Guido delle Colonne Ancor che l'aigua per lo foco lassi - Aula Digitale

1
L’autore
IL “doctor
ILLustrIs”
Le origini e il Duecento Federico II e la Scuola siciliana Guido delle Colonne
Guido delle Colonne
L’attività pubblica del giudice Guido de (o da) le Colonne di Messina è attestata negli anni
1243-1280 e la sua data di nascita dovrebbe quindi collocarsi intorno al 1210; molto probabile,
ma non certa, è la sua identificazione con il Guido de Columna (o de Columnis),
rimaneggiatore, in prosa latina (Historia destructionis Troiae), del Roman de Troie di Benoît
de Sainte-Maure, scritto tra il 1272 e il 1287, un vero e proprio best-seller della letteratura
europea non solo medievale. Gli sono attribuiti solo cinque componimenti (uno dei
quali dubbio).
A dispetto dell’esiguità della produzione a noi pervenuta, questo autore è oggi considerato
uno dei poeti più importanti della scuola siciliana. È citato più volte da Dante (De
vulgari eloquentia, II, v, 4; II, vi, 6; II, xi, 2) quale autore di canzoni «illustri» per tessitura
metrica e stilistica, e perciò come rappresentante dei doctores illustres che avevano
poetato in volgare secondo dottrina: la capacità stilistica inseriva infatti Guido agli alti
vertici della grande poesia europea (provenzale e francese).
Ancor che l’aigua per lo foco lassi
Necessità
di amore
Poeti del Duecento,
ed. a cura di G. Contini, cit.
Questa canzone è citata da Dante nel De vulgari eloquentia (II, vi, 4) come esempio di canzone
costruita con quel grado di elaborazione «sapido e insieme leggiadro ed eccelso» in cui «soltanto
si trovano intessute le splendide canzoni». Poesia difficile dunque, ma di straordinaria grandezza.
I
Ancor che l’aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura,
non cangerea natura
s’alcun vasello in mezzo non vi stasse 1 ,
5 anzi averria senza lunga dimora
che lo foco astutasse
o che l’aigua seccasse:
ma per lo mezzo l’uno e l’autro dura 2 .
Cusì, gentil 3 criatura,
10 in me ha mostrato Amore
1. Ancor … stasse: ‘per quanto («ancor
che») l’acqua («aigua», provenzalismo)
grazie al fuoco lasci, perda, il suo
gran freddo («freddura»), essa non abbandonerebbe
la sua natura [conside-
rata fredda, e quindi: ‘essa non si riscalderebbe’],
se tra acqua e fuoco non vi
stesse («stasse», forma siciliana) un recipiente,
un vaso («vasel»), come elemento
intermedio’. «cangerea»: condizionale
siciliano, con vocale tonica
toscanizzata in -e- (forme conservate
sono invece ai vv. 5, 30, 52, 78, 87): è
frequente nella poesia italiana fino a
METRO

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«Spirito»
e interiorità
del soggetto
Le origini e il Duecento Federico II e la Scuola siciliana Guido delle Colonne
l’ardente suo valore,
che 4 senza amore er’ aigua fredda e ghiaccia:
ma Amor m’ha allumato
di fiamma che m’abraccia 5 ,
15 ch’eo fora 6 consumato
se voi, donna sovrana,
non fustici mezzana 7
infra l’Amore e meve,
che fa lo foco nascere di neve 8 .
II
20 Imagine di neve si pò dire
om che no ha sentore
d’amoroso calore 9 :
ancor sia vivo, non si sa sbaudire 10 .
Amore è uno spirito d’ardore 11
25 che non si pò vedire,
ma sol per li sospiri
si fa sentire in quel ch’è amadore 12 :
cusì, donna d’aunore 13 ,
lo meo gran sospirare
30 vi poria certa fare
de l’amorosa flamma und’eo so’ involto 14 .
Ma non so com’eo duro 15 ,
sì m’ave preso e tolto 16 ;
ma parm’esser sicuro
35 che molti altri amanti
per amor tutti quanti
funo perduti a morte 17 ,
che 18 no amâro quant’eo né sì forte.
4. che: si riferisce a «me» (v. 10).
5. allumato / ... m’abraccia : ‘m’ha acceso
con una fiamma che m’avvolge’
(cfr. v.31); «allumato» è gallicismo.
6. fora: ‘sarei’, cfr. v.60, condizionale
meridionale e provenzale derivato dal
piuccheperfetto latino, è ancora usato
da Dante e Petrarca.
7. non ... mezzana: ‘non foste intermediaria’
(«ci» è attualizzante).
8. che ... neve: si riferisce alla credenza
scientifica medievale secondo cui il
cristallo nasceva dal ghiaccio e poteva
accendere un fuoco («che» è riferito ad
Amore v. 18).
9. non ha sentore ... calore: ‘non sente
calore amoroso’.
10. sbaudire: ‘rallegrare’, provenzalismo.
11. spirito d’ardore: ‘capacità vitale (e
intellettuale)’, più precisamente gli spiriti
vitali del pensiero aristotelico-galenico,
che distribuiscono il sangue caldo
del cuore in tutto il corpo. Se essi
vengono meno, sono intevitabili il raggelamento
e la riduzione dell’amante
a essere inanimato: cfr. anche v. 41, v.
59, v .62 e v. 74, in una concentrazione
estremamente significativa. «figura»
è un vocabolo-chiave, introdotto
probabilmente da Giacomo da Lentini,
della nuova lirica d’amore siciliana,
molto attenta all’interiorizzazione del
fatto amoroso: diverrà poi un segno ca-
ratterizzante della poesia di Guido Cavalcanti.
12. ma ... amadore: ‘ma si rivela
nell’amante soltanto attraverso i sospiri’;«amadore»,
provenzalismo, per
la -d-.
13. donna d’aunore: ‘donna onorevole’.
14. vi poria ... involto: ‘vi potrebbe
rendere certa dell’amorosa fiamma in
cui sono avvolto’ (cfr. v. 14).
15. duro: ‘resisto, sopravvivo’, cfr. v. 8.
16. preso e tolto: ‘avvinto e tolto a me
stesso’ (vedi Chrétien de Troyes, Più
lunga l’attesa, più dolce l’avere).
17. funo ... morte: ‘furono distrutti fino
a morire’.
18. che: è riferito ad «amanti».
© 2011 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – R. Antonelli, M.S. Sapegno, Il senso e le forme

3
Donna
mediatrice
necessaria
Le origini e il Duecento Federico II e la Scuola siciliana Guido delle Colonne
III
Eo v’amo tanto che mille fïate 19
40 in un’or si m’arranca 20
lo spirito che manca 21 ,
pensando, donna, le vostre beltate;
e lo disïo c’ho lo cor m’abranca,
crescemi volontate,
45 mettemi ’n tempestate
ogna penseri che mai non si stanca 22 .
O colorita e blanca
gioia de lo meo bene,
speranza mi mantene,
50 e s’eo 23 languisco, non posso morire:
ca, mentre 24 viva sete,
eo non poria fallire,
ancor che fame e sete
lo corpo meo tormenti 25 ;
55 ma sol ch’eo tegna menti 26
vostra gaia persona,
obbrio la morte, tal forza mi dona 27 .
IV
Eo non credo sia [già] quel[lo] ch’avia,
lo spirito che porto 28 ,
60 ched eo fora già morto,
tant’ho passato male tuttavia 29 :
lo spirito ch’ i’ aggio, und’eo mi sporto 30 ,
credo lo vostro sia,
che nel meo petto stia
65 e abiti con meco in gran diporto 31 .
19. fïate: ‘volte’.
20. si m’arranca: ‘mi si strappa’, con
l’ordine arcaico dei pronomi personali,
provenzalismo. Si noti la rima molto difficile
in -anca (vv. 40-41-43-46-47).
21. manca: ‘lo spirito che viene meno,
pensando alla vostra bellezza’; il verso
sembra integralmente desunto da una
famosa canzone del caposcuola, Giacomo
da Lentini (Guiderdone aspetto
avere v. 51 «lo spirito mi manca — e
torna in ghiaccio»): le possibili deduzioni
critiche sono importanti poiché «spirito»
è un lemma-chiave caratteristico
della lirica italiana (vedi v. 24) e implica
un rapporto con la cultura scientifica
e medica.
22. e lo disïo … stanca: ‘il desiderio
che ho, mi afferra («m’abranca») il cuore,
la voglia («volontate») aumenta, mi
mette in tempesta inesauribile («che
mai non si stanca», v. 46) ogni pensiero’;
«ogna», da omnia, indeclinabile.
23. e s’eo: ‘anche se io’.
24. mentre: ‘finché’.
25. eo non ... tormenti: ‘sebbene fame
e sete mi tormentino il cuore, io non
potrei venir meno’; «tormenti», verbo
al singolare con soggetto in dittologia
(«fame e sete»).
26. tegna menti: ‘guardi’, cfr. v. 68 e v.
72 e Meravigliosa-mente, v. 4.
27. obbrio ... dona: ‘dimentico la morte,
tale forza mi dà’; «dona», possibile
gallicismo.
28. Eo ... porto: ‘non credo che lo
spirito che ho sia più quello che avevo’,
cfr. v. 24 (e anche v. 62 e v. 74), «avia»
è la forma siciliana dell’imperfetto indicativo.
29. ched eo ... tuttavia: ‘che io sarei
già morto, tanto male ho provato’.
30. lo spirito ... sporto: ‘lo spirito che
ho, grazie al quale mi muovo’; «sporto»,
con s- intensiva; è in rima derivativa
con «porto» e «diporto»; cfr. anche
la rima ricca di vv. 58-61, «avia» - «tuttavia»;
l’idea che lo spirito della donna si
sia introdotto nel poeta viene così fortemente
sottolineata.
31. diporto: ‘gioia’.
© 2011 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – R. Antonelli, M.S. Sapegno, Il senso e le forme

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Le origini e il Duecento Federico II e la Scuola siciliana Guido delle Colonne
Or mi son bene accorto,
quando da voi mi venni,
che quando mente tenni 32
vostro amoroso viso netto e chiaro 33 ,
70 li vostri occhi piagenti
allora m’addobraro 34 ,
che mi tennero menti 35
e diedermi nascoso 36
uno spirto amoroso,
75 ch’assai mi fa più amare
che no amò null’altro, ciò mi pare.
V
La calamita contano i saccenti
che trare non poria
lo ferro per maestria,
80 se no che l’aire in mezzo le ’l consenti 37 .
Ancor che calamita petra sia,
l’altre petre neenti 38
non son cusì potenti
a traier perché non hano bailia 39 .
85 Così, madonna mia,
l’Amor s’è apperceputo 40
che non m’avria potuto
traer’ a sé se non fusse per voi;
e sì son donne assai 41 ,
90 ma no nulla per cui
eo mi movesse mai,
se non per voi, piagente,
in cui è fermamente
la forza e la vertuti:
95 adonque prego l’Amor che m’aiuti.
32. O

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Le origini e il Duecento Federico II e la Scuola siciliana Guido delle Colonne
ANALISI DEL TESTO
Necessità di amore
Il componimento è una dichiarazione continua e
assolutamente esplicita della necessità umana di
amore, come raramente si troverà in tutta la lirica
italiana. Ogni strofa propone un paragone naturale
o una ragione per cui l’amore della donna non
solo è necessario all’Io-poeta, ma è ciò che gli
dà vita, lo rende umano: «senza amore er’ aigua
fredda e ghiaccia» (stanza I), «imagine di neve si
pò dire / om che no ha sentore d’amoroso calore»
(stanza II), «mentre viva sete, / eo non poria
fallire» (stanza III), «lo spirito ch’i’ aggio, und’eo
mi sporto / credo lo vostro sia», «l’Amor ... non
m’avria potuto / traer’ a sé se non fusse per voi»
(stanza IV-V).
Amore come fatto umano, “generale”
È a questo punto un tipo nuovo di poesia soprattutto
per il contenuto lontano dai trovatori e vicinissimo
ormai a Guinizzelli (e allo Stilnovo): Guido
non fa poesia “d’amore”, ma d’una fenomenologia
generale dell’amore. Anche l’utilizzazione,
nella I, II e V stanza, di nozioni scientifiche in fun-
zione metaforica, è una tecnica conoscitiva, volta
alla dimostrazione “oggettiva” delle emozioni
descritte, che avrà grande fortuna, a cominciare
proprio da Guinizzelli di Al cor gentile rempaira
sempre amore.
Donna mediatrice necessaria
La donna è la mediatrice necessaria (V stanza)
perché nasca amore: attraverso l’“oggettività”
delle immagini naturali, Guido immerge il lettore
nell’“inevitabilità” e nella grandezza del dramma
amoroso.
“Spirito” e inferiorità del soggetto
Soprattutto, l’insistenza martellante sulla parolachiave
«spirito» (vv. 24 e 41), già tipica di Giacomo
da Lentini (e poco presente invece nei trovatori),
dimostra come gli autori più alti della scuola
siciliana perseguano un progetto lirico d’avanguardia,
incentrato sull’analisi dell’interiorità del
soggetto lirico e non più soltanto sullo scambio
interpersonale, caratteristico di tanta parte della
lirica trobadorica.
© 2011 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – R. Antonelli, M.S. Sapegno, Il senso e le forme