4.1_Francesco Tolari_Convegno Piccioni - Lav
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patogeni degli stipiti comunemente isolati in altri uccelli come papagalli, anatre e tacchini (Andersen e<br />
Vanrompay 2003).<br />
L’infezione nell’uomo<br />
L'infezione con Chlamydophila psittaci nell'uomo determina una malattia con manifestazioni molto variabili<br />
che vanno da una forma febbrile benigna simil-influenzale ad una forma grave di polmonite atipica di tipo<br />
interstiziale difficile da curare che può sfociare in una malattia sistemica. Le persone si infettano inalando<br />
pulviscolo contenente polveri di feci ed escreti essiccati provenienti da uccelli infetti (Leopold 1965). Il<br />
primo caso accertato di trasmissione di Chlamydophila psittaci dal piccione all'uomo fu descritto nel 1941 a<br />
New York. Una donna e la sua bambina avevano raccolto un piccione malato dalla strada che morì dopo 4<br />
giorni. A distanza di due settimane sia la madre che la figlia manifestarono sintomi di polmonite ed una<br />
ricerca condotta fra i piccioni del quartiere dimostrò che due terzi di essi erano positivi per Chlamydophila<br />
psittaci (Meyer 1941). Da allora svariati altri casi sono stati segnalati in tutto il mondo ed una recente<br />
ricerca bibliografica ha documentato un totale di 101 casi di clamidiosi nell'uomo per i quali la sorgente di<br />
infezione veniva attribuita ai piccioni (Haag-Wackernagel 2006; Magnino et al. 2009). Nel 95% di questi casi<br />
è stato possibile risalire alle modalità attraverso le quali la persona si era infettata. Nel 53% dei casi è stato<br />
documentato uno stretto contatto con piccioni di città o loro escreti (nel 27% di questi la malattia era<br />
dovuta ad esposizione di tipo occupazionale, nel 15% seguiva la manipolazione di piccioni malati o morti,<br />
nell'11% era dovuta all'abitudine di alimentare i piccioni). Nel 42% dei casi si era invece trattato di contatti<br />
occasionali, come mangiare in un parco frequentato da piccioni, passeggiare fra un gruppo di piccioni,<br />
vivere in una zona frequentata da piccioni. In quest'ultima categoria di 43 pazienti, 11 erano bambini e 6<br />
erano persone immunodepresse. I bambini possono essere a rischio di infezione quando manipolano i<br />
piccioni o danno loro da mangiare, poiché i piccioni tendono a raggrupparsi e possono sollevare polveri<br />
infette sbattendo le ali. Per quanto riguarda la esposizione di tipo occupazionale, sono risultati<br />
particolarmente a rischio operai che avevano lavorato ad opere di ripulitura ricostruzione o demolizione di<br />
vecchi sottotetti e soffitte dove erano presenti in abbondanza feci di piccioni.<br />
Conclusioni<br />
A commento dei dati sopra esposti possiamo dire che:<br />
- la prevalenza della infezione da Chlamydophila psittaci è piuttosto alta nelle popolazioni di piccioni<br />
di città in tutte le parti del mondo;<br />
- il rischio per l’uomo di contrarre l’infezione dai piccioni è difficile da quantificare e molti casi di<br />
infezione da contatti sporatici ed occasionali possono non essere segnalati:<br />
- il fatto che talvolta l’infezione nell’uomo decorra in forma paucisintomatica fa pensare che i casi di<br />
infezione siano maggiori di quelli segnalati;<br />
- talvolta è difficile attribuire inequivocabilmente un caso di clamidiosi al contatto con i piccioni, dal<br />
momento che non è sempre possibile escludere contatti sporadici con altri uccelli selvatici che<br />
vivono in vicinanza dell’uomo. D’altra parte, oltre alla possibilità di trasmissione diretta dal<br />
piccione all’uomo Chlamydophila psittaci potrebbe essere trasmessa dai piccioni ad altri uccelli<br />
che vivono a contatto con l’uomo ed arrivare quindi all’uomo per via indiretta;<br />
- il grado di esposizione al rischio di infezione e la suscettibilità di singole categorie di persone può<br />
variare notevolmente;<br />
- nel complesso i casi effettivamente accertati di trasmissione dal piccione all’uomo sono<br />
relativamente scarsi.<br />
Le misure di profilassi per ridurre il rischio di infezione per l’uomo possono essere inquadrate in due<br />
principali campi di intervento.<br />
1) Il primo riguarda le iniziative educative che dovrebbero mirare soprattutto alla gestione e<br />
comunicazione del rischio alle persone maggiormente esposte per motivi occupazionali, o perché più<br />
vulnerabili (individui immunodepressi, anziani e bambini). In linea con quanto fatto in altri Paesi<br />
europei (Svizzera e Germania) sarebbe opportuno codificare l’uso di alcuni dispositivi di protezione<br />
individuale (tute, copricapi, guanti, calzari, maschere a filtro) e norme elementari di comportamento