12 Lecturae tropatorum, 6, 2013 poesie trobadoriche e in particolare per alcune di <strong>Peire</strong> <strong>Vidal</strong>, si utilizza la categoria di canzone-sirventese. 32 La definizione, sebbene in parte discutibile, descrive molto bene la duplice natura, amorosa e politica, di una particolare famiglia di testi trobadorici. Anche Bon’aventura sembra trovarsi in bilico tra interesse politico e argomento amoroso. Quasi a ogni strofa l’intreccio di temi è del tutto evidente: il poeta canta degli schieramenti politici del tempo, ma al centro della scena vi è sempre il <strong>Peire</strong> <strong>Vidal</strong> reale che cerca di ingraziarsi i potenziali protettori. Non si propone ovviamente di classificare il testo come canzone-sirventese; tuttavia, Bon’aventura sembrerebbe, di fatto, difficilmente collocabile nelle tradizionali categorie di genere elaborate per la poesia trobadorica. In effetti, pur occupandosi in modo esplicito di attualità, la canzone non sembra svolgere una funzione prettamente politica o di propaganda, come sarà invece per il sirventese di <strong>Peire</strong> de la Caravana, D’un serventes faire (<strong>BdT</strong> 334.1), che è strettamente legato a Bon’aventura e che potrebbe tuttavia essere molto più tardo, 33 o come il già duecentesco De chantar farai (<strong>BdT</strong> 442.1) di Tomier e Panon eschiu nuls per no mondans mans (<strong>BdT</strong> 461.127, unicum di P; cfr. Antonio Petrossi, Le coblas esparsas anonime. Studio ed edizione dei testi, Tesi di dottorato, Università di Napoli Federico II, Napoli 2009, n. LII); 5) la cobla ‘tabernaria’ di Uc de Saint Circ, Be·m meravill s’En Conegutz es sans (<strong>BdT</strong> 457.6), da attribuire al «primo periodo italiano di giulleria vagante di Uc», secondo Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Storia della cultura veneta, dir. da Girolamo Arnaldi e Manlio Pastore Stocchi, vol. I: Dalle origini al Trecento, Vicenza 1976, pp. 453-562, a p. 523 (cfr. anche Poésies de Uc de Saint-Circ, publ. avec une introduction, une traduction et des notes par Alfred Jeanroy et Jean-Jacques Salverda de Grave, Toulouse 1913, p. 108). 32 Cf. Erich Köhler, «Sirventes-Kanzone», in GRMLA, II, «Les genres lyriques», 1/4, 1980, pp. 62-66. 33 Si vedano le note ai vv. 12 e 37-40. Come Bon’aventura, il sirventese viene comunemente ritenuto composto nel 1194; cf. Pps, vol. I, pp. 34-39, Paolo Di Luca, «Saluts d’amour et de geste: une étude du groupe métrique Frank 13», Revue des langues romanes, 114, 2010, pp. 47-63, Michele Bellotti, «L’intertexte italo-occitan dans le Nord-Ouest d’Italie», Revue des langues romanes, 114, 2010, pp. 139-152 e Gianluca Raccagni, The Lombard League 1167-1225, Oxford 2010, pp. 152-53. Per una proposta di datazione duecentesca di D’un serventes, cfr. ora <strong>Marco</strong> <strong>Grimaldi</strong>, «Il sirventese di <strong>Peire</strong> de la Caravana (<strong>BdT</strong> 334.1)», Cultura neolatina, 73, 2013, in corso di stampa.
<strong>Grimaldi</strong> 364.14 13 laizi. 34 Nulla di più distante, mi pare, da Bon’aventura, il cui oggetto, pur in presenza di vari riferimenti all’attualità politica, sembra essere semplicemente l’elogio di una corte. Il poeta parla di eventi noti al pubblico e forse ne interpreta le ambizioni e i progetti, ma non possiamo dedurre da qui l’esplicita adesione a un’ideologia o a un progetto politico. Tanto più se il quadro complessivo delle alleanze era frammentato e soggetto a mutamenti repentini. Né credo si possa ritenere <strong>Peire</strong> <strong>Vidal</strong> un partigiano guelfo tout court. Gli aspetti che più contavano di una canzone come Bon’aventura erano probabilmente l’originalità metrico-musicale, la perfezione formale e i riferimenti all’attualità studiati per rendere onore al pubblico ristretto che l’avrebbe ascoltata. 34 Cf. Pps, vol. II, pp. 54-58, e István Frank, «Tomier et Palaizi, troubadours tarasconnais (1199-1226)», Romania, 78, 1957, pp. 46-85.