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cadde dentro un pozzo molto profondo. I genitori di <strong>Filippo</strong> corsero a soccorrerlo, sicuri di<br />
trovare il figlio in fin di vita; il piccolo <strong>Filippo</strong> invece non aveva subito nemmeno una ferita.<br />
A Roma<br />
Durante gli anni di studio presso il convento di <strong>San</strong> Marco, il giovane <strong>Filippo</strong> <strong>Neri</strong> si<br />
appassionò a due testi che avrebbero influenzato il suo successivo apostolato: le Laudi di<br />
Jacopone da Todi, che in seguito egli fece musicare, e le Facezie del Pievano Arlotto, un<br />
libro umoristico scritto da un sacerdote fiorentino. Tra le sue meditazioni quotidiane figura<br />
l'Autobiografia di santa Camilla da Varano, come mostra la copia conservata alla<br />
Biblioteca Vallicelliana con suo note autografe.<br />
Visse a Firenze fino a 18 anni, quando fu inviato presso uno zio, tale Bartolomeo Romolo,<br />
a Cassino (allora chiamato <strong>San</strong> Germano) per essere avviato alla professione di<br />
commerciante. In quegli anni cominciò a sentire la propria vocazione religiosa, così da<br />
costruire una piccola cappella nelle vicinanze del monastero di <strong>San</strong> Benedetto, e<br />
precisamente in un monte a picco denominato "Montagna Spaccata" (ancora oggi<br />
visitabile a Gaeta) dove si recava tutti i giorni per pregare in silenzio. Lo zio, che si era<br />
particolarmente affezionato a lui, non avendo eredi, aveva deciso di lasciare al nipote,<br />
dopo la morte, tutti i suoi averi (ben 20.000 scudi) che questi però rifiutò per dedicarsi a<br />
una vita più umile.<br />
Nel 1534 si recò a Roma come pellegrino ma vi rimase in qualità di precettore di Michele e<br />
Ippolito Caccia, figli del capo della Dogana, il fiorentino Galeotto, che forse gli fornì<br />
l'occupazione in nome della loro comune origine, offrendogli inoltre vitto e alloggio. I due<br />
bambini avrebbero seguito successivamente la strada religiosa, divenendo l'uno sacerdote<br />
diocesano in una località vicino Firenze, l'altro monaco certosino. Il suo compenso<br />
consisteva in un semplice sacco di grano che diventava poi, grazie ad un accordo con il<br />
fornaio, una pagnotta che <strong>Filippo</strong> <strong>Neri</strong> condiva con un po' di olive e tanto digiuno. La<br />
stanza in cui viveva era piccolissima e aveva come unici mobili un letto, un tavolino e una<br />
corda appesa al muro che fungeva da armadio. Nello stesso tempo egli seguiva corsi di<br />
filosofia all'Università della Sapienza e presso i monaci di sant'Agostino. Sul finire del 1537<br />
vendette i libri e ne offrì il ricavato a un giovane calabrese in cerca di fortuna, tale<br />
Gugliemo Sirleto, che in seguito sarebbe divenuto un cardinale.<br />
Ben presto espresse nella preghiera le sue attitudini di mistico e contemplativo. Cominciò<br />
a prestare la sua opera di carità presso l'ospedale di <strong>San</strong> Giacomo (il suo nome infatti<br />
compare fra le matricole dei membri della compagnia che regge l'Ospedale) dove molti<br />
anni dopo conobbe e strinse amicizia con Camillo de Lellis. Probabilmente nell'inverno del<br />
1538 venne anche a contatto con Ignazio di Loyola e con i primissimi membri della<br />
Compagnia di Gesù.<br />
Secondo la tradizione nel 1544, e precisamente nel giorno della Pentecoste, in preghiera<br />
presso le catacombe di <strong>San</strong> Sebastiano, <strong>Filippo</strong> <strong>Neri</strong> fu preda di uno straordinario<br />
avvenimento (secondo il santo un'effusione di spirito santo) che gli causò una dilatazione<br />
del cuore e delle costole, evento scientificamente attestato dai medici dopo la sua morte.<br />
Molti attesteranno di aver visto spesso il cuore tremargli nel petto e che, a contatto con<br />
esso, si avvertiva uno strano calore.<br />
In seguito a questa esperienza <strong>Filippo</strong> abbandonò la casa dei Caccia per ritirarsi a vivere<br />
come eremita fra le strade di Roma, dormendo sotto i portici delle chiese o in ripari di