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Relazione Anselmi - La Privata Repubblica

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nei Servizi segreti, ma nell'opposta ragione del controllo che essi hanno del personaggio.<br />

Le conclusioni che abbiamo esposto sono di tenore tale che l'estensore di queste note avverte per primo<br />

l'esigenza di procedere con la massima cautela possibile in questa materia, per la quale peraltro, si deve<br />

riconosce, è del tutto illusorio sperare di raggiungere dimostrazioni che poggino su prove inconfutabili. Si è<br />

così argomentato sulla base dei documenti proponendo una linea interpretativa che si riconduca a logica e<br />

coerenza, pronti a verificare tale assunto con altre possibili ricostruzioni posto che, secondo l'assunto<br />

metodologico seguito, consentano di fornire altra spiegazione coerente ed unitaria dei fenomeni.<br />

<strong>La</strong> soluzione proposta ci consente di risalire un anello della catena, rispondendo ad una serie di quesiti, per<br />

aprirne nel contempo altri di forse maggiore portata.<br />

Affermare che Licio Gelli è uomo dei Servizi segreti sin dagli esordi della sua carriera significa chiederci se<br />

questa sua situazione sia rapportabile all'organizzazione in quanto tale o a suoi settori, perché è certo che in<br />

questi ambienti l'apparato ha una sua variegata realtà interna che l'apparenza monolitica rilevabile<br />

dall'esterno non farebbe sospettare. Significa altresì chiedersi se ed in qual modo il personaggio Gelli si<br />

muova nel contesto dei rapporti internazionali che i Servizi segreti intrecciano, secondo una logica naturale,<br />

nell'ambito di alleanze omogenee se non anche, sostengono alcuni, talora in via trasversale rispetto agli<br />

stessi contesti politici di appartenenza.<br />

Vogliamo qui dire che l'ambiguità dell'operazione gelliana non può dirsi risolta dal dato conclusivo al quale si<br />

è pervenuti, il quale, ponendo la figura di Gelli sotto nuova luce, nel contempo ne arricchisse il chiaroscuro,<br />

aprendo interrogativi ai quali non si ritiene si possa dare risposta in senso univoco, per lo meno allo stato<br />

degli atti. Poiché è evidente che il cordone sanitario informativo di cui si è discusso opera adesso in nostro<br />

danno e non ci consente di acclarare a quali ultimi mandanti, e di quale parte, si possa risalire.<br />

Quello che con tutta onestà si può dire è che in materia di così difficile trattazione e di fronte ad un<br />

personaggio di così sfuggente profilo ogni ipotesi è in astratto formulabile e nessuna conclusione può<br />

palesemente dichiararsi assurda. Questo è anche quanto può essere affermato, sulla scorta degli atti in<br />

nostro possesso, sulla vexata quaestio della veridicità o meno delle notizie che l'informativa COMINFORM ci<br />

consegna su Licio Gelli, anche per il periodo successivo alla sua redazione, pur se tale problema va adesso<br />

studiato nel quadro delle gravi conclusioni alle quali siamo pervenuti.<br />

GLI APPARATI MILITARI. CONCLUSIONI<br />

Negli elenchi rinvenuti a Castiglion Fibocchi gli iscritti sono ripartiti anche per settori di appartenenza: uno di<br />

questi settori è quello delle Forze Armate, nel quale figurano cinquantadue ufficiali dei carabinieri, nove<br />

dell'Aeronautica, ventinove della Marina, cinquanta dell'Esercito, trentasette della Guardia di Finanza e sei<br />

della Pubblica Sicurezza.<br />

Dall'elenco generale degli iscritti sequestrato, peraltro, il numero complessivo degli ufficiali risulta anche<br />

superiore (centonovantacinque) e gli iscritti negli elenchi trovano riscontro, anche se non completo, nelle<br />

informative inviate alla Commissione<br />

dal SISMI e dal SISDE.<br />

Il primo dato che occorre mettere in rilievo in proposito è l'elevato grado ricoperto dagli affiliati.<br />

Così, ad esempio, dei cinquantasei ufficiali dei carabinieri, in servizio o a riposo, che figurano negli elenchi,<br />

dodici ricoprono il grado di generale ed otto quello di colonnello; così ancora troviamo otto ammiragli,<br />

ventidue generali dell'Esercito, cinque generali della Guardia di Finanza nonché quattro generali<br />

dell'Aeronautica. Il dato totale, di per sé eloquente, ci dice che su centonovantacinque esponenti del mondo<br />

militare, ben novantadue ricoprono il grado di generale o colonnello.<br />

Ancor più significativo, per quanto in seguito si dirà, è soffermarsi sulle funzioni assegnate a molti dei<br />

nominativi citati: così l'ammiraglio Torrisi che fu capo di Stato Maggiore della Marina negli anni 1977-1980 e<br />

poi della Difesa negli anni 1980-1981, il generale Grassini che diresse il SISDE dal novembre 1977 al luglio<br />

1981, il generale Santovito che diresse il SISMI dal gennaio 1978 all'agosto 1981 e il generale Picchiotti che<br />

fu negli anni 1974-1975 vicecomandante generale dell'Arma dei carabinieri e in precedenza comandante la<br />

divisione carabinieri di Roma, il generale Palumbo comandante la divisione carabinieri "Pastrengo" di Milano<br />

e poi anch'egli vicecomandante generale dell'Arma, il generale Miceli che diresse il SID dal 1970 al 1974, il<br />

generale Musumeci che fu segretario generale del SISMI con il generale Santovito, i generali Giudice e<br />

Giannini che furono comandanti generali della Guardia di Finanza, rispettivamente negli anni 1974-78 e negli<br />

anni 1980-1981.<br />

Come è facile rilevare a prima vista, si delinea una mappa del potere militare più qualificato, con personaggi<br />

che hanno spesso assunto un ruolo centrale in vicende di particolare significato nella storia recente del<br />

nostro paese, anche in relazione ad avvenimenti di carattere eversivo.<br />

<strong>La</strong> maggior parte degli ufficiali che figurano negli elenchi sono stati sottoposti ad inchieste disciplinari che<br />

hanno portato a delle vere e proprie conclusioni solo per quelli che erano tuttora in servizio, per i quali la<br />

sanzione è stata generalmente quella del rimprovero, applicata in poco più di un terzo dei casi. Le pronunce<br />

di proscioglimento sono state invece emesse perché non risultava pienamente provata l'appartenenza<br />

dell'ufficiale alla Loggia P2, facendo a tal fine soprattutto fondamento sul diniego di appartenenza alla loggia<br />

dell'ufficiale interessato. Per un certo numero di ufficiali che non erano più in servizio, pur non applicandosi

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