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Ob&Gyn Journal Club agosto 2016

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AGOSTO 2016<br />

www.obegyn.com intervista<br />

Intervista alla Professoressa Domenica Lorusso<br />

Non dimenticare mai, qualsiasi cosa<br />

succeda, che il bene della paziente<br />

è la finalità ultima delle nostre scelte<br />

delle cose che neanche io sapevo di avere, e<br />

che mi ha instradata nel mondo della ricerca<br />

clinica dandomi l’opportunità di fare quello<br />

che oggi amo di più.<br />

a casa) mi sono iscritta lì. Il desiderio iniziale<br />

era quello di fare oncologia, durante gli anni<br />

della formazione mi sono appassionata alla<br />

ginecologia ed è in ginecologia che ho conseguito<br />

la specialità. A sei mesi dalla tesi di specializzazione,<br />

durante le normali turnazioni<br />

degli specializzandi, sono finita nel reparto di<br />

ginecologia oncologica, che in quel periodo<br />

stava vivendo un momento di grandi cambiamenti<br />

organizzativi. Mi venne affidato un<br />

protocollo clinico di ricerca sull’utilizzo dell’eritropoietina<br />

preoperatoria nel tentativo di<br />

ridurre il rischio di trasfusioni nelle pazienti<br />

con tumori ginecologici. Lo studio chiuse precocemente<br />

per mancanza di accrual in tutto<br />

il mondo, il nostro reparto aveva un committement<br />

per arruolare quattro pazienti; ne arruolai<br />

28. E questo ha segnato il mio destino:<br />

tornare a occuparmi del mio primo amore,<br />

l’oncologia, e fare clinical trials.<br />

Ci parli della sua esperienza all’Università<br />

Cattolica del Sacro Cuore di Roma.<br />

Penso che ciascuno di noi sia il prodotto delle<br />

esperienze che fa: il mio più grande grazie ai<br />

miei genitori che mi hanno insegnato l’etica<br />

nel lavoro e nei rapporti umani. Due strumenti<br />

senza i quali non sarei la persona che<br />

sono oggi. Gli anni in Cattolica mi hanno<br />

dato la possibilità di incontrare persone che<br />

hanno inciso molto nel mio percorso formativo;<br />

a tutti loro devo qualcosa, ma credo che<br />

tre di loro abbiano contribuito a rendermi<br />

quella che sono oggi: la Dott.ssa Salerno, da<br />

cui ho imparato l’enorme attenzione alla paziente<br />

e ai suoi bisogni, la Prof.ssa Ferrandina,<br />

esempio di abnegazione al lavoro come poche<br />

volte si incontra, e il Professor Giovanni<br />

Scambia, che vide nella studentessa dell’ultimo<br />

anno della scuola di specializzazione<br />

5<br />

Quali sono state le tappe “fondamentali”<br />

e quali le difficoltà che hanno influenzato<br />

il suo percorso formativo?<br />

La difficoltà principale nella vita è rimanere<br />

fedeli a se stessi in un mondo che ha fatto saltare<br />

molti argini della lealtà e dell’etica. La<br />

difficoltà più grande per me è stata, ed è ancora<br />

adesso, il prezzo che ho pagato per<br />

quello che sono, l’allontanamento da casa e<br />

dalla mia famiglia in primis, e le scelte di vita<br />

successiva che mi hanno portato a sradicarmi<br />

da quella che pensavo sarebbe stata la mia<br />

citta, Roma, per inseguire “il contratto a<br />

tempo indeterminato” a Milano. Crescendo<br />

però s’impara che i cambiamenti, per quanto<br />

faticosi, sono sempre migliorativi, e rappresentano<br />

sfide che se non cogli, non cresci.<br />

Cosa consiglierebbe agli specializzandi in<br />

Ginecologia ed Ostetricia e agli studenti<br />

che aspirano ad intraprendere questo tipo<br />

di specializzazione?<br />

Di non saltare nessun passaggio nella vita, di<br />

fare la gavetta e non prendere scorciatoie che<br />

penalizzano la nostra dignità, anche se ci<br />

sembra che ci facciano arrivare prima, perché<br />

al di là di tanti modelli che ci vengono proposti<br />

oggi, solo sul lavoro e sull’etica si costruisce<br />

un percorso solido. Le scorciatoie non portano<br />

lontano. E di non dimenticare mai, qualsiasi<br />

cosa succeda, da qualsiasi strana forma<br />

di competizione ci si faccia prendere, che il<br />

bene della paziente è la finalità ultima delle<br />

nostre scelte e, sebbene io non ci abbia mai<br />

pensato, né credo ci si debba porre davanti ad<br />

una paziente pensando che “potrebbe essere<br />

mia madre o mia sorella”, certamente quella<br />

signora è la madre e la sorella di qualcuno e<br />

come tale merita tutta l’attenzione, la cultura<br />

e la coscienza che possiamo mettere nella gestione<br />

della sua malattia. l

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