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di riuscire a sentire i suoni del cuore<br />
assai meglio del consueto. Successivamente<br />
perfezionò egli stesso il modello,<br />
facendolo costruire in legno.<br />
Dunque, sebbene l’esame obiettivo<br />
sia straordinariamente ricco di valenze<br />
rituali, la cosa non è affatto intenzionale.<br />
Possiamo invece dire che su<br />
questo momento così critico nella vita<br />
di ciascuno di noi si proietta, e si rivela,<br />
il profondo bisogno inconscio di<br />
ritualità insito nell’uomo. Insomma,<br />
durante la visita inconsciamente si<br />
mette in scena un rituale archetipo in<br />
cui il medico e il suo paziente rivestono<br />
dei ruoli ben precisi. E su questo<br />
gli antropologi non hanno alcun<br />
dubbio: la visita medica ha davvero in<br />
sé tutte le caratteristiche canoniche di<br />
un rituale. E soprattutto, come ogni<br />
rituale importante, ha la funzione di<br />
marcare un cambiamento.<br />
Ogni rito è l’attraversamento di una<br />
soglia, è il passaggio tra un prima e un<br />
dopo. Lo sono i riti socialmente più<br />
diffusi che scandiscono le nostre vite:<br />
battesimi, matrimoni, funerali, transizioni<br />
di poteri. E lo è anche l’esame<br />
obiettivo a cui il medico sottopone<br />
il paziente. Come ogni rito, anche la<br />
visita consacra una trasformazione,<br />
un passaggio da uno stato all’altro. E<br />
questo vale per entrambi i protagonisti:<br />
tanto il paziente quanto il medico<br />
oltrepasseranno la soglia tra un prima<br />
e un dopo. Ma quale cambiamento si<br />
attende il malato, sia pur inconsciamente,<br />
dalla visita? Quale soglia sta<br />
attraversando, insieme al suo medico,<br />
nel momento in cui questi percorre<br />
con le mani il suo corpo?<br />
Il paziente, offrendo il suo corpo<br />
all’esame del medico, passa da uno<br />
stato di solitaria sofferenza ad uno<br />
stato di condivisone del suo male.<br />
Il suo dolore, la sua malattia, il suo<br />
stesso corpo, fuoriescono dalla sfera<br />
individuale e vengono validati dal<br />
suo medico. Il medico, a sua volta,<br />
nel momento in cui il malato si offre<br />
alla sua osservazione, viene validato<br />
nel suo ruolo: egli ha ora il pieno<br />
consenso per poter esplorare quel<br />
corpo, quel dolore, quella malattia e<br />
si assume ritualmente il difficile compito<br />
di prendersene cura. Formula un<br />
impegnativo, implicito giuramento:<br />
“D’ora in poi tu non sarai più solo nella<br />
tua sofferenza. E io, come medico, sarò<br />
presente nella tua vita”.<br />
Questo rito, peraltro, non è un<br />
evento unico ed irripetibile anzi, per<br />
sua stessa natura, è ciclico e deve<br />
essere rinnovato, per poter confermare<br />
ogni volta il patto e l’alleanza tra<br />
medico e paziente, che saranno,<br />
da esso, reciprocamente<br />
consacrati.<br />
Se qualcuno ha<br />
pensato che i<br />
rapporti tra<br />
esame obiettivo<br />
del<br />
medico e<br />
ritualità<br />
siano<br />
solo<br />
un<br />
futile<br />
argomento<br />
di<br />
discussione<br />
tra<br />
appassionati<br />
di<br />
esoterismo si<br />
è sbagliato di<br />
grosso: la tematica<br />
sta interessando<br />
studiosi di prestigiose<br />
scuole di medicina statunitensi,<br />
come Abraham Verghese,<br />
medico e professore di Teoria e pratica<br />
della medicina alla Stanford University.<br />
Egli è anche uno dei protagonisti di<br />
un programma educativo facilmente<br />
reperibile in rete, Stanford Medicine 25,