I capolavori del corallo siciliano: la ... - Luoghi di Sicilia

Luoghi
Numero 111/114
di Sicilia
Gennaio/Aprile 2013
ARCHEOLOGIA In Sicilia si diceva che prima di essere sconfitti dai Normanni gli Arabi avessero
sepolto le loro ricchezze, perché non cadessero nelle mani degli invasori. E non c’è paese in
cui non si favoleggiasse su un tesoro nascosto, cercato da molti, ma imprendibile perché vincolato
da incantesimi e sortilegi demoniaci. E quale luogo migliore per cercare le fortune saracene
che il Monte Barbaro, abitato dagli Arabi a lungo, dove bastava scavare un po’ perché la terra
restituisse cocci e monete, certo indizi di una truvatura ben più grande?
un nome, ma per il resto
poco cambiò. Si era in
piena Controriforma e i
tempi non erano ancora
maturi per quella riscoperta
dell’arte classica
che sarebbe avvenuta due
secoli più tardi, avviata
dalle scoperte di Ercolano
e Pompei da parte di
Winckelmann. Il sito di
Segesta continuò pertanto
ad essere pressoché ignorato,
mentre contadini e
abitanti dei dintorni continuarono,
come avevano
sempre fatto, a chiamare
il luogo Barbaru o Barbàru
e il tempio I pileri
(“le colonne”) di lu Barbaru.
Quello che le scoperte
del Fazello non potevano
fare, infatti, era
cambiare la percezione
che del sito aveva la po-
polazione locale: quello
di un luogo magico e misterioso,
legato molto più
alla recente presenza araba
che non agli sconosciuti
Elimi.
In Sicilia si diceva che
prima di essere sconfitti
dai Normanni gli Arabi
avessero sepolto le loro
ricchezze, perché non cadessero
nelle mani degli
invasori; e non c’è paese
in cui non si favoleggiasse
su un tesoro nascosto,
una truvatura, cercata da
molti, ma imprendibile
perché vincolata da incantesimi
e sortilegi demoniaci.
E quale luogo migliore
per cercare le fortune
saracene che il Monte
Barbaro, abitato dagli
Arabi a lungo, dove bastava
scavare un po’ per-
Una immagine del tempio di Segesta,
sulle pendici di Monte Barbaro
in provincia di Trapani, tra i beni
archeologici più imponenti e suggestivi
del patrimonio siciliano.
ché la terra restituisse
cocci e monete, certo indizi
di una truvatura ben
più grande? Così il monte
divenne un ricettacolo di
leggende fantastiche e
ancora alla fine del ‘900
racconti tramandati oralmente
narravano di angeli
e cavalieri turchi biancovestiti,
custodi di quei
tesori che molti dicevano
di aver visto, ma che nessuno
era riuscito a spignare,
a disincantare, per
impadronirsene. Pare che
alcuni sollevarono persino
le balate che costituivano
la pavimentazione del
tempio per scavare al di
sotto, ammaliati da quelle
storie che erano certo fomentate
dallo sgomento
popolare nei confronti di
quelle rovine, di quel
Gennaio/Aprile 2013 - 13 -
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