silver bullet).
Riformare per salvare le aziende
“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. È
proprio questa immagine di precarietà, mutuata
da Giuseppe Ungaretti, che rende appieno l’idea
di un settore in grande difficoltà dal punto di vista
strutturale rispetto alla transizione nei nuovi
scenari globali. Per chiarirsi, il riferimento non è
soltanto al cambiamento climatico; sarebbe miope
e riduttivo pensare che la destabilizzazione (e destrutturazione)
profonda dell’agricoltura italiana ed
europea dipenda soltanto da una manifestazione
diversa degli eventi meteorologici avversi. È vero
però che il cambiamento climatico e la volatilità dei
prezzi spesso ad esso collegata rappresentano forse
la sfida più importante per le imprese agricole, non
solo italiane. In Italia, tali scenari,
sono rilevanti in una versione
duplice; in primis, l’importanza
del valore del settore
agricolo nazionale (40 miliardi
di euro in termini di valore della
produzione), che rappresenta
il volano principale del valore
dell’export dell’agro-alimentare
italiano (nel 2024, ha superato
la soglia dei 65 miliardi di euro).
Il secondo aspetto, non meno
importante, è la valenza delle
aziende agricole in Italia, anche
quelle “non professionali”,
rispetto alla vitalità di un tessuto
economico-sociale delle aree
interne del nostro Paese che è fondamentale, se
si avesse capacità di una visione larga e profonda
rispetto a quale indirizzo di politica economica
deve percorrere l’Italia. Arroccarsi oggi a difesa
dello status quo rappresenterebbe una scelta sbagliata
per il benessere complessivo del comparto;
l’arroccamento “a difesa del Re” è comprensibile
soltanto nel gioco degli scacchi. Nella fattispecie
discutiamo del futuro di donne e uomini che quotidianamente
si impegnano per offrire al Paese e
ai propri consumatori cibo sano, mantenimento
del paesaggio, tramandamento della storia e della
nostra identità culturale. Cittadini, imprenditrici ed
imprenditori che meritano un’attenzione speciale.
* Professore associato di Economia e Politica
agraria all’Università degli Studi Federico II di
Napoli
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 31
CREDITO FINANZA MISTA
I nuovi
strumenti
Non solo prestiti bancari.
Le aziende agroalimentari
possono rivolgersi anche
allo shadow banking con
il private equity per le quotate
e il venture capital
per le startup innovative
di Giulia Callini
M
l mondo agricolo italiano - e più in
generale europeo - vive una fase
complessa. La guerra in Ucraina ha
messo in evidenza la fragilità delle
catene di approvvigionamento,
in particolare per le materie prime
agricole ed energetiche. L’inflazione, tornata a
livelli che non si registravano da decenni, ha
innalzato i costi di produzione, dal carburante
ai fertilizzanti, riducendo al contempo il potere
d’acquisto delle famiglie. La transizione ecologica,
pur necessaria, impone investimenti che
non tutte le imprese agricole sono in grado di
sostenere da sole.
Eppure, nonostante queste difficoltà, l’agricoltura
italiana continua a rappresentare un pilastro
dell’economia nazionale: qualità, biodiversità,
legame con i territori. Il comparto - circa 70 miliardi
di export, 676 miliardi di fatturato e oltre
81 miliardi di valore aggiunto tra agricoltura e
industria di trasformazione - ha dimostrato resilienza
anche di fronte a pandemia, rincari energetici
e crisi geopolitiche. Ora, però, servono
strumenti nuovi per rafforzarlo.
Tradizionalmente, le imprese agricole hanno
fatto affidamento sul credito bancario, spesso
agevolato e sostenuto da interventi pubblici. Un
modello che ha funzionato, ma che oggi appare
insufficiente: le sfide globali richiedono capitali
più ingenti, flessibili e orientati all’innovazione.
È qui che entra in gioco la finanza mista, capace
di combinare risorse pubbliche e private e moltiplicare
le opportunità per le aziende. Questo
modello integra incentivi, garanzie e fondi con
canali come private equity, venture capital, minibond,
basket bond e fondi settoriali.
Non a caso Cassa Depositi e Prestiti ha avviato
oltre 40 progetti, per 180 milioni di euro,
sostenendo investimenti in ammodernamento,
internazionalizzazione e sostenibilità. Invitalia,
con il Fondo Cresci al Sud, promuove processi
di aggregazione e crescita dimensionale
32 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
Il convegno organizzato dal think tank dell’agroalimentare,
Agronetwork, insieme a Nomisma e Luiss, dedicato ai nuovi
strumenti della finanza per le imprese agroalimentari.
Tra i relatori anche Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia e Ismea.
delle PMI meridionali, facilitando
la nascita di campioni nazionali
capaci di competere a livello internazionale.
Ismea mette, invece,
a disposizione strumenti che
spaziano dal credito agevolato
(FAG) a investimenti diretti, fino
alle garanzie a prima richiesta
che coprono fino al 70% dei prestiti
bancari. Il private equity (la
partecipazione nei capitali) può accompagnare
le aziende agroalimentari quotate consolidate
nei percorsi di crescita: dall’espansione
internazionale alla trasformazione tecnologica,
fino all’adozione di pratiche avanzate di
sostenibilità. Il venture capital, invece, guarda
alle startup innovative: agricoltura di precisione,
intelligenza artificiale applicata ai campi,
foodtech, proteine alternative e fermentazione
di precisione. In Italia non mancano esempi
di startup che, grazie a investimenti mirati,
hanno raccolto milioni di euro per sviluppare
piattaforme digitali al servizio degli agricoltori.
Questi strumenti non sostituiscono il
credito bancario, ma lo affiancano, portando
non solo capitale ma anche competenze, reti
internazionali e visione strategica.
Accanto a questo, resta cruciale il tema del ricambio
generazionale. Come ha sottolineato il
g AGRONETWORK SI RINNOVA, CALLINI NOMINATA SEGRETARIA GENERALE
Il comitato di presidenza di Agronetwork a rinnovato
i propri organi sociali nel corso dell’assemblea
annuale. Alla guida della segreteria generale
arriva Giulia Callini (in foto), romana, 39 anni,
laureata in giurisprudenza e in Confagricoltura
dal 2013. Dopo esperienze nelle politiche fiscali,
relazioni istituzionali e comunicazione, dal 2020
ha seguito le relazioni esterne di Agronetwork,
contribuendo a consolidarne il ruolo come piattaforma
di confronto e collaborazione tra istituzioni
e imprese. “Agronetwork supporta il sistema agroalimentare - ha
dichiarato Callini - favorendo connessioni, idee e progetti in un settore
che guarda a innovazione, sostenibilità e competitività internazionale.
Ringrazio Daniele Rossi per il prezioso lavoro svolto in questi anni».
Rossi, segretario uscente, assume ora la carica di consigliere di presidenza.
La presidente di Agronetwork, Sara Farnetti, ha commentato: “Auguro
buon lavoro alla nuova segretaria, certa che saprà portare avanti
con competenza il percorso iniziato insieme a Rossi, la cui dedizione ha
contribuito in modo determinante alla crescita dell’associazione”. Con
queste nomine, Agronetwork conferma il suo impegno a sostegno delle
imprese agroalimentari, rafforzando il proprio ruolo di punto di riferimento
per dialogo, innovazione e strategie del settore.
vicepresidente Agronetwork e Luiss Business
School, Matteo Caroli, al convegno sul tema,
organizzato da Agronetwork, Nomisma e Luiss
a Palazzo della Valle, calo demografico e contrazione
della spesa delle famiglie impongono
un cambio di passo: puntare su ricerca, innovazione
e attrattività delle professioni agricole
per favorire l’ingresso di nuove energie. Un
nodo storico è quello delle dimensioni aziendali,
troppo ridotte per competere a livello
globale. “L’aggregazione è fondamentale”, ha
ribadito il presidente di Confagricoltura Massimiliano
Giansanti, che ha richiamato anche
l’urgenza di semplificare le certificazioni e imporre
regole equivalenti ai prodotti importati.
Secondo la presidente di Agronetwork, Sara
Farnetti, servono capitali pazienti, capaci di accompagnare
le imprese con una visione di lungo
periodo e di trasformare le sfide globali in opportunità.
Lo dimostrano anche le
esperienze dirette raccontate al convegno
dal Gruppo Granarolo, Masi
Agricola Spa e Pancrazio Spa insieme
al fondo di investimento Clessidra
e al fondo previdenziale Enpaia.
Un confronto che ha testimoniato
come il dialogo tra istituzioni finanziarie
e mondo produttivo sia sempre
più stretto e necessario.
È emerso con chiarezza che la finanza
non è più un supporto esterno,
ma un pilastro strutturale della modernizzazione
dell’agroalimentare.
“Solo con un’azione coordinata tra
istituzioni, imprese e sistema finanziario
- ha concluso Giansanti - sarà
possibile affrontare le sfide globali
e trasformarle in occasioni di crescita”.
Il prossimo appuntamento sugli
strumenti finanziari dedicati alle
imprese del settore agroalimentare
ci sarà il 20 ottobre a Palazzo della
Valle.
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 33
PRODUZIONI FERTILITÀ -1
Leggi e tech
per la biodiversità
Con la recente proposta
di direttiva Europea
Soil Health Law si colma
lo storico vuoto normativo
sulla tutela dei terreni
di Luciana Di Gregorio*
S
pesso considerato un semplice supporto
per le attività agricole e urbane, il suolo
è in realtà un ecosistema complesso e
dinamico, un bene comune fondamentale
per la produttività, la biodiversità, la
sicurezza alimentare e la resilienza delle
nostre società. I suoli europei ospitano più del
25% della biodiversità terrestre e rappresentano
il più grande serbatoio di carbonio del Pianeta,
oltre a costituire la base del 95% del cibo che
consumiamo. Eppure, in Europa oltre il 60% dei
suoli versa in stato di degrado: erosione, contaminazione,
perdita di sostanza organica e impermeabilizzazione
stanno compromettendo funzioni
essenziali, dalla produzione di biomassa al ciclo
dei nutrienti, fino alla capacità di stoccaggio del
carbonio. In questo scenario, e proprio a partire
da questo dato allarmante, si inserisce la proposta
di direttiva europea sul suolo, nota come Soil
Health Law (5 Luglio 2023 COM 416 final), su
cui il 10 aprile 2025 il Consiglio dell’Ue ha raggiunto
un accordo provvisorio con il Parlamento.
La direttiva colma un vuoto storico: a differenza
di aria e acqua, i suoli non hanno mai avuto
finora una legislazione quadro a livello comunitario.
Essa introduce un sistema armonizzato
di monitoraggio della salute del suolo, basato
su parametri fisici, chimici e biologici comuni,
e prevede la definizione
di valori-obiettivo
europei insieme a valori
operativi nazionali
adattati ai contesti pedoclimatici
locali. La
direttiva si propone inoltre di fornire un quadro
per il censimento e la gestione dei siti contaminati,
riducendo i rischi ambientali e sanitari,
e riconosce il ruolo chiave del suolo nella
resilienza ai cambiamenti climatici e nella tutela
della biodiversità. L’obiettivo strategico di
lungo termine è ambizioso: raggiungere suoli
sani in tutta l’Unione entro il 2050, in linea
con il Green Deal e la Strategia europea per la
biodiversità. Questa nuova cornice normativa
non è soltanto un atto politico, ma rappresenta
anche un volano per la ricerca scientifica e
l’innovazione. La salute del suolo non può essere
valutata esclusivamente attraverso indicatori
chimico-fisici tradizionali: è necessario integrare
bioindicatori, alcuni già previsti come
obbligatori nella proposta di direttiva, capaci
di riflettere in modo più diretto la biodiversità
e le funzioni ecologiche del suolo.
Microorganismi, meso e macro-fauna, comunità
vegetali spontanee costituiscono veri e propri
sensori biologici, in grado di restituire una fotografia
dinamica e affidabile dello stato di un
ecosistema. Per rendere concretamente operativa
la Soil Health Law, sarà tuttavia essenziale
disporre di reti di monitoraggio avanzate e integrate.
Le nuove tecnologie offrono possibilità
senza precedenti: droni e sensori in campo permettono
di raccogliere dati ad alta risoluzione
su parametri fisici e vegetazionali, le tecniche
omiche, come metagenomica, metabolomica e
proteomica consentono di esplorare in profondità
la biodiversità microbica e le interazioni tra
piante e suolo, e, parallelamente, l’intelligenza
artificiale è in grado di armonizzare gran-
34 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
di quantità di informazioni, traducendole in
mappe dinamiche e scenari previsionali. Questi
strumenti non solo rendono possibile una valutazione
accurata e comparabile dello stato di
salute dei suoli, ma aprono la strada a sistemi
di early warning capaci di segnalare precocemente
fenomeni di degrado o contaminazione,
fornendo alle comunità e ai decisori politici
informazioni cruciali per
interventi tempestivi. Inoltre,
la gestione dei suoli richiede
approcci innovativi anche in
ambito agricolo.
L’uso intensivo di fertilizzanti
e fitofarmaci ha contribuito
negli anni al degrado e
alla perdita di biodiversità,
ma oggi la ricerca sviluppa
diverse soluzioni bio-based
che offrono un’alternativa
sostenibile. Microrganismi
benefici capaci di contrastare
fitopatogeni, biostimolanti
che migliorano la fertilità e la
resilienza delle piante, pratiche di agricoltura rigenerativa
basate su cover crops e rotazioni colturali
diversificate sono tutti esempi di come sia
possibile conciliare produttività e tutela delle
risorse naturali. Questi strumenti, lungi dall’essere
meri supporti tecnici, contribuiscono a costruire
un nuovo paradigma agricolo, fondato
sulla sinergia tra innovazione e conservazione.
In questo quadro di innovazione si collocano
diverse progettualità a cui ENEA contribuisce
in un percorso europeo che guarda alla salute
Con l’IA si anticipano
i fenomeni di
contaminazione, con i
biofertilizzanti si contrastano
i fitopatogeni.
La tecnologia
è fondamentale
del suolo da angolazioni
complementari: la
costruzione di toolbox
e linee guida per armonizzare
il monitoraggio
e la gestione agricola,
come nel programma
EJP SOIL, si integra con
lo studio dei microbiomi
terrestri e acquatici,
al centro del progetto
SIMBA, che apre a soluzioni
microbiche innovative
per rendere più
sostenibili le produzioni
agricole e acquatiche.
A questa dimensio-
L’aula del Consiglio Europeo
ne si affianca l’impegno
nel valorizzare gli scarti della filiera alimentare,
trasformandoli in soil improvers sicuri e
sostenibili grazie all’approccio circolare sviluppato
in DeliSoil, mentre ECO-READY punta
alla creazione di un osservatorio digitale in
tempo reale, supportato da Living Labs diffusi
in diverse regioni d’Europa, per rafforzare
la resilienza dei sistemi agroalimentari.
In continuità con queste iniziative,
MultiSoil promuove la
co-creazione di pratiche agricole
che integrano inoculi microbici,
ammendanti organici,
sistemi colturali diversificati
e strategie di Integrated Pest
Management, con l’obiettivo
di preservare e potenziare la
funzionalità del suolo. La salute
del suolo è la base della
nostra sicurezza alimentare e
ambientale. La nuova direttiva
europea segna un passaggio
storico, perché restituisce centralità
a una risorsa che troppo
spesso è rimasta invisibile, e lo fa valorizzando
la scienza e promuovendo soluzioni innovative.
L’alleanza tra policy, ricerca e agricoltura è e sarà
decisiva per raggiungere l’obiettivo di suoli sani
entro il 2050. Non si tratta soltanto di preservare
un patrimonio naturale, ma di costruire resilienza,
garantire la sostenibilità dei nostri sistemi
produttivi e tutelare la qualità della vita delle generazioni
future.
* Ricercatrice del centro Enea di Casaccia •••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 35
PRODUZIONI FERTILITÀ-2
Vitamine
per il suolo
Claudio Malagrinò (Syngenta
Biologicals): “La salute dei suoli
parte integrante
dell’agricoltura rigenerativa,
che ha come obiettivo
la protezione dell’ambiente,
ma anche la produttività
e la redditività”
“L
a salute del suolo è un problema
a livello globale, al centro
di tutti i tavoli di discussione
sulla sostenibilità agricola e,
probabilmente, la più grande
sfida che l’agricoltura mondiale
sta affrontando; da una parte perché nel breve
medio periodo dovremmo sfamare sempre
più persone, dall’altra perché dobbiamo salvaguardare
le risorse che abbiamo per le generazioni
future.” Un tema particolarmente
sentito in Syngenta, come ci spiega in questa
intervista Claudio Malagrinò, Head of Biologicals
in Italia, dopo un percorso professionale
che lo ha visto crescere all’interno dell’azienda
ricoprendo ruoli chiave nel marketing e nella
gestione tecnico-commerciale.
Nel solo 2023 in Italia, tra cementificazioni,
erosioni, abbandoni e cambi di destinazione
d’uso, abbiamo perso 400 ettari di terreno agricolo.
Come si può arginare questo fenomeno?
Dobbiamo non solo preservare i suoli agricoli
da questi fenomeni, ma anche, contemporaneamente,
recuperare progressivamente i terreni
attualmente compromessi, adottando pratiche
agricole rigenerative atte a ripristinarne la struttura,
la biodiversità e quindi la fertilità. Su questo
tema noi, come Syngenta, ci stiamo impegnando
molto e la salute del suolo rientra tra le
quattro “priorità” della sostenibilità che ci siamo
dati. Il nostro obiettivo è duplice: da un lato
offrire soluzioni e prodotti per salvaguardare i
suoli, dall’altro favorire una maggiore preparazione
tra gli agricoltori, perché ci siamo accorti
che, pur essendo consapevoli del problema,
spesso vengono messe in atto pratiche inefficaci
o errate senza saperlo.
Il nostro vuole essere dunque un approccio
olistico: offrire soluzioni tecniche innovative in
grado di migliorare la salute del suolo e rispondere
ad esigenze diverse, disponibili all’interno
del nostro portfolio prodotti. Parliamo dei Biologicals,
che permettono di migliorare la ritenzione
dei nutrienti e dell’acqua, migliorano il
36 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
sequestro di carbonio, riducono la salinità, arricchiscono
il terreno di microbi che agiscono
come “vitamine”. Ma abbiniamo queste soluzioni
a tecniche di agricoltura di precisione e a
servizi di informazione/formazione.
Fa parte di questo approccio il progetto Soil
Health?
Sì. Si tratta di un progetto che ci vede impegnati in
giro per l’Italia per parlare di suolo. Cinque le tappe,
la prima il 18 settembre a Sabaudia, la seconda
il 23 settembre a Catania. Il 23 ottobre saremo
a Bologna, il 30 ottobre a Bari e a metà novembre
nel Nord-Est. Ad ogni evento vengono invitati
clienti, tecnici e opinion leader del territorio. Gli
incontri sono aperti da un intervento esterno di
un esperto che illustra quanto il mercato si stia avvicinando
a queste tematiche e di come saranno
sempre più al centro anche dei disciplinari della
Gdo. Segue un intervento
scientifico con un professore
universitario, esperto
di rizosfera e microbiota,
per spiegare le dinamiche
che avvengono nel
suolo, per passare poi ad
approfondire le soluzioni
di Syngenta Biologicals. E
a proposito di consapevolezza,
abbiamo avuto una
grande partecipazione di
agricoltori, trovando, per
usare un gioco di parole,
“terreno fertile” sui cui lavorare.
La tutela del suolo rientra
nella più vasta definizione
di agricoltura
rigenerativa, come?
Si, la nutrizione e la salute del suolo sono parte
integrante
dell’agricoltura
rigenerativa,
che ha come
obiettivo la protezione
dell’ambiente,
la tutela
delle risorse
idriche e della
biodiversità
migliorando la
produttività e
la redditività,
senza le quali
il concetto di
sostenibilità diventa
di difficile
Abbiamo in atto una
serie di collaborazioni
con istituti di ricerca
e Università,
punto di riferimento
per il nostro polo
di Atessa
attuazione.
Un suolo sano crea
vantaggi per l’agricoltore,
ma anche benefici
sociali: sequestro
di carbonio, riduzione
delle emissioni di gas
serra, migliore qualità delle acque,
maggiore densità di nutrienti nelle
colture, maggiore biodiversità.
Per questo dobbiamo cambiare il
nostro approccio verso il suolo o,
meglio, sovvertirlo, come mostra
l’immagine della locandina del nostro
tour Soil Health.
Che ruolo svolge la ricerca scientifica
nella diffusione dell’agricoltura
rigenerativa?
Fondamentale. Perché il suolo è un
sistema vivente e bisogna prima conoscerlo
per sapere ciò di cui ha bisogno e poi
verificare i risultati dei prodotti usati. Per questo
abbiamo in atto una serie di collaborazioni
con istituti di ricerca e Università, come quella
di Pisa che sono un punto di riferimento importante
per il nostro polo di ricerca di Atessa.
A livello scientifico e tecnologico l’innovazione
corre veloce. Nella pratica?
C’è bisogno di velocizzare l’introduzione
dell’innovazione. In questo momento, per
esempio, si sta discutendo della riduzione
dell’urea nella Pianura Padana, perciò la ricerca
e l’offerta di soluzioni alternative, come gli
azotofissatori, diventano fondamentale. Il nostro
impegno in questa direzione è massimo.
(gb)
•••
Syngenta ha in corso
il progetto Soil Health,
tour italiano di cinque
tappe con la partecipazione
di docenti universitari
e professionisti del settore
Claudio Malagrinò
Head of Biologicals Syngenta Italy
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 37
PROGETTI EUROPEI PACT FOR SKILLS
Una leva per
la competitività
Un patto per sviluppare nuove
competenze erafforzare
quelle esistenti, guardando
alle nuove generazioni
di Cecilia Blengino
I
l Patto per le nuove Competenze - Pact for
Skills - lanciato in Europa nel novembre
del 2020 dalla presidente della Commissione
Ursula von der Leyen e dal commissario
per il Lavoro Nicolas Schmit, si è
affermato negli ultimi anni come lo strumento
centrale per accompagnare il sistema
agroalimentare europeo - e più in generale i
settori strategici individuati da Bruxelles - nella
doppia transizione verde e digitale. Un’iniziativa
che guarda anche al futuro delle
nuove generazioni, con l’obiettivo
di attrarre giovani talenti in un
comparto in costante evoluzione.
Innovazione tecnologica, apertura
a nuovi mercati, sostenibilità, inclusione
sociale, formazione e tutela
della biodiversità: sono queste
le priorità che il Patto porta avanti,
pur nel contesto incerto segnato
dalle tensioni geopolitiche globali.
L’obiettivo è chiaro: sviluppare
nuove competenze (reskilling) e
rafforzare quelle esistenti (upskilling),
non solo a livello europeo e
nazionale, ma anche su scala regionale.
Oggi le competenze
sono considerate,
anche alla luce del
Rapporto Draghi sulla
competitività, una delle
leve decisive per consolidare
la leadership
dell’Europa e garantire
un settore agroalimentare
più resiliente e sostenibile.
A Lisbona, il delegato
R&I di Confagricoltura e direttore dell’Ufficio
Progettazione, Daniele Rossi, ha ricordato
come l’Italia stia giocando un ruolo di primo
piano grazie ai progetti pilota coordinati da
Confagricoltura ed Enapra (l’ente di formazione
di Confagricoltura), in collaborazione con
Federalimentare, l’Università di Torino, Formamentis,
l’agenzia ministeriale INAPP e con il
contributo attivo di Fondimpresa e Foragri. Le
aziende coinvolte - dalle cooperative campane
Terramore e Prima Luce al gruppo Rago di Battipaglia,
fino a Joinfruit in Piemonte - hanno
sperimentato un modello innovativo in sei fasi:
raccolta dati, mappatura dei processi, definizio-
38 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
Nicolas Schmit
Commissario europeo con delega al Lavoro
ne delle competenze, sviluppo dei percorsi formativi,
sperimentazione formativa e valutazione
dei risultati. Secondo le indagini presentate il 9
settembre a Lisbona, il 75% dei lavoratori oggetto
della sperimentazione, si è dichiarato più
preparato ad affrontare l’innovazione digitale e
ambientale; ben l’80% ha, inoltre, valutato positivamente
la qualità dei corsi erogati, mentre le
imprese con i loro imprenditori/manager hanno
registrato benefici concreti in termini di efficienza
e produttività.
Food4All: la nuova alleanza per il futuro agroalimentare
Il Pact for Skills rappresenta anche uno dei tasselli
della più
ampia strategia
per l’innovazione
di Confagricoltura:
la nuova
partnership
pubblico-privata
Food4All, che
punta a mobilitare
circa 2 miliardi
di euro in
Europa in sette
anni. Per Elisabetta
Pierantoni,
delegata
PPP Food4All di
Daniele Rossi
delegato R&I e direttore dell’Ufficio
Progettazione di Confagricoltura
Confagricoltura “la partnership è centrale per l’agroalimentare:
tutti i grandi settori europei hanno
già il loro partenariato istituzionalizzato. Solo
l’agroalimentare,
finora, ne è rimasto
privo. Ecco
perché è fondamentale
intervenire,
tempestivamente,
creando
un sistema capace
di accelerare l’adozione
di tecnologie,
rafforzare la
ricerca, sostenere
le PMI e soprattutto
rendere più
attraente e competitivo
il settore
primario”.
Le aziende coinvolte sono
molte, dalle cooperative
campane Terramore
e Prima Luce,
al gruppo Rago
di Battipaglia, fino a
Joinfruit in Piemonte
Secondo gli oltre cento aderenti, alla partnership
il futuro dell’agroalimentare si gioca su
cinque assi strategici: ambiente, salute e benessere,
società, economia e competitività, nuove
competenze. Confagricoltura insiste sul duplice
impegno di rafforzare i progetti pilota italiani,
rendendoli replicabili, e al tempo stesso battersi
a Bruxelles per il riconoscimento della partnership
“Food4All”, un binomio che punta sui nuovi
saperi.
•••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 39
RETI NAZIONALI AREE INTERNE
Le meraviglie
della Valle
dei Templi
I 635,2 ettari del Bosco
di mandorli e d’olivi e
i giardini d’agrumi entrano
nel Registro dei paesaggi
rurali di interesse storico,
delle pratiche agricole
e delle conoscenze
tradizionali
di Giorgia De Pasquale*
D
a alcuni anni anni si assiste
a livello globale a
una nuova coscienza
che riguarda l’agricoltura.
Se per secoli abbiamo
guardato al settore
primario come l’insieme di quelle
attività in grado di produrre cibo,
negli ultimi due decenni all’agricoltura
è stato affidato un ruolo
culturale, garante della salute del
Pianeta e degli uomini e delle
donne che lo abitano. Pratiche e
tecniche agricole tradizionali, caratterizzate
da un ridotto impiego
di energie sussidiarie esterne, sia
in termini di meccanizzazione, irrigazione,
che di concimazioni chimiche
e di agrofarmaci. Saperi e
conoscenze antiche legate alle caratteristiche
specifiche dei luoghi, hanno oggi un
valore legato da una parte alla qualità e all’unicità
delle loro piccole produzioni e dall’altra un ruolo
strategico per mantenere le identità delle comunità
locali e la bellezza del paesaggio. Il ministero
dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle
Foreste, riconoscendo il valore di questi contesti
e le potenzialità, con Decreto n. 17070 del 19 novembre
2012, ha istituito il “Registro nazionale dei
paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche
agricole e delle
conoscenze tradizionali
(Registro
nazionale)” finalizzato
a individuare
tutti i “paesaggi
rurali tradizionali
o di interesse storico”
presenti sul
territorio italiano,
ovvero tutti quei
paesaggi in cui le
strutture storiche
agricole non sono
state cancellate o
alterate da moderni metodi dell’utilizzo del suolo.
Il valore di questi territori trascende la redditività
dell’attività produttiva e si alloca prevalentemente
nella loro funzione culturale - in quanto
espressione formale delle risorse e dell’orografia
locale, di antichi saperi, usi fondiari, costumi
e riti, tracce viventi delle articolazioni delle società
del passato - e nella funzione ecologica e
I promotori della
candidatura: l’azienda
Terre del Barone,
il Parco Archeologico
e Paesaggistico
di Agrigento e il Fai
40 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
manutentiva, di protezione del territorio dal
degrado, dagli incendi, dagli allagamenti, di
difesa del suolo dal dissesto idrogeologico, di
mantenimento della biodiversità e delle identità
culturali locali. L’agricoltura, dunque, diventa
“custode” di un patrimonio vivente, che,
al pari dei monumenti presenti nelle nostre
città, deve essere protetto, permettendo la sopravvivenza
di questi sistemi agricoli. Entrare
a far parte di questo Registro significa riconoscere
che l’agricoltura è una forma d’arte del
prendersi cura, della salute, dell’autenticità e
della bellezza. “Il Bosco di mandorli e d’olivi
e i giardini d’agrumi della Valle dei Templi
d’Agrigento”, è stato riconosciuto dal Masaf
un paesaggio agrario di grande interesse perché
rappresentativo dell’arboricoltura promiscua
in asciutto che un tempo dominava il paesaggio
siciliano. La candidatura, promossa dalla Società
Agricola “Terre del Barone” s.r.l., dal Parco Archeologico
e Paesaggistico della Valle dei Templi
di Agrigento e dal F.A.I., è stata un’occasione per
implementare ulteriormente il modello di gestione
virtuoso e di contrasto alle attività illegali, con
un nuovo spirito di collaborazione tra istituzioni
g PIOPPICOLTURA, CONFAGRI ADERISCE AL NUOVO PIANO DI SVILUPPO
Confagricoltura, l’Associazione
Pioppicoltori Italiani e le Regioni
Piemonte, Lombardia, Veneto,
Emilia-Romagna e Friuli-
Venezia Giulia hanno firmato a
Milano una nuova intesa per lo
sviluppo della filiera del pioppo.
Gli obiettivi del documento sono: incentivare la nascita di filiere dedicate,
aumentare la materia prima nazionale destinata all’industria interna
del legno, della carta e dell’energia rinnovabile, promuovere le pratiche
colturali sostenibili, intercettare sostegni economici dai fondi Ue, a partire
da quelli per lo sviluppo rurale, regolamentare l’attività pioppicola
all’interno delle aree della Rete Natura 2000 e di altre aree protette, nel
rispetto di quanto previsto dal Regolamento sul Ripristino della Natura.
“Il cammino è tracciato, lo dobbiamo percorrere tutti insieme: istituzioni,
organizzazioni del settore e mondo della ricerca”, ha commentato il
componente di giunta di Confagricoltura, Cesare Soldi (in foto al centro),
intervenuto all’incontro.
Il valore della filiera legno-arredo e del suo indotto occupa l’8% dei dipendenti
del settore manifatturiero grazie all’attività di 81.000 imprese
(pari a circa il 15% del totale nazionale) e quasi 300.000 addetti (fonte:
Centro Studi FederlegnoArredo). Il suo fatturato supera i 51 miliardi di
euro, di cui 13,5 derivanti dalla sola esportazione di prodotti per l’arredamento.
La pioppicoltura rappresenta lo 0,5% della risorsa di legno
italiana, ma è la fonte essenziale di uso del legno da opera in Italia e ne
rappresenta il 50%.
g IL REGOLAMENTO DEFORESTAZIONE EUROPEO VERSO IL RINVIO
L’applicazione del Regolamento UE sulla Deforestazione (Eudr) slitta di
un altro anno. Lo ha annunciato la presidente della Commissione ambiente
del Parlamento europeo, Jessika Roswall, giustificando la decisione
con problemi con il sistema informatico che dovrà gestire tutte le
comunicazioni delle aziende della filiera.
La decisione è arrivata a brevissima distanza dall’incontro organizzato in
Parlamento Europeo da Confagricoltura e FederlegnoArredo per ribadire
la contrarietà al testo, insieme alla necessità applicare semplificazioni
e riduzioni degli oneri amministrativi, in particolare per le Pmi del settore
agroforestale. “La sostenibilità rimane per la nostra filiera una priorità
irrinunciabile, la cui messa a terra non può prescindere da una regolamentazione
chiara e realisticamente attuabile”, hanno dichiarato le parti
in un comunicato congiunto con cui hanno commentato positivamente
la decisione sulla seconda proroga del regolamento.
pubbliche, aziende private e terzo settore, unite
nella tutela del suo sistema agricolo tradizionale
e del paesaggio. L’area iscritta al Registro si
estende per 635,2 ha e si colloca fra la città di
Agrigento e il mare, a Sud dello sperone tufaceo
che ospita l’insediamento della vecchia Girgenti.
Il perimetro ricade integralmente all’interno dei
confini amministrativi del Comune di Agrigento
(ricoprendo il 2,6% circa della superficie comunale)
e all’interno del Parco Archeologico
della Valle dei Templi (ricoprendo
circa la metà dei terreni del
Parco Archeologico), includendo il
giardino della Kolymbethra del FAI e
i terreni di vecchio e nuovo impianto
della Società Agricola “Terre del Barone”
s.r.l.
A seguito di questo riconoscimento,
ulivi, mandorli e agrumi della Valle
dei Templi, entrano a far parte ufficialmente
del patrimonio storico,
dimostrando che l’agricoltura può
essere ponte tra passato e futuro,
preservando le identità dei paesaggi,
i saperi locali e garantendo un futuro
più sostenibile. L’iscrizione nel
Registro della Valle dei Templi riconosce
che il lavoro dell’agricoltore è
una delle forme più efficaci di tutela
del nostro patrimonio, un’attività che
protegge la bellezza, la storia e il futuro
del nostro Paese.
* Docente dell’Università Roma Tre,
coordinatrice del dossier per la candidatura
del “Bosco di mandorli e
d’olivi e i giardini d’agrumi” •••
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 41
AGRICOLTURA BIOLOGICA a cura di Siliva Piconcelli
MOLTE RAZZE AUTOCTONE POSSONO VIVERE ALL’APERTO 365 GIORNI ALL’ANNO
Zootecnia al pascolo un grande serbatoio
di biodiversità in continuo cambiamento
L’allevamento animale effettuato
all’aperto su grandi superfici
è qualcosa di veramente utile al
mantenimento dell’ecosistema
che si è venuto a formare nei
secoli, nei nostri territori, ed è in
grado di fornire alimenti proteici
di alto valore nutritivo. Questo
tipo di allevamento rientra in toto nei concetti di biologico
in quanto gli animali si cibano di erbe nate spontaneamente
con al massimo una piccola integrazione di farine di cereali
biologici (di solito prodotti in azienda).
Gli animali che principalmente vengono allevati allo stato
brado sono grandi e piccoli ruminanti, oltre ai suini; gli
spazi che occupano principalmente sono zone alpine,
prealpine e appenniniche. È presente un gruppo numeroso
di razze autoctone che si sono formate e selezionate
naturalmente in funzione dell’ambiente in cui si sono sviluppate,
in un Paese come l’Italia dove passiamo da climi
rigidi e piovosi come quelli alpini a climi caldi e siccitosi,
con conseguenti diversissime essenze botaniche. Alcune
di queste razze sono completamente adattate al loro
habitat, tanto da vivere all’aperto 365 giorni all’anno, al
massimo con piccoli ricoveri per ripararsi dalle intemperie
comunque poco utilizzati. Un esempio fra tutti è quello
della razza bovina Maremmana, nella quale si sono sempre
più selezionati animali con lunghe corna atte a districarsi
nella macchia mediterranea. Tutto ciò rappresenta
un serbatoio di biodiversità veramente importante per il
futuro, che è sempre in continuo cambiamento.
Ovviamente la gestione del carico di animali per superficie
è estremamente importante per non rovinare il cotico erboso,
come pure è importante il suo consumo in assenza del
quale comunque le erbe marcendo libererebbero anidride
carbonica e schiacciandosi sul terreno lo renderebbero impermeabile
con conseguente impoverimento delle sorgenti
e favorendo un eccessivo ruscellamento.
Altro fattore positivo legato alla presenza di animali è quello
dell’arricchimento di sostanza organica con le feci, che
previene la desertificazione. È chiaro che le produzioni che
si ottengono non possono essere elevate da un punto di vista
quantitativo, ma avranno una qualità eccelsa sotto ogni
punto di vista con peculiarità organolettiche diverse fra gli
stessi areali in cui vengono prodotte.L’allevamento biologico
al pascolo può dare benefici di diversa tipologia all’ambiente,
ma contemporaneamente deve permettere a chi lo pratica
di ricavare dal suo lavoro un reddito equo. Da un lato
il consumatore deve essere consapevole del grande valore
che esso racchiude, e il pubblico deve sostenere questi allevamenti
e di conseguenza la presenza dell’uomo in territori
così vulnerabili sia da un punto di vista economico, sia anche
mantenendo infrastrutture quali vie di comunicazione, scuole,
ospedali, centri sportivi e ludici, e disponibilità della rete.
La somma data dalla presenza dell’uomo e da animali
domestici e non solo selvatici,
rappresenta una ricchezza di non
poco conto, in quanto può coniugare
la conservazione dell’ambiente
alla produzione di derrate
alimentari comunque preziose, e
che rendono testimonianza dell’evoluzione
delle civiltà che ci hanno
preceduto.
Dobbiamo quindi cercare il più
possibile di trasmettere ai posteri,
con il contributo di tutti e non solo di
pochi, queste ricchezze che si sono
formate nei secoli.
Paolo Parisini
(presidente di ConfagriBio)
42 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
ORGANIC SUMMIT A COPENAGHEN, IL DIBATTITO SUGLI OBIETTIVI UE AL 2030
Fidora (Copa) Abbiamo bisogno
di più cultura bio e di più risorse
Copenhagen ha ospitato l’Organic Summit 2025 (OS25)
che si è svolto il 18 e 19 agosto scorso. Il vertice internazionale,
dal titolo “Cibo per tutti su un pianeta sano”, ha
riunito leader e innovatori del settore con un obiettivo chiaro:
ridefinire il ruolo dell’agricoltura biologica nella
transizione verde, dai toni sfidanti quali garantire la
sicurezza alimentare globale, rispettandone al tempo
stesso i limiti ecologici. La discussione ha evidenziato
come l’agricoltura biologica possa diventare un motore
ancora più potente per la transizione sostenibile.
Al centro del dibattito, l’ambizioso obiettivo dell’Unione
Europea di destinare, entro il 2030, il 25% delle
superfici agricole all’agricoltura biologica. Tra le voci
più autorevoli, Connie Hedegaard, ex commissario
Ue per il clima, e l’enologo Peter Sisseck, che hanno
sottolineato l’importanza della collaborazione e di
considerare la sostenibilità non come un vincolo, ma
come un’opportunità di sviluppo.
Un contributo significativo al dibattito è arrivato
da Emilio Fidora (in foto), presidente del gruppo
Copa per l’agricoltura biologica, che ha portato
anche la prospettiva
italiana al summit. Fidora
ha sottolineato in
particolare due punti
strategici: in primo
luogo, l’importanza
di rafforzare l’educazione
alimentare nelle
scuole per sensibilizzare
i giovani al consumo responsabile e biologico fin dalla
tenera età; in secondo luogo la necessità di una Politica
Agricola Comune (Pac) più mirata, chiedendo l’istituzione
di una specifica Organizzazione Comune di Mercato
(Ocm) dedicata al settore biologico, con fondi dedicati a
sostenerne la crescita.
Il vertice, articolato in sessioni dedicate a politica, ricerca,
economia e pratica, si è concluso con la redazione di una
dichiarazione congiunta, una “road map” che delinea proposte
concrete per una gestione più sostenibile delle risorse
globali. L’evento ha ribadito il ruolo di leadership della Danimarca
nel settore e la sua volontà di condividere esperienze
per accelerare la transizione biologica in tutta Europa,
con il supporto di tutti gli attori, inclusi quelli italiani.
L’Organic Summit 2025 si conferma così un appuntamento
fondamentale per il futuro del settore, dimostrando che l’innovazione
e la collaborazione sono le chiavi per costruire
un sistema alimentare più equo e rispettoso dell’ambiente.
g I FUNZIONARI DELLA REGIONE POLACCA SLESIA A BOLOGNA CON CONFAGRIBIO
Anche nei mesi di
agosto e di settembre
ConfagriBio ha
continuato a adoperarsi
per promuovere
le produzioni biologiche
e sostenere gli
operatori del settore.
Tra le attività realizzate, un appuntamento di spicco è stato sicuramente
la partecipazione al Meeting di Rimini a fine agosto, evento al quale
l’associazione è stata presente attraverso la realizzazione di laboratori
di educazione al gusto per le famiglie e i giovani. Come associazione,
riteniamo, infatti che l’educazione al gusto, attraverso attività di analisi
sensoriale guidata, sia un mezzo fondamentale per avvicinare i consumatori
a scelte alimentari consapevoli ed orientate alla sostenibilità.
I primi di settembre, invece, i vertici dell’associazione sono stati coinvolti
in un incontro istituzionale con una delegazione di funzionari pubblici
della regione Slesia in Polonia presso la sede di Confagricoltura Bologna.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per presentare una panoramica
del comparto biologico a livello nazionale, evidenziando le opportunità
e le sfide del settore alla luce della ravvicinata scadenza del 2027 che
vede l’obiettivo di raggiungere il 25% di superfici destinate a regime bio.
È stato anche un’occasione di confronto prezioso per rafforzare la collaborazione
e lo scambio di esperienze tra addetti ai lavori.
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 43
TROPPA QUANTITÀ E TROPPI IMPIANTI SU SUPERFICI POCO VOCATE
Giovani di Confagricoltura
Il momento magico per il vino italiano
non è finito. Semplicemente, è cambiato
Il vino italiano ha ancora tanto
da raccontare, dentro e fuori
dai confini. Non è una fine:
è un’altra trasformazione. E
come sempre, il vino italiano
saprà trovarvi il suo posto, con
umiltà, visione e tanta voglia di
ricominciare. Il comparto vino
italiano sta attraversando una fase delicata, e sarebbe
un errore negarlo. Ma altrettanto sbagliato è lasciarsi sopraffare
da un allarmismo che, a tratti, sembra alimentarsi
più di inerzia e retorica che di analisi concreta. Forse,
il vero problema è che non ci siamo pienamente accorti
della discesa silenziosa che abbiamo intrapreso negli ultimi
anni. Abbiamo navigato a favore di un vento favorevole,
ma senza riuscire a mettere davvero le vele giuste.
Il settore ha puntato troppo sull’espansione quantitativa
- nuovi impianti, nuove superfici, spesso in territori poco
vocati - attratti da un guadagno apparentemente facile e
immediato. In questa corsa, però, si è perso di vista il consumatore
finale, ci si è dimenticati di chiedere cosa davvero
cercasse in un calice di vino. Si è fatto troppo poco per
comunicare il valore profondo del vino italiano, le sue radici,
la sua cultura. Poca promozione, poca innovazione,
poca strategia. Come se quel “momento magico” fosse
destinato a non finire mai. Ma nulla è eterno: oggi quel
momento non è finito, semplicemente è cambiato. E come
sempre, il cambiamento premia chi sa leggerlo.
È vero, i dazi americani stanno influendo negativamente,
rallentando le esportazioni verso un mercato storicamente
centrale per il vino italiano. Ma non le hanno certo azzerate.
Forse il vero colpevole è da cercarsi nell’incertezza globale
che ci circonda, e che ci fa vivere ogni giorno come se
fosse l’ultimo. I quantitativi sono calati, sì, ma non scomparsi,
come qualche titolo da prima pagina continua ad affermare.
E soprattutto, mentre ci preoccupiamo del passato,
stiamo trascurando il futuro: nuovi mercati si stanno affacciando
con sempre più interesse verso il vino, e nel made in
Italy vedono un riferimento prioritario rispetto a tante altre
denominazioni europee e mondiali. Ma attenzione, questi
mercati vanno raggiunti, conosciuti, rispettati. Non possiamo
più permetterci di aspettare i clienti in cantina, convinti
che “come noi, nessuno”.
Il vicino Est Europa - Polonia, Ungheria, Romania, Repubblica
Ceca - offre segnali concreti di crescita e curiosità verso
il vino italiano. L’Asia, con aree ancora poco esplorate, e
una India in costante ascesa, rappresentano un potenziale
ancora enorme. E persino negli Stati Uniti, ci sono interi stati
dove il vino italiano è quasi sconosciuto e dove potremmo
ancora dire molto, se solo decidessimo di andarci.
Infine, non dimentichiamo il nostro mercato interno. Anche
in Italia, come in alcuni Paesi del Nord Europa, i consumi
stanno evolvendo. Sempre più concittadini acquistano vino
in enoteca, online o direttamente in cantina, per goderselo
a casa, abbinandolo a piatti preparati con cura. È un
segnale importante: forse, dopo il Covid, abbiamo imparato
ad apprezzare di più la convivialità casalinga. Ma è
anche vero che, in troppi casi, i ricarichi eccessivi in alcuni
ristoranti scoraggiano il consumo fuori casa. Se un prezzo
troppo elevato può sembrare normale per un turista, abituato
a costi più alti nel proprio Paese, per l’italiano medio
rappresenta spesso una barriera. Eppure, quando il prezzo
della bottiglia è percepito come equo, coerente con il suo
valore reale, il consumatore nazionale continua a bere. E a
scegliere con consapevolezza.
Saremmo tentati di pensare che la soluzione più immediata
risieda ancora una volta in nuovi aiuti di Stato o in ulteriori
interventi dell’Unione Europea, ma crediamo, con rispetto
e senso di responsabilità, che si debba guardare oltre:
alle istituzioni si potrebbe piuttosto chiedere di rafforzare
quanto già fatto negli ultimi anni in termini di promozione
verso mercati consolidati e nuovi. È tempo di rivedere con
urgenza un sistema promozionale ancora troppo frammentato,
affidato a una molteplicità di soggetti, con il risultato di
una dispersione delle risorse e azioni spesso poco incisive.
Da giovane vignaiolo, consapevole di non avere lezioni da
dare, ma molto ancora da imparare, sento però che- come
fecero con coraggio e visione coloro che ci hanno preceduto
durante la crisi del metanolo - questo è il momento
di metterci in discussione, di riflettere sul modello ‘Vigna
Italia’ e sull’intera filiera produttiva. Solo così potremo superare
questa fase storica di mercato e uscirne più forti di
prima. Perché il vino italiano, da Nord a Sud, è tra i più
desiderati e ricercati al mondo: non possiamo e non dobbiamo
arrenderci, forti di una storia e di una tradizione che
ce lo impone. “Il futuro non è un regalo, è una conquista”,
Adriano Olivetti.
Pier Giovanni Ferrarese
Presidente dei Giovani di Confagricoltura Veneto
44 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
CAMPI ROSA di Alessandra Porro
BIODIVERSITÀ E TRADIZIONI RURALI, L’INCONTRO “PIANTE E ANIMALI PERDUTI” A GUASTALLA
Sfriso Allevamenti all’aperto da tutelare
di più, anche con normative più adatte
Domenica 28 settembre,
nella piazza
principale di
Guastalla (RE), si
è tenuta la storica
mostra mercato
“Piante e Animali
Perduti”, un evento
che celebra la biodiversità,
la cultura
agraria e le tradizioni
rurali, alla presenza
di oltre 500
espositori da tutta
Italia: dal mondo
del florovivaismo,
dell’agricoltura e
dell’artigianato. Nel
corso della manifestazione
è intervenuta
Tiziana Sfriso.
Presidente di Confagricoltura
Donna Parma, Sfriso conduce, sulle
colline di Fornovo, l’azienda agricola “Lo Spineto”,
dove si alleva il suino nero di Parma (circa
un centinaio di capi) allo stato brado. La presidente
ha anche un allevamento di bovini da
carne e bovini da latte a Castelnovo ne’ Monti,
nelle campagne di Reggio Emilia, con cui produce
latte destinato alla produzione di Parmigiano
Reggiano.
Negli ultimi mesi, il mondo dell’allevamento
ha vissuto momenti difficili, segnati dalla diffusione
della Peste Suina Africana (PSA) e da
normative che, secondo molti operatori del settore,
ostacolano anziché sostenere le realtà agricole
più fragili. In questo contesto, si alza una
voce che chiede ascolto e condivisione. “Quello
che stiamo vivendo non riguarda solo la mia
azienda, o la mia famiglia: è una battaglia che
coinvolge tutti - ha affermato Sfriso - perché la
strada che stiamo percorrendo è stata tracciata
da tempo. Si parla spesso di biodiversità, di convivenza
con la fauna selvatica, di contrasto allo
spopolamento delle aree rurali, di sostenibilità,
ma troppo spesso queste restano parole prive di
sostanza, perché le normative attuali non favoriscono
realmente questi obiettivi”.
Il problema, secondo chi vive quotidianamente
la realtà agricola, è culturale prima ancora che
politico: “Abbiamo imparato a valutare il valore
delle cose solo dal punto di vista economico, dimenticando
quello sociale e ambientale. E questo
è gravissimo. Le piccole aziende agricole, gli
allevatori, non ce la fanno più”. La richiesta è
chiara: serve un sistema che riconosca il ruolo
fondamentale di queste realtà, non solo per la
loro sopravvivenza, ma per il benessere collettivo.
“I consumatori - ha aggiunto - cercano proprio
questo tipo di agricoltura e di allevamento.
Chi si occupa di normative, chi fa politica, deve
capire che l’esigenza non è solo degli operatori
del settore, ma dei cittadini. È una necessità reale,
urgente, condivisa”. Un appello che invita a
riflettere sul futuro dell’agricoltura, della sostenibilità
e della relazione tra uomo e territorio.
SETTEMBRE 2022 | MONDO AGRICOLO | 45
ANPA
SONO 7 MILIONI COLORO CHE ASSISTONO PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI. IL 60% SONO DONNE
Caregiver un pilastro invisibile del sistema
di assistenza ancora in attesa di tutele
Nel tessuto sociale italiano, la figura del caregiver familiare
è un pilastro fondamentale, sebbene spesso invisibile
e non riconosciuto per il ruolo cruciale che svolge.
Si tratta di persone che si prendono cura di un proprio
familiare non autosufficiente a causa di malattia, disabilità
o età avanzata. La figura del caregiver è sempre
esistita, spesso ricadendo sulle spalle delle donne, un
ruolo dato per scontato che ha avuto importanti ricadute
sulla loro vita personale e professionale. Oggi, un caregiver
è molto più di un semplice assistente: è un punto
di riferimento per la persona malata nella gestione e
organizzazione delle cure, ma anche un fondamentale
appoggio psicologico. È un figlio che si prende cura
del genitore anziano, un partner che assiste la persona
amata colpita da una grave malattia, o un genitore che
segue il figlio con disabilità per tutta la vita.
Questo impegno quotidiano e spesso totalizzante
ha un impatto profondo su ogni aspetto
della loro vita. Dal punto di vista economico,
molti caregiver riducono o abbandonano il
proprio lavoro, compromettendo la propria
situazione finanziaria e previdenziale. In
Italia, si stima che su 7 milioni di caregiver, il
60% sia rappresentato da donne. Laddove
queste siano lavoratrici autonome, spesso
rinunciano alla loro posizione lavorativa
a causa dell’incompatibilità con i tempi e
gli impegni di cura. Sul piano psicologico e
fisico, il carico assistenziale può portare a
stress cronico, isolamento sociale e ad una
condizione di esaurimento che compromette
seriamente la salute e il benessere
della persona. Un’altra riflessione cruciale
riguarda il futuro demografico del nostro
Paese nei prossimi 20 anni: con una popolazione
che invecchia e famiglie sempre
più piccole, emergerà la necessità
che il ruolo di cura possa essere ricoperto
da un numero maggiore di uomini e, in
alcuni casi, anche da persone non legate
da un vincolo di parentela.
Nonostante la loro importanza, i caregiver
non hanno un riconoscimento legale
completo e uniforme a livello nazionale. La loro attività
genera un valore economico incalcolabile, sostenendo
di fatto il Servizio Sanitario Nazionale e il sistema di
welfare regionale. Senza il loro contributo, l’intero sistema
di assistenza collasserebbe.
La legge di bilancio del 2018 (Legge 205/2017) ha introdotto
per la prima volta una definizione ufficiale di
“caregiver familiare” e ha istituito un fondo a loro sostegno.
Tuttavia, la mancanza di una legge quadro nazionale
che disciplini in modo organico la figura del caregiver
rende la situazione molto eterogenea a seconda
della regione in cui si vive.
Il caregiver può avvalersi di misure legislative anche
se non dedicate a questa figura, come ad esempio la
Legge 104/1992, l’APE sociale, congedo straordinario
retribuito.
46 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
Ma se a livello nazionale la strada sembra essere ancora
lunga, diverse regioni hanno tentato di dare risposte
concrete a queste esigenze; l’Emilia-Romagna è stata
pioniera in questo campo.
La Legge regionale n. 2/2014, la prima in Italia a definire
e sostenere la figura del caregiver, riconosce il ruolo
sociale di queste persone e stabilisce misure di sostegno
concrete. La successiva Legge regionale n. 5/2024 ha
istituito il Fondo regionale caregiver, un importante strumento
finanziario che viene alimentato nel 2025 con oltre
5 milioni di euro (2,3 milioni da risorse nazionali e 3
milioni da risorse regionali).
La legge prevede contributi per il finanziamento di tali misure,
definisce il caregiver familiare
indipendentemente dalla convivenza
con l’assistito e istituisce la
figura del giovane caregiver (fino
a 24 anni) per promuoverne il riconoscimento
e il supporto.
Tra le principali azioni messe in
campo dalla Regione troviamo:
1. Promozione della salute dei
caregiver: programmi di
screening ed iniziative per
facilitare l’accesso ai servizi
sanitari.
2. Percorsi di formazione:
corsi di formazione, che
offrono strumenti pratici per la gestione della cura e
per la tutela del proprio benessere.
3. Coinvolgimento nel Piano Assistenziale
Individuale (PAI): il caregiver è parte attiva nella
definizione e gestione del piano di cura, garantendo
un approccio più completo e personalizzato.
La prima legge italiana
che ha riconosciuto
il ruolo sociale
dei caregiver è
dell’Emilia Romagna
e risale al 2014
g IL SOSTEGNO DI SENIOR-L’ETÀ DELLA SAGGEZZA ONLUS AL GEMELLI
Ci sono anche Confagricoltura e Senior
- L’Età della Saggezza Onlus tra i partner
che hanno contribuito all’allestimento
tecnologico e artistico del nuovo
reparto degenze di Radioterapia
oncologica del Policlinico Gemelli di
Roma. Una collaborazione ormai storica,
quella della struttura ospedaliera
universitaria capitolina con la Confederazione e la sua Onlus, guidata da
Angelo Santori, che oggi si rinnova per il progetto “Art4ART”, in cui arte
e tecnologia si mettono al servizio dei pazienti.
Ogni spazio del nuovo reparto è dotato di display interattivi, per la visione
di contenuti motivazionali e artistici, inclusi video realizzati in collaborazione
con il Museo MAXXI, con l’obiettivo di migliorare la resilienza
dei pazienti. Presente anche una stanza cinema dedicata, per esperienze
immersive collettive, e una stanza colloqui con sistema multimediale
interattivo, pensata per migliorare la comunicazione medico-paziente.
4. Sportelli informativi
e di ascolto: sportelli
dedicati nei Distretti
socio-sanitari
che offrono informazioni,
orientamento e
supporto psicologico.
Queste misure, seppur
non risolutive per tutte le
problematiche, rappresentano
un passo avanti
significativo.
La sfida del futuro è quella
di arrivare ad una
normativa nazionale
per riconoscere la
figura del caregiver
garantendo dignità
e tutela alle persone
che ogni giorno concorrono
alla qualità della vita ed
al benessere della persona assistita.
La dignità del caregiver è quella
di non dover scegliere tra la cura
e la propria vita; quindi, di vedersi
riconosciuti diritti e tutele che le
sole leggi regionali, seppur lodevoli,
non possono colmare e garantire in modo uniforme.
La regione Emilia-Romagna ha dimostrato che è possibile
costruire un sistema di supporto efficace, ma
che il passo successivo non deve essere solo normativo
ed economico; deve essere prima di tutto culturale.
Dobbiamo superare la visione del caregiver
come “assistente non pagato” e riconoscere
la figura professionale che,
sebbene non retribuita, merita rispetto,
tutela ed un posto centrale nella
pianificazione delle politiche sociale
e sanitarie.
Dare dignità ai caregiver non è un costo,
ma un investimento strategico per
un futuro in cui il welfare non rappresenti
solo un insieme di servizi, ma una
rete di relazioni umane supportate e
tutelate. È una scelta di civiltà, che riconosce
il valore inestimabile del lavoro
di cura e la dignità di chi ogni giorno
mantiene una parte essenziale della
nostra società.
Marta Garuffi
(segretaria ANPA Confagricoltura
Emilia Romagna)
Il convegno organizzato da
Anpa Emilia Romagna
sulla figura del caregiver, nello
stand di Confagricoltura
al Meeting di Rimini dello
scorso agosto
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ORGANIZZAZIONE E TERRITORIO di Alessandra Porro
VITERBO RIETI
SABATINI PRESIDENTE
LA FESTA PER GLI 80 ANNI DI CONFAGRICOLTURA BELLUNO
Donazzolo sfide del futuro
Giovani fondamentali
Imprenditrice agricola con una visione
moderna e sostenibile del settore,
Bettina Sabatini è alla guida di due
aziende agricole: una nel Comune di
Soriano nel Cimino e l’altra nei comuni
di Grosseto e Manciano. Coltiva
frutta in guscio - in particolare nocciole
e mandorle - e cereali; produce
olio e gestisce un agriturismo, con l’obiettivo
di valorizzare il territorio e la
multifunzionalità dell’impresa agricola.
Laureata in Economia e Commercio,
vanta una solida esperienza nel
settore e nell’ambito dell’associazionismo
di categoria. Dal 2019 al 2025
ha ricoperto il ruolo di vicepresidente
di Confagricoltura Viterbo-Rieti, contribuendo
in modo attivo alla tutela
e alla rappresentanza del tessuto associativo
locale. Convinta sostenitrice
di un’agricoltura capace di coniugare
tradizione e innovazione, la nuova
presidente si propone di guidare
Confagricoltura Viterbo-Rieti con una
gestione attenta, inclusiva e orientata
alla crescita delle imprese, promuovendo
il valore dell’agricoltura e il radicamento
nel territorio. Fanno parte
del comitato di presidenza: Guglielmo
Ascenzi, Silvestro Parenti, Giuseppina
Polidori, Mauro Favero e
Antonio Parenti.
“Confagricoltura Belluno si proietta verso
un futuro ricco di sfide, ma anche di
opportunità: dall’adozione di tecniche
agricole avanzate alla cura dell’ambiente
e della biodiversità, dalla promozione
dei prodotti tipici alla valorizzazione
dei territori”. Ha introdotto così
il presidente di Confagricoltura Belluno,
Diego Donazzolo, la festa degli 80
anni dell’organizzazione montana a Villa
Miari Fulcis di Modolo, alla presenza
di oltre un centinaio di agricoltori da tutta
la provincia, dell’assessore all’Agricoltura
della regione Veneto, Federico
Caner, e del presidente della commissione
Agricoltura al Senato, Luca De
Carlo. “Ottant’anni sono un traguardo
che va ricordato come un simbolo di
resilienza, passione e rappresentanza
degli agricoltori - ha scandito Donazzolo
-, passando dalla difficoltà della
ricostruzione al boom economico, fino
alle sfide della globalizzazione e della
digitalizzazione. Agricoltura di precisione
ed energia verde sono già realtà
in molte aziende associate, esempi concreti
di una trasformazione che rende
l’agricoltura bellunese sempre più competitiva
e sostenibile”.
Davanti alla presidente dei Giovani di
Confagricoltura Belluno, Giulia Frigimelica,
ha letto una lettera rivolta
a coloro che rappresentano il futuro:
“Fare agricoltura in montagna significa
affrontare mille ostacoli: infrastrutture
carenti, isolamento sociale, il proliferare
della fauna selvatica. Ma il ruolo dei
giovani è cruciale: se continueranno
a coltivare, la montagna non morirà,
perché custodiranno paesaggi che non
verranno abbandonati e difenderanno
tradizioni che altrimenti rischierebbero
di perdersi”. Il presidente di Confagricoltura,
Massimiliano Giansanti,
ha rimarcato come l’agricoltura di
montagna sia un esempio per tutti di
cosa significhi essere agricoltori, principali
attori della tutela del territorio e
anche dell’agricoltura sociale, che garantisce
la presenza dell’uomo e una
deterrenza all’abbandono. “Tutto questo
tra mille difficoltà - ha detto Giansanti
-. Basti pensare a tante malattie
che oggi affliggono gli allevamenti,
dalla PSA alla dermatite nodulare contagiosa
dei bovini, alle fitopatie che
colpiscono le piante”. In chiusura, una
bellissima lettura dell’attrice Debora
Caprioglio, con testi poetici dedicati
all’agricoltura, da Ovidio a Carducci e
Tolstoj, e un excursus storico sulle radici
del territorio e sulle sue potenzialità attuali,
con il giornalista e scrittore Edoardo
Comiotto, il sociologo Diego
Cason, l’avvocato Livio Viel e l’insegnante
Serena Turrin.
48 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
FORMAZIONE di Antonella Torzillo
CONCLUSA LA PARTE ON-LINE DEL PROGETTO FOR.TREE NURSERY DI ENAPRA E ALBERITALIA
Il corso Pratiche innovative per la produzione
di materiale forestale di qualità e sostenibile
Si è recentemente conclusa la fase on-line dei due corsi
di formazione previsti dal progetto FOR.TREE NURSE-
RY, promosso dalla Fondazione AlberItalia ETS per conto
di CNR ISAFOM e sostenuto dal National Biodiversity
Future Center. Il progetto, che punta al rilancio della
filiera vivaistica forestale nazionale, oltre alle attività
formative prevede anche quattro eventi divulgativi per
altrettanti raggruppamenti di Regioni. Iniziative, queste,
nelle quali si è registrata una significativa partecipazione
di tecnici, operatori e professionisti provenienti da
moltissime realtà italiane, sia pubbliche che private. Il
percorso dei due corsi - per i quali si stanno svolgendo
le esercitazioni pratiche in vivaio in Sardegna e in
Abruzzo - conferma la rilevanza nazionale di un’iniziativa
nata per rafforzare competenze e conoscenze in
un comparto strategico. In questo senso la formazione
rappresenta un’occasione concreta di aggiornamento
sulle pratiche più innovative legate alla produzione di
materiale forestale di qualità, alla gestione sostenibile
dei vivai e al ruolo delle foreste nel contrasto ai cambiamenti
climatici.
Durante le 120 ore di didattica, per ciascuno dei due
corsi, che hanno visto la partecipazione di venti partecipanti
per edizione, sono stati affrontati temi tra i quali
la selezione e certificazione del materiale di propagazione,
le tecniche di coltivazione, l’importanza della
biodiversità genetica e le innovazioni di processo. Uno
degli elementi distintivi è stato certamente il format didattico
misto, con attività pratiche in presenza in vivaio
e una parte in FAD sincrona gestita da Enapra, ente
di formazione di Confagricoltura che ha garantito strumenti
digitali e supporto metodologico per rendere la
formazione accessibile, interattiva e inclusiva.
“La formazione è la leva fondamentale per costruire
una cultura diffusa della sostenibilità ambientale - cosi
Luca Brondelli di Brondello, presidente di Enapra e
vicepresidente di Confagricoltura - perché consente agli
operatori di acquisire conoscenze per affrontare con
competenza le sfide poste dai cambiamenti climatici e
dalla tutela della biodiversità. Iniziative come FOR.TREE
NURSERY dimostrano quanto sia importante investire
sul capitale umano per innovare la filiera forestale”.
Sulla stessa linea Sergio Gallo, direttore di AlberItalia.
“L’impegno della Fondazione è orientato a fornire
soluzioni concrete per il rilancio della filiera vivaistica
forestale e la tutela degli ecosistemi, e la collaborazione
con Enapra ha rappresentato un valore aggiunto
determinante. La sinergia tra competenze scientifiche e
capacità formativa è la chiave per rafforzare il comparto
e rispondere in modo efficace alle esigenze dei
territori”, ha detto Gallo. Il prossimo 14 ottobre a Roma,
nella sede di Confagricoltura di Palazzo Della Valle, è
programmato l’evento finale con l’obiettivo di divulgare
il Report di sintesi del progetto realizzato da AlberItalia
e condividere una roadmap per il rilancio dell’intera
filiera della vivaistica forestale nazionale.
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 49
BUONO A SAPERSI di Gaetano Menna
IL “PATTO” TRA L’AGRICOLTORE E LA PIANTA
Una naturale alleanza
C
hi ha scelto chi? Sono stati gli
agricoltori a scegliere le piante
da coltivare o sono state le
piante stesse a “scegliere” l’uomo
come veicolo per la loro sopravvivenza?
Questo quesito, che ribalta
la prospettiva tradizionale dell’agricoltura,
è al centro della filosofia
che anima il manuale di Luca Conte
“Conoscere le piante per coltivarle
bene”, (Edizioni L’Informatore
Agrario). L’autore si allinea al
concetto di “botanica del desiderio”
di Michael Pollan, sostenendo che
la “scelta” è stata reciproca. Le
piante non sono semplici risorse;
sono “organismi intelligenti, comunicativi,
attivi, efficaci e originali nella
soluzione dei problemi”. Esse si sono
garantite la protezione dell’uomo e,
“per essere utili”, hanno influenzato
in modo decisivo l’evoluzione stessa
del genere umano. Ad avviso dell’autore,
le piante sono esseri viventi
capaci di risolvere in autonomia i
propri problemi. Adottare questa
comprensione profonda permette
g IL CAMPIONATO DEGLI ABBRACCIATORI DI ALBERI
all’agricoltore di ottimizzare
le risorse e ottenere risultati
migliori in modo più sostenibile.
Lavorare al fianco
delle piante, supportandole,
consente di utilizzare “le loro
grandi capacità a nostro
vantaggio nella produzione
di cibo”, riducendo la
necessità di acqua, concimi,
antiparassi- tari, energia
e tempo. Da
ciò l’invito
all’agricoltore
a
superare la
visione antropocentrica
per
abbracciare un
approccio di collaborazione,
basato
sulla conoscenza e
sul rispetto. Il suo
impegno è “riportare
nella giusta
posizione coltivatori e piante
coltivate”, trasformando il rapporto
da una “posizione frontale” a un agire
“di collaborazione, fianco a fianco”.
Il volume si discosta dai manuali
tecnici tradizionali concentrandosi
sul perché delle pratiche agricole,
anziché sul “come fare”. Si tratta di
un approccio che permette una comprensione
profonda della fisiologia
vegetale e delle esigenze delle piante,
offrendo un sapere essenziale per
un’agricoltura consapevole. Il volume
- utilizzando un linguaggio semplice
e accessibile, in grado di “sciogliere
i nodi
complessi
della comunicazione
scientifica” -
guida il lettore
attraverso
ogni aspetto
della fisiologia
vegetale,
dall’esplorazione
delle
radici e della
loro nutrizione,
all’analisi di
fusto, foglie e fiori, fino alla comprensione
della crescita e della difesa
dagli stress ambientali.
Una pratica che sta prendendo sempre più piede è
la silvoterapia (tree hugging), ovvero l’abbraccio del
tronco degli alberi. Matthew Silverstone, nel suo libro
del 2011 “Blinded by science” (Bendati dalla scienza),
dimostra con evidenze scientifiche i benefici che
gli alberi apportano all’esistenza umana. È in questo
contesto di riscoperta del rapporto con la natura che
si inseriscono i “Campionati mondiali di tree hugging”;
l’evento internazionale per “abbracciatori” di alberi si è
tenuto ad agosto in Lapponia, a circa 170 km a nord del Circolo Polare Artico.
I partecipanti si sono sfidati in tre prove: abbracciare il maggior numero di
alberi in un minuto, concentrarsi su un singolo albero stringendolo a sé per
almeno un minuto, e scegliere un albero per l’abbraccio più creativo.
50 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025
LE STORIE FANTATICHE DI ROCKTELLER
I miti del rock diventano favole
I
l mondo del rock non è solo per
adulti: grazie al libro “Le storie
fantastiche del signor Rockteller”
(Giunti Editore) i grandi miti della
musica arrivano anche tra le mani
dei più piccoli. È un’opera speciale di
Mimmi Maselli, un DJ che ha cercato
un modo per avvicinare le sue figlie
al mondo della buona musica; i suoi
racconti in famiglia poi sono diventati
un podcast e quindi un libro. Nel
volume troviamo una raccolta di 14
racconti in cui le leggende del rock
prendono
vita in avventure
piene
di messaggi
importanti.
A fare
da guida
narrante è il
signor Rockteller,
un
personaggio
che si
presenta
come il
nipote di Elvis
Presley, il “re del rock’n’roll”. Il libro
g JETHRO TULL, DA AGRONOMO A ROCKSTAR
si apre con una
fiaba liberamente
ispirata a
Yellow Submarine,
uno dei
più famosi brani
dei Beatles, e
all’omonimo film
a cartoni di cui
i quattro sono
protagonisti; così
la leggenda dei
Fab Four rivive
all’interno
di un
racconto
colorato
e molto
immaginifico, animato da
personaggi e luoghi fantastici.
Si racconta poi di Joe, un
ragazzino di 11 anni che vive in
Turchia, sogna di diventare una
rockstar e, ispirato dalle canzoni
dei The Clash, affronta incredibili
peripezie per lottare contro
pregiudizi e diseguaglianze. Le
fiabe ci fanno anche viaggiare
nello spazio, al fianco di David, Ziggy
Tra le fiabe del signor Rockteller ce ne
starebbe bene una dedicata ai Jethro
Tull, la famosa rock band guidata da
Ian Anderson. Il gruppo prese il nome
dall’agronomo inglese Jethro Tull
(1674-1741) che, dopo anni di ricerca
e studio, stravolse le metodiche produttive dell’epoca inventando nel 1701
la seminatrice meccanica che permise nei campi un incremento produttivo
dell’800%, contribuendo alla rivoluzione agricola britannica. Il nome dell’agronomo
fu suggerito a Anderson e compagni da un agente di booking appassionato
di storia durante gli anni ‘60, quando la band cambiava spesso
nome per suonare nei locali. Dopo aver ottenuto un buon riscontro per una
serata con quel nome, la band lo scelse come definitivo.
Stardust e il maggiore Tom, in una
straordinaria avventura su Marte ispirata
a “Starman” e alla biografia di
David Bowie. E non manca il coccodrillo
Elton, che insieme ai suoi amici
fa trionfare la musica in una fiaba
ispirata a Elton John. I piccoli lettori
conoscono pure: i Queen impegnati
nella corsa in bicicletta più pazza del
mondo; Bob che, grazie all’incontro
con tre piccoli uccellini, impara a
non arrendersi mai e a realizzare il
suo sogno di diventare una star, in un
racconto ispirato a Bob Marley e alla
sua canzone “Three Little Birds”. “Le
storie fantastiche del signor Rockteller”
è più di una semplice raccolta di
fiabe: è un ponte che unisce generazioni,
dimostrando che la musica rock,
con la sua energia e i suoi valori, è un
mezzo potente per raccontare storie
di coraggio e fantasia. Un invito a
viaggiare con l’immaginazione e a
credere nella forza dei propri sogni,
proprio come hanno fatto i grandi miti
della musica.
SETTEMBRE 2025 | MONDO AGRICOLO | 51
CAMPI SONORI di Gaetano Menna
OMAGGIO A DEMETRIO STRATOS
Musica spontanea
l nuovo album di Alan Bedin,
I “Musica spontanea“ (Artis
Records, Cramps Music), emerge
come un atto di coraggio e
di profonda liberazione. Non
è solo un omaggio a Demetrio
Stratos, è una continuazione
del suo lascito. La vocalità di
Bedin è il fulcro di questo disco-manifesto:
il canto esprime
una comunicazione primitiva,
fatta di onomatopee e suoni
primordiali; la sua voce diventa
strumento e materia. Per la
realizzazione dell’album, Bedin
ha coinvolto due figure leggendarie:
Paolo Tofani degli Area
e Saverio Tasca degli Opus
Avantra. Il vibrafono di Tasca e
L’ALLUNAGGIO DI FERRARI
Jazz e scienza
M
auro Ferrari, scienziato di fama mondiale specializzato in
nanotecnologie e nella ricerca sul cancro, rivela la sua vena
jazzistica nell’album “MoonLanding” (Alfa Music). Ma non c’è uno
sdoppiamento di ruoli, Ferrari vede la musica come un linguaggio
essenziale per la sua missione
scientifica. Il disco - che nasce
come colonna sonora
di uno spettacolo teatrale
che unisce scienza, musica e
spiritualità - è dedicato alla
luna e si articola in due filoni
principali: le riletture in chiave
jazzistica di classici della canzone
italiana come “Guarda
che luna” e “Senza fine”, e
standard della musica americana
come “Fly Me to the Moon”
e “Blue Moon”. Gli arrangiamenti spaziano da quintetti d’archi a
cori gospel. Il progetto vanta la partecipazione di interpreti straordinari,
tra cui l’Artemis Jazz Ensemble, la vocalist Barbara Errico, le
star della black music Mary Griffin (con 21 dischi di platino) e Kim
Prevost. I proventi sono devoluti a cause umanitarie.
la Trikanta Veena di Tofani
hanno creato la “musica
spontanea” per la ricerca
vocale sperimentale di
Bedin. Innovativa anche
la registrazione del sound
designer Edoardo Piccolo.
Dimenticate gli artifici digitali:
Piccolo ha montato dei
trasduttori su grandi lastre
di alluminio, creando un sistema che diffonde
il suono in modo “non lineare”. Il risultato è un
suono immersivo. In questo senso, l’album incarna
un futurismo contemporaneo, riattivando
l’impulso dei futuristi di sdoganare il rumore e
la dissonanza per infonderli nell’arte. Emerge il
“dialogo tra materia e corpo” che risuona come
l’ eco di tempi lontani, che si fonde però con la
tecnologia più avanzata. “Musica spontanea” è
un’operazione totale, in cui anche la copertina,
firmata dall’astrattista Roberto Floreani, contribuisce
a un’esperienza sinestetica che collega
soglie visive, musicali e sonore.
Piano creativo
“I Feel Blue” (Dodicilune) è il primo disco di piano
solo del valente Lucio Perotti. L’album è un’opera
di profonda ricerca e rilettura, in cui Perotti si cimenta
con grande creatività nella composizione,
nell’improvvisazione e nella rielaborazione, con un
linguaggio musicale trasversale che fonde influenze
classiche, jazz e contemporanee.
Brani come la title
track (che è un’unica grande
improvvisazione ispirata al
minimalismo americano di
John Adams e Steve Reich)
o “De Sidera” (una fuga
in stile jazz), testimoniano
il suo legame con la tradizione
e al contempo la
ricerca di nuovi orizzonti
sonori. Inoltre, il CD include audaci rielaborazioni
di standard jazz, come “All the things you are” di
Kern (che Perotti reinterpreta con una libera sovrapposizione
di intervalli e dissonanze) e “Blue toccata
à la turk” di Brubeck (una complessa elaborazione
che unisce il ritmo incalzante a sezioni improvvisative
ispirate al minimalismo).
52 | MONDO AGRICOLO | SETTEMBRE 2025