Cinema come Poesia - Zona Editrice
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di quel codice, per aprire allo spettatore una chiave di lettura altra, più<br />
profonda, straniata rispetto al flusso apparentemente triviale degli<br />
accadimenti).<br />
In ciascun caso, sarà da considerare che l’atto che riconduce l’intertitolo<br />
al mondo dell’immagine non si realizza “nella relazione semantica che lega<br />
la frase a qualche sèma riposto nell’immagine, ma nella trasformazione<br />
semiotica secondo cui si regola il passaggio dal detto al visto” (così François<br />
Jost in un contributo dal titolo Les mots pour le voir). E forse proprio a<br />
questo riguardo, appare ancor più illuminante una pagina dalla summa di<br />
Balázs (1949), in cui il teorico ungherese rifletteva sulla ratio astrattista<br />
che sembra inscriversi nel discorso delle didascalie: “I cineasti ben presto<br />
si accorsero che lo stesso effetto che nella parola parlata si ottiene con<br />
l’intonazione, in quella scritta può essere ottenuto mediante il peso delle<br />
immagini, il disegno delle lettere [traducendosi] nella forma della scrittura,<br />
nell’espressione grafica delle lettere”. Leggiamo ancora, da questa importante<br />
pagina: “Ai tempi del muto sorse una particolare attività lautamente<br />
retribuita e apprezzata: i disegnatori delle didascalie […] esercitavano con<br />
il pennello una funzione simile a quella di un buon dicitore. Per indicare un<br />
pericolo, ad esempio, si usavano lettere che parevano precipitarsi sullo<br />
spettatore, ingrandendosi rapidamente. […] La ‘fisionomia’ delle lettere<br />
dell’alfabeto doveva adeguarsi alla fisionomia delle immagini, in modo da<br />
non interrompere la continuità visiva. Tutto sommato si trattava già di film<br />
astratti. Il film non rappresentava oggetti ma sentimenti” [Balázs, pp.195-<br />
196].<br />
Tesaurizziamo, per adesso, <strong>come</strong> in un fermo immagine, lo stato che<br />
qui ci documenta questo grande teorico: autonomizzarsi dello grafema entro<br />
il quadro dell’immagine. Iconizzazione della lettera. Dal funzionale (al trasmettersi<br />
dell’informazione), fino al defunzionale o almeno ai suoi confini.<br />
Scrittura che si stacca dal suo codice di simbolizzazione, per farsi emozione<br />
diretta, specie di sentimento. È, se vogliamo, la più eclatante<br />
visualizzazione del sottotraccia che scorre al fondo d’ogni discorso poetico<br />
del Moderno, e che ne raccorda il multiforme delle tecniche. Assoluto<br />
d’astrazione, deriva del simbolico, per giungere a null’altro che al vestigio<br />
ultimo del senso.