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«Pudore» – Call for papers<br />
doni panneggiati sui corpi nudi delle statue, o dipinti sui corpi nudi nei grandi affre-<br />
schi. Perché anche il pudore ha le sue storie, che nella Storia si srotolano per via di pro-<br />
gressi, regressi, accelerazioni, ironie e restauri. Su su, fino al geniale sussulto vittoriano<br />
per cui anche le gambe di tavoli e sedie devono essere coperte o nascoste: per<br />
l’involontaria ma eccellente verifica contrastiva di quella che Lausberg ha chiamato ‘a-<br />
bitualizzazione’ del tropo.<br />
4. Il critico spudorato<br />
Il corpo, dunque, è il primo luogo del desiderio. Ma nel libro della Genesi, al deside-<br />
rio, si associa anche l’intelligenza: l’intus-legere in quanto primo passo verso la cono-<br />
scenza (che cosa fa, poi, la critica letteraria, se non intus-legere i testi? O almeno,<br />
cos’altro dovrebbe fare? Non sarà che il critico, prima di tutto, appartiene al tipo dello<br />
spudorato?). Il che ci porta a riflettere sul fatto che il pudore non è forse una reazione<br />
dinanzi a qualche cosa, o alle cose sensibili; ma invece un pensiero che si colloca a livel-<br />
lo dell’intellegibile: del fatto che qualunque cosa (<strong>da</strong>s Ding, per Heidegger e per il<br />
Freud di Lacan) molto prima di essere nei sensi, è nella mente.<br />
E se il nostro Anatole France e l’anonimo scrittore della Genesi fossero per questo<br />
pensatori un po’ più smaliziati di quegli psicoanalisti che, oggi, si preoccupano per noi?<br />
E se l’accesso immediato a oggetti del desiderio perfettamente intercambiabili, e privati<br />
di ogni valore intrinseco, non fosse tanto il segno di una progressiva alienazione<br />
dell’individuo e della collettività, ma invece il procedimento stan<strong>da</strong>rd di ogni desiderio,<br />
e insieme il più tradizionale modello di ‘regimentazione’ di una collettività? E se la no-<br />
stra epoca fosse, contrariamente a quello che sembra, una di quelle spudoratamente<br />
pudiche?<br />
5. Il pudore della forma<br />
In letteratura, il pudore può essere due cose. Può essere un tema: l’oggetto di di-<br />
scorso diretto o indiretto, la cosa messa in scena nelle parole di un Io lirico, nei ragio-<br />
namenti della trattatistica e della poesia di<strong>da</strong>scalica o nelle peripezie di un personaggio<br />
di novella, di romanzo, di tragedia o di commedia; può essere, dunque, il punto focale<br />
di un discorso che ne tematizza i confini o le tracce. Ma può essere anche qualcos’altro,<br />
qualcosa di più affine, forse, a quel sentimento inseparabile <strong>da</strong>lla letteratura che Leo-<br />
pardi segna con il dito.<br />
Occorre chiedersi, allora: esiste una sorta di ‘pudore della forma’ in quanto princi-<br />
pio di produzione del testo? Esiste un moto di rifiuto del testo, nei confronti della ‘lette-<br />
ratura’, che si incorpora al testo stesso per mezzo di quel rapporto conflittuale che esso<br />
stabilisce con la costellazione dei generi letterari, dei codici della letterarietà e della<br />
tradizione (quante fonti dissimulate nel canone occidentale, quanti contenziosi segre-<br />
tamente aperti nelle astuzie dell’arte allusiva, quanto cicaleccio dei libri tra di loro)?<br />
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