FRAMMENTI PER UN DISCORSO POLITICO Dalla politica della paura alla paura della politica VITTORIO EMANUELE PARSI “… La politica per noi italiani ha smesso di essere la risorsa cui affidare la risposta alle nostre paure riguardo al futuro e si palesa invece come qualcosa che fa paura per le esperienze passate a lei riconducib<strong>il</strong>i”. Esiste una lunga consolidata e rispettab<strong>il</strong>e tradizione di matrice hobbesiana che connette in maniera esplicita e diretta la politica alla paura. Lo scopo principale dell’azione politica propriamente detta sarebbe infatti quella di prendersi in carico la paura che l’uomo prova di fronte all’incertezza e all’insicurezza. La prima essendo legata al rischio che ogni progetto umano, ogni singola azione in verità, possa naufragare in riferimento alla collaborazione degli altri, necessaria persino a compiere la più solitaria delle attività (astenendosi dall’interferire); la seconda essendo riconducib<strong>il</strong>e alla prospettiva che gli altri, da soci, amici o semplici astanti si possano trasformare in nemici implacab<strong>il</strong>i, pronti a invadere la nostra sfera personale ricorrendo alla violenza: prospettiva tutt’altro che aleatoria, occorre sottolineare, e anzi semmai corroborata da qualche decina di secoli di esperienze documentate. Come è agevolmente riscontrab<strong>il</strong>e, ambedue queste incognite – incertezza e insicurezza – manifestano la loro massima aleatorietà a mano a mano che <strong>il</strong> nostro orizzonte temporale si sposta a includere porzioni crescenti di futu- ro. Il viandante che deve muovere lungo una strada diritta e conosciuta, e magari anche breve, può ben ritenere di non dover temere la situazione che andrà a determinarsi nel futuro immediato, magari nella fondata speranza di poterla controllare. Ma chi dovesse intraprendere un viaggio appena più lungo, verso destinazioni e approdi che nemmeno immagina, nella sola certezza dell’incognito, diffic<strong>il</strong>mente potrà coltivare una sim<strong>il</strong>e <strong>il</strong>lusione. Proverà piuttosto ansia se non paura vera e propria, cioè sentimenti, come ci insegnano gli antropologi (e anche qualche bravo storico napoletano), fondamentali per <strong>il</strong> nostro agire su questa terra, oltre che più prosaicamente per sopravvivere. Faceva dire a Clint Eastwood in un suo memorab<strong>il</strong>e f<strong>il</strong>m (Per un pugno di dollari) Sergio Leone: “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fuc<strong>il</strong>e, quello con la pistola è un uomo morto”. Ovvero, l’uomo che non provava paura si è estinto – probab<strong>il</strong>mente senza fare neppure in tempo a riprodursi – alla prima generazione. Non sorprende quindi che migliaia di generazioni di uomini “pavidi” che si sono succeduti sulla superficie della graziosa sfera verd’azzurra abbiano trovato del tutto ragionevole sottoscrivere <strong>il</strong> patto hobbesiano, cioè rinunciare alla propria sovranità individuale per conferirla collettivamente al Leviathan. È vero: nell’elegante ricostruzione di Hobbes <strong>il</strong> passaggio avviene in due tempi, prima con la creazione della società (attraverso <strong>il</strong> patto sociale), poi con la sottomissione volontaria allo Stato (attraverso <strong>il</strong> patto di soggezione). Nell’inter- DALLA POLITICA DELLA PAURA ALLA PAURA DELLA POLITICA vallo scandito da colui che è ritenuto uno dei massimi teorici dell’assolutismo, in effetti, contrattualisti e liberali si inseriranno per poter successivamente costruire le teorie a sostegno della libertà politica. Ma ai fini del nostro ragionamento quel che più conta è sottolineare un altro, differente aspetto: che coloro i quali si sono ritrovati a dar concreta vita al Leviatano, hanno immediatamente capitalizzato i sentimenti originari e hanno su questa base costruito nei fatti ciò che meglio riuscivano ad approssimare alla teoria del comando politico assoluto descritto dal f<strong>il</strong>osofo inglese. Anche nelle evoluzioni costituzionali successive, liberali prima e democratiche poi, <strong>il</strong> potere politico riterrà lecito e legittimo estrarre dalla società le risorse materiali e immateriali, economiche e di lealtà, prodotte nella sfera economico-sociale. E gli uomini riuniti in società considereranno specularmente legittima e lecita questa pretesa, almeno fintantoché essi valuteranno le azioni della Res Publica o del Principe un valido strumento per la riduzione dell’incertezza e dell’insicurezza con la relativa paura che esse generano. Faceva dire a Clint Eastwood in un suo memorab<strong>il</strong>e f<strong>il</strong>m (Per un pugno di dollari) Sergio Leone: “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fuc<strong>il</strong>e, quello con la pistola è un uomo morto”. ovvero, l’uomo che non provava paura si è estinto – probab<strong>il</strong>mente senza fare neppure in tempo a riprodursi – alla prima generazione. IDEM | 5