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La risposta potrebbe influenzare i limiti della conoscenza - Kataweb

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oltre i<br />

LIMITI<br />

complessità<br />

chi siamo<br />

che cosa faremo<br />

dove andiamo<br />

Macchine<br />

dell’infinito<br />

Le macchine possono risolvere velocemente problemi di tipo sì-o-no?<br />

<strong>La</strong> <strong>risposta</strong> <strong>potrebbe</strong> <strong>influenzare</strong> i <strong>limiti</strong> <strong>della</strong> <strong>conoscenza</strong> umana<br />

di John Pavlus<br />

n giorno nevoso del<br />

marzo 1956, a Princeton,<br />

in New Jersey, un uomo<br />

basso, con un aspetto un po’<br />

da gufo, chiamato Kurt Gödel,<br />

scrisse la sua ultima lettera a un<br />

amico morente. Gödel si rivolgeva<br />

con grande formalità a John<br />

von Neumann, sebbene i due si<br />

conoscessero da decenni, dato<br />

che erano colleghi all’Institute<br />

for Advanced Study di Princeton.<br />

Entrambi erano geni <strong>della</strong><br />

matematica, ed erano stati fondamentali<br />

nello sviluppo <strong>della</strong><br />

supremazia statunitense in campo<br />

tecnologico e militare negli<br />

anni successivi alla seconda guerra<br />

mondiale. Ora però von Neumann<br />

aveva un tumore, e c’era poco che anche<br />

un genio come Gödel potesse fare, a parte<br />

esprimere gentili aspettative un po’ troppo<br />

ottimistiche e poi cambiare argomento.<br />

Caro von Neumann,<br />

è con massima tristezza che ho appreso<br />

<strong>della</strong> vostra malattia… Ho saputo che<br />

negli ultimi mesi vi siete sottoposto a un<br />

trattamento radicale, e sono felice che questo<br />

trattamento abbia avuto successo come<br />

sperato, e che ora vi sentiate meglio.<br />

Dato che ora, come ho saputo, vi sentite<br />

più forte, mi permetto di scrivervi riguardo<br />

a un problema matematico, su cui la vostra<br />

opinione sarebbe di mio grande interesse…<br />

<strong>La</strong> descrizione di questo problema fatta<br />

da Gödel è decisamente incomprensibile<br />

per i non matematici (forse stava semplicemente<br />

tentando di distrarre von Neumann<br />

dalla sua malattia, impegnandolo in<br />

una versione altamente specialistica delle<br />

quattro chiacchiere fra amici…). In sintesi,<br />

Gödel si chiedeva quanto tempo sarebbe<br />

servito a un’ipotetica macchina per dare<br />

risposte a un qualsiasi problema. <strong>La</strong> sua<br />

conclusione sembra qualcosa che arriva<br />

dalla fantascienza.<br />

Se una (simile) macchina esistesse davvero…<br />

questo avrebbe conseguenze <strong>della</strong><br />

massima importanza. In particolare significherebbe<br />

ovviamente che… il lavoro mentale<br />

di un matematico che riguarda domande<br />

di tipo sì-o-no, <strong>potrebbe</strong> essere completamente<br />

sostituito da una macchina.<br />

Con «lavoro mentale» Gödel non intendeva<br />

banali calcoli come fare due più due.<br />

Parlava invece del salto intuitivo che i matematici<br />

compiono quando illuminano aree<br />

completamente nuove <strong>della</strong> <strong>conoscenza</strong>.<br />

Venticinque anni prima i teoremi di incompletezza<br />

di Gödel, oggi famosi, avevano<br />

Illustrazione di Kyle Bean; Kyle Bean (set); Ryan Hopkinson (fotografia)<br />

62 Le Scienze 531 novembre 2012 www.lescienze.it Le Scienze 63


oltre i<br />

LIMITI<br />

chi siamo<br />

John Pavlus è scrittore e autore<br />

cinematografico che si occupa<br />

principalmente di scienza, tecnologia<br />

e design. I suoi lavori sono stati pubblicati<br />

su «Wired», «Nature», «Technology<br />

Review» e altre testate.<br />

in breve<br />

Il problema «P contro NP» si chiede se<br />

problemi impegnativi, ma le cui soluzioni<br />

possono essere velocemente verificate<br />

(come per esempio i puzzle) siano anche, in<br />

sintesi, facilmente risolvibili.<br />

Nonostante decenni di studi, nessuno è<br />

stato in grado di provare che le due categorie<br />

siano differenti. Se non lo fossero, le<br />

macchine <strong>potrebbe</strong>ro acquistare un enorme<br />

potere.<br />

Il problema non riguarda solo chi tenta di<br />

decifrare codici, o i motori di ricerca sul Web.<br />

Suggerisce infatti un limite fondamentale per<br />

l’evoluzione biologica, le leggi fisiche e la<br />

natura <strong>della</strong> <strong>conoscenza</strong>.<br />

che cosa faremo<br />

dove andiamo<br />

trasformato la matematica per sempre. Si<br />

poteva costruire una macchina per produrre<br />

a richiesta simili intuizioni in grado di<br />

cambiare il mondo?<br />

Gödel aveva spedito la lettera da qualche<br />

settimana quando von Neumann si<br />

fece visitare al Walter Reed Army Medical<br />

Center di Washington, dove morì in meno<br />

di un anno, senza aver mai risposto all’interrogativo<br />

del suo amico. Ma il problema<br />

sarebbe sopravvissuto a entrambi. Oggi<br />

conosciuta come «P contro NP», la domanda<br />

di Gödel finì per diventare un principio<br />

organizzatore dell’informatica moderna.<br />

Ha fatto nascere un’intera nuova area di<br />

ricerca, chiamata teoria <strong>della</strong> complessità<br />

computazionale: una fusione di matematica,<br />

scienza e ingegneria che cerca di<br />

provare, con assoluta certezza, che cosa i<br />

computer possano e non possano fare in<br />

condizioni realistiche.<br />

Ma P contro NP riguarda molto di più<br />

che quegli aggeggi di plastica e silicio che<br />

chiamiamo computer. Il problema ha implicazioni<br />

pratiche per fisica e biologia<br />

molecolare, crittografia, sicurezza nazionale,<br />

evoluzione, <strong>limiti</strong> <strong>della</strong> matematica e<br />

forse addirittura per la natura <strong>della</strong> realtà.<br />

In teo ria, questa singola questione fissa i<br />

<strong>limiti</strong> di quello che saremo in grado di calcolare.<br />

E nel XXI secolo i <strong>limiti</strong> del calcolo<br />

somigliano sempre di più ai <strong>limiti</strong> stessi<br />

<strong>della</strong> <strong>conoscenza</strong> umana.<br />

<strong>La</strong> scommessa<br />

Michael Sipser era solo un laureando,<br />

ma sapeva che presto qualcuno avrebbe<br />

risolto il problema P contro NP. Addirittura<br />

pensava che poteva essere proprio lui a<br />

farlo. Era l’autunno del 1975, e stava discutendo<br />

il problema con Leonard Adleman,<br />

compagno di corso al Dipartimento<br />

informatico dell’Università <strong>della</strong> California<br />

a Berkeley. «Mi ero fissato con il problema<br />

P contro NP, in qualche modo mi sentivo<br />

in grado di capirlo seguendo una strada<br />

che andava oltre quella che gli altri stavano<br />

seguendo», dice Sipser, che attualmente<br />

dirige il Dipartimento di matematica del<br />

Massachusetts Institute of Technology. Era<br />

così sicuro di se stesso da fare una scommessa<br />

con Adleman: P contro NP sarebbe<br />

stato risolto entro la fine del XX secolo,<br />

se non prima. <strong>La</strong> posta: un’oncia (circa 30<br />

grammi) di oro puro.<br />

<strong>La</strong> scommessa di Sipser aveva un che<br />

di poetico, perché P contro NP è di per sé<br />

un problema che riguarda la velocità con<br />

cui possono essere risolti altri problemi. A<br />

volte seguire una lista di passi da compie-<br />

re ci porta al risultato finale in un tempo<br />

relativamente breve. Pensiamo alla nota<br />

<strong>della</strong> spesa: si spuntano via via gli alimenti<br />

acquistati, fino a quando si raggiunge la<br />

fine <strong>della</strong> lista. I teorici <strong>della</strong> complessità<br />

etichettano questi problemi come P, che<br />

sta per «tempo polinomiale», che è poi un<br />

modo matematicamente esatto di dire che<br />

non importa quanto lunga la lista <strong>della</strong><br />

spesa diventi, il tempo che ci vorrà a spuntare<br />

tutti gli alimenti non crescerà mai a un<br />

tasso ingestibile.<br />

Al contrario, molti più problemi <strong>potrebbe</strong>ro<br />

o non <strong>potrebbe</strong>ro essere pratici da risolvere<br />

semplicemente spuntando oggetti<br />

da una lista, ma il controllo <strong>della</strong> soluzione<br />

è comunque facile. Un puzzle è un buon<br />

esempio: anche se richiede un bel po’ di<br />

fatica per essere messo insieme, è sempre<br />

facile capire se sia risolto o meno, basta<br />

guardarlo. I teorici <strong>della</strong> complessità chiamano<br />

questi problemi facilmente controllabili,<br />

«tipo puzzle», problemi NP.<br />

Quattro anni prima <strong>della</strong> scommessa<br />

di Sipser con Adleman, il matematico<br />

Stephen Cook aveva dimostrato che questi<br />

due tipi di problemi sono collegati: ogni<br />

problema P, facilmente risolvibile, è anche<br />

un problema NP, facilmente controllabile.<br />

<strong>La</strong> questione P contro NP che era emersa<br />

dall’intuizione di Cook, e che da allora è<br />

rimasta in sospeso, si chiede se vale anche<br />

il contrario: tutti i problemi facilmente<br />

controllabili, sono anche facilmente risolvibili?<br />

Intuitivamente, la <strong>risposta</strong> sembra<br />

negativa. Riconoscere un puzzle risolto<br />

(«Ehi, ce l’hai fatta!») non è proprio la stessa<br />

cosa che fare tutto il lavoro per trovarne<br />

la soluzione. In altre parole, P non sembra<br />

uguale a NP.<br />

Sipser era affascinato dal fatto che nessuno<br />

era stato in grado di dimostrare dal<br />

punto di vista matematico quell’osservazione<br />

apparentemente ovvia. E senza una<br />

prova rimaneva la possibilità, per quanto<br />

improbabile o strana, che tutti i problemi<br />

NP potessero in realtà essere problemi P<br />

sotto mentite spoglie. P e NP <strong>potrebbe</strong>ro<br />

essere uguali, e dato che i computer possono<br />

risolvere velocemente qualsiasi problema<br />

in P, P uguale a NP implica che la<br />

capacità dei computer di risolvere problemi<br />

è enormemente più grande di quanto avessimo<br />

immaginato. Sarebbero esattamente<br />

quello che Gödel descriveva nella sua lettera<br />

a von Neumann: oracoli meccanici che<br />

<strong>potrebbe</strong>ro rispondere con efficienza più o<br />

meno a ogni domanda posta loro, ammesso<br />

che si possano programmare per verificarne<br />

la soluzione.<br />

64 Le Scienze 531 novembre 2012<br />

Sipser sapeva che questo risultato era<br />

estremamente improbabile. Eppure dimostrare<br />

il caso opposto molto più probabile,<br />

cioè che P non è uguale a NP, sarebbe stato<br />

ugualmente rivoluzionario.<br />

Come i teoremi di incompletezza di<br />

Gödel, che avevano rivelato che la matematica<br />

deve contenere proposizioni vere<br />

ma non dimostrabili, una prova che mostra<br />

che P non è uguale a NP esporrebbe una<br />

verità obiettiva che riguarda i <strong>limiti</strong> <strong>della</strong><br />

<strong>conoscenza</strong>. Risolvere un puzzle e riconoscerne<br />

uno che è già risolto sono due cose<br />

Universo compUtazionale<br />

Le basi temporali<br />

<strong>della</strong> complessità<br />

Quanto tempo è necessario per risolvere un problema? Questa è la domanda che si pongono i ricercatori<br />

quando classificano i problemi in classi computazionali. Come esempio si consideri un<br />

semplice compito di suddivisione: si ordini una lista di numeri casuali dal più piccolo al più grande.<br />

Con la crescita <strong>della</strong> lista, il tempo necessario per ordinarla aumenta a una velocità gestibile, forse<br />

come il quadrato delle dimensioni <strong>della</strong> lista. Questa proprietà colloca il problema nella classe<br />

«P», perché può essere risolto in un tempo polinomiale. Problemi molto più ostici, come il cosiddetto<br />

«problema del commesso viaggiatore» (si veda il box a p. 66), richiedono esponenzialemente più<br />

tempo per essere risolti mentre crescono di complessità. Questi problemi «NP-completi» diventano<br />

rapidamente tanto difficili da gestire che non <strong>potrebbe</strong>ro essere risolti nemmeno da miliardi di processori<br />

che lavorassero per miliardi di anni.<br />

che tipo di problema è?<br />

Più difficili da risolvere<br />

np<br />

Questi<br />

problemi<br />

hanno una<br />

qualità<br />

essenziale: se si<br />

propone una <strong>risposta</strong><br />

a un qualsiasi<br />

problema NP, si può<br />

rapidamente<br />

verificare se la<br />

<strong>risposta</strong> sia vera o<br />

falsa.<br />

np-completi<br />

Questo sottoinsieme di problemi NP<br />

«difficili-da-risolvere» funziona come un<br />

passepartout: ogni problema NP può<br />

essere tradotto in un problema NP-completo.<br />

Così, se qualcuno dovesse trovare una<br />

soluzione veloce per un problema<br />

NP-completo, sarebbe in grado di<br />

risolvere velocemente tutti i problemi<br />

NP. P sarebbe uguale a NP.<br />

p<br />

Questi problemi<br />

possono essere<br />

facilmente risolti. Si noti che<br />

tutti i problemi facilmente<br />

risolvibili sono anche velocemente<br />

verificabili, così tutti i problemi P<br />

sono anche NP. Il contrario<br />

quasi certamente non è<br />

vero.<br />

fondamentalmente diverse, e non ci sono<br />

scorciatoie per arrivare alla <strong>conoscenza</strong>,<br />

non importa quanto potenti i nostri computer<br />

diventeranno.<br />

Dimostrare una negazione è sempre<br />

difficile, ma Gödel ce l’aveva fatta. Così a<br />

Sipser, quando nel 1975 aveva scommesso<br />

con Adleman, 25 anni sembravano un<br />

tempo più che sufficiente per portare a termine<br />

il lavoro. Se non avesse potuto provare<br />

che P non è uguale a NP, ci sarebbe<br />

riuscito qualcun altro. E comunque sarebbe<br />

diventato più ricco di un’oncia d’oro.<br />

Complicazione<br />

in rapida crescita<br />

Adleman condivideva l’interesse di<br />

Sipser, ma non la sua fiducia, a causa di<br />

una criptica prova matematica. Il lavoro di<br />

Cook che stabiliva che i problemi P sono<br />

tutti NP dimostrava anche l’esistenza di<br />

uno speciale tipo di problemi facilmente<br />

controllabili, chiamati NP-completi. Questi<br />

problemi si comportano come un mazzo<br />

di chiavi magiche: se si trovasse un algoritmo<br />

veloce per risolverne uno, quell’algoritmo<br />

sbloccherebbe la soluzione di<br />

ogni altro problema NP, provando che P è<br />

uguale a NP.<br />

C’è solo un piccolo inconveniente da risolvere:<br />

i problemi NP-completi sono tra i<br />

più difficili che chiunque in campo informatico<br />

abbia mai visto. E, una volta scoperti,<br />

sono cominciati ad apparire ovunque.<br />

Subito dopo la pubblicazione <strong>della</strong> ricerca<br />

di Cook, uno dei mentori di Adleman<br />

a Berkeley, Richard M. Karp, pubblicò uno<br />

studio fondamentale che dimostrava che<br />

21 classici problemi computazionali erano<br />

tutti NP-completi. Presto ne seguirono<br />

altre decine, poi centinaia. «Fu come aver<br />

tolto il dito dalla fessura di una diga», dice<br />

Adleman. Programmare voli aerei, sistemare<br />

scatoloni in un camion, risolvere schemi<br />

di Sudoku, progettare un chip per computer,<br />

assegnare i posti a sedere a un pranzo<br />

di matrimonio, giocare a Tetris e migliaia<br />

di altri problemi pratici del mondo reale si<br />

sono dimostrati NP-completi.<br />

Come può questa intrigante chiave per<br />

risolvere P contro NP sembrare allo stesso<br />

tempo così comune e così irrisolvibile? «È<br />

il motivo per cui mi sono interessato allo<br />

studio del problema P contro NP», confessa<br />

Adleman, che attualmente è professore<br />

alla University of Southern California a Los<br />

Angeles. «Potere e ampiezza di queste questioni<br />

computazionali sembravano decisamente<br />

meravigliosi. Ma sicuramente non<br />

le capivamo, e sembrava anche che non<br />

saremmo arrivati a capirle molto presto» (Il<br />

pessimismo di Adleman riguardo a P contro<br />

NP ha condotto a un’invenzione che<br />

ha cambiato il mondo: qualche anno dopo<br />

aver fatto la scommessa, Adleman e i suo<br />

colleghi Ronald Rivest e Adi Shamir hanno<br />

sfruttato l’apparente incommensurabilità<br />

di P contro NP per creare il loro eponimo<br />

algoritmo crittografico RSA, che ancora<br />

oggi è usato diffusamente per banche on<br />

line, telecomunicazioni e applicazioni di<br />

sicurezza nazionale).<br />

I problemi NP completi sono difficili<br />

perché si complicano in modo rapido. Im-<br />

www.lescienze.it Le Scienze 65


oltre i<br />

LIMITI<br />

chi siamo<br />

maginiamo di essere un turista squattrinato<br />

che sta pianificando un viaggio attraverso<br />

un certo numero di città in Europa, e<br />

che cerca un percorso che gli faccia attraversare<br />

ogni città minimizzando la distanza<br />

totale che deve percorrere. Come trovare<br />

la strada migliore? Il metodo più semplice<br />

è provare ogni possibilità. Con cinque città<br />

da visitare si devono controllare solo 12<br />

possibili itinerari. Con dieci città i percorsi<br />

possibili crescono come funghi, e arrivano<br />

a 180.000. Con 60 città il numero di itinerari<br />

supera il numero di atomi nell’universo<br />

conosciuto. Questo incubo computazionale<br />

è conosciuto come il problema del commesso<br />

viaggiatore, e nonostante ottant’anni<br />

di intensi studi nessuno ha mai trovato<br />

un metodo generale per risolverlo che funzioni<br />

meglio del provare ogni possibilità,<br />

una alla volta.<br />

Questa è l’essenza perversa <strong>della</strong> NPcompletezza,<br />

e di P contro NP: non solo<br />

tutti i problemi NP-completi sono egualmente<br />

impossibili da risolvere con l’eccezione<br />

dei casi più semplici, anche se il<br />

vostro computer ha più memoria di Dio<br />

e l’intera vita dell’universo per provarci,<br />

sembrano saltare fuori ovunque. In effetti,<br />

questi problemi NP-completi, non solo<br />

frustrano gli informatici, ma addirittura<br />

sembrano mettere <strong>limiti</strong> alle capacità <strong>della</strong><br />

natura stessa.<br />

Il codice <strong>della</strong> natura<br />

Il pionieristico programmatore olandese<br />

Eds ger Dijkstra aveva capito che i problemi<br />

computazionali hanno implicazioni<br />

che vanno oltre la matematica. Una volta<br />

sottolineò che «l’informatica riguarda solo<br />

i computer quanto l’astronomia riguarda<br />

solo i telescopi». In altre parole, il calcolo<br />

è un comportamento esibito da molti sistemi,<br />

al di là da quelli creati da Google e<br />

Intel. In effetti si può dire che ogni sistema<br />

che trasformi input in output seguendo un<br />

insieme finito di regole, compresi quelli<br />

normalmente studiati da biologi e fisici,<br />

stia calcolando.<br />

Nel 1994 il matematico Peter Shor aveva<br />

dimostrato che particelle subatomiche,<br />

disposte secondo una configurazione ingegnosa,<br />

<strong>potrebbe</strong>ro decifrare i moderni<br />

codici crittografici. Nel 2002 Adleman<br />

ha usato frammenti di DNA per scoprire<br />

la soluzione ottimale di una versione del<br />

problema del commesso viaggiatore. E<br />

nel 2005 Scott Aaronson, esperto in calcolo<br />

quantistico che lavora oggi al Computer<br />

Science and Artifi cial Intelligence<br />

<strong>La</strong>boratory del Massachusetts Institute of<br />

che cosa faremo<br />

Il venditore<br />

svedese<br />

Se avete grandi ambizioni riguardo a un<br />

vostro viaggio in Svezia, considerate la<br />

possibilità di visitarla tutta, ma proprio tutta.<br />

Alcuni ricercatori hanno provato che l’itinerario<br />

rappresentato qui accanto è il<br />

più breve possibile fra quelli che attraversano<br />

tutte le 24.978 città e villaggi<br />

svedesi. Gli scienziati non si aspettano<br />

che qualcuno faccia veramente questo<br />

viaggio, ma le tecniche di ricerca<br />

che hanno sviluppato per risolvere<br />

il problema saranno di aiuto in<br />

altre situazioni in cui serve trovare,<br />

per esempio, il percorso ottimale<br />

in un contesto complicato,<br />

nella progettazione dei microchip<br />

o nel sequenziamento del<br />

genoma.<br />

dove andiamo<br />

Technology, per calcolare con efficienza<br />

la soluzione ottimale a un problema conosciuto<br />

come «albero di Steiner», fra le tante<br />

cose che avrebbe potuto scegliere, ha usato<br />

bolle di sapone. Questi sono proprio il<br />

tipo di problemi NP che <strong>potrebbe</strong>ro ingolfare<br />

i circuiti di un computer che provasse<br />

a risolverli. Questi sistemi naturali sanno<br />

qualcosa su P contro NP, che i computer<br />

non sanno?<br />

applicazioni<br />

Percorso ottimale<br />

(linea)<br />

Centri abitati (punti)<br />

«Certamente no», risponde Aaronson.<br />

Il suo esperimento con le bolle di sapone<br />

era in realtà una dimostrazione per assurdo<br />

dell’affermazione secondo cui semplici<br />

sistemi fisici possono in qualche modo trascendere<br />

le differenze fra P e NP. Sebbene<br />

le bolle di sapone «calcolino» le soluzioni<br />

perfette in pochi casi per l’albero di Steiner<br />

minimo, smettono di funzionare rapidamente<br />

con il crescere delle dimensioni del<br />

66 Le Scienze 531 novembre 2012<br />

David Applegate, AT&T <strong>La</strong>bs; Robert Bixby, Rice University; Vasek Chvatal, Concordia University;<br />

William J. Cook, Georgia Institute of Technology<br />

problema, proprio come farebbe un computer.<br />

L’esperimento con il DNA effettuato<br />

da Adleman ha sbattuto contro lo stesso<br />

muro. L’algoritmo quantistico di Shor funziona<br />

in tutti i casi, ma quasi certamente il<br />

problema fattoriale che risolve non è NPcompleto.<br />

Quindi quell’algoritmo non ci<br />

fornisce la chiave per risolvere ogni altro<br />

problema NP. Biologia, fisica classica e sistemi<br />

quantistici, tutti sembrano sostenere<br />

l’idea secondo cui non ci sono scorciatoie<br />

per risolvere i problemi NP-completi. E<br />

questo sarebbe vero solo se P non è uguale<br />

a NP.<br />

«Certo, non possiamo provarlo con assoluta<br />

certezza», dice Aaronson. «Ma se<br />

fossimo fisici invece che teorici <strong>della</strong> complessità,<br />

“P non è uguale a NP” sarebbe stato<br />

dichiarato legge di natura già da tempo,<br />

proprio come il fatto che niente possa<br />

superare la velocità <strong>della</strong> luce». In effetti<br />

alcune teorie fisiche riguardo alla natura<br />

fondamentale dell’universo, come il principio<br />

olografico suggerito dal lavoro di<br />

Stephen Hawking sui buchi neri, implicano<br />

che il tessuto <strong>della</strong> realtà stessa non sia<br />

continuo, ma discreto, composto di tasselli<br />

simili a pixel, proprio come i bit di un computer<br />

(si veda Lo spazio è digitale?, di Michael<br />

Moyer, in «Le Scienze» n. 524, aprile<br />

2012). Quindi l’apparente intrattabilità dei<br />

problemi NP, e la limitazione <strong>della</strong> <strong>conoscenza</strong><br />

che questa intrattabilità implica,<br />

<strong>potrebbe</strong> essere parte dell’universo al livello<br />

più fondamentale.<br />

Cervelli meccanici<br />

Ma se l’universo stesso è soggetto ai <strong>limiti</strong><br />

computazionali imposti da P contro<br />

NP, come è possibile che i problemi NPcompleti<br />

sembrano sempre risolvibili, addirittura<br />

nei casi in cui trovare le soluzioni<br />

dovrebbe richiedere migliaia di miliardi di<br />

anni o più?<br />

Per esempio, mentre un feto umano<br />

è in gestazione nell’utero il suo cervello<br />

completa i collegamenti necessari alla sopravvivenza<br />

partendo da miliardi di singoli<br />

neuroni. Aver trovato la migliore rete<br />

di collegamenti possibile fra tutte queste<br />

cellule è un problema NP-completo che<br />

l’evoluzione sembra aver risolto. «Quando<br />

un neurone si allunga da un punto per collegarsi<br />

a un insieme di altri punti sinaptici,<br />

risolve sostanzialmente un problema di<br />

ottimizzazione di un grafo, che è un NPdifficile»,<br />

spiega il neurobiologo evolutivo<br />

Mark Changizi. Eppure il cervello in realtà<br />

non risolve il problema, trova un’approssimazione<br />

molto vicina alla soluzione. (In<br />

pratica la disposizione dei neuroni ricade<br />

entro il tre per cento di quella ottimale.) Il<br />

verme Cae norhabditis elegans ha solo 302<br />

neuroni, tuttavia non ha un diagramma di<br />

connessioni neurali perfettamente ottimizzato,<br />

nonostante miliardi di miliardi di generazioni<br />

siano state spinte dalla selezione<br />

naturale ad agire sul problema. «L’evoluzione<br />

è limitata da P contro NP», afferma<br />

Changizi. «Però funziona ugualmente, perché<br />

non sempre la vita richiede la perfezione<br />

per funzionare bene».<br />

A quanto pare non ne hanno bisogno<br />

nemmeno i computer. Il fatto che i computer<br />

di oggi possano fare anche solo qualcosa<br />

di utile – e per molto meno raggiungere<br />

le meravigliose prestazioni che diamo per<br />

scontate nelle nostre consolle per videogiochi<br />

o nei nostri smartphone – è la prova<br />

che i problemi in P includono un gran<br />

numero delle nostre necessità computazionali.<br />

Per il resto, un imperfetto algoritmo<br />

di approssimazione è spesso più che sufficiente<br />

allo scopo. In effetti questi algoritmi<br />

«più che sufficienti» possono risolvere problemi<br />

di ricerca e di confronto fra strutture<br />

immensamente complessi, molti dei quali<br />

sono tecnicamente NP-completi. Queste<br />

soluzioni non sono sempre matematicamente<br />

ottimali per tutti i casi, ma questo<br />

non significa che non siano utili.<br />

Prendiamo Google, per esempio. Secondo<br />

molti ricercatori <strong>della</strong> complessità, i<br />

problemi NP sono essenzialmente problemi<br />

di ricerca. Ma secondo il direttore <strong>della</strong> ricerca<br />

di Google, Peter Norvig, l’azienda fa<br />

ogni sforzo per evitare di doversi trovare<br />

ad affrontare problemi NP. «Per i nostri<br />

utenti la velocità conta più <strong>della</strong> perfezione»,<br />

spiega. E in effetti i ricercatori di Google<br />

ottimizzano i loro algoritmi per una<br />

categoria computazionale addirittura più<br />

veloce di quella richiesta dai problemi P<br />

(a cui ci si riferisce come «tempo lineare»),<br />

in modo che i risultati di ricerca appaiano<br />

quasi istantaneamente. E se si incontra un<br />

problema che non può essere risolto in<br />

questo modo? «O lo formuliamo in modo<br />

da renderlo più semplice, o non ce ne preoccupiamo»,<br />

dice Norvig.<br />

Questa è l’eredità, e l’ironia, del problema<br />

P contro NP. Scrivendo a Von Neumann<br />

nel 1956 Gödel pensava che il problema<br />

contenesse la promessa di un futuro<br />

pieno di macchine dal ragionamento infallibile,<br />

in grado di ripetere «il lavoro mentale<br />

di un matematico», che producessero<br />

insomma grandi verità fondamentali premendo<br />

semplicemente un bottone. Invece<br />

decenni di studio di P contro NP hanno<br />

contribuito a creare un mondo in cui abbiamo<br />

esteso la capacità di risolvere problemi<br />

delle nostre macchine, ma proprio<br />

accettandone i <strong>limiti</strong>. L’approssimazione<br />

<strong>della</strong> vita, non la perfezione <strong>della</strong> meccanica,<br />

è ciò che le automobili autonome di<br />

Google usano per poter guidare da sole<br />

nelle affollate autostrade di Los Angeles, o<br />

che il computer Watson di IBM ha sfruttato<br />

per indovinare le risposte che lo hanno<br />

portato a vincere a Jeopardy, un famoso<br />

quiz televisivo di cultura generale trasmesso<br />

negli Stati Uniti.<br />

Corsa all’oro<br />

Il 2000 è arrivato ed è passato, e Sipser<br />

ha spedito ad Adleman l’oncia d’oro. «Forse<br />

voleva che la spedissi in un cubo di<br />

poliestere trasparente, in modo da poterla<br />

esporre come un trofeo sulla sua scrivania<br />

o da qualche altra parte», dice Sipser. «Ma<br />

non l’ho fatto». Lo stesso anno il Clay Mathematics<br />

In stitute di Cambridge, in Massachusetts,<br />

ha offerto una nuova taglia a<br />

chi risolverà il problema P contro NP: un<br />

milione di dollari. Il premio ha aumentato<br />

l’attenzione sul problema, come sperato,<br />

ma ha anche attirato dilettanti e svitati:<br />

attualmente Sipser, come molti altri importanti<br />

teorici <strong>della</strong> complessità, riceve<br />

regolarmente e-mail non richieste in cui<br />

perfetti sconosciuti gli chiedono un parere<br />

su certi loro inediti tentativi di dimostrare<br />

che P non è uguale a NP, o, peggio ancora,<br />

di dimostrare l’opposto.<br />

Sebbene P contro NP rimanga irrisolto,<br />

molti ricercatori <strong>della</strong> complessità ritengono<br />

che prima o poi se ne verrà a capo. «Non<br />

mi sono mai veramente arreso», confida<br />

Sipser. E aggiunge che ogni tanto tira fuori<br />

carta e matita e torna a lavorarci. Quasi<br />

per svago, come un cane che si accanisce<br />

sull’osso preferito. P contro NP, in fondo, è<br />

un problema NP: la sola via per risolverlo è<br />

continuare a provarci. <strong>La</strong> <strong>risposta</strong> <strong>potrebbe</strong><br />

non arrivare mai. Tuttavia, nel caso in cui<br />

dovesse arrivare la riconosceremo, quando<br />

la vedremo. n<br />

per approfondire<br />

I <strong>limiti</strong> del computer quantistico. Aaronson S., in «Le<br />

Scienze» n. 477, maggio 2008 .<br />

I <strong>limiti</strong> <strong>della</strong> ragione. Chai tin G., in «Le Scienze» n.<br />

453, maggio 2006.<br />

The History and Status of the P versus NP Question.<br />

Sipser M., in «Proceedings of the Twenty-Fourth Annual<br />

ACM Symposium on Theory of Computing», pp. 603-<br />

618, 1992.<br />

The Efficiency of Algorithms. Lewis H.R. e<br />

Papadimitriou H.C., in «Scientific American», Vol. 238, n.<br />

1, pp. 96-109, gennaio 1978.<br />

www.lescienze.it Le Scienze 67

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