Il museo archeologico di Carbonia - Sardegna Cultura
Il museo archeologico di Carbonia - Sardegna Cultura
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IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI CARBONIA<br />
3
In copertina:<br />
Collezione Doneddu. Necropoli <strong>di</strong> Locci santus. Vaso campaniforme.<br />
Le fotografie sono <strong>di</strong> Luisa Anna Marras.<br />
La figura 3 è tratta da “Guida alla visita dei Musei locali e regionali della <strong>Sardegna</strong>”.<br />
ISBN 88-7138-160-2<br />
© Copyright 1998 by Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore, Via Rolando 11/A - Sassari<br />
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SARDEGNA ARCHEOLOGICA<br />
24<br />
Guide e Itinerari<br />
IL MUSEO ARCHEOLOGICO<br />
DI CARBONIA<br />
Luisa Anna Marras<br />
Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore<br />
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Villa Sulcis<br />
<strong>Il</strong> Civico Museo Archeologico <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> è <strong>di</strong> istituzione abbastanza<br />
recente: è collocato in posizione centrale presso il Municipio<br />
e quin<strong>di</strong> nel cuore della città, al numero civico 4 della Via Napoli.<br />
Situato in quella che un tempo e fino agli anni ‘50 era stata la residenza<br />
ufficiale e l’abitazione del <strong>di</strong>rettore della Carbosarda, società<br />
che gestiva la coltivazione delle miniere carbonifere del circondario.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un’ampia struttura residenziale <strong>di</strong> tipo visibilmente<br />
padronale, assai rappresentativa dello stile architettonico e delle<br />
scelte urbanistiche realizzati nella città, e<strong>di</strong>ficata ex novo tra il 1936<br />
e il 1938, fortemente gerarchizzati l’uno e le altre e caratteristici<br />
degli anni del fascismo.<br />
La villa, e<strong>di</strong>ficata con il tipico basamento a filari <strong>di</strong> trachite rossa<br />
locale e <strong>di</strong> stile assai sobrio e lineare, è interamente circondata da un<br />
parco, attualmente in corso <strong>di</strong> risistemazione. Nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze<br />
e sempre all’interno del parco, si trova anche la biblioteca<br />
comunale. L’area cosiddetta <strong>di</strong> Villa Sulcis si configura quin<strong>di</strong> come<br />
una entità culturale organica e testimone della memoria storica dei<br />
secoli passati dell’intero Sulcis e per le vicende della città <strong>di</strong><br />
<strong>Carbonia</strong>.<br />
L’interno dell’e<strong>di</strong>ficio, costituito su quattro livelli da un sottopiano,<br />
un piano terra, un primo piano e un attico, è attualmente allestito<br />
in una minima parte per la pubblica fruizione. Infatti, è ancora in<br />
corso l’opera <strong>di</strong> allestimento museale, che procede contestualmente<br />
alle erogazioni finanziarie della Regione Sarda e che si prevede terminerà,<br />
almeno per il primo ampliamento progettato, nel corso del<br />
1999. <strong>Il</strong> progetto completo dell’allestimento prevede una <strong>di</strong>slocazio-<br />
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Fig. 1 Civico Museo Archeologico “Villa Sulcis”. L’e<strong>di</strong>ficio.<br />
ne e un’articolazione degli spazi destinati all’esposizione <strong>di</strong>verse da<br />
quella attuale. Questa si svilupperà per tutto il piano terra, dove si<br />
sta pre<strong>di</strong>sponendo anche una sala per le esposizioni temporanee,<br />
mentre nel primo piano saranno collocati i servizi in<strong>di</strong>spensabili al<br />
funzionamento del Museo, cioè i gabinetti fotografico e <strong>di</strong> restauro,<br />
sala <strong>di</strong>segno e gli uffici della Direzione e dell’Amministrazione. <strong>Il</strong><br />
piano seminterrato è già occupato dai magazzini destinati a contenere<br />
i copiosi materiali archeologici provenienti, come vedremo, da<br />
scavi, da ricerche <strong>di</strong> superficie e da collezioni private.<br />
Sottoposto ad una accurata opera <strong>di</strong> restauro e ad un allestimento<br />
omogeneo, il Museo è stato inaugurato il 18 <strong>di</strong>cembre del 1988.<br />
<strong>Il</strong> progetto totale e definitivo vedrà la realizzazione <strong>di</strong> un itinerario<br />
articolato in varie sale che, secondo un or<strong>di</strong>ne cronologico, conterranno<br />
la sezione prenuragica, quella nuragica, quella de<strong>di</strong>cata alla<br />
civiltà fenicia e punica, quella riguardante la civiltà romana e, infine,<br />
i materiali appartenenti alle collezioni Doneddu e Pispisa.<br />
L’esposizione attuale invece occupa unicamente la prima sala, per<br />
altro abbastanza ampia, e, per una deliberata scelta <strong>di</strong> completezza<br />
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Fig. 2 Civico Museo Archeologico “Villa Sulcis”. Sala espositiva.<br />
illustrativa, ancorché parziale, comprende una selezione <strong>di</strong> materiali<br />
che in seguito andranno a fare parte delle singole cinque sezioni<br />
citate più sopra.<br />
Al contempo il Museo è stato dotato recentemente <strong>di</strong> una stazione<br />
multime<strong>di</strong>ale con video sensibile al tatto, nella quale è ampiamente<br />
illustrato l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Monte Sirai. Si tratta <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong><br />
considerevole valore scientifico e <strong>di</strong>dattico, nel quale vi sono tutte le<br />
notizie utili per una maggiore conoscenza della storia del sito, ivi<br />
comprese quelle relative agli scavi più recenti.<br />
<strong>Il</strong> Museo Archeologico Comunale <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> si pone quin<strong>di</strong><br />
come compen<strong>di</strong>o ed integra il Museo Archeologico Comunale della<br />
vicina Sant’Antioco. Infatti, se quest’ultimo Museo è essenzialmente<br />
monografico ed illustra tutti gli aspetti storico-artistici della città<br />
<strong>di</strong> Sulcis, antico capoluogo politico e culturale della regione sulcitana<br />
nell’arco <strong>di</strong> tempo compreso tra il 750 a.C. e il V sec. d. C., il<br />
Museo <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> fornisce un quadro degli innumerevoli inse<strong>di</strong>amenti<br />
minori attivi in epoca contemporanea a quella del capoluogo.<br />
<strong>Il</strong> Museo <strong>di</strong> Villa Sulcis offre inoltre importanti ed ampi elementi<br />
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Fig. 3 Civico Museo Archeologico “Villa Sulcis”. Pianta della sala espositiva.<br />
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per la conoscenza della preistoria e della protostoria del circondario,<br />
ed anche significativi squarci <strong>di</strong> cultura materiale provenienti da<br />
altre regioni dell’isola.<br />
A sinistra dell’ingresso dell’unica sala del Museo è esposta una<br />
esauriente tabella cronologica, collocata alla sinistra <strong>di</strong> chi entra<br />
nella sala espositiva, che è già <strong>di</strong> per sè in<strong>di</strong>cativa della ricchezza e<br />
complessità culturale e cronologica delle testimonianze archeologiche<br />
del Sulcis e in particolare del territorio comunale <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong>.<br />
<strong>Il</strong> percorso attualmente visitabile comprende una successione <strong>di</strong><br />
vetrine <strong>di</strong> due tipi: il primo è <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni e interessa un<br />
solo piano espositivo, il secondo invece è più grande ed occupa tutta<br />
la parete con più piani espositivi. Le vetrine sono <strong>di</strong>sposte lungo i<br />
lati della sala, <strong>di</strong>visa idealmente in due parti da una parete aperta al<br />
centro, e sono corredate da alcuni tabelloni illustrativi che comprendono<br />
planimetrie e cartografia.<br />
Le vetrine non hanno una numerazione progressiva e l’allestimento<br />
segue un or<strong>di</strong>ne cronologico che presuppone la visita seguendo<br />
un percorso in senso antiorario, a seguire dalla prima vetrina ubicata<br />
a destra <strong>di</strong> chi entra nella sala.<br />
Quantunque nel quadro della storia e degli stu<strong>di</strong> relativi alle antiche<br />
vicende del territorio <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Monte Sirai<br />
sia <strong>di</strong> indubbio interesse e come tale ampiamente noto, e quin<strong>di</strong><br />
siano particolarmente presenti materiali riferibili sia alla colonizzazione<br />
fenicia che alla successiva conquista cartaginese dell’inse<strong>di</strong>amento<br />
sul pianoro, gli oggetti esposti nel Museo, oltre a sottolineare<br />
la realtà dell’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Sirai, arricchiscono il quadro storico<br />
del territorio. Ciò indubbiamente completa e articola un quadro culturale<br />
per molti aspetti insospettato, almeno per la maggior parte dei<br />
visitatori e dei cosiddetti non addetti ai lavori che giungono nella<br />
citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> quasi sempre o quasi esclusivamente per visitare<br />
l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Monte Sirai.<br />
Quin<strong>di</strong>, oltre ai materiali riferibili agli scavi <strong>di</strong> Monte Sirai, gli<br />
altri due nuclei espositivi più consistenti del Museo sono rappresentati<br />
dalle collezioni Doneddu e Pispisa. Si tratta <strong>di</strong> due interessanti e<br />
cospicue raccolte, composte da oggetti cronologicamente e tipologicamente<br />
assai <strong>di</strong>versi tra <strong>di</strong> loro, rinvenuti in scavi archeologici o<br />
recuperati più o meno avventurosamente da scavi clandestini, oppure<br />
frutto <strong>di</strong> raccolte <strong>di</strong> superficie effettuate durante decenni <strong>di</strong> ricer-<br />
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Fig. 4 Riparo sotto roccia <strong>di</strong> Su Carroppu <strong>di</strong> Sirri. Lame <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong>ana.<br />
che. L’origine <strong>di</strong> tutti questi materiali è prevalentemente <strong>di</strong> ambito<br />
sulcitano, anche se non mancano materiali provenienti da altre località<br />
della <strong>Sardegna</strong>, quali ad esempio l’Arborense.<br />
La Collezione Doneddu è composta da circa duecento oggetti<br />
riferibili a <strong>di</strong>versi ambiti culturali e cronologici. Raccolti dal Prof.<br />
Pietro Doneddu, un tempo anche Sindaco <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong>, alla sua<br />
scomparsa i materiali sono stati donati al Museo dalla famiglia. <strong>Il</strong><br />
nucleo più consistente della raccolta è costituito dai materiali provenienti<br />
dagli scavi effettuati da cercatori clandestini nella necropoli a<br />
domus de janas della zona <strong>di</strong> Locci Santus, nel territorio comunale<br />
<strong>di</strong> San Giovanni Suergiu, a<strong>di</strong>acente a quello <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong>. Si tratta <strong>di</strong><br />
reperti ascrivibili in buona parte alla cultura del vaso campaniforme,<br />
posta tra il 2700 e il 1900 a.C. circa, e a quella <strong>di</strong> Bonnannaro, collocabile<br />
tra il 1900 e il 1600 a.C. circa, ma non mancano materiali<br />
preistorici riferibili alla <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Ozieri, compresa tra il 4000 e il<br />
2700 a.C. circa. Nella Collezione vi sono inoltre numerosi reperti <strong>di</strong><br />
età nuragica, e alcune forme ceramiche appartenenti alla civiltà fenicia<br />
e punica. Consistenti infine i materiali <strong>di</strong> età romana, sud<strong>di</strong>visi<br />
tra il periodo repubblicano e quello imperiale. Della collezione<br />
12
Fig. 5 Riparo sotto roccia <strong>di</strong> Su Carroppu <strong>di</strong> Sirri. Frammenti fittili con decorazione<br />
car<strong>di</strong>ale.<br />
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fanno parte, ma non sono esposti, anche alcuni oggetti falsificati, sia<br />
<strong>di</strong> terracotta che in metallo.<br />
La collezione Pispisa, invece, si compone <strong>di</strong> circa mille oggetti <strong>di</strong><br />
provenienza prevalentemente sulcitana, oltre ad un migliaio <strong>di</strong> monete.<br />
Raccolti da Vittorio Pispisa nella sua funzione <strong>di</strong> Ispettore<br />
Onorario <strong>di</strong> una parte del Sulcis – sempre per conto della<br />
Soprintendenza Archeologica <strong>di</strong> Cagliari e Oristano, funzione espletata<br />
per circa vent’anni – i materiali che la compongono sono frutto<br />
<strong>di</strong> scavi archeologici, <strong>di</strong> recuperi <strong>di</strong> superficie e <strong>di</strong> ricerche personali.<br />
Gli oggetti della collezione coprono un arco cronologico che dalla<br />
preistoria giunge fino al me<strong>di</strong>oevo e comprende esemplari in pietra,<br />
in terracotta, in metalli preziosi e semipreziosi o vili, in pasta vitrea<br />
e vetro, in avorio e osso. Le classi <strong>di</strong> materiali meglio rappresentate<br />
sono costituite dalle ceramiche e dalle monete, puniche e romanoimperiali,<br />
tra cui particolarmente pregevole per omogeneità e stato<br />
<strong>di</strong> conservazione un tesoretto composto da oltre 850 me<strong>di</strong> bronzi<br />
ascrivibili a zecca punica <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>, rinvenuto nel basso<br />
Oristanese; significativi, per qualità e quantità, i gruppi <strong>di</strong> materiali<br />
rinvenuti a Monte Sirai, Bitia e Sulcis.<br />
Vetrina 1<br />
<strong>Il</strong> percorso museale inizia imme<strong>di</strong>atamente a destra dell’ingresso<br />
alla sala, dove è collocata la prima vetrina del tipo piccolo. Sulla<br />
parete soprastante sono visibili la carta archeologica del territorio<br />
comunale, con l’in<strong>di</strong>cazione dei rinvenimenti più significativi, la<br />
planimetria della tomba preistorica n. 1 della località <strong>di</strong> Monte<br />
Crobu e la pianta del nuraghe Sirai.<br />
Nella vetrina sono esposti oggetti in pietra e in terracotta del<br />
Neolitico Antico, compreso tra il 6000 e il 4700 a.C. circa, provenienti<br />
in particolare dal riparo sotto roccia <strong>di</strong> Su Carroppu <strong>di</strong> Sirri,<br />
presso <strong>Carbonia</strong>. Fra questi materiali litici vi sono numerosi microliti<br />
geometrici in ossi<strong>di</strong>ana, cioè strumenti <strong>di</strong> piccole e talvolta minime<br />
<strong>di</strong>mensioni per uso quoti<strong>di</strong>ano, fra i quali si possono riconoscere<br />
bulini, raschiatoi, lame e punte <strong>di</strong> freccia <strong>di</strong> varia foggia.<br />
Tra gli oggetti in ceramica, purtroppo tutti in frammenti, si possono<br />
in<strong>di</strong>viduare vari tipi <strong>di</strong> contenitori, tra i quali scodelle, pentole,<br />
ciotole, tutti realizzati a mano con impasti grossolani e con superfici<br />
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Fig. 6 Tomba n. 1 <strong>di</strong> Monte Crobu. Vaso a cestello <strong>di</strong> cultura “San Michele”.<br />
Fig. 7 Tomba n. 12 <strong>di</strong> Cannas <strong>di</strong> Sotto. Corredo fittile.<br />
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<strong>di</strong> colore bruno e chiazze nerastre. Tutte queste ceramiche sono<br />
caratterizzate dalle decorazioni delle superfici con motivi impressi,<br />
talora ottenuti imprimendo sulla argilla ancora molle del vaso l’orlo<br />
<strong>di</strong> una valva <strong>di</strong> conchiglia del genere Car<strong>di</strong>um edule. Completano<br />
l’esposizione della prima vetrina i resti <strong>di</strong> Prolagus Sardus, piccolo<br />
ro<strong>di</strong>tore, forse una sorta <strong>di</strong> piccolo coniglio, oggi apparentemente<br />
estinto, e un esemplare <strong>di</strong> grossa conchiglia usata forse come contenitore<br />
o come strumento musicale, della specie Triton No<strong>di</strong>ferus.<br />
Sono visibili anche tre puntali in osso, assai ben levigati e con le<br />
estremità appuntite, pertinenti all’ambito culturale <strong>di</strong> Bonu Ighinu,<br />
del Neolitico Me<strong>di</strong>o, che si colloca tra il 4700 e il 4000 a.C. circa,<br />
provenienti dall’anfratto <strong>di</strong> Coderra presso <strong>Carbonia</strong>.<br />
L’itinerario prosegue con l’osservazione delle vetrine successive,<br />
dalla seconda alla quinta. Queste vetrine, appartenenti alla tipologia<br />
maggiore, sono allineate tra loro e sono sistemate lungo la parete<br />
antistante l’ingresso alla sala e la prima vetrina descritta. Le vetrine<br />
contengono materiali fittili, litici e in osso <strong>di</strong> epoca preistorica e protostorica,<br />
<strong>di</strong> varia provenienza, ma rinvenuti in buona parte in contesti<br />
funerari e abitativi, all’aperto o in grotta.<br />
Vetrina 2<br />
La seconda vetrina, posta accanto alla finestra, contiene materiali<br />
provenienti da due domus de janas, che sono rispettivamente la<br />
Tomba 1 <strong>di</strong> Monte Crobu e la Tomba 12 <strong>di</strong> Cannas <strong>di</strong> Sotto, a<br />
<strong>Carbonia</strong>. Gli ambiti cronologici sono quelli compresi tra il<br />
Neolitico Recente e il Calcolitico Iniziale (circa 4000-2700 a.C.).<br />
Della prima domus de janas sono esposti alcuni recipienti fittili<br />
appartenenti alla cultura <strong>di</strong> San Michele <strong>di</strong> Ozieri (3500-2700 a.C.),<br />
tra cui alcuni vasi con carena, tazze, vasi a cestello, ciotole, vasi globulari<br />
a colletto, vasi tripo<strong>di</strong>, ricomposti e in frammenti, talvolta con<br />
superfici lisce, tal’altra ornati nelle superfici con le tipiche decorazioni<br />
incise o impresse.<br />
I materiali della domus de janas <strong>di</strong> Cannas <strong>di</strong> Sotto sono invece<br />
costituiti da ceramiche in frammenti, ma ricomposte –, tra cui alcuni<br />
vasi a cestello, tripo<strong>di</strong>, tazze con vasca carenata e ciotole emisferiche.<br />
Completano il corredo alcuni materiali litici tra i quali si segnalano<br />
due piccozze. Inoltre, sono visibili una testa <strong>di</strong> mazza, un fram-<br />
16
Fig. 8 Tomba 12 <strong>di</strong> Cannas <strong>di</strong> sotto.Statuina fittile femminile dalla prima cella.<br />
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mento <strong>di</strong> macina, tre punte <strong>di</strong> freccia in selce e in ossi<strong>di</strong>ana e, infine,<br />
alcune conchiglie, un vago <strong>di</strong> collana e uno spillone in osso.<br />
Notevole per la sua rarità una statuina fittile femminile in posizione<br />
stante, resa in modo sommario ma comunque esauriente nei tratti<br />
salienti del corpo. <strong>Il</strong> contesto culturale <strong>di</strong> questa sepoltura sembra<br />
fare riferimento al Neolitico Recente-Primo Calcolitico (circa 3500-<br />
2700 a.C.), con la data più bassa da attribuire alla statuina fittile.<br />
All’interno della vetrina è visibile un piccolo pannello illustrativo<br />
che ricostruisce graficamente alcune forme ceramiche esposte in<br />
frammenti.<br />
Vetrina 3<br />
La terza vetrina espone numerosi materiali fittili e litici <strong>di</strong> varia<br />
provenienza e <strong>di</strong> ambiti culturali che vanno dal Neolitico Recente -<br />
Calcolitico Iniziale alla Prima Età del Ferro. Dalla grotta A.Ca.I.<br />
(Azienda Carbonifera Italiana), presso <strong>Carbonia</strong>, provengono materiali<br />
ceramici <strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> sub-Ozieri (circa 3200-2700 a.C.), tra i<br />
quali un frammento <strong>di</strong> vaso globoide decorato a denti <strong>di</strong> lupo tratteggiati<br />
e contrapposti, frammenti <strong>di</strong> tripo<strong>di</strong> decorati ad incisione,<br />
uno a denti <strong>di</strong> lupo sotto l’orlo, con una coppella e linee parallele e<br />
18<br />
Fig. 9 Grotta A.Ca.I. Frammento<br />
<strong>di</strong> tripode decorato<br />
a denti <strong>di</strong> lupo.
Fig. 10 Grotta <strong>di</strong> Baccu Arrus. Vaso nuragico biansato.<br />
verticali incise sul piede, l’altro con un motivo a chevrons sul corpo<br />
e sul piede, dei quali un pannello illustra le forme intere ricostruite.<br />
Vi sono poi un frammento <strong>di</strong> tegame, un’ansa a tunnel e vari frammenti<br />
<strong>di</strong> scodelle.<br />
Sempre dalla grotta A.Ca.I, ma <strong>di</strong> una fase culturale posteriore, e<br />
più precisamente della cultura <strong>di</strong> Monte Claro (tra il 2700 e il 2200<br />
a.C. circa), provengono numerosi frammenti ceramici <strong>di</strong> colore nocciola<br />
brunastro, con pareti ben levigate e superfici non decorate. Un<br />
19
Fig. 11 Collezione Doneddu. Idolo in pietra dalla necropoli <strong>di</strong> Locci Santus.<br />
20
Fig. 12 Collezione Doneddu. Corredo della Tomba 5 della necropoli <strong>di</strong> Locci santus.<br />
Fig. 13 Collezione Doneddu. Corredo della Tomba 5 della necropoli <strong>di</strong> Locci Santus.<br />
21
solo frammento ha la tipica decorazione con scanalature, mentre le<br />
forme sono quelle proprie dei dolii, delle scodelle, etc.<br />
Dal villaggio preistorico <strong>di</strong> Barbusi provengono materiali ceramici<br />
in frammenti, tra i quali si possono riconoscere quelli pertinenti a<br />
tazze, scodelle, tegami e tripo<strong>di</strong>, accompagnati da un pannello grafico<br />
nel quale sono ricostruite le forme. Si tratta <strong>di</strong> reperti tutti eseguiti<br />
con impasto grossolano, talvolta decorati a impressione e incisione<br />
con i motivi caratteristici della cultura <strong>di</strong> San Michele <strong>di</strong> Ozieri.<br />
Inoltre, vi sono piccole punte <strong>di</strong> freccia peduncolate e perforatoi in<br />
ossi<strong>di</strong>ana, nonché un macinello litico. Da notare anche alcuni grumi<br />
<strong>di</strong> argilla con impresse le tracce <strong>di</strong> frasche, forse pertinenti alla<br />
copertura delle capanne. Anche in questo caso un pannello grafico<br />
presenta la ricostruzione <strong>di</strong> alcune forme ceramiche.<br />
Al Bronzo Finale e alla prima Età del Ferro, quin<strong>di</strong> tra il 1150 e il<br />
750 a.C. circa, vengono datati i frammenti <strong>di</strong> recipienti fittili rinvenuti<br />
presso il nuraghe Sirai. Si tratta <strong>di</strong> frammenti riferibili a grosse olle<br />
e <strong>di</strong> anse facenti parte <strong>di</strong> brocche askoi<strong>di</strong>; anche in questo caso viene<br />
presentato un pannello grafico che fornisce la ricostruzione <strong>di</strong> alcune<br />
forme ceramiche. Infine, sempre nella terza vetrina sono esposti due<br />
vasi tripo<strong>di</strong> parzialmente conservati, provenienti dal già citato riparo<br />
<strong>di</strong> Coderra, presso <strong>Carbonia</strong>. I due vasi sono inquadrabili nella cultura<br />
<strong>di</strong> Bonnannaro, cioè nel Bronzo Antico (1900-1600 a.C. circa).<br />
22<br />
Fig. 14 Collezione Doneddu.<br />
Vaso campaniforme dalla<br />
necropoli <strong>di</strong> Locci Santus.
Fig. 16 Collezione Doneddu. Vasi dalla necropoli <strong>di</strong> Locci Santus.<br />
Fig. 15 Collezione<br />
Doneddu. Vaso<br />
campaniforme dalla<br />
necropoli <strong>di</strong> Locci<br />
Santus.<br />
23
Fig. 17 Collezione Doneddu. Brassard campaniforme dalla necropoli <strong>di</strong> Locci Santus.<br />
Vetrina 4<br />
Nella quarta vetrina sono presenti quattro grossi vasi “a colletto”<br />
provenienti dalla grotta <strong>di</strong> Baccu Arrus. Si tratta <strong>di</strong> contenitori a<br />
forma ovoide, ciascuno con due caratteristiche anse a gomito rovescio<br />
impostate sulla pancia. I vasi, inquadrabili nell’ambito del<br />
Bronzo Finale (1150-X sec. a.C. circa), erano destinati probabilmente<br />
alla conservazione dei cereali.<br />
Vetrina 5<br />
La quinta e la sesta vetrina contengono una scelta <strong>di</strong> materiali<br />
provenienti dalla collezione Doneddu, <strong>di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne cronologico.<br />
In particolare, nella quinta sono visibili materiali fittili e litici <strong>di</strong><br />
svariate provenienze, tra cui risultano <strong>di</strong> estremo interesse i corre<strong>di</strong><br />
funerari delle tombe a domus de janas 5 e 9 <strong>di</strong> Locci Santus, località<br />
ubicata come detto nel territorio <strong>di</strong> San Giovanni Suergiu. I materia-<br />
24
Fig. 18 Collezione Doneddu. Necropoli <strong>di</strong> Locci santus. Vaso campaniforme.<br />
Fig. 19 Collezione Doneddu. Corredo della Tomba 9 della necropoli <strong>di</strong> Locci Santus.<br />
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li, provenienti da scavi effettuati da cercatori clandestini, sono<br />
inquadrabili in ambito Campaniforme, cioè nell’Eneolitico (2700-<br />
2200 a.C. circa) e nella cultura <strong>di</strong> Bonnannaro (1900-1600 a.C.<br />
circa), quin<strong>di</strong> fino alla me<strong>di</strong>a Età del Bronzo.<br />
Più in dettaglio, dalla Tomba 9 provengono alcune forme vascolari<br />
<strong>di</strong> tipo campaniforme, tra cui il caratteristico vaso eponimo a campana<br />
da cui deriva il nome della cultura, il tripode, la ciotola e la<br />
scodella ombelicata. Alcuni recipienti presentano le superfici polite<br />
e levigate, altri sono decorati con motivi incisi a zigzag o con linee o<br />
fasci <strong>di</strong> linee oppure file <strong>di</strong> cerchi impressi. Le tecniche utilizzate<br />
sono quelle dell’impressione a pettine, dell’incisione semplice o con<br />
puntinato impresso nel solco inciso.<br />
Anche dalla Tomba 5 provengono vasi appartenenti sia alla cultura<br />
Campaniforme che a quella <strong>di</strong> Bonnannaro. Tra i primi si possono<br />
notare due forme carenate, una delle quali decorata con incisioni a<br />
zigzag e a fasci <strong>di</strong> linee, mentre tra i secon<strong>di</strong> sono visibili vasi tripo<strong>di</strong><br />
con numerose varianti che comprendono la vasca liscia o carenata,<br />
la presenza o meno <strong>di</strong> anse o <strong>di</strong> presine sulla carena o sull’orlo.<br />
Uno dei tripo<strong>di</strong> presenta l’orlo decorato da cinque appen<strong>di</strong>ci, mentre<br />
un altro ha cinque piccole prese lungo la carena. Inoltre, sono visibili<br />
anche una grossa tazza con risalto interno e una tazza su alto<br />
piede.<br />
Dalla stessa necropoli <strong>di</strong> Locci Santus provengono anche altri<br />
interessanti oggetti, inquadrabili nell’Eneolitico (2700-1900 a.C.<br />
circa). Tra questi fa spicco un idolo ogivale in pietra sul quale sono<br />
visibili leggeri cenni <strong>di</strong> lavorazione che definiscono in modo sommario<br />
i tratti del volto. Vi sono inoltre alcune incisioni a quadrangolo<br />
aperto sul petto, mentre sul dorso sono in<strong>di</strong>cate la capigliatura e<br />
due incisioni sottostanti. Si tratta <strong>di</strong> un idolo che trova confronti<br />
abbastanza precisi con analoghi esemplari <strong>di</strong> statue-menhir rinvenute<br />
sia in <strong>Sardegna</strong> che nel Midì francese.<br />
Inoltre, sempre nella stessa vetrina vi sono un vasetto d’impasto<br />
inornato e un vaso campaniforme riccamente decorato da linee a<br />
zigzag e chevrons, ottenuti con linee puntinate. Tutta la decorazione<br />
incisa è messa in risalto con l’inserzione <strong>di</strong> pasta bianca.<br />
Interessante risulta anche un brassard (bracciale da arciere) – oggetto<br />
caratteristico della cultura Campaniforme – che presenta le estremità<br />
fornite <strong>di</strong> scanalature, destinate ad alloggiare i lacci utilizzati<br />
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Fig. 20 Collezione Doneddu. Anfora<br />
fenicia.<br />
Fig. 22 Collezione Doneddu. Brocca<br />
con orlo a fungo.<br />
Fig. 21 Collezione Doneddu. Brocca<br />
biconica.<br />
Fig. 23 Collezione Doneddu. Brocca<br />
<strong>di</strong> età romana.<br />
27
per assicurarlo al polso.<br />
Sono da segnalare un vaso e due tazze, tutti provvisti <strong>di</strong> carenatura,<br />
e una sequenza <strong>di</strong> tripo<strong>di</strong>, scodelle e piccoli vasi d’impasto,<br />
inquadrabili nel Bronzo Antico.<br />
Infine, sono visibili un vaso globulare del tipo a colletto, alcuni<br />
vasetti miniaturistici d’impasto, che imitano i modelli in grandezza<br />
naturale, e alcune teste <strong>di</strong> mazza, tutti <strong>di</strong> età nuragica.<br />
Vetrina 6<br />
La sesta vetrina contiene materiali <strong>di</strong> età fenicia, punica e romana.<br />
Si noteranno un’anfora commerciale fenicia <strong>di</strong> produzione occidentale,<br />
forse <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>, destinata probabilmente al trasporto del<br />
vino. <strong>Il</strong> recipiente è integro e presenta l’orlo arrotondato e le anse<br />
impostate sulla spalla e sulla parte superiore della pancia. Databile<br />
tra il 725 e 675 a.C., in virtù del suo stato <strong>di</strong> conservazione, eccezionale<br />
per il tipo <strong>di</strong> recipiente, l’anfora potrebbe provenire da una<br />
necropoli. Accanto sono visibili una brocca <strong>di</strong> tipo biconico con orlo<br />
bilobato e una brocca con orlo “a fungo”, sempre appartenenti alla<br />
civiltà fenicia. Anche in questo caso si tratta <strong>di</strong> vasi databili attorno<br />
al 625 a.C. circa, <strong>di</strong> probabile provenienza funeraria. Sempre della<br />
stessa origine e <strong>di</strong> ambiente arcaico è un’olpe etrusca in bucchero<br />
nero, databile tra il 625 e il 600 a.C. Tutti questi materiali, assieme<br />
al piatto punico ombelicato, decorato sulla faccia superiore con vernice<br />
rossa e databile tra il 350 e il 300 a.C., è probabile provengano<br />
dalla necropoli fenicia e punica dell’antica Bitia, attuale località<br />
Torre <strong>di</strong> Chia, frazione del Comune <strong>di</strong> Domus de Maria.<br />
Di età romano-repubblicana, verso il 200 a.C., sono una coppa e<br />
un piatto, entrambi in vernice nera, e un unguentario fusiforme.<br />
Relativi all’età imperiale sono invece un’ampolla e alcuni unguentari<br />
in vetro, due piccole brocche, una coppa in terra sigillata africana<br />
e due pentole. A questi si aggiungono un’anfora e due brocche con<br />
decorazione sovra<strong>di</strong>pinta, inquadrabili tra il II e il III sec. d. C.<br />
28
Fig. 24 Collezione Pispisa. Accette litiche.<br />
Fig. 25 Collezione Pispisa. Macine e pestelli.<br />
29
Fig. 26 Collezione Pispisa. Stele dal tofet <strong>di</strong> Sulcis<br />
30
Fig. 27 Collezione Pispisa. Stele dal tofet <strong>di</strong> Sulcis.<br />
31
Fig. 28 Collezione Pispisa. Reperti fittili <strong>di</strong> epoca punica.<br />
32
Vetrina 7<br />
Le successive tre vetrine, dalla settima alla nona, sono occupate<br />
da un’ampia scelta <strong>di</strong> pezzi provenienti dalla Collezione Vittorio<br />
Pispisa, <strong>di</strong>sposti secondo un or<strong>di</strong>ne cronologico e per classi <strong>di</strong> materiali.<br />
Passando ad una descrizione più dettagliata, la settima vetrina<br />
contiene materiali <strong>di</strong> età preistorica e protostorica, <strong>di</strong> varia provenienza,<br />
che, a partire dal Neolitico Me<strong>di</strong>o, giungono fino all’età<br />
nuragica. Al Bronzo Antico (1900-1600 a.C. circa) fanno riferimento<br />
alcune forme ceramiche d’impasto, tra cui alcune tazze, un vaso<br />
tripode, varie scodelle e tazze carenate. Quin<strong>di</strong> sono visibili due piccole<br />
accette in pietra levigata e due interessanti frammenti <strong>di</strong> ceramica<br />
ascrivibili alla cultura Abealzu-Filigosa e Bonu Ighinu, rispettivamente<br />
dell’Eneolitico Antico (3200-2700 a.C. circa) e del<br />
Neolitico Me<strong>di</strong>o (4700-4000 a.C. circa). <strong>Il</strong> primo frammento riporta<br />
una decorazione graffita con motivi a zigzag, mentre il secondo è<br />
decorato con una serie <strong>di</strong> linee graffite e <strong>di</strong> punti impressi.<br />
Al Neolitico Recente (4000-3200 a.C. circa) viene attribuito un<br />
bastoncino in osso accuratamente lavorato con una decorazione<br />
costituita da una serie <strong>di</strong> zigzag incisi a fasci paralleli, secondo una<br />
sintassi decorativa tipica della cultura <strong>di</strong> San Michele <strong>di</strong> Ozieri. <strong>Il</strong><br />
vago <strong>di</strong> collana in osso lavorato a tortiglione doveva invece far parte<br />
<strong>di</strong> un corredo sepolcrale della cultura del Vaso Campaniforme.<br />
Numerosi i recipienti <strong>di</strong> età nuragica, tutti d’impasto, tra i quali<br />
alcune ciotole, vari piccoli vasi a colletto e piccole tazze, una grossa<br />
olla e uno scodellone, tutti provenienti da numerosi nuraghi della<br />
regione sulcitana e dalla grotta <strong>di</strong> Su Benatzu, ubicata nel territorio<br />
<strong>di</strong> Santa<strong>di</strong>. Inoltre, da quest’ultima grande cavità, nella quale alla<br />
fine degli anni ’60 è stato rinvenuto da cercatori clandestini, praticamente<br />
intatto, un deposito sacro <strong>di</strong> età nuragica, proviene una piccola<br />
olla con anse a bugne, ancora inglobata nella concrezione calcarea<br />
all’interno della quale è stata rinvenuta. Sempre <strong>di</strong> età nuragica e<br />
provenienti dall’area sulcitana, tra cui i nuraghi Sirai e Fregata e il<br />
villaggio nuragico <strong>di</strong> Meurras, presso Tratalias, sono due macine<br />
con i rispettivi pestelli, tre asce-martello e tre teste <strong>di</strong> mazza.<br />
33
34<br />
Fig. 29 Collezione Pispisa.<br />
Brocca con orlo a fungo <strong>di</strong> età<br />
punica.<br />
Fig. 30 Collezione Pispisa.<br />
Lucerna e supporto <strong>di</strong> età<br />
punica.
Fig. 31 Collezione Pispisa. Reperti fittili <strong>di</strong> età romana.<br />
Vetrina 8<br />
L’ottava vetrina contiene materiali <strong>di</strong> età fenicia e punica, per la<br />
maggior parte provenienti dalla necropoli ipogea punica e dal tofet <strong>di</strong><br />
Sant’Antioco. Innanzitutto, da questo santuario provengono due piccole<br />
stele votive in calcare, una delle quali è spezzata ma conserva la<br />
raffigurazione <strong>di</strong> un ariete passante, sovrastato dal <strong>di</strong>sco solare e<br />
dalla falce lunare con apici volti verso il basso. L’altra stele, praticamente<br />
intatta, presenta un’e<strong>di</strong>cola con timpano e contiene la raffigurazione<br />
<strong>di</strong> un personaggio femminile stante, <strong>di</strong> prospetto, vestito con<br />
un mantello e con le mani al petto che sorreggono un <strong>di</strong>sco. Si tratta<br />
evidentemente <strong>di</strong> due caratteristici esemplari della produzione lapidea<br />
sulcitana, che possono essere collocati nel corso del III sec. a.C.<br />
Accanto alle due stele <strong>di</strong> Sulcis vi è un’urna cineraria con un piatto<br />
che funge da coperchio: entrambi i reperti provengono dal tofet <strong>di</strong><br />
Bitia e sono databili tra il 600 e il 550 a.C.<br />
Sempre nella stessa vetrina sono esposte numerose forme ceramiche<br />
<strong>di</strong> varia cronologia, rinvenute soprattutto nell’antica Sulcis: si<br />
35
Fig. 32 Collezione Pispisa. Lucerne fittili <strong>di</strong> età romana.<br />
Fig. 33 Coppa e calice in vetro <strong>di</strong> età tardo romana.<br />
36
Fig. 34 Monte Sirai. Necropoli fenicia. Corredo della Tomba 2.<br />
tratta prevalentemente <strong>di</strong> vasi chiusi e per lo più <strong>di</strong> uso funerario.<br />
Tra questi vasi sono da notare alcune piccole brocche con orlo circolare,<br />
altre con bocca trilobata e con orlo a fungo, sia <strong>di</strong> epoca fenicia<br />
che punica. Considerevoli alcuni sostegni circolari porta lucerne sorreggenti<br />
le rispettive lucerne con due becchi, piatti ombelicati punici,<br />
anfore puniche con rigonfiamento sul collo. Numerosi recipienti<br />
presentano decorazioni a fasce <strong>di</strong> linee bianche e nere, tipiche della<br />
produzione vascolare sulcitana.<br />
Vetrina 9<br />
Nella nona vetrina sono esposti materiali fittili e in vetro <strong>di</strong> epoca<br />
compresa tra l’età nuragica e quella altome<strong>di</strong>evale. In particolare, a<br />
questo periodo e più precisamente tra il VI e il VII sec. d. C. si datano<br />
le due brocche a pasta chiara, una a bocca trilobata, l’altra con il<br />
collo e la pancia marcati da scanalature orizzontali. Ad un periodo<br />
riferibile ad età romana imperiale si attribuiscono invece due patere,<br />
un tegame della classe nota come “patina cinerognola” e un’urna<br />
biansata.<br />
37
Fig. 35 Collezione Pispisa. Brocche <strong>di</strong> età alto me<strong>di</strong>evali.<br />
Del periodo romano repubblicano sono invece un askos e una<br />
coppetta a vernice nera, due unguentari fusiformi e due coppette a<br />
pasta arancione che imitano forme <strong>di</strong> ceramica a vernice nera. Di<br />
epoca leggermente più tarda perché già <strong>di</strong> età imperiale sono il boccaletto<br />
monoansato, decorato con unghiature, la tazza monoansata e<br />
la piccola brocca a pancia globulare. Questi ultimi due recipienti<br />
provengono da un corredo tombale rinvenuto in agro <strong>di</strong> Terralba e<br />
databile al II sec. d. C.<br />
Assai nutrita la scelta <strong>di</strong> lucerne fittili esposte nella vetrina: essa<br />
rappresenta quasi un repertorio cronologico e comprende quattro<br />
lucerne a <strong>di</strong>sco con specchio liscio o decorato, databili tra la seconda<br />
metà del I e il III sec. d. C. Seguono poi una lucerna in terra sigillata<br />
africana <strong>di</strong> età imperiale e un’esemplare privo <strong>di</strong> ansa e <strong>di</strong> becco<br />
con superfici bianco-verdastra <strong>di</strong> età altome<strong>di</strong>evale. Da segnalare<br />
otto lucerne <strong>di</strong> età nuragica nella caratteristica forma a barchetta e<br />
tre lucerne a vernice nera <strong>di</strong> produzione attica o <strong>di</strong> imitazione, databili<br />
queste ultime tra la fine del V e il primo quarto del III sec. a.C.<br />
Concludono la rassegna due lucerne a due becchi <strong>di</strong> età punica, e più<br />
precisamente del IV sec. a.C., e tre a tazzina, sempre <strong>di</strong> età punica,<br />
38
Fig. 36 Monte Sirai. Necropoli fenicia. Collana della Tomba 2.<br />
39
ma assai tarda e <strong>di</strong> certo non precedente al II sec. a.C.<br />
Completano l’esposizione e concludono i materiali relativi alla<br />
Collezione Pispisa alcuni pesi fittili <strong>di</strong> età romana, comunemente<br />
noti come pesi da telaio, e una coppa e un calice in vetro, <strong>di</strong> età tardoromana,<br />
pertinenti ad un corredo tombale rinvenuto nell’agro <strong>di</strong><br />
San Pantaleo, in prossimità <strong>di</strong> Santa<strong>di</strong>.<br />
Vetrina 10<br />
La decima vetrina contiene i corre<strong>di</strong> tombali provenienti dalla<br />
necropoli fenicia <strong>di</strong> Monte Sirai, esplorata tra il 1981 e il 1987.<br />
40<br />
Fig. 37 Collezione Pispisa.<br />
Anelli crinali in oro.<br />
Fig. 38 Collezione Pispisa. Scarabeo. Fig. 39 Collezione Pispisa . Anello in<br />
oro.
Dalla tomba fenicia a incinerazione n. 2, raffigurata graficamente<br />
nel pannello illustrativo, provengono cinque vasi <strong>di</strong> corredo, costituiti<br />
da una brocca biconica con orlo bilobato, una brocca con orlo a<br />
fungo, due piatti ombelicati e una coppa carenata. Per quanto riguarda<br />
le due brocche, queste forme vascolari erano <strong>di</strong> esclusivo uso<br />
funerario, ed erano usate per ungere i corpi dei defunti. <strong>Il</strong> corredo<br />
personale è composto invece da una collana con tre amuleti in steatite<br />
e da grani e pendenti in vetro e pasta vitrea. La tomba è databile<br />
nella seconda metà del IV secolo, e più esattamente attorno al 540-<br />
530 a.C.<br />
La Tomba n. 32, anch’essa a incinerazione e illustrata in un apposito<br />
pannello grafico, conteneva i resti <strong>di</strong> una donna posta sul rogo<br />
funebre probabilmente assieme al suo bambino, e forse appunto per<br />
questo presenta un corredo assai più articolato. Si possono notare<br />
due brocche biconiche con orlo trilobato, due brocche con orlo a<br />
fungo, un’urna monoansata con falso versatoio, una spiana che conserva<br />
nell’argilla l’impronta <strong>di</strong> alcuni semi <strong>di</strong> uva, un kernos o candelabro<br />
a sette becchi e un piatto ombelicato. A questi vasi, tutti <strong>di</strong> fabbrica<br />
fenicia, si aggiungono una coppa e un’olpe in bucchero grigio,<br />
entrambe forse <strong>di</strong> produzione etrusca che imita oggetti <strong>di</strong> origine<br />
greco-orientale. <strong>Il</strong> corredo personale della defunta è costituito da una<br />
collana con vaghi in pasta vitrea e argento e da un orecchino in oro<br />
del tipo a sanguisuga. Sulla base del confronto comparato dei materiali<br />
conservati, la tomba è databile tra il 590 e il 570 a.C.<br />
Vetrina 11<br />
L’un<strong>di</strong>cesima vetrina contiene i materiali provenienti dai corre<strong>di</strong><br />
funebri delle tombe ipogee nn. 10 e 12 della necropoli punica <strong>di</strong><br />
Monte Sirai, che sono state esplorate rispettivamente nel 1963 e nel<br />
1965. La pianta <strong>di</strong> queste due camere è illustrata da due pannelli<br />
grafici. Per quanto riguarda i materiali esposti, si tratta <strong>di</strong> una nutrita<br />
scelta <strong>di</strong> forme chiuse, tra cui i tipici contenitori <strong>di</strong> uso sepolcrale,<br />
tra i quali le brocche bilobate e le brocche con orlo a fungo. Accanto<br />
a queste si possono notare brocche con bocca circolare, anfore con<br />
collo carenato, anfore con anse a rocchetto e due piatti ombelicati.<br />
Per quanto riguarda le decorazioni dei vasi, sono presenti linee e<br />
41
Fig. 40 Collezione Pispisa. Vaghi <strong>di</strong> collana.<br />
42
Fig. 41 Collezione Doneddu. Accetta litica e pugnale in bronzo.<br />
Fig. 42 Collezione Doneddu. Brassard.<br />
43
Fig. 43 Collezione Doneddu. Collane in denti forati e conchiglie.<br />
Fig. 44 Monte Sirai. Urne e coperchio dal tofet.<br />
44
fasce in vernice nera o bianca su fondo rossastro. <strong>Il</strong> considerevole<br />
numero <strong>di</strong> oggetti rinvenuti in queste tombe testimonia l’uso prolungato<br />
degli ipogei, durato lungo l’arco <strong>di</strong> alcuni secoli. Ciò senza<br />
dubbio comportava l’accantonamento dei corre<strong>di</strong> più antichi per far<br />
posto a quelli delle deposizioni più recenti. La ceramica vascolare<br />
contenuta nella vetrina si data tra il 520 e il 300 a.C.<br />
L’esposizione si conclude con due vetrine del tipo piccolo, <strong>di</strong>sposte<br />
alla sinistra della porta che in seguito condurrà alle altre sale<br />
espositive del Museo. Tra le due vetrine sono esposti tre pannelli<br />
riguardanti gli scavi <strong>di</strong> Monte Sirai e raffiguranti in particolare le<br />
planimetrie dell’acropoli e dell’area delle due necropoli. Accanto a<br />
queste vi è la pianta del cosiddetto mastio.<br />
Vetrina 12<br />
La do<strong>di</strong>cesima e penultima vetrina contiene ancora materiali della<br />
Collezione Pispisa: si tratta soprattutto <strong>di</strong> oggetti ornamentali riguardanti<br />
<strong>di</strong>verse epoche e <strong>di</strong>fferenti culture. Appartengono all’età preistorica<br />
alcuni elementi <strong>di</strong> collana in osso, un ago, un punteruolo e un<br />
puntale; riferibili al periodo punico sono alcuni gioielli, tra i quali<br />
cinque vaghi sferici <strong>di</strong> collana in pasta vitrea detti “occhi <strong>di</strong> Iside”,<br />
due scarabei in <strong>di</strong>aspro verde, che costituivano i sigilli dei rispettivi<br />
proprietari, e due anelli in oro, uno dei quali con castone circolare e<br />
l’altro con una fascia piatta. Sempre ascrivibili al mondo punico<br />
sono tre orecchini a sanguisuga, utilizzati per fermare le trecce,<br />
numerosi amuleti in osso, in pasta silicea, in pasta talcosa e in vetro,<br />
tutti con raffigurazioni tratte dal repertorio egittizzante. Infine sono<br />
visibili alcuni bottoni in osso, forati e non, provenienti da tombe<br />
puniche dell’area sulcitana e con ogni probabilità da quelle <strong>di</strong><br />
Sulcis.<br />
Completano l’esposizione tre collane composte da vaghi colorati<br />
in vetro, una delle quali con vago centrale in corniola proveniente da<br />
una tomba <strong>di</strong> età tardoromana rinvenuta nell’agro <strong>di</strong> San Pantaleo.<br />
Conclude l’esposizione della vetrina una coppia <strong>di</strong> pendenti ellittici<br />
in argento con terminazioni a globetti sfaccettati, anch’essi parte del<br />
corredo della suddetta tomba <strong>di</strong> San Pantaleo.<br />
45
Vetrina 13<br />
Nella tre<strong>di</strong>cesima e ultima vetrina sono esposti materiali provenienti<br />
dalla Collezione Doneddu, tra i quali numerosi manufatti litici<br />
e in metallo, quasi tutti ascrivibili genericamente all’età preistorica.<br />
Da segnalare tra gli altri oggetti una piccola punta <strong>di</strong> freccia in ossi<strong>di</strong>ana,<br />
tre lame <strong>di</strong> coltello in selce, un pugnaletto in rame, una accettina<br />
e una fusaiola, probabilmente <strong>di</strong> età nuragica.<br />
Di particolare interesse risultano tre collane ricomposte e formate<br />
da pezzi <strong>di</strong> conchiglie e da denti forati. Seguono poi alcuni elementi<br />
<strong>di</strong> collana in conchiglia, in osso e in pietra, una armilla in bronzo, un<br />
anellino in argento, una lesina in rame, alcune lame <strong>di</strong> coltello in<br />
selce e infine un brassard (bracciale da arciere) appartenente alla<br />
cultura del Vaso Campaniforme. Infine, sono da notare un piccola<br />
accetta in pietra levigata e un piccolo pugnale in bronzo con lama a<br />
foglia costolata.<br />
Sul fondo della sala espositiva è stata temporaneamente allestita<br />
una ricostruzione ideale del tofet <strong>di</strong> Monte Sirai, ricavata in uno<br />
stretto vano e comprendente alcune stele e urne rinvenute durante<br />
gli scavi effettuati nell’area sacra tra il 1980 e il 1985. Si tratta della<br />
presentazione ipotetica <strong>di</strong> alcune deposizioni del tofet <strong>di</strong> Monte<br />
Sirai, in uso tra il 350 e il 110 a.C. circa, nella quale sono esposte le<br />
urne con i rispettivi coperchi, relative ai due <strong>di</strong>fferenti livelli d’uso,<br />
assieme ad alcune stele.<br />
Le urne sono fondamentalmente <strong>di</strong> due tipi, entrambi riconducibili<br />
ad una forma ceramica <strong>di</strong> uso domestico, cioè la pentola da cucina.<br />
<strong>Il</strong> tipo più antico presenta il corpo globulare schiacciato e l’orlo<br />
rettilineo e verticale, <strong>di</strong>viso dal corpo tramite un solco netto. Le anse<br />
sono impostate verticalmente sulla spalla e sulla pancia. <strong>Il</strong> tipo più<br />
recente invece ha orli obliqui verso l’esterno associati a risalti interni<br />
adatti a trattenere il coperchio, mentre le anse risultano impostate<br />
orizzontalmente sulla spalla. I coperchi <strong>di</strong> entrambi i tipi sono costituiti<br />
in prevalenza da piatti con ombelico, da piccoli piatti con piede<br />
ad anello e talvolta da coppe, ma, soprattutto per quel che riguarda<br />
la fase più recente, non mancano i coperchi veri e propri provvisti <strong>di</strong><br />
bottone <strong>di</strong> presa.<br />
Le stele sono tutte scolpite in una pietra calcarea che proviene da<br />
cave dell’area <strong>di</strong> Monte Sirai, situate presso gli abitati <strong>di</strong> Matzacara<br />
e Paringianu e sono prevalentemente del noto tipo ad e<strong>di</strong>cola, con i<br />
46
coronamenti piatti <strong>di</strong> tipo egittizzante e triangolari <strong>di</strong> tipo ellenistico.<br />
In due soli casi le stele sono prive <strong>di</strong> raffigurazione, mentre nei<br />
restanti tre esemplari presentano un’e<strong>di</strong>cola con all’interno un personaggio<br />
maschile stante, che in un caso è vestito con un lungo<br />
mantello. Si tratta <strong>di</strong> una produzione artistica locale che, pur derivando<br />
per stile e per caratteri dalla vicina Sulcis, non raggiunge i<br />
livelli <strong>di</strong> elaborazione sviluppati dal capoluogo.<br />
47
<strong>Il</strong> territorio<br />
Come si è potuto notare, i materiali esposti nel Museo <strong>di</strong> Villa<br />
Sulcis provengono da numerosi inse<strong>di</strong>amenti. Alcuni <strong>di</strong> questi sono<br />
situati nelle vicinanze più o meno imme<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong>, mentre<br />
altri sono assai <strong>di</strong>stanti e privi <strong>di</strong> uno stretto rapporto territoriale.<br />
Passando ad un breve esame dei singoli inse<strong>di</strong>amenti, sarà opportuno<br />
un or<strong>di</strong>ne cronologico, rispettando i criteri che hanno governato<br />
l’esposizione dei materiali.<br />
<strong>Il</strong> primo e più antico inse<strong>di</strong>amento del territorio <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> è il<br />
ben noto riparo sotto roccia <strong>di</strong> Su Carroppu, ubicato nei pressi della<br />
località <strong>di</strong> Sirri. Si tratta <strong>di</strong> una cavità naturale, creata dallo scorrimento<br />
<strong>di</strong> acque, il cui nome ha il significato <strong>di</strong> inghiottitoio. La<br />
grotta ha ospitato un antico inse<strong>di</strong>amento relativo ad una fase compresa<br />
tra il 6000 e il 3500 e si pone quin<strong>di</strong> tra i principali siti <strong>di</strong><br />
<strong>Sardegna</strong> relativi a questo particolare periodo.<br />
Sempre del territorio comunale <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> fa parte la località <strong>di</strong><br />
Coderra. Questo toponimo significa “coda della terra” e quin<strong>di</strong> probabilmente<br />
allude alla fine dei rilievi che si innalzano a sud-ovest <strong>di</strong><br />
<strong>Carbonia</strong> e lambiscono la piana <strong>di</strong> San Giovanni Suergiu. In questa<br />
località sono situati alcuni anfratti naturali, modellati e scavati nella<br />
trachite dall’azione combinata del vento e della pioggia. Queste<br />
cavità in età neolitica erano utilizzate come sepolture, come in<strong>di</strong>cano<br />
chiaramente i materiali rinvenuti.<br />
Non molto <strong>di</strong>stante dalla località <strong>di</strong> Coderra si erge il Monte<br />
Crobu. In questo luogo, il cui nome lo in<strong>di</strong>ca frequentato da corvi,<br />
sono ubicate alcune domus de janas, scavate nel versante del monte<br />
che si affaccia verso sud-ovest. Una sola tomba <strong>di</strong> questa necropoli è<br />
stata esplorata con moderni criteri scientifici. Si tratta della Tomba<br />
I, utilizzata nel III millennio a. C., che è stata scavata secondo uno<br />
schema architettonico particolarmente interessante. L’ingresso alla<br />
tomba si apre sul fondo <strong>di</strong> un ampio corridoio imbutiforme e consente<br />
l’accesso ad una prima camera <strong>di</strong> forma semicircolare. Segue<br />
poi una ulteriore camera in asse con l’ingresso, su cui lati si aprono<br />
cinque nicchioni. In queste cellette dovevano essere deposti i<br />
defunti. La struttura complessa <strong>di</strong> questa tomba non ha riscontri<br />
analoghi nella regione sulcitana e si richiama alle tipologie delle<br />
domus de janas presenti nella <strong>Sardegna</strong> settentrionale.<br />
48
La stessa città <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> ospita in un quartiere del centro abitato<br />
una vasta necropoli <strong>di</strong> domus de janas. Infatti, nella località denominata<br />
Cannas <strong>di</strong> Sotto, un mammellone roccioso che sorge sulla riva<br />
sinistra del Riu Cannas, sono visibili numerose tombe relative al III<br />
millennio a. C. Gli ipogei sono del tipo più <strong>di</strong>ffuso nella <strong>Sardegna</strong><br />
meri<strong>di</strong>onale, composto da uno stretto ingresso a pozzo che si apre su<br />
due piccole camere allineate, fornite <strong>di</strong> nicchie laterali. Per il<br />
momento lo scavo arcneologico ha interessato una sola sepoltura,<br />
ma la necropoli è certamente vasta, come <strong>di</strong>mostrano alcuni ipogei<br />
ancora inesplorati e una tomba <strong>di</strong>strutta da lavori e<strong>di</strong>lizi.<br />
Sempre ascrivibili al III millennio a. C. sono le tracce <strong>di</strong> un villaggio<br />
ubicato sulla riva sinistra del Riu Flumentepido. L’agglomerato<br />
<strong>di</strong> capanne sorge in prossimità dell’attuale abitato <strong>di</strong> Barbusi,<br />
frazione a nord <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong>. Le tracce visibili riguardano alcune<br />
pavimentazioni <strong>di</strong> capanne che conservano gli antichi focolari e<br />
numerosi reperti – soprattutto stoviglie – relativi alla vita quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Ai lati dei fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> capanne vi sono le tracce dei pali che sostenevano<br />
la copertura, mentre ad una fase leggermente più tarda appartengono<br />
i materiali trovati all’interno della Grotta Italiana. Si tratta<br />
<strong>di</strong> una cavità naturale utilizzata dalle popolazioni che abitavano il<br />
territorio tra la seconda metà del III e i primi secoli del II millennio<br />
a. C. Le tracce <strong>di</strong> vita nella grotta suggeriscono che questa fu usata<br />
sia come abitazione che come sepoltura.<br />
Alla fase ormai declinante della civiltà nuragica, e dunque ad un<br />
periodo compreso negli ultimi due secoli del II millennio a. C., è<br />
attribuibile la frequentazione della grotta <strong>di</strong> Baccu Arrus che si apre<br />
nella località <strong>di</strong> Cannas <strong>di</strong> Sopra. Come suggerisce il nome – Baccu<br />
ha il significato <strong>di</strong> valle – la grotta si apre su un versante del valloncello<br />
percorso appunto dal Riu Baccu Arrus, un affluente del Riu<br />
Cannas. L’anfratto, ubicato in prossimità <strong>di</strong> una torre nuragica,<br />
doveva essere utilizzato come ripostiglio dagli abitanti del luogo che<br />
facevano riferimento a quell’e<strong>di</strong>ficio. Data la natura degli oggetti<br />
rinvenuti nella grotta – cinque gran<strong>di</strong> ziri – è possibile che questa<br />
fosse utilizzata come silo per la conservazione dei cereali.<br />
<strong>Il</strong> monumento nuragico più imponente del territorio comunale <strong>di</strong><br />
<strong>Carbonia</strong> è costituito dal Nuraghe Sirai. L’ e<strong>di</strong>ficio sorge a occidente<br />
della città e, come suggerisce il suo stesso nome, a sud della collina<br />
<strong>di</strong> Monte Sirai, che lo protegge dallo spirare del maestrale. <strong>Il</strong> nuraghe,<br />
ancora oggi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più che considerevoli, è composto da<br />
49
una torre principale e da altre quattro torri minori, <strong>di</strong>sposte attorno<br />
alla maggiore secondo i punti car<strong>di</strong>nali. Un grande villaggio, formato<br />
da capanne circolari, si <strong>di</strong>spone attorno al monumento, soprattutto<br />
nel versante meri<strong>di</strong>onale. La torre era stata eretta per controllare il<br />
transito lungo l’antica strada costiera, che lambiva le pen<strong>di</strong>ci occidentali<br />
<strong>di</strong> Monte Sirai. <strong>Il</strong> nuraghe è ben visibile dall’attuale strada<br />
statale, che corre lungo il fianco orientale <strong>di</strong> Monte Sirai e che congiunge<br />
<strong>Carbonia</strong> a Sant’Antioco, ed è raggiungibile attraverso una<br />
strada <strong>di</strong> campagna che si apre in prossimità del mattatoio comunale.<br />
<strong>Il</strong> monumento più noto, più vasto e complesso del territorio<br />
comunale <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong> è costituito dall’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Monte Sirai.<br />
La città <strong>di</strong> Monte Sirai si pone come strumento fondamentale ai fini<br />
<strong>di</strong> una maggiore conoscenza della civiltà fenicia e punica poiche il<br />
centro abitato, completo in ogni sua componente, è privo <strong>di</strong> sovrapposizioni<br />
più tarde. Dopo il suo abbandono nel 100 a. C., nulla è<br />
venuto a sconvolgere o a mutare in modo sia pure minimo la struttura<br />
urbanistica del luogo.<br />
L’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Monte Sirai è composto da tre gran<strong>di</strong> settori,<br />
che sono i fulcri scientifici e turistici. <strong>Il</strong> principale è costituito<br />
dall’abitato, che occupa la parte meri<strong>di</strong>onale della collina. Nella collina<br />
settentrionale è invece situato il tofet: è questo il luogo sacro nel<br />
quale erano sepolti con particolari riti i corpi bruciati dei bambini<br />
nati morti o defunti in tenera età. L’ultimo settore è costituito dalle<br />
due necropoli, collocate nella valle che separa l’abitato dal tofet. Si<br />
tratta <strong>di</strong> una necropoli fenicia a incinerazione, della quale sono visibili<br />
unicamente delle fossette sul piano <strong>di</strong> tufo, e <strong>di</strong> una necropoli<br />
punica a inumazione formata da tombe sotterranee.<br />
Infine, in prossimità dell’ingresso all’area, vicino al luogo <strong>di</strong><br />
ristoro, sono le tracce <strong>di</strong> alcuni pavimenti <strong>di</strong> capanne del III millennio<br />
a. C. e i resti <strong>di</strong> un santuario <strong>di</strong> tipo agreste, attribuibile ad epoca<br />
tardo-punica.<br />
<strong>Il</strong> centro <strong>di</strong> Monte Sirai nasce attorno al 725 a. C. come abitato<br />
civile e risulta particolarmente importante perché è situato lungo la<br />
via costiera, alla confluenza con la valle del Campidano. Attorno al<br />
540 a. C. Cartagine decise <strong>di</strong> impadronirsi dell’isola, ma una coalizione<br />
<strong>di</strong> città fenicie, tra le quali certamente Sulcis e Monte Sirai, si<br />
oppose alle sue mire espansionistiche. Pochi anni dopo Cartagine<br />
inviò in <strong>Sardegna</strong> un secondo esercito che questa volta ebbe ragione<br />
della resistenza delle città fenicie e dei loro alleati. Monte Sirai fu<br />
50
asa quasi completamente al suolo e fu spopolata dalle stragi. In<br />
questo periodo l’abitato fu ridotto a un piccolo centro occupato da<br />
non più <strong>di</strong> una dozzina <strong>di</strong> famiglie e la vita sul monte continuò<br />
grama e senza particolari sussulti fino al 360 a.C. circa, periodo in<br />
cui Cartagine decise <strong>di</strong> fortificare numerosi centri della <strong>Sardegna</strong> tra<br />
i quali Monte Sirai.<br />
Dopo il 238 a. C., anno del passaggio della <strong>Sardegna</strong> dalla signoria<br />
<strong>di</strong> Cartagine al dominio <strong>di</strong> Roma, Monte Sirai fu demolito completamente.<br />
L’impianto urbanistico fu ri<strong>di</strong>segnato e furono costruiti<br />
quattro gran<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> case a schiera. Attorno al 110 a. C.,<br />
forse nel quadro della repressione <strong>di</strong> moti insurrezionali che scoppiavano<br />
<strong>di</strong> frequente nell’isola, Roma decise <strong>di</strong> deportare gli abitanti<br />
<strong>di</strong> Monte Sirai, poiché collocati in un luogo ben <strong>di</strong>feso dalla natura.<br />
La città fu dunque abbandonata e non più frequentata nei secoli successivi<br />
se non in modo spora<strong>di</strong>co.<br />
***<br />
Oltre agli oggetti esposti nelle vetrine, il Civico Museo<br />
Archeologico <strong>di</strong> Villa Sulcis offre ai suoi visitatori la possibilità <strong>di</strong><br />
integrare la conoscenza del sito <strong>archeologico</strong> <strong>di</strong> Monte Sirai e <strong>di</strong><br />
prepararli adeguatamente ed in modo completo ad una visita<br />
dell’inse<strong>di</strong>amento sul Monte. Infatti, sono <strong>di</strong> recente installazione<br />
all’interno del Museo due stazioni multime<strong>di</strong>ali che illustrano un<br />
programma sull’inse<strong>di</strong>amento fenicio e punico <strong>di</strong> Monte Sirai. Le<br />
stazioni sono costituite da un elaboratore elettronico e da uno schermo<br />
e sono situate una nella prima sala espositiva e l’altro in una sala<br />
appositamente attrezzata e ubicata al primo piano dell’e<strong>di</strong>ficio. <strong>Il</strong><br />
programma presentato si avvale <strong>di</strong> immagini e grafici corredati da<br />
testi illustrativi.<br />
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, sono stati utilizzati schermi<br />
a colori e ad alta definizione, che hanno una risoluzione <strong>di</strong> immagine<br />
più che doppia rispetto ai normali schermi televisivi e quin<strong>di</strong> consentono<br />
<strong>di</strong> mostrare dei particolari anche molto piccoli. Gli elaboratori<br />
elettronici sono particolarmente potenti e permettono una notevole<br />
velocità <strong>di</strong> esercizio.<br />
<strong>Il</strong> programma è articolato in cinque <strong>di</strong>fferenti sezioni, che, assieme<br />
a notizie raccolte durante lo svolgimento trentennale dei lavori,<br />
forniscono i risultati ottenuti nel corso delle ultime campagne <strong>di</strong><br />
51
scavo. I materiali illustrativi utilizzati si compongono <strong>di</strong> piante,<br />
<strong>di</strong>segni e fotocolor.<br />
<strong>Il</strong> programma è formato da poco meno <strong>di</strong> trecento schede composite.<br />
Dunque, ogni schermata è costituita da un breve testo <strong>di</strong> non<br />
più <strong>di</strong> quaranta parole che illustra i <strong>di</strong>versi aspetti della trattazione.<br />
Le immagini (fotocolor o <strong>di</strong>segni) sono correlate al testo e contribuiscono<br />
ad integrarlo. Le illustrazioni riguardano vari aspetti dell’inse<strong>di</strong>amento<br />
nel corso dei trenta anni <strong>di</strong> scavi, oggetti e, infine, panorami<br />
o materiali <strong>di</strong> altre località fenicie e puniche in Italia e all’estero.<br />
Alcune ricostruzioni grafiche e alcune animazioni contribuiscono ad<br />
agevolare la imme<strong>di</strong>ata comprensione delle notizie fornite.<br />
Nella prima sezione, che ha un carattere introduttivo, sono illustrati<br />
il sommario, un riassunto <strong>di</strong> quanto contenuto e i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> utilizzo<br />
del programma stesso. Questi ultimi sono particolarmente<br />
semplici e <strong>di</strong> facile accesso poiché per utilizzare il programma occorre<br />
unicamente toccare con un <strong>di</strong>to lo schermo laddove viene in<strong>di</strong>cato<br />
<strong>di</strong> volta in volta. Dunque, non è necessario che il lettore utilizzi la<br />
tastiera dell’elaboratore, atto che invece andava necessariamente<br />
effettuato nei primi programmi multime<strong>di</strong>ali elaborati negli anni ’80.<br />
Oltre all’introduzione, le quattro sezioni restanti sono <strong>di</strong>vise per<br />
argomenti. Pertanto, nella seconda sezione, denominata con la parola-chiave<br />
Storia, sono illustrate le vicende dell’inse<strong>di</strong>amento, dalle<br />
origini, situate in età neolitica, fino all’abbandono dell’abitato, da<br />
collocare verso la fine del II sec. a.C. Una particolare attenzione è<br />
posta agli avvenimenti che videro la nascita, l’apogeo e la fine<br />
dell’abitato fenicio e punico, ma sono anche ampiamente trattati il<br />
periodo relativo all’età nuragica e quello della prima età romana. Sia<br />
in questa sezione che in quelle che seguono è possibile osservare un<br />
percorso-base che fornisce le informazioni <strong>di</strong> carattere generale: la<br />
durata è <strong>di</strong> circa trenta minuti.<br />
Accanto a questo percorso principale ve ne è uno <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento,<br />
della durata complessiva <strong>di</strong> circa quin<strong>di</strong>ci minuti. L’accesso<br />
a questo percorso, che non è alternativo ma integrativo, si effettua<br />
nel corso della lettura delle <strong>di</strong>fferenti schermate del programma base<br />
attraverso alcune finestre appositamente sensibilizzate. Queste finestre<br />
integrative possono essere attivate toccando le <strong>di</strong>verse parolechiave<br />
inquadrate in una linea rossa o in<strong>di</strong>cate da un riquadro contenente<br />
una piccola immagine <strong>di</strong> riferimento. Quin<strong>di</strong>, ad esempio,<br />
quando la trattazione riguarda il nuraghe che all’origine era colloca-<br />
52
to sulla sommità del monte e si desidera approfon<strong>di</strong>re l’argomento<br />
specifico, alcune finestre consentono l’accesso a ulteriori spiegazioni.<br />
Se invece non si desidera analizzare ulteriormente la questione,<br />
si possono ignorare le finestre integrative e proseguire con il programma-base.<br />
La terza sezione del programma è in<strong>di</strong>cata con la parola-chiave<br />
Casa ed è de<strong>di</strong>cata ai vari aspetti del centro abitato. Dopo una breve<br />
analisi della topografia dell’antico inse<strong>di</strong>amento, sono illustrati i <strong>di</strong>fferenti<br />
settori che comprendono la cosiddetta Opera Avanzata,<br />
l’Acropoli e il centro abitato, nel quale sono descritti due e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong><br />
abitazione privata. Concludono la sezione alcuni cenni riguardanti i<br />
sistemi costruttivi e le tecniche e<strong>di</strong>lizie utilizzate in epoca fenicia e<br />
punica.<br />
La quarta sezione, identificabile con la parola-chiave Morte,<br />
riguarda le due necropoli, la prima a incinerazione e <strong>di</strong> età fenicia e<br />
la seconda a inumazione e in uso in epoca punica. Sono descritte le<br />
tombe dei vari tipi, con cenni sui materiali <strong>di</strong> corredo contenuti<br />
all’interno. Di particolare interesse è la trattazione che riguarda lo<br />
svolgimento dei <strong>di</strong>fferenti riti funebri, con la descrizioni delle numerose<br />
pratiche con le quali venivano onorati i defunti.<br />
L’ultima sezione è in<strong>di</strong>viduata dalla parola chiave Sacro e riguarda<br />
appunto il luoghi dove gli abitanti <strong>di</strong> Monte Sirai svolgevano abitualmente<br />
le loro pratiche religiose. La sezione è <strong>di</strong>visa in <strong>di</strong>versi<br />
argomenti che riguardano il tempio del cosiddetto Mastio, il quale<br />
costituiva il principale luogo <strong>di</strong> culto dell’abitato. Seguono una<br />
breve illustrazione delle principali <strong>di</strong>vinità del mondo fenicio e<br />
punico, una descrizione del tofet <strong>di</strong> Monte Sirai, luogo nel quale<br />
erano sepolti con particolari rituali i bambini nati morti o deceduti<br />
poco dopo la nascita, e una esposizione delle pratiche rituali officiate<br />
in questo luogo sacro e dei materiali utilizzati a questo scopo.<br />
L’intero programma, comprese le varie <strong>di</strong>ramazioni integrative,<br />
ha una durata complessiva <strong>di</strong> circa tre ore, che corrispondono al<br />
tempo necessario per la lettura dei testi e per l’osservazione delle<br />
immagini. L’attualità e la novità dei contenuti, nonché la varietà e la<br />
qualità delle immagini fanno <strong>di</strong> questo lavoro uno strumento <strong>di</strong> alto<br />
pregio <strong>di</strong>dattico e <strong>di</strong> indubbio valore scientifico. Infatti, uno strumento<br />
<strong>di</strong> questo tipo, ancorché inusuale, non sostituisce quelli tra<strong>di</strong>zionali,<br />
quali ad esempio i libri, ma li integra e favorisce una più<br />
completa acquisizione dei dati offerti.<br />
53
Bibliografia<br />
AA. VV., Museo Villa Sulcis. Primi documenti, Cagliari 1988.<br />
P. BARTOLONI, La necropoli <strong>di</strong> Monte Sirai (<strong>Carbonia</strong>): L’Antiquarium arborense<br />
e i civici musei archeologici della <strong>Sardegna</strong>, Sassari 1988, pp.<br />
224-31.<br />
S. F. BONDÌ, <strong>Il</strong> tofet <strong>di</strong> Monte Sirai - <strong>Carbonia</strong>, ibid., pp. 231-34.<br />
P. BARTOLONI, Monte Sirai, Guide e Itinerari, 10, Sassari 1989.<br />
L. A. MARRAS, Lucerne della Collezione Pispisa in Quaderni della<br />
Soprintendenza Archeologica per le Province <strong>di</strong> Cagliari e Oristano, 7<br />
(1990), pp. 163-72<br />
D. COCCO, Museo « Villa Sulcis», in, AA.VV., Guida alla visita dei Musei<br />
locali e regionali della <strong>Sardegna</strong>, Cagliari 1991, pp. 132-35.<br />
L. A. MARRAS, <strong>Il</strong> Sulcis-Iglesiente: Introduzione storico-geografica, in,<br />
AA.VV., Guida alla visita dei Musei locali e regionali della <strong>Sardegna</strong>,<br />
Cagliari 1991, pp. 130-31.<br />
P. BARTOLONI - S. F. BONDÌ - L. A. MARRAS, Monte Sirai, Itinerari, 9, Roma<br />
1992.<br />
L. A. MARRAS, Ceramiche fenicie e puniche della Collezione Pispisa a<br />
<strong>Carbonia</strong>: Actes du III Congès International des Études Phéniciennes et<br />
Puniques, Tunis, 11-16 novembre 1991, Tunis 1995, pp. 220-24.<br />
L. A. MARRAS, La collezione Pispisa: <strong>Carbonia</strong> e il Sulcis. Archeologia e<br />
territorio, Oristano 1995, pp. 441-53.<br />
L. A. MARRAS, Due stele puniche da Sulcis nel Civico Museo Archeologico<br />
«Villa Sulcis» <strong>di</strong> <strong>Carbonia</strong>, in AA.VV., Alle Soglie della classicità. <strong>Il</strong><br />
Me<strong>di</strong>terraneo tra tra<strong>di</strong>zione e innovazione. Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Sabatino<br />
Moscati, Pisa - Roma 1996, pp. 849-51.<br />
L. A. MARRAS, I musei locali della <strong>Sardegna</strong>: Santu Antine. Stu<strong>di</strong> e ricerche<br />
del Museo della Valle dei Nuraghi del Logudoro-Meilogu (Torralba), 1<br />
(1996), pp. 136-38.<br />
55
Glossario<br />
Adyton Penetrale (v.) del tempio.<br />
Anastilosi Proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> restauro concernente la ricomposizione<br />
delle colonne (o, in generale,<br />
delle strutture) <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio.<br />
Antropomorfo Rappresentato sotto aspetto umano.<br />
Antroponimo Nome <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduo.<br />
Apodyterium Ambiente termale destinato a spogliatoio.<br />
Base attica Base <strong>di</strong> colonna caratterizzata da un trochilo<br />
(gola) tra tori (elementi convessi).<br />
Basolato Rivestimento stradale in lastre <strong>di</strong> pietra.<br />
Betilo Pietra non figurata simbolo della <strong>di</strong>vinità.<br />
Calidarium Ambiente termale destinato a bagni cal<strong>di</strong>.<br />
Cardo maximus Asse principale rettilineo dell’impianto viario<br />
urbano romano.<br />
Castellum aquae Serbatoio in cui venivano raccolte le acque<br />
provenienti dall’acquedotto, per la successiva<br />
<strong>di</strong>stribuzione in città.<br />
Cenotaflo Tomba priva <strong>di</strong> deposizione, eretta a scopo<br />
commemorativo.<br />
Cocciopisto Intonaco impermeabilizzante ottenuto me<strong>di</strong>ante<br />
tritume <strong>di</strong> terracotta e calce.<br />
Cortina Tratto <strong>di</strong> muratura, pertinente ad opera <strong>di</strong>fensiva.<br />
Dolicomorfo Tipologia antropologica caratterizzata dal<br />
cranio allungato.<br />
Dromos Corridoio <strong>di</strong> accesso a camera funeraria.<br />
Ecclettismo Carattere culturale caratterizzato dalla fusio-<br />
57
ne <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa origine.<br />
Epistilio Architrave <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio dotato <strong>di</strong> colonne<br />
sulla fronte.<br />
Eponimo Personaggio che dà il proprio nome ad un<br />
popolo, una città, una regione etc.<br />
Falesia Scarpata molto ripida formatasi per intensa<br />
azione erosiva del mare sulla costa rocciosa,<br />
spesso soggetta a continuo arretramento per<br />
l’azione del mare.<br />
Frigidarium Ambiente termale destinato a bagni fred<strong>di</strong>.<br />
Giu<strong>di</strong>cati I quattro Giu<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> Cagliari, Torres, Gallura,<br />
Arborea erano i quattro organismi statali<br />
(regni) nei quali era <strong>di</strong>visa la <strong>Sardegna</strong><br />
durante il me<strong>di</strong>oevo.<br />
Gola egizia Mondanatura <strong>di</strong> elemento architettonico <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zione egiziana.<br />
Incinerazione Rito funerario che implica la combustione<br />
completa dei resti umani.<br />
Intercolumnio Distanza tra due colonne.<br />
Inumazione Rito funerario che implica deposizione del<br />
cadavere in una tomba.<br />
Mattoni bessali Mattoni romani quadrati con lato canonico<br />
<strong>di</strong> cm 19,7; utilizzati interi o tagliati a metà<br />
in due triangoli o in due rettangoli nelle<br />
suspensurae e nei parametri murari.<br />
Mattoni sesquipedali Mattoni romani quadrati col lato <strong>di</strong> circa cm<br />
44.<br />
Miliario Pilastrino <strong>di</strong> pietra, collocato sul bordo della<br />
via ad in<strong>di</strong>cazione delle <strong>di</strong>stanze.<br />
Necropoli Termine equivalente al nostro cimitero, che<br />
si usa però in riferimento alle città antiche.<br />
Olocausto Sacrificio costituito dall’arsione totale della<br />
58
vittima (umana o animale).<br />
Opus caementicium Tipo <strong>di</strong> muratura <strong>di</strong> età romana ottenuta me<strong>di</strong>ante<br />
una concrezione <strong>di</strong> malta, pozzolana,<br />
sabbia, spesso con frammenti <strong>di</strong> ceramica.<br />
Opus doliare Produzione fittile, cioè in terracotta (laterizi,<br />
terrecotte architettoniche etc.).<br />
Opus mixtum Struttura muraria <strong>di</strong> età romana ottenuta con<br />
impiego alternato a filari <strong>di</strong> materiali <strong>di</strong>versi.<br />
Opus quadratum Tecnica e<strong>di</strong>lizia caratterizzata dall’uso <strong>di</strong><br />
blocchi in pietra squadrata.<br />
Paramento Faccia esterna <strong>di</strong> muratura, talvolta <strong>di</strong> materiale<br />
<strong>di</strong>verso da quello che costituisce la<br />
parte interna.<br />
Penetrale II settore più sacro dei luoghi <strong>di</strong> culto, corrispondente<br />
al Qodesh Qodashin (Sancta<br />
Sanctorum) del tempio <strong>di</strong> Gerusalemme.<br />
Piede romano (pes) Unità <strong>di</strong> misura corrispondente a metri<br />
0,296.<br />
Po<strong>di</strong>o Basamento del tempio etrusco-italico e romano.<br />
Pronao Ambiente antistante alla cella (naòs).<br />
Prospezione archeologica<br />
Rilevamento <strong>di</strong> emergenze e dati archeologici<br />
effettuato sul terreno senza opera <strong>di</strong><br />
scavo.<br />
Stele Nel mondo punico, monumento posto a<br />
ricordo del sacrificio.<br />
Temenos Muro <strong>di</strong> recinzione (haràm in punico) del<br />
tempio, che delimita l’area sacra dalla zona<br />
profana.<br />
Teoforo Antroponimo formato con un nome <strong>di</strong>vino.<br />
Teonimo Nome <strong>di</strong>vino.<br />
59
Terminus post quem Termine cronologico a partire dal quale si<br />
data uno strato <strong>archeologico</strong>.<br />
Tetrastilo E<strong>di</strong>ficio dotato <strong>di</strong> quattro colonne sul prospetto.<br />
Tofet Area sacra punica, dove si praticava il sacrificio<br />
dei neonati.<br />
Uncia Unità <strong>di</strong> misura lineare romana corrispondente<br />
a m 0,0246 (si noti che l’uncia è anche<br />
una unità ponderale).<br />
60
In<strong>di</strong>ce<br />
VILLA SULCIS p. 7<br />
Vetrina 1<br />
Vetrina 2<br />
Vetrina 3<br />
Vetrina 4<br />
Vetrina 5<br />
Vetrina 6<br />
Vetrina 7<br />
Vetrina 8<br />
Vetrina 9<br />
Vetrina 10<br />
Vetrina 11<br />
Vetrina 12<br />
Vetrina 13<br />
IL TERRITORIO 48<br />
BIBLIOGRAFIA 55<br />
GLOSSARIO 57<br />
14<br />
16<br />
18<br />
24<br />
24<br />
28<br />
33<br />
35<br />
37<br />
40<br />
41<br />
45<br />
46<br />
61
Serie Stu<strong>di</strong> e Monumenti<br />
SARDEGNA ARCHEOLOGICA<br />
Reprints e nuovi stu<strong>di</strong> sulla <strong>Sardegna</strong> antica<br />
Collana <strong>di</strong>retta da Alberto Moravetti<br />
G. LILLIU, La civiltà nuragica, 1982, 242 pagg. e 246 figg. Introduzione <strong>di</strong> Alberto Moravetti.<br />
E. ACQUARO, Arte e cultura punica in <strong>Sardegna</strong>, 1984, 212 pagg. e 225 figg. Introduzione <strong>di</strong><br />
Sabatino Moscati.<br />
F. BARRECA, La civiltà fenicio-punica in <strong>Sardegna</strong>, 1986, 348 pagg. e 265 figg.<br />
Serie Reprints<br />
G. PINZA, Monumenti primitivi della <strong>Sardegna</strong>, 1979, 280 pagg., 146 figg. e 19 tavv. Ristampa anastatica<br />
dell’e<strong>di</strong>zione del 1901. Introduzione <strong>di</strong> M. Luisa Ferrarese Ceruti.<br />
R. PETTAZZONI, La religione primitiva in <strong>Sardegna</strong>, 1980, 280 pagg., 18 figg. Ristampa anastatica<br />
dell’e<strong>di</strong>zione del 1912. Introduzione <strong>di</strong> Giovanni Lilliu.<br />
C. ZERVOS, La civiltà della <strong>Sardegna</strong> dall’Eneolitico alla fine dell’età nuragica, 1980, 384 pagg.,<br />
463 figg. Traduzione <strong>di</strong> Laura Agri dell’e<strong>di</strong>zione francese del 1954. Introduzione <strong>di</strong> Alberto<br />
Moravetti.<br />
A. TARAMELLI, Scavi e scoperte (1903-1939), voll. I-IV, 2078 pagg., 1492 figg. Introduzione <strong>di</strong><br />
Alberto Moravetti.<br />
D. PANEDDA, Olbia dalla preistoria all’Età romana, 1987, voll. I-II, 306 pagg., 118 figg.<br />
Introduzione <strong>di</strong> Giovanni Lilliu.<br />
AA.VV., Sar<strong>di</strong>nia. Notizie degli scavi (1876-1968) 1987, voll. I-II, 1300 pagg., 420 figg.<br />
Introduzione <strong>di</strong> Alberto Moravetti.<br />
AA.VV., <strong>Il</strong> convegno <strong>archeologico</strong> in <strong>Sardegna</strong>. 1926, 1991, 182 pagg. Presentazione <strong>di</strong> Giovanni<br />
Lilliu.<br />
A. TARAMELLI, Carte archeologiche della <strong>Sardegna</strong>, 1994, voll. I-III, 846 pagg. Introduzione<br />
<strong>di</strong> Alberto Moravetti.<br />
Serie Scavi e Ricerche<br />
F. GERMANÀ, L’uomo in <strong>Sardegna</strong>. Dal Paleolitico all’Età nuragica, 1995, 248 pagg., 92 figg.<br />
Introduzioni <strong>di</strong> Ercole Contu e <strong>di</strong> Francesco Mallegni.<br />
62
Con il contributo<br />
dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione,<br />
Beni <strong>Cultura</strong>li, Informazione,<br />
Spettacolo e Sport della<br />
Regione Autonoma della <strong>Sardegna</strong><br />
Finito <strong>di</strong> stampare<br />
nel mese <strong>di</strong> marzo 1998<br />
presso A.G.E.<br />
Via P.R. Pirotta 20-22, Roma<br />
63