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Sopra, visita nel maggio 1986 del Papa Giovanni Paolo II alla tomba di don<br />
<strong>Lolli</strong>; sotto, veduta aerea dell'Opera Santa Teresa.<br />
TESTIMONI DELLA FEDE<br />
Un artista<br />
della carità<br />
gli<br />
speciali<br />
Lucia Romiti<br />
A A<strong>Angelo</strong> L L<strong>Lolli</strong><br />
il nuovo giornale
Don <strong>Lolli</strong> nella foto della tessera dell'Ordine<br />
dei Giornalisti (1926).<br />
Edizioni “il Nuovo Giornale”,<br />
settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio<br />
ottobre 2009<br />
Direttore responsabile, Davide Maloberti<br />
Illustrazioni di Renato Vermi<br />
Direzione e redazione:<br />
Piacenza, via Vescovado 5<br />
Stampa: Grafiche Lama, Piacenza<br />
Perché questo libro<br />
Si è sporcato le mani don <strong>Angelo</strong><br />
<strong>Lolli</strong>, immergendole nelle ferite<br />
aperte degli esseri umani, dei<br />
derelitti senza speranza, degli<br />
emarginati della società. Appassionato<br />
sacerdote nella Ravenna<br />
anticlericale di inizio Novecento,<br />
ha conquistato il cuore di tutti,<br />
credenti e non credenti. E ci è riuscito<br />
con una sola arma, la più<br />
efficace: l’amore che non conosce<br />
confini, che sa uscire da sé superando<br />
se stesso e volando alto,<br />
verso Dio e le sue creature. Per<br />
quelle creature bisognose don<br />
<strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong> ha percorso le vie<br />
impervie e dolci della carità. Una<br />
carità che si è fatta sorriso, carezza,<br />
parola di conforto, gioia,<br />
azione. Ha fondato le “Suore della<br />
Piccola Famiglia di S. Teresa<br />
di Gesù Bambino” e l’“Opera di<br />
Santa Teresa”, una realtà di fede<br />
e assistenza ancora oggi in continua<br />
crescita, dove tutto è dono;<br />
una cittadella della carità, cuore<br />
pulsante di gratuità nel centro<br />
storico della città di Ravenna.<br />
L’AUTRICE<br />
Lucia Romiti, marchigiana, 29 anni, laureata in filosofia e<br />
giornalista dal 2004, ha frequentato, a Roma, il Master<br />
“<strong>Media</strong> Working Project” promosso dalla Pontificia Università<br />
Lateranense. Attualmente collabora con alcune testate<br />
locali, di cui una online, e alla redazione della rivista<br />
ufficiale del Rinnovamento nello Spirito.<br />
Indice<br />
NELLA RAVENNA DI FINE OTTOCENTO<br />
LA PRIMAVERA DELLA CARITÀ . . . . . . . . . . . . . pag. 1<br />
Quel segno portato dall’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . “ 1<br />
Il monello di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 3<br />
Una Ravenna anticlericale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 4<br />
DALLE STRADE DELLA BORGATA<br />
ALLE STANZE DEL SEMINARIO . . . . . . . . . . . . . . pag. 6<br />
Il bacio a e’ Gagin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 6<br />
La musica fra talento e passione . . . . . . . . . . . . . . . “ 9<br />
FOLLE D’AMORE PER DIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 12<br />
Prete per gli altri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 12<br />
“Salire... sempre salire” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 14<br />
PER LE VIE CREATIVE DELLA CARITÀ . . . . . . pag. 17<br />
Quei piccoli nonnulla. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 17<br />
A metà strada tra la terra e il paradiso . . . . . . . . . . “ 19<br />
Anche un giornale per i gioielli derelitti . . . . . . . . “ 22<br />
COME UNA BARCA SPINTA IN ALTO MARE. . . . . . pag. 24<br />
L’infermo apostolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 24<br />
“Confidate nel Signore” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 27<br />
L’Opera Santa Teresa oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 27<br />
PREGHIERA PER LA BEATIFICAZIONE<br />
DI DON ANGELO LOLLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29<br />
La vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30<br />
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32
NELLA RAVENNA DI FINE OTTOCENTO<br />
LA PRIMAVERA DELLA CARITÀ<br />
Quel segno<br />
portato dall’acqua<br />
“Amerò chi soffre e<br />
cercherò di raddolcire<br />
col mio affetto l’amarezza<br />
delle sue lacrime”.<br />
Asciugare le lacrime calde<br />
che rigano il volto dei<br />
poveri più miseri, dei<br />
malati senza speranza di<br />
guarire, dei malinconici<br />
che hanno smarrito la loro<br />
gioia in un tempo che<br />
fu. Leccare le ferite degli<br />
esseri umani. Fu questa<br />
la missione di don <strong>Angelo</strong><br />
<strong>Lolli</strong>. Questo il suo<br />
programma di vita. Questo<br />
il suo desiderio più<br />
grande. La voce afona,<br />
quasi senza timbro, gli<br />
occhi vivaci, l’aria bonaria,<br />
il sorriso benevolo<br />
sempre accennato sul<br />
volto, la veste talare nera<br />
e consumata che gli arrivava<br />
fino ai piedi, il cappello<br />
tricorno che si usava nel secolo<br />
scorso, e un cuore grande,<br />
pronto ad anticipare i bisogni<br />
dei derelitti della società.<br />
Per questo generoso sacerdo-<br />
L’immagine della “Madonna dei vicoli”,<br />
detta “Madonna del sudore”, che arrivò tra<br />
le mani della madre di don <strong>Lolli</strong> mentre lavorava<br />
come lavandaia e aspettava il suo<br />
bambino. Don <strong>Angelo</strong> tenne sempre nel suo<br />
ufficio quest’immagine.<br />
1<br />
te romagnolo, quegli scarti<br />
umani profumavano di Dio. E<br />
poi, la corona del rosario sempre<br />
tra le mani. Del resto, quando<br />
era ancora nel seno materno,<br />
la protezione della Madonna gli
Lavandaie presso il ponte degli Allocchi.<br />
era arrivata dal fiume. Era<br />
un’afosa giornata del luglio<br />
1880. Alla periferia di Ravenna,<br />
presso il ponte degli Allocchi,<br />
le lavandaie insaponavano i vestiti<br />
dei signori nel canale del<br />
Molino. Il fazzoletto sulla testa<br />
per ripararsi dal sole, la schiena<br />
curva sull’acqua, le mani impegnate<br />
a sfregare sull’asse del<br />
bucato. Chiacchieravano per<br />
sentire meno la fatica.<br />
Tra loro c’era Alba Pasi, alle<br />
prese con la biancheria della<br />
contessa Budi-Sclaffi e con un<br />
2<br />
pancione che non le alleggeriva<br />
certo il lavoro. “Mi pari la Madonna<br />
del sudore!”, le dice a<br />
un tratto guardandola asciugarsi<br />
la fronte, la Tuda, la più simpatica<br />
e rumorosa del gruppo. Intanto,<br />
spinto dalla corrente, arriva<br />
tra le mani delle donne un<br />
pezzo di cartone che sembra<br />
impermeabile.<br />
La Tuda lo sottrae all’acqua,<br />
lo asciuga strofinandoselo sulla<br />
veste. Era l’immagine della<br />
“Madonnina dei vicoli”, detta<br />
comunemente “Madonna del
sudore”. Immagine che si trovava<br />
in una cappellina sorta in un<br />
crogiuolo di stradine che dalla<br />
via Fiume Montone Abbandonato<br />
scomparivano nelle campagne<br />
di Ravenna. La Tuda non ha<br />
dubbi: quel “coso” venuto dall’acqua<br />
è per l’Albina. “Porterà<br />
fortuna al tuo bambino!”, le dice<br />
insistendo perché lo tenesse.<br />
E la mamma di <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong><br />
non esitò a conservare gelosamente<br />
quella Madonnina di cartone<br />
affiorata dal canale. Un<br />
buon augurio, un segno, una<br />
promessa, che il futuro <strong>Angelo</strong><br />
custodirà con altrettanta cura<br />
nel suo ufficio di sacerdote.<br />
Il monello di Dio<br />
La casa di Alba e Orlando<br />
<strong>Lolli</strong>, nella borgata di San Biagio,<br />
in via Scaletta 82, era una<br />
di quelle che stavano in piedi<br />
per miracolo; con il puntello di<br />
san Benedetto, diceva qualcuno.<br />
Muri di malta e mattoni<br />
crudi tra viuzze fangose e polverose<br />
popolate da proletari,<br />
gente di cui poteva leggersi la<br />
fatica di vivere nelle rughe del<br />
volto; gente semplice, abituata<br />
al sacrificio, che come ricchezza<br />
aveva quella dei figli. E<br />
spesso, per poterli sfamare, si<br />
toglieva il pane dalla bocca.<br />
Orlando era un bracciante. La<br />
3<br />
sua paga giornaliera? Una lira e<br />
trenta centesimi. A casa c’erano<br />
già Rosa, nata nel 1869, e Romeo,<br />
arrivato quattro anni dopo.<br />
Giovanni e Luigi erano morti a<br />
nove e sedici mesi. L’Albina<br />
aveva le sue giuste preoccupazioni<br />
pensando al bambino che<br />
portava in grembo. Quando nasce,<br />
il 21 agosto 1880, lo chiama<br />
<strong>Angelo</strong> Maria. Lo battezza il<br />
giorno dopo, in Duomo. Nel nome<br />
dell’ultimo nato della famiglia<br />
<strong>Lolli</strong>, già il programma della<br />
sua vita: essere l’angelo della<br />
carità, un angelo in carne e ossa,<br />
senz’ali se non quelle dell’amore<br />
che non conosce confini,<br />
della gratuità che si fa carezza,<br />
sorriso, azione, sollievo, speranza.<br />
Sarà l’amico dei poveri, disposto<br />
a tutto per vedere un cenno<br />
di gioia sul loro volto, sarà<br />
padre e fratello degli emarginati<br />
della storia.<br />
Eppure nei primi anni della<br />
sua vita “il monello di Dio”,<br />
come lui stesso amava definirsi,<br />
non fu propriamente un angioletto.<br />
Di bricconate ne combinava<br />
eccome. Vivace, irrequieto,<br />
con quell’aria sbarazzina e<br />
un po’ temeraria che lo accompagnerà<br />
anche da adulto nella<br />
sua via alla carità, <strong>Angelo</strong> passava<br />
il giorno fuori casa, “in<br />
mezzo al fango della strada”,<br />
dirà lui. La sorella Rosa riusci-
va a stento a tenerlo a bada. E<br />
capitava spesso che mamma Alba,<br />
quando al tramonto tornava<br />
stanca nella sua borgata alla periferia<br />
di Ravenna, dovesse andarlo<br />
a cercare fra le viuzze.<br />
Con tanto di bastone in mano.<br />
Era un discolo <strong>Angelo</strong> Maria.<br />
Ma di un’intelligenza che faceva<br />
cullare nel padre, Orlando,<br />
un sogno: farlo studiare. Ci<br />
pensava Alba a riportarlo coi<br />
piedi per terra: “La lucerna<br />
senza rampino – diceva con sano<br />
realismo e con lo sguardo<br />
basso – non sta appesa”.<br />
Una Ravenna<br />
anticlericale<br />
I <strong>Lolli</strong> erano detti “quelli di<br />
pocacarne”, per indicare la magrezza<br />
dovuta alla povertà. A<br />
quel numero 82, dove abitavano<br />
venti famiglie in tutto, tre persone<br />
erano in carcere e un ragazzo<br />
a Bologna, in un istituto<br />
di correzione. In quel rione le<br />
diseguaglianze e i cambiamenti<br />
sociali si sentivano sulla pelle.<br />
Erano graffianti le umiliazioni,<br />
lasciavano i segni sul dorso<br />
bruciato dal sole, lo facevano<br />
piegare. Ma la dignità, quella<br />
rimaneva: si leggeva negli occhi.<br />
I sacrifici pesavano come macigni,<br />
ma non schiacciavano il<br />
4<br />
desiderio di riscatto, la voglia<br />
sempre più forte di un po’ di<br />
giustizia. Il quarto stato, proletariato<br />
che avanzava con i figli<br />
in braccio, chiedeva migliori<br />
condizioni di vita. Qui ed ora.<br />
Certo, non smarriva la capacità<br />
di accettazione della durezza<br />
dell’esistenza, ma non si lasciava<br />
più consolare solo dalla speranza<br />
di un paradiso giusto. Soprattutto<br />
dopo il malgoverno<br />
dello Stato pontificio, che anche<br />
in quelle zone aveva lasciato<br />
un segno forte. E purtroppo<br />
negativo. Il potere temporale<br />
della Chiesa, finito nel 1870 tra<br />
il rumore della breccia di Porta<br />
Pia, non si era distinto dagli altri<br />
poteri umani, non aveva risparmiato<br />
niente ai poveri. Che<br />
ora guardavano con diffidenza<br />
alla Chiesa e ai suoi uomini,<br />
non esitando a chiamarli con<br />
disprezzo: “preti della malora”,<br />
“sacchi di roba sporca”.<br />
“Il mondo sta su con le bestemmie”,<br />
esclamavano i romagnoli<br />
di allora. A farli parlare,<br />
oltre al pregiudizio anticlericale,<br />
la rabbia che nasceva dalla<br />
disperazione. Una disperazione<br />
però che non toglieva del tutto<br />
Dio dall’orizzonte interiore, ma<br />
nel profondo di quelle anime<br />
stanche e generose continuava a<br />
invocarlo. In Romagna, poi, oltre<br />
a un forte anticlericalismo,
dilagava l’anarchismo, la lotta<br />
cioè ad ogni potere costituito. E<br />
l’anarchico russo Bakunin aveva<br />
individuato proprio in quelle<br />
terre di lavoratori il luogo ideale<br />
della rivoluzione proletaria.<br />
Ai tempi in cui il piccolo <strong>Angelo</strong><br />
Maria <strong>Lolli</strong> si affacciava<br />
alla vita, qualcosa cominciava a<br />
cambiare per i lavoratori ravennati.<br />
Nel marzo 1883, la vide<br />
anche <strong>Angelo</strong>, che allora aveva<br />
tre anni, una massa di braccianti<br />
spostarsi dai borghi e dalle<br />
campagne fino in città per commemorare<br />
la Comune di Parigi.<br />
Un evento lontano nel tempo e<br />
nello spazio, avvenuto il 18<br />
marzo 1871 nella capitale francese;<br />
una parentesi che per dieci<br />
settimane aveva visto al potere<br />
la classe operaia. Un’esperienza<br />
dalla fortissima carica<br />
simbolica.<br />
La coscienza della propria dignità<br />
e la consapevolezza di potercela<br />
fare a riscattarsi aumentò,<br />
tra la gente romagnola,<br />
con l’elezione - nell’ottobre<br />
1882 - del primo deputato socialista<br />
della storia italiana: il<br />
ravennate Andrea Costa. È uno<br />
stimolo per abbandonare le idee<br />
anarchiche e conquistarsi dei di-<br />
5<br />
ritti nella legalità. Ci si mette<br />
insieme, sicuri che l’unione fa<br />
la forza, che la solidarietà oltre<br />
a far bene al cuore è anche utile,<br />
che il mutuo soccorso, il reciproco<br />
aiuto, può essere una via<br />
di emancipazione sociale, di riscatto<br />
della propria condizione.<br />
L’8 aprile del 1883 nasce<br />
l’Associazione generale degli<br />
operai braccianti del comune di<br />
Ravenna. 303 i soci fondatori,<br />
in poco tempo salgono a 2.500<br />
gli iscritti. Tra loro c’è anche<br />
Orlando <strong>Lolli</strong>. L’impegno civile<br />
non è estraneo a questa famiglia.<br />
Gli antenati di Orlando<br />
avevano dato il loro tributo di<br />
sangue ai moti risorgimentali.<br />
Così, quelli della moglie Alba.<br />
Ora la battaglia va avanti con<br />
le armi della solidarietà, valore<br />
cristiano in una terra solo apparentemente<br />
scristianizzata. In<br />
una città, Ravenna, dove un sacerdote<br />
speciale dirà: “Chi dona<br />
al povero impresta a Dio”.<br />
Ricomponendo così nel cuore<br />
della gente la frattura con la<br />
Chiesa, risvegliando nel popolo<br />
una religiosità innata. Ma ora<br />
quel sacerdote è ancora un piccolo<br />
bricconcello che tra qualche<br />
anno entrerà in seminario.
DALLE STRADE DELLA BORGATA<br />
ALLE STANZE DEL SEMINARIO<br />
Il bacio a e’ Gagin<br />
In quella casetta umida di via<br />
Scaletta si dormiva tutti in una<br />
stanza. Ora Rosa, la figlia più<br />
grande, è una signorina, e ha<br />
bisogno di riservatezza. La situazione<br />
dei braccianti è leggermente<br />
migliorata, e anche quella<br />
di Orlando, il capofamiglia.<br />
Perché non cercare un’abitazione<br />
appena più grande? I <strong>Lolli</strong> si<br />
sono da poco trasferiti nella vicina<br />
via dei Pozzi, quando su di<br />
loro si abbatte un dolore grande:<br />
muore Rosa, appena diciassettenne,<br />
a causa del colera.<br />
Non ci avrebbe scommesso<br />
nessuno sul ritorno dell’epidemia.<br />
Del resto, quella del 1855<br />
sembrava essersi portata via<br />
tutto quello che poteva. E invece<br />
il 1° maggio dell’ ’86, a Ravenna<br />
si registra la prima morte<br />
per colera. Ci siamo di nuovo.<br />
Nel mese di agosto l’intera Romagna<br />
è colpita. Solo Ravenna<br />
piange 513 morti. La maggior<br />
parte di loro si contano nei due<br />
sobborghi popolari: San Rocco<br />
e San Biagio. Non è una novità:<br />
i più colpiti dalle malattie epidemiche<br />
sono sempre i più po-<br />
6<br />
veri. Nel rione San Francesco<br />
da Paola, dove abita la famiglia<br />
<strong>Lolli</strong>, il colera entra in casa e<br />
ne esce con sulle spalle la sorella<br />
di <strong>Angelo</strong>, la stessa che fino<br />
a quel momento gli aveva<br />
fatto un po’ da mamma.<br />
Rimane la stanza vuota; come<br />
svuotato dal senso della perdita<br />
resta per molti anni il cuore di<br />
Alba e Orlando. Ma la vita va<br />
avanti, e quella stanza i <strong>Lolli</strong><br />
non possono proprio permettersi<br />
di lasciarla vuota. La affittano<br />
a Lucia Casadio, detta<br />
“Luzì”, una donna di venticinque<br />
anni. Una giovane pia,<br />
un’anima bella, piena di fede.<br />
Inizierà il piccolo Angiolino alla<br />
preghiera, lo preparerà alla<br />
comunione e alla cresima. Gli<br />
donerà quell’educazione religiosa<br />
che Alba e Orlando, presi<br />
dalla fatica quotidiana di guadagnarsi<br />
il pane, non sapevano<br />
offrirgli. Gli insegnerà a vedere<br />
oltre. Sarà lei ad instillare nel<br />
suo cuore grande il vino buono<br />
della carità.<br />
Quando assiste alla prima<br />
Messa cantata, nella parrocchia<br />
di San Biagio, <strong>Angelo</strong> ha 8 anni.<br />
A celebrarla, un prete novel-
lo: Pietro Fabiani. “Voglio diventare<br />
pretino anch’io” mormora<br />
a Luzì durante la funzione<br />
religiosa.<br />
Come l’avrebbero presa in<br />
casa <strong>Lolli</strong>? Quando timidamente<br />
la giovane donna tira fuori il<br />
discorso, Orlando si vede già<br />
spingere le sue carriole di fieno<br />
alla mercé delle canzonature<br />
sferzanti dei braccianti. Un figlio<br />
prete da quelle parti non<br />
era certo un bel biglietto da visita!<br />
La gente avrebbe iniziato a<br />
guardarlo dall’alto in basso. Ma<br />
tra le immagini che in quel momento<br />
gli affollano la mente, ce<br />
ne è anche un’altra: il suo figliolo<br />
intento a studiare, come i<br />
figli dei ricchi. E non era questo<br />
che aveva sempre desiderato<br />
per Angiolino?<br />
Rimaneva però un problema:<br />
chi avrebbe pagato la retta del<br />
seminario? Luzì, donna di preghiera<br />
e di azione, aveva un’idea.<br />
Un giorno porta Angiolino<br />
a far visita allo zio Ferdinando,<br />
caffettiere. Il fratello di Orlando<br />
aveva un debole per quel nipotino<br />
simpatico e intelligente.<br />
“Vuole entrare in seminario?<br />
Ci penso io!”, disse sicuro.<br />
Così era caduto l’ultimo ostacolo,<br />
quello economico, e a<br />
Luzì, sulla strada del ritorno a<br />
casa, non rimaneva che passare<br />
a ringraziare il Signore nella<br />
7<br />
chiesetta di San Francesco da<br />
Paola. Guardando la tela del<br />
Barbiani che riproduce l’immagine<br />
del santo, <strong>Angelo</strong> nota il<br />
motto latino “charitas”. Ne<br />
chiede spiegazioni alla sua giovane<br />
maestra che risponde non<br />
limitandosi a tradurre la parola<br />
in italiano: “Non vuol dire solo<br />
fare la carità, dare un’elemosina<br />
ai poveri. Ai poveri prima<br />
bisogna volergli bene. Tu ci<br />
vuoi bene al tuo fratellone Romeo?<br />
Ma anche e’ Gagìn dla<br />
Placidia è tuo fratello”. E’ Gagin<br />
era uno sciancato che mendicava<br />
alla porta della chiesa.<br />
Usciti, Angiolino gli dà un bacio<br />
con lo schiocco sulla guancia<br />
ingiallita dal tempo e dagli<br />
stenti. Luzì e il barbone rimangono<br />
senza fiato.<br />
Era il gesto spontaneo e innocente<br />
di un bambino che conosce<br />
solo la verità del cuore, non<br />
ancora intorpidita dai pregiudizi<br />
della vita. Ma, in nuce, è<br />
l’uomo che esclamerà: “Come<br />
sto bene allorquando ho la certezza<br />
quasi evidente di aver<br />
asciugato delle lacrime, di aver<br />
fatto sorridere un raggio di sole<br />
attraverso un cielo nebuloso”.<br />
Non la carità episodica, ma la<br />
carità come metodo, atteggiamento,<br />
come costante disposizione<br />
dell’animo. Lui ne sarebbe<br />
stato capace.
“Ai poveri - disse la maestra al piccolo <strong>Angelo</strong> - prima bisogna<br />
volergli bene. Tu ci vuoi bene al tuo fratellone Romeo?<br />
Ma anche e’ Gagìn dla Placidia è tuo fratello”. E’ Gagin era<br />
uno sciancato che mendicava alla porta della chiesa. Usciti,<br />
Angiolino gli dà un bacio con lo schiocco sulla guancia ingiallita<br />
dal tempo e dagli stenti. Luzì e il barbone rimangono<br />
senza fiato.<br />
8
La musica fra talento<br />
e passione<br />
Scriverà rivolgendosi a Dio<br />
nelle sue meditazioni spirituali:<br />
“Godo di chiamarmi il vostro<br />
piccolo monello che voi avete<br />
tratto dalla strada, che avete<br />
adottato come figlio, portato<br />
nella vostra casa e rivestito con<br />
eleganza degli abiti vostri. Dovrei<br />
impazzire di riconoscenza”.<br />
Il “monello di Dio” entra<br />
nel seminario di Ravenna a 10<br />
anni, il 3 novembre 1890. Per<br />
lui, lo zio Ferdinando ha voluto<br />
il meglio. Ha scelto il seminario<br />
“dei signori”, dove la retta era<br />
più alta e il livello di studi maggiore.<br />
Avvolto nella lunga palandrana<br />
che gli arriva alle caviglie,<br />
il colletto inamidato,<br />
<strong>Angelo</strong> è composto e serio, non<br />
sembra quasi il birichino di<br />
sempre. Luzì non fa altro che<br />
ripetere: “Oh, che bel pretino!”.<br />
E Alba, la mamma, con<br />
l’abituale realismo da lavandaia<br />
avvezza alle sconfitte, non riesce<br />
a non esclamare: “‘Don’ se<br />
la dice”, se cioè arriverà a celebrare<br />
messa.<br />
Le regole rigide del seminario<br />
insegnano ad <strong>Angelo</strong> la disciplina,<br />
ma non ne piegano l’irruenza<br />
e la vivacità. Si distinguerà<br />
sempre, da bambino come da<br />
adulto, per quella forza di osare,<br />
9<br />
<strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong> appena entrato in seminario<br />
nel 1890.<br />
di andare al di là, di salire le<br />
vette. Come quando si arrampica<br />
sui cornicioni della chiesa di<br />
San Girolamo, inglobata nell’edificio<br />
del seminario di piazza<br />
del Duomo. Erano in corso i lavori<br />
di restauro. Da terra, il vicerettore<br />
– che poi diverrà rettore<br />
– don Bignardi, pallido per la<br />
paura, gli intima di scendere. E<br />
una volta sceso, <strong>Angelo</strong> si prende<br />
un bel ceffone. “Ma alla fine<br />
il rettore – racconterà in seguito
– è diventato il mio più grande<br />
amico”. In effetti il piccolo <strong>Lolli</strong><br />
si faceva voler bene, nonostante<br />
le bricconate.<br />
Per le vacanze estive i ragazzi<br />
del seminario venivano portati<br />
in una villa di campagna a Piangipane.<br />
Davano vita a delle recite<br />
teatrali e lui, il più disinvolto,<br />
aveva sempre una parte principale.<br />
Era un capogruppo, un trascinatore,<br />
uno che riusciva a risvegliare<br />
negli altri l’entusiasmo.<br />
Pieno di spirito di iniziativa,<br />
mise insieme un’orchestrina,<br />
un complesso musicale senza<br />
pretese, di una decina di seminaristi.<br />
Lui suonava il flauto.<br />
La musica diventò per <strong>Angelo</strong><br />
una passione. Cocciuto e tenace,<br />
migliorò la sua formazione<br />
frequentando corsi di specializzazione<br />
dai monaci benedettini<br />
di Badia di Torrechiara; poi<br />
continuò gli studi a Loreto. Per<br />
trent’anni sarà maestro del coro<br />
e organista del Duomo. Novello<br />
sacerdote, dirigerà la Schola<br />
Cantorum in occasione della<br />
celebrazione funebre per la<br />
morte di papa Leone XIII, il 27<br />
luglio 1903. Di talento ne aveva<br />
<strong>Angelo</strong>!<br />
Del resto l’amore per il bello<br />
non lo abbandonerà mai. Anzi,<br />
si compirà definitivamente<br />
quando il bello in cui immergersi<br />
sarà il malato cronico, il sor-<br />
10<br />
domuto, il cieco, l’anziano, il<br />
povero scartato dagli sguardi<br />
della gente. Quel povero, lui lo<br />
considererà testata d’angolo: la<br />
più bella, la più resistente, la più<br />
utile. Una testata dove indelebile<br />
è la traccia dei lineamenti di<br />
Cristo. Quelle anime dimenticate<br />
dal mondo, eppure contenitori<br />
di un mistero irriducibile, saranno<br />
la sua casa e la sua famiglia,<br />
il suo primo pensiero.<br />
Durante il seminario e nei primi<br />
anni di sacerdozio, Dio lo<br />
prepara lentamente a questa<br />
missione specifica, forgiandolo<br />
nelle delusioni e nelle umiliazioni.<br />
“Quanto mi ha tentato –<br />
confesserà in seguito – il pensiero<br />
di diventare un personaggio<br />
illustre nella musica!”. E<br />
dire che le carte ce le aveva tutte.<br />
Fu l’arcivescovo Morganti a<br />
scegliere di non privarsi di quel<br />
prete, in una Ravenna che di<br />
preti come lui ne aveva un gran<br />
bisogno. Il commento del giovane<br />
<strong>Lolli</strong> sarà amaro: “Mi sono<br />
visto chiudere tutte le strade,<br />
e ho dovuto rassegnarmi ad essere<br />
una mediocrità trascurabile”.<br />
Il suo cuore è gonfio di sogni,<br />
di ideali, di voglia di fare<br />
del bene. Del resto un’anima<br />
piena di zelo non conosce riposo,<br />
come diceva santa Teresa del<br />
Bambino Gesù, la santa che <strong>Angelo</strong><br />
amò tanto da intitolarle la
sua Opera.<br />
È un uomo appassionato<strong>Angelo</strong><br />
<strong>Lolli</strong>, appassionato<br />
degli esseri<br />
umani e di<br />
Dio. Ha 18 anni<br />
quando il suo<br />
cuore comincia a<br />
battere anche per<br />
un altro sogno:<br />
diventare missionario.<br />
Stracolma<br />
di un amore che<br />
non può contenere,<br />
la sua anima<br />
insegue il dono<br />
totale, il dono di<br />
sé. È deciso a<br />
scegliere la via<br />
della missione.<br />
Prende contatti<br />
con un Istituto<br />
missionario del<br />
nord Italia. Ma il<br />
3 novembre 1898<br />
scrive: “Gli ostacoli sono tanti,<br />
le suppliche e le lacrime di mia<br />
madre mi straziano”. Rinuncia.<br />
Perché sa rinunciare, nonostante<br />
i suoi slanci che subito diventano<br />
azione; sa obbedire, alla<br />
Chiesa prima di tutto. Commenterà<br />
in una futura maturità: “La<br />
mia fantasia sbrigliata aveva<br />
bisogno di sogni e Dio la trattenne<br />
col pascolo delle sante attrattive<br />
alla vita missionaria”.<br />
<strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong> (con il violino in primo piano) nel 1898<br />
durante una recita in seminario.<br />
11<br />
Eppure, nei primi anni del sacerdozio,<br />
si domanderà spesso<br />
se non fosse stata davvero quella<br />
la sua vocazione. Se lo chiederà<br />
fino a quando la via alla<br />
carità di cui Dio lo avrebbe fatto<br />
custode, non gli fu chiara. E come<br />
santa Teresa, ebbe la risposta,<br />
la stessa intuizione di fondo:<br />
l’amore racchiude tutte le<br />
vocazioni. Si può amare sempre<br />
e dovunque. E nonostante tutto.
FOLLE D’AMORE PER DIO<br />
Prete per gli altri<br />
<strong>Angelo</strong> diventa sacerdote in<br />
primavera. Il 6 giugno del 1903<br />
si prostra davanti all’altare della<br />
cappella dell’Episcopio, lasciando<br />
andare nelle mani di<br />
Dio il suo cuore grande, promettendo<br />
fedeltà eterna a un<br />
progetto di amore.<br />
A ordinarlo, l’arcivescovo<br />
Conforti. È solo l’inizio di una<br />
vita nuova, di una promessa per<br />
la gente di Ravenna. Una promessa<br />
che verrà mantenuta, e<br />
continua ad esserlo oggi, anche<br />
grazie alla generosità di tanti romagnoli.<br />
Ci sono la madre Alba<br />
e alcuni amici; non è presente il<br />
padre, morto due anni prima.<br />
<strong>Angelo</strong> è emozionato, quasi non<br />
ci crede. Ha atteso per così tanto<br />
tempo quel giorno! Ancora in<br />
seminario scriveva: “Sono come<br />
quella farfalla che batte sui vetri,<br />
che intravede l’aria pura e<br />
serena ma non può volarvi…<br />
Quando potrò infrangere i cristalli<br />
che mi permettono di vedere<br />
la luce ma mi tarpano le ali?<br />
Fate che sia presto o Signore…”.<br />
Della sua vocazione sentiva<br />
tutto il desiderio e la responsa-<br />
12<br />
bilità. Quel giorno di primavera<br />
mormorava tra sé: “Signore, fate<br />
che non abbia mai a macchiare<br />
questa veste candida della<br />
mia innocenza sacerdotale”.<br />
Prete per gli altri. Sarà questo<br />
don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong>; santo, se la<br />
santità è dimenticare se stessi in<br />
Dio e, come diceva lui, saper ricominciare<br />
sempre da capo.<br />
Scriverà il 3 marzo 1906: “Ti<br />
sei fatto prete per salvare gli altri,<br />
per condurre gli uomini a<br />
Dio non solo curando il benessere<br />
spirituale, ma anche quello<br />
materiale”. Del resto lui l’aveva<br />
conosciuta la miseria, l’anelito<br />
alla giustizia l’aveva letto negli<br />
occhi dei suoi genitori.<br />
Intanto, all’inizio del secolo,<br />
anche a Ravenna arrivano i venti<br />
del cristianesimo sociale.<br />
Grazie all’Enciclica Rerum novarum<br />
di Leone XIII – uscita<br />
sul finire dell’Ottocento – cominciò<br />
a farsi strada tra i cattolici<br />
l’idea che anche loro potevano<br />
dare un contributo alla società<br />
che cambiava, potevano<br />
farsi carico dei problemi di diseguaglianza,<br />
avere un ruolo<br />
nella lotta di classe. E non rinunciando<br />
alla fede. Anzi, do-
vevano unirsi e spendere quel<br />
qualcosa in più che li animava:<br />
il desiderio di fratellanza che risorgeva<br />
dalle pagine del Vangelo.<br />
Potevano rivendicare in tutte<br />
le forme lecite i loro diritti, alla<br />
stregua dei socialisti. È l’inizio<br />
di una nuova era politico-sociale.<br />
Si scaldano gli animi, la fantasia<br />
di molti vola veloce, pensando<br />
alla venuta del Regno<br />
qui, sulla terra.<br />
Nell’aprile del 1902 a Ravenna<br />
sorge il primo circolo democratico<br />
cristiano. In seminario il<br />
cardinale Riboldi istituisce la<br />
cattedra di sociologia. In agosto,<br />
il giovane sacerdote marchigiano<br />
Romolo Murri, teorico della<br />
nuova via di liberazione dell’uomo<br />
attraverso la Chiesa, parla ai<br />
giovani seminaristi. “Ne ero entusiasta”<br />
commenterà <strong>Angelo</strong><br />
facendo suo, una volta sacerdote,<br />
l’appello di Leone XIII ad<br />
“uscire dalle sacrestie e andare<br />
verso il popolo”.<br />
L’evoluzione che Murri darà<br />
al movimento non piacerà però<br />
alla Chiesa. Il suo riformismo<br />
religioso verrà giudicato eresia<br />
modernista. Secondo la gerarchia,<br />
insomma, quel sacerdote<br />
era troppo moderno; voleva<br />
adeguare la dottrina ecclesiale,<br />
la tradizione, ai tempi attuali.<br />
Bisognava fermarlo. Ma per fermarlo,<br />
si scatena una sorta di<br />
13<br />
“caccia alle streghe” di cui fanno<br />
le spese tutti, anche quel clero<br />
che si era lasciato giustamente<br />
animare dai nuovi ideali e li<br />
voleva inseguire rimanendo nell’obbedienza.<br />
Il successore di<br />
Leone XIII, Pio X, fa rientrare<br />
nei ranghi. Fa riassestare tutti su<br />
posizioni conservatrici. Don<br />
Romolo Murri? Verrà scomunicato<br />
e poi riaccolto dalla Chiesa<br />
nel ’43.<br />
Certo, la delusione è tanta. E<br />
tra i delusi c’è anche don <strong>Angelo</strong>.<br />
Che però è sempre più strumento<br />
nelle mani di Dio, e sta<br />
acquistando un equilibrio e una<br />
saggezza che tengono a freno la<br />
sua passionalità e impulsività. In<br />
una lettera del 1909 – anno in<br />
cui muore la madre – scriverà a<br />
proposito di Murri e del modernismo:<br />
“Non è il caso di farne<br />
una lotta personale. Senza pretendere<br />
di conoscere tutti i motivi<br />
(ché non potrei) lo condanno<br />
come lo ha condannato la Chiesa<br />
mia, e lo lascio da parte mentre<br />
prima ne ero entusiasta”.<br />
Sa andare oltre il disincanto,<br />
questo prete di umili origini arrivato<br />
alla soglia dei trent’anni.<br />
Non è più il tempo delle idee,<br />
delle teorizzazioni. Né tantomeno<br />
delle ideologie. Non si tratta<br />
di convincere o agitare gli animi<br />
con la forza delle parole, ma di<br />
testimoniare con la vita. <strong>Angelo</strong>
intuisce che Dio ha per lui una<br />
missione grande. “Indicami la<br />
strada!” prega incessantemente.<br />
Andando col pensiero al giorno<br />
della sua ordinazione, scrive:<br />
“Ricordi quando venivano a baciarti<br />
le mani, con quanta commozione<br />
tu gliele porgevi e con<br />
quanto fervore il tuo cuore diceva<br />
al Signore: ‘Fate che io possa<br />
a questi esseri donare tutto il<br />
bene, tutto il conforto e tutta la<br />
consolazione vostra come adesso<br />
porgo loro le mani?’... E<br />
quante volte le mie mani spargono<br />
sopra cuori ulcerati e anime<br />
trafitte il balsamo delle consolazioni<br />
di Dio! Vorrei farlo in<br />
una misura molto maggiore”.<br />
Non gli basta quello che fa.<br />
Vuole fare di più.<br />
Questi, per don <strong>Angelo</strong>, sono<br />
anche anni di tormento interiore,<br />
anni in cui sente tutta la sua<br />
miseria e inadeguatezza di uomo;<br />
prova disprezzo per il mondo,<br />
dove vede solo egoismo e<br />
vanità. Si sente tiepido, inutile,<br />
insoddisfatto. “La fede – scrive<br />
– ha dei momenti di prova e di<br />
angoscia terribili”. Soffre. Si<br />
chiede come spendere quell’ansia<br />
di azione che lo divora. Il<br />
suo desiderio più grande? Naufragare<br />
in Dio: “Che bella cosa<br />
sarebbe chiudere gli occhi e poi<br />
svegliarsi in paradiso!”.<br />
È il dolore di chi ha nel cuore<br />
14<br />
l’Eterno, di chi sa di essere a un<br />
passo dall’Infinito, ma non può<br />
afferrarlo. È la sofferenza di chi<br />
sente su di sé le croci del mondo.<br />
Sono gli anni in cui questo<br />
giovane sacerdote si farà svuotare<br />
da Dio, per farsi ricolmare<br />
della capacità di abbandono a<br />
lui. Attraverso l’ascolto, la preghiera,<br />
il silenzio, un’intensa vita<br />
contemplativa, imparerà a lasciarsi<br />
portare da Dio, a ‘lasciarsi<br />
fare’. Proprio come santa<br />
Teresa del Bambino Gesù. E<br />
quando si diventa musica nelle<br />
mani del Padre, si compiono<br />
meraviglie: “Sarò l’amico degli<br />
sventurati. Vi prego, Signore, di<br />
dare a me una parte di quelle<br />
sofferenze”.<br />
“Salire…<br />
sempre salire”<br />
Intanto a don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong><br />
viene affidata la direzione del<br />
settimanale diocesano di Ravenna.<br />
È un’ottima penna. Ha uno<br />
stile appassionato, pieno di immagini<br />
che parlano alla gente.<br />
Nel silenzio della sua stanza,<br />
scrive anche i suoi colloqui con<br />
Dio. Quando medita mette i<br />
pensieri nero su bianco. E non<br />
usa le virgole, sono da intoppo,<br />
pause che non vanno d’accordo<br />
con l’entusiasmo di un’anima<br />
ardente.
Papa Giovanni Paolo II in visita all’Opera Santa Teresa a Ravenna.<br />
È parroco nella parrocchia di<br />
San Biagio, il suo borgo natio.<br />
Comincia a lavorare alla Biblioteca<br />
cattolica circolante, che nei<br />
suoi progetti doveva essere una<br />
sorta di circolo culturale. Ma il<br />
progetto non ha seguito. Del resto,<br />
se ne deve compiere un altro.<br />
E le due stanze che aveva<br />
preso in affitto in via Paolo Costa<br />
per la biblioteca, stanno per<br />
diventare anche la sede di<br />
straordinarie opere di carità.<br />
Un giorno un povero infermo<br />
va a parlare con lui. E <strong>Angelo</strong>,<br />
interpellato dal dolore dell’altro,<br />
si chiede: “Gli avrò procurato<br />
qualche minuto di sollievo?”.<br />
Formare un gruppo di infer-<br />
15<br />
miere che assistano i malati poveri<br />
a domicilio, promuovere<br />
un’educazione familiare cristiana,<br />
costituire una cassa che assicuri<br />
la dote alle giovani spose<br />
prive di risorse economiche e<br />
un’altra per le donne incinte in<br />
difficoltà, creare case-rifugio<br />
per ragazze sottratte alle umiliazioni<br />
delle case di tolleranza: è<br />
l’iniziale programma sociale di<br />
don <strong>Angelo</strong>. Un programma vasto,<br />
modernissimo ed esigente.<br />
Certo non può fare tutto da<br />
solo. Cerca di coinvolgere qualcun<br />
altro prospettando la nascita<br />
di un “Comitato d’azione per il<br />
bene”, ma non trova risposte<br />
concrete. Allora si rivolge a del-
le nobildonne, che però si lasciano<br />
spaventare dalla portata<br />
del progetto. Lui non si scoraggia:<br />
“Voglio fare intorno a me<br />
una famiglia di anime veramente<br />
sante, un drappello di spiriti<br />
eletti che abbiano per divisa<br />
l’amore di Dio”. Continua a<br />
cercare e a pregare.<br />
Un giorno ne parla con Maria<br />
Belletti, una giovane che frequentava<br />
la parrocchia di San<br />
Biagio. Maria, figlia di un birocciaio,<br />
aveva rifiutato il matrimonio<br />
con un ragazzo proveniente<br />
da una famiglia “bene”<br />
perché lui non voleva sposarsi<br />
in chiesa. Un carattere forte<br />
quello della Belletti, che di<br />
fronte all’ideale concreto che<br />
usciva dalla bocca di don <strong>Angelo</strong>,<br />
non ha dubbi né indugi.<br />
È il 25 maggio 1911. In via<br />
Paolo Costa, nella sede della biblioteca<br />
circolante, si pone la<br />
prima pietra della futura Opera<br />
di Santa Teresa. La creatura partorita<br />
in quelle due stanze viene<br />
battezzata “Pia Opera assistenza<br />
infermi poveri a domicilio”. A<br />
farle vedere la luce, quattro<br />
16<br />
donne, tra cui Maria Belletti, e<br />
“il monello di Dio”, che ha quasi<br />
trentuno anni. Una riunione<br />
veloce, nessuna discussione: la<br />
carità è azione. Nel verbale della<br />
neonata Società femminile,<br />
l’obiettivo è chiaro: “proteggere<br />
in qualunque modo l’ammalato:<br />
igienicamente, finanziariamente<br />
e moralmente”.<br />
Da questo momento l’Opera<br />
non farà altro che crescere,<br />
muovendosi per le vie creative<br />
della carità. Verrà ufficialmente<br />
inaugurata il 18 dicembre 1911.<br />
Cresce il numero delle socie:<br />
nel 1915 sono venti, dieci anni<br />
dopo cinquantacinque. Così dei<br />
malati che vengono assistiti.<br />
Anche se per don <strong>Angelo</strong>, maestro<br />
di solidarietà e di umiltà,<br />
non saranno mai abbastanza. Si<br />
potrà sempre fare di più. “Salire…<br />
sempre salire” ripete alle<br />
sue apostole. Non accontentarsi<br />
dell’obiettivo raggiunto ma studiarne<br />
subito un altro. Salire<br />
finché Dio lo vorrà. Ogni meta<br />
ne chiama un’altra: “Il tempo –<br />
dice lui – è la nostra nave e non<br />
la nostra dimora”.
PER LE VIE CREATIVE DELLA CARITÀ<br />
Quei piccoli nonnulla<br />
Vanno due a due le apostole<br />
della carità di Ravenna a bussare<br />
alla porta dei poveri. Il loro biglietto<br />
da visita è il sorriso. Don<br />
<strong>Angelo</strong> si raccomanda di sorridere<br />
sempre, seminando gioia a<br />
piene mani. Lui li chiama “piccoli<br />
nonnulla” quei gesti che<br />
sembrano insignificanti ma che,<br />
per il sofferente, sono come carezze<br />
di una madre. <strong>Angelo</strong> insegna<br />
alle sue collaboratrici ad<br />
amare in modo totale, rasentando<br />
l’eccesso, la follia, pur nella<br />
razionalità dell’agire. Insegna<br />
loro che la gioia è una scelta<br />
d’amore fatta per gli altri.<br />
Bisogni spirituali e bisogni<br />
materiali. Don <strong>Angelo</strong> ha una<br />
grande sensibilità sociale e crede<br />
nella liberazione storica dell’uomo.<br />
Vale la pena eccome,<br />
secondo quel sacerdote figlio di<br />
un bracciante e di una lavandaia,<br />
cercare di migliorare le condizioni<br />
di vita degli esseri umani.<br />
Le giovani apostole, dunque,<br />
portano anche l’aiuto concreto:<br />
razioni di pane, carne e zucchero,<br />
qualche uovo, una bottiglia<br />
di marsala e un sussidio in dena-<br />
17<br />
ro. Nel periodo di Natale, una<br />
bottiglia di vino. Perché la carità<br />
è fatta anche di sfumature.<br />
Intanto don <strong>Angelo</strong> cerca per<br />
sé la povertà materiale. Aveva<br />
preso in affitto alcune stanze in<br />
via Mazzini presso la signora<br />
Giannina De Giovanni, che tra<br />
non molto diventerà “la commessa<br />
viaggiatrice di Dio”; dirotta<br />
verso i poveri tutto quello<br />
che ha: dai materassi ai mobili,<br />
alle suppellettili, alle coperte.<br />
Nel 1912 si forma il primo<br />
gruppo di infermiere samaritane:<br />
dovevano assistere i poveri infermi<br />
a domicilio. Certo, ci vogliono<br />
i soldi. I bisogni degli<br />
emarginati di Ravenna sono i<br />
più vari. Don <strong>Angelo</strong>, che il 28<br />
aprile del 1908 scriveva: “Signore,<br />
servitevi di me come di<br />
uno straccio per spazzare la polvere,<br />
mettetemi in tutti i buchi,<br />
basta che mi teniate stretto bene”,<br />
non fa un passo prima di<br />
aver pregato. Gli occhi al cielo, i<br />
piedi ben piantati a terra, egli<br />
crede fermamente nella Provvidenza,<br />
ma vuole fare tutto quello<br />
che umanamente gli è possibile:<br />
“Sì – dice –, tutto sperare<br />
nell’aiuto di Dio, ma al tempo
Nel 1913 il laboratorio trasloca in via Mazzini 3, l’attuale via<br />
Corrado Ricci, in uno stabile che don <strong>Angelo</strong> acquista in proprio,<br />
accollandosi i debiti. Il 25 aprile dell’anno successivo, comincia<br />
a circolare in città un volantino informativo: “La Pia<br />
Opera d’assistenza infermi poveri ha aperto in via Mazzini 3 un<br />
negozio Alla beneficienza”. Ora i manufatti che uscivano dal laboratorio<br />
potevano essere esposti e venduti con più facilità.<br />
18
stesso agire materialmente come<br />
se Dio non ci fosse”. Per i suoi<br />
malati <strong>Angelo</strong> si inventa di tutto:<br />
da una grandiosa lotteria, dove<br />
tra l’altro mette a disposizione le<br />
ultime cose che aveva, agli emblemi<br />
funerari, da donare ai parenti<br />
dei defunti, al laboratorio<br />
di maglieria e cucito, che diventa<br />
una vera e propria attività, con<br />
delle volontarie e del personale<br />
retribuito.<br />
I locali di via Costa non bastano<br />
più. Bisogna cercare altro.<br />
Nel 1913 il laboratorio trasloca<br />
in via Mazzini 3, l’attuale via<br />
Corrado Ricci, in uno stabile<br />
che don <strong>Angelo</strong> acquista in proprio,<br />
accollandosi i debiti. Il 25<br />
aprile dell’anno successivo, comincia<br />
a circolare in città un volantino<br />
informativo: “La Pia<br />
Opera d’assistenza infermi poveri<br />
ha aperto in via Mazzini 3<br />
un negozio Alla beneficienza”.<br />
Ora i manufatti che uscivano dal<br />
laboratorio potevano essere<br />
esposti e venduti con più facilità.<br />
E in quello stabile non è raro<br />
vedere “gli angeli volenterosi”,<br />
come li definì il “Corriere di<br />
Romagna”, dismettere i panni<br />
delle operaie per vestire quelli<br />
delle infermiere. Il fine era lo<br />
stesso in tutte le attività: alleviare,<br />
alleviare, alleviare.<br />
Nello stesso anno viene inaugurata<br />
una cucina per i poveri e<br />
19<br />
allestito un ambulatorio gratuito,<br />
che diventerà una struttura di altissima<br />
qualità. Ci tiene a far le<br />
cose bene, don <strong>Angelo</strong>; per i<br />
suoi poveri vuole il meglio. E<br />
pensa anche ai bambini. Più tardi<br />
nascerà un asilo. Per ora –<br />
siamo nel 1914 – fa distribuire<br />
ai fanciulli l’olio di fegato di<br />
merluzzo, perché abbiano più<br />
forza nelle ossa. Chiassose frotte<br />
di ragazzini si presentavano nel<br />
cortile dell’ambulatorio con tanto<br />
di cucchiaio e pezzuola per<br />
pulirlo. E dopo aver ingoiato l’amaro<br />
sorso, si mettevano in fila<br />
per ritirare il premio: due mentini.<br />
Intanto in Europa si sta profilando<br />
una guerra di trincea che<br />
si credeva dovesse durare pochi<br />
mesi. Durerà anni.<br />
A metà strada tra<br />
la terra e il paradiso<br />
L’Italia dichiara guerra all’Austria<br />
nel 1915. Don <strong>Angelo</strong>, trentacinquenne,<br />
dopo essere stato<br />
chiamato alle armi a Bologna,<br />
viene fatto tornare a Ravenna<br />
grazie anche all’interessamento<br />
dell’arcivescovo Morganti. Copre<br />
le funzioni di cappellano in<br />
due ospedali militari: il suo posto<br />
è sempre accanto a chi soffre.<br />
Nel mare di dolore in cui si sta<br />
trasformando il Paese, le infermiere<br />
della Pia Opera si danno
ancora più da fare. Il lavoro al<br />
laboratorio aumenta: arrivano<br />
commesse dal Ministero della<br />
Guerra. Questa volta gli angeli<br />
della carità confezioneranno<br />
berrettoni di lana per i soldati al<br />
fronte, che li riparino dal freddo.<br />
La lana don <strong>Angelo</strong> se la va a<br />
procurare nel biellese. La sua<br />
operosità è straordinaria: in piena<br />
guerra riesce a dare lavoro a<br />
cento operaie facendo nascere<br />
un calzaturificio in via Romolo<br />
Gessi, a casa di Pia Ghigi, una<br />
delle pioniere dell’Opera. Il laboratorio<br />
di scarpe durerà pochi<br />
anni, ma occuperà molti profughi<br />
che dopo la disfatta dell’esercito<br />
italiano a Caporetto affluiranno<br />
a Ravenna.<br />
Fare il bene: questa è l’unica<br />
cosa che gli interessa. E fare il<br />
bene, sintetizzava in una formula,<br />
significa “non posare e non<br />
pesare”: non mettere nel bene<br />
noi stessi, pensando di essere<br />
migliori degli altri, ma sempre<br />
Dio. Ed essere discreti, abili: “Il<br />
bene – diceva – non è opprimente,<br />
insopportabile; non schiaccia”.<br />
La carità è un’arte. E lui<br />
ne era un artista formidabile.<br />
Il rumore assordante delle armi<br />
tace nel 1918. Seicentomila<br />
morti e un milione di mutilati, il<br />
bilancio di quella che Benedetto<br />
XV aveva definito “l’inutile<br />
strage”. Finita la guerra, ci pen-<br />
20<br />
sa l’epidemia “spagnola” a mietere<br />
vittime. Si ammala anche il<br />
sacerdote ravennate; la febbre è<br />
alta, si teme per la sua vita, ma<br />
guarisce. Non fa in tempo a riprendersi<br />
che chiede a mons.<br />
Morganti di inaugurare una cappellina<br />
all’ultimo piano della<br />
sede di via Mazzini. Perché <strong>Angelo</strong><br />
sarà sempre prima di tutto<br />
sacerdote: il breviario è “l’inno<br />
della mia vita”, dirà. E sa bene<br />
che l’azione nasce dalla contemplazione<br />
di Gesù nel Tabernacolo.<br />
Quel giorno, il 17 febbraio<br />
del 1919, l’arcivescovo<br />
non più giovanissimo sale a fatica<br />
quelle scale, fino all’ultimo<br />
piano. A un tratto, col fiatone,<br />
esclama: “Questa chiesina sta a<br />
metà strada tra la terra e il paradiso!”.<br />
Tutto procede al meglio, ma<br />
intorno al 1920, ecco per l’Opera<br />
un serio problema da risolvere:<br />
il laboratorio di confezione<br />
e maglieria entra in crisi.<br />
Con la fine della guerra sono<br />
venute meno le commesse militari,<br />
e la clientela ravennate del<br />
negozio “Alla beneficienza”<br />
non basta più. Don <strong>Angelo</strong> e le<br />
sue più strette collaboratrici<br />
lanciano sguardi preoccupati su<br />
quella massa di prodotti invenduti<br />
e accumulati nel magazzino.<br />
Certo, licenziare le operaie<br />
sarebbe una scelta troppo dolo-
La vecchia facciata dell'Ospizio di via Nino Bixio prima dei lavori del 1935.<br />
rosa. Bisogna inventarsi qualcos’altro.<br />
Un giorno don <strong>Angelo</strong> si presenta<br />
in laboratorio con l’aria<br />
ancora più risoluta del solito.<br />
Raduna le sue apostole davanti<br />
ai sacchi pieni della roba invenduta<br />
e li benedice con una pioggia<br />
di medagliette della Madonna,<br />
non prima di aver recitato tre<br />
Ave Maria. Preghiera e azione.<br />
Lui, che era un devoto a Maria,<br />
le affida le nuove vie della carità<br />
che l’Opera avrebbe intrapreso.<br />
E sono vie impervie, che costano<br />
fatica e imprevisti, sacrifici e<br />
porte chiuse. Da Brescia a Bergamo<br />
a Verona, alle spiagge dell’Adriatico.<br />
Le apostole della<br />
carità si trasformano in com-<br />
21<br />
messe viaggiatrici di Dio, percorrono<br />
la Penisola per vendere<br />
a tutti i costi quei manufatti e ricavarne<br />
proventi per i malati. A<br />
organizzare tutto, Giannina De<br />
Giovanni, che poteva contare su<br />
conoscenze di alto livello. Si<br />
farà addirittura ricevere dalla regina<br />
Elena di Savoia, che diventerà<br />
una costante benefattrice. Il<br />
peso delle merci, i lunghi viaggi<br />
in treno, l’amarezza nel leggere<br />
indifferenza sui volti, la debolezza<br />
di quando non si riesce a<br />
mangiare o si dorme all’addiaccio.<br />
E poi, la sabbia che entra<br />
negli occhi quando, in estate, si<br />
battono a tappeto le spiagge proponendo<br />
ai bagnanti una maglia,<br />
un ricamo.
Per dieci anni queste donne<br />
votate al servizio, donne che<br />
costituirono le origini dell’attuale<br />
Opera di Santa Teresa,<br />
fanno questa vita. Del resto don<br />
<strong>Angelo</strong>, che non mancava mai<br />
di incoraggiarle e di benedirle<br />
prima di ogni loro partenza, già<br />
tanti anni prima sapeva che<br />
avrebbe potuto contare su anime<br />
nobili, che dell’amore gratuito<br />
avrebbero fatto la loro ragione<br />
di esistere.<br />
Anche un giornale<br />
per i gioielli derelitti<br />
I risultati non tardano ad arrivare.<br />
Il magazzino si svuota dell’invenduto.<br />
La Provvidenza,<br />
portata da donne in carne e ossa,<br />
fa giungere a Ravenna un cospicuo<br />
ricavato. Già nel 1921 don<br />
<strong>Angelo</strong> può acquistare una casa<br />
in via Bixio 20, dove, da via<br />
Mazzini, viene trasferito il laboratorio:<br />
è la prima di una serie di<br />
acquisizioni, nucleo del futuro<br />
ospizio per malati cronici abbandonati.<br />
Don <strong>Angelo</strong> vuole<br />
per loro “un piccolo ambiente”<br />
dove accoglierli. Era il suo grande<br />
desiderio.<br />
L’anno dopo viene acquistata<br />
un’altra casa, al civico 22. Qui,<br />
nel 1926, verrà trasferito l’ambulatorio<br />
per i poveri, fiore all’occhiello<br />
dell’Opera. Si in-<br />
22<br />
grandirà fino a contare otto reparti<br />
specialistici affidati a medici<br />
professionisti. E ancora, altri<br />
due edifici in via Bixio, e la casa<br />
Tomacelli dove verrà installata<br />
la farmacia per i poveri. Fino a<br />
quel 25 gennaio 1928 quando,<br />
dopo adeguati lavori di ristrutturazione,<br />
viene inaugurata la casa-ospizio<br />
per malati cronici abbandonati.<br />
Ed è intitolata a santa<br />
Teresa del Bambino Gesù, la<br />
mistica francese di Lisieux di<br />
cui <strong>Angelo</strong> aveva letto l’autobiografia<br />
“Storia di un’anima”.<br />
Il giorno dell’inaugurazione<br />
per lui che non amava apparire,<br />
né raccogliere consensi, dovette<br />
essere stata dura pronunciare<br />
poche parole di saluto. Al termine<br />
della cerimonia, scivolò via<br />
subito con la sua tonaca lisa per<br />
sottrarsi alle congratulazioni.<br />
Tutti si chiedevano dove fosse<br />
finito. Lo trovò suor Gina Bartolucci:<br />
era nel solaio, da solo. Appena<br />
la vide le sorrise, portando<br />
un dito alla bocca in segno di silenzio.<br />
Non voleva nessun onore:<br />
se era riuscito in quell’impresa<br />
il merito era solo di Dio.<br />
Come quando un noto predicatore,<br />
padre Tarulli, arriva a Ravenna.<br />
Ha sentito molto parlare<br />
dell’Opera di Santa Teresa, e<br />
vuole visitarla. Per strada si imbatte<br />
in don <strong>Angelo</strong> a cui chiede<br />
informazioni sul santo prete che
Il cardinale Lercaro, arcivescovo di Bologna (già arcivescovo di Ravenna<br />
nel quinquennio 1947-1952) in visita all’Opera Santa Teresa nel 1955.<br />
l’ha fondata. Don <strong>Angelo</strong>, con<br />
quel viso improntato alla dolcezza<br />
e sempre pronto al sorriso, deve<br />
ammettere di conoscerlo bene;<br />
poteva assicurare che santo<br />
proprio non era, era un povero<br />
diavolo. Padre Tarulli intuisce:<br />
“Forse quel don <strong>Lolli</strong> è lei?”<br />
“Purtroppo sono io – risponde<br />
don <strong>Angelo</strong> – Ma non sono un<br />
individuo eccezionale. Mi creda,<br />
sono l’ultimo dei preti”.<br />
Per quel cercatore di Dio, l’umiltà<br />
è una virtù da non smarrire.<br />
Nemmeno dalle colonne del<br />
suo giornale, “L’Amico degli Infermi”,<br />
firmerà mai un articolo.<br />
Quel bollettino mensile lo fonda<br />
nel giugno del 1927. Uscirà in<br />
23<br />
migliaia di copie. Arriva ancora<br />
oggi nelle case. È uno strumento<br />
per diffondere l’Opera, per sensibilizzare<br />
rispetto alla causa dei<br />
poveri, per dare parole di<br />
conforto ai malati stessi. A volte,<br />
anche se rare, la sua penna, in<br />
nome di quei derelitti che definisce<br />
“i nostri gioielli”, sa essere<br />
graffiante: “Se chi si alza al<br />
mattino, preoccupato del come<br />
tradurre in follie di nuovi passatempi<br />
il frutto di suoi molti milioni,<br />
potesse guardarsi attorno<br />
e udire il gemito straziante di<br />
chi è preoccupato di arrivare,<br />
senza morire di stenti, alla sera,<br />
arrossirebbe certo dei suoi divertimenti”.
COME UNA BARCA<br />
SPINTA IN ALTO MARE<br />
L’infermo apostolo<br />
Una pioggia di bombe cade<br />
sull’Italia già piegata da anni di<br />
guerra. Il rumore assordante degli<br />
aerei non dà tregua, gli edifici<br />
crollano, le carni dei civili<br />
vengono dilaniate tra le macerie.<br />
Siamo negli anni del secondo<br />
conflitto mondiale.<br />
In via Bixio, nella sede dell’Opera<br />
sono giorni e ore di<br />
paura. Non appena suona l’allarme,<br />
don <strong>Angelo</strong> – che dal<br />
1938 si è trasferito a vivere con<br />
i suoi ammalati – fa correre nell’orto,<br />
dove era stato allestito<br />
una sorta di rifugio. Una notte<br />
però, al suono assordante della<br />
sirena che avvertiva l’arrivo degli<br />
aerei, profeticamente grida:<br />
“Nessuno vada nell’orto… Tutti<br />
in chiesa!”. Da lì potevano<br />
vedere il cortile illuminato a<br />
giorno dai bagliori delle esplosioni.<br />
Un bombardamento a<br />
tappeto stava risparmiando ben<br />
poco intorno a loro, gli scoppi<br />
potevano sentirli vicinissimi.<br />
Per tutto il tempo in cui gli<br />
aerei continuano a volare minacciosi<br />
sulle loro teste, don<br />
<strong>Angelo</strong> rimane prostrato ai pie-<br />
24<br />
di dell’altare, con le braccia<br />
spalancate, la fronte sul pavimento.<br />
Pregando con forza che<br />
l’Opera venisse risparmiata da<br />
quella furia. A un tratto si alza<br />
in piedi, benedice tutti: “Siamo<br />
nelle mani di Dio”, dice. Poi, la<br />
calma dopo la tempesta, il respiro<br />
riparte, gli occhi si riaprono<br />
increduli, gli abitanti dell’ospizio<br />
escono di nuovo all’aperto:<br />
l’ospizio era avvolto in un<br />
fumo denso, ma miracolosamente<br />
intatto.<br />
Intanto, quelle creature votate<br />
alla carità che avevano prestato<br />
mani e piedi all’ideale del sacerdote<br />
ravennate, si erano trasformate<br />
ufficialmente in una<br />
nuova famiglia religiosa. La cerimonia<br />
della consacrazione avviene<br />
il 24 ottobre 1931. Sedici<br />
le prime novizie, più tardi nascerà<br />
un ramo maschile.<br />
È il 2 febbraio 1955 quando<br />
la Piccola Famiglia di Santa Teresa<br />
del Bambino Gesù ottiene<br />
il riconoscimento canonico.<br />
Un’evoluzione naturale del dono<br />
di sé a Dio nella persona<br />
sofferente, per il quale erano<br />
vissute e continueranno a vivere.
Nel 1930, grazie ai lavori di<br />
ampliamento dell’Ospizio, nasce<br />
un nuovo reparto. È destinato<br />
ai sacerdoti anziani, malati<br />
e soli. Il primo ospite? Don <strong>Angelo</strong><br />
Bignardi, il vecchio rettore<br />
del seminario che aveva rifilato<br />
un ceffone al piccolo <strong>Lolli</strong>, salito<br />
imprudentemente sul cornicione<br />
della chiesa.<br />
Nello stesso anno muore Maria<br />
Belletti, il braccio destro di<br />
don <strong>Angelo</strong>; nel 1944 Pia Ghigi,<br />
l’anno dopo Giannina de<br />
Giovanni. Nel ’57, in un incidente<br />
stradale, si spegne suor<br />
Argia Drudi, la dottoressa dei<br />
poveri: tanti anni prima, giovane<br />
e di umili origini, si era presentata<br />
a don <strong>Angelo</strong> pensando<br />
di aiutare nelle faccende domestiche,<br />
invece lui l’aveva fatta<br />
studiare, perché l’Opera aveva<br />
bisogno di medici e farmacisti.<br />
Per il fondatore, queste morti<br />
significano dolore, ma la fede è<br />
più grande: “Tutto passa – commenta<br />
– solo Dio rimane”. Ormai<br />
anziano e in carrozzina,<br />
don <strong>Angelo</strong> comincia a pensare<br />
anche alla sua di morte: “Quando<br />
giungerà, quel giorno come<br />
un torrente mi riverserò nell’oceano<br />
infinito dell’amore”.<br />
Le gambe non gli reggono<br />
più. È più silenzioso negli anni<br />
della vecchiaia, ma cuore e<br />
mente rimangono ferventi; con-<br />
25<br />
tinua a progettare: “Non devo<br />
partirmi da questo mondo senza<br />
aver spinto la barca in alto<br />
mare”, dice riferendosi alla sua<br />
Opera. È presente, vigile, eppure<br />
sembra essere altrove, già in<br />
dialogo con l’oceano infinito<br />
che lo aspetta. La morte, la<br />
chiama “la mia ultima impresa,<br />
coronamento di tutte le altre”.<br />
Ora è malato anche lui, è lui<br />
ad aver bisogno di cure, a dover<br />
essere alleviato. Ora può offrire<br />
la sua sofferenza fisica. E lo fa<br />
senza mai un lamento. Perché<br />
per lui – e lo ripeteva spesso ai<br />
suoi poveri – la sofferenza è<br />
una ricchezza che non va sprecata.<br />
Niente ha più valore del<br />
soffrire con amore e per amore.<br />
La sofferenza non è passività,<br />
ma azione; non è una disgrazia<br />
che cade sulle spalle di qualcuno,<br />
ma una condizione di vita<br />
feconda, una perla preziosa da<br />
spendere per il prossimo. Il limite<br />
non è una menomazione,<br />
ma una possibilità. Inutile il povero<br />
malato? Tutt’altro: una sua<br />
preghiera vale la gloria di Dio,<br />
un lamento represso lo rende<br />
apostolo. E l’apostolato fatto<br />
dagli infermi è il più alto di tutti.<br />
Don <strong>Angelo</strong> passa lunghe ore<br />
davanti alla croce, simbolo di<br />
tutte le sofferenze umane.<br />
Guardandola – diceva ai suoi
Nel 1930,<br />
grazie ai lavori<br />
di ampliamento<br />
dell’Ospizio,<br />
nasce un nuovo<br />
reparto.<br />
Il reparto è destinato ai sacerdoti anziani, malati e soli. Il primo<br />
ospite? Don <strong>Angelo</strong> Bignardi, il vecchio rettore del seminario<br />
che aveva rifilato un ceffone al piccolo <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong>, salito<br />
imprudentemente sul cornicione della chiesa.<br />
26
malati – si comprende il perché<br />
del dolore.<br />
“Confidate nel Signore”<br />
Il 21 agosto del 1957 don <strong>Angelo</strong><br />
compie 77 anni. È la prima<br />
volta che festeggia il compleanno<br />
nella sua camera, stando a<br />
letto. Il 6 aprile dell’anno successivo<br />
le sue condizioni si aggravano.<br />
Mancano pochi giorni<br />
all’incontro faccia a faccia con<br />
Dio. Alle suore, che non si<br />
muovono dalla sua stanza, riesce<br />
a dire alcune frasi, interrotte<br />
da lunghe pause: “Confidate<br />
nel Signore… date a lui le vostre<br />
pene… vogliatevi bene…<br />
abbandonatevi a lui… pregate<br />
la Madonna…”.<br />
Il 17 aprile entra in agonia tra<br />
le 9 e le 10. Alle 23.20 si spegne.<br />
Ai funerali, che si celebrano<br />
il 21 aprile nella chiesa di<br />
Santa Teresa, la commozione è<br />
tanta. Come la gratitudine per<br />
quel padre dei poveri che aveva<br />
trovato la Verità sporcandosi la<br />
tonaca lisa nel fango della città,<br />
che era sceso da cavallo e si era<br />
piegato sul derelitto, lo aveva<br />
raccolto non badando alle sue<br />
ferite aperte e purulente, e se ne<br />
era preso cura. Era morto don<br />
<strong>Lolli</strong>, l’uomo che era riuscito a<br />
cambiare il cuore ispessito di<br />
tanti ravennati lontani da Dio.<br />
27<br />
Il 9 aprile 1962, quattro anni<br />
dopo la morte, la sua salma viene<br />
portata dal cimitero monumentale<br />
di Ravenna nella cripta<br />
dell’Opera Santa Teresa. Quel 9<br />
aprile, man mano che passa per<br />
le strade della città, il corteo diventa<br />
un lungo serpentone silenzioso,<br />
con la gente che si aggiunge<br />
numerosa uscendo dalle<br />
case. I più vicini al feretro sono<br />
gli infermi dell’Ospizio, alcuni<br />
lo accompagnano sulle loro<br />
carrozzelle. Le campane delle<br />
chiese della città suonano insieme<br />
i rintocchi; dal cielo un aereo<br />
sorvola la bara e getta fiori.<br />
Sono per quel prete umile che<br />
amava il nascondimento, per<br />
quell’uomo folle d’amore per<br />
Dio e per le sue creature, per<br />
quel romagnolo tenace e appassionato<br />
che aveva trasformato<br />
in forza la debolezza.<br />
L’Opera S. Teresa oggi<br />
La causa di beatificazione e<br />
canonizzazione del servo di<br />
Dio don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong>, aperta<br />
solennemente dall’arcivescovo<br />
di Ravenna-Cervia mons. Luigi<br />
Amaducci il 7 maggio 2000,<br />
l’anno del Giubileo, nella basilica<br />
di S. Maria in Porto in Ravenna,<br />
si è conclusa, nella sua<br />
fase diocesana, il 20 aprile<br />
2008 in Duomo con una cele-
azione eucaristica presieduta<br />
dall’arcivescovo mons. Giuseppe<br />
Verucchi. Era il felice coronamento<br />
dei festeggiamenti in<br />
occasione del 50° anniversario<br />
della morte del fondatore dell’Opera<br />
S. Teresa.<br />
Don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong>, quell’Ospizio<br />
che aveva tanto desiderato<br />
per i malati cronici abbandonati,<br />
l’aveva paragonato a una “nave<br />
che tanto più si sente sicura<br />
quanto più si lancia al largo”.<br />
Ebbene, dalla nascita in cielo<br />
del suo fondatore, quella “nave”<br />
continua a navigare nei mari<br />
calmi della carità.<br />
A Ravenna, tutte le opere a<br />
cui don <strong>Lolli</strong> ha aperto la strada<br />
- dalla farmacia, al poliambulatorio,<br />
ai centri residenziali per<br />
minori e disabili psichici, fino<br />
all’ultima nata tra le realtà assistenziali<br />
attuali, la casa per malati<br />
di aids - hanno un nome solo:<br />
Santa Teresa.<br />
E per la gente, le suore della<br />
Piccola Famiglia di Santa Teresa<br />
di Gesù Bambino, angeli che<br />
si muovono in quella cittadella<br />
della carità, sono semplicemente<br />
“le suore di Santa Teresa”.<br />
Risiedono accanto al Duomo; la<br />
più giovane ha poco più di<br />
trent’anni, la più anziana ne ha<br />
28<br />
compiuti cento. Loro non conoscono<br />
àncore, tranne quella di<br />
Cristo. Sulla barca messa in acqua<br />
da don <strong>Lolli</strong> veleggiano in<br />
alto mare, con gli occhi sempre<br />
all’orizzonte. Perché la Provvidenza<br />
può suggerire altre mete e<br />
i naufraghi dell’esistenza sono<br />
sempre di più.<br />
Suore che hanno un dono: la<br />
tenerezza. Il loro fondatore si<br />
era raccomandato: “Siate devote<br />
alla Madonna, imparerete la<br />
tenerezza”. Oggi come allora,<br />
tengono la mano degli emarginati,<br />
dai bambini disabili agli<br />
adulti cerebrolesi, agli anziani<br />
in carrozzina, tra cui molti sacerdoti.<br />
Sono oltre 180 gli ospiti della<br />
cittadella della carità che si trova<br />
nel centro storico di Ravenna;<br />
circa altri 100 sono accolti<br />
nelle case famiglia animate da<br />
volontari laici. Lì, tra gli altri,<br />
ci sono i traumatizzati della<br />
strada. Perché la vita è sacra, e<br />
vale il suo mistero anche quando<br />
si è costretti su un letto.<br />
Queste suore vestite di blu<br />
trasformano la sofferenza in un<br />
canto di lode. Poiché, come diceva<br />
il loro fondatore, “sono<br />
assillate dal dolce tormento di<br />
Dio”.
PREGHIERA<br />
per la beatificazione<br />
di don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong><br />
Signore Dio,<br />
Padre di infinita carità,<br />
che attraverso il tuo umile Servo<br />
don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong><br />
hai mostrato lo splendore<br />
del tuo Amore misericordioso,<br />
umilmente ti prego:<br />
degnati di glorificarlo<br />
anche su questa terra,<br />
lui che nella partecipazione generosa<br />
alla croce di Cristo Gesù,<br />
tanto ti ha amato<br />
e tanto sì è prodigato<br />
per la tua gloria,<br />
facendo del bene<br />
ai sofferenti e agli abbandonati.<br />
Ti supplico di volermi concedere,<br />
per sua intercessione,<br />
la grazia (…)<br />
che ardentemente desidero.<br />
Tre Gloria<br />
Imprimatur: Ravenna, 6 giugno 2000<br />
Mons. Giuseppe Verucchi<br />
Arcivescovo<br />
29
La vita<br />
21 agosto 1880 Nasce da Alba Pasi, lavandaia, e Orlando <strong>Lolli</strong>,<br />
bracciante. Prima di lui, nel 1869, era nata Rosa.<br />
Romeo era arrivato quattro anni prima. I fratelli<br />
Giovanni e Luigi erano morti a 9 e 16 mesi.<br />
La famiglia abita nella borgata di San Biagio, in<br />
via Scaletta 82, alla periferia di Ravenna.<br />
22 agosto 1880 Viene battezzato nel Duomo di Ravenna con il<br />
nome di <strong>Angelo</strong> Maria.<br />
Agosto 1886 A causa dell’epidemia di colera che colpisce la<br />
Romagna, muore la sorella più grande Rosa, appena<br />
diciassettenne. La sua stanza viene affittata<br />
dai <strong>Lolli</strong> a Lucia Casadio, detta Luzì, una donna<br />
pia che lo inizierà alla preghiera e ai sacramenti.<br />
3 novembre 1890 Entra in seminario. Ha 10 anni.<br />
Luglio 1901 Muore il padre, Orlando <strong>Lolli</strong>.<br />
6 giugno 1903 Viene ordinato sacerdote dall’arcivescovo di<br />
Ravenna, mons. Conforti. Sono presenti la madre<br />
e alcuni amici. Sarà parroco nella parrocchia<br />
del suo borgo natio, San Biagio, e gli verrà affidata<br />
la direzione del settimanale diocesano di<br />
Ravenna. Dotato di uno spiccato talento per la<br />
musica, per trent’anni ricoprirà l’incarico di<br />
maestro del coro e organista del Duomo.<br />
Agosto 1909 Muore la madre, Alba Pasi.<br />
25 maggio 1911 In via Paolo Costa, nella sede della biblioteca<br />
circolante cattolica da lui curata, fonda insieme<br />
a quattro donne volenterose la “Pia Opera assistenza<br />
infermi a domicilio”, che viene inaugurata<br />
ufficialmente il 18 dicembre. Obiettivo:<br />
“proteggere in qualunque modo l’ammalato”,<br />
cercando di alleviare le sue sofferenze. È la prima<br />
pietra delle futura Opera di Santa Teresa.<br />
Da ora si moltiplicheranno le attività per sostenere<br />
i poveri di Ravenna.<br />
30
Giugno 1927 Fonda il bollettino mensile “L’Amico degli Infermi”,<br />
che uscirà in migliaia di copie. Sospesa<br />
la pubblicazione durante gli anni della seconda<br />
guerra mondiale, riprenderà subito dopo. Arriva<br />
ancora oggi nelle case.<br />
25 gennaio 1928 Don <strong>Angelo</strong> inaugura l’Ospizio cronici abbandonati,<br />
e lo intitola a Santa Teresa del Bambino<br />
Gesù.<br />
24 ottobre 1931 Nasce ufficialmente la Congregazione religiosa<br />
delle “Suore della Piccola Famiglia di Santa Teresa<br />
del Bambino Gesù”. Sedici novizie emettono<br />
i primi voti.<br />
1938 Don <strong>Angelo</strong> va a vivere all’interno dell’ospizio,<br />
con i suoi ammalati.<br />
17 aprile 1958 Si spegne nella sua stanza, alle 23.20, dopo essere<br />
entrato in agonia tra le 9 e le 10 del mattino.<br />
Alle suore della Congregazione religiosa da<br />
lui fondata, che lo assistono accanto al suo letto,<br />
raccomanda di stare unite al Signore e di pregare<br />
la Madonna. Ha 78 anni.<br />
21 aprile 1958 Tra la commozione dei ravennati, nella chiesa di<br />
Santa Teresa si svolgono i funerali.<br />
9 aprile 1962 La salma viene portata dal cimitero monumentale<br />
della città di Ravenna, nella cripta dell’Opera<br />
Santa Teresa. Durante il trasporto, in tantissimi<br />
accompagnano il corteo. I più vicini al feretro sono<br />
alcuni infermi dell’ospizio, che lo affiancano<br />
in carrozzella.<br />
7 maggio 2000 Nel santuario di Santa Maria in Porto a Ravenna,<br />
si apre la causa di beatificazione e canonizzazione<br />
di don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong>.<br />
20 aprile 2008 Nella Cattedrale di Ravenna, si conclude la fase<br />
diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione<br />
del servo di Dio don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong>, con la<br />
solenne concelebrazione eucaristica presieduta<br />
dall’arcivescovo mons. Giuseppe Verucchi.<br />
31
Bibliografia<br />
ALESSANDRO PRONZATO, Don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong> le follie<br />
dell’amore, Gribaudi, Milano 2008<br />
ENZO TRAMONTANI, Don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong> maestro di solidarietà,<br />
Opera S. Teresa del B.G., Ravenna 2003<br />
DON ANGELO LOLLI, Ogni giorno un pensiero, a cura<br />
della Piccola Famiglia di Santa Teresa del Bambin Gesù,<br />
Shalom, Camerata Picena (An)<br />
DON ANGELO LOLLI, La carità. Meditazioni, a cura<br />
della Piccola Famiglia di Santa Teresa del Bambin Gesù,<br />
Shalom, Camerata Picena (An)<br />
DON ANGELO LOLLI, Fiori a Maria, Opera S. Teresa<br />
del B.G., Ravenna 2008<br />
Essere per gli altri, Editrice Ave, Roma 1992<br />
La “Piccola via”di S. Teresa e la spiritualità di don <strong>Angelo</strong><br />
<strong>Lolli</strong>, a cura delle Suore della Piccola Famiglia di Santa<br />
Teresa di Gesù Bambino, Ravenna 2006<br />
Atti del Convegno sul Servo di Dio Don <strong>Angelo</strong> <strong>Lolli</strong> in occasione<br />
del centenario dell’ordinazione sacerdotale, Opera<br />
Santa Teresa, Ravenna, 2003<br />
OPERA SANTA TERESA DEL BAMBINO GESÙ<br />
Via S. Teresa, 8 - 48121 RAVENNA<br />
Telefono: 0544/38548 – Fax: 0544/214245<br />
Siti internet: www.operasantateresa.it - www.donangelololli.it<br />
e-mail: piccola.famiglia@libero.it<br />
32