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Incontro regionale Cappellani delle Carceri della Lombardia

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salvare i miei figli dalla condanna a essere vittime rabbiose] e sono stati quindi predisposti<br />

numerosi programmi di intervento molto diversificati quanto a durata, fasi, tipologia.<br />

In generale gli elementi comuni dei vari modelli possono essere così definiti:<br />

- disambiguare la parola perdono, discutendola col terapeuta, perché una concezione<br />

errata di perdono (soprattutto nel caso di gravi prevaricazioni) può rivelarsi molto<br />

dannosa per il percorso;<br />

- riconoscere l’offesa subita, esprimendo la sofferenza fisica e psicologica<br />

sperimentata all’interno del contesto protetto dell’intervento (terapeutico), con la<br />

finalità di riorganizzare l’esperienza sofferta e ridurne l’impatto soggettivo<br />

- spronare a ricordare le volte in cui si è causato del male e si è stati bisognosi di<br />

perdono (per favorire l’immedesimazione empatica con l’offensore e confrontare<br />

quanto si dice di sé (ho fatto del male perché quella volta mi sono comportato in<br />

modo malvagio) con quanto si dice dell’altro (mi ha fatto del male perché è una<br />

persona malvagia)<br />

- impegnarsi al perdono (all’inizio – Enright: tutto il percorso conduce al perdono e<br />

questo è chiaro fin dall’inizio / alla fine: Worthington:.il perdono è frutto del<br />

percorso non precostituito)<br />

- strategie di contenimento <strong>della</strong> rabbia, del desiderio di vendetta, del rimuginare<br />

Dubbio: se questo percorso non riesce la vittima può, oltre al danno subito, sperimentare<br />

un senso di fallimento per non essere riuscita a perdonare.<br />

Dal punto di vista <strong>della</strong> comunità, noi possiamo vedere come la questione del trattamento<br />

del male e <strong>della</strong> violenza sia stato affrontato in diversi modi (l’amnistia, abolizione <strong>della</strong><br />

memoria, la prescrizione legata al passare del tempo – ma esiste una prescrizione<br />

psicologica?, la grazia, ossia il perdono come espressione di potere, la riconciliazione,<br />

TRC)<br />

Dal punti di vista personale si distingue una definizione di perdono come atto<br />

intenzionale, ossia la rinuncia al proprio diritto al risentimento per sforzarsi di sviluppare<br />

nei suoi confronti le qualità immeritate <strong>della</strong> compassione e <strong>della</strong> generosità; oppure<br />

perdono come serie di cambiamenti individuali tali da ristrutturare la persona in modo<br />

tale da rendere il soggetto meno propenso a vendicarsi.<br />

Esistono <strong>delle</strong> determinanti legate alle offese: se tutti gli ambiti sono perdonabili esistono<br />

comunque <strong>delle</strong> differenze: vi sono persone capaci di perdonare colpe molto gravi ed altre<br />

incapaci di perdonare lievi torti. Molto dipende dal contesto, dalla percezione soggettiva,<br />

dalla intenzionalità dell’atto da parte dell’offensore (eppure, i reati colposi…)<br />

Fondamentale è la dimensione relazionale: le offese che provengono dalle persone più<br />

vicine sono avvertite come quelle più gravi e più difficili da accettare e perdonare.<br />

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