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Emma Dante. Palermo dentro - Zona Editrice

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Per questo, forse, <strong>Emma</strong> ha assunto su di sé anche la sfida della scrittura,<br />

consegnando alla pagina scritta non solo i testi – rimando alle belle analisi di<br />

Gerardo Guccini e al più recente e esaustivo lavoro di Anna Barsotti in proposito –<br />

ma anche un romanzo. Un romanzo che doveva essere (o che sarà) film, Via<br />

Castellana Bandiera, edito da Rizzoli: la storia di una strada palermitana, dei suoi<br />

abitanti, di una sfida testarda, di una tragedia come sempre incombente…<br />

In quegli anni di esordio, parlammo di <strong>Emma</strong> in termini di “Tribù tragica”, seguendo<br />

una suggestione del sociologo Michel Maffessoli. Ma lei, da artista qual<br />

è, ha scardinato ogni definizione, mantenendo ferma la rotta solo per quel che<br />

concerne la sua creatività. E il romanzo, come pure il concerto-spettacolo di Carmen<br />

Consoli, o il bellissimo libro illustrato La favola del pesce cambiato, sono tracce di<br />

un percorso coerente (testardo, si potrebbe appunto dire) ma certo ormai al di<br />

sopra, e al di là, di qualsiasi “tribù”. E mentre il Cardinal Bertone “scomunicava” il<br />

bellissimo La scimia, tratto da “Le due zittelle” di Landolfi, <strong>Emma</strong> raccontava la<br />

storia languida e struggente di Michelle di Sant’Oliva – forse il prodromo de Le<br />

Pulle, ultimo intensissimo lavoro della compagnia – e sanciva con Il Festino le<br />

investigazioni nella solitudine. Poi c’è Cani di Bancata, che è un affondo corale e<br />

stralunato nel grottesco e “virile” mondo della mafia.<br />

Lei è subito altrove, continua a cercare, sa cogliere lo spirito del tempo, sa<br />

raccontare e reinventare la tragedia probabilmente meglio di chiunque altro. La<br />

scena teatrale italiana – sonnacchiosa e pavida, corporativa e salottiera – si è<br />

aperta raramente a questa artista, più a suo agio al Rond Point di Parigi che non<br />

negli Stabili italiani. Quando è successo se n’è parlato assai: prima con la discussa<br />

Medea, spettacolo troppo in fretta liquidato, poi con Cani di Bancata (non per<br />

nulla sostenuto praticamente solo dal CRT di Milano) ora con Le Pulle, che ha<br />

avuto poche – pochissime – date italiane dopo il debutto napoletano. In questa<br />

opera corale, <strong>Emma</strong> schiaffa in scena la figura tragica del nostro tempo: il travestito,<br />

quel complesso di contraddittorietà e sofferenza, di sogni e di sesso, di candore<br />

e volgarità. Lo fa a modo suo, reinventando un coro tragico mutato in musical,<br />

mescolando la regina Mab del Romeo e Giulietta con l’avanspettacolo, giocando<br />

con l’evidenza del “genere”, sputando in faccia ai benpensanti e cattolici italiani le<br />

violenze familiari e domestiche, le povertà e le umiliazioni che si nascondono in<br />

tanti, troppi, esseri umani. E molto prima degli scandaletti di piccoli politici nostrani<br />

– pronti a predicare e condannare, salvo poi farsi trovare a sniffare con i pantaloni<br />

calati – <strong>Emma</strong> svela l’altra faccia della medaglia, quel mondo di prostituzione e<br />

violenza, di sogni d’amore e di desideri. La stampa francese ha accolto Le Pulle<br />

con interesse e rispetto, il pubblico ha reagito come doveva reagire: alcuni abbandonando<br />

la sala sconvolti, altri (molti) entusiasti. E Le Pulle è stato probabilmente<br />

il primo grande spettacolo di <strong>Emma</strong> andato in scena in uno “spazio” istituzionale<br />

siciliano: alle Orestiadi di Gibellina, dove seicento persone a sera hanno tributato<br />

un’ovazione non solo al lavoro, ma all’artista, a quella sua caparbietà isolana ed<br />

europea. Ma l’ennesimo miracolo di <strong>Emma</strong> è di aver tramutato un teatro fisico, di<br />

estrema fisicità, fatto di corpi e sudore, in testo: un testo leggibile e addirittura

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