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Un villaggio afghano dopo una tempesta di sabbia<br />

IL TEATRO VISTO DALLA<br />

COMPAGNIA DEL TEATRO<br />

DELL’ARGINE<br />

di Manuela Moy<br />

Il primo incontro tra l’UNHCR e il<br />

Teatro dell’Argine (TdA) risale al<br />

2010 a Bologna, in occasione di<br />

uno spettacolo sui temi<br />

dell’intercultura. L’avventura di 20<br />

giovanissimi artisti e della loro<br />

compagnia era iniziata alcuni anni<br />

prima, nel 1994 a San Lazzaro di<br />

Savena (Bologna). Nascono i primi<br />

progetti teatrali, con un denominatore<br />

comune: gettare uno sguardo sulla<br />

storia più recente e sul presente del<br />

mondo in cui viviamo, attraverso<br />

iniziative con una forte valenza sociale,<br />

culturale, artistica e civile. Negli anni a<br />

seguire, produzione di spettacoli,<br />

didattica teatrale, studio e ricerca per<br />

giovani professionisti hanno portato il<br />

TdA ad affermarsi con numerosi<br />

riconoscimenti a livello internazionale.<br />

La stessa Emilia Romagna, con le sue<br />

tensioni e ricchezze, è diventata fonte<br />

d’ispirazione per la compagnia: dal<br />

2005 il TdA coinvolge numerosi<br />

rifugiati accolti sul suo territorio,<br />

6<br />

Rifugiati News www.unhcr.it<br />

attraverso laboratori teatrali in cui<br />

diventano attori di storie che essi stessi<br />

contribuiscono a scrivere e mettere in<br />

scena. Ma è anche la formula scelta<br />

dalla compagnia di rifugiati del TdA<br />

che lo connota come esperienza<br />

originale nel panorama artistico<br />

italiano: spesso pensiamo che il<br />

mondo sia diviso in due, alcuni al di<br />

qua, al sicuro, protetti da parole come<br />

democrazia, uguaglianza, solidarietà;<br />

altri di là, in conflitto, in guerra. Ci si<br />

dimentica di chi rimane in mezzo,<br />

bloccato sulla linea di demarcazione<br />

tra i due mondi, uomini e donne in<br />

fuga con violenze da superare, storie<br />

da raccontare, giustizia da trovare. La<br />

compagnia ha scelto di provare a far<br />

vivere lo spettatore su quella linea, con<br />

l’aiuto della compagnia dei rifugiati.Il<br />

meccanismo proposto è a metà strada<br />

tra lo spettacolo teatrale e il gioco di<br />

ruolo: gli spettatori sono chiamati a<br />

interagire attivamente tra loro e con gli<br />

attori, contribuendo a creare e<br />

determinare la trama, per provare a<br />

comprendere situazioni come la fuga,<br />

l’arrivo in un paese sconosciuto, la<br />

burocrazia, il confrontarsi con gli<br />

stereotipi sullo “straniero” o con forme<br />

più o meno esplicite e violente di<br />

pregiudizio o di razzismo, la nostalgia<br />

per il paese d’origine e così via. Il 12<br />

novembre per 20 minuti, i giornalisti,<br />

i sostenitori e i donatori dell’UNHCR<br />

che erano al Festival Internazionale del<br />

Film di Roma hanno provato un<br />

assaggio di tutto questo.<br />

La storia a Lieto<br />

fine di Jan<br />

Jan ha appena 25 anni, ma la<br />

vita gli ha già riservato molto.<br />

Per sfuggire a discriminazioni e<br />

persecuzioni di cui sono vittime gli<br />

hazara come lui e alla vendetta dei<br />

talebani contro cui aveva<br />

combattuto suo padre, Jan è<br />

fuggito dall’Afghanistan a 10 anni.<br />

Per 10 anni Jan ha attraversato<br />

paesi in autobus, camion, gommoni<br />

e percorrendo lunghi tratti a piedi.<br />

Ha lavorato anche 18 ore al giorno,<br />

è stato picchiato e umiliato, ha<br />

sofferto la fame e il freddo e ha visto<br />

altri bambini, suoi compagni di<br />

viaggio, non farcela. Arrivato in Italia<br />

nel 2007 dopo 36 ore nascosto nel<br />

rimorchio di un TIR, Jan è stato<br />

riconosciuto rifugiato e finalmente si<br />

è potuto fermare, studiare e<br />

lavorare. Ha conosciuto la<br />

compagnia del Teatro dell’Argine e,<br />

oggi, Jan è un giovanissimo<br />

imprenditore. A novembre, ha<br />

inaugurato la pizzeria “Kabulogna”,<br />

a Bologna e ha davanti a sé un<br />

futuro che ci auguriamo possa<br />

ripagarlo dell’infanzia perduta.<br />

Famiglia di sfollati del Congo<br />

LA MIA ESPERIENZA<br />

DA RIFUGIATO<br />

di Ricky Tognazzi<br />

Quando il 12 novembre scorso<br />

sono stato invitato alla<br />

conferenza stampa di<br />

presentazione della nuova campagna<br />

promossa dall’UNHCR Routine is<br />

Fantastic, non sapevo che avrei<br />

vissuto una delle emozioni più forti<br />

della mia vita. Pur rendendomi conto<br />

di essere partecipe di un'esperienza<br />

teatrale, non ho potuto fare a meno di<br />

percepirla come un momento reale.<br />

La conferenza stampa era appena<br />

iniziata, le luci si sono<br />

improvvisamente spente, un gruppo<br />

di uomini, a volto coperto e mitra<br />

spianati, ha fatto irruzione nella sala.<br />

Tutto il pubblico è rimasto sorpreso e<br />

disorientato. Alcuni sono stati<br />

trascinati via, chi spogliato dei propri<br />

averi, chi interrogato e intimidito con<br />

minacce. Solo dopo un lungo<br />

infernale tragitto , siamo finalmente<br />

approdati al campo UNHCR dove ci<br />

hanno accolti e dato ricovero. Era<br />

iniziato un nuovo capitolo della<br />

nostra vita, quello da rifugiati.<br />

Richy Tognazzi<br />

Un’esperienza sconvolgente, che però<br />

sbiadisce di fronte al disagio e alla<br />

reale sofferenza di oltre 40milioni di<br />

persone nel mondo, ovvero i rifugiati<br />

costretti a viaggi disperati e che tutto<br />

ciò lo vivono sulla propria pelle, nella<br />

maggior parte dei casi per moltissimo<br />

tempo. Sono 12 gli anni che<br />

mediamente un rifugiato trascorre in<br />

un campo: ci sono bambini che<br />

nascono e crescono lì. Si tratta di<br />

persone che arrivano dai luoghi più<br />

disparati, persone di condizioni<br />

sociali diverse, con sentimenti, affetti,<br />

piccole abitudini e progetti di vita che<br />

improvvisamente vengono stracciati<br />

dagli eventi.<br />

Ho molto apprezzato lo slogan<br />

Routine is Fantastic: gesti come<br />

svegliarsi, fare la doccia, preparare il<br />

pranzo e la cena, prendere i mezzi,<br />

sono noiose abitudini da cui ci<br />

piacerebbe poter evadere. A milioni<br />

di bambini, donne e uomini come<br />

noi, è stata invece sottratta<br />

violentemente questa routine.<br />

E ho capito anche quanto sia<br />

straordinario il lavoro che porta<br />

avanti la compagnia del Teatro<br />

dell’Argine, la realizzatrice di questa<br />

simulazione interattiva e che è<br />

composta in gran parte da rifugiati,<br />

mettendo al centro il loro vissuto,<br />

spiegando la realtà, ribaltando i ruoli<br />

e rendendo protagonista il pubblico,<br />

per narrare le storie di violenza,<br />

sgomento, ingiustizia e il senso di<br />

smarrimento e precarietà che vivono<br />

milioni di richiedenti asilo e rifugiati<br />

ogni giorno.<br />

Il lavoro di un cineasta, è spesso<br />

quello di inventare storie, ma l'<br />

urgenza di alcune realtà ti impone di<br />

metterti al loro servizio.<br />

Tutto ciò che non può essere<br />

spiegato, perché sfugge al buon senso<br />

e alla civiltà del vivere e calpesta i<br />

diritti umani, deve essere raccontato.<br />

Abbiamo tutti il dovere e il diritto<br />

di essere messi di fronte all'orrore del<br />

mondo, solo cosi potremo provare a<br />

contrastarlo e a combatterlo.<br />

Rifugiati News www.unhcr.it 7

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