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RESTAURARE LA VISIONE APOSTOLICA NELLA CHIESA (pdf)

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Ridiamo gli stessi nomi ai pozzi<br />

“… e pose loro gli stessi nomi che aveva loro posto suo padre” (Genesi 26:18)<br />

Isacco sapeva quanto fosse importante ridare gli stessi nomi che suo padre Abrahamo aveva dato ai<br />

pozzi che aveva scavato. Lo fece per due motivi: primo, per rispetto al nome di suo padre; secondo, per<br />

reclamare la proprietà di quei pozzi. Senza indugio, come fece Isacco, dobbiamo ridare a questi ministeri<br />

gli stessi nomi che Gesù ha dato (Luca 6:13) e nei quali i nostri padri hanno creduto all’inizio della<br />

Chiesa, per due motivi: primo, per rispetto del nome di Colui che è degno e che ha deciso così; secondo,<br />

per reclamare questi ministeri che non sono morti, non sono sepolti, non appartengono alla memoria del<br />

passato, ma appartengono ancora oggi alla Chiesa.<br />

Non dobbiamo avere paura di chiamare “apostolo” colui che è stato chiamato ad essere e a fare<br />

l’apostolo. Non dobbiamo avere paura di chiamare “profeta” colui che è stato chiamato ad essere e a fare<br />

il profeta. La stessa cosa vale per gli altri ministeri. Non dobbiamo avere paura di chiamarli per nome.<br />

Troppo spesso ci sentiamo quasi impacciati a chiamare qualcuno con il nome del proprio ministero. Se<br />

uno è apostolo, dobbiamo riconoscere in lui il ministero dell’apostolo. Se uno è profeta, non dobbiamo<br />

aver paura di dichiarare ciò che la Parola di Dio dice di lui. Noi dobbiamo essere sempre in accordo alla<br />

Parola di Dio che è vera e che non fallirà mai. Non importa quello che gli altri diranno o penseranno. Ciò<br />

che è importante è ciò che Dio pensa di noi. Se abbiamo la Sua approvazione e quella della Sua Parola,<br />

allora gli altri possono dire o pensare quello che vogliono.<br />

Mi ricordo che verso la fine degli anni ’80, in Italia si cominciò, quasi timidamente, a chiamare il<br />

pastore con il suo titolo. Una volta il pastore si chiamava (o si faceva chiamare) “fratello Tizio” o<br />

“fratello Caio”. Tramite l’influenza americana (credo giustamente, ma solo in parte) si ebbe finalmente il<br />

coraggio di chiamare il pastore con il suo titolo, quindi “Pastore Tizio” o “Pastore Caio”. Ora, dovrebbe<br />

essere la stessa cosa per gli altri quattro ministeri. Perché non succede? Se è valido per un ministero<br />

dovrebbe essere valido per i quattro rimanenti. Ma allora perché siamo così ostinati? O è vero per tutti o<br />

non è vero per nessuno.<br />

Credo che la mancanza di tale coraggio e franchezza stia proprio nell’assenza del ministero apostolico<br />

e di quello profetico. Mancando questi due ministeri, che sono ministeri di fondamento, di rivelazione e di<br />

guida, il ministero pastorale ha preso il sopravvento. C’è un’assoluta necessità, nel Corpo di Cristo<br />

italiano, di ricevere l’equilibrio dei ministeri in accordo alla Parola di Dio. Non sono un fanatico dei titoli,<br />

anzi, personalmente mi dà quasi fastidio sentirmi chiamare “pastore” dai membri della comunità, ma<br />

credo anche che, se non abbiamo chiarezza sui titoli, saremo mancanti della rivelazione della funzione dei<br />

ministeri. Il titolo rappresenta una funzione, ma sia il titolo che la funzione sono associati ad una persona.<br />

Questa persona ha un nome e un cognome, quindi è giusto vedere la persona, chiamarla con il suo titolo e<br />

lasciarla operare nella sua funzione. Ora possiamo chiamare o non chiamare la persona con il suo titolo<br />

(se non lo facciamo con un determinato ministero, allora non dovremmo farlo con nessuno; ma se lo<br />

facciamo con uno, dovremmo farlo con tutti), ma l’importante è che essa svolga la sua funzione. Non<br />

abbiamo sicuramente bisogno di una sfilata di titoli nelle nostre comunità o nelle nostre conferenze<br />

nazionali. Ciò di cui siamo disperatamente bisognosi è la funzione vera e genuina dei cinque ministeri.<br />

Nessun ministero è più importante di un altro davanti a Dio, ma essi hanno compiti diversi. Come in<br />

una famiglia, il padre non è più importante della madre, o i figli più importanti dei genitori. Ma è evidente<br />

che la guida della famiglia è stata delegata al capofamiglia che è il marito/papà. Così nei ministeri:<br />

l’apostolo non è più importante, ma a lui è stato dato il compito di gettare il fondamento sul quale<br />

costruire.

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