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Reliquie, sentimento religioso dei luoghi e identità - Museo della ...

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lo smembramento del corpo e lo smembramento <strong>della</strong> società. Si tratta di un motivo che riporta a<br />

più antiche e diffuse concezioni mitiche secondo le quali i diversi gruppi sociali nascevano dalle<br />

differenti parti del corpo divino, smembrato, nella maggior parte <strong>dei</strong> casi, nel corso di un rito<br />

sacrificale. Scrive Niola: «Se la topica del corpo possiede una referenza cosmica, sociale,<br />

territoriale è vero anche che il corpo delle reliquie addita una legge nascosta, indica una tensione<br />

verso l'unità, verso la restaurazione di una integrità del soma che si fa metafora dello spazio,<br />

emblema <strong>della</strong> polis» (Niola 1995: 76-77).<br />

Questo sostrato arcaico <strong>della</strong> concezione del corpo e delle sue parti, delle loro relazioni con lo<br />

spazio e con le comunità, non deve fare dimenticare che il culto delle reliquie <strong>dei</strong> primi martiri<br />

segna e introduce novità radicali rispetto al mondo antico. Nel culto <strong>dei</strong> santi le reliquie rinviano al<br />

corpo intero del santo, alla fiducia che esso si ricostituirà, che i suoi frammenti si uniranno,<br />

alludono alla resurrezione <strong>della</strong> carne, così come avviene per Cristo che resuscita dopo che il suo<br />

Corpo è stato martoriato. Proprio i documenti di una morte avvenuta si trasformano in segni di vita.<br />

Gli atti che sembrano "mortificare" il corpo (il disseppellimento, lo smembramento,la dissezione)<br />

ne affermano potenza e sacralità. La “violenza” come ricorda, tra gli altri, Girard (1980) è<br />

fortemente legata al "sacro". Anche pratiche e rituali violenti sul proprio corpo (si pensi ai riti di<br />

autoflagellazione) e su quello degli altri trovano la loro motivazione estrema in una concezione<br />

sacrale del corpo.<br />

L’ambivalenza del sangue nelle culture popolari e in quelle delle élite segnala come il culto <strong>dei</strong><br />

santi e delle reliquie si inserisca in preesistenti concezioni agro-pastorali, secondo le quali non<br />

esiste una cesura netta tra morte e vita e i defunti "tornano" e continuano a fare parte <strong>della</strong><br />

“metastorica famiglia contadina” (Lombardi Satriani, Meligrana 1982). I santi operano una sorta di<br />

collegamento tra vivi e defunti: diventano intermediari tra due mondi che continuano a comunicare.<br />

Nella loro fragilità, precarietà, indefinitezza, visibilità, nel loro essere verificabili al tatto ("cosa"<br />

proibita per motivi dottrinali, liturgici e anche pratici), le reliquie diventano segni e simboli di un<br />

legame tra fedeli e santi, fedeli e Dio, vivi e defunti, appartenenti allo stesso ordine <strong>religioso</strong>,<br />

monaci e loro santi. l'intera comunità locale era in grado di vivere fino in fondo un intenso<br />

momento nel quale si presentano insieme potenti immagini di potere "incontaminato" e<br />

"contaminato " (Brown 1983: 138). La potenza di resti effimeri e manipolabili consiste nel loro<br />

costituirsi come immagini e come simboli.<br />

Il culto cristiano <strong>dei</strong> martiri non può, tuttavia, essere interpretato come una mera “continuazione”<br />

del «culto pagano» degli eroi: il martire era l'amico di Dio, un «intercessore come l'eroe non aveva<br />

potuto mai essere» (Brown 1983: 13-14). La diversità <strong>dei</strong> due culti è segnalata soprattutto dalla<br />

differente concezione <strong>della</strong> morte e dell'aldilà affermata dal cristianesimo (De Martino 1975).<br />

All'interno di una concezione che assicura la resurrezione <strong>dei</strong> defunti, il culto delle reliquie rende<br />

possibile un legame tra Cielo e Terra, non più tra mondo terreno ed inferi. Se il corpo e il sangue <strong>dei</strong><br />

martiri fanno riferimento al Corpo e al Sangue di Cristo, la loro morte è riferimento a una Morte<br />

esemplare, che contempla la Resurrezione. Le reliquie, che raccontano dolore e morte, attestano un<br />

rapporto con la vita e cori Dio. Esse, pertanto, affermano la salute, proteggono dalle calamità e dal<br />

negativo quotidiano, fondano un tempo e uno spazio sacri. Esiste una stretta connessione tra<br />

reliquie, culto, luogo, organizzazione dello spazio, percezione del corpo, concezione <strong>della</strong> salute,<br />

ricerca di protezione, <strong>identità</strong> delle popolazioni. necessario evitare, tuttavia, qualsiasi tipo di<br />

generalizzazione: ogni culto va legato ai diversi periodi storici e al vari contesti locali. Un conto<br />

sono le posizioni liturgiche, dottrinali, teologiche, che quasi sempre interessano le élite religiose, gli<br />

appartenenti ad alcuni ordini monastici, che mantengono il culto delle reliquie del santo fondatore<br />

dell'ordine o a cui s'ispirano, un altro le concezioni e le pratiche <strong>della</strong> pietà popolare, che entrano in<br />

contatto sia con precedenti forme religiose sia con la dottrina ecclesiastica, e che pure nella loro<br />

somiglianza, assumono contorni, aspetti, valenze diversi nel tempo e nello spazio. Per i certosini e<br />

altri ordini monastici (come ci ricorda lo scritto del certosino presente in questo volume), le reliquie<br />

costituiscono una via per ricordare i padri e i fratelli che li hanno preceduti e accompagnati, una<br />

forma di comunione con essi, una manifestazione di gratitudine e di affetto. Si tratta di una maniera

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