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Castello di Lerici

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IL MUSEO<br />

E IL CASTELLO<br />

DI LERICI<br />

1


IL MUSEO<br />

E IL CASTELLO<br />

DI LERICI<br />

Guida<br />

a cura <strong>di</strong><br />

Marco Greco<br />

Clau<strong>di</strong>o Rissicini<br />

Realizzata durante il corso per addetti al sistema museale<br />

SP09CULTURA E01-400 svoltosi presso la Scuola Nazionale<br />

dei Trasporti e Logistica <strong>di</strong> La Spezia<br />

Partecipanti: Alessandra Paoli, Chiara Navacchi, Maria Luisa Aru,<br />

Rosanna Lamanna, Simonetta Scordamaglia<br />

Consorzio<br />

<strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> Comune <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> Provincia della Spezia


“Perché un Museo <strong>di</strong> Dinosauri in una fortezza me<strong>di</strong>evale?”<br />

Questa è una domanda che spesso ci sentiamo fare.<br />

(In realtà più dai residenti che dai turisti!)<br />

La risposta è semplice: fu una serie <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>narie coincidenze:<br />

1 - Il do<strong>di</strong>cenne Ilario Sirigu scopre nel territorio <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> le eccezionali<br />

impronte fossili <strong>di</strong> animali <strong>di</strong> 220 milioni <strong>di</strong> anni fa (le più antiche del<br />

mondo a quell’epoca).<br />

2 - In tempi brevi le università <strong>di</strong> Pisa e Roma avvallano la straor<strong>di</strong>naria<br />

scoperta scientifi ca e la stampa e le TV ne danno ampio risalto.<br />

3 - La Regione Liguria emette un bando con fon<strong>di</strong> europei per il restauro <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>fi ci storici da recuperare ad uso turistico-culturale.<br />

4 - In quel periodo il <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> è ridotto assai male e sotto utilizzato.<br />

5 - L’Assessore alle Politiche comunitarie della Provincia collega le due cose. Il<br />

Sindaco del Comune <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> ed il Presidente della Provincia della Spezia<br />

credono nel progetto.<br />

6 - I lavori procedono senza intoppi, solo 2 anni dopo il castello è completamente<br />

restaurato ed il Museo viene inaugurato nel settembre del 1998! Quin<strong>di</strong>; se<br />

oggi il <strong>Castello</strong> non è più solo uno sfondo per cartoline ma vive ed accoglie<br />

35.000 visitatori all’anno è grazie all’acume paleontologico <strong>di</strong> un ragazzino,<br />

all’intuizione <strong>di</strong> un lungimirante Assessore ma, soprattutto, ai DINOSAURI!<br />

In questi anni sono state fatte tante cose, veramente tante. Innumerevoli<br />

interventi strutturali, le eccezionali spe<strong>di</strong>zioni paleontologiche internazionali,<br />

quasi due iniziative culturali al mese: esposizioni, convegni, presentazioni<br />

<strong>di</strong> libri, musica, teatro… ed altre eterogenee iniziative. Alcuni progetti sono<br />

tuttora in essere ed ulteriori, anche importanti, in prospettiva.<br />

E tutto ciò tra mille <strong>di</strong>ffi coltà, ma con gioia. Perché questo castello nel centro<br />

del Golfo dei Poeti è magico. Tutto quello che è stato fatto e si fa in questa<br />

fortezza è frutto <strong>di</strong> tenacia e passione. Questa guida che state leggendo ne<br />

è un esempio; è il risultato dell’impegno volontario <strong>di</strong> tante belle persone,<br />

tutte mosse da qualcosa che soggioga irrime<strong>di</strong>abilmente chi frequenta questo<br />

straor<strong>di</strong>nario <strong>Castello</strong> e che obbliga a non poter fare a meno <strong>di</strong> “volergli bene”.<br />

Beppe Mecconi<br />

Presidente del Consorzio <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong><br />

5


LERICI TRA XII E XIII SECOLO: PORTO FRANCO E CENTRO DI PACE<br />

In virtù della conformazione<br />

della baia, naturalmente protetta<br />

dalle mareggiate <strong>di</strong> Libeccio<br />

e <strong>di</strong> Scirocco e grazie<br />

alla vicinanza delle vie <strong>di</strong> commercio<br />

dell’entroterra verso la<br />

Magra, Sarzana e l’importante<br />

arteria della Via Francigena,<br />

<strong>Lerici</strong> sviluppò una funzione <strong>di</strong><br />

importante scalo marittimo e<br />

commerciale. L’approdo sicuro<br />

sulla costa orientale del Golfo<br />

<strong>di</strong>venne luogo d’incontro<br />

tra Genova e Lucca. Una delle<br />

più importanti convenzioni<br />

commerciali fu quella del sale.<br />

Genova si impegnava a consegnare<br />

ai lucchesi, nel porto<br />

da loro scelto, <strong>di</strong> volta in volta,<br />

tutto il sale che occorreva loro.<br />

La merce costava 15 sol<strong>di</strong> lucchesi<br />

per ogni moggio <strong>di</strong> Porto<br />

Venere. Nel caso in cui i pisani<br />

avessero ostacolato o impe<strong>di</strong>to<br />

questo commercio, il sale sarebbe<br />

stato consegnato nella<br />

sicura e impren<strong>di</strong>bile roccaforte <strong>di</strong> Porto Venere al prezzo ridotto <strong>di</strong> 12 sol<strong>di</strong> al<br />

moggio. Genova e Lucca si incontrarono, sempre a <strong>Lerici</strong>, per stipulare un vero<br />

e proprio trattato d’alleanza nel 1166. Questo patto, stretto per combattere<br />

Pisa venne fi rmato il 7 ottobre nella Chiesa <strong>di</strong> San Giorgio, che sorgeva presso<br />

il porto <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>. Sempre per la sua strategica collocazione geografi ca e anche<br />

per l’assenza <strong>di</strong> fortifi cazioni, a cavallo tra il XII e il XIII secolo, <strong>Lerici</strong> fu un luogo<br />

deputato a trattative <strong>di</strong> pace per porre fi ne alla guerra fra le due acerrime<br />

nemiche, Genova e Pisa. In questa fase convennero nella baia i più eminenti<br />

esponenti della politica genovese e pisana della vita religiosa e militare del tempo.<br />

Nella <strong>di</strong>ffi cile opera <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione per la contesa del <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> Bonifacio,<br />

nel 1196 giunse a <strong>Lerici</strong> il Car<strong>di</strong>nale Pandolfo Mosca, espressamente inviato da<br />

Papa Celestino III. Scarsi risultati ebbe anche l’incontro del 1202 tra il Podestà<br />

6<br />

Carta <strong>di</strong> Matteo Vinzoni del 1770, dal libro“Il dominio della<br />

Serenissima Repubblica <strong>di</strong> Genova e in Terraferma”


<strong>di</strong> Genova Guifredotto Grossello e il Podestà <strong>di</strong> Pisa Girardo Visconti. Tra il 1208<br />

e il 1209 ci furono lunghe trattative <strong>di</strong> pace per iniziativa degli abati <strong>di</strong> Tiglieto<br />

e <strong>di</strong> San Galgano. Il 26 aprile 1209 alla presenza <strong>di</strong> Gualtiero, Vescovo <strong>di</strong> Luni,<br />

dell’ Arcivescovo <strong>di</strong> Genova Ottone, dell’Arcivescovo <strong>di</strong> Pisa Luterio, del Podestà<br />

<strong>di</strong> Pisa e <strong>di</strong> vari Consoli provenienti da Genova, pisani e genovesi fi rmarono un<br />

solenne atto <strong>di</strong> pace. <strong>Lerici</strong> vide una raccolta considerevole <strong>di</strong> alte personalità e<br />

manifestò concretamente la sua vocazione come centro <strong>di</strong> pace, come luogo <strong>di</strong><br />

possibile convivenza serena tra i popoli. In questa età bellicosa e travagliata, la<br />

pace ebbe però breve durata. A <strong>Lerici</strong> venne stipulato anche lo storico trattato<br />

<strong>di</strong> pace del 1217 promosso da Papa Onorio III. In quell’occasione giunse a <strong>Lerici</strong><br />

il Legato Pontifi cio Car<strong>di</strong>nale Ugolino Vescovo <strong>di</strong> Ostia, che sarebbe <strong>di</strong>ventato<br />

Papa Gregorio IX, il quale ricevette il solenne giuramento dei pisani a non violare<br />

la pace stretta con i genovesi. Questa volta fu una tregua duratura se si pensa<br />

al contesto e al periodo storico, poiché perdurò sino al 1241.<br />

7


STORIA DEL CASTELLO<br />

Le origini del castello sono tuttora oggetto d’indagine e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione storica.<br />

Purtroppo non <strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong> un corpus <strong>di</strong> fonti abbastanza grande e soprattutto<br />

riferibile alle prime e più antiche fasi. Il primo documento del 1152 è stipulato<br />

a Porto Venere. Qui venne fi rmato l’atto con il quale Giulenzio, Buttafara e<br />

Girardo per Arcola e Guido, Bellengerio, Alberdo Girardo ed Enrico per Vezzano<br />

cedevano <strong>Lerici</strong> per 29 e 10 lire a Lucca.<br />

Nel documento stipulato non si fa riferimento ad un vero e proprio castello<br />

bensì ad una torre a presi<strong>di</strong>o del luogo <strong>di</strong> possibile committenza obertenga.<br />

Verosimilmente tramite accor<strong>di</strong> politici con i lucchesi, la potente famiglia dei<br />

Malaspina venne in possesso <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>, ma non poté fare a meno <strong>di</strong> scontrarsi<br />

con le mire espansionistiche della Repubblica <strong>di</strong> Genova.<br />

Quest’ultima era già in possesso <strong>di</strong> Porto Venere e intendeva espandere il proprio<br />

dominio fi no a Capo Corvo ultimo baluardo dell’estremo levante ligure. I<br />

Malaspina furono sconfi tti nel 1174 a Monleone e furono costretti a sottoscrivere<br />

un patto con il quale erano obbligati a radere al suolo tre castelli siti in<br />

luoghi nevralgici del territorio malaspiniano con il <strong>di</strong>vieto assoluto <strong>di</strong> rie<strong>di</strong>fi care<br />

in quella zona. Una <strong>di</strong> queste fortifi cazioni era proprio quella posta sul po<strong>di</strong>um<br />

<strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>.<br />

8<br />

Matthaus Merian “Il Vecchio”, 1640 circa, incisione in rame


Ma gli eventi storici e le continue<br />

lotte fra Genova e Pisa si rifl etterono<br />

anche sulle sorti dell’inse<strong>di</strong>amento<br />

e su quello che era rimasto<br />

del castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>. Il famoso<br />

scontro navale dell’Isola del Giglio<br />

del 1241 vide la vittoria <strong>di</strong> Pisa sulla<br />

fl otta genovese. I pisani occuparono<br />

l’approdo <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> quasi sicuramente<br />

senza incontrare alcuna resistenza<br />

e non contenti tentarono<br />

“Ericis Portus”, Van Der AA Peter, 1715 - Incisione su rame<br />

<strong>di</strong> attaccare anche Porto Venere,<br />

ma vennero respinti da quello che era rimasto l’ultimo presi<strong>di</strong>o dei genovesi.<br />

Decisero così <strong>di</strong> riorganizzare e fortifi care il borgo erigendo mura a <strong>di</strong>fesa dello<br />

stesso. In questa fase il castello vide il suo primo vero ampliamento. Il corpo <strong>di</strong><br />

fabbrica e<strong>di</strong>fi cato dai pisani doveva comprendere la torre e un complesso subrettangolare<br />

oggi riferibile alle celle e alla cappella <strong>di</strong> Santa Anastasia. Probabilmente<br />

il muro esterno del salone a<strong>di</strong>acente doveva già esistere e <strong>di</strong>fendeva un<br />

cortile a<strong>di</strong>acente alle 4 celle e alla cappella. Alcune feritoie sono ancora oggi<br />

visibili e sono riferibili come tipologia a quelle per il getto con arco.<br />

Oggi non avrebbero alcun signifi cato perché sono rivolte verso l’attuale cortile,<br />

ma si pensi che quest’ultimo non esisteva e al suo posto doveva trovarsi la<br />

via <strong>di</strong> accesso al castello. Le volte in laterizi che coprono il salone oggi sono<br />

<strong>Lerici</strong> visto dalla spiaggia <strong>di</strong> San Terenzo, Nikolaj Nikolaevič Ge, 1867<br />

9


sicuramente <strong>di</strong> epoca posteriore. Quin<strong>di</strong> si può attribuire ai pisani la prima organizzazione<br />

urbanistica del borgo a dominio del quale si ergeva il castello.<br />

Quest’ultimo doveva apparire completamente <strong>di</strong>verso per <strong>di</strong>mensioni e forma<br />

da quello o<strong>di</strong>erno e con caratteristiche architettoniche proprie delle fortifi cazioni<br />

della metà del duecento. I pisani furono sconfi tti dai fi orentini nella battaglia<br />

<strong>di</strong> Pontedera del 1252 e imposero come con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> pace la consegna <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong><br />

ai genovesi. Le trattative <strong>di</strong>plomatiche successive <strong>di</strong>mostrarono quanto i pisani<br />

tenessero a <strong>Lerici</strong> e al controllo dell’avanzata genovese nell’alto Tirreno. Infatti,<br />

il frate inviato a Genova per trattare arrivò a <strong>di</strong>re che i pisani avrebbero più volentieri<br />

dato in cambio “kinzica” corrispondente alla Guinea, cioè ad una parte<br />

<strong>di</strong> Pisa stessa! Il possesso pisano non durò a lungo in quanto nel 1256 Pisa fu<br />

sconfi tta ad opera <strong>di</strong> Genova coalizzata con Firenze e Lucca che impose subito<br />

la restituzione del castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>.<br />

Il castello fu ampliato e rinforzato come ricorda l’epigrafe scolpita sull’architrave<br />

della cappella castrense <strong>di</strong> Santa Anastasia. <strong>Lerici</strong> fu avamposto dominato<br />

dalla Superba e subì tutti i contraccolpi che caratterizzarono la vita della stessa<br />

derivati dalle lotte politiche, dai malgoverni e dalle continue guerre. Si trovò<br />

coinvolta nelle accese lotte tra guelfi e ghibellini sebbene sia rimasta quasi<br />

Immagine dei primi del ‘900<br />

10


sempre in mano <strong>di</strong> questi ultimi. Nel<br />

1320 e nel 1326 fu data alle fi amme<br />

dai guelfi . Il borgo fu totalmente<br />

devastato, ma gli assalitori dovettero<br />

arrendersi contro le impren<strong>di</strong>bili mura<br />

del castello che resistette ad ogni assalto.<br />

La vita del borgo e del castello<br />

venne caratterizzata da una lunga<br />

serie <strong>di</strong> turbinosi e sanguinosi episo<strong>di</strong><br />

militari e politici. Le notizie sono spesso<br />

frammentate e limitate ai gran<strong>di</strong> Cappella <strong>di</strong> S. Anastasia, lunetta del portale<br />

eventi o ai gran<strong>di</strong> personaggi che<br />

comunque furono i protagonisti in<strong>di</strong>scussi della storia del castello. Per ovvie<br />

ragioni ne riportiamo solo alcuni, riferibili al basso Me<strong>di</strong>oevo per dare una<br />

continuità cronologica alle notizie riportate sopra. Simone Boccanegra riscattò<br />

il castello nel 1340 <strong>di</strong>etro pagamento <strong>di</strong> 5000 lire genovesi. Nel 1348 fu dato<br />

in pegno al capitano <strong>di</strong> ventura Fra Monreale. Successivamente i Visconti lo<br />

<strong>di</strong>fesero strenuamente dagli assalti <strong>di</strong> riconquista <strong>di</strong> Boccanegra. Proprio in<br />

questo periodo incominciò per il castello la funzione <strong>di</strong> prigione, <strong>di</strong> luogo <strong>di</strong><br />

relegazione per tutti i nemici e oppositori. Poi venne la lotta del dominio francese<br />

(1396-1491) durante la quale <strong>Lerici</strong> ebbe un presi<strong>di</strong>o regio. Ma l’ennesimo<br />

episo<strong>di</strong>o che scatenò l’ira dei genovesi fu la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> da parte dei<br />

francesi che la cedettero ai fi orentini.<br />

Quin<strong>di</strong> ne seguì un’altra guerra molto dura e accesa mossa da Genova per<br />

recuperare i suoi territori e le fortezze. Il castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> resistette, come<br />

sempre anche a questo asse<strong>di</strong>o, fi nché gli assalitori riuscirono a conquistarlo<br />

soltanto ed esclusivamente per il tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fensore. Una volta tornata<br />

in possesso <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> e del suo castello, Genova esonerò dal pagamento<br />

<strong>di</strong> ogni tassa per 10 anni gli abitanti del paese, ormai fi accati dalle continue<br />

lotte e restituì una breve parentesi <strong>di</strong> pace che fece ripartire lentamente il<br />

commercio. Ma nel 1426 vi fu un nuovo e profondo cambiamento: <strong>Lerici</strong> e<br />

Porto Venere furono consegnate al re Alfonso d’Aragona che mise a presi<strong>di</strong>o<br />

del castello una nutrita e forte guarnigione. Inevitabili furono le lotte e i contrasti<br />

che ne seguirono. Ma a questo punto la popolazione <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>, stanca ed<br />

esasperata dalle lunghe sopraffazioni <strong>di</strong>venne <strong>di</strong>retta protagonista della sua<br />

storia, come forse non fu mai prima <strong>di</strong> allora: il 27 ottobre 1437 mosse una<br />

violenta insurrezione che riuscì a sconfi ggere e a sgominare gli spagnoli! Dal<br />

1479 <strong>Lerici</strong> ed il suo castello ebbero il periodo più lungo <strong>di</strong> pace e benessere<br />

sotto il dominio del Magnifi co Offi cio <strong>di</strong> S. Giorgio.<br />

11


Panorama del Golfo dei Poeti<br />

Nel 1555, come documentato da due epigrafi all’ingresso attuale del castello e<br />

quando ormai è <strong>di</strong>ffuso l’uso delle armi da fuoco, l’originaria fortezza me<strong>di</strong>evale<br />

viene ulteriormente ingran<strong>di</strong>ta elevando le strutture e rafforzando le mura<br />

perimetrali, che in alcuni punti raggiungono lo spessore <strong>di</strong> oltre sei metri.<br />

Osservando le strutture del castello risulta evidente come esse siano la testimonianza<br />

dell’alternanza <strong>di</strong> dominazioni succedutesi nel corso dei secoli e pertanto<br />

non risulta <strong>di</strong> facile lettura l’insieme del complesso architettonico; tuttavia<br />

le fasi più importanti dell’e<strong>di</strong>fi cazione del castello possono essere ridotte a tre.<br />

La prima fase più antica riguarda il periodo della dominazione pisana in cui la<br />

consistenza architettonica del castello doveva comprendere la torre primitiva,<br />

il corpo rettangolare del piano interme<strong>di</strong>o sud<strong>di</strong>viso in quattro piccole celle e<br />

la cappella <strong>di</strong> Santa Anastasia; risale al periodo pisano anche la cinta muraria<br />

esterna al salone a<strong>di</strong>acente, la cui volta è sicuramente <strong>di</strong> epoca posteriore.<br />

La seconda fase inizia con la riconquista genovese del 1256. Sotto il dominio<br />

<strong>di</strong> Genova viene rafforzata la torre realizzando una struttura che ingloba la primitiva<br />

torre pisana, vengono e<strong>di</strong>fi cate le mura che cingono l’attuale cortile lato<br />

nord- ovest e viene completata la cappella castrense <strong>di</strong> Santa Anastasia con il<br />

vestibolo che la precede.<br />

La terza fase, che inizia nell’anno 1555, porta a compimento l’insieme delle<br />

opere <strong>di</strong> fortifi cazione ed il castello assume l’attuale conformazione monumentale<br />

consolidando la propria importanza strategica al confi ne orientale ligure.<br />

12


DESCRIZIONE DEL COMPLESSO<br />

ARCHITETTONICO E DEL RESTAURO<br />

Il castello si erge in posizione dominante sulla sommità<br />

del promontorio roccioso che chiude a sud sulla<br />

baia <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>, ha una pianta irregolare <strong>di</strong> forma poligonale<br />

ed è munito esternamente <strong>di</strong> una cortina <strong>di</strong><br />

mura veramente imponente dominata ad est dalla<br />

mole massiccia della torre pentagonale.<br />

Nel corso del 1997 su progetto degli architetti Roberto<br />

Venturini e Clau<strong>di</strong>o Tognoni, grazie al fi nanziamento<br />

approvato dalla Regione Liguria e messo a<br />

<strong>di</strong>sposizione dalla CEE, è stato realizzato il progetto<br />

<strong>di</strong> restauro, risanamento, adeguamento funzionale<br />

dei locali e delle strutture del castello per destinarlo a<br />

Museo Geopaleontologico. L’intervento, che ha portato al recupero quasi completo<br />

dei locali e delle strutture del castello, è stato realizzato in un solo anno<br />

grazie all’impegno dei progettisti e dell’impresa che ha realizzato i lavori ed<br />

alla <strong>di</strong>sponibilità e collaborazione della Soprintendenza per i Beni Ambientali e<br />

Architettonici della Liguria. Nel portale d’ingresso del lato ovest, sono ancora visibili<br />

le scanalature per lo scorrimento<br />

dei congegni del ponte levatoio sostituito<br />

in epoca passata da una rampa<br />

che si sviluppa parallela allo sperone<br />

occidentale. Il restauro ha riguardato i<br />

prospetti dell’ingresso con asportazione<br />

della vegetazione infestante, pulitura<br />

e chiusura brecce nel paramento<br />

in pietra. Il vano d’ingresso immette<br />

<strong>di</strong>rettamente, attraverso due portali in<br />

pietra ben conservati con intradosso<br />

ad arco a sesto acuto, in un ampio cortile<br />

chiuso. Il lato nord è delimitato da<br />

una cortina <strong>di</strong> mura in cui sono visibili<br />

in alto una serie <strong>di</strong> arcate che formano<br />

un ballatoio e fi nestre cieche a feritoia<br />

usate probabilmente per il lancio con<br />

le balestre e tamponate in seguito<br />

Ingresso e bookshop<br />

Portale d’accesso<br />

all’ispessimento della muratura esterna<br />

compiuto a partire dal XVI sec.<br />

13


Il castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> alla fi ne dell’800<br />

Il restauro dei prospetti del cortile ed il rifacimento del fondo, in parte pavimentato<br />

e per la maggior parte coperto da uno strato <strong>di</strong> ghiaino, oggi consente ai<br />

visitatori un ulteriore percorso museale. In fondo al lato ovest del cortile i lavori<br />

<strong>di</strong> restauro hanno reso possibile il recupero dei locali che erano abbandonati ed<br />

inaccessibili; infatti tramite una scala esterna in pietra e attraverso un’ampia arcata<br />

a tutto sesto che era ostruita da un terrapieno, si può accedere a due locali<br />

al piano terra. Con un’agevole scala a chiocciola si sale al locale superiore ricavato<br />

rifacendo il solaio con una struttura in legno <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionale. Ritornando<br />

al vano d’ingresso e salendo una rampa <strong>di</strong> scale si arriva al primo piano dove<br />

sono situati i vani <strong>di</strong> maggior prestigio storico-architettonico. Infatti, <strong>di</strong> fronte<br />

alla scala si accede, attraverso un vestibolo e un portale fi nemente decorati, alla<br />

cappella <strong>di</strong> Santa Anastasia in cui sono ben conservate le volte a crociera e la tipica<br />

decorazione a bicromia in pietra nera e marmo bianco stile pisano-genovese<br />

del XIII sec. Nella parte sinistra, rispetto alla scala, si apre un salone caratterizzato<br />

da ampie e massicce volte a vela in mattoni e collegato con quattro piccole<br />

celle. Nella parte destra vi è un vano a sviluppo longitu<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> forma irregolare<br />

sormontato da un’altra volta a botte con annessi altri due vani. Nel corso dei<br />

lavori <strong>di</strong> restauro, nello sperone occidentale è stato riportato alla luce un antico<br />

14


forno con volta a cupola in mattoni; questo forno, che veniva quasi sicuramente<br />

utilizzato per cuocere i cibi della guarnigione, è citato negli annali del<br />

castello del XVI sec. Al piano secondo si trova una sala che era destinata, fi no a<br />

qualche decina <strong>di</strong> anni fa, a dormitorio dell’ostello della gioventù. L’intervento<br />

<strong>di</strong> restauro, demolendo la recente copertura piana e realizzando una copertura<br />

a falde con struttura in legno, ha riportato questa parte del castello alle caratteristiche<br />

originarie testimoniate dal rilievo settecentesco del cartografo Matteo<br />

Vinzoni. Proseguendo per le scale si arriva, attraverso due uscite <strong>di</strong> cui una a<br />

“barbacane”, all’ampia terrazza dove è stato realizzato un lastricato formato<br />

da pietre d’arenaria in forma squadrata messe in opera secondo la <strong>di</strong>sposizione<br />

dell’originaria pavimentazione. Nella parte est è situato un corpo <strong>di</strong> fabbrica <strong>di</strong><br />

due piani unito sul lato sud alla torre; questa parte del castello era anticamente<br />

destinata all’abitazione del comandante della guarnigione ed è formata da<br />

quattro vani <strong>di</strong> cui due alla quota della terrazza e due al piano superiore, coperti<br />

da volte ribassate e collegati da una rampa <strong>di</strong> scale centrale. La torre <strong>di</strong> forma<br />

pentagonale si eleva in tutta la sua imponenza sul lato sud-est del castello,<br />

la parte più alta è decorata con beccatelli e fasce in bicromia <strong>di</strong> stile pisano-genovese;<br />

all’interno è visibile l’intercape<strong>di</strong>ne compresa tra la primitiva<br />

15


torre pisana del XIII<br />

sec. e quella esterna<br />

genovese che la riveste.<br />

I lavori <strong>di</strong> restauro<br />

hanno reso accessibile<br />

un’antica scala <strong>di</strong> collegamento<br />

tra il salone<br />

del primo piano ed il<br />

bastione sud-est. Gli<br />

interventi <strong>di</strong> restauro<br />

hanno portato ad una<br />

riqualifi cazione architettonica dell’intero complesso monumentale con il recupero<br />

funzionale degli ambienti interni ed esterni. Oggi sede del museo geopaleontologico,<br />

il castello riacquista la propria importanza territoriale non solo come segno del<br />

passato, ma anche quale contenitore culturale del nostro tempo.<br />

Il castello visto dal mare<br />

16


ALCUNE FASI EVOLUTIVE E L’ESPANSIONE DEL CASTELLO<br />

Il <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> come lo si vede oggi è il risultato <strong>di</strong> secoli <strong>di</strong> interventi, aggiunte,<br />

cambi <strong>di</strong> destinazione d’uso dei corpi <strong>di</strong> fabbrica e delle stanze interne.<br />

Ad oggi risulta <strong>di</strong>ffi cile defi nire la fi sionomia dell’e<strong>di</strong>fi cio nei vari secoli dopo la<br />

sua e<strong>di</strong>fi cazione, ma possiamo <strong>di</strong>stinguere elementi architettonici caratteristici<br />

dell’e<strong>di</strong>lizia me<strong>di</strong>evale.<br />

La torre ed altri elementi caratteristici<br />

Anche la torre o<strong>di</strong>erna è il risultato <strong>di</strong> integrazioni ed innalzamenti, ma per le sue<br />

caratteristiche precipue, risulta e<strong>di</strong>fi cata durante le prime fasi, cioè nella prima<br />

metà del 1200. La forma geometrica è pentagonale, caratteristica dell’architettura<br />

militare del periodo federiciano e legata anche alla simbologia del numero<br />

5 associato da sempre all’uomo (uomo vitruviano). Si osservi come l’angolo più<br />

acuto della costruzione fosse rivolto verso il borgo <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> e verso la zona <strong>di</strong><br />

La torre del castello, si noti la <strong>di</strong>versa colorazione dovuta a due <strong>di</strong>stinte fasi <strong>di</strong> costruzione<br />

17


più facile accesso. Questo per ovvie ragioni <strong>di</strong>fensive, <strong>di</strong> resistenza della struttura<br />

alle armi da getto e per avere due fronti <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione in una zona critica, muniti <strong>di</strong><br />

apposite feritoie per poter “offendere” l’asse<strong>di</strong>ante. Probabilmente costruita dai<br />

pisani che dal 1242 lavorarono intensamente per il potenziamento del castello e<br />

per l’organizzazione del borgo sottostante, essa doveva essere molto importante<br />

dal punto <strong>di</strong> vista strategico. Infatti <strong>Lerici</strong> doveva munirsi <strong>di</strong> strutture militari e<br />

civili per poter rivaleggiare con l’opposta Porto Venere <strong>di</strong> dominazione genovese.<br />

La torre è costituta da due costruzioni una interna all’altra facilmente visibili dalla<br />

terrazza perché composte da due tipi <strong>di</strong> pietra <strong>di</strong> origine e <strong>di</strong> lavorazione completamente<br />

<strong>di</strong>fferenti. Raggiunge un’altezza considerevole <strong>di</strong> 29 metri che denota la<br />

sua importanza. Veramente caratteristica risulta la decorazione nella parte sommitale:<br />

sopra le fasce bicrome alternate e costituite da calcare grigio e marmo vi<br />

sono quattro or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> archetti pensili a sesto acuto, che sporgono progressivamente<br />

rispetto a quelli sottostanti. In questo caso la bicromia non è determinata<br />

dalla <strong>di</strong>versità delle fasce in senso orizzontale, ma dall’alternarsi del materiale<br />

che costituisce ogni singolo archetto. Il motivo degli archetti pensili è ripreso<br />

nella cortina orientale (quella verso il borgo). Evidente la variazione del materiale<br />

che in questo caso è laterizio. Si vede anche un piccolo portale tamponato, interpretato<br />

in modo <strong>di</strong>verso, ma soprattutto come antica porta d’accesso. Porta<br />

sopraelevata postierla. La forma perimetrale attuale risulta essere un poligono<br />

irregolare con un avancorpo<br />

sub-triangolare verso ovest (il<br />

mare). Questo corpo <strong>di</strong> fabbrica,<br />

la scarpa e gli interventi<br />

<strong>di</strong> rivestimento delle mura<br />

del castello corrispondono<br />

alla fase <strong>di</strong> adeguamento alle<br />

ormai potenti armi da fuoco<br />

iniziata dal 1555. Le mura in<br />

alcuni tratti raggiungono i<br />

sei metri <strong>di</strong> spessore. In virtù<br />

<strong>di</strong> queste ultime mo<strong>di</strong>fi che<br />

e grazie alla sua ottima posizione<br />

strategica, piuttosto<br />

alta rispetto al livello del<br />

mare, la fortezza <strong>di</strong>venne<br />

l’inespugnabile avamposto<br />

della potente Repubblica <strong>di</strong><br />

Genova. Fuochi artifi ciali durante la sagra marinara <strong>di</strong> S. Erasmo<br />

18


La Cappella Castrense<br />

<strong>di</strong> Santa Anastasia<br />

L’epigrafe riportata nell’architrave<br />

della porta <strong>di</strong> accesso<br />

parla in prima persona,<br />

come se a parlare fosse il castello.<br />

Questo per esprimere<br />

una voluta ambiguità fortemente<br />

simbolica. L’atrio a<br />

pianta quadrata è coperto<br />

da una volta con costoloni<br />

bicromi a sezione quadrata<br />

che impostano su mensole.<br />

Il portalino d’ingresso alla<br />

cappella, con arco a sesto<br />

acuto, ha gli stipiti decorati<br />

con colonnine e capitelli ed<br />

una lunetta con oculo retta<br />

Cappella <strong>di</strong> S. Anastasia<br />

da mensoline e bordata da<br />

una cordonatura. La sala interna, la chiesa vera e propria, ha pianta rettangolare<br />

ed è <strong>di</strong>visa in due campate da un arcone, alla cui base impostano le crociere.<br />

La volta della prima campata ha costolonature a sezione quadrata, bordate da<br />

due tori, ed una chiave <strong>di</strong> volta a croce con agnus dei recante il vessillo crociato<br />

<strong>di</strong> Genova. La seconda campata, che ha funzione <strong>di</strong> abside a fondo rettilineo e<br />

cieco, è coperta da una crociera molto simile, con costoni quadri e chiave con<br />

raffi gurazione dell’agnello. Si nota la <strong>di</strong>fferenza nello stile dovuta a scultori sicuramente<br />

<strong>di</strong>fferenti. Le monofore della cappella, profondamente strombate, sono<br />

ancora in comunicazione con l’esterno, nonostante l’ispessimento ciclopico della<br />

cortina. Le strutture architettoniche ed il carattere della cappella castrense <strong>di</strong><br />

Sant’Anastasia ne fanno un e<strong>di</strong>fi cio assolutamente notevole. Quello che risulta<br />

davvero signifi cativo è la presenza <strong>di</strong> due epigrafi dall’alto valore simbolico, che<br />

rendono esplicito il valore ideale e <strong>di</strong> centrale importanza <strong>di</strong> questo luogo. La<br />

prima è quella inscritta nella lunetta del portale d’ingresso <strong>di</strong> cui abbiamo già<br />

parlato. La seconda epigrafe circonda l’agnus dei vessillifero della chiave <strong>di</strong> volta<br />

della prima campata, e riporta il motto <strong>di</strong>venuto l’emblema del sigillo civico genovese<br />

dopo il cambiamento politico portato dal prevalere della parte popolare<br />

con l’elezione <strong>di</strong> un capitano del popolo, Guglielmo Boccanegra (1257): plebs<br />

iani magnos reprimens est agnus in agnos (traduzione: il popolo <strong>di</strong> Genova,<br />

fi accando la protervia della nobiltà, si comporta come agnello fra gli agnelli).<br />

19


Particolari delle chiavi <strong>di</strong> volta<br />

20<br />

Nella chiave <strong>di</strong> volta dell’atrio<br />

compare il Santo guerriero<br />

che sconfi gge il drago con<br />

la sua lancia, S.Giorgio, emblema<br />

dell’exercitus citta<strong>di</strong>no<br />

fi n dall’età bizantina, <strong>di</strong>pinto<br />

sulla ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> guerra della<br />

Repubblica, il Vexillum Sancti<br />

Georgii. La croce patente sulla<br />

lunetta del portale, l’agnello<br />

vessillifero e l’agnello crocifero.<br />

Forse i cavalieri del tempio<br />

sono passati da <strong>Lerici</strong>? Sicuramente<br />

l’iconografi a delle tre<br />

decorazioni appartiene anche<br />

alla simbologia templare.<br />

Portale della Cappella


Traduzioni Epigrafi<br />

Durante la guerra <strong>di</strong> Corsica e volgendo<br />

il terzo anno ch’eransi unite<br />

assieme le armate francese, turca<br />

ed africana, Leonardo Spinola, Giacomo<br />

Cibo, Melchiorre Doria, Antonio<br />

Fornari, Gio Battista Uso<strong>di</strong>mare,<br />

Niccolò Lomellini, Gio Battista Lercari,<br />

Luca Grimal<strong>di</strong>, ottoviri, incaricati<br />

<strong>di</strong> munire i castelli <strong>di</strong> tutta la giuristizione<br />

<strong>di</strong> S.Giorgio, ampliarono e<br />

munirono la fortezza <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> l’anno<br />

1555, essendo deputato a questa<br />

fabbrica Giovanni Fieschi Moruffo<br />

Infestando i Turchi ed i Francesi il<br />

litorale della Repubblica <strong>di</strong> Genova,<br />

il magnifi co Giovanni Fieschi Moruffo<br />

fece munire questa fortezza<br />

col denaro del Banco <strong>di</strong> S.Giorgio<br />

l’anno 1555<br />

L’anno milledugentocinquantasei<br />

Genova, combattendo, mi ritolse.<br />

Cinse poscia i fi anchi miei che i suoi<br />

<strong>di</strong>ritti a tutelar si volse. Stia senza<br />

me chi l’armi ognor non resse, e mi<br />

pianga chi m’ebbe e mi neglesse<br />

Queste e altre epigrafi sono sparse nelle mura del castello, a voi trovarle!<br />

21


Prospetto Nord-Est<br />

22<br />

9<br />

10<br />

3<br />

4<br />

5<br />

7<br />

8<br />

6<br />

1<br />

2


Piccolo <strong>di</strong>zionario degli elementi architettonici caratteristici<br />

delle fortezze me<strong>di</strong>evali<br />

1 - bertesca: Dal latino me<strong>di</strong>evale ‘brittisca’, probabilmente da ‘brittus’, (bretone).Opera<br />

leggera in legno o muratura detta anche ‘garitta’, fatta a torretta,<br />

costruita a piombo o sporgente da un muro fortifi cato, per migliorare le funzioni<br />

<strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, d’avvistamento e <strong>di</strong> offesa dell’asse<strong>di</strong>ante. Con lo stesso nome si<br />

usò anticamente chiamare anche la ‘ventiera o mantelletta’, cioè un pannello <strong>di</strong><br />

legno ruotante su un pezzo orizzontale, collocato fra merlo e merlo per coprire<br />

meglio il tiratore.<br />

2 - ca<strong>di</strong>toia: (o Piombatoia). E’ un vano con un buco sul pavimento posto tra i<br />

beccatelli o sul lato inferiore della bertesca per bersagliare a piombo con pietre,<br />

pece, acqua bollente l’asse<strong>di</strong>ante che iniziava la scalata alle mura o che cercava<br />

<strong>di</strong> forzare la porta.<br />

3 - marcapiano: Cordolo che si osserva sulla muratura esterna. A volte è posto<br />

in corrispondenza <strong>di</strong> un piano <strong>di</strong> calpestio interno, in altri casi delimita due<br />

<strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> costruzione.<br />

4 - archetti pensili: Elementi perlopiù decorativi. Alternati a fasce aggettanti,<br />

possono essere utilizzati anche con funzione strutturale sulla parte terminale <strong>di</strong><br />

una torre o <strong>di</strong> una cortina muraria. In questo modo si poteva creare una struttura<br />

‘a sporgere’ che oltre ad essere decorativa, era anche funzionale all’offesa<br />

tramite tiri laterali e a piombo.<br />

5 - beccatelli: Mensola sporgente in mattoni o pietra che sostiene piccole<br />

strutture ad archi (ve<strong>di</strong> sopra) o il parapetto sul quale poggia, nei castelli e nelle<br />

rocche, la merlatura aggettante.<br />

6 - buche pontaie: Fori presenti nelle murature me<strong>di</strong>evali utilizzate come alloggio<br />

per i pali dei ponteggi. Si noti la loro <strong>di</strong>stribuzione regolare. Alla fi ne <strong>di</strong><br />

una giornata lavorativa, le maestranze che mettevano in posa il muro, preparavano<br />

il ponteggio per la giornata successiva fi ssando i pali nella muratura. Infatti,<br />

nei casi in cui queste buche non sono state coperte da interventi successivi<br />

si può notare chiaramente la loro <strong>di</strong>stribuzione a fasce orizzontali dette anche<br />

‘giornate <strong>di</strong> lavoro’.<br />

7 - feritoie: Aperture dalle quali vengono bersagliati gli asse<strong>di</strong>anti. Ne esistono<br />

<strong>di</strong> varie tipologie a seconda dei perio<strong>di</strong> e delle armi utilizzate; sono dette ‘arciere’,<br />

se verticali, ‘balestriere’, se sono orizzontali o verticali con svasatura sul lato<br />

interno più ampia, per contenere appunto la balestra, archibugiere se tonde.<br />

23


8 - postierla: Dal latino tardo “posterula” ‘porticina <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro’, in<strong>di</strong>ca l’apertura,<br />

<strong>di</strong> solito soltanto pedonale, aperta nelle mura, spesso <strong>di</strong> lato alla porta<br />

maggiore e con propria chiusura a levatoia.<br />

9 - scarpa: È un muro inclinato posto alla base della muratura verticale esterna<br />

per rinforzarla, per allontanare le torri mobili utilizzate per gli asse<strong>di</strong>, <strong>di</strong>minuire<br />

la pericolosità e il potere <strong>di</strong>struttivo delle armi da fuoco e delle mine sotterranee.<br />

10 - monofora: Da ‘mono’ e dal latino ‘foris’ (battente - apertura). Finestra<br />

utilizzata sin dall’antichità in e<strong>di</strong>fi ci religiosi, militari ed anche in quelli civili.<br />

...e per mantenere tutto in or<strong>di</strong>ne?<br />

Tutti gli anni tantissime energie vengo spese per mantenere in ottimo stato<br />

questa straor<strong>di</strong>naria fortezza vecchia ormai <strong>di</strong> quasi un millennio! Ad<strong>di</strong>rittura,<br />

ogni primavera/estate, personale specializzato effettua lavori <strong>di</strong> pulizia dalle<br />

piante infestanti e consolidamento su tutta la superfi cie a strapiombo delle<br />

mura esterne del castello adottando tecniche <strong>di</strong> alpinismo.<br />

24


Illustrazione tratta dalla prima guida del Museo<br />

IL MUSEO GEOPALEONTOLOGICO<br />

Nel 1987 durante un’escursione in una nota località costiera del territorio lericino,<br />

il compianto Ilario Sirigu, a cui è intitolato il Museo nel castello (allora<br />

do<strong>di</strong>cenne!) rinvenne alcune piste <strong>di</strong> impronte fossili impresse su una superfi cie<br />

rocciosa. L’importante scoperta fu subito confermata dalle Università <strong>di</strong> Roma<br />

e <strong>di</strong> Pisa. Si trattava <strong>di</strong> orme fossili attribuite a <strong>di</strong>nosauri ed altri gruppi rettiliani<br />

risalenti a circa 220 milioni <strong>di</strong> anni fa. Fu ed è tutt’oggi l’evento paleontologico<br />

più importante riferibile al territorio spezzino. Il museo nacque appunto a seguito<br />

<strong>di</strong> questa scoperta. Fu istituito il Consorzio <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>, attualmente<br />

presieduto da Beppe Mecconi e <strong>di</strong>retto da Rosanna Ghirri, demandato a svolgere<br />

attività <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong>dattica tipiche <strong>di</strong> un museo naturalistico ma anche a<br />

produrre e <strong>di</strong>vulgare eterogenee attività culturali. Ma al <strong>di</strong> là del fatto contingente<br />

ci sono idee, materiali e soprattutto una lunga tra<strong>di</strong>zione geo-paleontologica,<br />

che affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nel XIX secolo quando lo scienziato spezzino G.<br />

Cappellini, uno dei fondatori della geologia in Italia, proprio nei promontori del<br />

Golfo avviava le sue ricerche. Il percorso museale, sotto la <strong>di</strong>rezione scientifi ca<br />

del Prof. Walter Lan<strong>di</strong>ni dell’Università <strong>di</strong> Pisa, si articola in varie aree tematiche.<br />

25


I <strong>di</strong>orami dei <strong>di</strong>nosauri<br />

All’interno del percorso museale sono ricostruiti tri<strong>di</strong>mensionalmente quattro<br />

antichi ambienti con un’età che va da 270 a 190 milioni <strong>di</strong> anni fa. Si tratta <strong>di</strong><br />

una selezione <strong>di</strong> giacimenti italiani che hanno restituito impronte fossili <strong>di</strong> rettili<br />

con particolare riguardo a quelli dove erano presenti i <strong>di</strong>nosauri. Camminando<br />

lungo il percorso si incontrano quattro isole or<strong>di</strong>nate dalla più antica fi no alla<br />

più giovane, che presenta i modelli più spettacolari. Tutti gli animali sono stati<br />

ricostruiti a grandezza naturale ad eccezione dei rincosauri dei Monti Pisani. I<br />

nomi si riferiscono ad animali conosciuti attraverso scheletri fossili che sono serviti<br />

come base per le ricostruzioni, scelti tra quelli che avrebbero potuto lasciare<br />

le impronte rinvenute nei vari giacimenti.<br />

Val Gardena<br />

In queste rocce depositatesi circa 270<br />

milioni <strong>di</strong> anni fa in una antica pianura<br />

alluvionale costellata <strong>di</strong> piccoli laghi,<br />

talvolta salmastri, sono state rinvenute<br />

migliaia <strong>di</strong> impronte fossili che testimoniano<br />

il passaggio <strong>di</strong> varie specie<br />

<strong>di</strong> rettili ed anfi bi. Nel <strong>di</strong>orama sono<br />

stati ricostruiti:<br />

Pareiasaurus<br />

Era un grande rettile erbivoro quadrupede<br />

dal corpo tozzo che lasciava<br />

gran<strong>di</strong> impronte circolari lunghe anche<br />

più <strong>di</strong> trenta centimetri;<br />

Lycaenops<br />

Era un rettile mammaliano delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un grande cane. Doveva essere<br />

un temibile predatore;<br />

Rincosaurus<br />

Era un rettile <strong>di</strong> dubbia posizione sistematica con forma molto simile a quella<br />

delle attuali lucertole. Gli esemplari più gran<strong>di</strong> superavano il metro <strong>di</strong> lunghezza.<br />

26


Dolomiti<br />

Nella formazione della Dolomia Principale,<br />

affi orante in una vasta area<br />

dell’arco alpino e depositatasi in un<br />

antico ambiente <strong>di</strong> piana costiera perio<strong>di</strong>camente<br />

sommersa dalle maree,<br />

sono state rinvenute molte impronte<br />

<strong>di</strong> antichi rettili che danno un’idea<br />

della fauna presente in loco circa 230<br />

milioni <strong>di</strong> anni fa. Sono stati ricostruiti:<br />

Stagonolepis<br />

Era un tecodonte erbivoro del gruppo<br />

degli aetosauri dotato <strong>di</strong> una robusta<br />

corazza.<br />

Syntarsus<br />

Era un piccolo <strong>di</strong>nosauro carnivoro del gruppo dei ceratosauri bipede e molto agile.<br />

Dilophosaurus<br />

Era un grande <strong>di</strong>nosauro carnivoro del gruppo dei ceratosauri, bipede e molto<br />

agile. Doveva essere un temibile predatore che dominava questo antico ambiente.<br />

Monti Pisani<br />

In vari tipi <strong>di</strong> rocce depositatesi in una<br />

antica piana costiera sempre più prossima<br />

al mare circa 230 milioni <strong>di</strong> anni<br />

fa sono state rinvenute un gran numero<br />

<strong>di</strong> impronte lasciate per lo più<br />

da piccoli rettili simili a lucertole. In<br />

questo antico ambiente erano presenti,<br />

seppur molto rari, anche Tecodonti<br />

e Dinosauri. Sono stati ricostruiti:<br />

Laevisuchus<br />

Era un piccolo tecodonte carnivoro bipede<br />

o semibipede dall’aspetto prossimo<br />

a quello dei <strong>di</strong>nosauri. Superava<br />

<strong>di</strong> poco il metro <strong>di</strong> lunghezza;<br />

27


Euparkeria<br />

Era un piccolo tecodonte carnivoro, appartenente al gruppo dei rauisuchi<strong>di</strong><br />

quadrupede lungo circa 1,5 m;<br />

Rincosaurus (tipo lacertoide)<br />

Si tratta <strong>di</strong> piccoli rettili <strong>di</strong> forma simile a quella delle attuali lucertole. Questi<br />

esemplari sono stati ricostruiti al doppio della grandezza naturale per esigenze<br />

sceniche.<br />

Rovereto<br />

In varie località del Trentino nelle rocce denominate Calcari Grigi, depositatesi in<br />

un ambiente simile a quello descritto<br />

nello scenario precedente, sono state<br />

rinvenute migliaia <strong>di</strong> impronte <strong>di</strong> <strong>di</strong>nosauri<br />

risalenti a circa 190 milioni <strong>di</strong><br />

anni fa. Sono ricostruiti:<br />

Ceratosaurus<br />

Era un enorme <strong>di</strong>nosauro carnivoro<br />

appartenente al gruppo omonimo. Bipede<br />

e molto agile doveva essere un<br />

terribile predatore in grado <strong>di</strong> cacciare<br />

anche i più gran<strong>di</strong> erbivori a lui contemporanei;<br />

Vulcanodon<br />

Era un grande <strong>di</strong>nosauro erbivoro quadrupede appartenente al gruppo dei Sauropo<strong>di</strong>.<br />

Doveva essere piuttosto lento e goffo e la sua unica <strong>di</strong>fesa era data dalla<br />

enorme mole;<br />

Scutellosaurus<br />

Era un piccolo <strong>di</strong>nosauro erbivoro bipede appartenente al gruppo degli ornitischi.<br />

28


Storia del territorio spezzino dal triassico<br />

Come introduzione alla storia del territorio vengono esposti i reperti originari <strong>di</strong><br />

orme e il calco dell’intera superfi cie <strong>di</strong> strato, in grandezza naturale, nel quale<br />

sono riprodotte tutte le piste in<strong>di</strong>viduate. Lo scenario triassico spezzino é stato<br />

rappresentato in un <strong>di</strong>orama dove i principali tipi <strong>di</strong> rettiliani sono stati ricostruiti<br />

in grandezza naturale a partire dalle orme rinvenute nel giacimento. Attualmente<br />

si conoscono più <strong>di</strong> cento impronte <strong>di</strong>stribuite su una mezza dozzina <strong>di</strong><br />

superfi ci rocciose tutte appartenenti alla Formazione <strong>di</strong> Monte Marcello depositatasi<br />

circa 230 milioni <strong>di</strong> anni fa in una piana costiera brulla e piuttosto arida<br />

solcata da fi umi a carattere stagionale<br />

situata in prossimità della zona<br />

Tropicale. Sono state riconosciute<br />

le tracce del passaggio <strong>di</strong> almeno<br />

cinque tipi <strong>di</strong> animali <strong>di</strong>fferenti (tre<br />

<strong>di</strong>nosauri e due rettili tecodonti). I<br />

nomi in<strong>di</strong>cano gli animali conosciuti<br />

attraverso reperti ossei a cui si è<br />

fatto riferimento per creare i modelli<br />

e sono stati scelti fra quelli che potrebbero<br />

aver lasciato un determinato<br />

tipo <strong>di</strong> impronta.<br />

Sellosaurus (Evazoum sirigui ichnospecies nova)<br />

Era un piccolo <strong>di</strong>nosauro erbivoro appartenente al gruppo dei prosauropo<strong>di</strong> caratterizzato<br />

da un lungo collo e da una lunga coda. Lungo circa 2,5 metri aveva<br />

il piede con quattro <strong>di</strong>ta dotate <strong>di</strong> lunghe unghie arrotondate. Prende il nome<br />

da Ilario Sirigu, scopritore della pista fossile <strong>di</strong>nosauriana lericina;<br />

Coelophysis<br />

Era un piccolo <strong>di</strong>nosauro carnivoro appartenente al gruppo dei ceratosauri. Era<br />

bipede e molto agile. Lungo circa 1,5 metri aveva il piede tridattilo con <strong>di</strong>ta<br />

snelle munite <strong>di</strong> piccole unghie affi late;<br />

Fabrosaurus<br />

Era un piccolo <strong>di</strong>nosauro erbivoro appartenente al gruppo degli ornitischi. Era<br />

bipede, lungo circa 1,5 metri ed aveva un piede tridattilo con grosse <strong>di</strong>ta molto<br />

tozze che terminavano con gran<strong>di</strong> unghie arrotondate;<br />

29


Desmatosuchus<br />

Era un grande Tecodonte erbivoro<br />

quadrupede appartenente al gruppo<br />

degli ateosauri. Lungo circa 2,5 metri<br />

era dotato <strong>di</strong> una robusta armatura<br />

che lo <strong>di</strong>fendeva dagli attacchi dei predatori.<br />

Aveva mani e pie<strong>di</strong> con cinque<br />

<strong>di</strong>ta;<br />

Saurosuchus<br />

Era un grande tecodonte carnivoro<br />

appartenente al gruppo dei rauisuchi<strong>di</strong>.<br />

Superando i 2 metri <strong>di</strong> lunghezza<br />

era il più terribile predatore presente<br />

alla Spezia. Aveva mani e pie<strong>di</strong> dotati<br />

<strong>di</strong> cinque <strong>di</strong>ta terminanti con affi lati<br />

artigli.<br />

La Val <strong>di</strong> Magra: dai tapiri <strong>di</strong> Sarzana ai rinoceronti <strong>di</strong> Aulla<br />

Erano da poco emerse l’area spezzina e quella lunigianese che già, circa 5 milioni <strong>di</strong><br />

anni fa, nella piana <strong>di</strong> Sarzana scorazzavano tapiri, cinghiali, orsi e rinoceronti. Numerose<br />

ossa attribuite a questi animali sono state recuperate tra Sarzanello e Luni,<br />

nei banchi <strong>di</strong> lignite, assieme ad una ricca documentazione <strong>di</strong> foglie fossili. Un altro<br />

accumulo <strong>di</strong> ossa, più recente ma più<br />

consistente, raccolto in una lente fl uviale<br />

in prossimità <strong>di</strong> Aulla (Olivola), svela<br />

invece lo scenario successivo <strong>di</strong> circa<br />

1.5 milioni <strong>di</strong> anni fa. Sono scomparsi<br />

gli animali più primitivi <strong>di</strong> Sarzana ma,<br />

all’ombra delle Apuane, la valle sembra<br />

ancora il luogo pre<strong>di</strong>letto per mammiferi<br />

d’altri tempi e d’altri luoghi. Boschi<br />

dove essenze tropicali si integrano con<br />

piante come il castagno, il carpino o il<br />

pino; faune dove pantere, antilopi e rinoceronti<br />

convivono con cani ed istrice.<br />

Insomma una piccola Arca <strong>di</strong> Noè.<br />

30


Il giacimento <strong>di</strong> Olivola<br />

È da oltre 200 anni che le ossa fossili <strong>di</strong> Olivola sono state riesumate.Poi dall’800<br />

sopralluoghi, scavi e….litigi hanno portato alla scoperta <strong>di</strong> un’ingente quantità<br />

<strong>di</strong> resti. Oggi si conosce una ventina <strong>di</strong> specie <strong>di</strong> mammiferi. Predominano gli<br />

erbivori <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>o-grande come rinoceronti, equi<strong>di</strong>, grosse antilopi, cervi e<br />

cinghiali. Tra i predatori abbondanti alcuni gran<strong>di</strong> carnivori: grosse iene, cani<strong>di</strong>,<br />

leopar<strong>di</strong> e tigri a denti <strong>di</strong> sciabola. Poco rappresentati gli animali <strong>di</strong> piccola statura:<br />

un mustelide, un gatto selvatico, un istrice. Assenti ro<strong>di</strong>tori e insettivori.<br />

Di un elefante, solo pochi resti. Precisa e puntuale invece la ricostruzione della<br />

vegetazione dell’area grazie al ritrovamento <strong>di</strong> grande quantità <strong>di</strong> pollini.<br />

La ricostruzione dell’antico<br />

scenario spezzino<br />

Il mare era sceso <strong>di</strong> oltre 100 metri ed<br />

aveva scoperto la piana del Golfo. Orsi,<br />

iene, pantere, cervi ed altri vertebrati si<br />

erano <strong>di</strong>ffusi nell’area spezzina e lunigianese.<br />

Anche tra i vegetali varie essenze<br />

alpine erano scese in quest’area.<br />

E il clima? Estati più fresche consentivano<br />

la permanenza <strong>di</strong> piccoli ghiacciai<br />

nelle più alte vette appenniniche<br />

circostanti e sulle Apuane. Niente clima<br />

polare dunque, dalle nostre parti<br />

durante una “Era Glaciale”, ma uno<br />

scenario sicuramente suggestivo.<br />

Il signore delle grotte<br />

Nelle grotte dell’area spezzina e delle<br />

zone limitrofe, sono state riesumate<br />

ingenti quantità <strong>di</strong> ossa fossili, la<br />

maggior parte delle quali appartenenti<br />

all’Orso delle Caverne (ursus spelaeus).<br />

È questo il più grande degli orsi pleistocenici<br />

(oltre 2,20 metri <strong>di</strong> altezza).<br />

Compare nel corso della penultima<br />

glaciazione (Riss) e si estingue alla fi ne<br />

31


dell’ultima (Wurm) circa 10.000 anni fa. Si era <strong>di</strong>ffuso in Europa, ma in Italia<br />

non scese oltre la parte centrale. Viveva sia in ambienti aperti che in grotte e<br />

ripari naturali, specie durante il letargo invernale. I fossili registrano una elevata<br />

mortalità negli in<strong>di</strong>vidui molto vecchi ed in quelli giovani, forse per problemi<br />

<strong>di</strong> sottoalimentazione. Frequenti sono i reperti con lesioni ossee, artriti, carie<br />

dentarie e reumatismi. Questo orso veniva cacciato, specie dall’uomo <strong>di</strong> Neandertal,<br />

anche per la sua pelliccia. La sua <strong>di</strong>eta era sostanzialmente vegetariana.<br />

È ricco il bestiario pleistocenico spezzino. Dalla grotta dei Colombi (Palmaria),<br />

ghiottone, arvicola delle nevi, marmotta, camoscio, stambecco, e vari uccelli,<br />

quali fagiano <strong>di</strong> monte, gufo, gallo cedrone e cigno. Dalla Castellana, insetti<br />

<strong>di</strong>versi, cervo, capriolo, rinoceronte, cinghiale, arvicola, lepre, volpe, orso delle<br />

caverne e tasso. Sul versante orientale del Golfo, da Santa Teresa alla Serra, ippopotamo,<br />

cervo, capriolo, lepre, un mustelide, orso delle caverne, lupo, iena,<br />

gatto selvatico e forse leone. E ancora lui, l’Orso delle Caverne, dalle grotte <strong>di</strong><br />

Pegazzano, Cassana, Maissana e Riccò del Golfo.<br />

E venne l’uomo e scoprì la roccia<br />

Dalla notte dei tempi le rocce ed i minerali rappresentano un’importante fonte<br />

economica per l’uomo. Circa 3500 anni fa gli antichi liguri sfruttavano per<br />

questo motivo le risorse estrattive della loro terra. Nella zona <strong>di</strong> Maissana è<br />

stato scoperto un antico inse<strong>di</strong>amento la cui economia era quasi totalmente<br />

basta sull’estrazione e la lavorazione <strong>di</strong> due importanti rocce affi oranti in loco.<br />

La prima è una roccia rossa <strong>di</strong> età giurassica interamente composta <strong>di</strong> silice.<br />

Data la sua grande durezza ed il fatto che si scheggia lungo superfi ci concave la<br />

rende molto utile per la produzione <strong>di</strong> manufatti in pietra. Veniva utilizzata per<br />

la produzione <strong>di</strong> punte <strong>di</strong> freccia, coltelli<br />

ed altri utensili. A Maissana sono ancora<br />

visibili i segni <strong>di</strong> questa antica attività<br />

estrattiva. L’altra roccia sfruttata dagli<br />

antichi abitanti della zona era l’ofi olite,<br />

nome sotto il quale si raggruppano vari<br />

tipi <strong>di</strong> rocce magmatiche depositatesi in<br />

un antico oceano durante la prima parte<br />

del Giurassico. L’uomo preistorico cercava<br />

in queste pietre un minerale detto steatite<br />

dall’aspetto lucido e molto tenero.<br />

Serviva a produrre oggetti ornamentali<br />

come grani <strong>di</strong> collana o piccoli amuleti.<br />

32


Tutti questi prodotti erano oggetto <strong>di</strong><br />

intensi commerci con le altre popolazioni<br />

della zona. Nella Pianaccia <strong>di</strong> Suvero<br />

presso Molino Rotato (Rocchetta<br />

Vara) è stata rinvenuta una vera e propria<br />

offi cina antica <strong>di</strong> almeno 3.000<br />

anni dove la steatite grezza veniva<br />

trasformata in oggetti ornamentali<br />

me<strong>di</strong>ante un processo <strong>di</strong> lavorazione<br />

in serie. A<strong>di</strong>acenti al salone si aprono<br />

tre celle dove sono esposte rocce delle<br />

varie ere geologiche con riferimenti<br />

all’area ligure e toscana. Rocce e fossili<br />

dell’era Cenozoica, Mesozoica dal<br />

periodo giurassico al cretaceo, Mesozoica<br />

dal periodo triassico.<br />

LA TERZA UNITÀ ESPOSITIVA: LA COLLEZIONE TANFI-SANTOLI<br />

Il percorso espositivo del Museo si completa con la presentazione <strong>di</strong> signifi cativi<br />

fossili <strong>di</strong> piante ed insetti, che illustrano importanti fasi della colonizzazione<br />

delle terre emerse. Dalle antiche foreste del Carbonifero alla nascita dei fi ori<br />

in piena era dei <strong>di</strong>nosauri, fi no alla messa in posto della fl ora moderna. Particolare<br />

enfasi viene posta sulle resine fossili, ambre e copali, per l’importanza<br />

che hanno assunto fi n dall’antichità nella storia dell’uomo. L’esposizione chiude<br />

con caratteristici reperti fossili <strong>di</strong> anfi bi e rettili acquatici, semiacquatici e terrestri.<br />

L’evoluzione del territorio spezzino trova il suo naturale complemento in<br />

quella del mare che lo bagna: il Me<strong>di</strong>terraneo, <strong>di</strong> recente formazione ma con<br />

una storia geologica tormentata. L’esposizione <strong>di</strong> splen<strong>di</strong><strong>di</strong> fossili <strong>di</strong> Trilobiti,<br />

Echinodermi, Ammoniti, Belemniti, Brachiopo<strong>di</strong>, Pesci, Coralli, Crostacei ed altri<br />

gruppi <strong>di</strong> organismi marini, provenienti dai principali giacimenti fossiliferi<br />

mon<strong>di</strong>ali, permette <strong>di</strong> illustrare le principali tappe che dall’oceano primor<strong>di</strong>ale,<br />

attraverso il grande oceano tropicale della Tetide, hanno portato all’origine del<br />

Mare Nostrum. La collezione è sud<strong>di</strong>visa in due sezioni:<br />

Prima sezione: de<strong>di</strong>cata a piante e insetti espone fossili <strong>di</strong> organismi soprattutto<br />

terrestri, vegetali e animali. Le piante sono presentate in base alla loro comparsa<br />

nel tempo. La sezione dei fossili animali è costituita da reperti <strong>di</strong> insetti <strong>di</strong><br />

varie età e da reperti più curiosi rappresentati da uova e coproliti.<br />

33


Seconda sezione: Dall’oceano primor<strong>di</strong>ale al me<strong>di</strong>terraneo, 500 milioni <strong>di</strong><br />

anni <strong>di</strong> evoluzione. La mostra rappresenta cinquecento milioni <strong>di</strong> anni <strong>di</strong> storia<br />

<strong>di</strong> vita nel mare raggruppati in tre <strong>di</strong>stinti intervalli caratterizzati da geografi a,<br />

climi e faune <strong>di</strong>fferenti. Il primo, il più antico, compreso tra 500 e 300 milioni<br />

<strong>di</strong> anni porta dagli antichi oceani alla formazione <strong>di</strong> Pangea. Il secondo, dalla<br />

frammentazione del pangea alla formazione dei moderni oceani, Il terzo, più<br />

recente, copre gli ultimi 20-25 milioni <strong>di</strong> anni e descrive l’origine del mar me<strong>di</strong>terraneo.<br />

Nelle vetrine i fossili vengono presentati per gruppi sistematici, anche<br />

se <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse età, al fi ne <strong>di</strong> evidenziare le caratteristiche morfologiche, le <strong>di</strong>verse<br />

tipologie e le varie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> fossilizzazione.<br />

34


LA RETE MUSEALE PANGEA<br />

PANGEA nasce dall’intuizione dei responsabili<br />

del Museo <strong>di</strong> Storia Naturale<br />

e del Territorio dell’Università <strong>di</strong><br />

Pisa, del Museo Geopaleontologico<br />

del <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> (SP) e del Museo<br />

Civico <strong>di</strong> Rovereto (TN) che, dal 2001,<br />

avendo avevano avviato una collaborazione<br />

per attività <strong>di</strong> ricerca paleontologica<br />

internazionale. A questi si<br />

aggiunge nel 2004 il neonato Museo<br />

dei Fossili e delle Ambre <strong>di</strong> S. Valentino<br />

in Abruzzo Citeriore (PE). L’effi -<br />

cacia delle azioni proposte, derivate<br />

dall’operare in partenariato, ha spinto<br />

i quattro Musei a elaborare un’ipotesi<br />

<strong>di</strong> strutturazione permanente delle<br />

attività che ha portato, nel mese <strong>di</strong><br />

Aprile 2005, alla nascita della Rete<br />

Muesale <strong>di</strong> Musei Naturalistici Italiani<br />

“ PANGEA”. È del novembre 2007 l’adesione alle attività della Rete PANGEA<br />

del Museo Regionale <strong>di</strong> Scienze Naturali <strong>di</strong> Torino. Il corpus delle iniziative e dei<br />

progetti realizzati, o in corso <strong>di</strong> sviluppo, può essere così sintetizzato: spe<strong>di</strong>zioni<br />

paleontologiche internazionali, formazioni <strong>di</strong> tecnici, <strong>di</strong>ffusione della cultura<br />

scientifi ca, sperimentazione ed applicazione <strong>di</strong> tecnologie innovative nella ricerca,<br />

mostre ed eventi.<br />

la Repubblica<br />

15 maggio 2006<br />

35


Spazio Patagonia<br />

Tra il 2005 e il 2006 Pangea rinvenne<br />

in Patagonia del Nord (Argentina) il<br />

più importante cimitero <strong>di</strong> titanosauri<br />

al mondo defi nito dalla stampa internazionale<br />

“la Pompei dei Dinosauri”.<br />

A seguito <strong>di</strong> questa importantissima<br />

scoperta scientifi ca è stato allestito nel<br />

museo un nuovo spazio espositivo de<strong>di</strong>cato<br />

al ritrovamento. Le vetrine con i<br />

calchi dei primi reperti e con gli attrezzi<br />

del paleontologo si abbinano al <strong>di</strong>orama<br />

della ricostruzione del sito <strong>di</strong> scavo,<br />

il tutto accompagnato da chiari pannelli<br />

esplicativi sulla storia della scoperta,<br />

sulla morfologia del luogo e sul<br />

tipo <strong>di</strong> animali rinvenuti. Ogni anno, in<br />

collaborazione con i partners argentini,<br />

Pangea continua le sue missioni con<br />

straor<strong>di</strong>nari risultati scientifi ci.<br />

LA “GALLERIA” D’ARTE<br />

SOTTO IL CASTELLO<br />

Da sempre <strong>Lerici</strong> è fonte d’ispirazione per gli infi niti poeti che ne hanno cantato<br />

le bellezze. Ma è anche vero che da secoli il castello ispira pure i pittori, e chissà<br />

in quale maniera l’avrebbero interpretato<br />

i più famosi? Da questa domanda<br />

è nata l’idea <strong>di</strong> chiedere agli allievi del<br />

Liceo Artistico Cardarelli della Spezia<br />

<strong>di</strong> reinterpretare alcuni <strong>di</strong>pinti nei<br />

quali far apparire il castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>. Il<br />

progetto ha stimolato l’interesse degli<br />

studenti che, con impegno e tanto talento,<br />

si sono messi all’opera. Così, in<br />

una collaborazione tra Enti pubblici e<br />

Scuola, il 30 gennaio 2010 ha preso<br />

vita la straor<strong>di</strong>naria, unica, originale<br />

“Galleria” d’Arte - il <strong>Castello</strong> nella<br />

storia dell’Arte.<br />

36


IL PERCORSO ESTERNO<br />

Nel 2003, terminato il risanamento e la messa in sicurezza del camminamento<br />

esterno sul lato sud del <strong>Castello</strong> (chiuso da decenni), unitamente alla cerimonia<br />

per il restauro della affascinante piccola Cappella <strong>di</strong> Santa Maria Stella del Mare<br />

(ad<strong>di</strong>rittura utilizzata dai militari tedeschi in tempo <strong>di</strong> guerra come postazione<br />

<strong>di</strong> una mitragliera), vennero inaugurati i “Percorsi d’Arte sotto il cielo <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>”:<br />

installazioni <strong>di</strong> artisti lericini de<strong>di</strong>cate ai tanti Poeti che cantarono il Golfo. Da<br />

allora sono state collocate ben 12 opere <strong>di</strong> varie correnti artistiche, <strong>di</strong>mensioni<br />

e tecniche, dando così vita ad una vera e propria esposizione d’Arte all’ aperto<br />

che va ampliandosi ed impreziosendosi <strong>di</strong> anno in anno.<br />

2003 - Carlo Bacci: omaggio a F. T. Marinetti<br />

2004 - Mario Tamberi: omaggio a Francesco Tonelli<br />

2005 - Carlo Caselli: omaggio a Mario Soldati<br />

2005 - Raffaele Cavaliere: omaggio a P. B. Shelley<br />

2006 - Studenti lericini del Liceo Artistico della Spezia:<br />

omaggio a Dante<br />

2006 - Gino D’Ugo: omaggio a G. G. Byron<br />

2006 - Francesco Bruno Cavicchioli:<br />

omaggio a Giovanni Giu<strong>di</strong>ci<br />

2007 - Corrado Perazzo: omaggio a D. H. Lawrence<br />

2007 - Jessica Gatti: omaggio a Sem Benelli<br />

2008 - Jaya Cozzani: omaggio a Mary Shelley<br />

2009 - Mario Caluri: omaggio ad Attilio Bertolucci<br />

2009 - Veronica Bacchinucci: omaggio a Petrarca<br />

37


MADÌ, REGINA DEL CASTELLO<br />

Maddalena Di Carlo, conosciuta da<br />

tutti come “Madì”, è stata la castellana<br />

più celebre del maniero trecentesco<br />

dal dopoguerra ai primi anni<br />

settanta. Durante il secondo confl itto<br />

mon<strong>di</strong>ale fece da staffetta partigiana<br />

e una volta fi nita la guerra si stabilì<br />

lassù, nella torre più alta del castello<br />

che dominava il golfo, <strong>di</strong>ventando poi<br />

la vestale dell’ostello della gioventù<br />

ricavato nelle sale. Il viso secco e incavato,<br />

gli zigomi sporgenti, le gambe<br />

esili, danzatrice, appassionata d’arte e<br />

chiromante, quella fi gura carismatica<br />

<strong>di</strong>ventò famosa in tutto il mondo per<br />

la sua cor<strong>di</strong>alità e ospitalità. Per capire<br />

il mistero <strong>di</strong> questa fama bisogna ritornare<br />

in<strong>di</strong>etro, agli anni Cinquanta.<br />

Forse era stato il desiderio estremo del barone inglese Gorge Laughton, che<br />

morente aveva pregato la madre <strong>di</strong> portargli l’ultimo saluto a Madì, la castellana<br />

d’Italia. Forse era stato il fatto che Ernest Hemingway si fosse scomodato<br />

apposta per conoscerla, giungendo a <strong>Lerici</strong> con la poetessa cilena Gabriella Mistral.<br />

Forse gli auguri del maresciallo <strong>di</strong> Francia Philippe Petain. Oltre agli ospiti<br />

e agli amici illustri, i giramondo giungevano a migliaia con ogni mezzo, ma<br />

preferibilmente con l’autostop. Quando conoscevano Madì subito l’amavano e,<br />

tornati alle loro case, invogliavano amici e conoscenti a mettersi il sacco in spal-<br />

38


la e a partire per <strong>Lerici</strong>. Sono molti anche i regali<br />

che Madì riceveva dai “suoi ragazzi”. Ognuno le<br />

inviava qualche oggetto caratteristico del suo paese<br />

e con tutti questi doni eterogenei Madì ornava<br />

le stanze dell’ostello. L’archivio <strong>di</strong> cartoline che ha<br />

ricevuto da tutto il mondo è davvero notevole e<br />

oltre ai contenuti, talvolta davvero toccanti, singolare<br />

è l’intestazione del destinatario; bastava infatti<br />

scrivere: Madì Italia!<br />

D’estate, quando il castello era affollato <strong>di</strong> ospiti,<br />

amava improvvisare magnifi che feste sulla terrazza<br />

ed è durante una <strong>di</strong> queste feste che alcuni noma<strong>di</strong><br />

confezionarono una corona <strong>di</strong> cartone e <strong>di</strong> stagnola<br />

e la posero sul capo <strong>di</strong> Madì proclamandola<br />

“Regina dei vagabon<strong>di</strong>”. All’interno dell’Ostello<br />

erano ospitati asiatici, americani, africani ed europei. La giovane donna, che<br />

non aveva stu<strong>di</strong>ato, sapeva parlare con tutti con la voce del cuore. Adorata<br />

dai giovani, venerata dagli artisti, “viziata” dai nobili (il duca d’Aosta le inviava<br />

lo chauffeur a <strong>Lerici</strong>, chiedendogli <strong>di</strong> fargli le carte). La sua grande umanità e<br />

generosità sono rimaste vive nel ricordo <strong>di</strong> chi è stato ospitato nell’ostello in<br />

gioventù, tanto che ad oggi molti <strong>di</strong> essi ritornano per rivivere l’atmosfera <strong>di</strong><br />

quei tempi e non dobbiamo meravigliarci se la vivacissima Madì si <strong>di</strong>a ancora da<br />

fare a riaccendere il ricordo <strong>di</strong> se apparendo nelle sale del castello.<br />

39


UOMINI FAMOSI CHE SOGGIORNARONO<br />

NEL CASTELLO DI LERICI<br />

Enrico VII nel 1310 era signore della Repubblica <strong>di</strong><br />

Genova e mise Guido Novello, amicissimo <strong>di</strong> Dante,<br />

a capo della Lunigiana col titolo <strong>di</strong> Vicario Imperiale.<br />

Questi tolse ai Guelfi il castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>, vi soggiornò<br />

qualche mese ospitandovi Enrico VII e forse anche<br />

Dante Alighieri che in quegli anni era in Lunigiana.<br />

Nel castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> furono prigionieri tre fratelli <strong>di</strong><br />

Simon Boccanegra: Giovanni, già governatore, prima<br />

della riviera <strong>di</strong> Levante, poi <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Ponente<br />

e della Corsica; Bartolomeo, capitano delle milizie<br />

alleate combattenti contro i Visconti; Nicolò, Vicario<br />

Andrea Doria<br />

dell’Oltre Giovo. Nicolò Guarco, Doge, tra<strong>di</strong>to dai<br />

Fregoso, dagli Adorno ed infi ne fatto prigioniero dai Marchesi del Carretto, venne<br />

rinchiuso anch’esso nel castello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>. In questi anni fu anche incarcerato nel<br />

castello l’ex Doge Iacopo <strong>di</strong> Campofregoso, letterato e fi losofo. Nel 1448 il castello<br />

traboccava <strong>di</strong> prigionieri <strong>di</strong> guerra, fra i quali Giovanni e Giannone, fratelli del feudatario<br />

della Repubblica, Galeotto del Carretto, Marchese <strong>di</strong> Finale. Francesco I Re<br />

<strong>di</strong> Francia, fatto prigioniero durante il confl itto franco-spagnolo, venne trasportato<br />

a Genova e imbarcato per Napoli. Nella traversata, il mare tempestoso obbligò a<br />

prendere ancoraggio nel Golfo <strong>di</strong> Rapallo e Francesco I venne ricoverato per alcuni<br />

giorni nel Convento della Cervara. Ripreso il viaggio, la nuova burrasca obbligò<br />

a ripararsi nel Golfo della Spezia, precisamente a <strong>Lerici</strong>, dove venne rinchiuso nel<br />

castello per <strong>di</strong>versi giorni. Andrea Doria si rifugiò in questo stesso castello, fortifi -<br />

candolo contro le mire del Re <strong>di</strong> Francia.<br />

Francesco I, Re <strong>di</strong> Francia<br />

40<br />

Dante Alighieri


CURIOSITA’ E LEGGENDE<br />

Molte persone, arrivando al castello con il fi ato un po’ “corto”, si chiedono<br />

quanti siano gli scalini che hanno dovuto fare per salire. Bene: da Calata Mazzini<br />

alla biglietteria dell’ingresso del <strong>Castello</strong> sono ben 168 gra<strong>di</strong>ni.<br />

In molti si chiedono quanto sia alta la torre, viste le notevoli <strong>di</strong>mensioni. Sono<br />

state effettuate delle misure con altimetri da polso e hanno in<strong>di</strong>cato un’altezza<br />

intorno ai 75 metri sul livello del mare<br />

Durante i lavori <strong>di</strong> restauro e successivamente <strong>di</strong> ripulitura delle mura esterne<br />

sono emersi residui <strong>di</strong> proiettili grezzi sparati da navi con qualche antica arma<br />

da fuoco confi ccatiati nelle pietre.<br />

Tutti gli abitanti del luogo hanno sentito parlare, almeno una volta, dell’esistenza<br />

<strong>di</strong> una via <strong>di</strong> fuga sotterranea che dal <strong>Castello</strong> conduceva sino a Piazza<br />

Garibal<strong>di</strong> e più precisamente alla Chiesa <strong>di</strong> San Rocco.<br />

In parecchie sale del castello sono presenti cisterne e sotto la Cappella <strong>di</strong><br />

Santa Anastasia si trova un vano (oggetto <strong>di</strong> indagine archeologica) al quale si<br />

accede tramite una piccola botola ben visibile all’interno.<br />

I muri della fortezza sono davvero molto spessi in quanto risultato <strong>di</strong> secoli <strong>di</strong><br />

interventi. Dopo l’ultimo grande rafforzamento (metà del ‘500) per proteggere<br />

la struttura dalle ormai potenti armi da fuoco e renderla inespugnabile, i muri<br />

in alcuni punti superano i sei metri <strong>di</strong> spessore!<br />

Entrando nel <strong>Castello</strong>, troviamo sulla destra alcune pietre molto gran<strong>di</strong> i <strong>di</strong><br />

forma arrotondata. Si tratta <strong>di</strong> proiettili <strong>di</strong> catapulta.<br />

Come ogni <strong>Castello</strong>, anche quello <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> ospita il suo buon fantasma. Si<br />

tratta <strong>di</strong> Madì, (ve<strong>di</strong> pag. 38) che mai si è allontanata e mai si allontanerà dalla<br />

sua amata <strong>di</strong>mora.<br />

Trattandosi <strong>di</strong> una fortezza, presi<strong>di</strong>o militare, alcuni vani del primo piano erano<br />

a<strong>di</strong>biti a celle. Le prigioni del <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> sono <strong>di</strong>venute famose per aver<br />

‘ospitato’ detenuti molto importanti.<br />

Prima dell’attuale restauro e installazione del Museo Geopaleontologico, il<br />

<strong>Castello</strong> era comunque visitabile e ha ospitato molte esposizioni <strong>di</strong> livello internazionale<br />

come quelle <strong>di</strong> Ligabue, Guttuso, De Chirico, Wahrol che hanno<br />

avuto un grande successo <strong>di</strong> pubblico.<br />

41


BIBLIOGRAFIA<br />

Augusto C. Ambrosi, <strong>Lerici</strong>. La Spezia 1969<br />

Barbero A., Frugoni C., Dizionario del Me<strong>di</strong>oevo, Bari 2000<br />

Spagiari P., (A cura <strong>di</strong>) Castelli e fortezze fra terra e mare. La Spezia 2006<br />

Clario <strong>di</strong> Fabio, L’architettura ecclesiastica a Porto Venere fra XI e XIV secolo, da: Atti del<br />

convegno: San Venerio del Tino: vita religiosa e civile tra isole e terraferma in età me<strong>di</strong>evale.<br />

La Spezia - Sarzana 1986<br />

Agostino Falconi, Iscrizioni del Golfo della Spezia, Pisa 1874<br />

Lan<strong>di</strong>ni Walter (a cura <strong>di</strong>), Museo Geopaleontologico del <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>. La Spezia 1998<br />

Sirigu Ilario, Museo Geopaleontologico del <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>. La Spezia 1998<br />

Lan<strong>di</strong>ni Walter, Rissicini Clau<strong>di</strong>o (a cura <strong>di</strong>) Pangea.Lavagna 2008<br />

Tonelli Francesco, Madì. Sarzana 1993<br />

Calzolai Enrico, Guida alle strutture ed alla storia del <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong> e pagine<br />

<strong>di</strong> uomini illustri che ne trattano.<br />

E<strong>di</strong>zione © 2010 - Consorzio <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong><br />

Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati. Riproduzione anche parziale vietata.<br />

Ideazione originale: Marco Greco, Clau<strong>di</strong>o Rissicini,<br />

Maria Luisa Aru, Rosanna Lamanna, Chiara Navacchi, Alessandra Paoli, Simonetta Scordamaglia<br />

Revisione e rielaborazione: Beppe Mecconi<br />

Supervisione scientifi ca: Walter Lan<strong>di</strong>ni<br />

Ricerca iconografi ca: Marco Greco, Walter Bilotta<br />

Fotografi e: Walter Bilotta, Marco Greco<br />

Ricostruzione <strong>di</strong>orami e animali: Tri<strong>di</strong>mont (Treviso)<br />

Disegno retro copertina: Alessandro Mangione<br />

Diorami: Cristina Andreani<br />

Fotocomposizione e impaginazione: B&B Grafi ca Digitale S.r.l.<br />

Stampa: GD Baudone Grafi che Digitali (Sarzana)<br />

Info castello:<br />

Consorzio <strong>Castello</strong> <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong><br />

Piazzale San Giorgio · 19032 <strong>Lerici</strong> (SP)<br />

Tel. 0187 969114 / 969042 - Fax 0187 942838<br />

e-mail: info@castello<strong>di</strong>lerici.it - web: www. castello<strong>di</strong>lerici.it


IL GOLFO, IL DRAGO E… I DINOSAURI<br />

Si narra che il Golfo dei Poeti sia stato creato dalla furia <strong>di</strong> un drago.<br />

Il “mostro”, creava nuove insenature con i possenti colpi della sua coda<br />

per cercare <strong>di</strong> sfuggire agli assalti <strong>di</strong> un agguerrito pescatore<br />

che combatteva sotto la protezione del Santo patrono.<br />

Ma… come tutte le storie antiche sui draghi,<br />

fi nì male per la bestia.<br />

I <strong>di</strong>nosauri, si sa, sono i draghi <strong>di</strong> un passato ancora più antico,<br />

ma con una sostanziale <strong>di</strong>fferenza: loro sono esistiti veramente.<br />

E nel Golfo <strong>di</strong> <strong>Lerici</strong>, dove ancora aleggia il mito del drago,<br />

sono state realmente trovate le tracce preistoriche dei <strong>di</strong>nosauri.<br />

Nulla a che vedere con la leggenda, forse…<br />

ma certo è una bizzarra coincidenza!

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