il libro - Amici di Angioletto
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Venanzio Gib<strong>il</strong>lini – Warum gefangen?<br />
Non so quanto siamo stati in quel riparo, forse meno <strong>di</strong> un’ora. Guardando attraverso<br />
le fessure <strong>di</strong> legno notammo che poco <strong>di</strong>stante c’era un altro capanno, che ci sembrava<br />
più sicuro. Così decidemmo <strong>di</strong> raggiungerlo, con l’intenzione <strong>di</strong> rimanere nascosti lì<br />
per tutto <strong>il</strong> giorno. Avremmo abbandonato quel nascon<strong>di</strong>glio solo dopo <strong>il</strong> tramonto,<br />
orientandoci con <strong>il</strong> rombo del cannone per capire dov’era <strong>il</strong> fronte e andare incontro<br />
agli alleati. Ci eravamo già cambiati, indossando le tute da lavoratori liberi, e così<br />
pensammo <strong>di</strong> poter raggiungere l’altro capanno, leggermente più in alto, senza destare<br />
sospetti. All’improvviso sentimmo gridare “Alt!”. Sorpresi, abbiamo visto <strong>il</strong> sergente<br />
del Lager con un’altra SS che si <strong>di</strong>rigevano verso <strong>di</strong> noi. Il nostro sogno <strong>di</strong> evasione e<br />
<strong>di</strong> libertà finì con quel brusco comando.<br />
I nostri aguzzini, ormai a pochi metri da noi, ci gridarono ancora “Alt!”, poi incerti a<br />
causa del nostro abbigliamento, ci chiesero se eravamo dei civ<strong>il</strong>i francesi.<br />
Naturalmente noi, impauriti, non abbiamo risposto alle loro domande. Il sergente in<br />
modo molto autorevole ci chiese i documenti e ci or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> toglierci <strong>il</strong> baschetto. Le<br />
teste rasate e la Strasse ci tra<strong>di</strong>vano, non potemmo in nessun modo smentire la nostra<br />
provenienza.<br />
Mi riesce <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e descrivere e anche solo riandare col pensiero a quei momenti<br />
terrib<strong>il</strong>i. Gli aguzzini cominciarono a colpirci con pugni e calci. Il sergente, armato <strong>di</strong><br />
bastone, si scagliò contro <strong>di</strong> me. Io cercavo <strong>di</strong> impietosirlo con dei lamenti, ma niente<br />
calmò la sua brutalità. Non ricordo come terminò quella bastonatura. L’amico Eugenio<br />
mi <strong>di</strong>sse che ero finito immerso in un rigagnolo, e fu lui ad aiutarmi a riemergere<br />
dall’acqua impedendomi <strong>di</strong> affogare. Eugenio, sei stato un amico molto generoso,<br />
anche in queste situazioni così <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i.<br />
Gli aguzzini vollero sapere dove avevamo nascosto le nostre <strong>di</strong>vise da galeotti; ci<br />
obbligarono a recuperarle e a indossarle ma solo in parte, in modo che fosse evidente<br />
la nostra con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fuggiaschi.<br />
Ci portarono in città e ci condussero in un magazzino <strong>di</strong> alimentari sinistrato dal<br />
recente bombardamento. Dovevamo riempire un carrettino <strong>di</strong> cibarie; quando fu pieno<br />
dovevamo spingerlo a suon <strong>di</strong> bastonate e sempre <strong>di</strong> corsa, andando ancora verso le<br />
colline. Il tormento <strong>di</strong> quella strada in salita non finiva mai, e guai a rallentare <strong>il</strong> passo,<br />
venivamo continuamente colpiti.<br />
Arrivammo finalmente davanti a una v<strong>il</strong>letta e lì ci fecero sdraiare davanti all’ingresso.<br />
Dalla casa uscì una donna che assieme alle due SS scaricò <strong>il</strong> carrettino pieno <strong>di</strong><br />
scatolette alimentari. Poi la donna e le due SS si sedettero su una panchina davanti a<br />
noi. Probab<strong>il</strong>mente per loro era arrivata l’ora <strong>di</strong> pranzo: fu così che aprirono qualche<br />
scatoletta e mangiarono, chiacchierando e ridendo tra loro.<br />
Noi cinque, sfiniti, affamati, <strong>di</strong>strutti da quella interminab<strong>il</strong>e mattinata, seduti davanti a<br />
loro, speravamo che si sarebbero degnati <strong>di</strong> darci qualche avanzo; invece <strong>il</strong> sergente<br />
preferì gettare le croste del pane alle galline che razzolavano nel giar<strong>di</strong>no. Beati quei<br />
pennuti! Noi contavamo meno delle galline.<br />
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