FABRIZIO DE ANDRE - E. Mattei
FABRIZIO DE ANDRE - E. Mattei
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PRESENTAZIONE <strong>DE</strong>L CANTAUTORE<br />
In un’intervista di molti anni fa un giornalista chiese a Fabrizio De Andrè,<br />
già famoso e maturo, “Lei si sente un poeta?”. Senza scomporsi, con il<br />
suo stile piano e impeccabile, con la sua voce dal timbro basso e caldo,<br />
accennando a un sorriso, De Andrè rispose: “Guardi, fino ai vent’anni<br />
siamo tutti poeti. Dopo quell’età solo i poeti veri o gli stupidi. Io<br />
preferisco essere un cantautore”.<br />
De Andrè è riconosciuto come uno dei più grandi cantautori della<br />
canzone italiana; ha composto brani che appartengono ormai da tempo<br />
alla tradizione della storia della musica e dell’Italia tout court degli ultimi<br />
quarant’anni.<br />
Il mondo descritto da De Andrè è il mondo degli ultimi, degli emarginati,<br />
degli umili o degli infelici. È popolato da soldati caduti in battaglia,<br />
prostitute, suicidi, prigionieri, drogati, amanti infelici, delusi e illusi, figure<br />
popolari o personaggi meschini. È il mondo dei perseguitati dalla storia,<br />
dei pellerossa, degli zingari. E per tutti lo sguardo di De Andrè è uno<br />
sguardo pieno di pietà, di compassione, di umanità.<br />
Sappiamo dalla sua biografia che nel dopoguerra De Andrè si recava in un<br />
quartiere di Genova per portare cibo ai macilenti gatti randagi. Questo<br />
aneddoto è emblematico dell’atteggiamento del cantautore genovese, la<br />
sua attenzione per i più deboli o i più sfortunati, così come della sua<br />
volontà di comprensione e di riscatto.<br />
I vinti di De Andrè possono ricordare i personaggi del Verga “travolti dalla<br />
fiumana” della vita. Il realismo delle immagini, a volte la crudezza del<br />
linguaggio, la “verità” delle situazioni e delle condizioni cantate e narrate,<br />
possono ricordare la poetica del verismo.