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CASA DI CURA

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TRAUMI MUSCOLARI<br />

La patologia del muscolo scheletrico costituisce, certamente, uno<br />

dei settori di maggior interesse e di più frequente riscontro nel<br />

campo della traumatologia dello sport.<br />

Ancora oggi, nonostante si disponga di maggiori elementi diagnostici<br />

e terapeutici, i traumi muscolari preoccupano tutto l’entourage<br />

sportivo, dall’atleta al tecnico, poiché si tratta di una patologia<br />

subdola ed insidiosa a tal punto che può essere la causa di defezione<br />

da parte dello sportivo da importanti manifestazioni per le<br />

quali magari c’è stata una lunga preparazione.<br />

I traumi muscolari si dividono in due categorie:<br />

a)sollecitazioni dirette o da contatto (contusioni, lacerazioni);<br />

b)sollecitazioni indirette (lesioni).<br />

I fattori di rischio possono essere estrinseci od intrinseci.<br />

I primi dipendono dal tipo di sport, dalle condizioni climatiche, dal<br />

terreno di gioco; per fare un esempio, nella Scherma c’è un’alta<br />

incidenza di traumi contusivi all’arto superiore dominante per il<br />

contatto diretto tra i due schermitori.<br />

I secondi fattori di rischio dipendono da un inadeguato riscaldamento,<br />

dalla fatica, da un’errata postura, da una inadeguata riabilitazione.<br />

Il medico dello sport svolge in questo caso un ruolo fondamentale<br />

per la prevenzione: l’atleta svolge l’attività sportiva se<br />

valutato idoneo sul piano psicofisico come accade per chi riprende<br />

da un infortunio.<br />

I traumi muscolari vengono classificati in tre gradi:<br />

I°) lacerazione di poche miofibrille con piccola emorragia e guarigione<br />

in tempi brevi;<br />

II°) lacerazione di uno o più fasci con medio versamento e significativa<br />

perdita funzionale;<br />

III°) rottura del ventre muscolare con imponente ematoma e<br />

grave limitazione funzionale.<br />

I muscoli più a rischio sono i biarticolari (quadricipite femorale) ed<br />

i muscoli che hanno fibre lente di tipo II (bicipite femorale). Le<br />

zone più colpite sono le giunzioni muscolo od osseo tendinee,<br />

quelle quindi vicino all’origine o all’inserzione.<br />

Osservando il muscolo lesionato possiamo osservare nel primo<br />

momento una fase degenerativa tissutale con una conseguente flogosi,<br />

una rigenerazione, dovuta ai processi antinfiammatori, ed infine<br />

una fibrosi.<br />

L’esame obiettivo da parte del medico si basa su una dolorabilità<br />

locale e controresistenza, nonché su presenza di ecchimosi.<br />

Gli esami strumentali si basano principalmente su un esame radiografico<br />

per scongiurare possibili distacchi ossei; l’esame ecografico<br />

muscolo tendineo che attualmente è l’esame principe per valutare<br />

l’entità della lesione ed è consigliabile effettuarlo 24-48h dopo<br />

l’evento traumatico e va ripetuto 7gg dopo; l’esame RMN per<br />

accertare lesioni in sede muscolare più profonda.<br />

Cosa fare di fronte ad un evento traumatico<br />

muscolare?<br />

Bisogna agire nelle prime 24-48h: interruzione dell’attività, ghiaccio<br />

applicato localmente, compressione ed arto in scarico.<br />

Eventualmente terapia con antinfiammatori. Nella fase successiva,<br />

trascorse 48-72h, si entra nella fase riparativa del tessuto muscolare<br />

lesionato e l’atleta comincia a svolgere la sua riabilitazione inizialmente<br />

tramite la fisiochinesiterapia (ionoforesi, ultrasuoni,<br />

onde elettromagnetiche, tecarterapia, ipertermia, massoterapia) e<br />

successivamente tramite esercizi graduali isometrici e isotonici<br />

concentrici ed eccentrici mirati al recupero del trofismo e della<br />

forza muscolare e tramite esercizi propriocettivi mirati al recupero<br />

dello schema motorio.<br />

Complicanze di una lesione muscolare mal curata possono essere<br />

la presenza di ematomi, nel caso in cui il versamento si raccolga in<br />

un’area circoscritta, con successiva formazione di calcificazioni (tra<br />

muscolo e osso) o cavità pseudocistiche (tra muscolo e fascia).<br />

Dott. Silvio Rossi<br />

Direttore Tecnico del Reparto di Medicina Fisica e Riabilitazione<br />

TRATTAMENTO<br />

DELL’ALLUCE VALGO<br />

L’alluce valgo è una patologia che colpisce buona parte della popolazione<br />

per la maggior parte non più giovane e che crea problemi<br />

sia per l’estetica, sia per l’equilibrio nel camminare, sia per i dolori<br />

ad esso associato.<br />

Cos’è:<br />

L’alluce valgo è una delle patologie più frequenti a carico dell’avampiede<br />

e consiste nella deviazione del primo dito del piede a<br />

formare una L rovesciata e quella caratteristica prominenza (esostosi),<br />

assai dolorosa, che deforma la calzatura.<br />

Come si manifesta:<br />

Di solito, la deformità si presenta in entrambi i piedi e si associa di<br />

frequente ad altre deformità delle dita vicine e/o di tutto l’avampiede.<br />

Sicuramente, la comparsa dell’alluce valgo, dovuto ad un fattore<br />

genetico predisponente, è favorita dall’uso di calzature inadatte,<br />

che possono rappresentare una causa scatenante.<br />

La diagnosi:<br />

Attualmente, la valutazione clinica di tale patologia si avvale anche<br />

di specifici esami strumentali come l’esame baropodometrico.Tale<br />

esame consente, come esprime il termine “baropodometrico”, di<br />

misurare, sia in posizione statica (fermi) che durante la deambulazione<br />

(dinamica), la distribuzione dei carichi del piede, falsata,<br />

rispetto alla norma, dal più o meno accentuato grado di compromissione<br />

del primo dito. Anche l’esame radiografico, eseguito in<br />

particolari proiezioni, permette di valutare con la massima precisione,<br />

l’angolo intermetatarsale e altri angoli indicativi per una precisa<br />

correzione chirurgica. Nulla quindi viene lasciato al caso, poiché<br />

l’intervento chirurgico è preordinato sulla base degli elementi<br />

matematicamente certi.<br />

In passato:<br />

A differenza di quanto avveniva fino a non molti anni fa, quando la<br />

correzione chirurgica per alluce valgo comportava un decorso<br />

post-operatorio lungo e doloroso con frequenti recidive, inducendo<br />

molti a non affrontare l’intervento, attualmente ci si avvale di<br />

tecniche altamente perfezionate che, come già detto, non lasciano<br />

nulla al caso. Si considerano quasi tutte superate, salvo particolari<br />

eccezioni, le modalità di intervento molto demolitive che sacrificano<br />

l’articolazione, tanto che l’alluce risulta più corto ed inefficiente,<br />

con conseguenti maggiori possibilità di recidiva.<br />

I nuovi interventi:<br />

Nelle metodiche chirurgiche più avanzate l’articolazione viene<br />

completamente risparmiata. Si tratta della cosiddetta osteotomia<br />

triplanarei, cioè di tagli dell’osso che permettono al chirurgo di<br />

correggere con la massima pecisione la deviazione dell’intera articolazione<br />

nelle tre direzioni dello spazio, fissandola poi nella posizione<br />

ottimale per rendere definitiva la correzione effettuata,<br />

senza compromettere in alcun modo l’integrità dell’articolazione.<br />

Un altro aspetto importantissimo di tali metodiche è rappresentato<br />

dall’uso di nuovi sistemi di fissazione delle osteotomie. Non<br />

vengono più usati mezzi di sintesi metallici, ma chiodini di materiale<br />

riassorbibile, perfettamente biocompatibili che si integrano nell’osso.Tali<br />

accorgimenti riducono ovviamente lo stress chirurgico<br />

e le complicanze, rendendo superfluo un nuovo intervento per la<br />

rimozione dei mezzi di sintesi.Altro aspetto di grande importanza<br />

è rappresentato dal fatto che l’intervento viene eseguito in anestesia<br />

locale, assicurando un minore stress e un più rapido<br />

recupero funzionale anche grazie all’uso di anestetici a lunga durata,<br />

che eliminano completamente il dolore dopo l’intervento, di<br />

solito eseguito in “day hospital”.<br />

I risultati:<br />

Il paziente cammina subito dopo con l’ausilio di una calzatura predisposta<br />

ed è in grado, in pochissimo tempo, di riprendere la sua<br />

normale vita di relazione.Va anche sottolineato che da un punto<br />

di vista estetico, l’intervento non lascia tracce evidenti. Quindi le<br />

nuove tecniche per la correzione dell’alluce valgo sono in grado di<br />

sfatare la demonizzazione che si faceva, e talvolta ancora si fa,dell’intervento<br />

chirurgico, in quanto garantiscono il rapido ripristino<br />

di una buona deambulazione, con la completa scomparsa del dolore.<br />

I benefici saranno ovviamente maggiori quanto più precocemente<br />

sarà effettuato l’intervento, perché sarà possibile evitare<br />

complicanze, come la deformità delle dita vicine,e/o patologie a<br />

carico delle ginocchia e della colonna vertebrale conseguenti ai<br />

difetti di postura comportati dalla presenza dell’alluce valgo.<br />

Dott.Alessandro Caprio<br />

Responsabile della Chirurgia del Piede presso<br />

Nuova Villa Claudia<br />

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