Il ritiro del ghiacciaio Careser - Jacopo Pasotti
Il ritiro del ghiacciaio Careser - Jacopo Pasotti
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A destra, il nivologo<br />
davide Tagliavini, il<br />
meteorologo Gianluca<br />
Tognoni e il glaciologo<br />
Luca carturan<br />
scavano una trincea<br />
nella neve. sotto, Luca<br />
carturan misura<br />
la densità <strong>del</strong>la neve<br />
caduta durante<br />
l’inverno sul <strong>ghiacciaio</strong><br />
<strong>del</strong> caresèr.<br />
alpina Bendetti, che percorre queste vallate da anni.<br />
Sempre più pietre, sassi, detriti, roccia. Sempre meno<br />
ghiaccio e neve. <strong>Il</strong> dato preciso di quello che è un autentico<br />
sconvolgimento <strong>del</strong> paesaggio alpino lo rivela<br />
qualche giorno dopo Claudio Smiraglia, glaciologo<br />
presso l’Università di Milano: «Siamo di fronte a un<br />
fenomeno epocale, osserviamo la creazione di nuovi<br />
ambienti. In 150 anni, sulle Alpi la superficie ghiacciata<br />
si è dimezzata». Stiamo esplorando la nascita di<br />
un nuovo paesaggio, non più candido, ma desolato,<br />
pietroso. «Negli ultimi 15 anni la copertura detritica<br />
sulle Alpi è aumentata <strong>del</strong> 20-30 per cento», dice<br />
Smiraglia. Perfino i ghiacciai si coprono di detrito,<br />
che crolla più abbondante dalle pareti circostanti a<br />
causa <strong>del</strong>la fusione <strong>del</strong> permafrost. «Fino a un determinato<br />
spessore, il detrito, scuro, accelera la fusione<br />
dei ghiacciai. Da un certo punto in poi li può invece<br />
proteggere dal calore estivo», come succede al Miage<br />
in Valle d’Aosta, un <strong>ghiacciaio</strong> “nero”, che per il suo<br />
aspetto non sfigurerebbe in Karakorum.<br />
è quindi la fine di un malato terminale,<br />
quella che carturan sta documentando?<br />
in 40 anni il caresèr ha perso 30<br />
metri di spessore. Volume e massa si<br />
sono dimezzati. Paradossalmente il numero dei<br />
ghiacciai alpini sembra invece aumentare: «<strong>Il</strong> Caresèr,<br />
per esempio, si sta disintegrando, separandosi in<br />
più corpi glaciali scollegati tra loro». Poi indica alcune<br />
rocce nerastre che affiorano come il dorso di un<br />
capodoglio nel mare di neve: «Quelle erano coperte<br />
dal ghiaccio, per migliaia di anni non hanno visto la<br />
luce <strong>del</strong> sole». Insomma, chiedo, il Caresèr è destinato<br />
all’estinzione totale? «Una piccola parte, quella<br />
più protetta dall’insolazione sopravviverà, il resto, se<br />
le temperature continuano ad alzarsi, scomparirà in<br />
pochi anni». E poi saranno solo pietre e limo.<br />
Riprendo in mano i dati <strong>del</strong>le ultime campagne glaciologiche<br />
e osservo che praticamente il 100 per cento<br />
dei ghiacciai monitorati è in <strong>ritiro</strong>. Baroni blocca la<br />
mia apprensione: «Probabilmente non assisteremo a<br />
una totale scomparsa dei ghiacciai, ma ne rimarranno<br />
pochi e di piccole dimensioni». Sono molti i “forse” e i<br />
“probabilmente”, faccio notare. Bisogna comprendere,<br />
spiega il glaciologo, che le simulazioni su cui si basano<br />
le proiezioni degli scienziati non tengono conto<br />
di eventi particolari. Come la recente eruzione <strong>del</strong><br />
vulcano Eyjafjallajokul, in Islanda: «Questo potrebbe<br />
generare un’estate particolarmente fresca, ed eventi<br />
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