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IL CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI DI PRATO, PRIMO MUSEO COSTRUITO EX<br />

NOVO IN ITALIA PER PROMUOVERE GLI SVILUPPI ARTISTICI PIÙ RECENTI, PRESENTA UN VASTO<br />

PATRIMONIO DI OPERE RACCOLTE NEL CORSO DEI SUOI VENT’ANNI DI ATTIVITÀ.<br />

ALL’INTERNO DELLA RACCOLTA, IL VOLUME DOCUMENTA 250 OPERE DI 150 ARTISTI O GRUPPI DI<br />

ARTISTI, SUDDIVISI IN SEZIONI TEMATICHE DI CUI FORNISCE LE PRINCIPALI CHIAVI DI LETTURA.<br />

TRENTANOVE SCHEDE MONOGRAFICHE INCENTRATE SUI LAVORI DI ALTRETTANTI ARTISTI COM-<br />

PONGONO IL FOCUS DELLA COLLEZIONE. SEGUONO UN’AMPIA PANORAMICA SU ALTRE OPERE<br />

DELLA RACCOLTA E CAPITOLI SPECIFICI DEDICATI ALL’ARTE DELL’AREA POSTSOVIETICA, AI LASCITI<br />

DEL COLLEZIONISTA CARLO PALLI E DEGLI EREDI DELL’ARTISTA LUCIANO ORI, AI LAVORI CON LA<br />

FOTOGRAFIA, IL VIDEO E IL FILM, ALLE RICERCHE DI ARCHITETTURA RADICALE.<br />

COMPLETANO LA GUIDA UN CAPITOLO SULLA COLLEZIONE DOCUMENTALE DEL CENTRO<br />

INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE CID/ARTI VISIVE E UNA INTRODUZIONE ALL’ARCHITETTURA<br />

MUSEALE, DALL’EDIFICIO MODERNO DI ITALO GAMBERINI ALL’AVVENIRISTICO PROGETTO DI<br />

AMPLIAMENTO DI NIO ARCHITECTEN.<br />

00000X € 00,00<br />

CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI<br />

LA COLLEZIONE<br />

CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI PRATO<br />

LA COLLEZIONE


CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI PRATO<br />

LA COLLEZIONE


PAOLO COCCHI<br />

Assessore alla Cultura, al Commercio e al Turismo della Regione Toscana<br />

Nell’ambito di un progetto regionale che assegna al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato<br />

una collocazione centrale nel sistema toscano dell’arte, la valorizzazione e l’<strong>in</strong>cremento della già ricca collezione<br />

permanente è obiettivo primario e <strong>in</strong>dispensabile attorno a cui si ridef<strong>in</strong>iscono le funzioni, l’assetto istituziona<br />

le, organizzativo ed economico del Centro stesso.<br />

Il volume, progettato con cura e sapienza come una propria e vera “Gui<strong>da</strong> al Museo e alla sua Collezione”,<br />

agile e puntuale, importante strumento di studio e di lavoro, di fatto celebra i venti anni di attività del Centro,<br />

uno dei primi musei di arte contemporanea del nostro paese, sorto per volontà dell’amm<strong>in</strong>istrazione comunale di Prato<br />

e della famiglia di imprenditori pratesi, i Pecci, che ancora oggi, a distanza di un ventennio, cont<strong>in</strong>ua a scommettere<br />

sul futuro di questo museo con la fattiva collaborazione per il progetto di ampliamento dell’edificio - dell’architetto<br />

Maurice Nio - che restituirà dignità e respiro nazionale e <strong>in</strong>ternazionale alla prestigiosa collezione permanente.<br />

Fra le varie “sfide” <strong>in</strong>centrate sulle tematiche dell’arte contemporanea che la Regione sta affrontando, quella del Centro<br />

Pecci è senz’altro la più cogente: potenziare un centro che sia sì museo - con funzioni precipue di conservazione, tutela,<br />

ricerca, catalogazione, documentazione, esposizione- ma anche motore di ricerca e di produzione di attività<br />

multidiscipl<strong>in</strong>ari, radicato nel territorio ma con una vocazione ‘globale’; un centro che valorizzi e promuova <strong>in</strong> primis gli<br />

artisti toscani <strong>in</strong>serendosi così nel tessuto connettivo delle realtà operative del territorio con funzioni di centro-sistema<br />

per l’arte contemporanea nella nostra regione.<br />

Tutto questo e molto altro può realizzare questo museo r<strong>in</strong>novato, nato nel 1988 come museo d’avanguardia attento<br />

ai processi sperimentali delle arti contemporanee.<br />

Ricordiamo il suo primo nucleo fon<strong>da</strong>tivo, agli <strong>in</strong>izi degli anni ’80, il Centro di Documentazione delle Arti visive con<br />

la preziosa Biblioteca specializzata, la storica sezione sulla di<strong>da</strong>ttica museale improntata sul metodo di Bruno Munari<br />

che qui ha lavorato.<br />

Dunque un museo che raccoglie un patrimonio <strong>in</strong>estimabile, luogo di storia e di memoria, la cui Collezione permanente<br />

ne rappresenta l’identità, ne racchiude i valori e traman<strong>da</strong> la “conoscenza”.<br />

1988 - 2008: il Centro Pecci festeggia dunque i suoi 20 anni; l’augurio è di contribuire, come Regione Toscana, alla crescita<br />

di un Centro che sia un vero strumento culturale per far crescere il livello di conoscenza dell’arte contemporanea.


VALDEMARO BECCAGLIA<br />

Presidente del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci<br />

Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci ha superato la soglia dei vent’anni, due <strong>in</strong>teri decenni d’attività<br />

appassionanti che hanno consoli<strong>da</strong>to la vocazione di Prato alla contemporaneità, al confronto con le sfide di oggi,<br />

alla propositività culturale.<br />

In un periodo di crisi economica e sociale profon<strong>da</strong>, come quello che stiamo attraversando, l’attenzione all’attualità<br />

e la consapevolezza di operare nel presente, seppure con difficoltà, costituiscono un patrimonio collettivo reale,<br />

non una via di fuga virtuale. La presenza del museo può essere <strong>in</strong>fatti di stimolo alla capacità di ognuno di pensare,<br />

di impegnarsi e guar<strong>da</strong>re avanti, alla volontà di non fermarsi su quello che è stato il passato, ma di riflettere su quello<br />

che sta accadendo e soprattutto su quello che potrà essere il futuro. L’approccio all’arte contemporanea richiede<br />

attenzione, curiosità e immag<strong>in</strong>azione, presume voglia di scoprire, di mettersi <strong>in</strong> gioco e stupirsi, offre <strong>in</strong> cambio<br />

la possibilità di allargare le conoscenze, le vedute, favorendo una coscienza critica.<br />

Vent’anni fa Prato si presentava come l’unica città italiana con un museo costruito appositamente per promuovere<br />

e documentare gli sviluppi artistici più recenti. Oggi siamo sicuri dell’importanza di quella scelta, avvalorata <strong>da</strong><br />

un’esperienza ventennale di ricerche, idee, proposte, seppure fra problemi economici e limiti operativi, e riponiamo<br />

la nostra fiducia <strong>in</strong> nuovi progetti a venire. Di questa prospettiva sono testimoni il lavoro di Marco Bazz<strong>in</strong>i e Stefano<br />

Pezzato, i curatori di questo libro che raccoglie un’ampia s<strong>in</strong>tesi di scelte artistiche confluite nella collezione permanente<br />

del museo, e l’ambizioso progetto d’ampliamento dell’edificio museale che è qui documentato, fortemente voluto<br />

<strong>da</strong>l Consiglio direttivo del Centro e sostenuto con determ<strong>in</strong>azione <strong>da</strong>lla famiglia Pecci, <strong>da</strong>l Comune di Prato e <strong>da</strong>lla<br />

Regione Toscana che ne ha recentemente riconosciuto il ruolo rilevante di “Museo regionale d’arte contemporanea”.<br />

La pubblicazione esce a dieci anni di distanza <strong>da</strong>lla realizzazione dell’ultimo <strong>catalogo</strong> dedicato alla Collezione<br />

permamente (1998), a sei anni <strong>da</strong>ll’uscita del volume <strong>in</strong>centrato sulle Nuove acquisizioni (2002), per presentare<br />

al pubblico il patrimonio museale e fornirne le pr<strong>in</strong>cipali chiavi di lettura: una gui<strong>da</strong> alle opere, alle correnti artistiche<br />

e alle tematiche più significative raccolte <strong>in</strong> vent’anni, ma anche un libro sul museo e la sua architettura, <strong>da</strong>ll’edificio<br />

orig<strong>in</strong>ario di Italo Gamber<strong>in</strong>i al progetto d’ampliamento di Maurice Nio. Non si tratta qu<strong>in</strong>di di un semplice <strong>catalogo</strong><br />

aggiornato della collezione, ma di un nuovo capitolo dell’<strong>in</strong>tensa storia del nostro museo, <strong>da</strong> cui bisogna ripartire.<br />

La collezione, come l’abbiamo conosciuta f<strong>in</strong>ora, appare qui <strong>in</strong> tutta la sua ricchezza e articolazione: le opere più<br />

significative e rappresentative accanto a quelle che costituiscono la vera ossatura della raccolta museale, provenienti<br />

<strong>da</strong>lle mostre ma anche <strong>da</strong>ll’azione diretta di artisti e collezionisti privati, degli Amici del Museo Pecci e della<br />

Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato; qu<strong>in</strong>di le opere di artisti provenienti <strong>da</strong>ll’area postsovietica, proposte a Prato<br />

prima che altrove nel 1990 all’epoca della Perestroika e <strong>in</strong>tegrate <strong>in</strong> occasione di una nuova vasta <strong>in</strong><strong>da</strong>g<strong>in</strong>e nel 2007;<br />

le opere generosamente messe a disposizione del museo e della città <strong>da</strong>l collezionista pratese Carlo Palli,<br />

a cui il Centro ha dedicato una mostra e una pubblicazione specifiche nel 2006; quelle appena ricevute <strong>in</strong> lascito<br />

<strong>da</strong>gli eredi dell’artista Luciano Ori, a cui saranno presto dedicate un’esposizione e un <strong>catalogo</strong> esauriente; le fotografie,<br />

i video e i film che rappresentano le nuove tipologie di opere raccolte <strong>da</strong>l museo; l’Architettura Radicale toscana,<br />

di cui il Centro ha <strong>in</strong>trapreso la meritoria azione di raccolta e valorizzazione, che si affianca a quelle di altre realtà<br />

nazionali e <strong>in</strong>ternazionali come il Centre Georges Pompidou di Parigi; la collezione documentale del CID/Arti Visive<br />

che costituisce il primo nucleo fon<strong>da</strong>tivo del Centro, realizzato <strong>da</strong>l Comune di Prato nei primi anni Ottanta, e che oggi<br />

rappresenta anche uno dei fon<strong>da</strong>menti del nuovo rapporto di collaborazione e <strong>in</strong>tegrazione con i corsi specialistici<br />

dell’Accademia di Belle Arti di Firenze trasferiti a Prato.<br />

Bisogna pensare a queste collezioni, al plurale, anziché ad un unico fondo di opere e documenti di grande rilevanza<br />

artistica, come ad un bene comune per noi e per le generazioni future. Allo stesso modo bisogna ricor<strong>da</strong>re l’impegno<br />

collettivo profuso <strong>da</strong>i direttori artistici, direttori pro tempore, curatori, collaboratori e <strong>da</strong> tutto il personale del Centro,<br />

<strong>da</strong>l 1988 ad oggi, per realizzare quello che oggi vediamo e presentiamo, perché rimanga e contribuisca anche<br />

un domani a far comprendere e aiutare ad affrontare la realtà <strong>in</strong> cui abbiamo vissuto.


VITO ACCONCI | 22, 23<br />

HANS PETER ADAMSKI | 144<br />

VAHRAM AGHASYAN | 214, 215<br />

LUCA ANDREONI - ANTONIO FORTUGNO |<br />

274<br />

NOBUYOSHI ARAKI | 24 - 29<br />

ARCHIZOOM | 324 - 327<br />

ARCHIZOOM E SUPERSTUDIO | 320, 321<br />

STEFANO ARIENTI | 30, 31<br />

KARIN ARINK | 145<br />

MARCO BAGNOLI | 32, 33<br />

RICHARD BAQUIÉ | 146<br />

ROBERTO BARNI | 34, 35<br />

MASSIMO BARTOLINI | 275<br />

MASSIMO BARZAGLI | 147<br />

MASSIMO BARZAGLI - LUISA CORTESI |<br />

276, 277<br />

BIZHAN BASSIRI | 148<br />

MIRELLA BENTIVOGLIO | 278<br />

LAPO BINAZZI | 334, 335<br />

LORENZO BONECHI | 149<br />

EBERHARD BOSSLET | 150, 151<br />

BOTTO & BRUNO | 279<br />

ILYA BUDRAITSKIS - ALEKSANDRA<br />

GALKINA - DAVID TER-OGANJAN | 216, 217<br />

UMBERTO BUSCIONI | 246<br />

PEDRO CABRITA REIS | 152, 153<br />

PAOLO CANEVARI | 36, 37<br />

ANTONIO CATELANI | 154, 155<br />

GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI | 247<br />

LORIS CECCHINI | 38, 39<br />

GIUSEPPE CHIARI | 248<br />

MARCO CINGOLANI | 156, 157<br />

MARTHA COLBURN | 280<br />

GILBERTO CORRETTI | 322, 323<br />

VITTORIO CORSINI | 158<br />

ENZO CUCCHI | 40 - 43<br />

MARIO DELLAVEDOVA | 162, 163<br />

DANIELA DE LORENZO | 159 - 161<br />

ULAN DJAPAROV | 218<br />

ARMEN ELOYAN | 164, 165<br />

DIEGO ESPOSITO | 166<br />

JAN FABRE | 44, 45<br />

FACTORY OF FOUND CLOTHES | 219<br />

CARLO FEI | 281, 282<br />

FLATZ | 46 - 49<br />

SYLVIE FLEURY | 167<br />

RAINER GANAHL | 283<br />

MARCO GASTINI | 50 - 53<br />

ISABELLA GHERARDI | 168, 169, 284, 285<br />

PIERO GILARDI | 54 - 57<br />

PIETRO GROSSI | 249<br />

CARLO GUAITA | 170, 171<br />

DMITRI GUTOV | 220 - 222<br />

ALBERT HIEN | 58, 59<br />

TAKASHI HOMMA | 286, 287<br />

CRAIGIE HORSFIELD | 288<br />

SHIRAZEH HOUSHIARY | 172<br />

FRANCO IONDA | 173<br />

EMILIO ISGRÒ | 60 - 63<br />

ILYA KABAKOV | 223<br />

VARDI KAHANA | 289<br />

ANISH KAPOOR | 64, 65<br />

MASSIMO KAUFMANN | 174<br />

NATASJA KENSMIL | 175<br />

ANASTASIA KHOROSHILOVA | 224<br />

KAREN KILIMNIK | 176, 177<br />

KINKALERI | 290, 291<br />

OLGA KISSELEVA | 225<br />

JOB KOELEWIJN | 178<br />

WILLI KOPF | 179<br />

SVETLANA KOPYSTIANSKY | 226<br />

JANNIS KOUNELLIS | 66, 67<br />

BARBARA KRUGER | 68 - 71<br />

VLADIMIR KUPRYANOV | 227<br />

NANDA LANFRANCO | 292, 293<br />

KETTY LA ROCCA | 250<br />

SOL LEWITT | 72 - 75<br />

RITA LINTZ | 294, 295<br />

ARRIGO LORA-TOTINO | 251<br />

PHILIP LORCA DI CORCIA | 296, 297<br />

FRENCESCO LO SAVIO | 76, 77<br />

RENATO MAMBOR | 180<br />

LUCIA MARCUCCI | 252<br />

AMEDEO MARTEGANI | 181<br />

PAOLO MASI | 182, 183<br />

ELISEO MATTIACCI | 78, 79<br />

MEDICAL HERMENUTICS | 228<br />

FAUSTO MELOTTI | 80, 81<br />

MARIO MERZ | 82 - 85<br />

VITTORIO MESSINA | 184<br />

EUGENIO MICCINI | 253<br />

NINO MIGLIORI | 298<br />

DOMINGO MILELLA | 299<br />

ALBERTO MORETTI | 300, 301<br />

LILIANA MORO | 86, 87<br />

UGO MULAS | 302<br />

BRUNO MUNARI | 303<br />

VIK MUNIZ | 185<br />

MAURIZIO NANNUCCI | 88, 89<br />

MARCO NERI | 186, 187<br />

HERMANN NITSCH | 254, 255<br />

HUGHIE O'DONOGHUE | 188, 189<br />

ATHOS ONGARO | 190<br />

JULIAN OPIE | 191<br />

LUCIANO ORI | 262 - 269<br />

ANATOLY OSMOLOVSKY | 229<br />

GIOVANNI OZZOLA | 304<br />

MIMMO PALADINO | 90, 91<br />

PANAMARENKO | 305<br />

GIULIO PAOLINI | 92, 93<br />

PAOLO PARISI | 192, 193<br />

PERZI | 230<br />

LAMBERTO PIGNOTTI | 256<br />

MICHELANGELO PISTOLETTO | 94, 95<br />

FABRIZIO PLESSI | 96, 97<br />

ANNE E PATRICK POIRIER | 98 - 103<br />

KOKA RAMISHVILI | 231<br />

RENATO RANALDI | 194 -196<br />

R.E.P. | 232, 233<br />

GEORGES ROUSSE | 306<br />

BERHARD RÜDIGER | 197<br />

GIANNI RUFFI | 198, 199<br />

CHRIS SACKER | 307<br />

REMO SALVADORI | 104 - 107<br />

ANDREA SANTARLASCI | 200, 201<br />

HUBERT SCHEIBL | 202, 203<br />

JULIAN SCHNABEL | 108, 109<br />

RAGHUBIR SINGH | 308, 309<br />

DANIEL SPOERRI | 110 - 113<br />

MAURO STACCIOLI | 114 - 117<br />

ELISABET STIENSTRA | 204<br />

ESTHER STOCKER | 205<br />

MARCO TIRELLI | 206, 207<br />

LEONID TISHKOV | 234<br />

SANDRA TOMBOLONI | 208, 209<br />

DAVID TREMLETT | 118 - 123<br />

COSTAS TSOCLIS | 124, 125<br />

UFO | 328 - 333<br />

NOMEDA & GEDIMINAS URBONAS | 235<br />

VALIE EXPORT | 310<br />

JCJ VANDERHEYDEN | 311<br />

JOHAN VAN DER KEUKEN | 312<br />

LUIGI VERONESI | 313<br />

MASSIMO VITALI | 126, 127<br />

RODOLFO VITONE | 257<br />

SERGEI VOLKOV | 236, 237<br />

YELENA & VIKTOR VOROBYEV | 238, 239<br />

ERWIN WURM | 128 - 131<br />

KENJI YANOBE | 132 - 135<br />

SHAO YINONG & MU CHEN | 314, 315<br />

GILBERTO ZORIO | 136 - 139<br />

KONSTANTIN ZVEZDOCHOTOV | 240, 241<br />

SOMMARIO<br />

LA COLLEZIONE: UNA STORIA<br />

Marco Bazz<strong>in</strong>i<br />

15 - 17<br />

FOCUS DELLA COLLEZIONE<br />

19 - 139<br />

OPERE DALLA COLLEZIONE<br />

141 - 209<br />

ARTE DALL’EX URSS<br />

211 - 241<br />

LASCITO DI CARLO PALLI<br />

243 - 257<br />

LASCITO EREDI DI LUCIANO ORI<br />

259 - 269<br />

FOTOGRAFIA, VIDEO, FILM<br />

271 - 315<br />

ARCHITETTURA RADICALE<br />

317 - 335<br />

COLLEZIONE CID/ARTI VISIVE<br />

337 - 347<br />

IL MUSEO<br />

Genesi e sviluppi dell’edificio museale di Stefano Pezzato<br />

L’edificio museale di Italo Gamber<strong>in</strong>i<br />

Il progetto di ampliamento di NIO architecten<br />

349 - 363


VITO ACCONCI<br />

NOBUYOSHI ARAKI<br />

STEFANO ARIENTI<br />

MARCO BAGNOLI<br />

ROBERTO BARNI<br />

PAOLO CANEVARI<br />

LORIS CECCHINI<br />

ENZO CUCCHI<br />

JAN FABRE<br />

FLATZ<br />

MARCO GASTINI<br />

PIERO GILARDI<br />

ALBERT HIEN<br />

EMILIO ISGRÒ<br />

ANISH KAPOOR<br />

JANNIS KOUNELLIS<br />

BARBARA KRUGER<br />

SOL LEWITT<br />

FRANCESCO LO SAVIO<br />

ELISEO MATTIACCI<br />

FAUSTO MELOTTI<br />

MARIO MERZ<br />

LILIANA MORO<br />

MAURIZIO NANNUCCI<br />

MIMMO PALADINO<br />

GIULIO PAOLINI<br />

MICHELANGELO PISTOLETTO<br />

FABRIZIO PLESSI<br />

ANNE E PATRICK POIRIER<br />

REMO SALVADORI<br />

JULIAN SCHNABEL<br />

DANIEL SPOERRI<br />

MAURO STACCIOLI<br />

DAVID TREMLETT<br />

COSTAS TSOCLIS<br />

MASSIMO VITALI<br />

ERWIN WURM<br />

KENJI YANOBE<br />

GILBERTO ZORIO<br />

FOCUS DELLA COLLEZIONE


Schede monografiche di<br />

Marco Bazz<strong>in</strong>i [M.B.]<br />

Giorgia Marotta [G.M.]<br />

Stefano Pezzato [S.P.]<br />

Desdemona Ventroni [D.V.]<br />

Il focus della collezione è costituito <strong>da</strong> opere di artisti che hanno tenuto grandi mostre personali o arti-<br />

colate retrospettive al museo, rimaste a testimonianza della storia espositiva del Centro. F<strong>in</strong> <strong>da</strong>i primi<br />

anni di attività sono state proposte <strong>in</strong><strong>da</strong>g<strong>in</strong>i puntuali e talvolta esaustive della produzione di s<strong>in</strong>gole<br />

personalità del panorama artistico contemporaneo. Le opere così raccolte compongono una s<strong>in</strong>tesi<br />

concreta delle ricerche critiche e delle scelte curatoriali effettuate e, d’altro canto, rappresentano epi-<br />

sodi salienti nel percorso creativo di questi artisti: la progressione naturale della Spirale di Mario<br />

Merz, la tensione energetica della Canoa di Gilberto Zorio, l’<strong>in</strong>crocio plastico del primo Multi-Bed di<br />

Vito Acconci, gli studi <strong>in</strong>iziali sulle Metamorphoses di Jan Fabre, l’<strong>in</strong>tensità vitale del Cont<strong>in</strong>uo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito<br />

presente di Remo Salvadori, l’<strong>in</strong>tricato labir<strong>in</strong>to idraulico di Costas Tsoclis, l’enigmatica figura <strong>in</strong> bron-<br />

zo policromo di Mimmo Palad<strong>in</strong>o, la “bulimia” fotografica di Nobuyoshi Araki, l’affollato “paesaggio”<br />

umano ripreso <strong>da</strong> Massimo Vitali, la relazione fra spazio e luce di Francesco Lo Savio, le composizio-<br />

ni a pastelli di David Tremlett, le comb<strong>in</strong>azioni di oggetti di Daniel Spoerri, le cancellature declaratorie<br />

di Emilio Isgrò. Altri autori rappresentati nella collezione, ai quali il Centro ha dedicato importanti<br />

mostre personali, sono Marco Bagnoli, Enzo Cucchi, Julian Schnabel, Jannis Kounellis, tra i maggiori<br />

protagonisti dell’arte degli ultimi decenni. Da mostre collettive, panoramiche e tematiche, provengono<br />

<strong>in</strong>vece ricerche emblematiche come lo spazio contemplativo di Anish Kapoor, il “quadro specchiante”<br />

di Michelangelo Pistoletto, l’imprevedibile concetto di “scultura” di Erw<strong>in</strong> Wurm, la sofisticata <strong>in</strong>stal-<br />

lazione postatomica di Kenji Yanobe. A queste opere si aggiungono le grandi sculture collocate nel<br />

giard<strong>in</strong>o: l’orig<strong>in</strong>ale fontana ventricolare di Enzo Cucchi, l’algi<strong>da</strong> fonte perpetua di Albert Hien, la sc<strong>in</strong>-<br />

tillante colonna spezzata di Anne e Patrick Poirier, l’imponente “segno” ambientale di Mauro Staccioli,<br />

la stele “cosmica” di Eliseo Mattiacci, l’eterna deambulazione circolare modellata <strong>da</strong> Roberto Barni,<br />

l’armonica composizione astratta di Fausto Melotti. Alcune opere sono nate come progetti apposita-<br />

mente commissionati per la città di Prato e il museo: il monumentale mul<strong>in</strong>o elettronico di Fabrizio<br />

Plessi, il messaggio esistenziale a caratteri cubitali di Barbara Kruger, il Wall Draw<strong>in</strong>g geometrico e la<br />

struttura a “progressione irregolare” di Sol LeWitt. Di particolare rilievo, <strong>in</strong>oltre, appaiono opere di arti-<br />

sti la cui ricerca è confluita direttamente nella collezione museale, al di la di precedenti partecipazioni<br />

a mostre temporanee, come è il caso del Panorama di Giulio Paol<strong>in</strong>i, dell’<strong>in</strong>stallazione <strong>in</strong>terattiva di Piero<br />

Gilardi, dell’opera al neon di Maurizio Nannucci. Completano la selezione le esplorazioni spaziali della<br />

pittura materica di Marco Gast<strong>in</strong>i, le “violente” autorappresentazioni dei lightbox di FLATZ e alcune fra<br />

le più significative proposte emerse <strong>in</strong> Italia fra i primi anni Novanta e gli <strong>in</strong>izi del Duemila: Stefano<br />

Arienti, Liliana Moro, Paolo Canevari, Loris Cecch<strong>in</strong>i, rappresentano una nuova generazione di artisti<br />

italiani affermati e riconosciuti anche a livello <strong>in</strong>ternazionale. STEFANO PEZZATO


Vito Acconci<br />

NEW YORK, USA, 1940. VIVE E LAVORA A NEW YORK<br />

Multi-Bed #1, 1992<br />

ferro e lamiera z<strong>in</strong>cata, pannelli <strong>in</strong> plexiglass<br />

specchiante, pannelli riflettori <strong>in</strong> plexiglass,<br />

luci al neon, gommapiuma, nylon, cm 120x216x216<br />

Poeta, body artist, performer e architetto, Vito Acconci<br />

si afferma tra la f<strong>in</strong>e degli anni Sessanta e i primi anni<br />

Settanta con azioni provocatorie di matrice concettuale<br />

e con opere video <strong>in</strong>centrate sull’<strong>in</strong>vestigazione di sé<br />

e sull’analisi delle relazioni (fisiche, l<strong>in</strong>guistiche<br />

e psicologiche) con l’altro. Dall’<strong>in</strong>contro tra corpo fisico<br />

e corpo architettonico, tra spazio privato e spazio pubblico<br />

sperimentato <strong>in</strong> queste situazioni, nascono anche gli<br />

oggetti, le <strong>in</strong>stallazioni, i progetti e i prototipi elaborati<br />

<strong>da</strong>l 1988, nell’ambito dello studio di architettura fon<strong>da</strong>to<br />

<strong>da</strong>ll’artista a New York.<br />

Nel 1992 il Centro Pecci gli dedica un’ampia mostra<br />

personale <strong>in</strong>centrata pr<strong>in</strong>cipalmente su lavori basati<br />

“sull’idea della casa” (A. Barzel) che comprendono,<br />

oltre a video sculture, proposte per spazi pubblici<br />

e all’aperto, come Mobil L<strong>in</strong>ear City (1991), accanto<br />

a oggetti d’arre<strong>da</strong>mento “a metà stra<strong>da</strong> tra il vestiario<br />

e l’architettura”, come Adjustable Wall Bra (1990-1991),<br />

o ispirati a forme organiche come Convertible Clam<br />

Shelter (1990). Ad essi Acconci alterna il design freddo<br />

di impronta m<strong>in</strong>imalista dei mobili fluorescenti e dei letti<br />

<strong>in</strong>cernierati, realizzati con materiali <strong>in</strong>dustriali, della serie<br />

dei Multi-Bed (1992): c<strong>in</strong>que <strong>in</strong>stallazioni fatte <strong>da</strong> due o più<br />

letti a una piazza collegati tra loro <strong>in</strong> vario modo, dove<br />

il tema dell’esplorazione del corpo si carica di riflessioni<br />

critiche a valenza politico-sociale che si estendono al mondo<br />

del lusso e dei consumi. “La testata e la pe<strong>da</strong>na di ogni letto<br />

sono un telaio z<strong>in</strong>cato; la testata è uno specchio esterno<br />

e un riflettore <strong>in</strong>terno, mentre la pe<strong>da</strong>na è uno specchio<br />

<strong>in</strong>terno e un riflettore esterno. Il materasso di polistirene<br />

espanso è coperto con un nylon grigio pesante, del tipo<br />

convenzionalmente utilizzato per valigie o stuoie a<br />

tamburo; il materasso è sistemato su una lamiera di<br />

metallo espanso e chio<strong>da</strong>to al telaio del letto.” (Acconci).<br />

Multi-Bed #1, il primo di questa serie, è un letto per due<br />

persone composto <strong>da</strong> due strutture di ferro e lamiera<br />

z<strong>in</strong>cata <strong>in</strong>crociate e fuse <strong>in</strong>sieme nel mezzo <strong>in</strong> forma<br />

di croce greca, per cui una persona che ipoteticamente<br />

occupa un letto, costr<strong>in</strong>ge l’altra a giacervi sopra o sotto.<br />

Modificato nella sua funzione orig<strong>in</strong>aria di luogo di riposo<br />

e di piacere e dislocato <strong>da</strong>lla sfera privata della casa<br />

14<br />

nello spazio pubblico del museo, Multi-Bed #1 co<strong>in</strong>volge<br />

direttamente lo spettatore <strong>in</strong> una situazione che <strong>in</strong>duce<br />

a riflettere e a sperimentare diverse possibilità di <strong>in</strong>terazione<br />

e di comunicazione, evocando comportamenti che oscillano<br />

tra l’agonistico e il rituale, <strong>da</strong>ndo luogo a situazioni plastiche<br />

ambigue ed <strong>in</strong>triganti potenzialmente cariche di tensione<br />

e di violenza. [D.V.]<br />

Bibliografia<br />

A. Barzel (a cura di), Vito Acconci, <strong>catalogo</strong> della mostra,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, Giunti,<br />

Firenze 1991.<br />

A. Barzel (a cura di), Opere <strong>da</strong>lla collezione. 1988-1992,<br />

<strong>catalogo</strong>, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci,<br />

Prato 1992.<br />

S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1998.<br />

S. Paracone, S. Pezzato, A. Sonetti (a cura di), Entr’acte.<br />

Arte contemporanea nella Toscana <strong>in</strong>dustriale, <strong>catalogo</strong><br />

della mostra, Fon<strong>da</strong>zione Piaggio, Pontedera 1998.


Nobuyoshi Araki<br />

TOKYO, GIAPPONE, 1940. VIVE E LAVORA A TOKYO<br />

Viaggio <strong>in</strong> Italia, 2000<br />

serie di 123 fotografie b/n, cm 30,5x40,1 ciascuna<br />

serie di 12 fotografie b/n, cm 40x50 ciascuna<br />

Como<strong>da</strong>to dell’artista<br />

Viaggio <strong>in</strong> Italia: Gente di Prato, 2000<br />

serie di 133 fotografie b/n, cm 40,5x30,5 ciascuna<br />

Como<strong>da</strong>to dell’artista<br />

Viaggio <strong>in</strong> Italia: Napoli, 2000<br />

serie di 167 fotografie a colori, cm 22,8x24,9 ciascuna<br />

Como<strong>da</strong>to dell’artista<br />

Diplomato <strong>in</strong> fotografia e c<strong>in</strong>ema presso il Departement<br />

of Eng<strong>in</strong>eer<strong>in</strong>g della Chiba University, Nobuyoshi Araki<br />

ha lavorato per un decennio, f<strong>in</strong>o al 1972, presso la Dentsu<br />

Advertis<strong>in</strong>g Agency, realizzando la sua prima mostra<br />

personale nel 1965 e affermandosi <strong>in</strong> alcuni importanti<br />

concorsi fotografici.<br />

Nel 1971 si unisce a Yoko Aoki, figura centrale nella sua<br />

vita privata e nel suo percorso artistico, musa ispiratrice<br />

della serie <strong>in</strong>titolata Sentimental Journey, <strong>in</strong> cui Araki<br />

rivela i momenti più <strong>in</strong>timi e poetici della loro luna<br />

di miele e l’<strong>in</strong>teresse profondo per l’erotismo e il nudo<br />

femm<strong>in</strong>ile che lo farà emergere <strong>in</strong> patria e, <strong>in</strong> seguito,<br />

anche a livello <strong>in</strong>ternazionale.<br />

Negli anni Ottanta il fotografo getta il proprio sguardo<br />

vorace sui locali hard di Tokyo, producendo una ricerca<br />

poderosa sui gusti e le pratiche sessuali dei giapponesi,<br />

raccolta nel libro di culto Tokyo Lucky Hole.<br />

Nel 1990, anno della morte di Yoko, Araki realizza la serie<br />

Sentimental Journey / W<strong>in</strong>ter Journey, <strong>in</strong>centrata ancora<br />

sul personale e struggente rapporto sentimentale con la<br />

donna amata. Da questo momento <strong>in</strong>tensifica la sua<br />

attività, attraverso numerose pubblicazioni ed esposizioni<br />

<strong>in</strong> gallerie e musei di tutto il mondo, diventando una<br />

celebrità nel panorama della fotografia contemporanea.<br />

In occasione della mostra personale a Prato, nella primavera<br />

2000, Araki ha compiuto il suo primo Viaggio <strong>in</strong> Italia<br />

e realizzato le tre serie fotografiche raccolte nella collezione<br />

del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. In esse<br />

si ritrova il l<strong>in</strong>guaggio diretto, privo di retorica e soprattutto<br />

di censure del fotografo, capace di riflettere cont<strong>in</strong>uamente<br />

la realtà che lo circon<strong>da</strong> riproducendola ossessivamente<br />

come una propria estensione immag<strong>in</strong>ativa. L’obiettivo<br />

fotografico si trasforma <strong>in</strong> una vera e propria emanazione<br />

del corpo dell’autore, ist<strong>in</strong>tivamente rivolto agli elementi<br />

e ai simboli della bellezza, della sensualità, della natura,<br />

perennemente occupato nel rapporto tra il proprio “io”<br />

(spesso autorappresentato) e le persone <strong>in</strong>contrate<br />

e gli oggetti trovati per stra<strong>da</strong> o nei luoghi frequentati.<br />

Esplorando il territorio segreto dei propri sentimenti, così<br />

come la vita pulsante delle città o la profondità sterm<strong>in</strong>ata<br />

del cielo, Araki divora la realtà senza cedere mai alla<br />

volgarità o al divertimento voyeuristico, nel tentativo di<br />

avvic<strong>in</strong>arsi al mistero e allo stupore dell’esistenza umana.<br />

A proposito del suo lavoro egli dichiara: “sento l’amore<br />

e la morte. Vedo e penso attraverso le fotografie”. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

B. Corà, F. Maggia (a cura di), Nobuyoshi Araki. Viaggio<br />

sentimentale, <strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Gli Ori, Prato 2000.<br />

16


Marco Bagnoli<br />

EMPOLI, FIRENZE, 1949. VIVE E LAVORA A EMPOLI<br />

Città del sole (lucernaio), 1988<br />

struttura <strong>in</strong> ferro, vetri sabbiati, luce elettrica, cm 230x600x330<br />

Città del sole, 1987-1997<br />

<strong>in</strong>tonaco su tavola, graffito, luce sagomata, cm 252x184<br />

Donazione dell’artista<br />

S<strong>in</strong> <strong>da</strong>gli esordi negli anni Settanta il lavoro di Marco<br />

Bagnoli si sviluppa come ricerca di una s<strong>in</strong>tesi possibile<br />

fra tensione spirituale dell’arte, natura trascendente<br />

dell’immag<strong>in</strong>e e rigore scientifico adottato <strong>in</strong> esplorazioni<br />

e comb<strong>in</strong>azioni di generi quali la scultura, la pittura e il<br />

disegno, ma soprattutto <strong>in</strong> riflessioni su forme e materiali<br />

organizzati <strong>da</strong>ll’artista secondo schemi e formule ricorrenti.<br />

Elementi della cultura orientale e richiami a civiltà del passato<br />

si uniscono nelle sue opere a considerazioni filosofiche<br />

e verifiche sperimentali, collegati spesso all’elemento<br />

immateriale della luce, <strong>in</strong>teso <strong>da</strong> Bagnoli non solo come<br />

realtà fenomenica ma anche come entità mistico-religiosa.<br />

Nei lavori <strong>in</strong>titolati Città del sole, appartenenti alla<br />

collezione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci,<br />

l’artista evoca l’omonimo saggio-utopia su una società ideale<br />

scritto agli <strong>in</strong>izi del Seicento <strong>da</strong>ll’<strong>in</strong>tellettuale e filosofo<br />

Tommaso Campanella.<br />

Il primo è costituito <strong>da</strong> una tavola trattata a <strong>in</strong>tonaco<br />

e <strong>in</strong>cassata a parete, realizzata <strong>da</strong> Bagnoli nel 1997<br />

come nuova versione di un’opera di dieci anni prima<br />

esposta <strong>in</strong> occasione della mostra Europa Oggi (1988).<br />

Il disegno geometrico a graffito che vi compare visualizza<br />

<strong>in</strong> forma di mappa uno schema di X ripetute, detto a<br />

“qu<strong>in</strong>conce”: il term<strong>in</strong>e (<strong>da</strong>l lat<strong>in</strong>o: qu<strong>in</strong>cunx-uncis, c<strong>in</strong>que<br />

once, riferito alla frazione di 5/12) consiste nella ripetizione<br />

e congiunzione spaziale di quattro punti disposti ai vertici<br />

di un quadrato e uno nel mezzo, <strong>da</strong> cui deriva la disposizione<br />

di piante nell’orto e di alberi nei frutteti al f<strong>in</strong>e di mantenerli<br />

sempre esposti alla luce del sole. Al centro dell’opera si<br />

staglia una ban<strong>da</strong> verticale di colore rosso illum<strong>in</strong>ata <strong>da</strong><br />

un sagomatore, segno emblematico associato <strong>da</strong>ll’artista<br />

al concetto di soglia, di apertura e qu<strong>in</strong>di per estensione<br />

di comprensione e conoscenza.<br />

Il secondo lavoro, simile nella forma ai grandi lucernai posti<br />

sul tetto del museo, è composto <strong>da</strong> lastre di vetro sabbiato<br />

che ricoprono una struttura metallica. La luce emanata<br />

<strong>da</strong> una fonte posta al suo <strong>in</strong>terno, collocata direttamente<br />

sul pavimento, ne ribalta la funzione orig<strong>in</strong>aria di f<strong>in</strong>estra<br />

alludendo altresì ad uno spazio auratico che si sviluppa<br />

idealmente <strong>in</strong> profondità.<br />

La sezione triangolare dell’opera, i cui vertici rappresentano<br />

la relazione speculativa tra Arte, Religione e Scienza (ARS),<br />

riman<strong>da</strong> simbolicamente alla stessa X assimilata <strong>da</strong>ll’artista<br />

allo schema a “qu<strong>in</strong>conce”. Questa rappresenta il term<strong>in</strong>e<br />

centrale della formula SPAZIO X TEMPO, che contiene<br />

la derivazione IO X TE, <strong>in</strong> cui si s<strong>in</strong>tetizza il rapporto fra<br />

l’artista e il mondo. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

A. Barzel (a cura di), Europa oggi, <strong>catalogo</strong> della mostra,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Centro Di,<br />

Firenze / Electa, Milano, 1988.<br />

A. Barzel (a cura di), La collezione 1988-1990, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1990.<br />

A. Sol<strong>da</strong><strong>in</strong>i (a cura di), Marco Bagnoli, <strong>catalogo</strong> della<br />

mostra, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci,<br />

Prato 1995.<br />

S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1998.<br />

18


Loris Cecch<strong>in</strong>i<br />

MILANO, 1969. VIVE E LAVORA A PRATO<br />

Stage Evidence (Empty Stals), 2001<br />

gomma uretanica, poliuretano, ferro, dimensioni ambiente<br />

Como<strong>da</strong>to dell’Associazione Amici del Museo Pecci<br />

Fra gli artisti italiani affermati nell’ultimo decennio,<br />

Loris Cecch<strong>in</strong>i è sicuramente uno dei più apprezzati<br />

a livello <strong>in</strong>ternazionale. Ha tenuto mostre personali<br />

<strong>in</strong> spazi museali come il Palais de Tokyo a Parigi<br />

e il PS1 MoMa a New York e partecipato a varie<br />

rassegne <strong>in</strong>ternazionali, quali la Biennale di Venezia<br />

nel 2001 e 2005 e la Biennale di Shanghai nel 2006.<br />

Il suo lavoro consiste <strong>in</strong> un’<strong>in</strong><strong>da</strong>g<strong>in</strong>e parodistica<br />

dell’esperienza reale e dei meccanismi che ne regolano<br />

la rappresentazione. L’artista realizza trasfigurazioni<br />

di oggetti e ambienti comuni attraverso sculture e<br />

<strong>in</strong>stallazioni <strong>in</strong> gomma o vetrores<strong>in</strong>a, nelle quali crea<br />

un equilibrio precario tra verità e f<strong>in</strong>zione. Il critico<br />

Augusto Pieroni le ha def<strong>in</strong>ite “stereorealtà”, riprendendo<br />

il term<strong>in</strong>e coniato <strong>da</strong> Paul Virilio per descrivere la<br />

complessità della percezione contemporanea <strong>in</strong> cui<br />

coesistono differenti piani di realtà.<br />

Nell’opera Stage Evidence (Empty Stals) <strong>in</strong> collezione<br />

al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci <strong>da</strong>l 2002,<br />

Cecch<strong>in</strong>i ironizza sulla “evidenza” di una mess<strong>in</strong>scena<br />

teatrale, sottol<strong>in</strong>eando il “vuoto” delle file di poltronc<strong>in</strong>e<br />

per gli spettatori ridotte ad un’<strong>in</strong>consistenza fisica di<br />

rem<strong>in</strong>iscenza surrealista (Dalì) e pop (Oldenburg): simulacri<br />

di oggetti concreti, essi costituiscono la replica esatta<br />

di alcune porzioni di platea afflosciata su se stessa.<br />

Il riferimento al luogo pubblicamente deputato alla visione,<br />

il c<strong>in</strong>ema o il teatro, rivela qui l’<strong>in</strong>tenzione dell’artista<br />

di destabilizzare la percezione stessa degli oggetti,<br />

destrutturandoli nella sostanza e privandoli della loro<br />

funzione orig<strong>in</strong>aria. La riproduzione <strong>in</strong> gomma grigia, resa<br />

maggiormente ambigua <strong>da</strong>lla sapiente def<strong>in</strong>izione di ogni<br />

dettaglio, trasforma l’immediata riconoscibilità degli<br />

oggetti <strong>in</strong> simultanea negazione della loro appartenenza<br />

al mondo reale. Delle “cose” perf<strong>in</strong>o banali che conosciamo<br />

rimane solo la superficie, densa e resistente come la<br />

materia di cui sono fatte, su cui si <strong>in</strong>frangono e rimbalzano<br />

metaforicamente le nostre certezze, i nostri impulsi<br />

al controllo razionale e al possesso. L’apparente illusionismo<br />

degli oggetti di Cecch<strong>in</strong>i lascia qu<strong>in</strong>di il posto allo<br />

smarrimento e allo stupore di fronte all’astrazione<br />

e all’<strong>in</strong>corporeità di queste forme monocrome. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente. Nuove<br />

acquisizioni, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci,<br />

Prato 2002.<br />

Loris Cecch<strong>in</strong>i. Sketchbook, draw<strong>in</strong>gs, projects, works<br />

2000-2003, Maschietto Editore, Firenze 2003.<br />

Loris Cecch<strong>in</strong>i. Monologue Patterns, <strong>catalogo</strong>, Photology,<br />

Milano 2005.<br />

M. Bazz<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), The age of metamorphosis.<br />

European art highlights from the Centro Pecci collection,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, MoCA Shanghai, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006.<br />

20


Emilio Isgrò<br />

BARCELLONA POZZO DI GOTTO, MESSINA, 1937. VIVE E LAVORA A MILANO<br />

Dichiaro di essere Emilio Isgrò, 2008<br />

acrilico su tela montata su legno, cm 400x287<br />

Donazione dell'artista<br />

Weltanschauung, 2007<br />

acrilico su tela montata su legno, 12 elementi,<br />

l'<strong>in</strong>sieme cm 900x300<br />

Donazione dell'artista<br />

Emilio Isgrò, artista, romanziere, poeta e giornalista,<br />

ha fatto della cancellatura la propria poetica a partire<br />

della metà degli anni Sessanta con la propria adesione<br />

all’ambiente della Poesia Visiva - <strong>da</strong>l quale prese<br />

le distanze pochi anni dopo sviluppando un l<strong>in</strong>guaggio<br />

personale e autonomo.<br />

Isgrò ha trasformato un <strong>in</strong>iziale gesto provocatorio <strong>in</strong><br />

un coerente l<strong>in</strong>guaggio e ne ha fatto la propria visione<br />

del mondo. Cancellare per lui non è un atto metaforico:<br />

opera sui testi delle vere e proprie ‘coperture’, che ne<br />

trasformano e r<strong>in</strong>novano il significato, senza annichilire<br />

e distruggere il valore della parola e, a partire <strong>da</strong>gli anni<br />

Ottanta, dell’immag<strong>in</strong>e, che arriva ad assumere un effetto<br />

pittorico senza cedere alla pittura. “Alle orig<strong>in</strong>e - commenta<br />

Isgrò - probabilmente essa non fu che un gesto: uno dei<br />

tanti gesti che gli artisti compivano un tempo per segnare<br />

di sé il percorso della vita e del mondo”, e cont<strong>in</strong>ua,<br />

“essa mi si è di fatto trasformata tra le mani anno per<br />

anno, m<strong>in</strong>uto per m<strong>in</strong>uto, piegandosi meglio di quanto<br />

volessi o sperassi al mio desiderio di artista.”<br />

Cancellando giornali, manifesti, libri (testi popolari e testi<br />

della cultura altisonante, come l’Enciclopedia Treccani<br />

o i codici antichi) e, <strong>da</strong>gli anni Settanta, le notizie ANSA<br />

sui telex o le carte geografiche, Isgrò non compie un gesto<br />

di ribellione, pone piuttosto l’accento - come recita uno<br />

dei primi libri cancellati del 1965 - su “ciò che ognuno<br />

vorrebbe ignorare”: il prima delle parole, il loro essere<br />

fisico e oggettuale.<br />

Con questo suo modo di vedere il mondo che l’ha reso<br />

figura unica e orig<strong>in</strong>ale nel panorama dell’arte italiana,<br />

Emilio Isgrò, a cui il Centro Pecci per primo come museo<br />

ha dedicato nel 2008 una mostra personale, per oltre<br />

quarant’anni si è diviso sulla riflessione dell’essere<br />

e non essere, sui problemi del determ<strong>in</strong>ato e <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato,<br />

sulla potenza e l’impotenza dell’atto creativo.<br />

Proprio a questi temi riman<strong>da</strong>no le opere realizzate <strong>in</strong><br />

occasione della mostra del 2008 - poi donate al Centro,<br />

tra le più imponenti create <strong>da</strong>ll’artista, paragonabili solo<br />

alle <strong>in</strong>stallazioni realizzate <strong>da</strong>gli anni Settanta.<br />

Dichiaro di essere Emilio Isgrò, la grande tela che <strong>da</strong>va<br />

il titolo alla mostra e ne apriva il percorso, appare come<br />

il controcanto dell’opera Dichiaro di non essere Emilio Isgrò<br />

(1971), <strong>in</strong> cui l’artista certificava, con tanto di firma,<br />

la propria autocancellazione <strong>in</strong> seguito al disconoscimento<br />

di alcune proprie caratteristiche fisiche <strong>da</strong> parte dei propri<br />

parenti. La negazione, non, occultata, quasi quaranta anni<br />

dopo - e allo stesso tempo conservata un livello sotto<br />

il colore - conferma la caratteristica di fare corpo unico<br />

con la propria opera e di come tale opera sia sempre<br />

riuscita a parlare dell’esistenza <strong>in</strong>dividuale e collettiva.<br />

Nelle carte geografiche Isgrò cancella tutti i toponimi<br />

non il profilo del territorio.<br />

Alla determ<strong>in</strong>azione di un suolo si contrappone così<br />

l’<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>azione di un luogo, che altro non è che la<br />

nostra cultura. Cancellare i nomi <strong>da</strong>lle carte geografiche<br />

equivale a sottrarle a uno stato di artificialità per ricondurle<br />

ad uno stato di natura. Nell’opera composta <strong>da</strong> dodici<br />

cart<strong>in</strong>e di epoca prussiana, vera e propria dichiarazione<br />

di poetica, Isgrò conserva soltanto i nomi dei cont<strong>in</strong>enti<br />

per spiegare una sua ideale visione del mondo attraverso<br />

l’atto della cancellatura che è “una sorta di Weltanschauung<br />

che spiega più cose di quanto non dica.” [M.B.]<br />

Bibliografia<br />

M. Bazz<strong>in</strong>i, A. Bonito Oliva (a cura di), Dichiaro di essere<br />

Emilio Isgrò, <strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, 2008.<br />

M. Meneguzzo (a cura di), Emilio Isgrò. Fratelli d’Italia,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, Fon<strong>da</strong>zione Gruppo Credito<br />

Valtell<strong>in</strong>ese, 2008.<br />

22


Anish Kapoor<br />

BOMBAY, INDIA, 1954. VIVE E LAVORA A LONDRA<br />

Here and There, 1987<br />

17 pietre rotonde, 1 pietra cubica, pigmento, cm 90x260x160<br />

Trasferitosi <strong>in</strong> Gran Bretagna, dove ha <strong>in</strong>trapreso gli studi<br />

artistici, Anish Kapoor si è affermato agli <strong>in</strong>izi degli anni<br />

Ottanta come una delle figure di spicco nell’ambito<br />

del movimento denom<strong>in</strong>ato New British Sculpture.<br />

Consacrato a livello <strong>in</strong>ternazionale s<strong>in</strong> <strong>da</strong>gli <strong>in</strong>izi degli<br />

anni Novanta con la partecipazione alla XLIV Biennale<br />

di Venezia (1990), dove ha rappresentato la Gran Bretagna<br />

v<strong>in</strong>cendo il “Premio Duemila”, nel 1991 ha ottenuto<br />

il prestigioso Turner Prize.<br />

Nel 1988 Kapoor espone al Centro per l’arte contemporanea<br />

Luigi Pecci alla mostra Europa Oggi con Here and There<br />

(1987), una scultura composita <strong>in</strong> pietra formata <strong>da</strong> un<br />

cumulo di elementi <strong>da</strong>ll’aspetto vagamente biomorfico<br />

associati ad un volum<strong>in</strong>oso masso geometrico: solidi<br />

“manufatti culturali” le cui forme riman<strong>da</strong>no rispettivamente<br />

a quelle di vasi primitivi e a quelle arcaiche delle architetture<br />

dei templi e dei santuari, che si costituiscono allo stesso<br />

tempo come “metafore potenti dei nostri corpi e della<br />

nostra percezione di ciò che è <strong>in</strong>terno” (Kapoor).<br />

Un’apertura sui due lati del blocco cubico ne lascia scorgere<br />

l’<strong>in</strong>terno buio che lentamente, e solo ad una visione<br />

ravvic<strong>in</strong>ata, si rivela essere ammantato <strong>da</strong> uno strato di<br />

pigmento blu di prussia. Usata <strong>in</strong> un primo momento per<br />

evidenziare l’emergenza delle forme nello spazio, la “materia<br />

dematerializzante” della polvere di pigmento che <strong>in</strong> questa<br />

fase scandisce le aperture e i tagli delle sculture, <strong>in</strong> Here<br />

and There segna il luogo <strong>in</strong> cui il “qui” sensibile della<br />

materia lascia percepire un “altrove” oscuro e <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>to,<br />

tra ctonio e celeste, f<strong>in</strong>ito e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, essere e non essere,<br />

schiudendo alla scoperta di una dimensione ulteriore dove<br />

“Il vuoto diventa un l<strong>in</strong>guaggio reale, per cui la creazione<br />

<strong>in</strong>verte il suo processo, non viene alla luce, ma va verso<br />

le tenebre, laddove precipitano tutti i mondi.” (G. Celant).<br />

Attorno alla rivelazione del vuoto, visione onirica, esperienza<br />

sublime e presenza energetica che, <strong>da</strong>ll’anima <strong>in</strong>terna<br />

delle sculture estende la sua aura verso l’esterno, f<strong>in</strong>o<br />

ad <strong>in</strong>globare vertig<strong>in</strong>osamente lo spazio circostante, ruota<br />

l’<strong>in</strong>tero universo poetico dell’artista, che alternando carica<br />

vitale e tensione ascetica, comb<strong>in</strong>ando suggestioni<br />

provenenti <strong>da</strong>lla mitologia, <strong>da</strong>lla filosofia e <strong>da</strong>lla psicologia,<br />

sperimentando nuove forme e materiali, cont<strong>in</strong>ua<br />

ad <strong>in</strong><strong>da</strong>garne l’essenza conferendogli, con le sue opere,<br />

molteplici e imprevedibili sembianze. [D.V.]<br />

Bibliografia<br />

A. Barzel (a cura di), Europa Oggi, <strong>catalogo</strong> della mostra,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato,<br />

Centro Di, Firenze / Electa, Milano 1988.<br />

A. Barzel (a cura di), La collezione 1988-1990, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1990.<br />

G. Celant (a cura di), Anish Kapoor, <strong>catalogo</strong> della mostra,<br />

Fon<strong>da</strong>zione Pra<strong>da</strong>, Milano, Charta, Milano 1994.<br />

S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 1998.<br />

M. Bazz<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), The age of metamorphosis.<br />

European art highlights from the Centro Pecci collection,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, MoCA Shanghai, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006.<br />

24


Barbara Kruger<br />

NEWARK, NEW JERSEY, USA, 1945. VIVE E LAVORA FRA NEW YORK E LOS ANGELES<br />

Untitled (Prato), 1993<br />

tempera su muro, lettere <strong>in</strong> forex,<br />

gigantografia scotchpr<strong>in</strong>t su forex<br />

Installazione realizzata sulla parete esterna del magazz<strong>in</strong>o<br />

Imex Lane, rimossa nel 2001<br />

Progetto acquisito <strong>da</strong>l Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci<br />

Associato a una T-shirt prodotta per l’occasione<br />

Formatasi tra la Syracuse University, la School of Visual<br />

Arts e la Parsons School of Design di New York, dove<br />

ha frequentato i corsi di Diane Arbus, Barbara Kruger<br />

ha lavorato come graphic designer per le edizioni Condé<br />

Nast. Ha qu<strong>in</strong>di ricoperto il ruolo di art director e direttore<br />

d’immag<strong>in</strong>e per varie pubblicazioni e riviste.<br />

Successivamente ha trasferito la propria esperienza<br />

professionale alla pratica artistica, trasformando le strategie<br />

l<strong>in</strong>guistiche dei mass media <strong>in</strong> opere che, a partire <strong>da</strong>l<br />

1974, ha proposto <strong>in</strong> gallerie e musei di tutto il mondo<br />

e diffuso largamente <strong>in</strong> luoghi e spazi pubblici quali<br />

<strong>in</strong>serzioni e tabelloni pubblicitari, mezzi di trasporto urbano,<br />

borse della spesa e magliette, ottenendo il “Leone d’oro”<br />

alla carriera alla Biennale di Venezia nel 2005.<br />

Il suo lavoro artistico si concentra <strong>da</strong> oltre trent’anni<br />

sulla struttura e sul significato di parole e immag<strong>in</strong>i,<br />

associate e sovrapposte <strong>in</strong> forma di slogans e, <strong>da</strong>l 1990,<br />

anche di estese <strong>in</strong>stallazioni ambientali riferite per lo più<br />

a problematiche e rappresentazioni culturali del potere,<br />

del controllo, della sessualità e della razza di cui rivelano<br />

e contrastano gli stereotipi e i clichés. Caratterizzate<br />

<strong>da</strong>ll’<strong>in</strong>grandimento di frammenti fotografici riprodotti <strong>in</strong><br />

bianco e nero e <strong>da</strong>ll’uso di testi s<strong>in</strong>tetici scritti <strong>in</strong> bianco<br />

su fondo rosso, le sue opere si rivolgono al pubblico<br />

<strong>in</strong> maniera diretta, tagliente, tuttavia senza f<strong>in</strong>i di<strong>da</strong>ttici<br />

o moralistici, nel tentativo di scuoterlo e <strong>in</strong>durlo alla<br />

consapevolezza su questioni att<strong>in</strong>enti l’identità, l’autonomia,<br />

i bisogni, i desideri sia a livello sociale che <strong>in</strong>dividuale.<br />

Invitata <strong>da</strong>l Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci<br />

a partecipare alla mostra Inside Out. Museo Città Eventi,<br />

Kruger ha ideato il progetto per l’<strong>in</strong>stallazione realizzata<br />

nel 1993 sulla facciata del magazz<strong>in</strong>o Imex Lane<br />

(posto <strong>da</strong>vanti al museo e oggi adibito a diverse attività<br />

commerciali) dove è rimasta f<strong>in</strong>o alla sua rimozione nel<br />

2001. Montato ai lati di un occhio ripreso <strong>in</strong> primo piano<br />

che scruta e <strong>in</strong>terroga il passante, “il testo, forse uno dei<br />

più poetici scritti <strong>da</strong> Kruger, parla di tessuti e del senso<br />

della vita” (I<strong>da</strong> Panicelli), collegandosi alla tradizionale<br />

attività tessile di Prato per esprimere un’<strong>in</strong>edita riflessione<br />

sull’<strong>in</strong>evitabile percorso dell’esistenza umana “<strong>da</strong>lla nascita<br />

alla morte”: un memento mori <strong>in</strong>dirizzato a un “tu” generico<br />

quanto universale. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

A. Sol<strong>da</strong><strong>in</strong>i (a cura di), Inside Out. Museo Città Eventi,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l'arte contemporanea<br />

Luigi Pecci, Prato, Charta, Milano 1993.<br />

S. Risaliti (a cura di), Toscana contemporanea 1980-2001,<br />

<strong>catalogo</strong>, Maschietto Editore, Firenze 2002.<br />

Barbara Kruger, <strong>catalogo</strong> della mostra, Palazzo delle Papesse,<br />

Siena, Gli Ori, Prato 2002.<br />

26


Francesco Lo Savio<br />

ROMA, 1935 - MARSIGLIA, FRANCIA, 1963<br />

Filtro: depotenziamento cromatico<br />

e d<strong>in</strong>amica d’assorbimento, 1959<br />

carta trasparente su cartone nero, cm 45x52,5<br />

Como<strong>da</strong>to di collezione privata<br />

La breve e <strong>in</strong>tensa vicen<strong>da</strong> artistica di Francesco Lo Savio,<br />

ricostruita <strong>in</strong> una mostra retrospettiva al Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci nel 2004, è oggi considerata<br />

come un’anticipazione di ricerche affermate negli Stati<br />

Uniti e <strong>in</strong> Europa dopo la sua prematura scomparsa,<br />

def<strong>in</strong>ite coi term<strong>in</strong>i di Arte m<strong>in</strong>imale o ambientale.<br />

Fon<strong>da</strong>ta su studi e ricerche d’architettura <strong>in</strong>trapresi<br />

nella secon<strong>da</strong> metà degli anni C<strong>in</strong>quanta, alimentata<br />

<strong>da</strong> <strong>in</strong>teressi dichiarati per l’esperienza di Gropius<br />

e del Bauhaus oltreché per l’opera astratta di Piet Mondrian,<br />

alla cui memoria Lo Savio ha espressamente dedicato<br />

la pubblicazione del volume-manifesto Spazio-Luce:<br />

evoluzione di un’idea (1962), la sua <strong>in</strong><strong>da</strong>g<strong>in</strong>e si <strong>in</strong>centra<br />

sulla relazione fisica e simbolica fra spazio e luce.<br />

Udo Kultermann, uno dei primi esegeti dell’opera di<br />

Lo Savio, ha <strong>in</strong>dividuato nel Pantheon romano lo “stimolo<br />

duraturo” <strong>da</strong> cui sono tratti gli “elementi” pr<strong>in</strong>cipali<br />

dei primi lavori dell’artista: “il cerchio nel quadrato, sono<br />

prefigurati nella relazione tra il foro aperto nella volta<br />

superiore del Pantheon ed i quadrati dei cassettoni della<br />

cupola e sul pavimento”. L’<strong>in</strong>serimento del cerchio nel<br />

“quadro” si configura fra il 1959 e il 1960 <strong>in</strong> una serie<br />

di dip<strong>in</strong>ti a res<strong>in</strong>e s<strong>in</strong>tetiche su tela <strong>in</strong>titolati Spazio-Luce,<br />

che Lo Savio dichiara essere “diretti pr<strong>in</strong>cipalmente allo<br />

sviluppo di una concezione spaziale pura, dove la luce<br />

è l’unico elemento che def<strong>in</strong>isce la strutturazione di<br />

superficie, tentando un contatto con lo spazio ambientale<br />

- realizzato mediante una situazione di differenti <strong>in</strong>tensità<br />

cromatiche” (Lo Savio). Questi dip<strong>in</strong>ti richiamano nel<br />

loro rigore formale l’assoluto “non-oggettivo” del<br />

Quadrato nero e del Cerchio nero (1923) di Kazimir<br />

Malevich e, nella loro <strong>in</strong>stabilità percettiva, le contestuali<br />

riduzioni tonali e le vibrazioni atmosferiche della pittura<br />

di Mark Rothko.<br />

L’evoluzione dell’opera di Lo Savio <strong>in</strong> direzione stereoscopica<br />

e spaziale conduce simultaneamente alla sperimentazione<br />

meccanica delle d<strong>in</strong>amiche di “penetrazione della luce<br />

attraverso le superfici” (Kultermann) con i Filtri (1959-60).<br />

Realizzati sovrapponendo su un foglio di cartone, per<br />

lo più nero, alcuni strati di carta semitrasparente bianca<br />

o gialla, al cui <strong>in</strong>terno è ritagliata la figura del cerchio,<br />

i Filtri “<strong>in</strong>iziano un reale contatto con lo spazio<br />

ambientale” (Lo Savio); contatto sviluppato successivamente<br />

<strong>da</strong>ll’artista nella versione tecnologica dei Metalli<br />

(1960-61) e <strong>in</strong> quella architettonica delle Articolazioni<br />

totali (1962). [S.P.]<br />

28<br />

Bibliografia<br />

Francesco Lo Savio, Spazio-Luce: evoluzione di un'idea,<br />

De Luca, Roma 1962.<br />

G. Celant (a cura di), Francesco Lo Savio, <strong>catalogo</strong> della<br />

mostra, Padiglione d'Arte Contemporanea, Milano 1979.<br />

U. Kultermann (a cura di), Francesco Lo Savio: Raum-Licht,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, Kunsthalle Bielefeld, 1986.<br />

Lo Savio, <strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l'arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2004.


Mario Merz<br />

MILANO, 1925 - 2003<br />

Lo spazio è curvo o diritto?, 1990<br />

veduta parziale della mostra al Centro Pecci<br />

La spirale appare, 1990<br />

ferro, fasc<strong>in</strong>e, vetro, neon, giornali, <strong>in</strong>stallazione ambiente<br />

Per la sua mostra personale al Centro Pecci nel 1990,<br />

<strong>in</strong>titolata Lo spazio è curvo o diritto?, Mario Merz ha<br />

realizzato un progetto pensato s<strong>in</strong> <strong>da</strong>l 1970 per il Museo<br />

Haus Lange a Krefeld: un’unica spirale di ferro e fasc<strong>in</strong>e<br />

lunga cent<strong>in</strong>ai di metri, “un’opera totale”, come l’ha<br />

def<strong>in</strong>ita Amnon Barzel, che concentrandosi e disperdendosi<br />

attorno ad un nucleo ideale posto al centro della piazza<br />

del teatro, all’esterno del museo, <strong>in</strong>cideva e circoscriveva<br />

l’<strong>in</strong>terno dello spazio espositivo al primo piano, ritmata<br />

<strong>da</strong> scheletri di igloo riempiti di fasc<strong>in</strong>e, coperti <strong>da</strong> vetri<br />

o lastre di pietra e cera e <strong>da</strong> grandi opere pittoriche<br />

dom<strong>in</strong>ate <strong>da</strong> evocazioni di animali preistorici.<br />

Presente nell’opera di Merz s<strong>in</strong> <strong>da</strong>gli esordi, <strong>da</strong>gli anni<br />

Settanta l’immag<strong>in</strong>e cosmica della spirale diviene la cifra<br />

dist<strong>in</strong>tiva del suo lavoro, visualizzando la sequenza<br />

numerica scoperta nel 1202 <strong>da</strong>l matematico Leonardo<br />

<strong>da</strong> Pisa detto Fibonacci (secondo cui, procedendo <strong>da</strong><br />

0 a <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, ogni cifra è il risultato delle due precedenti,<br />

0,1,1,2,3,5,8,13…), scelta <strong>da</strong>ll’artista a rappresentare<br />

i processi che regolano la crescita naturale. La spirale<br />

appare (1990) è un frammento della spirale orig<strong>in</strong>aria<br />

creata <strong>in</strong> occasione della mostra di Prato: si tratta della<br />

co<strong>da</strong> della grande <strong>in</strong>stallazione collocata allora nelle ultime<br />

due sale del Museo. Nella disposizione conferitagli<br />

<strong>da</strong>ll’artista, la forma della spirale è suggerita<br />

<strong>da</strong>ll’an<strong>da</strong>mento curvil<strong>in</strong>eo degli elementi che la<br />

compongono, <strong>in</strong>staurando una nuova relazione d<strong>in</strong>amica<br />

con lo spazio e suggerendo l’idea di qualcosa di organico<br />

che nasce e fluisce oltre l’architettura che la ospita,<br />

<strong>in</strong>contrando e oltrepassando il muro con l’accelerazione<br />

della sua energia. Protagoniste dell’opera, le esili e<br />

silenziose fasc<strong>in</strong>e di faggio e castagno evocano, con la<br />

loro “ombra furiosa”, la quotidianità e lo scorrere ciclico<br />

del tempo, mentre la struttura portante <strong>in</strong> ferro che le<br />

sostiene verticalmente ricor<strong>da</strong> l’arco vorticoso descritto<br />

<strong>da</strong>lla spirale def<strong>in</strong>endo, quasi <strong>in</strong> trasparenza, il conf<strong>in</strong>e<br />

tra spazio <strong>in</strong>terno e esterno sottol<strong>in</strong>eato <strong>da</strong> una sequenza<br />

di archi metallici che riman<strong>da</strong>no alle calotte degli igloo.<br />

La luce al neon costituisce l’elemento vitale unificante<br />

che, scorrendo attraverso la progressione dei numeri<br />

di Fibonacci (<strong>da</strong> 1 a 10946), annulla l’<strong>in</strong>erzia del vetro<br />

e il peso delle pile di giornali (copie di un quotidiano<br />

locale scelto a rappresentare la città di Prato) trasformate<br />

<strong>da</strong> materia di scarto <strong>in</strong> un <strong>in</strong>sieme di immag<strong>in</strong>i fluide<br />

che raccontano il rumore e il disord<strong>in</strong>e della società.<br />

La spirale appare avvolge idealmente lo spazio,<br />

portandovi dentro l’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita prolificità della natura e la sua<br />

drammatica fragilità. Riassumendo <strong>in</strong> se l’<strong>in</strong>tera poetica<br />

dell’artista, con il suo aspetto volutamente frammentario,<br />

l’opera riman<strong>da</strong> a uno tra gli assunti più significativi<br />

di tutta l’opera di Merz, “Omero dell’Arte Povera”, come<br />

lo ha def<strong>in</strong>ito Lea Verg<strong>in</strong>e, artista tra i più rappresentativi<br />

del panorama contemporaneo italiano e <strong>in</strong>ternazionale:<br />

quello del poeta mistico Rumi, trascritto spesso <strong>da</strong>ll’artista<br />

coi tubi di luce al neon, che recita: Se la forma scompare<br />

la sua radice è eterna… [D.V.]<br />

Bibliografia<br />

Mario Merz, Voglio fare subito un libro, Hopefulmonster,<br />

Firenze 1985.<br />

Mario Merz. Lo spazio è curvo o diritto?, <strong>catalogo</strong> della<br />

mostra, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci,<br />

Prato, Hopefulmonster, Firenze 1990.<br />

A. Barzel (a cura di), La collezione 1988-1990, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1990.<br />

S. Pezzato (a cura di), Collezione Permanente, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1998.<br />

M. P. Mann<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), Corrispondenze,<br />

<strong>da</strong>l presente al passato. Opere scelte <strong>da</strong>lle collezioni del<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e del Museo<br />

Civico di Prato, <strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006.<br />

30


Maurizio Nannucci<br />

FIRENZE, 1939. VIVE E LAVORA A FIRENZE<br />

Sigillo di Salomone, 1992-2003<br />

tubi al neon, cm 290x290<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

Dalla metà degli anni Sessanta Maurizio Nannucci ha<br />

esplorato e attraversato i campi dell’arte, della filosofia<br />

e della scienza, <strong>in</strong>vestigando le complesse relazioni fra<br />

immag<strong>in</strong>e e testo, fra spazio e idea, con proposte di matrice<br />

concettuale e tramite media diversi: <strong>da</strong>ttilogrammi, tubi<br />

al neon, registrazioni audio, videotapes, fotografie, edizioni,<br />

libri d’artista. Con i lavori al neon presentati a partire <strong>da</strong>l<br />

1967 l’artista ha <strong>da</strong>to sostanza fisica e forma immediata<br />

a concetti e pensieri, estendendone la percezione<br />

e l’<strong>in</strong>terpretazione per effetto d’irradiazione anche<br />

all’architettura o all’ambiente urbano <strong>in</strong> cui sono collocati.<br />

Il Sigillo di Salomone, realizzato con tubi al neon nel 2003<br />

sul modello di un precedente presentato a Villa Arson a Nizza<br />

nel 1992, qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>serito all’<strong>in</strong>terno della collezione del<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, richiama il<br />

simbolo conosciuto universalmente come “Stella di David”,<br />

la stella a sei punte formata <strong>da</strong> due triangoli rovesciati<br />

e sovrapposti fra loro.<br />

Emblema del perfetto equilibrio fra l’elemento maschile,<br />

il pr<strong>in</strong>cipio spirituale rappresentato <strong>da</strong>l triangolo con<br />

la punta rivolta verso l’alto, e l’elemento femm<strong>in</strong>ile,<br />

il pr<strong>in</strong>cipio corporale rappresentato <strong>da</strong>l triangolo con<br />

la punta rivolta verso il basso, il “sigillo” racchiude<br />

conoscenze e segreti legati alla cabalistica ebraica e<br />

a pratiche esoteriche. S<strong>in</strong>tetizza ad esempio i quattro<br />

elementi corrispondenti ai colori usati <strong>da</strong> Nannucci<br />

(fuoco/rosso, acqua/blu, aria/giallo, terra/verde, a cui<br />

si associano le quattro proprietà fon<strong>da</strong>mentali della<br />

materia: caldo, freddo, secco, umido), riferibili pure<br />

alla forma quadrata entro cui l’artista ha compresso<br />

l’esagramma tradizionale.<br />

Il quadrato ricorre spesso nell’opera di Nannucci,<br />

come paradigma geometrico nel quale confluiscono<br />

e si visualizzano le sue riflessioni, <strong>da</strong>lla tautologica dei<br />

nomi di colori (blu, rosso, ecc.) <strong>da</strong>ttiloscritti con caratteri<br />

o realizzati con tubi al neon degli stessi colori, f<strong>in</strong>o alla<br />

soluzione meta-artistica delle tre lettere che compongono<br />

la parola ART, ciascuna di un colore primario, realizzate<br />

con tubi al neon e sovrapposte una all’altra.<br />

Nel Sigillo di Salomone Nannucci traduce il riferimento<br />

culturale <strong>in</strong> un’articolazione spaziale rigorosa e nell’energia<br />

cromatica dei tubi al neon, trasferendo il concetto orig<strong>in</strong>ario<br />

<strong>in</strong> una nuova entità astratta.<br />

La vibrante immag<strong>in</strong>e elaborata <strong>da</strong>ll’artista co<strong>in</strong>cide<br />

con l’esperienza stessa della sua forma, dei suoi colori,<br />

dello spazio che occupa e che illum<strong>in</strong>a. Di fronte ad essa<br />

il significato simbolico del “sigillo” tende a svanire<br />

e trasformarsi <strong>in</strong> enigma. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

Maurizio Nannucci. Provisoire & Def<strong>in</strong>itive 1964/1992,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, Villa Arson, Nice 1992.<br />

M. P. Mann<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), Corrispondenze,<br />

<strong>da</strong>l presente al passato. Opere scelte <strong>da</strong>lle collezioni del<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e del Museo<br />

Civico di Prato, <strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006.<br />

34


Massimo Vitali<br />

COMO, 1944. VIVE E LAVORA A LUCCA<br />

Pic-Nic Allée, 2000<br />

C-pr<strong>in</strong>t, plexiglass, cm 180x220<br />

Copia fuori edizione<br />

Donazione dell’artista<br />

Massimo Vitali ha studiato fotografia al London College<br />

of Pr<strong>in</strong>t<strong>in</strong>g. Negli anni Sessanta, <strong>in</strong> seguito all’<strong>in</strong>contro<br />

con il fon<strong>da</strong>tore dell’agenzia Report, Simon Guttmann, ha<br />

<strong>in</strong>trapreso la carriera di fotoreporter per riviste e agenzie<br />

italiane ed europee. Negli anni Ottanta ha svolto attività<br />

di c<strong>in</strong>easta per la televisione e la pubblicità. Dalla metà<br />

degli anni Novanta si dedica alla fotografia come ricerca<br />

artistica, sviluppata quale “pratica aperta per un’esperienza<br />

del mondo” (Vitali). Da allora ha partecipato a rassegne<br />

<strong>in</strong>ternazionali, fra cui la Biennale di Venezia del 2001,<br />

e ha esposto le sue opere presso vari musei e gallerie<br />

<strong>in</strong> Europa e negli Stati Uniti.<br />

Il suo lavoro è il risultato di un procedimento complesso<br />

che va <strong>da</strong>lla scelta di luoghi frequentati <strong>da</strong>lle masse,<br />

all’adozione di un punto di vista rialzato che produce un<br />

apparente distacco <strong>da</strong>i soggetti ripresi, all’<strong>in</strong>quadratura<br />

con macch<strong>in</strong>e di grande formato capaci di cogliere<br />

i m<strong>in</strong>imi dettagli, alla ripetizione o scomposizione della<br />

scena <strong>in</strong> serie, alle disposizione delle immag<strong>in</strong>i come<br />

elementi di comprensione dello spazio <strong>in</strong> cui vengono<br />

esposte. La proliferazione di azioni che si svolgono su<br />

piani differenti all’<strong>in</strong>terno della stessa immag<strong>in</strong>e, senza<br />

bisogno di <strong>in</strong>terventi dell’artista sul soggetto, fanno<br />

assumere all’opera molteplici possibilità di lettura.<br />

Nel caso dell’opera donata al museo <strong>in</strong> seguito alla<br />

sua mostra del 2004 (prima personale dell’artista<br />

<strong>in</strong> un’istituzione museale), Vitali ha ripreso un momento<br />

della celebrazione del nuovo millennio associato alla<br />

festa nazionale francese del 14 luglio 2000, riproducendo<br />

il rito simbolico attraverso cui si è stabilito un legame<br />

tra il luogo virtuale dove passa il meridiano di Parigi,<br />

al Jard<strong>in</strong> du Luxemburg, e l’<strong>in</strong>dist<strong>in</strong>ta umanità radunatasi<br />

a banchettare per l’occasione.<br />

All’<strong>in</strong>terno della fotografia Vitali esplora uno spazio di<br />

aggregazione sociale e lo scan<strong>da</strong>glia <strong>in</strong> dettagli <strong>in</strong>dividuali,<br />

le unità campione che scandiscono la realtà dei s<strong>in</strong>goli<br />

ritratti nel complesso di un’azione svolta collettivamente.<br />

La sua attenzione si rivolge <strong>in</strong> particolare alla pratica<br />

comune del tempo libero.<br />

Nel Pic-Nic Allée di Parigi una moltitud<strong>in</strong>e di persone<br />

si ritrova e si riconosce nella dimensione condivisa<br />

36<br />

ed effimera del déjeuner sur l’herbe: tema che riman<strong>da</strong><br />

all’idea di svago <strong>in</strong>trodotto nella società borghese alla<br />

f<strong>in</strong>e del XIX secolo ma pure alla stretta relazione esistente<br />

allora fra l’arte en ple<strong>in</strong>-air (Impressionismo) e la tecnica<br />

fotografica. Vitali riflette così sull’attuale contesto socioculturale<br />

del “ceto medio” francese ed europeo e lo ricollega<br />

all’immag<strong>in</strong>e d’arte, storicamente <strong>in</strong>tesa come mo<strong>da</strong>lità<br />

di vedere e conoscere il mondo. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

Massimo Vitali. Landscape with Figures, Steidl,<br />

Gött<strong>in</strong>gen 2004<br />

M. Bazz<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), Massimo Vitali.<br />

Fotografo, <strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2004.<br />

M. Bazz<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), The age of metamorphosis.<br />

European art highlights from the Centro Pecci collection,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, MoCA Shanghai, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006.


Erw<strong>in</strong> Wurm<br />

BRUCK/MUR, AUSTRIA, 1954. VIVE E LAVORA A VIENNA<br />

Tank, 1987<br />

ferro, piombo, acciaio, cm 162x109x95<br />

Two ways of carry<strong>in</strong>g a bomb, 2003<br />

Instructions on how to be politically <strong>in</strong>correct<br />

C-pr<strong>in</strong>t, cm 126x184, edizione 5/5<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

Erw<strong>in</strong> Wurm conduce <strong>da</strong> oltre vent’anni un’orig<strong>in</strong>ale<br />

riflessione sul concetto di scultura, esteso agli oggetti<br />

della vita quotidiana e mescolato o confuso agli altri<br />

mezzi impiegati nella sua ricerca artistica: il disegno,<br />

la scrittura, la performance, la fotografia, il video,<br />

l’<strong>in</strong>stallazione.<br />

Alla f<strong>in</strong>e degli anni Ottanta Wurm realizza opere <strong>in</strong> legno<br />

o metallo a cui attribuisce valore volutamente ambiguo,<br />

tanto nella forma quanto nel titolo, come nel caso di<br />

Tank, acquistata <strong>da</strong>l Centro Pecci <strong>in</strong> seguito alla mostra<br />

collettiva Spazi ‘88. Essa riproduce un oggetto domestico,<br />

un contenitore metallico apparentemente <strong>in</strong>nocuo che,<br />

mutando repent<strong>in</strong>amente il proprio significato, potrebbe<br />

assumere l’aspetto aggressivo di uno strumento bellico.<br />

Dagli anni Novanta Wurm si stacca <strong>da</strong>ll’aspetto formale<br />

e <strong>da</strong>lla solidità materiale dell’oggetto plastico per<br />

concentrarsi maggiormente sui parametri l<strong>in</strong>guistici che<br />

lo def<strong>in</strong>iscono e sui processi che essi attivano con<br />

i visitatori. Ai concetti tradizionali di peso, gravità,<br />

staticità, stabilità, equilibrio, durata, l’artista sostituisce<br />

quelli trasgressivi di espansione, sospensione, d<strong>in</strong>amicità,<br />

<strong>in</strong>stabilità, spontaneità, brevità. Nascono così opere<br />

d’ispirazione concettuale come un libro d’istruzioni per<br />

<strong>in</strong>grassare o doppi ritratti che contemplano la dimensione<br />

temporale, prima e dopo il processo d’<strong>in</strong>grassamento.<br />

Da queste discendono anche opere famose come i modelli<br />

<strong>in</strong>grassati e luccicanti di automobili sportive, status symbol<br />

dell’opulenza nella società dei consumi.<br />

L’utilizzo del corpo umano come elemento base della<br />

scultura, della sua essenza di spazio occupato <strong>da</strong> una<br />

massa, <strong>da</strong> vita ad azioni performative di sapore grottesco,<br />

trasformate <strong>in</strong> scatti fotografici del momento esatto <strong>in</strong> cui<br />

avvengono: One M<strong>in</strong>ute Sculptures, messe <strong>in</strong> scena<br />

improntate alla scomodità e al limite fisico dell’attore<br />

che si pone <strong>in</strong> relazione a vari oggetti comuni <strong>in</strong> maniera<br />

<strong>in</strong>consueta o stravagante. Ad esse si associa anche l’opera<br />

Two ways of carry<strong>in</strong>g a bomb / Instructions on how to be<br />

politically <strong>in</strong>correct, acquisita <strong>in</strong> seguito alla mostra<br />

collettiva Opera Austria del 2006, sorta di parodia<br />

38<br />

fotografica della preoccupazione securitaria diffusa dopo<br />

l’11 settembre 2001, secondo cui la doppia figura speculare<br />

di un uomo qualunque che riporta vistose quanto <strong>in</strong>verosimili<br />

protuberanze sul bac<strong>in</strong>o, una <strong>da</strong>vanti e l’altra dietro, potrebbe<br />

essere <strong>in</strong>terpretata come “politicamente scorretta”, se<br />

non fisicamente sospetta. [S.P.]<br />

Bibliografia<br />

A. Barzel (a cura di), Spazi ‘88, <strong>catalogo</strong> della mostra,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci,<br />

Centro Di / Electa, Firenze 1988.<br />

A. Barzel (a cura di), La collezione 1988-1990, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1990.<br />

S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente, <strong>catalogo</strong>,<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1998.<br />

S. Paracone, S. Pezzato, A. Sonetti (a cura di), Entr’acte.<br />

Arte contemporanea nella Toscana <strong>in</strong>dustriale, <strong>catalogo</strong><br />

della mostra, Fon<strong>da</strong>zione Piaggio, Pontedera 1998.<br />

C. Bertsch, S. Höller, S. Pezzato (a cura di), Opera Austria.<br />

Frammenti di prospettive: l’arte nel cuore dell’Europa,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, Centro per l’arte contemporanea<br />

Luigi Pecci, Medicea, Firenze / Skarabaeus, Innsbruck 2006.<br />

M. Bazz<strong>in</strong>i, S. Pezzato (a cura di), The age of metamorphosis.<br />

European art highlights from the Centro Pecci collection,<br />

<strong>catalogo</strong> della mostra, MoCA Shanghai, Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006.


HANS PETER ADAMSKI<br />

KARIN ARINK<br />

RICHARD BAQUIÉ<br />

MASSIMO BARZAGLI<br />

BIZHAN BASSIRI<br />

LORENZO BONECHI<br />

EBERHARD BOSSLET<br />

PEDRO CABRITA REIS<br />

ANTONIO CATELANI<br />

MARCO CINGOLANI<br />

VITTORIO CORSINI<br />

MARIO DELLAVEDOVA<br />

DANIELA DE LORENZO<br />

ARMEN ELOYAN<br />

DIEGO ESPOSITO<br />

SYLVIE FLEURY<br />

ISABELLA GHERARDI<br />

CARLO GUAITA<br />

SHIRAZEH HOUSHIARY<br />

FRANCO IONDA<br />

MASSIMO KAUFMANN<br />

NATASJA KENSMIL<br />

KAREN KILIMNIK<br />

JOB KOELEWIJN<br />

WILLI KOPF<br />

RENATO MAMBOR<br />

AMEDEO MARTEGANI<br />

PAOLO MASI<br />

VITTORIO MESSINA<br />

VIK MUNIZ<br />

MARCO NERI<br />

HUGHIE O’DONOGHUE<br />

ATHOS ONGARO<br />

JULIAN OPIE<br />

PAOLO PARISI<br />

RENATO RANALDI<br />

BERNHARD RÜDIGER<br />

GIANNI RUFFI<br />

ANDREA SANTARLASCI<br />

HUBERT SCHEIBL<br />

ELISABET STIENSTRA<br />

ESTHER STOCKER<br />

MARCO TIRELLI<br />

SANDRA TOMBOLONI<br />

OPERE DALLA COLLEZIONE


La panoramica tra le opere raccolte nel corso di vent’anni d’attività espositiva, <strong>in</strong>tesa come repertorio di<br />

lavori esposti al Centro <strong>in</strong>tegrata con <strong>in</strong>serimenti determ<strong>in</strong>ati <strong>da</strong> varie occasioni, quali lasciti e depositi<br />

di artisti e collezionisti, appare nella sua articolata frammentazione come la parte più ricca ed eteroge-<br />

nea fra quelle <strong>in</strong>dividuate all’<strong>in</strong>terno del patrimonio museale. Vi compaiono opere di artisti di diversa pro-<br />

venienza geografica (Italia, Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlan<strong>da</strong>, Olan<strong>da</strong>, Portogallo,<br />

Svizzera e Stati Uniti d’America) con una buona rappresentanza di lavori prodotti <strong>da</strong> artisti attivi <strong>in</strong><br />

Toscana, a dimostrazione dell’attenzione riservata <strong>da</strong>l Centro sia agli sviluppi della produzione artistica<br />

<strong>in</strong>ternazionale sia alle più <strong>in</strong>teressanti espressioni artistiche emerse nel proprio territorio di appartenen-<br />

za. Sono comprese pr<strong>in</strong>cipalmente opere realizzate negli ultimi due decenni, a testimonianza di una<br />

costante ricerca di aggiornamento delle proposte artistiche contemporanee, senza alcuna dist<strong>in</strong>zione<br />

anagrafica o generazionale fra artisti più anziani e più giovani. In alcuni casi sono <strong>in</strong>cluse anche ricer-<br />

che antecedenti, come ad esempio quelle di Renato Ranaldi (1981), Athos Ongaro (1983-84), Lorenzo<br />

Bonechi (1986), <strong>in</strong> considerazione di una loro valenza “storica” oltreché della loro matrice toscana. La<br />

maggior parte delle opere presenti <strong>in</strong> questa sezione si <strong>in</strong>centra su soluzioni plastiche e <strong>in</strong>stallative, rea-<br />

lizzate con diverse <strong>in</strong>tenzioni e attraverso l’uso di vari materiali: riflessioni di tipo analitico e strutturale<br />

(Daniela De Lorenzo, Carlo Guaita, Willi Kopf); sperimentazioni di tipo energetico (Bernhard Rüdiger) o<br />

iconico (Massimo Kaufmann); proposte di matrice architettonica, spaziale o percettiva (Antonio Catelani,<br />

Vittorio Mess<strong>in</strong>a, Paolo Parisi); riferimenti meta-artistici di carattere anticonvenzionale (Sylvie Fleury,<br />

Renato Ranaldi); richiami diretti ad attività o azioni specifiche (Kar<strong>in</strong> Ar<strong>in</strong>k, Richard Baquié, Sandra<br />

Tomboloni); <strong>in</strong>terpretazioni figurative e simboliche (Bizhan Bassiri, Elisabet Stienstra); improvvisazione<br />

con materiali di recupero (Pedro Cabrita Reis); rivisitazione l<strong>in</strong>guistica di elementi reali (Vittorio Cors<strong>in</strong>i);<br />

riutilizzi semantici di oggetti comuni (Mario Dellavedova, Karen Kilimnik, Job Koelewijn, Gianni Ruffi); ela-<br />

borazioni di materiali <strong>in</strong>dustriali (Eberhard Bosslet, Vik Muniz, Julian Opie). Non mancano gli sviluppi più<br />

recenti della pratica pittorica: concepita come composizione di forme essenziali (Marco Tirelli) o come<br />

immag<strong>in</strong>e mistico-simbolica (Shirazeh Houshiary), proposta come analisi percettiva e spaziale (Paolo<br />

Masi, Renato Mambor, Esther Stocker), realizzata <strong>in</strong> forme neoespressive astratte (Hughie O’Donoghue,<br />

Hubert Scheibl) o figurative (Hans Peter A<strong>da</strong>mski, Armen Eloyan, Natasha Kensmil), ricodificata <strong>in</strong> acce-<br />

zione grafica e artificiale (Marco C<strong>in</strong>golani), onirica e riflessiva (Andrea Santarlasci) o piuttosto <strong>in</strong> senso<br />

l<strong>in</strong>guistico e autoreferenziale (Amedeo Martegani, Marco Neri). Completano il “quadro” alcune opere<br />

realizzate appositamente per il museo, collegate direttamente a elementi o a coord<strong>in</strong>ate geografiche del<br />

luogo dove sono collocate (Massimo Barzagli, Diego Esposito), oppure <strong>in</strong>serite all’<strong>in</strong>terno di uno spazio<br />

fisico o di un contesto socio-culturale specifici (Franco Ion<strong>da</strong>, Isabella Gherardi). STEFANO PEZZATO


Richard Baquié<br />

MARSIGLIA, FRANCIA, 1952 - 1996<br />

Fixer l’heure de départ. Fixer l’heure d’arrivée, 1988<br />

ferro, piombo, legno, vetro, specchi, cm 180x178x54<br />

144<br />

Massimo Barzagli<br />

MARRADI, FIRENZE, 1960. VIVE E LAVORA A PRATO<br />

Interno occidentale, 1991<br />

olio su tela, cm 50x60, e divano<br />

Opera acquistata grazie al contributo di Valdemaro Beccaglia<br />

145


Eberhard Bosslet<br />

SPEYER, GERMANIA, 1953. VIVE E LAVORA A DRESDA<br />

Flach, 1988<br />

puntelli, pannelli cassaforme, cm 30x630x270<br />

147


Antonio Catelani<br />

FIRENZE, 1962. VIVE E LAVORA A BERLINO<br />

Senza titolo,1990<br />

legno, cartone dip<strong>in</strong>to, cm 240x400x100<br />

Ord<strong>in</strong>are, 1986<br />

lamiera di ferro verniciata, 6 elementi di varie dimensioni, <strong>in</strong>stallazione ambiente<br />

Como<strong>da</strong>to dell’artista<br />

148


Marco C<strong>in</strong>golani<br />

COMO, 1961. VIVE E LAVORA A MILANO<br />

La rivoluzione siamo noi, 1990-1991<br />

olio su tela, cm 300x600<br />

151


Renato Mambor<br />

ROMA, 1936. VIVE E LAVORA A ROMA<br />

L’osservatore e le coltivazioni, 1991<br />

tecnica mista su tela tamburata, 20 elementi, cm 45x200 ciascuno,<br />

sagoma <strong>in</strong> legno (non riprodotta), <strong>in</strong>stallazione ambiente<br />

Donazione dell’artista<br />

152<br />

Amedeo Martegani<br />

MILANO, 1963. VIVE E LAVORA A MILANO<br />

La città che s’alza, 1990<br />

olio su tela, cm 70x90<br />

153


Marco Neri<br />

FORLÌ, 1968. VIVE E LAVORA A TORRIANA, RIMINI<br />

Landscape, 2006<br />

tempera su l<strong>in</strong>o, trittico, cm 160x600<br />

Como<strong>da</strong>to dell’Associazione Amici del Museo Pecci<br />

155


Paolo Parisi<br />

CATANIA, 1965. VIVE E LAVORA A FIRENZE<br />

Observatorium, 2004<br />

pila di fogli di cartone svuotata, cm 265x261x261<br />

Opera realizzata con il contributo della Galleria Fornello, Prato<br />

Donazione dell’artista<br />

157


Andrea Santarlasci<br />

PISA, 1964. VIVE E LAVORA A PISA<br />

Isolamento, 1994<br />

Veduta dell’<strong>in</strong>stallazione<br />

Isolamento, 1994<br />

disegni a ch<strong>in</strong>a e grafite su legno, dittico, cm 160x220x5 ciascuno<br />

Donazione dell’artista<br />

159


VAHRAM AGHASYAN<br />

ILYA BUDRAITSKIS - ALEKSANDRA GALKINA - DAVID TER-OGANJAN<br />

ULAN DJAPAROV<br />

FACTORY OF FOUND CLOTHES<br />

DMITRI GUTOV<br />

ILYA KABAKOV<br />

ANASTASIA KHOROSHILOVA<br />

OLGA KISSELEVA<br />

SVETLANA KOPYSTIANSKY<br />

VLADIMIR KUPRYANOV<br />

MEDICAL HERMENEUTICS<br />

ANATOLY OSMOLOVSKY<br />

PERZI<br />

KOKA RAMISHVILI<br />

R.E.P.<br />

LEONID TISHKOV<br />

NOMEDA & GEDIMINAS URBONAS<br />

SERGEI VOLKOV<br />

YELENA & VIKTOR VOROBYEV<br />

KONSTANTIN ZVEZDOCHOTOV<br />

ARTE DALL’EX URSS


La collezione di opere d’arte provenienti <strong>da</strong>i paesi dell’ex URSS, ora al Centro Pecci, è unica.<br />

Nessuno tra i musei italiani ha una tale raccolta di opere e non vi è equivalente nemmeno <strong>in</strong><br />

Europa. Soltanto tre musei europei - la Moderna Galeria di Lubjana, il Museo d’Arte<br />

Contemporanea Kiasma a Hels<strong>in</strong>ki e il MUKHA (Museum van Heden<strong>da</strong>agse Kunst) ad Anversa<br />

hanno riunito la produzione d’arte contemporanea russa. Il Centro Pecci può tuttavia esibire un pri-<br />

mato storico: qui <strong>in</strong>fatti le acquisizioni di opere d’arte russa <strong>in</strong>iziarono già nel 1990, al Kiasma due<br />

anni più tardi, mentre a Lubjana soltanto nel 2000 e ad Anversa nel 2003. Questo privilegio permise<br />

al Centro Pecci di appro<strong>da</strong>re ad una collezione estremamente rappresentativa e di altissima qua-<br />

lità. Inf<strong>in</strong>e, anche la decisione del Centro Pecci di ampliare la collezione d’arte russa con le opere<br />

degli artisti dell’ex Unione Sovietica non ha precedenti. Alla base dell’attuale collezione risiedono<br />

due mostre temporanee prodotte <strong>da</strong>l Centro Pecci, Artisti russi contemporanei del 1990 e<br />

Progressive Nostalgia. Arte contemporanea <strong>da</strong>ll’ex URSS del 2007. Entrambe queste mostre (e i<br />

loro cataloghi) rappresentavano, con oggettiva completezza, l’arte di questo vasto territorio, <strong>in</strong> due<br />

diversi momenti storici, e diventarono così importanti precedenti nella vita artistica sia europea sia<br />

post-sovietica. Iniziata nel 1990, la collezione del Centro Pecci abbraccia tre tappe fon<strong>da</strong>mentali<br />

dell’arte post-sovietica: tra la f<strong>in</strong>e degli anni Ottanta e l’<strong>in</strong>izio degli anni Novanta, gli stessi anni<br />

Novanta e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, la realtà artistica dell’ultimo decennio. Il primo di questi periodi è quello più rap-<br />

presentato al Centro Pecci. Nell’<strong>in</strong>stallazione Concerto per mosca blu e matita gialla, di uno dei<br />

maggiori artisti russi dei nostri giorni, Ilya Kabakov <strong>in</strong>troduce alle migliori espressioni della sua<br />

opera. Attraverso tre <strong>in</strong>stallazioni si rappresenta l’opera del pioniere dell’arte russa degli anni<br />

Ottanta, Konstant<strong>in</strong> Zvezdochotov. Analogamente, altri lavori tra i migliori di quegli anni vengono<br />

raccolti al Centro Pecci, come quelli del gruppo Medical Hermeneutics, di enorme importanza <strong>in</strong><br />

quel periodo. Anche la rappresentazione e le complesse <strong>in</strong>stallazioni di Sergei Volkov, di Svetlana<br />

Kopystiansky e del gruppo Perzi, appartengono a quanto di meglio sia stato espresso <strong>da</strong> quegli arti-<br />

sti, e <strong>in</strong> assoluto <strong>da</strong>ll’arte russa di quegli anni. La situazione degli anni Novanta viene espressa <strong>da</strong>l<br />

Centro Pecci <strong>in</strong> maniera meno completa, ma tuttavia assai significativa. La foto-<strong>in</strong>stallazione<br />

Taganskaya (Moscow Metro) rappresenta una parte di un più ampio ciclo Metro, sul quale lavorò<br />

per tutto il decennio uno dei migliori autori, Vladimir Kupryanov. Sembra poi che Majakovski-<br />

Osmolovsky non sia semplicemente l’espressione più significativa dell’esponente degli anni<br />

Novanta Anatoly Osmolovsky, ma rappresenti proprio il simbolo dell’<strong>in</strong>tera arte russa <strong>in</strong> quell’epo-<br />

ca tempestosa. L’opera dei tre pr<strong>in</strong>cipali esponenti degli anni Novanta, Dmitri Gutov, Leonid Tishkov<br />

e il gruppo Factory of Found Clothes, è presente per <strong>in</strong>tero al Centro Pecci attraverso le opere rea-<br />

lizzate nel decennio successivo. Tra i lavori di Gutov nella collezione spicca una delle sue prime e<br />

migliori video rappresentazioni, Demonstration, oltre a due magnifiche espressioni della sua pittu-<br />

ra, alla quale approdò negli anni 2000. In the Field of my Father rappresenta meravigliosamente<br />

Leonid Tishkov, che lavorò negli ultimi anni sui temi dei ricordi personali e autobiografici. In questa<br />

scia il video Scarlet Sails appartiene alle opere più significative e caratteristiche di Factory of<br />

Found Clothes, il gruppo attivo nell’ultimo decennio. La collezione del recente panorama degli anni<br />

2000 è stata <strong>in</strong>iziata a tutti gli effetti <strong>da</strong>l Centro Pecci. Si possono <strong>in</strong>dividuare al riguardo due <strong>in</strong>stal-<br />

lazioni, Patriottismo del gruppo R.E.P. e Imperspicuitas di Ilya Budraitskis, Aleksandra Galk<strong>in</strong>a,<br />

David Ter-Oganjan, che rappresentano <strong>in</strong> assoluto la migliore espressione della realtà contempo-<br />

ranea resa <strong>da</strong> questi autori. Significativa anche la presenza all’<strong>in</strong>terno della collezione dell’opera<br />

fotografica (In)visible di Olga Kisseleva e Toys #1 di Anastasia Khoroshilova. Questi autori non sono<br />

soltanto i migliori tra i giovani artisti russi, ma rappresentano anche il nuovo fenomeno dell’arte<br />

russa “post-diaspora”, ovvero quegli artisti che vivono e producono <strong>in</strong> Occidente, al conf<strong>in</strong>e con<br />

la Russia. Gli autori dell’ex Unione Sovietica <strong>in</strong> collezione al Centro Pecci sono meno rappresenta-<br />

ti rispetto ai russi, tuttavia lo sono <strong>in</strong> maniera completa. Le <strong>in</strong>stallazioni Pro-test Lab Archive di<br />

Nome<strong>da</strong> & Gedim<strong>in</strong>as Urbonas e Photo for Memory. If a mounta<strong>in</strong> doesn’t go to Mahomet di Yelena<br />

Vorobyeva & Viktor Vorobyev, i video E la nave va… di Ulan Djaparov e Change di Koka Ramishvili<br />

fanno parte di quelle opere-chiave che hanno condotto gli autori oltre iI conf<strong>in</strong>e della loro regione,<br />

nei paesi baltici, nell’Asia Centrale e nel Caucaso. VIKTOR MISIANO


Vahram Aghasyan<br />

EREVAN, ARMENIA, 1974. VIVE E LAVORA A EREVAN<br />

Ghost Cities, 2005<br />

C-Pr<strong>in</strong>ts, serie di 8 stampe, cm 100x130 ciascuna<br />

Ru<strong>in</strong>s of Modernity, 2007<br />

DVD, video a colori, 3’ 30”<br />

215


Ulan Djaparov<br />

BISHKEK, KYRGYZSTAN, 1960. VIVE E LAVORA A BISHKEK<br />

E la nave va…, 2003<br />

documentazione dell’azione, DVD, video a colori, 2’ 23”<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

216 Factory of Found Clothes<br />

OLGA EGOROVA (TSAPLYA) E NATALJA PERSINA-YAKIMANSKAYA (GLUKLYA). GRUPPO FORMATO A PIETROBURGO, RUSSIA, NEL 1995<br />

Scarlet Sails, 2005<br />

DVD, video a colori e bianco/nero, 12’. Veduta dell’<strong>in</strong>stallazione, 2007<br />

217


Dmitri Gutov<br />

MOSCA, 1960. VIVE E LAVORA A MOSCA<br />

Demonstration, 2000<br />

basato sull’azione di Radek Community, Manifestation<br />

DVD, video a colori, 9’<br />

Donazione dell’artista<br />

218 Ilya Kabakov<br />

DNJEPROPETRVSK, UCRAINA, 1933. VIVE E LAVORA CON LA MOGLIE EMILIA A NEW YORK<br />

Concerto per mosca blu e matita gialla, 1990<br />

<strong>in</strong>chiostro, matita, acquerello, oggetti e testi su carta, serie di 7 collage su leggii di legno<br />

219


Anastasia Khoroshilova<br />

MOSCA, 1978. VIVE E LAVORA TRA BERLINO E MOSCA<br />

Toys #1, 2006<br />

C-Pr<strong>in</strong>t, cm 120x94<br />

Donazione dell’artista, Courtesy Hilger Contemporary, Vienna<br />

220<br />

Olga Kisseleva<br />

PIETROBURGO, RUSSIA, 1965. VIVE E LAVORA A PARIGI<br />

(In)visible, 2006<br />

fotografia bianco/nero su diasec, cm 70x90<br />

Donazione dell’artista<br />

221


Svetlana Kopystiansky<br />

VORONEZ, RUSSIA, 1950. VIVE E LAVORA CON IL MARITO IGOR A NEW YORK<br />

Library, 1990<br />

struttura di legno, libri, cm 300x180x180<br />

222<br />

Vladimir Kupryanov<br />

MOSCA, 1954. VIVE E LAVORA A MOSCA<br />

Taganskaya (Moscow Metro), 1995<br />

serie di stampe fotografiche a colori montate su allum<strong>in</strong>io<br />

3 elementi cm 70x104 ciascuno, 2 elementi (riprodotti), cm 104x155 ciascuno<br />

223


R.E.P. Revuljucionnyj Eksperimental’noe Prostranstvo<br />

(SPAZIO SPERIMENTALE RIVOLUZIONARIO) GRUPPO FONDATO A KIEV, UCRAINA, NEL 2004<br />

Patriotism. Hymn, 2007<br />

PVC prespaziati, <strong>in</strong>stallazione sulla facciata esterna del museo<br />

Donazione degli artisti<br />

225


Sergei Volkov<br />

KAZAN, RUSSIA, 1956. VIVE E LAVORA A MOSCA<br />

Magazz<strong>in</strong>o d’arte, 1990<br />

scaffali di ferro, barattoli di vetro, oggetti vari, glicer<strong>in</strong>a, spago, ceralacca, <strong>in</strong>stallazione ambiente<br />

227


UMBERTO BUSCIONI<br />

GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI<br />

GIUSEPPE CHIARI<br />

PIETRO GROSSI<br />

KETTY LA ROCCA<br />

ARRIGO LORA-TOTINO<br />

LUCIA MARCUCCI<br />

EUGENIO MICCINI<br />

HERMANN NITSCH<br />

LAMBERTO PIGNOTTI<br />

RODOLFO VITONE<br />

LASCITO DI CARLO PALLI


Le duecento opere che il collezionista pratese Carlo Palli ha donato al Centro sono state presentate,<br />

<strong>in</strong>sieme ad un'altrettanto cospicua selezione che costituisce parte della sua raccolta privata, nella<br />

mostra Primo piano. Parole, azioni, suoni, immag<strong>in</strong>i (sale espositive, estate 2006) e raccolte nel ricco<br />

<strong>catalogo</strong> omonimo - a cui si riman<strong>da</strong> per la sua documentazione <strong>in</strong>tegrale. La donazione, a cui è<br />

seguito un altro nutrito numero di depositi, raccoglie opere di artisti aderenti alle neoavanguardie e<br />

<strong>in</strong> modo particolare esponenti delle espressioni verbo-visuali che nacquero a partire <strong>da</strong>i primi anni<br />

Sessanta, quando i fiorent<strong>in</strong>i Eugenio Micc<strong>in</strong>i, Lamberto Pignotti, Luciano Ori, Lucia Marcucci, Ketty<br />

La Rocca, Roberto Malquori, <strong>in</strong>sieme ai napoletani Stelio Maria Mart<strong>in</strong>i e Luciano Caruso e ai geno-<br />

vesi Rodolfo Vitone, Luigi Tola e Ugo Carrega ma anche ai più geograficamente solitari Sarenco,<br />

Arrigo Lora-Tot<strong>in</strong>o, Michele Perfetti e Achille Guglielmo Cavell<strong>in</strong>i divennero, <strong>in</strong> anni diversi, protago-<br />

nisti di una scena artistica che trasformava i pr<strong>in</strong>cipi delle avanguardie storiche <strong>in</strong> un l<strong>in</strong>guaggio<br />

compiuto <strong>in</strong> cui parola e immag<strong>in</strong>e non erano più gerarchiche tra loro. Re<strong>in</strong>ventare i media appro-<br />

priandosi dei suoi l<strong>in</strong>guaggi per realizzare un'<strong>in</strong>novazione culturale, qu<strong>in</strong>di anche politica, è quanto<br />

hanno fatto alcuni poeti quando hanno abbandonato l'esclusivo campo dell'editoria per conquistare<br />

le pareti delle gallerie d'arte. Quegli anni sono l'<strong>in</strong>izio della civiltà dell'immag<strong>in</strong>e, nemica delle tecni-<br />

che artigianali, dei talenti <strong>in</strong>dividuali, della letteratura, avi<strong>da</strong> di comunicazione veloce e immediata,<br />

pronta a speculare sul caso e l'arbitrarietà delle scelte. E non casualmente <strong>in</strong> quegli anni gli artisti<br />

ricercano una nuova capacità espressiva - che implicava un allargamento del cosiddetto codice<br />

dom<strong>in</strong>ante. Sono gli <strong>in</strong>izi di un percorso assai complesso che <strong>da</strong>lla Poesia Concreta arriva alla nuova<br />

scrittura, <strong>da</strong>lla Poesia Visiva alla performance e che co<strong>in</strong>volge, tra gli artisti presenti <strong>in</strong> questo cor-<br />

pus di opere, Hermann Nitsch, per quanto riguar<strong>da</strong> l'azionismo viennese, Umberto Buscioni, con la<br />

sua personalissima <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione al l<strong>in</strong>guaggio pop d'oltreoceano, f<strong>in</strong>o al campo della notazione musi-<br />

cale con le opere dei musicisti fiorent<strong>in</strong>i Pietro Grossi, Giuseppe Chiari, Giancarlo Card<strong>in</strong>i e Daniele<br />

Lombardi. L'uso di materiali estratti <strong>da</strong>lla quotidianità e la convergenza delle diverse discipl<strong>in</strong>e arti-<br />

stiche amplia le tradizionali categorie del fare arte per aprire e <strong>in</strong>tegrare, nel ristretto campo delle arti<br />

visive, suono, poesia, teatro e c<strong>in</strong>ema, rappresentando il superamento di ogni aspetto di formalizza-<br />

zione estetica e come testimonianza di un comportamento etico alla base del rapporto arte vita. Un<br />

nucleo di opere numeroso e importante con cui è possibile tracciare delle piccole monografie per<br />

ogni s<strong>in</strong>golo artista e che dimostra come queste ricerche siano ancora attive e attuali. Il contesto <strong>in</strong><br />

cui viviamo non è cambiato, si è fatto forse soltanto più liquido, immateriale, e i percorsi aperti <strong>da</strong>gli<br />

artisti raccolti <strong>in</strong> questo lascito, con l'uso di “vocabolari secondi”, di una post-produzione su mate-<br />

riali mass mediali, sono oggi frequentati <strong>da</strong>lle generazioni più giovani. MARCO BAZZINI


Giuseppe Chiari<br />

FIRENZE, 1926 - 2007<br />

Gesti sul piano, 1973<br />

fotografia bianco/nero, <strong>da</strong> una serie di 8, cm 18x12 ciascuna<br />

Donazione di Carlo Palli<br />

246 Pietro Grossi<br />

VENEZIA, 1917 - FIRENZE, 2002<br />

247<br />

Attimi di home art, 1999<br />

cibachrome, cm 30,5x45<br />

Donazione di Carlo Palli


Ketty La Rocca<br />

LA SPEZIA, 1938 - FIRENZE, 1976<br />

Appendice per una supplica, 1971<br />

tela emulsionata, cm 87,5x125<br />

Como<strong>da</strong>to di Carlo Palli<br />

248 Arrigo Lora-Tot<strong>in</strong>o<br />

TORINO, 1928. VIVE E LAVORA A TORINO<br />

249<br />

Alfabeto, 1972<br />

stampa fotografica su carta, cm 29,5x42<br />

Donazione Carlo Palli


Lamberto Pignotti<br />

FIRENZE, 1926. VIVE E LAVORA A FIRENZE<br />

La cultura di massa, 1964<br />

collage su cartone, cm 13,8x12,9<br />

Donazione di Carlo Palli<br />

250 Rodolfo Vitone<br />

GENOVA, 1927. VIVE E LAVORA A GENOVA<br />

251<br />

You-Me, 1973<br />

lettere trasferibili su tela emulsionata, cm 70x70<br />

Donazione di Carlo Palli


LASCITO EREDI DI LUCIANO ORI


La recente donazione <strong>da</strong> parte della famiglia Boccacc<strong>in</strong>i di un cospicuo nucleo di opere di Luciano<br />

Ori costituisce il maggiore “fondo” dedicato ad un s<strong>in</strong>golo artista all’<strong>in</strong>terno della collezione del<br />

Centro Pecci. Collegato idealmente alle opere provenienti <strong>da</strong>lla Collezione di Carlo Palli, <strong>in</strong> cui figu-<br />

rano vari lavori dello stesso Ori <strong>in</strong>sieme a quelli di altri protagonisti delle ricerche verbo-visive e<br />

musicali, il lascito degli eredi di Luciano Ori si configura come traccia significativa dell’<strong>in</strong>tero per-<br />

corso creativo dell’artista, oggetto di una esposizione separata e di un’apposita pubblicazione<br />

monografica. La produzione artistica di Ori ha <strong>in</strong>izio nel contesto di una pittura figurativa di stampo<br />

postmetafisico successivamente tramutata <strong>in</strong> “realismo geometrico” di matrice astratta, ma si evi-<br />

denzia soprattutto nell’ambito della “pittura tecnologica” e della Poesia visiva a partire <strong>da</strong>l 1963-64.<br />

L’artista è stato <strong>in</strong>fatti tra i fon<strong>da</strong>tori e teorici del secondo Gruppo ‘70 fiorent<strong>in</strong>o (1964) e qu<strong>in</strong>di del<br />

Gruppo <strong>in</strong>ternazionale della Poesia visiva (1972). In questo contesto ha promosso una “poetica tec-<br />

nologica” basata sull’utilizzo di materiali logo-iconici prelevati <strong>da</strong>lla pubblicità su quotidiani e perio-<br />

dici, elaborati con il mezzo spesso esclusivo del collage. A questi ha affiancato <strong>in</strong>teressi letterari<br />

che lo conducono a produrre “poesia l<strong>in</strong>eare” e testi teatrali, a cui fanno seguito la realizzazione di<br />

una serie di tavole di “teatro visivo” (1966), la pubblicazione del primo “racconto visivo” a livello<br />

<strong>in</strong>ternazionale (1967) e del primo “romanzo visivo” (1970). Dal 1972 Ori realizza “musica visiva” ovve-<br />

ro, come l’ha def<strong>in</strong>ita Daniele Lombardi, “arte del rumore semantico <strong>in</strong>teso come un corpus di<br />

rimandi che tra visivo e verbale si tessono con i segni della musica, convenzioni grafiche che <strong>in</strong> sé<br />

slittano semanticamente, essendo prevedibile solo <strong>in</strong> parte il senso, l’emozione sonora che provo-<br />

cheranno”. Il lavoro di Ori si è sviluppato f<strong>in</strong>o ai nostri giorni con estrema coerenza, caratterizzan-<br />

dosi per la sua rigorosità e organicità, nonchè per il virtuosismo compositivo, la scansione ritmica,<br />

l’ironia graffiante e l’<strong>in</strong>esauribile vena poetica. La razionalità delle sue opere trova riscontro nella<br />

sua luci<strong>da</strong> analisi dell’esperienza della Poesia visiva, di cui ha curato sia una collana per l’editore<br />

Carucci di Roma (1975) sia la grande mostra antologica <strong>in</strong> Palazzo Vecchio a Firenze (1979-80): “Lo<br />

stretto rapporto che la Poesia visiva <strong>in</strong>staura f<strong>in</strong> <strong>da</strong>ll’<strong>in</strong>izio con i mezzi di comunicazione di massa<br />

(mass-media) è determ<strong>in</strong>ante perché si capisca quanto e come essa sia estranea alla l<strong>in</strong>earità di<br />

una storia dell’arte che sembra contemplare al suo <strong>in</strong>terno ogni possibile trasgressione ma non la<br />

necessità di approntare nuovi strumenti atti a recepire nuove realtà artistiche altrimenti non com-<br />

prensibili. Ed è determ<strong>in</strong>ante per capire i processi ideologico-formali che la Poesia visiva ha via via<br />

sviluppato all’<strong>in</strong>terno di questo rapporto, primo fra tutti l’estetizzazione delle strutture formali dei<br />

mass-media che recupera e assume a proprio modello, ma di cui denuncia il ruolo negativo nel con-<br />

testo sociale” (Luciano Ori). STEFANO PEZZATO


Luciano Ori<br />

FIRENZE, 1928 - 2007<br />

Crescendo N°3, 1977<br />

collage su tavola, cm 43x30<br />

Donazione della famiglia Boccacc<strong>in</strong>i<br />

Il quotidiano cancellato, 1985<br />

collage su tavola, cm 25x18<br />

Donazione della famiglia Boccacc<strong>in</strong>i<br />

257


Luciano Ori<br />

FIRENZE, 1928 - 2007<br />

Tra passato e presente, 1999<br />

collage su tavola, cm 50x70<br />

Donazione della famiglia Boccacc<strong>in</strong>i<br />

258 259<br />

Visita al museo di Luciano Ori, 2005<br />

collage su tavola, cm 50x70<br />

Donazione della famiglia Boccacc<strong>in</strong>i


LUCA ANDREONI - ANTONIO FORTUGNO<br />

MASSIMO BARTOLINI<br />

MASSIMO BARZAGLI - LUISA CORTESI<br />

MIRELLA BENTIVOGLIO<br />

BOTTO & BRUNO<br />

MARTHA COLBURN<br />

CARLO FEI<br />

RAINER GANAHL<br />

ISABELLA GHERARDI<br />

TAKASHI HOMMA<br />

CRAIGIE HORSFIELD<br />

VARDI KAHANA<br />

KINKALERI<br />

NANDA LANFRANCO<br />

RITA LINTZ<br />

PHILIP LORCA DI CORCIA<br />

NINO MIGLIORI<br />

DOMINGO MILELLA<br />

ALBERTO MORETTI<br />

UGO MULAS<br />

BRUNO MUNARI<br />

GIOVANNI OZZOLA<br />

PANAMARENKO<br />

GEORGES ROUSSE<br />

CHRIS SACKER<br />

RAGHUBIR SINGH<br />

VALIE EXPORT<br />

JCJ VANDERHEYDEN<br />

JOHAN VAN DER KEUKEN<br />

LUIGI VERONESI<br />

SHAO YINONG & MU CHEN<br />

FOTOGRAFIA VIDEO FILM


Le opere realizzate con la fotografia, il video e il film costituiscono un corpus a sé all’<strong>in</strong>terno della<br />

collezione del Centro. Le accomuna l’utilizzo di apparecchi tecnologici, <strong>da</strong>ll’analogico al digitale, per<br />

la registrazione e riproduzione di immag<strong>in</strong>i le cui <strong>in</strong>terpretazioni sono parte <strong>in</strong>tegrante della ricerca<br />

artistica contemporanea, testimoniata <strong>in</strong> questo stesso volume <strong>da</strong>lle opere fotografiche e video<br />

<strong>in</strong>serite nella sezione dedicata all’arte dell’area post sovietiva. Nel contesto artistico contempora-<br />

neo risulta significativa la “fotografia astratta” di Luigi Veronesi, protagonista dell’avanguardia sto-<br />

rica italiana nel “segno della sperimentazione e dell’abbattimento dei conf<strong>in</strong>i tra codici diversi”<br />

(Mirella Bentivoglio), così come la riflessione concettuale sul l<strong>in</strong>guaggio fotografico di Ugo Mulas e<br />

la creazione unica con la fotocopiatrice di Bruno Munari, esperienze trasversali agli ambiti della<br />

fotografia e dell’arte. Su un piano analogo si pone l’opera-manifesto di VALIE EXPORT, tesa ad<br />

imporre un’orig<strong>in</strong>ale forma di autorappresentazione attraverso l’azione fotografata con riferimenti<br />

sia all’iconografia c<strong>in</strong>ematografica sia alla comunicazione di massa. L’attenzione all’utilizzo della<br />

fotografia come concetto e strumento artistico risale alla mostra Un’altra obiettività. Fotografia arte<br />

contemporanea (1989), di cui rimane traccia nell’<strong>in</strong>timità familiare messa a fuoco <strong>da</strong>ll’opera di<br />

Craigie Horsfield, seguita <strong>da</strong> altre collettive di “genere” come Fotoalchimie. La fotografia <strong>in</strong> Italia:<br />

sperimentazioni e <strong>in</strong>nesti (2000), che ha <strong>in</strong>trodotto nella collezione del Centro un cospicuo nucleo di<br />

opere a base fotografica legate ad un atteggiamento multidiscipl<strong>in</strong>are (Mirella Bentivoglio, N<strong>in</strong>o<br />

Migliori, Ugo Mulas, Bruno Munari, Luigi Veronesi fra gli altri), e Instant City. Fotografia e metro-<br />

poli (2001), <strong>da</strong> cui provengono <strong>in</strong>vece l’esplorazione fotografica di forme abitative nella periferia<br />

urbana italiana di Andreoni-Fortugno, le riprese di vita quotidiana nelle metropoli <strong>in</strong>diane di Raghubir<br />

S<strong>in</strong>gh, lo studio a metà fra l’istantanea di stra<strong>da</strong> e la f<strong>in</strong>zione c<strong>in</strong>ematografica di Philip Lorca di<br />

Corcia. Alle rassegne specifiche si sono aggiunte negli anni le mostre personali dedicate ai fotogra-<br />

fi Nobuyoshi Araki (2000) e Massimo Vitali (2004), le cui opere sono ora considerate fra gli highlights<br />

della collezione museale, così come i progetti espositivi di Nan<strong>da</strong> Lanfranco (1997), Carlo Fei (2001),<br />

Isabella Gherardi (2001), Vardi Kahana (2008) di cui il Centro ha acquisito lavori significativi. La rac-<br />

colta fotografica si è arricchita <strong>in</strong>oltre della rappresentazione fantascientifica del “sottomar<strong>in</strong>o” di<br />

Panamarenko, dell’<strong>in</strong><strong>da</strong>g<strong>in</strong>e sul proprio corpo di Chris Sacker, dell’<strong>in</strong>tervento/performance di<br />

Massimo Bartol<strong>in</strong>i sul paesaggio, dell’analisi di Takashi Homma sui sobborghi di Tokyo, delle ricer-<br />

che di Rita L<strong>in</strong>tz e di Shao Y<strong>in</strong>ong & Mu Chen su aspetti della realtà <strong>in</strong>dustriale e culturale pratese,<br />

come di quelle compiute <strong>da</strong> Dom<strong>in</strong>go Milella e <strong>da</strong> Giovanni Ozzola su luoghi del proprio vissuto per-<br />

sonale. Una propensione sottilmente illusionistica caratterizza <strong>in</strong>vece la sovrapposizione e <strong>in</strong>terse-<br />

zione tra piani e volumi architettonici di Georges Rousse e la moltiplicazione dei diversi piani di let-<br />

tura nell’opera di JCJ Vanderheyden. L’uso della fotografia si sviluppa come attenzione socio-politica<br />

al lavoro artigianale (associata anche alla presenza di manufatti reali) nell’opera di Alberto Moretti,<br />

mentre assume carattere di supporto per un’ibri<strong>da</strong>zione con l’impronta pittorica e la video-azione nel-<br />

l’opera congiunta di Massimo Barzagli e della performer Luisa Cortesi. La sezione comprende <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

opere video realizzate <strong>in</strong> presa diretta <strong>da</strong>gli artisti Botto&Bruno, registi di una metaforica battaglia<br />

di stra<strong>da</strong> a colpi di cartone, e Ra<strong>in</strong>er Ganahl, autore di una spericolata quanto liberatoria soggettiva<br />

contromano fra le vie di Damasco; qu<strong>in</strong>di l’articolata serie di videoset performativi sul tema simbo-<br />

lico della “caduta” realizzati <strong>da</strong> K<strong>in</strong>kaleri <strong>in</strong> varie città del mondo, l’immag<strong>in</strong>ifico film d’animazione<br />

basato sull’<strong>in</strong>crocio tra cronaca, cosmesi e pittura di Martha Colburn e l’orig<strong>in</strong>ale collage documen-<br />

tario <strong>in</strong>centrato sulla ripetitività e similitud<strong>in</strong>e delle pr<strong>in</strong>cipali occupazioni umane di Johan van der<br />

Keuken. Completa la raccolta un’ampia selezione di film sperimentali recuperati e riversati <strong>in</strong> occa-<br />

sione della rassegna su C<strong>in</strong>ema d’artista. Toscana 1964-1980 (2005). STEFANO PEZZATO


Massimo Barzagli - Luisa Cortesi<br />

MASSIMO BARZAGLI, MARRADI, FIRENZE, 1960; LUISA CORTESI, PRATO, 1977.<br />

VIVONO E LAVORANO A PRATO<br />

La casa assente, 2003<br />

DVD, <strong>da</strong> un’edizione di 3, 58’ 25’’, videoproiezione<br />

impronta ad acrilico su tela aerografata ad acrilico, cm 200x240,<br />

<strong>in</strong>stallazione ambiente<br />

Como<strong>da</strong>to dell’Associazione Amici del Museo Pecci<br />

275


Craigie Horsfield<br />

CAMBRIDGE, GRAN BRETAGNA, 1949. VIVE E LAVORA A LONDRA<br />

E. Horsfield, Well St., East London (stand<strong>in</strong>g nude near corner of table), 1986<br />

fotografia bianco/nero, cm 139x143<br />

276<br />

Vardi Kahana<br />

TEL AVIV, ISRAELE, 1959. VIVE E LAVORA A RAMAT HASHARON, ISRAELE<br />

One family: three sisters, 1992<br />

fotografia bianco/nero, cm 70x70<br />

277


Rita L<strong>in</strong>tz<br />

NEW YORK, USA, 1934. VIVE E LAVORA A NEW YORK<br />

Yellow Bale, 1985-2002<br />

fotocostruzione, edizione 2/9, cm 128x216,5<br />

Donazione di Loriano Bert<strong>in</strong>i<br />

Red Bale, 1985-2002<br />

fotocostruzione, edizione 2/9, cm 128x224<br />

Donazione di Loriano Bert<strong>in</strong>i<br />

279


Philip Lorca di Corcia<br />

HARTFORD, CONNECTICUT, USA, 1951. VIVE E LAVORA A NEW YORK<br />

Calcutta, 1998<br />

ektacolor pr<strong>in</strong>t, cm 75x100<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

281


Alberto Moretti<br />

CARMIGNANO, PRATO, 1922. VIVE E LAVORA A CARMIGNANO<br />

Techne e lavoro come arte, 1975-1976<br />

serie di fotografie bianco/nero, cm 50x50 ciascuna, stampa 2002<br />

Parte dell’<strong>in</strong>stallazione con 2 <strong>in</strong>trecci di rafia, 10 mazzi di rafia e 3 testi<br />

(Marcel Griaule, Mart<strong>in</strong> Heidegger, Karl Marx)<br />

Donazione dell’artista<br />

283


Giovanni Ozzola<br />

FIRENZE, 1982. VIVE E LAVORA A FIRENZE<br />

Camera verde, 2003<br />

foto lamb<strong>da</strong> su forex, cm 90x114<br />

Como<strong>da</strong>to dell’Associazione Amici del Museo Pecci<br />

284<br />

Panamarenko<br />

ANVERSA, BELGIO, 1940. VIVE E LAVORA AD ANVERSA<br />

Panama, 1996<br />

emulsione su carta montata su allum<strong>in</strong>io, 3 pannelli, cm 300x300<br />

Donazione della Galleria Cont<strong>in</strong>ua, San Gimignano<br />

285


Raghubir S<strong>in</strong>gh<br />

JAIPUR, INDIA, 1942 - NEW YORK, 1999<br />

Morn<strong>in</strong>g on Pachganga Ghat, Benares, Uttar Pradesh, 1985<br />

fotografia, stampa cromogenica, cm 80x120, stampa del 2001<br />

Donazione degli Eredi di Raghubir S<strong>in</strong>gh<br />

Pilgrim camp, Lolarka Shashti Festival, Benares, Uttar Pradesh, 1985<br />

fotografia, stampa cromogenica, cm 80x120, stampa del 2001<br />

Donazione degli Eredi di Raghubir S<strong>in</strong>gh<br />

287


VALIE EXPORT<br />

LINZ, AUSTRIA, 1940. VIVE E LAVORA A VIENNA<br />

Selfportrait: Transfer Identity, 1970<br />

fotografia bianco/nero, edizione 2/5, cm 71,5x63, stampa del 2000<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

288<br />

JCJ Vandeheyden<br />

DEN BOSCH, OLANDA, 1928. VIVE E LAVORA A DEN BOSCH<br />

Studio, 1995<br />

stampa <strong>in</strong>kjet su tela, cm 130x195<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

289


ARCHIZOOM E SUPERSTUDIO<br />

GILBERTO CORRETTI<br />

ARCHIZOOM<br />

UFO<br />

LAPO BINAZZI<br />

ARCHITETTURA RADICALE


L’esperienza dell’Architettura Radicale (term<strong>in</strong>e coniato <strong>da</strong> Germano Celant nel 1972) si sviluppò a par-<br />

tire <strong>da</strong>lla mostra-manifesto Superarchitettura organizzata nel dicembre 1966 alla Galleria Jolly 2 di<br />

Pistoia <strong>da</strong>i gruppi fiorent<strong>in</strong>i Archizoom e Supertudio: “la superarchitettura è l’architettura della super-<br />

produzione, del superconsumo, della super<strong>in</strong>duzione al superconsumo, del supermarket, del superman<br />

e della benz<strong>in</strong>a super.” La loro ricerca sperimentale si situa a cavallo fra arte, architettura e design e si<br />

caratterizza per la carica ironica, le suggestioni derivate <strong>da</strong>lla Pop Art e l’attenzione alle d<strong>in</strong>amiche<br />

della produzione <strong>in</strong>dustriale e della comunicazione di massa, espresse già nel progetto di tesi di Gilberto<br />

Corretti per il Parco delle Casc<strong>in</strong>e a Prato (1966). La successiva evoluzione dell’architettura <strong>in</strong> chiave<br />

“figurativa”, attraverso i progetti per Gazebi (1967) o gli studi per decorazioni d’<strong>in</strong>terni, per f<strong>in</strong>ire con la<br />

formulazione del Dress<strong>in</strong>g Design di Lucia e Dario Bartol<strong>in</strong>i (1972-73), rappresenta i punti estremi della<br />

parabola creativa di Archizoom, <strong>in</strong>centrata <strong>in</strong> quegli anni sulla ribellione alla “regola” architettonica e<br />

sull’evasione trasversale <strong>in</strong> ambiti diversi. Le posizioni utopiche, antiaccademiche e <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>ari,<br />

condivise con altri gruppi e giovani architetti usciti <strong>da</strong>ll’ateneo fiorent<strong>in</strong>o, assunsero nel capoluogo<br />

toscano il carattere del movimento esteso. In questo contesto si pone il gruppo UFO fon<strong>da</strong>to nel 1967<br />

sulla base di una considerazione del design come fenomeno di comunicazione e nel tentativo di far<br />

co<strong>in</strong>cidere l’esperienza artistica con la sperimentazione architettonica. I membri di UFO furono i primi<br />

a realizzare <strong>in</strong>terventi performativi nel tentativo di modificare l’approccio all’architettura e favorire una<br />

nuova coscienza immag<strong>in</strong>ativa, <strong>in</strong> opposizione al sistema tradizionale e al funzionalismo allora ampia-<br />

mente diffuso. La serie dedicata alla Casa ANAS (1969-70) coniuga con sottile ironia e vena poetica il<br />

pensiero artistico e la pratica di abitare, costruire e allo stesso tempo ord<strong>in</strong>are un territorio, <strong>in</strong> seguito<br />

riproposti anche <strong>in</strong> soluzione autonoma <strong>da</strong> Lapo B<strong>in</strong>azzi (1991). L’uso della fotografia e la concezione<br />

seriale dei progetti di UFO, così come la successiva ibri<strong>da</strong>zione l<strong>in</strong>guistica del Pensatoio di B<strong>in</strong>azzi,<br />

assegna a questi lavori una dimensione fon<strong>da</strong>mentalmente concettuale. Inserita nel 1972 nella mostra<br />

di anti-design Italy: the New Domestic Landscape al MoMA di New York, confluita nel 1973 all’<strong>in</strong>terno<br />

di Global Tools, il “sistema di laboratori” coord<strong>in</strong>ato <strong>da</strong> Andrea Branzi (già membro di Archizoom),<br />

l’Architettura Radicale fiorent<strong>in</strong>a è stata oggetto di una vasta azione di recupero storico <strong>in</strong> Francia a<br />

partire <strong>da</strong>gli anni Novanta, con la consacrazione <strong>in</strong> collezioni pubbliche come il FRAC d’Orléans e il<br />

Centre Georges Pompidou di Parigi, nonché di varie ricognizioni <strong>in</strong> Europa e di significative esposizioni<br />

<strong>in</strong> Italia curate <strong>da</strong> uno dei suoi protagonisti, Gianni Pettena (Radicals, Biennale di Venezia, 1996;<br />

Archipelago, Palazzo Fabroni, Pistoia 1999). L’<strong>in</strong>serimento di una parte di queste ricerche nella collezio-<br />

ne del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci assume il valore della riscoperta delle loro radici e<br />

conseguenze culturali, nel contesto stesso <strong>in</strong> cui sono nate. STEFANO PEZZATO


UFO<br />

GRUPPO FONDATO A FIRENZE NEL 1967, ATTIVO FINO AL 1978<br />

(LAPO BINAZZI, RICCARDO FORESI, TITTI MASCHIETTO, CARLO BACHI, PATRIZIA CAMMEO)<br />

Magazz<strong>in</strong>o ANAS fronte, 1970<br />

fotografia a colori, cm 30x24<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

Casa ANAS con guard-rail fronte, 1970<br />

fotografia a colori, cm 30x24<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

295


UFO<br />

Progetto per l’Università di Firenze, 1971<br />

serie di 5 fotografie ritoccate, cm 19x27 ciascuna<br />

Como<strong>da</strong>to della Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

297


Lapo B<strong>in</strong>azzi<br />

FIRENZE, 1943. VIVE E LAVORA A FIRENZE<br />

Il pensatoio, 1991<br />

<strong>in</strong>stallazione, materiali vari, cm 650x500x300<br />

Donazione di Pitti Immag<strong>in</strong>e, Firenze<br />

298


COLLEZIONE CID/ARTI VISIVE


Centro <strong>in</strong>formazione e documentazione CID/Arti visive<br />

A CURA DI ANNAELISA BENEDETTI E EMANUELA PORTA CASUCCI<br />

Collezione<br />

Il CID/Arti Visive è l’archivio e biblioteca specializzata del<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci per la raccolta<br />

di <strong>in</strong>formazione e documentazione sugli eventi espositivi e<br />

sui movimenti dell’arte del XX e XXI secolo. La collezione<br />

documentaria si fon<strong>da</strong> su un patrimonio di oltre 40.000<br />

unità bibliografiche, con un’ampia scelta di cataloghi di<br />

mostre, cataloghi di collezioni pubbliche e private, saggi,<br />

monografie specializzate e di alcune fra le pù prestigiose<br />

riviste italiane e straniere del settore. La biblioteca offre<br />

accoglienza e supporto alla ricerca orientata verso l’odierna<br />

multidiscipl<strong>in</strong>arietà dell’arte contemporanea.<br />

Il nucleo orig<strong>in</strong>ario della collezione si costituisce negli anni<br />

Settanta e primi Ottanta del XX secolo presso l’Assessorato<br />

alla Cultura del Comune di Prato, attorno ai materiali eterogenei<br />

di documentazione prodotti a latere dell’attività espositiva<br />

dello stesso comune, <strong>in</strong>sieme a quello proveniente<br />

<strong>da</strong>lla pubblicizzazione di analoghe manifestazioni di arte<br />

contemporanea che a partire <strong>da</strong>gli Sessanta si svolgono <strong>in</strong><br />

molti comuni e prov<strong>in</strong>cie della Toscana, a fianco della tradizionale<br />

attività espressa <strong>da</strong>lle gallerie private. Sulla formazione<br />

di questo orig<strong>in</strong>ale archivio di cataloghi, <strong>in</strong>viti, locand<strong>in</strong>e<br />

e manifesti di mostra si appunta l’attenzione di critici<br />

d’arte e <strong>in</strong>tellettuali che, fra gli anni Settanta e Ottanta, cercano<br />

di cogliere segni e trasformazioni nel pensiero artistico<br />

contemporaneo, anche <strong>in</strong> relazione al sistema della comunicazione<br />

e al costante progresso tecnologico 1 . Sull’on<strong>da</strong> di<br />

queste nuove suggestioni il Comune di Prato attiva, nel<br />

1982, la sperimentazione di un progetto di documentazione<br />

sull’arte contemporanea, denom<strong>in</strong>ato Centro Informazione e<br />

Documentazione/Arti Visive (CID/Arti Visive). Confluisce <strong>in</strong><br />

esso la raccolta sulle manifestazioni artistiche che si è<br />

an<strong>da</strong>ta formando localmente, mentre un comitato di consulenti<br />

pianifica le attività documentarie del nuovo centro, e<br />

costruisce una rete <strong>in</strong>ternazionale di corrispondenti di cui<br />

fanno parte musei, centri di arte contemporanea, fiere, gallerie<br />

private e collezionisti italiani e stranieri. Negli anni<br />

successivi sarà proprio tale rete di <strong>in</strong>terscambio ad arricchire<br />

la raccolta <strong>in</strong>iziale che viene <strong>in</strong>tegrata anche <strong>da</strong>ll’acquisto,<br />

nel 1985, di un importante fondo editoriale costituito<br />

<strong>da</strong>lle pubblicazioni edite nel periodo 1965-1980 <strong>da</strong>lla casa<br />

editrice fiorent<strong>in</strong>a Centro Di e appartenuto al fon<strong>da</strong>tore<br />

Ferruccio Marchi. Aperta al pubblico nel 1989, dopo essere<br />

confluita nel Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, la<br />

biblioteca arricchisce e <strong>in</strong>tegra il fondo generale con l’ac-<br />

339<br />

quisizione di archivi di particolare <strong>in</strong>teresse storico, sia<br />

librari che cartacei, nati come biblioteche personali di critici<br />

e studiosi, come archivi re<strong>da</strong>ttoriali di periodici o come<br />

archivi istituzionali di enti e fon<strong>da</strong>zioni. Anche se taluni<br />

fondi hanno una tendenza più locale (Nicoletti e Santi,<br />

Galleria Il Bisonte di Firenze e Galleria Metastasio di Prato),<br />

altri presentano un respiro <strong>in</strong>ternazionale che rispecchia<br />

attività e <strong>in</strong>teressi legati alla loro formazione (Marchi e<br />

Politi, Villa Romana e V<strong>in</strong>citorio) e altri ancora rispecchiano<br />

la personalità e gli <strong>in</strong>teressi dei donatori (Crispolti, Mucci e<br />

Bortolotti) o testimoniano l’avvvicen<strong>da</strong>rsi delle direzioni<br />

artistiche e la storia del Centro per l’arte contemporanea<br />

Luigi Pecci (Barzel, Panicelli, Archivio Storico Museo Pecci),<br />

tutti sono accomunati <strong>da</strong>lla capacità di documentare l’arte<br />

contemporanea <strong>in</strong>ternazionale a partire <strong>da</strong>l 1945.<br />

Pr<strong>in</strong>cipali fondi e raccolte della biblioteca<br />

Fondo generale<br />

Si <strong>in</strong>tende con questa denom<strong>in</strong>azione tutto il patrimonio a<br />

stampa che viene regolarmente ricevuto <strong>da</strong>i partner italiani<br />

e stranieri della rete di <strong>in</strong>terscambio attiva nei primi anni<br />

Ottanta e costantemente aggiornata, con esclusione dei<br />

Fondi speciali, degli Archivi e della sezione Periodici. Fondo<br />

corrente <strong>in</strong> costante <strong>in</strong>cremento è <strong>in</strong>tegrato anche <strong>da</strong>lle<br />

pubblicazioni pervenute <strong>in</strong> omaggio e <strong>da</strong>gli acquisti.<br />

Essenzialmente dedicato alla secon<strong>da</strong> metà del XX secolo<br />

e al XXI, vi si possono reperire anche pubblicazioni che<br />

documentano attività espositive riguar<strong>da</strong>nti a ritroso f<strong>in</strong>o al<br />

XIX secolo, che sono state considerate documentazione<br />

dell’attività espositiva dei partner. Costituisce la collezione<br />

centrale, conservata a scaffale aperto e classificata geocronologicamente<br />

o alfabeticamente per la sezione di saggistica.<br />

Dal Fondo generale sono state enucleate alcune<br />

sezioni: Audiovisivi, Locale, Di<strong>da</strong>ttica, Tesi, Doppie copie<br />

mentre gode di propria autonomia la sezione Periodici.<br />

Tutto il materiale sche<strong>da</strong>to è visibile nel <strong>catalogo</strong> onl<strong>in</strong>e<br />

della biblioteca e nel Catalogo collettivo prov<strong>in</strong>ciale pratese:<br />

www.centropecci.it<br />

http://www.sistemabibliotecario.prato.it/<br />

Sezione Audiovisivi<br />

Costituito <strong>da</strong> 400 unità, fra VHS, CD-ROM e DVD, che documentano<br />

l’attività di artisti contemporanei, gli allestimenti<br />

delle mostre al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e<br />

<strong>in</strong> altri enti e l’attività di<strong>da</strong>ttica di Bruno Munari (1907-1998)


nei laboratori tenuti al Centro Pecci o presso altri enti lungo<br />

gli anni Ottanta e Novanta. Raccolta soggetta a <strong>in</strong>cremento,<br />

<strong>in</strong> corso di <strong>in</strong>ventariazione e catalogazione, sono disponibili<br />

anche <strong>in</strong>ventari a stampa del posseduto ed è consultabile<br />

a richiesta.<br />

Sezione Di<strong>da</strong>ttica<br />

La raccolta è costituita <strong>da</strong> 593 unità, tra volumi e opuscoli<br />

monografici dedicati alle attività e ai laboratori della Sezione<br />

Di<strong>da</strong>ttica del Centro Pecci e di altri musei sia italiani che stranieri.<br />

Di particolare rilevanza la documentazione sui laboratori<br />

e l’editoria per l’<strong>in</strong>fanzia di Bruno Munari (1907-1998), uno<br />

dei maggiori protagonisti dell’arte, del design e della grafica<br />

del XX secolo e fautore di una ricerca poliedrica sul tema del<br />

gioco, dell’<strong>in</strong>fanzia e della creatività. Raccolta soggetta a<br />

<strong>in</strong>cremento, a scaffale aperto per la libera consultazione.<br />

Sezione locale<br />

È costituita <strong>da</strong> 608 unità di cataloghi di mostre, tra volumi<br />

e opuscoli, a documentare l’attività espositiva della città di<br />

Prato <strong>da</strong>gli anni Settanta <strong>in</strong> poi.<br />

Sezione Tesi<br />

Scorporata <strong>da</strong>lla sezione materiale m<strong>in</strong>ore dell’Archivio di<br />

Materiale effimero, la raccolta è costituita <strong>da</strong> 28 unità tra<br />

dissertazioni di laurea, e tesi di specializzazione e di dottorato<br />

<strong>in</strong> discipl<strong>in</strong>e contemporaneistiche, a tema monografico<br />

o museologico. Fondo soggetto a <strong>in</strong>cremento è conservato<br />

<strong>in</strong> armadio, ma è <strong>in</strong> libera consultazione. Inventariato<br />

e sche<strong>da</strong>to.<br />

Sezione Doppie copie<br />

La raccolta è costituita <strong>da</strong> 3277 unità tra volumi e opuscoli<br />

già rappresentati nel fondo generale o nei fondi speciali, e<br />

sono stati dest<strong>in</strong>ati alle attività di prestito <strong>in</strong> rete all’<strong>in</strong>terno<br />

dei progetti Libri <strong>in</strong> rete (su base prov<strong>in</strong>ciale) e Libri nella<br />

rete (su base regionale), oppure per uso di sostituzione delle<br />

copie deteriorate o mancanti all’<strong>in</strong>ventario. In corso di <strong>in</strong>ventariazione,<br />

la raccolta è <strong>in</strong>tegrata alla collezione generale<br />

della biblioteca, a disposizione della consultazione.<br />

Sezione Periodici<br />

I periodici costituiscono una risorsa fon<strong>da</strong>mentale per la<br />

ricerca sull’arte contemporanea: sono <strong>in</strong> grado di documentare<br />

l’attualità dell’arte e di registrarne le elaborazioni <strong>in</strong><br />

340<br />

tempo reale rispetto alla percezione editoriale che produce<br />

cataloghi e monografie.<br />

Il nucleo storico della collezione seriale fu costituito alla<br />

metà degli anni Ottanta del XX secolo, avvalendosi di uno<br />

studio condotto <strong>da</strong> un gruppo di specialisti per <strong>in</strong>dividuare<br />

le 100 testate più rappresentative del panorama artistico<br />

<strong>in</strong>ternazionale sulla scena dell’editoria italiana e straniera 2 .<br />

La raccolta documenta pr<strong>in</strong>cipalmente le arti visive, completate<br />

<strong>da</strong> periodici di architettura, fotografia e design,<br />

avendo subito modificazioni nel corso degli anni, per la<br />

cessazione di alcuni titoli e la nascita di nuove testate. Alle<br />

modificazioni naturalmente legate alla vicende editoriali<br />

delle riviste si sono affiancate nel tempo le nuove tecnologie<br />

che, con la possibilità di accedere <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea al formato<br />

elettronico delle riviste messo a disposizione sul web <strong>da</strong>gli<br />

stessi editori, hanno prodotto fonti <strong>in</strong>formative periodiche<br />

complementari alle risorse a stampa presenti nella biblioteca<br />

<strong>da</strong>lle orig<strong>in</strong>i. Fondo corrente soggetto a <strong>in</strong>cremento,<br />

arricchito <strong>da</strong>llo scorporo delle riviste appartenenti ai fondi<br />

Marchi e Politi, il patrimonio seriale complessivo ammonta a<br />

305 titoli, di cui 221 sospesi o cessati, per un totale stimabile<br />

<strong>in</strong>torno alle 2480 annate con periodicità variabili <strong>da</strong> mensile<br />

a bimestrale, <strong>da</strong> trimestrale a quadrimestrale e semestrale,<br />

e con una copertura cronologica <strong>da</strong>l 1984 ad oggi. Fra<br />

i periodici correnti 43 testate sono italiane e 41 sono, <strong>in</strong>vece,<br />

straniere: i titoli sono rilevabili onl<strong>in</strong>e nel Catalogo<br />

Collettivo del Sistema Bibliotecario Pratese. Alcuni dei pr<strong>in</strong>cipali<br />

titoli: Abitare, Arte, arte e critica, Casabella, Domus,<br />

Flash art, Giornale dell’arte, Juliet, Rivista di estetica, Segno,<br />

Art <strong>in</strong> America, Art Monthly, Art press, Artforum, Artus,<br />

Beaux arts, Bijutsu techo, Bomb, Cahiers du Musee national<br />

d’art moderne, Camera Austria, El Croquis, Du, Frieze, Tate<br />

etc, Kunstforum <strong>in</strong>ternational, Lapiz, October, Perform<strong>in</strong>g<br />

arts journal, Parkett, Source. Fra le rarità: A noir E Blanc I<br />

rouge U vert O bleu, Acrobat mime parfait, Figure, File, Il<br />

Marcatrè, Numero, Schema <strong>in</strong>formazioni.<br />

Fondi<br />

Fondo Ferruccio Marchi<br />

Acquisito nel 1985 e costituito <strong>da</strong> 6.703 unità (cataloghi d’arte,<br />

monografie, opuscoli, riviste e 4000 manifesti) e prevalentemente<br />

dedicata al Secondo Dopoguerra, il fondo documenta<br />

avanguardie storiche e arte <strong>in</strong>ternazionale <strong>da</strong>gli C<strong>in</strong>quanta<br />

al 1980 e rassegne storiche come la Biennale di Venezia, la<br />

Triennale di Milano e Documenta di Kassel, con particolare


IL MUSEO


Il museo di Italo Gamber<strong>in</strong>i<br />

Realizzazione: 1985-1988<br />

Inaugurazione: 25 giugno 1988<br />

Superficie del terreno: 12.000 mq.<br />

Superficie sale espositive al primo piano: 1.646 mq.<br />

Superficie sale ovali al piano terra per sezione grafica,<br />

sezione di<strong>da</strong>ttica, caffetteria, sala riunioni: 984 mq.<br />

Uffici: 144 mq.<br />

Piano <strong>in</strong>terrato per parcheggio e deposito: 2592 mq.<br />

Teatro all’aperto / n. posti: 850<br />

Piazza: 864 mq<br />

Nel Museo di Prato è stata prevista una forma angolare<br />

delle sale di esposizione che dovevano avere un modulo<br />

per poter <strong>in</strong> un certo senso aiutare situazioni museali.<br />

Lo spazio più l<strong>in</strong>eare è qu<strong>in</strong>di dest<strong>in</strong>ato alle esposizioni,<br />

mentre lo spazio più organico è pensato <strong>in</strong> modo che<br />

le persone si possano ritrovare fra loro e conversare.<br />

Ho pensato che <strong>in</strong> questo caso io non dovevo irrigidirmi,<br />

ma lasciare le forme più morbide, più vic<strong>in</strong>e all’uomo.<br />

Rispetto ad altri nuovi musei europei il museo di Prato<br />

è anche concepito su scala più <strong>in</strong>tima. Nello stesso tempo<br />

questo museo presenta la comb<strong>in</strong>azione di altri elementi<br />

legati ad una tradizione italiana, mediterranea. Io non posso<br />

dimenticare di essere nato <strong>in</strong> una città come Firenze, ricca<br />

di monumenti, di segnali di varie epoche che si sono<br />

sommati fra loro <strong>in</strong> maniera <strong>in</strong>tegrale, non superficiale.<br />

Nel museo sono presenti elementi - quali la piazza, il teatro,<br />

le stesse sale di <strong>in</strong>contro a piano terra - legati ad una<br />

tradizione italiana ed espressi qui con forme moderne.<br />

Oggi si pensa che il museo debba essere proiettato<br />

<strong>in</strong> un paesaggio esterno. L’architettura mediterranea,<br />

<strong>in</strong>vece, si chiude addirittura con un muro verso l’esterno<br />

e si proietta tutta verso l’<strong>in</strong>terno. Il museo di Prato è<br />

concepito <strong>in</strong> armonia con quest’ultima visione. Possiamo<br />

ritrovare <strong>in</strong>oltre un riferimento alle fabbriche, caratteristica<br />

pratese, negli shed di copertura.<br />

Tutti questi elementi sono sempre visti però <strong>in</strong> modo<br />

funzionale, non decorativo, tendenti ad un f<strong>in</strong>e ben preciso<br />

e mai casuali.<br />

Cosi anche l’uso dei materiali. Io ho scelto materiali<br />

durevoli: elementi che appartengono ad una tradizione<br />

toscana, quali il cotto, e materiali nuovi, moderni come<br />

l’acciaio, la porcellana, il vetro. Alcuni di questi li avevo<br />

già sperimentati con ottimi risultati <strong>in</strong> precedenti progetti,<br />

come per esempio l’acciaio porcellanato, che ho usato<br />

344<br />

per la sede della Rai a Firenze, un progetto del 1975.<br />

Per le pareti ondulate a piano terra ho previsto l’uso<br />

di un vetro di colore bronzo chiaro che farà <strong>da</strong> specchio<br />

<strong>in</strong> certo senso, e di un materiale nuovo, che viene prodotto<br />

<strong>in</strong> Toscana, un materiale ricomposto vic<strong>in</strong>o al marmo<br />

e al cemento e che presenta una sorta di movimento,<br />

un ripetersi di l<strong>in</strong>ee che formano giochi di luce e di ombre.<br />

Il progetto rispecchia la mia conv<strong>in</strong>zione che il museo non<br />

deve sno<strong>da</strong>rsi secondo una l<strong>in</strong>ea retta, ma attraverso una<br />

serie di moduli comb<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> maniera libera <strong>in</strong> modo<br />

<strong>da</strong> creare degli sfalsamenti, dei movimenti attraverso<br />

un concetto di ripetitività.<br />

Nelle sale per l’esposizione, ad esempio, si possono<br />

ottenere degli elementi f<strong>in</strong>iti di m.12x12, oppure la<br />

somma di tre elementi, con risultati sempre variabili<br />

e con possibilità di soluzioni diverse.<br />

I vari moduli sono uniti fra loro con una sorta di percorso<br />

che collega la città con gli spazi verdi e si sno<strong>da</strong><br />

all’<strong>in</strong>terno dell’edificio per proseguire di nuovo all’esterno<br />

nel passaggio sopraelevato coperto f<strong>in</strong>o agli spazi che<br />

ospiteranno la sezione documentaria del Cid/Arti Visive.<br />

L’accesso al museo può avvenire pedonalmente a quote<br />

diverse: un ponte scoperto collega il piano della stra<strong>da</strong><br />

alle sale espositive. Nello stesso tempo è possibile<br />

accedere direttamente <strong>da</strong>i vialetti del giard<strong>in</strong>o al piano<br />

terra, ai luoghi di <strong>in</strong>contro, qu<strong>in</strong>di di conversazione, alle<br />

sale dest<strong>in</strong>ate ad ospitare convegni, attività di<strong>da</strong>ttiche.<br />

L’idea del percorso è presente <strong>in</strong> molti miei progetti,<br />

nella stazione di S.M. Novella <strong>in</strong> Firenze degli anni trenta,<br />

ad esempio, o nella sede del Monte dei Paschi che<br />

ho realizzato a Montecat<strong>in</strong>i nel 1963, dove ho creato un<br />

passaggio al primo piano che si ricongiunge con la stra<strong>da</strong><br />

attraverso una scala. L’idea di trasportare il pubblico<br />

<strong>da</strong>l piano della stra<strong>da</strong> ad un piano sopraelevato dove<br />

si possa immag<strong>in</strong>are una prospettiva diversa <strong>da</strong> quella<br />

comune, reale, mi è sembrata sempre <strong>in</strong>teressante.<br />

ITALO GAMBERINI (1986)<br />

Plastico, Studio M, Firenze<br />

Nelle pag<strong>in</strong>e seguenti:<br />

Vedute dell’edificio museale: esterno, <strong>in</strong>terno e teatro


Il progetto di ampliamento di NIO architecten<br />

Inizio del progetto: 2006<br />

Completamento del progetto: 2008<br />

Inizio dei lavori: 2009<br />

Term<strong>in</strong>e dei lavori: 2011<br />

Superficie totale: 2.934,70 mq.<br />

Piano terra: 1.044,70 mq.<br />

Primo piano: 1.890 mq.<br />

Sale espositive: 2233-106 mq. di area a doppio livello,<br />

totale 2127 mq.<br />

Sala d’<strong>in</strong>gresso: 245+25 mq. di area esterna,<br />

totale 270 mq.<br />

Spazi attvità educative: 80 mq. di aule + 193 mq.<br />

di laboratori, totale 273 mq.<br />

Spazio commerciale e media-store: 107+8 mq.,<br />

totale 115 mq.<br />

Sala ristorante e bar: 218 mq.<br />

Cuc<strong>in</strong>e: 71 mq.<br />

Spazi tecnici nel sottosuolo: 84 mq.<br />

Spazi tecnici al piano terra: 12 mq.<br />

Nuovo magazz<strong>in</strong>o nel sottosuolo: 23 mq.<br />

Magazz<strong>in</strong>o al piano terra: 28 mq.<br />

Bagni e WC: 28+28 mq., totale 56 mq.<br />

Area tecnica e di emergenza sotto alla Torre: 38 mq.<br />

Ponti di collegamento all’edificio esistente: 79 mq.<br />

Il museo è situato nella periferia di Prato, vic<strong>in</strong>o all’uscita<br />

dell’autostra<strong>da</strong> A11, un luogo strategico <strong>da</strong>l quale, sulla<br />

sommità dell’edificio, si può vedere lo skyl<strong>in</strong>e di Firenze,<br />

la città dove regnano il turismo e la cultura antica.<br />

D’altra parte nella periferia di Prato dom<strong>in</strong>ano due aspetti<br />

contrastanti: <strong>in</strong>dustria (tessile) e arte contemporanea che<br />

il Centro Luigi Pecci tende a far dialogare riproponendone<br />

i temi, nella forma e nel contenuto. Il Centro pratese è<br />

<strong>in</strong>oltre uno dei pochi musei <strong>in</strong> Italia dedicati <strong>in</strong>teramente<br />

all’arte contemporanea e possiede un’ampia collezione,<br />

immagazz<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> vari depositi a causa della mancanza<br />

di spazi espositivi.<br />

Per poter mostrare queste opere “<strong>in</strong>visibili” si è deciso<br />

di raddoppiare la superficie espositiva e, attraverso<br />

la nuova costruzione, di risolvere due questioni sensibili.<br />

La prima è che il museo non offre attualmente una<br />

possibilità di circolazione e che il percorso direzionale<br />

esistente è un percorso l<strong>in</strong>eare: quando il visitatore arriva<br />

alla f<strong>in</strong>e, deve rifare la stessa stra<strong>da</strong> <strong>in</strong>dietro. La secon<strong>da</strong><br />

è che nessuno riesce a trovare l’entrata: sembra il palazzo<br />

imperiale di Tokyo, visibile a tutti, ma <strong>in</strong>accessibile.<br />

Il primo problema è stato risolto mediante la creazione,<br />

al primo piano - dove si trovano tutte le sale espositive<br />

attuali - di un circuito, <strong>in</strong> modo tale <strong>da</strong> poter creare più<br />

348<br />

percorsi. Il secondo problema è stato risolto attraverso<br />

il collocamento, al piano terra, di tutte le funzioni rivolte<br />

al pubblico e orientando decisamente l’entrata centrale<br />

verso la stra<strong>da</strong>.<br />

In contrasto al carattere del museo esistente, alquanto<br />

rigido e meccanico ed <strong>in</strong> parte ispirato all’architettura<br />

<strong>in</strong>dustriale di Prato, la nuova parte si presenta elastica<br />

e sognante. Essa circon<strong>da</strong> l’edificio esistente e lo tocca<br />

soltanto quando e dove è necessario per il circuito.<br />

Poiché l’angolazione del piano-mostre varia <strong>in</strong><br />

cont<strong>in</strong>uazione, all’<strong>in</strong>terno vengono creati spazi con<br />

diverse atmosfere e dunque diverse possibilità espositive.<br />

La torre è una questione a parte. Essa è l’<strong>in</strong>crocio fra<br />

un corno e un’antenna, <strong>da</strong> una parte è uno strumento<br />

che viene mostrato con orgoglio ai visitatori e ai passanti,<br />

<strong>da</strong>ll’altra esplora condizioni non misurabili <strong>da</strong> ra<strong>da</strong>r<br />

e persone, son<strong>da</strong> gli umori culturali, alla ricerca<br />

di nuovi movimenti.<br />

MAURICE NIO (2006)<br />

Plastico, Model&Objekt Dauwe den Hartog, Rotter<strong>da</strong>m<br />

Nelle pag<strong>in</strong>e seguenti:<br />

Prospetti e simulazioni del progetto di ampliamento, esterno e <strong>in</strong>terno


Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci Prato La collezione<br />

PUBBLICAZIONE PROMOSSA DA<br />

CON IL CONTRIBUTO DI<br />

NELL’AMBITO DI<br />

L.R. 89/80<br />

Progetto di <strong>in</strong>iziativa regionale<br />

2008-2010 “Musei di qualità<br />

al servizio dei cittad<strong>in</strong>i<br />

e delle cittad<strong>in</strong>e toscani”<br />

CON IL SOSTEGNO DI<br />

PARTNER UFFICIALE<br />

LA PUBBLICAZIONE È STATA RESA POSSIBILE<br />

GRAZIE AL GENEROSO SUPPORTO DI<br />

La collezione del Centro per l’arte<br />

contemporanea Luigi Pecci di Prato<br />

è il frutto del lavoro di numerose persone,<br />

<strong>in</strong>nanzi tutto degli artisti che le hanno<br />

realizzate, qu<strong>in</strong>di dei loro eredi, dei<br />

galleristi, dei collezionisti, delle ditte e dei<br />

privati che le hanno messe a disposizione<br />

del museo, <strong>in</strong>oltre dei direttori, dei curatori<br />

e degli amm<strong>in</strong>istratori che le hanno<br />

acquisite nel corso degli anni. A tutti loro<br />

va la nostra più profon<strong>da</strong> riconoscenza.<br />

In particolare si r<strong>in</strong>graziano gli artisti<br />

Luca Andreoni e Antonio Fortugno<br />

Marco Bagnoli<br />

Mirella Bentivoglio<br />

Botto&Bruno<br />

Diego Esposito<br />

Isabella Gherardi<br />

Piero Gilardi<br />

Dmitri Gutov<br />

Takashi Homma<br />

Franco Ion<strong>da</strong><br />

Emilio Isgrò<br />

Anastasia Khoroshilova<br />

Olga Kisseleva<br />

Nan<strong>da</strong> Lanfranco<br />

Sol LeWitt<br />

Renato Mambor<br />

N<strong>in</strong>o Migliori<br />

Dom<strong>in</strong>go Milella<br />

Alberto Moretti<br />

Paolo Parisi<br />

Koka Ramishvili<br />

Renato Ranaldi<br />

R.E.P.<br />

Chris Sacker<br />

Andrea Santarlasci<br />

Remo Salvadori<br />

Daniel Spoerri<br />

Sandra Tomboloni<br />

Costas Tsoclis<br />

Nome<strong>da</strong> & Gedim<strong>in</strong>as Urbonas<br />

Massimo Vitali<br />

Kenji Yanobe<br />

per le donazioni delle loro opere al museo<br />

i collezionisti e le aziende<br />

Alessandro Alimonti<br />

Mirella Bentivoglio<br />

Loriano Bert<strong>in</strong>i<br />

Stella Ceragioli<br />

Consorzio Prato Trade<br />

Eredi di Raghubir S<strong>in</strong>gh<br />

Famiglia Boccacc<strong>in</strong>i<br />

Famiglia Palmucci<br />

F<strong>in</strong>anziaria Bre<strong>da</strong><br />

El<strong>da</strong> Franchi Pecci, <strong>in</strong> ricordo di Enrico Pecci<br />

Fabio e Virg<strong>in</strong>ia Gori<br />

Giuliano Gori<br />

Ivan Gori<br />

Paolo e Serena Gori<br />

Bianca Maria Mart<strong>in</strong>elli<br />

e Andrea di Marsciano<br />

Antonia Mulas<br />

Offic<strong>in</strong>e Galileo<br />

Carlo Palli<br />

Alberto Pecci<br />

Elena Pecci<br />

Pitti Immag<strong>in</strong>e, Firenze<br />

Rif<strong>in</strong>izione Nuove Fibre S.p.A.<br />

del Gruppo Mazzi, Montemurlo<br />

SMA Segnalazione Marittima ed Aerea<br />

Wolfgang Wassermann<br />

per le donazioni al museo delle opere<br />

<strong>da</strong> loro possedute o direttamente<br />

commissionate agli artisti<br />

gli artisti, i privati, le istituzioni<br />

Associazione Amici del Museo Pecci<br />

Nobuyoshi Araki<br />

Valdemaro Beccaglia<br />

Pedro Cabrita Reis<br />

Antonio Catelani<br />

Daniela De Lorenzo<br />

Famiglia Genoni<br />

FLATZ<br />

Fon<strong>da</strong>zione Cassa di Risparmio di Prato<br />

Fon<strong>da</strong>zione Teatro Metastasio, Prato<br />

Marco Gast<strong>in</strong>i<br />

Carlo Guaita<br />

K<strong>in</strong>kaleri<br />

Job Koelewijn<br />

Paolo Masi<br />

Eliseo Mattiacci<br />

Carlo Palli<br />

Selene Rosiello<br />

David Tremlett<br />

per la gentile concessione delle opere<br />

di loro proprietà <strong>in</strong> como<strong>da</strong>to al museo<br />

i privati, le gallerie, le istituzioni e le aziende<br />

Associazione Amici del Museo Pecci<br />

Valdemaro Beccaglia<br />

Comune di Montemurlo<br />

Famiglia Pecci<br />

Galleria Biagiotti, Firenze<br />

Galleria Cont<strong>in</strong>ua, San Gimignano<br />

Galleria Fornello, Prato<br />

Hilger Contemporary, Vienna<br />

Ilcat S.p.A., Prato<br />

Sheratonn<br />

Targetti S.p.A.<br />

Tecnorestauri S.r.l.<br />

per il loro fon<strong>da</strong>mentale contributo<br />

alla realizzazione e all’acquisizione<br />

delle opere <strong>in</strong> collezione<br />

IN COPERTINA<br />

Fotografia di Carlo Gianni<br />

© 2009 Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci<br />

Prima edizione: gennaio 2009<br />

Volume realizzato <strong>in</strong> collaborazione<br />

con Giunti Editore S.p.A., Firenze - Milano<br />

www.giunti.it<br />

Testi e immag<strong>in</strong>i © Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci 2009<br />

Immag<strong>in</strong>i del progetto d’ampliamento © NIO architecten 2009<br />

Per quanto riguar<strong>da</strong> i diritti di riproduzione, il Centro Pecci si dichiara<br />

pienamente disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immag<strong>in</strong>i<br />

di cui non sia stato possibile reperire la fonte.<br />

Ristampa Anno<br />

6 5 4 3 2 1 0 2013 2012 2011 2010 2009<br />

Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A. - Stabilimento di Prato<br />

CATALOGO<br />

Giunti Editore<br />

PRODUZIONE EDITORIALE<br />

Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci<br />

CURATORI DEL VOLUME<br />

Marco Bazz<strong>in</strong>i<br />

Stefano Pezzato<br />

TESTI GENERALI E INTRODUZIONI ALLE SEZIONI<br />

Marco Bazz<strong>in</strong>i<br />

Viktor Misiano<br />

Stefano Pezzato<br />

SCHEDE MONOGRAFICHE SUGLI ARTISTI<br />

Marco Bazz<strong>in</strong>i<br />

Giorgia Marotta<br />

Stefano Pezzato<br />

Desdemona Ventroni<br />

INTRODUZIONE<br />

ALLA COLLEZIONE CID/ARTI VISIVE<br />

Anna Elisa Benedetti<br />

Emanuela Porta Casucci<br />

TESTI SULL’EDIFICIO MUSEALE<br />

Italo Gamber<strong>in</strong>i<br />

Maurice Nio<br />

TRADUZIONE DAL RUSSO<br />

NTL Traduzioni, Firenze<br />

GESTIONE E POSTPRODUZIONE IMMAGINI<br />

Raffaele Di Vaia<br />

COORDINAMENTO RICERCHE D’ARCHIVIO<br />

Roberto Fattori<br />

ASSISTENTI DI REDAZIONE<br />

Bett<strong>in</strong>a Picconi<br />

Leri Risaliti<br />

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE<br />

Fabiana Bonucci Studio, Firenze<br />

con Francesca Bell<strong>in</strong>i delle Stelle<br />

CREDITI FOTOGRAFICI<br />

Archivio Fotografico del Centro<br />

per l’arte contemporanea Luigi Pecci<br />

Bal<strong>da</strong>ssarre Amodeo, Prato<br />

Carlo Cant<strong>in</strong>i, Firenze<br />

Carlo Fei, Firenze<br />

Carlo Gianni, Prato<br />

Nan<strong>da</strong> Lanfranco, Genova<br />

NIO architecten, Rotter<strong>da</strong>m

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