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Per Girolamo Dai Libri. Pittore e miniatore del Rinascimento ...

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Introduzione<br />

Dieci anni fa – si era a maggio <strong>del</strong> '98 – mi è capitato di scrivere qualche riga sulla mostra Cento opere per un<br />

grande Castelvecchio, dedicata allo stesso Museo di Verona che con l'iniziativa curata da Paola Marini<br />

sembrava aver voglia di cambiare pelle.<br />

Si tentava una strada che voleva essere principalmente d'indirizzo, nell’esporre al visitatore una parte cospicua<br />

dei suoi depositi ponendo le basi per una nuova politica museale. Il tentativo di affrontare il problema di<br />

“ossigeno” negli spazi sempre angusti di un edificio storico stava in testa a tutto, ma erano ben comprensibili<br />

anche il pensiero museografico sul piano di riassetto generale e i risvolti didattici che accompagnavano, e<br />

accompagnano, le sempre più sofisticate esigenze <strong>del</strong> visitatore. Mi piacevano l'idea <strong>del</strong>l'allestimento, il<br />

catalogo “leggero” e, tuttavia, ricco di contenuti nelle brevi ed aggiornate schede di studiosi ben conosciuti, in<br />

grado di offrire tutte le garanzie agli specialisti come ai dilettanti curiosi.<br />

Castelvecchio si distingueva già allora tra le più dinamiche istituzioni museali <strong>del</strong>la regione, con il pregio di<br />

percorrere vie aggiornate, nel seguire le indicazioni che venivano dai grandi Musei stranieri soprattutto nella<br />

progettazione <strong>del</strong> futuro, eppure rispettosa <strong>del</strong>la riflessione sulla propria storia. Da quella esperienza si stava<br />

partendo, forse, a ripensare una nuova prospettiva culturale per il Museo, <strong>del</strong> suo ruolo nella gestione interna e<br />

nell’apertura verso un’originale fruizione.<br />

Quel “ritorno” al Museo era un tratto culturale di particolare spessore, e oggi ha il peso che merita nel<br />

riconoscimento <strong>del</strong> bagaglio tecnico-scientifico dei suoi principali attori, <strong>del</strong>l'ambiente particolarmente<br />

stimolante che ha saputo ampliare gli orizzonti e metterli progressivamente alla prova: si pensi al punto<br />

d'arrivo, se vogliamo, che è stato l'omaggio ad Andrea Mantegna.<br />

<strong>Per</strong> metabolizzare tutto questo occorre <strong>del</strong> tempo, e ci vogliono competenza e zelo anche per introdurre al<br />

pubblico <strong>Girolamo</strong> <strong>Dai</strong> <strong>Libri</strong>, artista che meraviglia per il talento minuzioso, per le doti che gli avrebbero<br />

permesso d'imprimere con il suo personale sigillo l'arte <strong>del</strong>la carta dipinta e <strong>del</strong>la pittura di più grande formato.<br />

Delle molte attese che hanno circondato l'artista in mostra vorrei ricordare due momenti che, nella distanza che<br />

li separa, possono riassume il lavoro <strong>del</strong>la Soprintendenza. Più di vent'anni fa Antonio Paolucci ordinava il<br />

restauro <strong>del</strong>la Deposizione <strong>del</strong>la parrocchiale di Malcesine nel nuovo laboratorio alla Dogana; e così, nel 2002,<br />

nel corso <strong>del</strong>la IV Settimana <strong>del</strong>la Cultura, Fabrizio Pietropoli presentava i Dipinti rinascimentali restaurati in<br />

S. Anastasia a Verona, tra cui la Pala Centrego di <strong>Girolamo</strong> <strong>Dai</strong> <strong>Libri</strong>, <strong>del</strong> 1502, inserita in una ricchissima<br />

cornice lignea recuperata nella sua smagliante doratura, che segna il significativo sganciarsi dalla tecnica <strong>del</strong>la<br />

tempera su tavola per quella ad olio su tela.<br />

La poesia dei soggetti di <strong>Girolamo</strong> <strong>Dai</strong> <strong>Libri</strong> e <strong>del</strong>le sue forme laconiche, l'amore per i luoghi <strong>del</strong>la sua terra che<br />

aveva frequentato e registrato nel paesaggio dipinto, in sé sublimavano, per così dire, la visione ottocentesca<br />

<strong>del</strong>la pittura <strong>del</strong> <strong>Rinascimento</strong>; anche di gusto internazionale, se il capolavoro <strong>del</strong> maestro si trova al<br />

Metropolitan Museum di New York, e uno dei primi a studiarlo fu Bernard Berenson. Eppure l’appassionata<br />

celebrazione <strong>del</strong>le passate grandezze cittadine un tempo dominò non di meno le idee semplici ma dirette <strong>del</strong>la<br />

cultura locale, e grazie alla sua azione stimolante e terapeutica trovò anche negli artisti di casa un chiaro<br />

richiamo all’appartenenza civica. Tanto slancio, spesso accompagnato da quella sana retorica di cui il XIX<br />

secolo ha lasciato tracce in<strong>del</strong>ebili, ha prodotto un episodio che riguarda <strong>Girolamo</strong> <strong>Dai</strong> <strong>Libri</strong>, magari<br />

d'importanza minore sebbene non privo d'interesse storico, e, vorrei aggiungere, che può far comprendere come<br />

non siano poi così tortuosi i concetti che agiscono sul lavoro <strong>del</strong>la tutela e <strong>del</strong>la valorizzazione <strong>del</strong> patrimonio<br />

artistico <strong>del</strong>la nostra terra: guardare indietro, in un nitido passato, e allo stesso tempo avanti, pensando. Il<br />

ritratto di <strong>Girolamo</strong> <strong>Dai</strong> <strong>Libri</strong> stava nel “Panteon degli Illustri Veronesi” disposto nella Loggia di Fra' Giocondo<br />

(poi trasferito nell'ingresso <strong>del</strong>la Biblioteca Comunale), che comprendeva i ritratti di Michele Sanmicheli,<br />

Altichiero, Pisanello e altri. Una rassegna che innesca immaginazione e orgoglio civico, che potrebbero trovare<br />

anche oggi una loro utilità, perché “uomini illustri sono come simulacri innalzati al merito degli spiriti esimii di<br />

una nazione...”.<br />

Fabrizio Magani<br />

Soprintendente per i beni storici artistici ed<br />

etnoantropologici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza

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