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Testo integrale pdf - Amici della musica di Padova

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AMICI DELLA MUSICA DI PADOVA<br />

Una volta Sandro mi raccontò brevemente del bombardamento in cattedrale, avvenuto il 14<br />

maggio 1944. «Ero alla consolle dell’organo, quando si u<strong>di</strong> il suono <strong>della</strong> prima sirena dell’allarme<br />

aereo. Capitava spesso <strong>di</strong> u<strong>di</strong>rla a Vicenza e non sempre si andava al rifugio; in genere si<br />

aspettava il secondo segnale. Stavo suonando e forse non me n’ero accorto. Ad un certo<br />

momento alzai gli occhi dalla <strong>musica</strong> e guardai verso l’altare: non c’era più il celebrante. Se<br />

anche il prete se n’era andato, perché doveva restare l’organista? Perciò non ho perso tempo<br />

e sono scappato via uscendo dalla porta laterale <strong>della</strong> chiesa. Ho u<strong>di</strong>to un fragore, mi sono<br />

girato e una parte <strong>della</strong> cattedrale era già sparita, colpita da una bomba d’aereo. Ho saputo<br />

poi che il leggio dell’organo era stato trovato nel cortile dei padri Filippini. Pertanto, se fossi<br />

rimasto alla consolle dell’ organo, sarei volato anch’io chi sa dove e non sarei qui a raccontarti<br />

il fatto».<br />

Incontravo Sandro almeno una volta all’anno, alla Messa vespertina <strong>della</strong> vigilia <strong>di</strong> Natale in<br />

cattedrale <strong>di</strong> Vicenza: lui all’organo, lo zio monsignore sul po<strong>di</strong>o per <strong>di</strong>rigere il coro. «Sona pi<br />

pian, Sandro, che te coèrsi el coro!» lo sgridava sommessamente monsignor Dalla Libera. «Tasi,<br />

barba, tasi barba» rispondeva Sandro senza scomporsi troppo. Un battibecco bonario tra zio e<br />

nipote che si stimavano e si volevano bene. Sorridevo, <strong>di</strong>vertito, giravo le pagine dello spartito<br />

ed ascoltavo con piacere le esecuzioni <strong>di</strong> Sandro Dalla Libera. Un piacevole appuntamento<br />

annuale a Vicenza, prima <strong>di</strong> suonare alla Messa <strong>di</strong> mezzanotte nella chiesa dei Teatini.<br />

Titolare dal 1939 <strong>della</strong> cattedra d’organo al Conservatorio “Benedetto Marcello” <strong>di</strong> Venezia, dove<br />

si sono <strong>di</strong>plomati moltissimi organisti veneti, Sandro Dalla Libera era uno stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> musicologia<br />

e organologia. Catalogò gli organi <strong>di</strong> Venezia e <strong>di</strong> Ceneda, curò <strong>di</strong>verse antologie <strong>di</strong> <strong>musica</strong><br />

organistica. Nel Liber organi n. 8 del 1962, pubblicò musiche ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Baldassare Galuppi. Egli<br />

stesso ne esegui alcuni pezzi, prima <strong>della</strong> pubblicazione, all’inaugurazione dell’organo Mascioni<br />

nel 1961 alla chiesa del Sacro Cuore <strong>di</strong> Schio. Durante le prove del concerto mi raccontò<br />

come avesse trovato tali musiche. «Ero stato chiamato per suonare nella chiesa <strong>di</strong> Santa Maria<br />

Formosa a Venezia. Durante la pre<strong>di</strong>ca ho chiesto <strong>di</strong> andare ai servizi. E li vedo alcune carte <strong>di</strong><br />

<strong>musica</strong> manoscritta che servivano per finalità <strong>di</strong>verse da quella per cui erano state scritte. Ne<br />

prendo in mano una e mi accorgo che è <strong>musica</strong> settecentesca. Osservo le altre carte e trovo il<br />

nome <strong>di</strong> Galuppi. Ho dunque salvato per caso le partiture manoscritte che non erano già finite<br />

in canale attraverso lo scarico del gabinetto. Poi ne ho trovate altre in archivio».<br />

Nel 1973 fu <strong>di</strong>rettore del Conservatorio <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>, ma si penti ben presto. Alla fine <strong>di</strong> una<br />

lettera del 7 novembre 1973 mi aveva scritto: «Se non lo sai, sono stato nominato <strong>di</strong>rettore del<br />

Conservatorio <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> e quando passerai <strong>di</strong> li vienmi a trovare». Lo andai a salutare ben<br />

presto, all’inizio <strong>della</strong> nuova attività. Appena entrato in <strong>di</strong>rezione, mi <strong>di</strong>sse: «Ho piacere <strong>di</strong> vederti;<br />

chiu<strong>di</strong> la porta che qui anche i muri hanno orecchie» e si sfogò apertamente. Quin<strong>di</strong>, inforcati gli<br />

occhiali e sistemati sulla punta del naso, com’era solito fare, mi guardò <strong>di</strong> sottecchi, mi ficcò in<br />

mano due circolari che aveva scritto <strong>di</strong> suo pugno con l’inseparabile lapis e mi chiese: «Tu che<br />

sei un professore <strong>di</strong> lettere, leggi e metti a posto la forma, poiché qui mi attaccano anche sulle<br />

virgole e la sintassi». Quando ci siamo salutati, mi confidò: «Perché mai sono venuto a <strong>Padova</strong>?<br />

Stavo tanto ben a Venezia, al Conservatorio e alla Fondazione Cini. Finio el lavoro, ciapavo el<br />

vaporeto e tornavo a casa, al Lido: soto el cacaro, nell’orto, sentà su la sdràio, lesevo chièto el<br />

Gasetin sensa tante preocupassion. Pénseghe sora anche ti, prima de finire cussita!».<br />

Ho sempre avuto da Sandro buoni consigli, <strong>di</strong> <strong>musica</strong> e <strong>di</strong> vita: mi incoraggiava a continuare<br />

il festival concertistico, mi esortava a stu<strong>di</strong>are <strong>musica</strong>, mi aiutava a capire e ad apprezzare il<br />

valore degli organi antichi.<br />

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