gli anni cinquanta: il rinascimento della donna - Xmadeinitaly

Caterina Gatta, il fascino è vintage
L’Italia dei Merlot
Bertelli, lo stile italiano pedala a New York

Terra baciata dal sole, in cui ogni
campanile, ogni piccolo borgo o
grande città possiede la sua varietà
inconfondibile ed unica di suoni, colori,
profumi e sapori. Cantata dai
poeti, dipinta dagli artisti, amata dagli
stranieri: l’Italia raccoglie nei prodotti
della sua manifattura il Saper Fare
della tradizione, la qualità di vita e i
valori del contemporaneo.
L’Associazione Made in Italy diffonde
questo segreto, facendo della passione,
del calore, dell’impegno dell’Italia
nel creare, lo scopo principale delle
sue molteplici attività. Eventi, convegni,
pubblicazioni, nascono con l’intento
di mostrare al mondo come il
Made in Italy viva oggi nell’anima del
paese. Promuovere le aziende e i
prodotti italiani all’estero attraverso
un’opera divulgativa che consenta di
conoscere il “bello” e possedere non
solo ciò che l’Italia produce, ma l’immenso
patrimonio culturale che tali
prodotti veicolano e trasmettono.
Questo è l’intento fondamentale dell’Associazione
Made in Italy, un gruppo
multidisciplinare di professionisti che
promuove e tutela l’eccellenza e la
qualità del prodotto fatto in Italia.
Land kissed by the sun, in which every
belltower, every little town or big city
has its unmistakable and unique
variety of sounds, colors, scents and
flavours. Sang by poets, painted by artists,
beloved by foreigners: Italy has in
its manufacturing products the Saper
Fare (knowing how to make things) of
tradition, life quality and contemporary
values.
The Associazione Made in Italy has
made it the main objective of its various
activities to diffuse this secret,
the making of Italian passion, the
warmth and commitment in creating.
Events, conferences, publications are
designed aiming at showing the world
how Made in Italy lives today in the
soul of the country.
The Associazione Made in Italy therefore
promotes Italian companies
abroad, diffusing the knowledge of beauty
and not only the Italian products,
but also the immense cultural heritage
that those products carry and transmit.
This is the fundamental mission of the
Associazione, a multidisciplinary group
of professionals that promote and protect
the excellence and quality of
Made in Italy.

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In copertina Isabella Fiorentino

FASHION
CULTURE
FASHION
CULTURE
CULTURE
FASHION
FASHION CULTURE FOOD FASHION
FOOD FOOD
FASHION CULTURE
LUXURY
La femminilità della pelle
Femininity in fur
P 40
L’eleganza del cigno
The elegance of the swan
P 54
Isabella Fiorentino, la modella italiana del Brasile
Isabella Fiorentino, the italian model from Brazil
P 64
Studio Festi, l’arte dello spettacolo italiano nel mondo
Studio Festi, the art of worldwide Italian performances
P 90
III Vladi International Rome Polo Challenge
III Vladi International Rome Polo Challenge
P 108
EXCELLENCE
Vintage: gli anni ’50, il rinascimento della donna
Vintage: the Fifties, Women’s Renaissance
P 26
Donna Fugata, vendemmia tra Jazz e Bossa Nova
Donna Fugata, harvesting between Jazz and Bossa Nova
P 30
L’Italia dei Merlot
Italy of Merlot
P 70
La fondazione Annamode apre le porte nella città eterna
The Annamode Foundation opens the doors to the Eternal City
P 76
Thiago Castanho, la cucina delle emozioni
Thiago Castanho, cuisine of emotions
P 98
L’Italia nella lente di Leonard Freed
Italy through Leonard Freed’s lens
P 112
EXCESS
Caterina Gatta. Il fascino è vintage
Caterina Gatta, fascination is vintage
P 08
Bertelli, lo stile italiano pedala a New York
Bertelli, Italian style pedaling in New York
P 20
Dolce&Gabbana pe 2012/mozzarella di bufala e pomodori piccanti
Dolce&Gabbana pe 2012/buffalo mozzarella and spicy tomato
P 50
index
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Direttore
Patrizia Skaf
patrizia.skaf@xmadeinitaly.it
Caporedattore
Lucia Pattarino
lucia.pattarino@xmadeinitaly.it
Design Director
Maurizio Minerva
maurizio.minerva@xmadeinitaly.it
Art Director
Maurizio Minerva
maurizio.minerva@xmadeinitaly.it
Responsabile delle sezioni
Patrizia Skaf
patrizia.skaf@xmadeinitaly.it
Shooting
Patrizia Skaf
Carolina Attanasio
shooting@xmadeinitaly.it
Corrispondenti Nord Italia
Stefano Cascioli
stefano.cascioli@xmadeinitaly.it
Centro Italia
Domenico Fusco
domenico.fusco@xmadeinitaly.it
Sud Italia
Maddalena Custo
maddalena.custo@xmadeinitaly.it
Isole
Eleonora Salvi
eleonora.salvi@xmadeinitaly.it
Corrispondente Brasile
Chiara Rimoldi
chiara.rimoldi@xmadeinitaly.it
Advertising
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carolina.redazione@xmadeinitaly.it
Redazione
Carolina Attanasio
carolina.redazione@xmadeinitaly.it
Marco Dionisi
marco.dionisi@xmadeinitaly.it
Liv Enqvist
liv.enqvist@xmadeinitaly.it
Claudia Parola
claudia.comunicazione@xmadeinitaly.it
Lucia Pattarino
lucia.pattarino@xmadeinitaly.it
Lucio Pellegrino
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Chiara Rimoldi
chiara.rimoldi@xmadeinitaly.it
Riccardo Maria Rocchi
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Website
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Editore
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Traduzioni
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Direttore commerciale
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Quarterly issued.

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Editoriale
La giornata del Lu xury Summit del
Sole 24 Ore, molto intensa e interessante,
ha visto protag onisti grandi
nomi dell'imprenditoria italiana, come
Diego Della Valle, Michele Norsa, (Ferragamo),
Brunello Cuccinelli, Patrizio
Di Marco (Gucci).
Molte cose in teressanti sono sta te
dette, con pareri sia p ositivi che negativi,
riguardo al futuro del particolare
momento economico che stiamo
attraversando; a me piacerebb e invece
condividere con voi una frase,
che trovo molto giusta, pronuncia ta
da uno degli imprenditori presenti al
Summit. Mi ha fatto pensare che abbiamo
superato momenti peggiori
nella nostra storia, siamo sta ti in
grado fare del Made in Italy il brand
più importante al mondo, p erció
"dobbiamo pensare al fu turo, con
l'orgoglio del nostro passato".
Patrizia Skaf
The Luxury Summit held by Sole 24 Ore,
very intense and interesting, saw the likes
of big Italian entrepreneurs, such as Diego
Della Valle, Michele Norsa (Ferragamo),
Brunello Cuccinelli, Patrizio Di Marco
(Gucci).
Many interesting things were said, with
both positive and negative opinions, especially
about the future of the economic period
we are experiencing; but I would
rather share a phrase with you, which I
find very suitable, stated by one of the entrepreneurs
present at the Summit. It
made me think that we have overcome
worse moments in our history, we were
capable of producing Made in Italy , the
most important brand in the world, and
therefore "we have to think about the future,
with the pride of our past."
Patrizia Skaf

8 CATERINA

TESTI PATRIZIA SKAF/FOTO ARCHIVIO CATERINA GATTA
IL FASCINO É VINTAGEGATTA
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Caterina Gatta è una di quelle p ersone che potresti intervistare
all’infinito. È piena d’in teressi e molto stimolante
intellettualmente.
Il suo racconto è coinvolgente, ti parla con en tusiasmo
dei suoi hobby e delle sue passioni, ha un occhio
altamente ricettivo su per tutto ciò che è nuovo.
Si parte parlando di mo da, ma ben presto ci si ritrova
a spaziare sul cibo, l’arte, la musica, la foto grafia. È una
persona che vedi una sola volta, ma che ti resta nella
memoria e ti capita di ripensare
Raccontami il tuo percorso nella moda: tu, tra l’altro, sei
giovanissima.
Ho ventotto anni e il mio p ercorso si è sviluppato in maniera
totalmente casuale. Volevo fare la stylist da quando
andavo al liceo, non avevo mai pensato di diventare una
stilista. Facevo anche da assistente a una giornalista di
moda dell’ANSA, sempre in giro tra Milano e P arigi. Un
giorno ho scoperto un tessuto firmato da Irene Galitzine
– all’epoca andavo all’università, studiavo Scienze della
moda e del costume alla Sapienza di R oma – e per pura
curiosità ho iniziato a farmi dei vestiti u tilizzando questo
tessuto, che indossavo durante le sfilate alle quali partecipavo.
Mi è sempre piaciu to vestirmi in mo do ‘diverso’,
non indossare le solite cose, e il fatto di lavorare con una
giornalista di moda mi permetteva di dare sfogo alla fantasia,
di divertirmi creando dei look.
Pian piano mi sono accorta che i miei vestiti riscuotevano
un certo successo e per me è stata una sorta di ‘prova di
mercato’. Constatando che, effettivamente, le mie creazioni
piacevano alla gente, mi sono chiesta se questa mia
passione potesse davvero diventare un lavoro.
Le persone rimanevano affascinate dai tessuti e dal taglio,
non capivano se si trattasse di un capo vintage o appena
fatto.
Magari riconoscevano il tessuto dello stilista, ma si rendevano
conto che il taglio era diverso.
Si, esatto. La mia storia con i tessu ti vintage è iniziata
come un atto di ‘collezionismo’, li compra vo per me, per
fare la mia ‘capsule collection’ personale.
Cucivi tu i vestiti?
No, una sarta bravissima che lavorava per l’alta moda a
Roma.
Tu quindi collezionavi i tessuti e poi disegnavi i vestiti.
Si, è iniziata così, fino a quando non ho comincia to a costruire
quindici, venti pezzi.
Tra l’altro era un buon mo do di cominciare: dise gnare i
tuoi vestiti e indossarli durante le sfilate, dove gli addetti
del fashion system p otevano notarti, non era esa tta-
mente come indossarli in ufficio.
Certo, quello è stato molto importante! Dopo i primi consensi
ho deciso di buttarmi, anche in mo do un po’ incosciente,
perché si tratta di un prodotto talmente ‘piccolo’,
difficile da vendere perché i tessuti sono in tranci molto
limitati. Convincere un buyer a prendere un prodotto del
genere non è semplice, devi sp ecificare dall’inizio che di
un capo può avere massimo due pezzi, si tratta di pezzi
unici a tutti gli effetti.
Pezzi da collezione.
Si, sono anche completamente controcorrente rispetto
al mercato della moda oggi, che viaggia veloce e su quantitativi
molto grandi. Proporre un prodotto come il mio sul
mercato è certamente una sfida.
All’epoca lavoravo anche in un’a zienda di import-export
di diamanti, li analizzavo dalla mattina alla sera e nel tempo
libero mi dedicavo al mio ‘hobby’, costruendo la mia piccola
collezione.
Quando è stata pronta la tua prima collezione? Eri emozionata?
Nel 2009 e sì, ero emozionata. Si trattava di una passione
personale che non pensavo di trasformare in un lavoro,
ho realizzato che poteva diventarlo quando mi sono resa
conto che stavo collezionando talmente tanti tessuti da
avere quasi un muse o dentro casa; per esempio, ritrovavo
alcune delle stampe che compravo nelle foto di Richard
Avedon degli anni ’90 e, p er me che uscivo dalla
Facoltà di Moda e Costume, era bellissimo.
Dove trovavi i tessuti, in Italia?
Sì, ma alcuni anche all’estero, Ken Scott l’ho trova to a
Londra e Pierre Cardin a P arigi. Poco dopo aver deciso
di ‘buttarmi’ nel mondo della mo da ho ricevuto l’invito a
esporre la mia collezione nell’esclusiva Soho House di
New York: è stato il mio primo ‘showcase’.
Trovo la tua storia molto affascinante.
In effetti è un po’ una favola!
Quando sei sbarcata a New York?
Nel 2009. Ero sola, non conoscevo nessuno in città, avevo
solo le indicazioni entusiaste delle persone che mi avevano
invitato alla Soho House. Hanno organizza to tutto
loro, io ero spaventata perché non potevo credere che i
miei abiti venissero esp osti in un p osto del genere, mi
chiedevo “ma io che ci faccio qui? Non sto ne anche presentando
una collezione vera e propria”.
In ogni caso, ho riscosso molto successo lì, mentre in Italia
la situazione era completamente diversa. Mandavo mail
alle redazioni, cercando di spie gare i miei abiti, ma non
avevo nessun riscontro. Da questo punto di vista, l’Italia
mi ha molto deluso.

Il vintage rivive nelle forme contemporanee delle creazioni di Caterina Gatta
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La svolta è arrivata una sera, a mezzanotte, quando dopo
vari tentativi ho indovinato l’esatto indirizzo di p osta di
Franca Sozzani – ho immaginato fosse giusto perché era
l’unico indirizzo che non tornava indietro in posta – e in un
certo senso già sentivo una sensazione positiva, sapevo
che lei sarebbe stata l’unica a capirmi veramente; è una
persona talmente curiosa e così p oco interessata ai
trend, a lei interessano più le ‘storie’ delle p ersone che
creano. La mattina seguente, alle 7.30, ho trova to una
sua risposta nella casella di posta, in cui mi diceva che le
sarebbe piaciuto vedere la realizzazione dei miei abiti. Da
lì è nato tutto, in Italia, lei è sta ta lo step iniziale che ha
fatto scattare la molla dell’interesse, prima c’era il vuoto
assoluto. Ci sono state persone - di cui non faccio il nome
- che avevo contattato prima della Sozzani e dalle quali
non avevo mai avuto riscontro, che in seguito hanno cambiato
completamente atteggiamento, riempiendomi di
complimenti.
Noi di X siamo molto sensibili all’aspetto storico di un abito,
che deve avere qualcosa da raccontare.
Esatto, in particolare o ggi, in un mondo dove abbiamo
tutto, per noi giovani è imp ortante realizzare qualcosa
che non sia ne cessariamente perfetto o vendibile dappertutto,
ma che raccon ti effettivamente qualcosa di
nuovo, altrimenti si rischia di nascere e morire nel giro di
poco tempo.
Ricordo quando sono arrivata in redazione dalla Sozzani,
portando solo una valigia con pezzi basic (il resto era già
in vendita a New York): ero veramente intimorita perché
non avevo una grande quantità di vestiti da mostrare, ma
lei ha creduto moltissimo in me e nella ‘storia’ dei miei capi:
sono state pubblicate delle news, ho esp osto a Palazzo
Morando nel 2010 e da lì, pian piano, è venuto il resto.
Ho letto di te sulla stampa brasiliana, come mai?
Credo che mi abbiano notata ‘online’, attraverso internet
e per me è ancora un mistero! È una cosa stranissima,
molti Paesi del Sudamerica con tinuano a con tattarmi,
credo siano molto attratti dal mio stile europeo mixato a
questi colori così caldi, molto vicini alla loro cultura.
È vero, i tuoi vestiti hanno un’anima e c’è molta vivacità
nei colori: questo piace molto ai sudamericani.
Ogni mio abito ha una sua storia: se date un sguardo alle
mie collezioni, c’è un tema per ogni abito. Generalmente
il tema è unico per ogni collezione mentre, per quanto mi
riguarda ,ogni singolo vestito ha un tema, p erché i tessuti
che uso hanno ispira zioni talmente differenti; alcuni
degli anni ’80, o de gli anni ’90, proveng ono da stilisti
molto diversi, alcuni più ‘romantici’, altri più ‘funk’.
Un aspetto molto interessante di te è che crei in maniera
assolutamente libera.
Si, non ho l’obblig o di disegnare qualcosa solo p erché
‘vende’, posso fare quello che mi piace e mi appassiona e
lo faccio con un senso assoluto di leggerezza, con un approccio
nei confronti del lavoro che spero di riuscire a
mantenere nel corso de gli anni. Secondo me, la rovina
per un’artista è prendere tropp o seriamente il proprio
lavoro: bisogna cercare di man tenere un approccio libero,
ma questo vale per me come per chiunque: il fotografo,
per esempio, c redo che quando ha da vanti un
personaggio famoso da immortalare, debba cercare di
capirlo e interpretarlo. Lo stesso vale p er noi che lavoriamo
con i tessuti, dobbiamo prestare molta attenzione
senza però montarci la testa, altrimenti si rovina tutto.
Non bisogna avere troppe aspettative, perché si rischia
di concentrarsi troppo su ciò che si vuole ottenere p erdendo
di vista il piacere di fare quello che si fa.
Oltre la moda, una tua grande passione è la foto grafia.
Scatti durante i viaggi, le sfilate?
Adoro la fotografia, fotografo tutto, sono una specie di
drogata. Mi interessa sia l’aspetto storico che quello tecnico,
immortalo pra ticamente qualunque cosa, dalle
piante alle strade ai vestiti. È una passione che ho da sempre,
che hanno anche mio padre e mio nonno, forse è
una cosa di famiglia.
Cosa pensa la tua famiglia del successo che stai avendo?
All’inizio erano scettici, lo vedevano come un gioco e non
mi prendevano sul serio, non riuscivo a convincerli che
stesse diventando un vero e proprio la voro. Adesso ci
credono e come! È stata una bella lotta, ma non mi hanno
mai ostacolato.
Progetti futuri?
Sto pensando a una collezione con tessu ti realizzati da
me, anche se voglio continuare a lavorare con il vintage.
Ho deciso di passare allo step successivo, i tessu ti
avranno comunque un carattere molto forte, come quelli
che utilizzo adesso, ci sarà molto colore. Mi piacerebbe diventare
un pun to di riferimen to per le p ersone che
amano vestirsi in modo ‘colorato’: in Italia non c’è nessuno
che fa stampe così particolari, è tutto incentrato sul nero,
le tinte unite.
Hai un atelier? Dove si possono trovare le tue creazioni?
No, non ho ancora un atelier. I miei capi si trovano online
su Yoox, oppure da Luisaviaroma a Firenze, da Spiga2 (il
multibrand store di Dolce&Gabbana) a Milano e in fine a
Bari, da Dante 5, un multibrand aperto in collaborazione
con Anna Dello Russo.
Spiga2 è stato il primo a prendere il mio prodotto, lo showroom
ospita trenta giovani designer, loro sono molto
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attenti a favorire tutti quegli stilisti capaci che, però non
hanno un proprio spazio dove esporre. I nostri pezzi sono
mescolati a quelli di Dolce&Gabbana, in modo da essere
messi in risalto.
Il tuo è un caso di e ccesso. Creare una collezione per te
stessa, con dei tessu ti particolari, essere nota ta da
Franca Sozzani, esporre a New York: non è per niente un
percorso standard.
Infatti sono felicissima, per me è una favola che si è avverata,
essere stata chiamata da Franca Sozzani è sta to
come per un attore essere preso da Woody Allen.
Con quali altri paesi sei in contatto?
La Svezia e la F rancia – tantissimo -ma anche l’America
con New York. Il mio prodotto attrae qualsiasi tipo di cultura,
è universale, è uno stile che appartiene a una nicchia
che puoi trovare in tutto il mondo. C’è talmente tanta
storia alle spalle dei tessu ti che anche chi non è a ffascinato
dalla moda ne rimane colpito. Anche mia nonna, che
non è un’appassionata, è rimasta incuriosita da tu tta la
ricerca che c’è dietro alla c reazione del capo. Per me è
una gioia trovare ogni volta un nome famoso sulla cimosa
dei tessuti.
Chi cuce oggi per te?
Ho più sarte, a seconda del lavoro, e una sartoria, sempre
a Roma. La produzione è interamente a mano.
A cosa stai lavorando adesso?
Alla collezione primavera/estate, che devo finire tra un
mese, ma sono indietrissimo! Lavoro con cinque sarte su
una quantità che andrà tra i venti e i trenta pezzi.
Come nasce l’ispirazione?
È una tragedia, arriva tutta in una volta e mai al momento
giusto, è difficile da pro grammare a tavolino. La creatività
è dolore, è come quando sei innamora to: è la cosa
più bella del mondo ma allo stesso tempo quella che può
farti stare più male. Sei felice e soffri in egual misura.
Molto spesso mi sveglio di notte con un’idea, sono certa
di ricordarla fino al mattino, tanto è bella e forte, ma non
è mai così, allora adesso ho un blo ck notes accanto al
letto per aiutarmi.
Il tuo tempo è diviso tra Milano e Roma.
Sì, in re altà sto molto più a Milano, adesso ho a vviato
anche una collab orazione con Alcan tara (azienda che
prende il nome dal materiale che produce, l’alcantara, generalmente
utilizzato per gli interni delle macchine, ndr),
disegno borse e accessori con questo materiale, per me
è un po’ un esperimento (infatti lei indossa una b orsa
realizzata in alcantara, con una stampa vintage con delle
croci che ricordano Coco Chanel). Mi capita di stare mesi
interi a Milano, ma devo dire che mi ha conquistata, sono
innamorata della città, è tu tta da scoprire. Stessa cosa
vale per New York: la prima volta non mi ha fatto una bella
impressione, ma oggi è l’unico posto, oltre Roma e Londra,
dove vorrei vivere. Ti dà questo senso di lib erta, ti
apre la mente.
Sei più un tipo da giorno o da notte?
Da giorno, ma quando sono in giro sto fuori praticamente
a tutte le ore, sempre con la mia macchina foto grafica.
Ho una Nikon D90, ma mi diverto tantissimo anche a scattare
con l’iPhone.
Hai mai pensato di fare una mostra fotografica?
Ancora no. Quando facevo da assistente alla giornalista di
moda scattavo un sacco di foto nei backstag e delle sfilate,
adesso che sono una stilista non ho più molto tempo,
ma soffro tantissimo quando vedo gli altri foto grafi immortalare
i miei abiti. Ho un grande senso di gelosia, non
sono mai soddisfatta delle foto che vedo, penso sempre
che solo io conosco così b ene il mio abito da p oterlo fotografare
come merita (ride).
Certo, anche vendere i tuoi p ezzi, così unici, dev’essere
una sofferenza per te!
Sì, anche perché i buyer a volte vo gliono tutti la stessa
stampa in grandi quantità, ma io riesco a fare al massimo
otto pezzi con lo stesso tessu to, che per me sono tanti,
così devo cercare di distribuirli nel mo do migliore possibile.
Devo dire che è divertente, a volte mi spingono a mescolare
diverse stampe e modelli, mi stimolano e rendono
i miei capi ancora più unici.
Roma e la moda?
Per la moda il fulcro è Milano, ma Roma può diventare la
fucina dei nuovi talenti, che qui possono farsi conoscere
dal grande pubblico. R oma dev’essere il pun to di partenza,
dove cercare la novità. I grandi brand della mo da
non verrano mai a sfilare qui, ma R oma può essere la
nuova Londra, anche gra zie a concorsi come Who’s on
next?, dal quale escono sempre dai grandi talenti.
Come accessori, oltre alle b orse, stai pensando a qualcosa?
Sì, per la prossima primavera/estate ho in programma di
creare una collezione di scarpe usando la seta, saranno
coloratissime e, ovviamente, vintage!
Dove trovi il vintage in italia?
Tutte le cose più b elle che ho le ho prese nei merca tini,
non me ne p erdo uno qui a R oma, tutte le domeniche.
Trovo quasi sempre qualcosa, non torno mai a mani

“Generalmente il tema è unico per ogni collezione mentre, per quanto mi riguarda, ogni singolo vestito ha un tema”
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“non ho l’obbligo di disegnare qualcosa solo perché ‘vende’,
posso fare quello che mi piace e mi appassiona e lo faccio con un senso assoluto di leggerezza”

vuote, anche con oggetti di antiquariato.
Più di una volta il discorso è svia to sul cibo: ti piace cucinare?
Mi piace mangiare! Mangio tantissimo, con la cucina sono
un po’ negata, ma mi piace cucinare in compagnia. Adoro
la cucina libanese, che ho conosciu to a Londra, vorrei
poter fare un corso per impararne tutti i segreti. La vera
gioia nella vita, per me, non è fare vestiti, è mangiare!
Cosa sono per te lusso, eccesso ed eccellenza?
Il lusso è qualcosa di so ggettivo, qualcosa che ve di e ti
piacerebbe arrivare, è un sogno. L’eccesso è una forma
d’arte e di divertimento assoluto. L’eccellenza è riuscire a
creare qualcosa che ti so ddisfa, che è p erfetto, che ti
rende felice per quello che hai fatto. Anche se magari non
è proprio perfetto, ma è quello che ti piace.
CATERINA GATTA, FASCINATION IS VINTAGE
Caterina Gatta is one of those people you could interview endlessly.
She has so many interests and is very intellectually stimulating.
Her story is compelling, she converses with enthusiasm about
her hobbies and passions, while having a highly receptive eye
on everything that is new.
We began speaking about fashion, but quickly we found our -
selves wandering into food, art, music and photography. She is
a person that after you meet just once, you never forget her, you
rethink her
Tell me about your path in fashion: you, among other things, you're
very young.
I am twenty-eight years old and my career developed randomly.
I wanted to be a stylist since I was in high school, but I never
thought I would actually become a fashion designer. I was also
a fashion journalist’s assistant at ANSA, always back and forth
between Milan and Paris. One day I found a fabric designed by
Irene Galitzine - when I was in college, I studied Fashion and
Costume Design at Sapienza University in Rome - and out of curiosity
I started to make myself some clothes using this fabric,
and I would wear them to the fashion shows I attended. I always
liked to dress 'different', not wear the same things, and working
with a fashion journalist was an outlet for me to express my imagination,
to have fun creating looks.
I slowly realized that my clothes were accumulating some attention
and for me it was a sort of 'market test'. Finding that people
liked my designs, I wondered if my passion could really
become a job.
People were fascinated by the fabric and the cut, they couldn’t
tell if it was a vintage garment, or just made.
Perhaps they recognized the designer’s fabric, but you could
tell that the cut was different.
Yes, exactly. My history with vintage fabrics began when I became
a collector, I bought them for me, to make my own personal
vintage collection.
Did you sew the clothes?
No, a talented seamstress who worked in high fashion in Rome
sewed them.
So you collected the fabrics and then designed the clothing.
Yes, it started like that, until I started to create fifteen, twenty
pieces.
So it was a good way to start: design your own clothes and
wear them during the fashion shows, where all those involved
in fashion could notice you, not exactly like wearing them to
the office.
Of course, that was very important! After the first approvals I
decided to put all of myself into it, even somewhat unconsciously,
because it is such a ‘small’ product, also difficult to sell because
the fabrics are very limited in size. Convincing a buyer to
purchase a product of this type is not simple, you have to specify
at the beginning that an outfit can have a maximum of two
pieces, it’s unique in all aspects.
Collection Pieces.
Yes, they also don’t follow the current fashion market, that today
changes quickly and in large quantities. Presenting a product
like mine to the market is certainly a challenge. Back then I was
working for a diamond import-export company, I would analyze
them from morning to night and in my free time I devoted myself
to my 'hobby', building my small collection.
When was your first collection finished? Were you excited?
In 2009 and yes, I was excited. It was a personal passion that I
didn’t think could transform into a job, I realized it could become
one when I found that I was collecting so many fabrics I almost
had a museum in the house; for example, I found some of the
prints that I bought from Richard Avedon’s photos in the nineties
for myself, when I left the Faculty of Fashion and Costume Design,
it was beautiful.
Where did you find the fabrics, in Italy?
Yes, but also some abroad, Ken Scott I found in London and
Pierre Cardin in Paris. Shortly after deciding to 'throw myself'
into the fashion world I received an invitation to exhibit my collection
in the exclusive Soho House in New York: it was my first
showcase.
I find your story so fascinating.
It is a bit of a fairytale!
When did you land in New York?
In 2009. I was alone, I didn’t know anyone in the city, I had only
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enthusiastic signs from the people who had invited me to the
Soho House. They organized everything, I was scared because
I couldn’t believe that my clothing would be on display in a place
like this, I wondered, "What am I doing here? I'm not even presenting
a true and proper collection".
In any case, I was very successful there, while in Italy the situation
was completely different. I sent mail to the editors, trying
to explain my clothing, but I had no response. From this point of
view, Italy really disappointed me.
The breakthrough came one evening, at midnight, when after
several attempts I guessed the exact mailing address of Franca
Sozzani - I assumed it was right because it was the only letter
that didn’t come back in the mail - and in a way I already felt positive
about it, I knew that she was the only one who could really
understand me; she is such a curious person and not really
interested in the trends, she’s interested more in the creators’
stories. The next morning, at 7:30, I found her answer in the mailbox,
in which she said she would like to see the full ability of my
clothing. From there it all started, in Italy, she was the first step
that triggered a flood of interest, before where there was an absolute
lack of interest. There were people - I won’t give names
- I had contacted before Sozzani and I never received any reply,
which thereafter completely changed their attitude, smothering
me with compliments.
We at X are very sensitive to the historical aspect of a dress, it
should have something to tell.
Exactly, especially today, in a world where we have everything,
it is important for the youth to realize that when something is not
necessarily perfect or sold everywhere, but it can actually tell
you something new, otherwise you risk getting stuck in the same
old things.
I remember when I first went to Sozzani’s editor’s room, bringing
only a suitcase with basic pieces (the rest was already on
sale in New York): I was really intimidated because I didn’t have
a lot of clothes to show, but she really believed in me and in the
'story' of my clothing: the news was published, I showcased at
Palazzo Morando in 2010 and from then on, everything else fell
into place.
I read about you in the Brazilian press, why?
I think they noticed me online, through the internet and it’s still
a mystery to me! It's a really strange thing, many South American
countries continue to contact me. I think they are very attracted
by my European style mixed with warm colors, very
close to their culture.
It’s true, your clothes have a soul and the colors are very lively:
the South Americans really like this.
Each one of my pieces has a story: if you take a look at my collection,
there is a theme for every outfit. Generally the theme is
unique to each collection, while for me, every single outfit has a
theme, because the fabrics I use have very different inspirations,
some from the eighties, or the nineties, they come from very different
designers, some more romantic, others more funky.
A very interesting aspect is that you create in an absolutely free
manner.
Yes, I don’t have an obligation to design something just because
it 'sells', I can do whatever I like and I'm passionate about and
I do so with an absolute sense of lightness, an approach to work
that I hope to maintain over the years. In my opinion, an artist will
be ruined if he takes his job too seriously: you have to try to
maintain a free approach, but this applies to me and to everyone:
the photographer, for example, I believe that when he has to take
a photo of someone famous, he should try to understand him
and interpret him. The same is true for us who work with materials,
we have to pay close attention, otherwise you will ruin everything.
You can’t have too many expectations, because you run
the risk of concentrating only on what you want to achieve, losing
sight of the pleasure in what you do.
Other than fashion, a big passion of yours is photography . Do
you take photos during trips, fashion shows?
I love photography, I take photos of everything, I’m kind of addicted.
I'm interested in the historical aspect and the technical,
I shoot virtually anything, from plants to the streets to clothing.
It's a passion that I’ve always had, that my father and my grandfather
also have, maybe it's a family thing.
What does your family think of the success you're having?
At first they were skeptical, they saw it like a game and they didn’t
take me seriously, I couldn’t convince them that it was becoming
a real job. Now they really believe it! It was a good fight,
but they never hindered me.
Future projects?
I'm thinking of a collection with fabrics made by me, although I
will want to continue working with vintage. I decided to go to
the next step, the fabrics will still have a very strong character,
like the ones I use now, and there will be lots of color. I'd like to
become a reference point for people who love to dress color -
fully: in Italy there’s no one that makes distinct prints, it's all centered
on black, solid colors.
Do you have a studio? Where can I find your creations?
No, I still don’t have a studio. You can find my clothes online at
Yoox, or at Luisaviaroma in Florence, at Spiga2 (Dolce & Gabbana’s
multi-brand store) in Milan and finally in Bari, at Dante 5,
a multibrand store opened in collaboration with Anna Dello Russo.
Spiga2 was the first to take my product, the showroom displays
thirty young designers, they are very prudent to encourage all
the able designers, but they don’t have a proper space to exhibit.
Our pieces are mixed with those of Dolce & Gabbana, in
order to bring attention.

Yours is a case of excess. Creating a collection for yourself,
with specific materials, being noticed by Franca Sozzani, displaying
in New York: by no means is this a standard route.
In fact I'm so happy, for me it’s like a fairytale come true, getting
a call from Franca Sozzani was like getting a call from W oody
Allen for an actor.
With which other countries are you in contact?
Sweden and France – a lot – but also with America in New York.
My product attracts all kinds of culture, it’s universal, it’s a style
that belongs to a niche that you can find all over the world. There
is so much history behind the fabrics that even those who aren’t
fans of fashion are struck. Even my grandmother, who’s not
a big fan, has been intrigued by all the research that goes into
the creation of a garment. For me every time it's a joy to find a famous
name on the selvedge of the fabric.
Who sews for you today?
I have several seamstresses, depending on the job, and a tailor,
also in Rome. The production is entirely handmade.
What are you working on now?
On the spring / summer collection, that I have to finish in a month,
but I’m really behind! I’m working with five seamstresses on
about twenty to thirty pieces.
Where does your inspiration come from?
It’s a tragedy, it comes all at once, and never at the right time, it’s
difficult to plan at the table. Creativity is pain, it's like when you're
in love: it’s the greatest thing in the world but at the same
time it can make you feel more ill. You're happy and you suffer
equally.
I quite often wake up at night with an idea, I'm sure I’ll
remember it in the morning, because it’s so beautiful and strong,
but it’s never like that, so now I have a notebook next to the bed
to help me.
Your time is divided between Milan and Rome.
Yes, but in reality I’m much more in Milan, now I also started a
collaboration with Alcantara (the company takes its name from
the material it produces, alcantara, generally used for car interiors,
ed), I am designing handbags and accessories with this
material, for me it’s a little experiment (she is actually carrying
a bag made out of alcantara, with a vintage cross print reminiscent
of Coco Chanel). It happens that I’ll stay whole months in
Milan, but I must say that it won me over, I’m in love with the city,
it’s all worth discovering. Same thing for New York: the first time
I didn’t have a good impression, but today it’s the only place, besides
Rome and London, where I would like to live. It gives you
a sense of freedom, it opens your mind.
Are you more of a day or night person?
Day, but when I go out, I'm out practically every hour , always
with my camera. I have a Nikon D90, but I also really enjoy taking
pictures with the iPhone.
Have you ever thought about having a photo exhibition?
Not yet. When I was the fashion journalist’s assistant I took lots
of pictures backstage at the fashion shows, now that I'm a designer
I don’t have the time, but I really suffer when I see other
photographers shooting my clothes. I get really jealous, I’m
never satisfied with the photos I see, I always think that only I
know my clothes well enough to photograph them as they
should be (laughing).
Of course, also selling your pieces, they’re so unique, it must be
like suffering for you!
Yes, also because sometimes the buyers want all the same print
in large quantities, but I can’t make more than eight pieces out
of the same fabric, which for me is a lot, so I have to try to distribute
them in the best way possible. I must say that it's fun, at
times they push me to mix different prints and patterns, they stimulate
me and make my clothes even more unique.
Rome and fashion?
Milan is the hub of fashion, but Rome can become the breeding
ground of new talent, because here they can be known by the
general public. Rome must be the starting point, where you look
for what’s new. The big fashion brands will never come here to
have a fashion show, but Rome may be the new London, also
thanks to competitions such as Who's on next?, where great talents
are always discovered.
For accessories, besides handbags, are you thinking about anything?
Yes, for spring/summer I’m planning to create a shoe collection
using silk, they will be very colorful, and, obviously, vintage!
Where do you find vintage in Italy?
All of the most beautiful things I've found in the markets, I won’t
even miss one here in Rome, every Sunday. I almost always find
something, I never come back empty handed, even with antique
items.
Not surprisingly the conversation deviates to food: do you like
to cook?
I like to eat! I eat a lot, in the kitchen I’m a little deprived, but I
like to cook with company. I love Lebanese food, I discovered it
in London, I would like to take a cooking course to learn all the
secrets. True joy in life, for me, is not making clothes, it’s eating!
What does luxury, excess and excellence mean to you?
Luxury is something subjective, something that you see and
you’d like to become, it’s a dream. Excess is a form of art and absolute
fun. Excellence is to create something that satisfies you,
that's perfect, that makes you happy for what you made. Even if
it’s not exactly perfect, it’s what you like.
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Lo stile sobrio, ma inconfondibile, delle bici Bertelli, fenomeno ‘cult’ che sta conquistando i newyorkesi e non solo

BERTELLI,
LO STILE ITALIANO
PEDALA
A
NEW YORK
TESTI CAROLINA ATTANASIO
FOTO WWW.BERTELLIBICI.COM
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Francesco Bertelli, giovane web designer italiano
trapiantato a New Y ork, ha una passione: le bici.
Le costruisce, per l’esattezza, assemblandole pezzo per
pezzo e rivendendole come mo delli unici di design.
Un’attività che ha già ca tturato l’attenzione di molti p ersonaggi
più o meno famosi. A New York, chi ha stile pedala
«Nessuna delle nostre piccole sofferenze quotidiane
resiste a un buon colp o di pedale. Tristezza, attacchi di
malinconia… Inforchiamo la bicicletta e fin dalle prime pedalate
abbiamo l'impressione che un velo si squarci»
Didier Tronchet, Piccolo trattato di ciclosofia
Ho trascorso pra ticamente tutta l’infanzia – e buona
parte di quello strano p eriodo della vita che è l’adolescenza
– in sella a una bicicletta. Ricordo con pre cisione
ogni rito di passaggio legato al pedalare: da quando ho
imparato ad andare ‘senza rotelle’ a quando la bici più
piccola è stata sostituita da quella più grande, e p oi da
una più grande ancora. Quando finalmen te reggevo lo
sforzo delle marce più p esanti, quando gambe e ginocchia
erano una carta geografica delle cadute, disegnate
sulla pelle con tante belle cicatrici; quando andavo più veloce
dei miei amici e il vento contro era l’unico rumore che
riuscivo a sentire. Oggi passo la maggior parte del tempo
in una città (Roma, ndr) dove pedalare equivale a sfidare
la morte a ogni semaforo e mi mancano i tempi in cui la bicicletta
era una sp ecie di protesi del corp o, della quale
apprezzavo pregi e difetti, come si fa con i grandi amori
e i migliori amici. Francesco Bertelli forse la pensa un po’
come me, solo che lui, le biciclette, se le assembla da solo.
E vive a New York, dove pedalare non sarà una passeggiata,
ma almeno non costring e le vertebre al costan te
martellio dei sampietrini sotto le ruote.
Le bici Bertelli non sono per appassionati o per nostalgici
(come la sottoscritta): sono per gli amanti del bello. Al di
là della loro natura intrinseca – si tratta pur sempre di un
mezzo di trasporto –, questi pro dotti sono delle piccole
opere d’arte, di design, per la precisione: pezzi unici, assemblati
a mano usando componenti nuove e reperti pescati
nei mercatini dell’usato o dell’antiquariato. Non sono
soltanto uniche, hanno anche una p ersonalità precisa,
rintracciabile nei loro italianissimi nomi: Domenica, Stoica,
Mocciosa, Sentinella, ricordano quasi i gloriosi anni cinquanta
e sessan ta, quella ‘dolce vita’ che tan ti di noi
avrebbero voluto vivere. Sellini in cuoio, manubri in legno,
design ‘minimalchepiùminimalnonsipuò’ e una sola regola:
la frenata a scatto fisso (niente marce e, talvolta, niente
freni: la velocità e l’andatura sono interamente regolate
dall’intensità della pedalata, ndr). Il particolare sistema di
frenata dona alla bici le ggerezza e silenziosità, spogliandola
dagli orpelli dei cavi, dalle parti del cambio e dai freni,
focalizzando così tutta l’attenzione sulla bellezza lineare
di queste ‘due ruote’ così sp eciali. Le bici Bertelli riflettono
in tutto e per tutto l’orientamento estetico di Francesco:
niente loghi o sticker applicati, solo pezzi originali,
cromature, tubi sottili ed evidenti richiami al vintage. Una
Bertelli, tuttavia, non è fatta per essere lasciata alla polvere,
ma per ‘essere pedalata’. Così, non è raro ve derle
sfrecciare sulla Fifth avenue, a Central park o nell’Upper
east side, rapide e silenziose, ca valcate da perfetti sconosciuti,
da personaggi di hollywoodiana memoria, o da
noti businessman di fama in ternazionale. Insomma, non
certo una robetta da nerd. L’anima italiana si riconosce
nello stile sobrio, p oco invadente eppure così originale.
L’eccesso sta nella frenata, l’eccellenza nella scelta dei
materiali (che importa se usati o costruiti apposta), il lusso
nella semplicità.
Quella sviluppata da Bertelli non è soltan to una filosofia
legata alla bicicletta, ma un vero e proprio p oema, fatto
di versi che fanno venir voglia di abbandonare la pigrizia
e riscoprire il quotidiano a ttraverso un gesto semplice
come il pedalare. Il prezzo? Fuori dalla portata dello spirito
di gioventù che abbiamo risvegliato, ma sufficiente a giustificare
quelle linee nette, quel cuoio, quei pedali e quelle
ruote che fanno di una Bertelli una piccola op era di design.
Il passaparola, si sa, è rapido e ormai queste bici
sono un must ha ve internazionale. Così, Francesco ha
pensato bene di vendere anche online i pezzi che utilizza
e dispensare consigli a chi la bicicletta vuole costruirsela
da solo. In pieno stile Bertelli.

Acciaio, cuoio, pezzi usati e particolari di grande stile: et voilà, il design si pedala
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Lo stile minimal e la frenata a scatto fisso, regalano alle bici Bertelli il dono della leggerezza

BERTELLI, ITALIAN STYLE PEDALING IN NEW YORK
Francesco Bertelli, a young Italian web designer that moved
to New York, has one passion: the bicycle. He constructs
them, precisely, assembling them piece by piece and reselling
them as unique design models. The activity has already
captured the attention of many , all more or less famous.
In New York, who has style pedals
«None of our small daily sufferings resist a good pedal stroke.
Sadness, bouts of melancholy... We mount the bike and from
the very first pedals we have the impression that the veil is broken»
Didier Tronchet, Piccolo trattato di ciclosofia
I spent practically all of childhood – and a good part of that
strange period of life that is adolescence – on the seat of a bicycle.
I remember precisely every rite of passage connected
to cycling: from when I learned to ride without ‘training wheels’
to when the little bike was replaced by a bigger one, and
then by an even bigger one. When I could finally handle the
resistance of the heavier gear, when legs and knees became
a geographic map of the accidents, the skin designed with
lines of many fine scars; when I went faster than my friends
and the rushing wind was the only sound I could hear. Today I
spend the major part of my time in the city (Rome, ect) where
cycling is equivalent to defying death at every traffic light and
I miss the times when the bike was a kind of restoration for the
body, where I learned to appreciate its strengths and weaknesses,
like you do with great loves and best friends. Maybe
Francesco Bertelli thinks a little like me, only that he, assembles
bikes himself. He lives in New York, where cycling is not
exactly a walk in the park, but at least it doesn’t beat your vertebrae
to the constant pounding of cobblestones beneath the
wheels. Bertelli’s bikes are not for enthusiasts or for nostalgics
(like me): they are for the lovers of beauty. Beyond their intrinsic
nature – it is still a means of transportation –, these
products are small works of art, of design, of precision: unique
pieces, assembled by hand using new parts and finds caught
in flea markets or antique shops. They are not only unique, they
also have a distinct personality, detectable in their very Italian
names: Domenica, Stoica, Mocciosa, Sentinella, almost reminiscent
of the glorious fifties and sixties, the 'dolce vita' that
many of us would have wanted to live. Leather seats, wooden
handlebars, designs 'minimalthatitcannotbemoreminimal' and
only one rule: the fixed break (no gears and, sometimes, no
brakes: the speed and pace are entirely governed by the intensity
of the pedaling, ed). The special brake system makes
the bike lightweight and silent, stripping it of twisting cables,
from the gears and the brakes, thus focusing all the attention
on the linear beauty of these special 'two wheels'. Bertelli’s
bikes reflect in all aspects the aesthetic orientation of Francesco:
no logos or stickers applied, only original parts, chrome,
thin tubes and clear references to vintage. A Bertelli, howe-
ver, is not made to be covered by dust but to 'be pedaled'. Thus,
it is not uncommon to see them darting on Fifth Avenue, in Central
Park or on the Upper East Side, quickly and silently, mounted
by perfect strangers, by reminiscent Hollywood celebrities,
or by well known international businessmen. W ell, obviously
it’s not a geeky trend. The Italian soul is recognized in its simple
style, unobtrusive and yet original. The luxury is in the braking,
the excellence in the selection of the materials (with
careful attention to the used pieces and craftsmanship), the
excess in the simplicity. The bike developed by Bertelli has not
only an associated philosophy, but is a real poem, made up of
verses that make you want to give up laziness and rediscover
daily life through such a simple gesture as cycling. The price?
Out of the reach of the spirit of youth that we have awakened,
but sufficient to justify the sharp lines, the leather, the pedals
and the wheels that make a Bertelli a small work of art. Word
of mouth, you know, is quick and these bikes have become an
international must have. And so, Francesco thought well to sell
online the pieces he uses and to provide advice for anyone
who wants to build a bike himself. Bertelli in full style.
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GLI ANNI
CINQUANTA:
IL RINASCIMENTO
DELLA DONNA
TESTI LUCIO PELLEGRINO

Spazio al colore e agli accessori: la moda torna protagonista,
tra romanticismo e informalità
Quando si pensa agli anni cinquanta, bisogna immaginare
un periodo di grande fervore e ripresa, nonostante le cicatrici
inflitte dal conflitto mondiale. Non fu facile, ma la
possibilità di ricominciare tutto da capo si rivelò eccitante.
Anche la moda uscì da un periodo di austerità, sia per le
materie prime che p er i colori, e ritrovò quella verve
persa tra i b ombardamenti e le ansie della vita quotidiana.
Le donne, gli uomini, tu tti vollero tornare a sognare,
a sentire gli odori e i profumi con lo sguardo, tale
era il biso gno di non respirare più l’aria p esante delle
bombe. Grande interprete, forse addirittura inventore,
della joie de vivre post bellica fu Christian Dior. La diret-
trice di Harper’s Bazaar, Carmen
Snow, si riferì al suo stile
con il termine new look e Dior,
nell’atelier di a venue Montaigne,
incantava tutti con i propri
abiti, un salto nel futuro che
prendeva slancio nel passato,
negli anni trenta in particolare.
Riscoprì la donna nel suo romanticismo:
spalline arrotondate,
vita stretta e tan ti metri
di vestito divennero un must;
furono rispolverati gli accessori,
da in tegrarsi perfettamente
con il look proposto, e i
fianchi si addolcirono gra zie
alle guêpière sotto le g onne.
La guerra a veva, ad o gni
Roger Vivier tra alcune delle sue creazioni
modo, marcato profondamente
il pro cesso di emancipazione
femminile, obbligando
le mogli a lavorare nelle fabbriche
per sostituire i mariti impegnati
al fronte: le stesse mogli, negli anni cinquanta si
rifiutarono di essere rele gate a un ruolo sub ordinato e
perseguirono con convinzione il diritto alla lib ertà. Sulle
spiagge fecero la loro comparsa costumi ridottissimi,
i bikini proposti da Louis R éard, chiamati così in onore
delle omonime isole del Pacifico; negli Stati Uniti il pret-àporter
aumentò il proprio giro di vendite, segnando una
chiara inversione di tendenza risp etto al lusso e all’élitismo
di una certa ha ute couture europea, soprattutto
parigina. Dior, Givenchy, Yves Saint Laurent furono i demiurghi
incontrastati della rivalutazione della femminilità,
dopo le obbligate ‘mortificazioni’ del periodo bellico. Parigi
tornò a essere capitale della moda: videro la luce i tailleur
di una ‘certa’ Co co Chanel, affermatisi come capo obbligatorio
del guardaroba femminile proprio nel 1955.
Hermès disegnò una b orsetta a forma di
trapezio, chiamata Kelly in onore dell’a ttrice e
principessa di Monaco, Grace, appunto. In Italia
fu il grande momen to delle Sorelle Fontana e nel 1957
Valentino inaugurò l’atelier in via dei Condotti. Le calzature
da donna esibivano un tacco sempre più sottile, ‘a spillo’:
Roger Vivier si a ffermò come maestro delle calza ture
grazie a creazioni sempre originali; in Italia, fu la stella di
Ferragamo a inserirsi nel solco del bottier francese.
Durante gli anni cinquan ta emersero anche le prime
‘tendenze’ giovanili, ad imita zione dei divi hollywo odiani.
Ad esempio, Lana T urner lanciò la mo da del pullover:
il maglione sopra la lingerie divenne un must p er le fanciulle
di tutto il mondo. Nel dopoguerra, dunque, da una
parte gli stilisti si rivolsero ad una donna roman tica,
ricreando negli abiti i fasti del passato;
dall’altra, si affermò uno stile
più informale, grazie a capi in
tessuti economici come il lurex o
la plastica, scoperti e utilizzati sui
campi di battaglia.
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THE FIFTIES: WOMEN’S RENAISSANCE
Make room for color and accessories: fashion is back,
between romanticism and informality
When you think of the fifties, you most likely imagine a time full
of enthusiasm and recovery, despite the scars inflicted by war.
It wasn’t easy, but the possibility to start all over again proved
to be exciting. Fashion was also emerging from a time of austerity,
from both materials and colors, and found the vigor lost
between the bombings and the everyday anxieties. W omen,
men, and just about everyone wanted to begin dreaming, to
smell perfumes, there was a need to stop breathing the heavy
air of bombs. One great catalyst, perhaps even inventor, of the
post-war joie de vivre was Christian Dior. The editor of Harper's
Bazaar, Carmen Snow, referred to his style with the term
‘new look’; and Dior, in his studio on Montaigne Avenue, charmed
everyone with his garments, he took a leap into the future
with momentum from the past, in particular the thirties. He rediscovered
women in romance: rounded shoulder pads, nar -
row waists and yards of dresses became a must; accessories
were dusted off, perfectly integrated with the proposed look,
hips were softened thanks to corsets hidden under skirts. The
war had, however, profoundly marked women’s empowerment,
forcing the wives to work in factories, replacing their husbands
committed on the front: these same wives, in the fifties refused
to be demoted to a subordinate role, and they pursued with conviction
the right to freedom. On the beaches they wore skimpy
swimsuits, bikinis (named in honor of the famous island of the
Pacific) designed by Louis Réard. Ready-to-wear in the United
States was gaining sales momentum, signaling a clear reversal
of trends towards luxury and elitism with a certain European
haute couture flair, especially Parisian. Dior, Givenchy, Yves
Saint Laurent were the undisputed demiurges for the feminine
revaluation, after the obligatory 'mortification' of wartime. Paris
once again became the capital of fashion: the suits of a 'particular'
Coco Chanel came to light, establishing their place as the
staple in the female wardrobe, mandatory as of 1955. Hermès
designed a handbag shaped like a trapezoid, called Kelly in
honor of the actress and princess of Monaco, Grace, in fact. In
Italy it was the grand moment for the Fontana Sisters and in
1957 Valentino opened his studio on Via dei Condotti. Women's
shoes displayed an even narrower heel, the stiletto: Roger Vivier
established himself as the master of footwear thanks to his
original creations; in Italy, Ferragamo was the star to follow in
the footsteps of the French shoemaker . Throughout the fifties
the first youth trends also emerged, imitating Hollywood celebrities.
For example, Lana Turner launched the pullover: and a
sweater over lingerie became a must for young girls around the
world. After the war, therefore, on one side the designers turned
to a romantic woman, recreating the splendor of dresses
from the past; on the other side, they stated a more informal
style, thanks to pieces made with inexpensive fabrics like lurex
or plastic, formerly discovered and used on the battlefield.
Gli anni ’50 come rinascita:
dall’eleganza di Dior all’eccesso del bikini,
dalla Kelly di Hermés alle dive hollywoodiane,
fino ad arrivare all’inconfondibile Chanel

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I vigneti di Casale Bianco,
all’interno della tenuta di Donna Fugata,
nel cuore della Sicilia occidentale
DONNA FUGATA,
VENDEMMIA TRA JAZZ
E BOSSA NOVA
TESTI CAROLINA ATTANASIO/FOTO ARCHIVIO DONNA FUGATA

José Rallo, volto delle cantine Donna Fugata: dalla
vendemmia notturna alle degustazioni a ritmo di musica,
la storia dei vini che portano in giro per il mondo i segreti
della Sicilia più misteriosa
La voce di José Rallo arriva energica ed entusiasta al mio
orecchio, l’impressione è quella di parlare con una
persona cara dopo tanto tempo. È lei l’immagine visiva di
Donna Fugata, famosa can tina vinicola siciliana, una
donna il cui raccon to appassionato ci trascina rapidamente
nel caldo e nei colori brucian ti della Sicilia o ccidentale,
a Marsala, tra i verdi e i gialli della terra e l’azzurro
sconfinato del mediterraneo. È qui che, grazie alle caratteristiche
climatiche uniche, nascono dei vini che conquistano
il corpo e infiammano l’anima, al ritmo incessan te
delle note suadenti del jazz o della bossa nova, sottofondi
perfetti per degustare questo
piacere all’infinito.
Donna fugata, qual è l’origine di
questo nome così femminile e
misterioso?
Il nome è un omag gio al Ga ttopardo,
il famoso romanzo di
Tomasi di Lampedusa. Siamo nel
cuore della Sicilia o ccidentale,
in questo palazzo dove si era rifugiata
una regina (Maria Carolina,
moglie di F erdinando IV di Borbone,
ndr). E ra una ‘donna in
fuga’, da qui ‘Donna F ugata’.
Il nome si riferisce, dunque, non
solo a una donna, ma anche a un
romanzo che ha reso famosa la
Sicilia nel mondo e che è uno dei
capolavori della lettera tura italiana,
una delle op ere italiane più
tradotte, da cui ha preso vita José Rallo, il volto delle cantine Donna Fugata
anche il famoso ‘Ga ttopardo’, con protagonisti Claudia
Cardinale e Alain Delon. I miei genitori, nel 1983, agli esordi
della loro avventura ‘vinicola’, pensarono a questo nome,
non solo per il legame con il romanzo, ma anche per il significato
così evocativo: i marchi devono essere evo cativi,
suscitare sensazioni per essere ricordati. Chi sarà mai
questa donna in fuga? Anche il logo, nel quale viene rappresentata
una femmina con i cap elli al vento, si le ga
bene al nome Donna F ugata: chissà, quella donna p otrebbe
essere proprio mia madre, Gabriella, che ha ereditato
questa vigna negli anni settanta. Dopo i primi dieci
anni di doppio lavoro – mia madre insegnava inglese e curava
la vigna – decise di dedicarsi completamente alla coltivazione
di vitigni di qualità.
È lecito affermare, a questo punto, che Donna
Fugata è un vino femminile al 100%.
Assolutamente, è il vino del risca tto di tu tte
quelle donne del sud che finalmente possono affermarsi
come imprenditrici, portatrici d’innovazione, nella viticoltura
come anche nel marketing: mia madre è sta ta una
vera e propria pioniera, qui in Sicilia. Donna F ugata rappresenta
la donna che prende il proprio p osto nell’economia
e nella società.
Il vino ha, p er definizione, un forte le game con la terra.
Cosa c’è di siciliano in Donna Fugata? Quali sono le caratteristiche
territoriali che me glio emergono dalle note di
questi vini?
Questa è una b ella domanda. Io c redo che la Sicilia sia
soprattutto una terra solare, che di giorno brucia letteralmente.
Tuttavia, ci sono delle zone collinari – come
quella dove si trova Donna Fugata –
in cui la temperatura di notte si abbassa
notevolmente e questa è una
caratteristica che dona alle uve dei
profumi molto particolari. La solarità
del mediterraneo dà vini molto intensi,
oggi anche molto freschi e d
equilibrati, dalla forte personalità.
Famosa è la vostra vendemmia
notturna: il fascino di vino, terra,
odori e sap ori si veste dell’a urea
mistica della notte. Ce ne parli.
La vendemmia notturna racco glie
la magia degli aromi del sole, che permette
all’uva di ma turare, con il
fascino del chiaro di luna: il momento
è ottimale, perché la temperatura si
è già abbassa ta (può essere in feriore
anche di quindici gradi rispetto
al giorno, ndr) e il grappolo è fresco,
gli aromi sono catturati all’interno dei
chicchi e non soffrono una fermentazione
precoce dovuta al calore del sole. Giungono in cantina
in condizioni perfette, integri e pronti per il processo
produttivo. La vendemmia notturna non è soltan to qualità
del grappolo e dei profumi, ma anche qualità dell’ambiente.
Se le uve venissero raccolte di giorno, dovrebbero
essere raffreddate, disperdendo energia, mentre di notte
è possibile evitare questo pro cedimento, risparmiando
circa il 70% in termini di consumi: l’impatto sull’ambiente è,
dunque, positivo, e questo è un valore a cui Donna Fugata
tiene moltissimo. Ogni anno, il 10 ag osto, la notte di San
Lorenzo, la vendemmia notturna è ap erta al pubblico.
Almeno mille persone, ogni anno, ci raggiungono dall’Italia
e dall’estero per assistere a questo spettacolo pazzesco:
possono assaggiare l’uva e tutti i vini dell’azienda, assaporandone
le caratteristiche sotto le stelle.
31

32
In questa pagina:la cantina, con le sue barrique ordinatamente disposte, dove riposano i vini Donna Fugata.
Nella pagina a fianco: i colori mediterranei della campagna siciliana, nel sud-ovest,
dove lo sbalzo climatico tra il giorno e la notte favorisce la nascita di vini dai profumi intensi e particolari

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Il più classico degli abbinamenti del vino è il cib o. Nel vostro
caso, anche la musica. Sono famose, infatti, le vostre
degustazioni accompagnate dalle note di grandi in terpreti.
Quale genere musicale rappresenta meglio Donna
Fugata?
Le darò una risposta che spero le piaccia! Per me è la musica
brasiliana, è quella che più si ada tta al mio mo do di
essere e a quello che sento quando canto per gli altri, per
dar loro un momento di gioia. Ho trovato tantissimi abbinamenti
di musiche d’a utore di Caetano V eloso, per
esempio, che s’intonano benissimo ai nostri vini. È possibile
utilizzare la musica per creare un assaggio ‘multisensoriale’
del vino, facendosi trascinare dalle note e dal
ritmo.
Dall’esperienza musicale di Donna fuga ta è nato addirittura
un tour, con lei protag onista come voce solista
di brani ja zz e di musica brasiliana. Un mo do decisamente
originale di prop orre i suoi vini in giro p er il
mondo. Ce ne parli.
Certamente sì, abbiamo avuto un successo strepitoso,
dovuto anche all’effetto sorpresa: credo sia abbastanza
difficile trovare un pro duttore che abbia il corag gio, e
perché no l’incoscienza, di salire su un palco, da solista, a
presentare i propri vini can tando. Siamo riusciti, attraverso
una musica e dei musicisti di grande qualità, a
creare degli abbinamenti molto raffinati e stimolanti.
Tra gli artisti che avete ospitato figurano grandi nomi del
panorama internazionale, soprattutto jazz, come Pat Metheny
e John Scofield. Com’è stato condividere con loro le
emozioni legate al connubio vino/musica?
Appassionante! Chi ama la musica ama il buon vino. Un
incontro molto particolare è stato quello con i Manhattan
Transfer: la can tante del gru ppo, Janis Sie gel, con in
mano un calice del nostro Mille e una notte, ha dedicato
una ‘ballad’ jazz a mio padre, Giacomo, cantandola a cappella.
La canzone si in titolava An older man is like an
elegant wine e racconta di come un vino giovane e
irruento, tannico e aggressivo, una volta messo a invecchiare
in una barrique, si trasforma in un vino ele gante,
nobile, dai tannini morbidi: p er l’uomo è lo stesso, da
giovane è così frenetico, mentre maturando acquista un
nuovo modo di comp ortarsi, anche con la donna, più
armonioso ed equilibrato.
Non solo vino, Donna Fugata è anche la Sicilia misteriosa.
Sul vostro sito prop onete itinerari poco conosciuti nel
lembo di terra dove nasce il vostro vino. Se dovesse consigliare
degli itinerari a degli amici in visita in Sicilia, dove
direbbe loro di andare?
Uno dei posti che preferisco, poco conosciuto ma molto
romantico, sono le Cave di Cusa: qui venivano estra tti i
blocchi di pietra per la costruzione dei Templi di Selinunte.
La particolarità di questo posto è che dà l’impressione di
essere stato abbandonato all’improvviso, forse dopo un
terremoto o una guerra, ci sono questi blo cchi scolpiti a
metà, oppure pietre rotolate fin quasi all’uscita della cava
e poi lasciate lì. Sembra quasi che i lavoratori siano andati
via da pochi minuti, mentre in mezzo a queste pareti di
roccia sono nati alberi d’ulivo e macchia me diterranea,
che danno a questo luo go un’atmosfera davvero romantica,
da venirci con il proprio fidanzato per scambiarsi
dei baci appassionati. Da qui si raggiunge Selinunte, dove
si può ammirare la maestosità dei Templi e, per finire, un
bel tuffo nel mare meraviglioso della costa sud: la Riserva
del Belice, all’interno della quale si trova una ‘capanna’,
La Pineta, dove gustare un’ottima aragosta sulla sabbia.
Donna fugata ha molto a cuore anche la sostenibilità del
territorio. Avete in programma, o avete svolto di recente,
delle iniziative in favore dell’agricoltura sostenibile?
Noi lavoriamo molto in questo campo, ultimamente siamo
concentrati sulla biodiversità: la Sicilia ha un pa trimonio
vinicolo molto vasto, noi – come anche altre a ziende –
stiamo portando avanti dei vigneti sp erimentali per
riscoprire le qualità p erdute dei vitigni nostrani. Stiamo
inoltre lavorando anche sul sughero, che consideriamo la
‘chiusura’ ideale dei nostri vini, è un materiale riciclabile al
100%. Quest’anno, al Vinitaly, abbiamo riconsegnato al nostro
fornitore trentaduemila tappi, che potranno essere
riutilizzati per produrre materiale per la casa, come pannelli
fotoassorbenti, scarpe e o ggetti di arre damento:
crediamo fortemente che l’utilizzo del sughero sia importante,
abbiamo anche impiantato una ‘sughereta’ in Sardegna,
in collaborazione con altre aziende. La più grande
qualità del sughero sta nella sua elasticità, che favorisce
dei micro passaggi di ossigeno nella bottiglia, permettendo
al vino di evolversi len tamente. I pro duttori di
sughero, spinti dalla forte concorrenza della plastica,
hanno sviluppato varie tip ologie di sughero, come ad
esempio il tappo ‘bicomposto’, che ha al centro un agglomerato
di briciole di sughero sterilizzate, mentre ai bordi
del sughero compatto: è un tappo economico, adatto a
vini di fascia media. Per i vini superiori, si utilizza invece il
pezzo di sughero intero, che può costare anche più di un
euro a tappo. Questo materiale garantisce un’evoluzione
perfetta del vino, come piace a noi. Il vino è un prodotto
naturale, conservato in un ambiente di legno che ha una
sua variabilità, è giusto quindi che sia anche imbottigliato
utilizzando un prodotto naturale come il sughero.
Eventi in programma?
Delle novità, più che altro. La prossima edizione di ‘Calici di
stelle’, durante la notte di San Lorenzo, sarà in streaming
in tutti i locali, enoteche, wine bar che vorranno collegarsi.
Degusteremo in diretta i nostri vini e, a partire dalla mezzanotte,
sarà p ossibile assistere alla vendemmia notturna.
Lo streaming è stato pensato per chi ci segue dagli
Stati Uniti, ma a p oco a poco anche altri Paesi si stanno
interessando a questa p ossibilità. Sarà possibile intera-

gire attraverso Facebook e T witter, ponendo delle
domande a cui io, mio fra tello Antonio e lo staff tecnico
saremo lieti di rispondere.
Scelga tre suoi vini che meglio corrispondono alle definizioni
di lusso, eccesso ed eccellenza.
Per il lusso sce glierei sicuramente il Mille e una notte ,
perché rappresenta la bellezza estrema, è un vino bello,
gentile e potente allo stesso temp o, come deve essere
una cosa di lusso. All’eccesso affiancherei il Ben Ryé passito
di Pantelleria, perché un vino che nasce su un’isola
La famiglia Rallo, in mezzo: Giacomo Rallo e Gabriella Anca, insieme ad Antonio (a sinistra) e José Rallo (a destra)
vulcanica non può che essere e ccessivo, ti travolge di
emozioni e sensazioni e il suo gusto non ti abbandona
mai, è eccessivo da tutti i punti di vista, pur mantenendo
la sua eleganza. L’eccellenza di sposa bene con il Chiarandà,
il nostro bianco di pun ta, perché è un vino la cui
ricercatezza si riconosce già dall’etichetta, ha questo
equilibrio tra frutto e legno che ci ricorda il connubio tra
le note della natura e quelle gentili della mano dell’uomo.
Per me, l’eccellenza è questo.
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DONNA FUGATA, HARVESTING
BETWEEN JAZZ AND BOSSA NOVA
José Rallo, facing Donna Fugata’s
cellar: from the nocturnal grape harvest
to the wine tasting accompanied by
music, the most mysterious secrets of
Sicily are distributed around the world
by the wines’ stories.
José Rallo's voice comes across ener -
getic and enthusiastic on my end of the
line, giving me the impression that I am
being reunited with a loved one after a
long time. She is the face of Donna
Fugata, the famous Sicilian winery , a
woman whose passionate story brings
us quickly into the heat and scorching
colors of western Sicily, Marsala, from
the greens and yellows of the earth to
the boundless blue of the Mediterra -
nean. It is here that, thanks to its unique
climate, wines are grown that win over
the body and ignite the soul, to the
relentless rhythm of mellow jazz or
bossa nova, the perfect background for
enjoying this infinite pleasure.
Donna fugata, where does this feminine
and mysterious name come from?
The name is a tribute to Il Gattopardo,
the famous novel by Tomasi di Lampedusa.
We are in the heart of western Sicily,
where a queen took refuge (Maria
Carolina, wife of Ferdinand IV of Bour -
bon, ed.) She was a 'woman on the run',
hence the name 'Donna Fugata'. The
name refers, therefore, not only to a
woman, but also to a novel that made Sicily
known in the world and is an Italian
literary masterpiece, one of the most
translated Italian works, from which also
stems the famous film 'Gattopardo', starring
Claudia Cardinale and Alain Delon.
My parents, in 1983, when they started
their winemaking adventure, thought of
this name, not only for the connection to
the novel, but also for its evocative meaning:
brands should be evocative, arousing
feelings to be remembered. Who
could be this woman on the run? Also
the logo, which depicts a female with
her hair blowing in the wind, connects
well to the name Donna Fugata: who
knows, that woman just might be my mother,
Gabriella, who inherited this vineyard
in the seventies. After working two
jobs for ten years - my mother taught English
and took care of the vineyard - she
decided to devote herself entirely to cultivating
quality grapes.
It is fair to say, at this point, that Donna
Fugata wine is 100% feminine.
Absolutely, it's the wine of redemption
for all the women of the south that can
finally succeed as entrepreneurs, innovators,
wine makers and even marke -
ters: my mother was a real pioneer here
in Sicily. Donna Fugata represents the
woman who marks her stance in the
economy and society.
Il vino si suona: le degustazioni sono spesso
accompagnate dalle note del jazz
o della bossanova
Wine has, by definition, a strong bond
with the earth. What Sicilian aspects
are present in Donna Fugata? What are
the territorial characteristics that best
emerge from the notes of these wines?
That is a good question. I believe that Sicily
is an especially solar land, which literally
burns during the day . However,
there are some hilly areas - like where
Donna Fugata is found - where at night
the temperature is considerably lower
and this is an element that gives the grapes
very particular flavors. The Mediterranean
sun yields very intense wines,
also very fresh and balanced, with a
strong personality.
You are famous for your nocturnal har -
vest: the charm of wine, earth, smells
and tastes convey the mystical aura of
the night. Let’s talk about it.
The nocturnal harvest collects the magical
aromas of the sun, that allows the
grapes to ripen, with the charm of the
moonlight: the time is optimal, because
the temperature has already dropped (it
can be fifteen degrees Celsius lower at
night, Ed) and the bunch is really fresh,
the aromas are captured within the skins
and they do not suffer from a premature
fermentation due to the sun’s heat. They
arrive to the winery in perfect condition,
undamaged and ready for processing.
The nocturnal harvest is not only about
the quality and taste, but also about the
quality of the environment. If the grapes
were harvested during the day , they
should be cooled, wasting energy, while
at night you can avoid this process, saving
about 70% consumption: the impact
on the environment is, therefore, positive,
and this is a value that Donna Fugata
cares about deeply. Every year, on
August 10th, the night of San Lorenzo,
the nocturnal harvest is open to the public.
At least a thousand people, every
year, come from Italy and abroad to help
out at this crazy event: they can taste the
grapes and all the wines, savoring the
flavors under the stars.
The most classic of pairings is food and
wine. In your case, even music. In fact,
your wine tastings are famous for being
accompanied by distinguished performers.
What genre of music best represents
Donna Fugata?
I'll tell you an answer that I hope you’ll
like! For me it is Brazilian music, it best
fits my way of life and what I feel when I
sing for others, to give them a moment
of joy. I found many combinations of
Caetano Veloso’s music, for example,
that fit very well with our wines. You can
use music to create a multi-sensual wine
tasting, being engulfed by the notes and
rhythm.
A tour was even started after the musical
experience of Donna Fugata, with

José e Antonio Rallo al lavoro
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Ancora uno scorcio dei vigneti Donna Fugata: ad agosto, nella notte di San Lorenzo, moltissimi visitatori raggiungono
la tenuta per assistere alla vendemmia notturna

the lead vocalist singing jazz and Brazilian
music. A decisively original way
to present your wines around the world.
Let’s talk about it.
Certainly, we had tremendous success,
due in part to a surprise effect: I think it's
pretty hard to find an artist who has the
courage, and even a bit of unconsciousness,
to stand on stage, alone, to present
the wines through song. W e were
able, to combine music and quality musicians
to create very sophisticated and
stimulating pairings.
Among the artists that you have hosted
including big names on the international
scene, particularly in jazz, such as Pat
Metheny and John Scofield. What was
it like to share with them emotions relating
to the combination of wine/music?
Exciting! Who loves music loves good
wine. An unusual encounter was with
the Manhattan Transfer: the lead singer,
Janis Siegel, holding a glass of our 'Mille
e una notte', dedicated a jazz ballad to
my father, James, singing it a cappella.
The song was entitled An older man is
like an elegant wine and tells how a
young and impetuous wine, tannic and
aggressive, once put to age in a barrel, is
transformed into an elegant wine, noble,
with soft tannins: for the man is the
same, when young he is frantic, but
when he matures he acquires a new behavior,
also with a woman, he is more
harmonious and balanced.
Donna Fugata is not only wine, but also
the mysteries of Sicily. On your website
you propose little-known itineraries for
the section of land where your wine
grows. If you were going to recommend
an itinerary for friends visiting Sicily ,
where would you tell them to go?
One of my favorite places, little known
but very romantic, is Cave di Cusa: here
blocks of stone are extracted to construct
the Templi di Selinunte. The peculiarity
of this place is that it gives the
impression that it was suddenly abandoned,
perhaps after an earthquake or a
war, there are blocks carved in half, and
stones that were rolled to the cave’s exit
and then left there. It seems like the workers
left a few minutes ago, while in the
midst of these cliffs, olive trees and Mediterranean
vegetation sprout up, which
give the place a truly romantic atmosphere,
for you and your boyfriend to
come and kiss passionately. From here
you can reach Selinunte, to admire the
majesty of the temples and, finally, take
a dip in the breathtaking sea of the south
coast: the Riserva del Belice, which includes
a ‘capanna’ on the grounds, La
Pineta, where you can enjoy an excellent
lobster on the sand.
Donna Fugata has many heartfelt views,
even the sustainability of the land. Are
you planning or have you recently executed
initiatives in favor of sustainable
agriculture?
We work a lot in this field, recently we
focused on biodiversity: Sicily has a very
extensive wine heritage; we - like other
companies - are carrying out the experimental
vineyards to rediscover the lost
qualities of our own vines. Furthermore,
we are working on the cork, we consider
the ideal closure for our wines to be
a 100% recyclable material. This year at
Vinitaly, we returned thirty-two thousand
caps to our supplier, which can be
reused to produce material for the home,
such as solar panels, shoes and home
furnishings: we strongly believe that the
use of cork is important, we have planted
cork oak trees in Sardinia, in collaboration
with other companies. The
greatest quality of cork is its elasticity ,
which favors the micro additions of oxygen
into the bottle, allowing the wine to
evolve slowly. The producers of cork,
driven by strong competition from plastic,
have developed various types of
cork, such as the biodegradable cap,
which has at its center a cluster of tiny
pieces of sterilized cork, while at the
edges it is compact: it’s a cost saving
cap, suitable for mainstream wines. For
more superior wines, instead you should
use a whole piece of cork, which can
cost more than a dollar a cap. This material
ensures a perfect evolution for the
wine, the way we like it. Wine is a natu-
ral product, stored in wood that has its
own variability, so it is also appropriate
that it should be bottled using a natural
product like cork.
Planning any events?
More than anything else. The next edition
of 'Calici di stelle', during the night
of San Lorenzo, will be streaming in all
shops, wine stores and wine bars that
want to connect. We will taste our wines
live, starting at midnight, and you can
even watch the nocturnal harvest. The
live streaming was thought of for those
who follow us from the United States,
but little by little other countries are inquiring
about this possibility as well. You
can interact via Facebook and T witter,
asking questions to which I, my brother
Antonio and technical staff will be happy
to respond.
Pick three wines that best correspond
to the definitions of luxury, excess and
excellence.
For luxury I would definitely choose the
Mille e una notte, because it represents
extreme beauty, it is a beautiful wine,
gentle and powerful at the same time,
like something luxurious should be. For
excess I would place Ben Ryé passito di
Pantelleria, because a wine grown on a
volcanic island isn’t only excessive, but
it overwhelms you with emotions and
feelings and it has an everlasting taste, it
is excessive from all points of view ,
while maintaining its elegance. The excellence
goes well with our white Chiarandà,
because it is a sophisticated
wine, with a sophistication already recognizable
by the label, it has an equilibrium
between fruit and wood that
reminds us of the union between nature
and the human hand. For me, this is excellence.
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LA FEMMINILITÀ
della
PELLE
TESTI CAROLINA ATTANASIO
FOTO ARCHIVIO THES TZIVELI
Thes Tziveli, di origini greche, poliedrica fashion designer
di pellicce: l’eleganza e lo stile di una donna che ha saputo
coniugare felicemente la creatività e il pragmatismo dello
spirito imprenditoriale (ottenendo anche il prestigioso
riconoscimento Premio Firenze Donna e Donna di Atene),
imponendosi presto all’attenzione dell’alta moda a livello
internazionale.
Un impegno costante il suo, non solo nell’a ttività lavorativa,
ma anche nel sociale.
La sua cliente ideale è “quella che non vuole esserlo ”:
un’affermazione che ben riassume la determina zione e
la perseveranza che l’hanno portata lontano.
Nel cuore della Toscana più operosa, dove l’artigianalità è
storia, nascono i suoi mo delli, estranei alle tendenze del
momento e, per questo, senza tempo.
L’essenza piuttosto che la forma, questo è il ‘leit motiv’
del percorso professionale del suo brand, costan temente
alla ricerca della qualità assolu ta, attraverso l’utilizzo
di materie prime selezionatissime e manodopera di
alto livello. Rigorosamente made in Italy.
Lei ha origini greche, ma il suo percorso di vita l’ha
portata a lavorare in Italia. Ce ne parli.
Io mi sento soprattutto cittadina europea. Il futuro del
nostro continente è quello di molti p opoli che trovano,
dopo millenni, una storia, un'identità, un futuro comune.
Quanto all'Italia e alla Gre cia, abbiamo avuto l'onore di
dare le basi alla cultura o ccidentale, quindi non sen to
molta differenza.
Fino al liceo ho vissuto e studiato nel mio Paese di origine,
mentre la la urea in E conomia viene dall'Università di
Napoli e dal punto di vista lavorativo la mia vita si è divisa
tra Pavia, Milano , Empoli e Firenze.
Non so a quale dei due Paesi io debba essere più riconoscente,
quel che è certo è che li amo amb edue, non
avendo mai allentato il legame con la Grecia, nonostante
la mia vita adulta si sia sviluppata soprattutto in Italia.
Qual è la particolarità delle sue creazioni?
È sempre difficile descrivere se stessi e le proprie opere.
Nel mio caso posso dire che si tratta di una combinazione
tra eredità artistica di famiglia (mio nonno era pittore) e
una vocazione personale al disegno e al design che mi ha
portata a volere anche uno specifico diploma di stilismo.
Tuttavia, non si può neppure escludere quanto ho imparato
da mio padre, un uomo di grande energia e con notevoli
capacità imprenditoriali. Diciamo che sono sta ta
fortunata a trovarmi in un simile ambiente.
Le mie creazioni da una parte portano a un’estetica che
va al di là delle tendenze e dall'altra sono il risultato di una
costruttività razionale.
L'ambizione, ogni volta che mi accing o a disegnare una
collezione, è quella di c reare un lusso semplice, line are,
frutto però di uno sforzo di fantasia creativa.
In sostanza tento di ricondurre tutti gli elementi creativi a
‘unità’ e non a ‘somma di uno’.
Chi è il suo cliente ideale?
La mia cliente ideale è quella che non vuole esserlo.
Le nostre collezioni, sulla base del ragionamen to fatto
prima, non hanno biso gno di una taglia, di un’etnia o di
una età, ma semplicemente devono creare il desiderio di
essere femminili in ogni momento.
I nostri capi non prevaricano le donne, ma pun tano a
esaltare la loro essenza femminile.
Questa tendenza è anche rafforzata dalla natura stilistica
del prodotto che, come dicevo, va oltre dello stile del momento.
Questo, tra l'altro, genera una ‘duration’ che lo rende ammortizzabile
nel lungo periodo. Un lusso decisamente accessibile,
nel quale il prezzo si concen tra principalmente
sul prodotto e non sul marchio, che diviene semplicemente
simbolo di garanzia, così come dimostra la nostra
storia trentennale nel settore.
La sua clientela è di livello internazionale, quali sono i Paesi
dove i suoi prodotti sono maggiormente esportati?
Come dicevo prima, non abbiamo una nazione privilegiata.
Andiamo alla ricerca di merca ti dove cresce non solo il

L’ambizione di Thes Tziveli è creare un lusso semplice e lineare, frutto però di un grande sforzo creativo
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42
”I nostri capi non prevaricano le donne,
ma puntano a esaltare la loro essenza femminile”

enessere materiale, ma anche la consap evolezza delle
donne del proprio ruolo e del proprio valore. In questo
senso, a parte l’Europa interna, sono di nostro interesse
la Russia, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, il Brasile e
ogni altro Paese che cerca di c rearsi la propria concezione
di ‘bello’.
Noi siamo orgogliosi di rappresentare questo concetto
nel nostro campo.
Quanto incide sull’app eal dei suoi pro dotti il fatto che
siano made in Italy?
Ovviamente molto, anche perché il nostro non è proprio
appeal, ma sostanza. Non esiste il bello senza la qualità e,
anche in questo campo, la qualità è italiana. Per noi, scrivere
‘made in Italy’ non significa indicare una provenienza,
ma dare garanzia del le game esistente tra tutti
coloro che concorrono al prodotto finale.
Certamente, le sue c reazioni richiedono una mano dopera
di alto livello per mantenere inalterata la qualità delle
materie prime. Ci parli degli artigiani che lavorano per lei.
Il motivo per il quale vivo e lavoro nella provincia di Firenze
nasce da una delib erata ricerca dell'are a più ada tta.
Un'area nella quale la presenza di grandi esperienze, alta
professionalità e voglia di progresso garantissero sia l'innovazione
di processo delle materie prime, sia l'ese cuzione
perfetta nella re alizzazione del cap o. Senza la
presenza di questi artigiani e di questi piccoli industriali,
non avrei potuto realizzare quello che ho fatto fin’ora.
Lusso, eccesso ed eccellenza sono alla base del suo
mestiere, può darci una sua p ersonale definizione di
ciascuno di questi concetti?
La mia idea del lusso si fonda principalmente sull'idea del
bello: è il b ello che fa il lusso e non viceversa. Il nostro
lusso, possiamo dire, non è tangibile, perché è parte della
genialità di coloro che contribuiscono a creare il prodotto.
L’eccesso è la perfezione.
L'eccellenza è un obiettivo irrinunciabile. Tuttavia, non è
sufficiente se non è sposata alla creatività e se non è figlia
dell'interpretazione del desiderio della clien tela, che
ama sempre sentirsi donna e molto femminile.
Quello delle p ellicce è un settore che è sta to spesso
oggetto di controversie legate all’utilizzo delle materie
prime: che evoluzione c’è stata negli ultimi anni, a livello di
produzione e di materiali?
Sin dai primordi, gli animali hanno contribuito allo sviluppo
dell'uomo, quindi il problema non si pone.
Oggi, è fondamentale il rispetto delle regole corrette, in
ogni momento dell'allevamento, qualunque sia l'animale
e non solo quelli da pelliccia. Per quanto ci riguarda, siamo
sempre stati ‘ligi’ a questi principi ottenendo sempre il
rispetto di tutti, così come noi rispettiamo i principi altrui.
C’è un tema dominante nelle sue creazioni?
Il tema dominante è apparentemente invisibile. Noi dedichiamo
una cura particolare al trattamento dei materiali.
Io credo che l'innovazione tecnologica e la professionalità
ci permettano di dominare i ma teriali per asservirli alla
nostra idea creativa e non il con trario. Solo così si può
uscire dal banale e ag giungere valore a o gni tipo di
materiale, qualunque sia il suo pregio.
Non puntiamo su un materiale per il suo prezzo, ma p er
la sua capacità di essere trattato per raggiungere i nostri
obiettivi.
Quali materiali predominano nelle sue ultime collezioni?
Nel nostro modo di produrre non mancano né i materiali
classici né quelli di tendenza, ma in genere proviamo noi
a definire la tendenza, gra zie alla nostra c reatività che
parte innanzitutto dalla trasformazione dei materiali: a
questo lavoro abbiamo dedicato buona parte dei nostri
ultimi trent'anni.
Lei ha ricevuto dei riconoscimenti per la sua abilità nel
coniugare creatività e spirito imprenditoriale, inoltre è
molto impegnata nel sociale: quali attività la coinvolgono
maggiormente?
Sono molto grata per tutte le volte che, sia in Grecia che
in Italia, ci sono sta te persone che hanno voluto riconoscermi
dei meriti, dando così un senso pubblico al mio
lavoro. Ho cercato più di una volta di non far mancare il
mio appoggio a cause degne di essere sostenute. Se si è
immersi in una società, bisogna saperne coglierne tutte
le sfaccettature. È questo che, nel mio piccolo, ho
cercato di fare.
Che connessione c’è, p er lei, tra la sua terra d’origine e
l’Italia?
Forse la principale connessione sono io stessa, p erché
non mi sono mai dedicata solo a uno dei due Paesi. Non a
caso mi sono adoperata molto per favorire i legami tra la
mia terra di origine e quella di adozione. Ed è altrettanto
evidente che esiste un le game storico-culturale che ci
unisce tutti. Non dimentichiamo che sia la cultura gre ca
che quella latina, nel loro espandersi, seppero acquisire le
culture degli altri popoli. In questa tradizione c'è anche il
nostro futuro.
43

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FEMININITY IN FUR
Greek fashion designer, Thes Tziveli, know for her versatile fur
designs has the elegance and style of a woman who has managed
to successfully combine creativity and entrepreneurial
pragmatism (also receiving the prestigious prizes W oman of
Florence and Woman of Athens), has gained early attention
from high fashion at an international level.
She has an ongoing commitment, not only in the work place
but also in society.
Her ideal client is "one that does not want to be": a statement
that sums up the determination and perseverance that has
taken her this far.
In the heart of Tuscany, where craftsmanship makes history,
her patterns are born, outside the path of current trends, and
for this, they are timeless.
Essence, rather than form, is the 'leit motiv' of her brand’s journey,
constantly pursuing absolute quality, through the use of
select raw materials and brilliant craftsmanship. Precisely
Made in Italy
You are originally from Greece, but your life’s journey has led
you to work in Italy. Let’s talk about that.
Above all, I feel like a citizen of Europe. The future of our continent
is that of many different cultures, people who find, that
after thousands of years, a history, an identity and a future, in
common.
As for Italy and Greece, we have had the honor of giving the
basics to Western culture, so I really don’t feel much of a difference.
Until high school, I lived and studied in Greece, after which I
earned my Economics degree from the University of Naples
and now from the point of view of my work, life has been divided
between Pavia, Milan, Empoli and Florence.
I do not know which of the two countries I should feel more
grateful towards, what is certain is that I love them both, never
having lost my connection to Greece, in spite of my adult life
developing primarily in Italy.
What is particular to your creations?
It is always difficult to describe yourself and your work. In my
case I can say that it is a combination of artistic heritage (my
grandfather was a painter) and a personal vocation to drawing
and design that brought me to want also a specific diploma in
fashion design.
Nevertheless, you can’t exclude what I have learned from my
father, a man full of energy and with extensive business skills.
I was lucky to find myself in such an environment.
On the one hand, my creations bring an aesthetic that goes beyond
trends and on the other hand are the results of a constructive
rational.
Every time I am about to design a collection, my ambition is to
create a simple, linear, luxurious product, but with an enor -
mous creative effort.
Basically I try to bring together all the creative elements to
'unite' but not to 'become one'.
Who is your ideal client?
My ideal client is one that does not want to be.
Our collections, on the basis of prior reasoning, do not need a
size, an ethnic group or an age; they simply have to create the
desire to be feminine in all occasions.
Our main pieces don’t dominate the woman, but aim to enhance
her feminine essence.
This tendency is also reinforced by the stylistic nature of the
product, as I previously mentioned, which goes beyond the
style of the moment.
This, among other things, generates duration for the product,
which makes it priceless over time. A very affordable luxury, in
which the price is mainly focused on the product and not on
the brand, which becomes simply a symbol of security, as evidenced
by our thirty-year history in the industry.
Your clientele is on an international level, in which countries
are your products being exported?
As I said before, we don’t have a favored country.
We are looking for markets where not only material well-being
grows, but also the awareness of women’s roles and values. In
this sense, apart from mainland Europe, we are very interested
in Russia, China, Japan, South Korea, Brazil and any other
country that seeks to create its own concept of 'beauty’.
We are proud to represent this concept in our work.
To what extent does Made in Italy affect your product’s appeal?
Definitely a lot. Also because our product is not just appealing,
but substance. There is no beauty without quality, and in this field,
quality is Italian. For us, to write 'Made in Italy' doesn’t indicate
the product’s country of origin, but guarantees the production
line between all those who contributed to the final product.
Certainly, your creations require a high-level of manpower to
maintain the quality of the raw materials. Tell us about the artisans
who work for you.
The reason why I live and work in the province of Florence is
because I was looking for the most suitable place. A place in
which the presence of experience, professionalism and the desire
to progress would ensure both an innovative process of raw
materials and a perfect craftsmanship in the construction of the
garment. Without the presence of these artisans and small industrialists,
I could not have achieved all I've done thus far.
Luxury, excess and excellence are the foundation of your work,
can you give us your own definition of each of these concepts?
My idea of luxury is based mainly on the idea of beauty: beauty
is luxury and not vice versa. Our luxury, we can say, is intangible,
because it’s a part of the genius of those who

I materiali, di altissima qualità, vengono plasmati a seconda dell’esigenza creativa
da artigiani di altissimo livello: la qualità della manodopera, come sempre, è
fondamentale nel garantire un prodotto di livello, che duri nel tempo
45

46
contribute to the product.
Excess is perfection.
Excellence is an indispensable objective. However , it’s not
enough without being connected to creativity and if it’s not the
desirable interpretation of the customers, who love to feel like
a woman.
Fur is a sector that has often been the subject of controversy
related to the use of raw materials: what evolutions have arisen
in recent years, in both production and materials?
Even from the beginning, animals have contributed to the development
of man, so the problem does not arise. T oday, it is
essential to follow the rules, throughout all the stages of breeding,
for all animals and not just those we use for fur. As for us,
we've always been loyal to these principles and have shown
respect towards everything, as well as the principles of others.
There is a dominant theme in your creations?
The dominant theme is seemingly invisible. We dedicate special
attention to the treatment of the materials. I believe that technological
innovation and professionalism have allowed us
to control the materials to bind our creative idea, and not vice
versa. Only like this can you avoid the mundane and add value
to each type of material, whatever its value.
We don’t focus on a material because of its price, but its ability
to be formed to achieve our goals.
What materials dominate your latest collection?
In our way of producing, neither classic materials nor trends
are lacking. We generally try to define the trend, thanks to our
creativity that begins by transforming the materials. We have
devoted much of the past thirty years to this process.
You have received some awards for your ability to combine
creativity and entrepreneurial spirit, you are also very involved
in social activities: in which activities are you mostly involved?
I am very grateful for everything, both in Greece and in Italy
there were people who wanted to recognize merit, thus giving
the public a sense of my work. I have also tried to support worthy
causes. If you are immersed into a society, you must know
how to appreciate all its facets. This is what, in my small way,
I have tried to do.
What connections are there for you in Greece and Italy?
Perhaps the main connection is myself, because I never dedicated
myself fully to only one of the countries. It’s no coincidence;
I worked hard to foster the links between my homeland
and my adopted country. It is also clear that there is a historical
and cultural link that unites us both. W e can’t forget that
both the Greek and Latin culture, in their expansion, were able
to capture even the cultures of other peoples. In this tradition
there is also our future.

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In questa pagina e nella pagina a fianco:
Dolce&Gabbana, collezione PE 2012 e mozzarella di bufala con pomodorini piccanti, la moda si mangia

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DOLCE &
GABBANA
PE 2012
PICCANTI
MOZZARELLA
DI BUFALA
E POMODORI
TESTI ANNA MARCONI/FOTO DOLCE&GABBANA

Taste of Runway ci mostra come moda e buon cibo siano
un connubio tu tt’altro che improbabile: mangiare p er
credere
Dolce & Gabbana ci p ortano verso gli ingre dienti della
cucina mediterranea. Viva la Sicilia e viva il mambo italiano,
che ha trasformato uno degli ultimi loro ultimi show in una
festa patronale tipica del sud Italia. Zucchine, cip olle,
pomodori, melanzane e peperoni su abiti-bustrier, dress,
shorts, culottes, tubini attillati e gonne a ruota dalla silhouette
anni ’50 per una donna carica di femminilità e sensualità.
Per gli accessori c’è solo l’imbara zzo della scelta.
Ciondoli fatti di pasta, p omodorini, pennette e aglio.
Orecchini con p eperoncini, peperoni, maccheroni e
farfalle al dente. Una collezione che stimola il buon umore
ma soprattutto l’appetito!
Taste of Runway vi propone un antipasto all’italiana di
tutto rispetto. Indossate il vostro grembiule griffa to e
iniziate a preparare gli ingredienti.
Per 4 persone: 4 pomodori grossi, 4 mozzarelle di bufala,
peperoncino tritato, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Prendete 4 grossi pomodori rossi, lavateli accuratamente
e tagliateli a fettine. Metteteli in una padella antiaderente
con un po’ di olio extravergine d’oliva, peperoncino, sale,
pepe e fate scottare a fuoco basso per 3 minuti. Nel frattempo
tagliate a fette la mozzarella di bufala. Quando i pomodori
si saranno insaporiti e intiepiditi toglieteli dal fuoco
e posizionateli nel piatto alternandoli a strati con le fette
di mozzarella. Il nostro an tipasto è pron to da servire,
a ritmo di un mambo italiano da ballare godendosi la vita!
DOLCE & GABBANA PE 2012 / BUFF ALO MOZZARELLA AND
SPICY TOMATO
Taste of Runway shows us how fashion and good food are
anything but an unlikely combination: eating is believing
Dolce & Gabbana delivers us Mediterranean cuisine ingredients.
Viva Sicily and mambo italiano, which has transformed
one of their last shows into a typical southern Italian festival.
Zucchini, onions, tomatoes, eggplant and peppers on corsets,
dresses, shorts, panties, form fitting dresses and skirts from
the fifties for a woman full of femininity and sensuality. For accessories,
there is plenty to choose from. Pendants made with
pasta, tomatoes, penne and garlic. Earrings made with red
peppers, macaroni and butterfly pasta al dente. A collection
that stimulates a good mood but above all a good appetite!
Taste of Runway offers a respectable Italian antipasto. Put on
your designer apron and start preparing the ingredients.
Serves 4 people: 4 large tomatoes, 4 portions buffalo mozzarella,
crushed red pepper, extra virgin olive oil, salt and pepper.
Take 4 large red tomatoes, wash thoroughly and slice. Put
them in a nonstick pan with a little extra virgin olive oil, crushed
red pepper, salt, pepper and cook over low heat for 3 minutes.
Meanwhile, slice the buffalo mozzarella. When the
tomatoes are flavored and warm, remove them from the heat.
Put them on a plate in layers alternating with slices of mozzarella.
Our appetizer is ready to serve, dancing and enjoying life
to the rhythm of mambo italiano!
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L’ELEGANZA
DEL CIGNO
TESTI EZIO SALVATORI/FOTO ARCHIVIO NAUTOR’S SWAN

«Uomo libero, tu amerai sempre il mare!
Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima
Nello svolgersi infinito della sua onda.»
Charles Boudelaire
È probabilmente un sentimento simile a questo che ha
ispirato Pekka Koskenkylä, nel 1966, a dare vita a Nautor’s
Swan, oggi leader mondiale nella la costruzione di barche
di lusso e da corsa, che inc rociano i mari di tu tto il
globo e che occupano un posto speciale nel cuore di tutti
i marinai.
Nautor’s Swan nasce in una terra lon tana, lontana soprattutto
da ciò che è lusso ed eccesso. Un posto con un
forte legame con la navigazione e, soprattutto, di grande
capacità e voglia di eccellere.
La cultura nordica ha da sempre cercato di coniugare la
tradizione artigianale con le più a vanzate tecnologie e
Nautor’s Swan non fa eccezione.
Sia i mo delli più ve cchi, disegnati da Sparkman & Stephens,
che quelli più mo derni firmati da German Frers,
hanno reso gli Swan esemplari dalle comuni caratteristiche
di b ellezza, solidità, ele ganza e na vigabilità senza
eguali.
Il primo Swan ‘36’ è stato consegnato nella primavera del
1967 al velista britannico Dave Johnson, che ha capitanato
lo yacht con notevole successo nei tornei in giro p er le
isole britanniche. Gli ottimi risulta ti ottenuti durante le
gare hanno immediatamente prodotto un riscontro positivo,
che ha consac rato Nautor’s Swan come costruttore
di barche da c rociera ad alte presta zioni,
determinando un incremento delle cifre di vendita e un
crescendo di riconoscimenti e successi p er i modelli seguenti.
Nel 1998, Nautor’s Swan diventa italiana, a se guito dell’acquisizione
dell’azienda da parte del gru ppo capeggiato
da Leonardo Ferragamo: dopo momenti difficili -
come l’incendio che nel 1969 danne ggiò seriamente il
cantiere – e ‘cambi di rotta’ – come l’arrivo di Frers nel ‘79
– Nautor’s Swan entra, ancora una volta, in una dimensione
nuova.
Durante quest’arco evolutivo, ciò che è rimasto costante
è la qualità e la durabilità dei Swan. Si pensi che dei circa
duemila modelli prodotti dai cantieri Nautor, la quasi totalità
solca ancora i mari di tutto il mondo.
Quello che colpisce quando si osserva uno Swan è la qualità
dei materiali impiegati: anche da lontano, dal molo, si
vede che tra tu tte le barche orme ggiate una sembra
stare a galla meglio delle altre.
Luca Lucheschi, Direttore commerciale di Nautor’s Swan,
ci spiega più approfonditamente le caratteristiche che
fanno di uno Swan un’imbarcazione unica.
55

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Dottor Lucheschi, quanto c'è di italiano in un brand che ha
le sue origini in una terra così diversa dall'Italia come la
Finlandia? L'avvento di Leonardo Ferragamo alla guida
del gruppo ha segnato l'inizio dell'italian glamour, questo
ha inciso molto sulla stru ttura, nonché sull'anima dei
modelli creati da Nautor Swan?
D’italiano c’è tantissimo. La maggior parte dei componenti
del management è italiana. L’ingresso del gruppo capitanato
da Leonardo Ferragamo alla guida di Nautor’s Swan
ha portato prevalentemente due innova zioni. Innanzitutto
lo stile. Leonardo Ferragamo, grande appassionato,
e il suo staff, sono riusciti a dare un’impronta di maggior
contemporaneità a barche che già erano un esempio di
modernità; con linee più fresche e un design più all’avanguardia,
hanno fatto sì che gli Swan potessero catturare
un più ampio ventaglio di navigazione, superando di fatto
quella ‘nicchia’ che li ve deva più adatti ai Mari del nord
piuttosto che alle rotte mediterranee. L’altra innovazione
è il management, che ha creato un ponte tra un prodotto
eccellente ma relegato nella realtà dei Paesi del nord e il
mercato globale che tutti oggi conosciamo.
Un momento della Rolex Swan Cup, una delle prestigiose regate
che coinvolge le imbarcazioni a vela dei cantieri Nautor’s Swan

Dove si trovano oggi la sezione creativa e la produzione
dei modelli?
Il management, l’engineering e il design sono a Firenze.
La produzione avviene esclusivamente in Finlandia. I modelli
che escono dai can tieri della Nautor’s Swan sono
realizzati da personale che tramanda la propria arte di
padre in figlio. Sicuramen te l’esclusività de gli Swan si
deve anche a loro, agli operai che sono i primi appassionati
delle nostre barche.
La passione e l’esp erienza tramandata sono dunque gli
elementi che distinguono Nautor’s Swan dai concorrenti.
Dove è diretto maggiormente il 'core' delle attività aziendali:
regate oppure yacht charter?
No, gli Swan sono barche solide da c rociera. Sono, per
meglio dire, performance-cruiser. Sono yacht particolarmente
adatti alle crociere d’altura. Si può tranquillamente
affermare che uno Swan a ttraversa l’atlantico in 5/6
giorni in meno rispetto ai suoi modelli antagonisti. Senza
dubbio, quando i nostri modelli sono stati impiegati in modalità
‘racers’, non hanno certo deluso, ma questa è una
conseguenza della qualità delle nostre barche. V olendo
fare un parallelo con una casa automobilistica, possiamo
dire che solitamente i prodotti di serie vanno in strada
mentre i prototipi in pista. Gli Swan di serie p ossono es-
Lo Swan ‘60’ Swing, agilità, leggerezza e precisione unite
a una linea sobria ed elegante
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sere impiegati sia per la crociera che per la regata.
Eppure, con l’ingresso di Enrico Chieffi (velista e
pluricampione mondiale, ndr) nel ‘p ozzetto’ della Nautor
Swan verrebbe naturale pensare a uno sp ostamento
dell’azienda verso un ‘reparto corse’ dedicato.
No, anzi, al contrario. Enrico col suo pragma tismo ha
rafforzato le linee di produzione che sono proprie di Nautor’s
Swan. Poi è ovvio che nel caso di even ti interni
o partecipazioni a comp etizioni, Enrico Chieffi è una
formidabile risorsa, dati i suoi trascorsi.
Dalle parole di Lucheschi emergono nettamente le peculiarità
di uno Swan risp etto alle altre imbarca zioni. Sono
barche veloci, solide, belle, realizzate da personale altamente
qualificato, capace di riversare la propria passione
nel lavoro.
Queste imbarcazioni sono un esempio di qualità p er
quanto riguarda la scelta dei materiali e per la certezza di
ogni riparazione - utilizzano, difatti, solo il numero di serie
del modello, attraverso cui è p ossibile accedere agli
schemi dell’impiantistica (fiore all’occhiello della Nautor) -
o alle modalità costruttive che vengono custodite in cantiere
e che restano a disposizione dei clienti.
E ancora planarità, affidabilità e robustezza, che si man-
tengono intatte nonostante la variazione di dislocamento
e l’alleggerimento degli scafi attraverso l’utilizzo del carbonio.
Dall’insieme al particolare, tutto è ai massimi livelli, tu tto
conferma che la caratteristica fondamentale dei Nautor’s
Swan è una sola: sono Nautor’s Swan.
Lo Swan ‘66’ Lionessa of Douglas e, nella pagina a fianco,
lo Swan ‘65’ Sayula, vincitore del Giro del mondo nel 1976

60
Ancora un’immagine dello Swan ‘60’: l’elevatissima qualità dei materiali si unisce alle alte performance, sia in crociera che in regata

62
THE ELEGANCE OF THE SWAN
"Free man, you will always
cherish the sea!
The sea is your mirror:
you contemplate your soul
In the infinite unrolling of its waves. "
Charles Baudelaire
Probably a sentiment similar to this
inspired Pekka Koskenkylä, in 1966, to
launch Nautor's Swan, today the leading
manufacturer of luxury and speed boats
Lo Swan ‘100’ Virago
in the world, crossing seas around the
globe and holding a special place in the
hearts of all sailors.
Nautor's Swan began in a land far , far
away from what is luxury and excess, in
a place with a strong connection to navigation
and, above all, with a great ability
and desire to excel.
The Scandinavian culture has always
tried to combine traditional craftsmanship
with the most advanced technolo-
gies Stella! and Nautor's Swan is no exception.
Both the older models, designed by
Sparkman & Stephens, and the modern
ones designed by German Frers, have
elevated Nautor’s Swan from ordinary to
exemplary in terms of beauty, strength,
elegance and unparalleled navigability.
The first Swan '36' came out in the
spring of 1967, with British sailor Dave
Johnson as the yacht’s captain, prevailing
with remarkable success in tournaments
around the British Isles. Following
excellent results in the races, immedia-
tely a positive response arose, which appointed
Nautor's Swan as the builder of
high performance cruise boats, resulting
in an increase in sales and a growing recognition
and success for subsequent
models.
In 1998, Nautor's Swan became an Italian
company following its acquisition,
headed by Leonardo Ferragamo. After
difficult times - as the fire in 1969 that seriously
damaged the shipyard - and
'changing courses' - as with the arrival
of Frers in 1979 - Nautor's Swan entered,
once again, in a new dimension.
Throughout its evolution, what has remained
constant is the quality and durability
we have come to expect from a
Swan. Considering that about two thousand
models have been produced by
Nautor, almost all are still cruising seas
around the world.
The quality of a Swan is striking at first
glance, even from the pier you can see
that among all the boats moored one
seems to float better than others.
Luke Lucheschi, Sales Director for Nautor's
Swan, explains in more detail the
characteristics that make a Swan boat
unique.
Dr. Lucheschi, can a brand that has its
origins in Finland also be Italian? The
emergence of Leonardo Ferragamo at
the helm of the group marked the beginning
of its Italian glamour; did this influence
the structure and soul of the
models created by Nautor’s Swan?
There is a large Italian impact. The major

part of management is Italian. The entrance
of Leonardo Ferragamo’s group
in control has brought mainly two innovations.
First of all, style. Leonardo Fer -
ragamo, a great aficionado of sailing,
and his staff, have managed to give a
contemporary feel to boats that were already
considered modern; with cleaner
lines and avant-garde designs, the Swan
could capture a wider range of tastes,
overcoming a 'niche' that saw the boats
more suited for the northern seas rather
than the Mediterranean routes. The
other innovation is the management;
they introduced an excellent product
from Scandinavia to the global market
that today we
all know.
Where are the
creative and
production divisions
located
today?
The management,engineering
and design
are all located
in Florence.
Production
takes place exclusively
in Finland.
The models
that
emerge from
Nautor's Swan’s
shipyards are made by staff that learned
their craft from their fathers.
Certainly the exclusivity of the Swan is
also owed to them; the workers are our
first fans.
Lo Swan ‘36’ Carte Blanche
Therefore the passion and experience
handed down from father to son are elements
that distinguish a Nautor's Swan
boat from the rest. What is the 'core' business
activity: sailing or yacht charter?
No, Swan boats are strictly cruise boats,
or in better terms, performance-cruisers.
Yachts are particularly suitable for offshore
voyages. W e can comfortably
state that a Swan will cross the Atlantic
in 5 or 6 days less than its competitors’
models. Without a doubt, when our models
were used as racers, they certainly
were not a disappointment, but this is
due to the quality of our boats. To make
a comparison with a car, we can say that
usually the cars mass produced are
found on the streets while the prototypes
are found on the racetrack. The
Swan series can be used for both cruising
and racing.
With the arrival of Enrico Chieffi (sailor
and multiple time world champion, ed)
in Swan’s ‘cockpit’ it would be natural
to think the company wants to move towards
a more racing approach.
No, quite the contrary . Enrico with his
pragmatism has strengthened the production
lines that are typical for Nautor's
Swan. Also, he obviously is a tremendous
resource when it comes to internal
events or participation in competitions,
given his past.
From the words of Lucheschi, the difference
between a Swan and other brands
is clearly evident. Swan’s products are
fast, strong, beautiful and constructed
by highly qualified personnel that pour
their passion into their work.
These boats are examples of superior
quality in regards to the choice of materials
and the certainty of every use. In
fact, using the boat’s unique serial number,
you can access the engineering pattern
of your boat (the flagship for Nautor)
– and all construction methods that are
kept on file and remain available to
clients.
Sleekness, reliability and robustness are
kept intact even with the use of a light
weight material, carbon fiber , to construct
the hulls. Down to every detail,
every part, a Nautor Swan is assembled
with the most advanced techniques, all
confirming that the fundamental characteristics
of a Nautor Swan boat can be
found at only one place: Nautor's Swan.
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64
Isabella Fiorentino,
la modella italiana
del Brasile
TESTI CHIARA RIMOLDI/FOTO MKTMIX

Modella di fama in ternazionale e
presentatrice di programmi di moda
e comportamento, Isabella Fiorentino
incarna la b ellezza mediterranea
ai tropici, sofisticata e al tempo
stesso naturalissima, è una pa ulistana
DOC che non ha mai smesso di
essere italiana
Raccontaci un po’ del tuo p ercorso
professionale, quali sono sta te le
tappe chiave nel mondo della mo da
e della televisione?
La mia carriera di mo della è iniziata
quando ero molto giovane e ho
avuto la fortuna di en trare dalla
porta principale, la vorando per
grandi nomi della mo da brasiliana
come Tufi Duek e Reinaldo Lourenço.
A sedici anni sono apparsa p er la
prima volta sulla copertina di Vogue,
sembravo più grande di quello che in
realtà ero, avevo già un viso adulto e
rappresentavo la bellezza mediterranea
in Brasile. Due fotografi, in particolare,
sono stati il mio trampolino di
lancio: Miro e Luiz T ripolli, due nomi
che hanno rivolu zionato l’immagine
pubblicitaria in Brasile. Quindici anni
dopo, nel 2003, ho fatto i primi passi
nella televisione, all’inzio p er l’emittente
Record - presentando un programma
di moda e comportamento
– e p oi, nel 2009, iniziando a condurre
il mio a ttuale programma,
Esquadrão da Moda (la squadra della
moda), nella rete SBT.
Chi sono i tuoi stilisti brasiliani preferiti
e perché?
Non sono una femme fatale, preferisco
un lo ok clean ed elegante, per
cui mi iden tifico molto con Isab ella
Giobbi, perché è ultrafemminile, capisce
bene il mio lato romantico; Natalie
Klein (la cui marca si nasconde
dietro la sigla NK) p er la scelta dei
tessuti, la vestibilità dei capi, la modernità
di una linea molto contemporanea.
Mi piacciono i je ans e la
maglieria di Iodice, li trovo molto sensuali;
Tufi Duek è ide ale per una
donna più matura, meno sperimen-
tale e, in fine, la miglior sartoria del
Brasile, Alexandre Herchcovitch e
Reinaldo Lourenço.
E tra gli italiani?
Sono una seguace di Miuccia Prada,
ho un amore incondizionato per lei,
quando sono in viaggio è il primo negozio
in cui entro. Tutti i capi scuri che
trovi nel mio armadio sono suoi, mi
piace la vestibilità della lana, la lunghezza
delle gonne, il glamour privo
di frivolezza, lei riesce a trasmettere
una femmilità estemp oranea, i suoi
vestiti non inve cchiano mai. Non a
caso, il giorno del mio ma trimonio civile,
ho scelto uno splendido vestito
Reinaldo Lourenço, una delle firme brasiliane
preferite da Isabella Fiorentino
rosso di Prada. Mi affascina la vestibilità
di Giambattista Valli, Dolce&Gabbana
mi incuriosisce ma non
rispecchia in pieno il mio stile, vado
pazza per Missoni, è il guru del tricot,
mi piacciono le borse di Trussardi e le
scarpe di Sergio Rossi.
Come vivi le tue radici italiane in
Brasile? Torni spesso in Italia?
I miei genitori sono entrambi italiani
ma si sono conosciu ti in Brasile. La
vita di mio padre è le gata al viaggio,
alla fuga, è nato a Sondrio, ma ha tra-
scorso adolescenza e giovinezza
a Napoli, dove si è rifugiato
con la famiglia a ca usa
di un b ombardamento, durante la
Seconda guerra mondiale. Come
tutti gli immigrati, è arrivato in Brasile
in nave, abbracciato a una valigia e
accompagnato dal fra tello Aldo:
stiamo parlando di cinquant’anni fa,
non riesco ne anche a immaginare
come doveva essere San P aolo,
forse una città a tratti già ostile, dove
gli immigrati si aggrappavano l´uno
all’altro, è in questo scenario che ha
conosciuto mia madre, anche lei giovanissima
e assetata di vita. La mia
famiglia ha mantenuto una relazione
molto viva col P aese d’origine, non
abbiamo mai smesso di essere italiani,
le vacanze si trascorrevano religiosamente
in Italia; si parlava italiano
in casa e a scuola e i miei zii venivano
a trovarci sp esso, mantenendoci
parte integrante di una cultura che
alla fine continuava ad appartenerci.
La mia luna di miele l’ho trascorsa in
Italia, non potevo fare altrimenti, il richiamo
è viscerale, esiste da sempre.
Tutto mi emoziona, il modo di parlare,
la voce delle persone, gli odori, la cucina.
Le mie vacanze invernali di luglio
di solito le passo a Capri, l’anno
scorso sono andata a Ischia, che è
dove mio padre da piccolo trascorreva
le estati. Amo la musica napoletana:
all’uscita dalla chiesa, durante il
mio matrimonio, invece del riso ho
preferito essere avvolta dalle note di
‘Oi vita, oi vita mia’. Oltre alla musica, il
cibo è un grande collan te culturale,
sono cresciuta con la pre occupazione
per la qualità e la freschezza
degli ingredienti, la cucina g enuina
italiana non ha pari, o dio questa cultura
del cib o congelato e semi
pronto.
Dove ti piace fare acquisti in Italia?
E in Brasile?
A Milano, senz’ombra di dubbio.
Quando lavoravo come mo della ho
vissuto in Italia p er un periodo, ero
un habitué di Via Montenapoleone e
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della Galleria Vittorio Emanuele. In
Brasile, San P aolo è la città dello
shopping di lusso, mi piace perdermi
nelle boutique di Jardins dove, tra un
acquisto e l’altro, ci si può fermare
per un gelato o bere un caffé al Cristallo;
mi piace anche ibernarmi dentro
lo Shopping Cidade Jardim e
Iguatemí.
Quali stilisti italiani funzionerebbero in
Brasile e viceversa quali brasiliani farebbero
furore in Italia?
Gli italiani che mi piacerebb e vedere
in Brasile sono: Giambattista Valli, lo
trovo molto femminile, sensuale, perfetto
per la donna brasiliana; sarebbe
bello avere anche Fendi qui,
sebbene noi non usiamo molto le
giacche di pelle per via del clima e,
dulcis in fundo, ma non p er questo
meno importante, Intimissimi, tutte le
volte che vado in Italia compro una
tonnellata di mutandine.
I Brasiliani che se condo me avrebbero
sucesso in Italia sono: André
Lima, Tufi Duek e P edro Lourenço,
un talento incredibile, l’ultima collezione
con i pappagalli è la sintesi del
Brasile contemporaneo.
Che capo di abbigliamento brasiliano
daresti di re galo a un’amica straniera?
Un paio di pantaloni sottili di Reinaldo
Lourenço che si fermano sopra la
caviglia e hanno una gonna sovrapposta.
Una definizione di Lusso, E ccellenza
ed Eccesso.
Per me oggi il lusso è riuscire a dedicare
del temp o ai miei figli, ho tre
gemelli e faccio i salti mortali p er
stare con loro. Il lusso è visitare
un’amica in campagna, mangiare
prodotti genuini, organici, stare a
contatto con la natura e con le p ersone
che ci sono care.
L’eccellenza si applica più alle p ersone
che alle cose, è una comp onente
umana, come l’attenzione di un
artigiano che fa il proprio lavoro con
passione per il minimo dettaglio, l’eccellenza
esiste solo dove re gna la
professionalità di alto livello.
L’eccesso? Credo sia legato molto a
quei valori che veng ono distribuiti
con generosità, come il surplus di
amore: è di questo e ccesso che mi
voglio circondare.
La tua recente maternità deve averti
aperto le porte di un nuovo mondo
della moda, quello infantile, quali sono
le tue marche preferite?
I miei bambini li vesto con molta accuratezza,
tessuti in cotone organico,
evito magliette a collo alto che p ossono
dar loro fastidio o zip con cui
In questa pagina e a pagina 61,
le linee contemporanee di Natalie Klein
possono farsi male. Le mie marche
preferite sono GAP, Ralph Lauren e
poi Chicco, dalla testa ai pie di, c’è un
negozio in Moema e uno nello shopping
Cidade Jardim.

“La mia luna di miele l’ho trascorsa in Italia, non potevo fare altrimenti, il richiamo è viscerale, esiste da sempre.”
67

68
ISABELLA FIORENTINO, THE IT ALIAN
MODEL FROM BRAZIL
Famous model and presenter of internationally
renowned programs in fashion
and conduct, Isabella Fiorentino embodies
Mediterranean beauty in the tropics,
sophisticated and yet very natural,
she is a Sao Paulo woman that never
ceased to be Italian
Tell us a bit about
your professional
career, what were the
key steps you made to
enter the world of fashion
and television?
My modeling career
started when I was
very young and I was
lucky enough to get
through the front door,
working for big names
in Brazilian fashion
such as Tufi Duek and
Reinaldo Lourenço. At
sixteen I appeared on
the cover of Vogue for
the first time, I looked
older than I actually
was, I already had an
adult face and I represented
the Mediterranean
beauty in Brazil.
Two photographers, in
particular, have been
my springboard: Miro
and Luiz Tripolli, two
names that have revolutionized
the advertising
image in Brazil.
Fifteen years later, in
2003, I made my first
attempt in television,
in the beginning as a broadcaster for the
station Record - presenting a program of
fashion and conduct - and then, in 2009,
I began to transmit my current program,
Esquadrão da Moda (Fashion Team), on
the network SBT.
Who are your favorite Brazilian designers
and why?
I am not a femme fatale, I prefer a clean
and elegant look, so I identify myself a
lot with Isabella Giobbi, because she is
ultra feminine, she gets my romantic
side, Natalie Klein (whose brand name
uses her initials NK) for the choice of fabrics,
the fit of the garments and the modern
and contemporary feel of the line.
I like jeans and knitwear by Iodice, I find
them very sensual; Tufi Duek is perfect
for a more mature woman, less experi-
mental, and finally, the best tailors in
Brazil, Alexandre Herchcovitch and
Reinaldo Lourenço.
And for the Italians?
I am a follower of Miuccia Prada, I have
an unconditional love for her, when I travel
it is the first store I go to. All of the
dark items you find in my wardrobe are
hers, I like the fit of the wool, the length
of the skirts, glamour without frivolity ,
she manages to convey a spontaneous
femininity and her clothes never get old.
Not surprisingly, the day of my marriage,
I chose a splendid red dress by Prada. I
am fascinated by the fit of Giambattista
Valli, Dolce & Gabbana spikes my curiosity
but it doesn’t fully reflect my style, I
go crazy for Missoni, he is the guru of
knitting, I like Trussardi bags and shoes
by Sergio Rossi.
How do you live out
your Italian roots in
Brazil? Do you come
back to Italy often?
My parents are both
Italian, but they met
each other in Brazil.
My father’s life revolves
around traveling.
He was born in Sondrio,
but as a child he
fled with his family to
Naples during the Second
World War because
of bombing.
Like all immigrants, he
arrived to Brazil on a
boat, embracing a
suitcase and accompanied
by his brother
Aldo: we're talking
about fifty years ago, I
can’t even imagine
how Sao Paulo was,
maybe a city at times
hostile, where immigrants
clung to each
other. And that is how
he met my mother, she
too young and hungry
for life. My family has
maintained a very deep relationship with
our country of origin, we have never
stopped being Italian, holidays were
spent religiously in Italy; we spoke Italian
at home and at school and my aunts
and uncles came to visit us often, keeping
us a part of a culture that continued
to belong to us. My honeymoon was
spent in Italy, I had no choice, the lure is
instinctive, and has always existed.

Everything excites me, the way they
speak, the people’s voices, the smells,
the cooking. I usually spent my winter
holidays in Capri during July. Last year I
went to Ischia, which is where my father
spent his summers as a kid. I love music
from Naples: at my wedding when we
walked out of the church, instead of rice
I preferred to be surrounded by the
sounds of 'Oi vita, oi vita mia'. Besides
the music, the food is a big cultural glue,
I grew up worrying about the quality and
freshness of ingredients, authentic Italian
cuisine is unrivaled, I hate this culture
of frozen food and precooked meals.
Where do you like to shop in Italy? And
in Brazil?
In Milan, without a doubt. When I
worked as a model, I lived in Italy for
a period, I was a habitué at Via Montenapoleone
and at the Galleria V ittorio
Emanuele. In Brazil, Sao Paulo is a
city of luxury shopping, I like to get lost
in the Jardins boutique, where, from
purchases to other things, you can stop
for an ice cream or have a coffee at Cristallo;
I also like to hibernate inside the
Shopping Cidade Jardim and Iguatemí.
Which Italian designers would work in
Brazil and which Brazilian designers
would rage in Italy?
The Italians I’d like to see in Brazil are:
Giambattista Valli, I find him very feminine,
sensual, perfect for the Brazilian
woman, it would be nice to also have
Fendi here, although we do not use a lot
of leather jackets because of the climate,
and last but certainly not the least,
Intimissimi, every time I go to Italy I buy
a ton of panties.
The Brazilians that I think would have
success in Italy are: André Lima, T ufi
Duek and Pedro Lourenço, an incredible
talent, the latest collection with parrots
is the synthesis of contemporary Brazil.
What piece of Brazilian clothing would
you give to a foreign friend?
A pair of thin pants by Reinaldo Lourenço
that stop above the ankle and
have a skirt as an over layer.
A definition of Luxury, Excellence and
Excess.
For me today, luxury is when I am able to
devote time to my children, I have triplets
and I bend over backwards to be with
them. Luxury is visiting a friend in the
countryside, eating natural and organic
products, keeping in touch with nature
and with people who are dear to me.
Excellence applies more to people than
to things, it is a human component, like
the attention of an artisan who performs
his work with passion for the smallest
detail, excellence exists only where a
high level of professionalism reigns.
Excess? I think it's very closely tied to
values that are distributed generously ,
like a surplus of love: this is the excess
that I want to be surrounded by.
Your recent motherhood must have opened
the doors to a new world of fashion
for you, for children’s clothing, what are
your favorite brands?
I dress my kids carefully, organic cotton
fabrics, I avoid high-collared shirts that
could make them uncomfortable or zippers
that could hurt them. My favorite
brands are GAP, Ralph Lauren and
Chicco, from head to toe, there is a shop
in Moema and one in the Shopping
Center Cidade Jardim.
69

70
Una veduta dei vigneti della tenuta Le Macchiole, dove nasce il merlot Messorio
L’ITALIA
DEI MERLOT
TESTI SIMONE FERRACCI
FOTO ARCHIVIO MIRABELLE/TENUTA ARGENTIERA/
TENUTA LE MACCHIOLE

L’artigianato è, da sempre, il fiore all’o cchiello del nostro
Paese. L’universo del vino, appartenente di diritto a tale
realtà, ha guadagnato negli anni una notorietà crescente
e oggi brilla tra le produzioni italiane di spicco
Il raggiungimento di un e ccellente livello qualita tivo –
unito alla conseguente diminuzione delle rese per ettaro
– ha permesso ai vini italiani di mostrare le unghie a tutti
quei competitor (vedi francesi) che accusavano i produttori
locali di sacrificare la qualità a favore della quantità.
Tra le regioni più note p er la produzione vinicola, spiccano
Piemonte, Veneto, Sicilia e, ultima ma non ultima, la
Toscana. Proprio la Toscana viene spesso associata ai vini
che l’hanno resa famosa nel mondo – il Chianti classico o
il Brunello di Mon talcino – eppure, vale la p ena approfondire
la conoscenza anche delle altre zone che negli ultimi
decenni hanno rivendicato una forte iden tità
all’interno del merca to internazionale. La cosiddetta
Costa Etrusca, ad esempio: nonostante i suoi vini siano
il frutto di assemblaggi di vitigni in ternazionali, come il
Cabernet sauvignon, Cabernet franc, Merlot, Sy rah e
altri, e apparentemente non posseggano
delle solide radici territoriali, ha dimostrato
una particolare pre disposizione
per la produzione caratterizzata e di qualità.
La scelta di tali vitigni non è stata dettata
dalla volon tà di allon tanarsi dalle
consuete produzioni regionali, bensì dalla
constatazione che il vitigno storico toscano,
il Sangiovese in quel di Bolgheri,
non esprimesse al me glio il proprio p otenziale
su quel terroir, a differenza dei già cita ti vitigni
internazionali. Qui sono nati i vini che hanno fa tto la storia
della zona – e dell’Italia in generale –, il Sassicaia o l’Ornellaia,
figli dell’assemblaggio di varietà diverse; gra zie
all’intuizione del marchese Antinori, si creò anche il Masseto,
grandissimo vino di Bolgheri pro dotto da sole uve
merlot. Sulla scia del successo, altre a ziende bolgheresi
hanno deciso di provare a produrre vino da uve merlot in
purezza, cercando però di imprimere il proprio stile, distinto
da quello che aveva rotto gli schemi della Doc Bolgheri.
Nella striscia di terra compresa tra Castagneto
Carducci e Suvereto si trovano tre a ziende – Le Macchiole,
Tua Rita e T enuta Argentiera – che del Merlot
hanno fatto una scelta stilistica ben precisa. Le Macchiole,
di Cinzia Merli, nasce nel 1975 e fin dagli esordi incanala gli
sforzi alla ricerca della propria iden tità. Dei vari vini prodotti
in quel di Castagneto Carducci, il Messorio è sinonimo
di Merlot 100% di grande stoffa e p otenza, un vino
che rispecchia fedelmente una mediterraneità talmente
chiara da poter essere percepita anche bendati. L’annata
2007 registra una decisa diminuzione della concentrazione
a favore di una fragranza e scorrevolezza di
71

72
beva maggiori che in passato. Il vino sosta in botti da 112
e 225 litri per circa 14 mesi: si abbiglia di un rosso rubino
dalle sfumature granata e di note mentolate, di macchia
marina e chiusura di frutti di bosco arricchite da prugna,
rosa e liquirizia. Se conda in ordine di temp o è l’azienda
Tua Rita, nata nel 1984 dalla passione di Rita Tua e Virgilio
Bisti. Con sede a Suvereto, faro di tu tta la Val di Cornia,
colleziona riconoscimenti provenienti da tutto il mondo,
con valutazioni da cap ogiro che ne fanno un classico
esempio di ‘terroir imb ottigliato’. Il Redigaffi, cioè l’interpretazione
del Merlot, è un vino che ma tura in barrique
per 18 mesi, si veste di un rosso rubino scuro, note di
menta, carbone, note ferrose e cio ccolato alla ciliegia.
I tannini sono insistenti ma perfettamente disciolti in una
struttura dalla morbidezza en tusiasmante. Ultima in
ordine di tempo tra le a ziende di cui parliamo, T enuta
Argentiera nasce nel 2000 a Donoratico e si caratterizza
per il suo con ferire
al Merlot un
carattere molto
personale, poco
paragonabile ai
suoi illustri predecessori.
Il Giorgio
Bartholomäus,
questo il nome
del suo c ru più
importante,
nasce con l’esigenza
di produrre
un vino
ricco di sfumature,
dove le concentrazioni
non
siano mai invadenti
ma b en
equilibrate. L’azienda è, delle tre, la più vicina al mare e, al
contempo, quella che raggiunge l’altezza maggiore di
tutta la Doc Bolgheri. Per questo motivo, il vino ha u na
freschezza maggiore rispetto agli altri due, denota
chiari cenni di macchia me diterranea, note balsamiche,
frutto ben amalgamato in un susse guirsi di piccoli frutti
rossi, menta, il tutto sorretto da una bella mineralità che
dona al vino una piacevolezza di b eva sorprendente.
Questo merlot sosta in barrique per circa 24 mesi. Ancora
una volta, dunque, il vino made in Italy dimostra di essere
perfettamente in grado di ‘graffiare’ il mercato, senza mai
perdere di vista chi siamo e da dove veniamo.
Simone Ferracci, Sommelier Ristorante “Mirabelle”,
Hotel Splendide Royal Roma
Il ristorante Mirabelle di Roma, all’interno
dell’hotel Splendide Royal

Giorgio Bartholomäus, il merlot di Tenuta Argentiera, un vino dalle sfumature equilibrate e mai invadenti
73

74
ITALY OF MERLOT
Handcraft is, and always has been, the
pride of our country . The universe of
wine, justly earned from reality , has
gained a growing reputation over the
years and today shines among the leading
Italian products
The achievement of an excellent level of
quality - combined with the subsequent
reduction in yield per hectare - has allowed
the Italian wines to show the holes
in all the competitors (read French) who
accused local manufacturers of sacrificing
quality for quantity. Among the most
famous regions for wine production,
stand Piedmont, Veneto, Sicily and, last
but not least, Tuscany.
Tuscany is often associated
with the wines
that have made it famous
in the world - the
Chianti Classico or
Brunello di Montalcino
- and yet, it is wor -
thwhile to deepen our
knowledge of other localities
that have claimed
a strong identity
in the international
market in recent decades.
The so-called
Etruscan Coast, for
example: its wines are
the result of assembly
in international varieties
like Cabernet Sauvignon, Cabernet
Franc, Merlot, Syrah and others, which
have demonstrated a particular predisposition
for distinguished production
and quality. The choice of such varieties
has not been dictated by a desire to
move away from the customary regional
productions, but rather a realization that
the historic Tuscan vineyard, Sangiovese
located in Bolgheri, did not express
its best potential on the land, contrasting
from the aforementioned international
varieties. This is where the wines create
the area’s history - and Italy in general -
, Sassicaia and Ornellaia, sons of the assembly
of diverse varieties, thanks to the
intuition of Marquis Antinori, who crea-
ted the Masseto, an eminent wine from
Bolgheri produced exclusively with merlot
grapes. Following his success, other
companies in Bolgheri decided to try
making wine from purely Merlot grapes,
but trying to make its own style, distinct
from the one that broke the mold of the
DOC Bolgheri. In the strip of land between
Castagneto Carducci and Suvereto
there are three companies - Le
Macchiole, Tua Rita and Tenuta Argentiera
- that have made Merlo a definite
choice of style. Le Macchiole, begun by
Cinzia Merli, was established in 1975
and since the very start has been channeling
all efforts to find it’s very own
identity. Of the various wines produced
in Castagneto Carducci, the Messorio is
synonymous for a Merlot with 100%
great texture and potency, a wine that
fully reflects the Mediterranean as even
blindfolded it could be clearly determi -
ned. The year 2007 marked a sharp decline
in concentration lending favorably
for fragrance and smoothness, more
than ever before. The wine remains in
barrels of 112 and 225 liters for about 14
months: holding a ruby red color with a
hue of garnet and tasting of mint, a hint
of sea and closing with a flavor of ber -
ries enriched with plum, rose and licorice.
Second in line is the company T ua
Rita, founded in 1984 with the passion of
Rita Tua and Virgilio Bisti. Located in Su-
vereto, beacon of all the V al di Cornia,
collecting recognitions from all over the
world with mind-boggling ratings makes
it a classic example of 'bottled earth'.
The Redigaffi, or the interpretation of
Merlot, is a wine that ages in barrels for
18 months, carries a deep ruby red color,
with hints of mint, coal, iron and chocolate
cherry notes. The tannins are insistent,
but perfectly dissolved in a
structure with exhilarating softness. Last
in order is Tenuta Argentiera, founded in
2000 in the Donoratico area, is characterized
for granting Merlot a very
personal character, distinctive from its
illustrious predecessors. Giorgio Bartholomäus,
the name of its most impor -
tant cru, was created
to produce a wine rich
in nuances, where the
concentrations are
never intrusive but
well balanced. The
company, of the three,
is the nearest to the
sea and, at the same
time, reaches the highest
level of the entire
Doc Bolgheri. For
this reason, the wine
is fresher than the
other two, denotes
clear hints of the Mediterranean,
with balsamic
notes, well
blended fruits of small
red berries, mint, all supported by a lovely
mineral character that yields the
wine surprisingly pleasant to drink. This
merlot is held in barrels for about 24
months. Once more proving the wine
made in Italy is quite capable of defining
the market, without ever losing sight of
who we are and where we come from.
Simone Ferracci, Sommelier Restaurant
"Mirabelle", Hotel Splendide Royal Roma

76
LA FONDAZIONE
ANNAMODE

APRE LE PORTE
NELLA CITTÀ ETERNA
TESTI LIV ENQVIST/FOTO ARCHIVIO FONDAZIONE ANNAMODE
77

La Fondazione Annamode dispone di più di
centomila capolavori di artigianato sartoriale,
frutto della passione e del lavoro delle sorelle
Allegri da Pistoia.
Con una collezione di capi che va dal 1700 fino agli anni
’60, la Fondazione si pone come una risorsa fan tastica
per ricercatori, appassionati e studenti
La moda come chiave.
L’individuo si veste in conse guenza di tre fattori: protezione,
pudore e ornamento. I vestiti sono probabilmente
l’unico bene di consumo che non può restare completamente
‘privato’.
I mobili che abbiamo in casa, cosa mangiamo e i libri che
leggiamo, tutto questo si può tenere fuori dallo sguardo
del mondo che ci circonda, ma i nostri vestiti no. La moda
è una cosa inevitabile, perché indispensabile. Oggi più che
Alcuni accessori in mostra alla Fondazione Annamode
mai, la moda è qualcosa che può essere analizzato come
un fatto culturale, un prodotto creativo della società: può
essere vista come un mo dello sociale o come un’immagine.
Si è finalmente appropriata di uno status più alto, di
un certo valore artistico, un’evolu zione tangibile nei numerosi
successi delle mostre di Alexander Mc Que en a
New York, Christian Louboutin a Londra, il Muse o della
borsa a Seoul o il Museo virtuale di Valentino.
Annamode è una delle più valide sartorie teatrali in Italia
e nel mondo. Nel 2011, nell’ambito del pro getto Archivi
della Moda, è stata dichiarata ‘luogo di notevole interesse
storico’ da parte della Soprintendenza dei Beni Culturali
ed è divenuta ‘ambasciatore’ all’estero per la promozione
dell’eccellenza del Made in Italy a ttraverso gli Istituti di
Cultura Italiana a Istanbul e ne gli Stati Uniti , attraverso
l’Istituto del Commercio Estero. Come si riconosce un co-
78
stume ben riuscito? Forse perché non è più un costume,
ma un vestito a tutti gli effetti, che fa parte della persona
che lo indossa.
Il costume è l’elemento che fornisce la prima impressione
sul carattere di un individuo, p erfino prima che questo
apra la bocca, è il fattore che stabilisce chi abbiamo di
fronte .
Sin dagli anni ’50, Annamo de ha partecipato alla realizzazione
di centinaia di film, ha dato vita a numerosissimi
costumi, come quelli di Bellissima di Luchino Viscon ti,
L’Avventura di Michelangelo Antonioni, Il portiere di
notte di Liliana Ca vani, The Talented Mr. Ripley di
Anthony Minghella, Marie Antoinette di Sophia Coppola,
solo per citarne alcuni; ha, inoltre, vestito artiste del
calibro di Sofia Loren, Liza Minelli e Ingrid Bergman, che
hanno indossato le creazioni realizzate da Annamode in
numerose apparizioni.
Dai pizzi al palcoscenico
Le due sorelle Allegri di Pistoia, Anna e Teresa, sono due
vere icone della mo da e del cinema. Tutto comincia nel
1946, con Anna che dalla Toscana portava pizzi da rivendere
a Roma: la Guerra, all’epoca, le aveva tolto tutto e
questo era uno dei pochi modi per sopravvivere. Anna
decide allora di aprire una piccola boutique, con annesso
laboratorio, in Via Borgognona: la chiamerà Annamode. A
Roma entra in contatto con i ve cchi compagni di studi
universitari di Firenze, Piero Tosi, Franco Zeffirelli, Mauro
Bolognini, giovani assistenti del cinema ne orealista, che
cominciano a rivolgersi alla boutique ogni volta che sul set
c’è bisogno di qualche cap o di abbigliamento. Poi sono
seguiti progetti insieme a grandi registi, come Vittorio De
Sica, Luchino Visconti, Mario Monicelli e Federico Fellini.
Gran parte della storia di Annamode ha avuto due anime,

Un abito di scena utilizzato per Il portiere di notte, film di Liliana Cavani del 1974
79

80
In questa pagina e nella pagina a fianco: due abiti risalenti rispettivamente al 1850 e al 1880

82
da una parte il la voro nel settore della mo da e dell’alta
moda, dall’altro il settore del costume p er lo spettacolo,
dove la maggior parte del lavoro è stato dedicato ai costumi
per il cinema, la lirica, la televisione e il te atro. Annamode
pian piano con trappone alla filosofia della
vendita quella del nole ggio, strategia che conduce b en
presto la sartoria ad accumulare una crescente quantità
di capi nei magazzini.
Gli Anni d'oro
Dalle mani di Anna e Teresa si è sviluppata un'attività che
non solo ha creato tanto lavoro, ma anche infinite dosi di
bellezza.
Gli anni Cinquanta hanno creato un vero e proprio boom
di film che richiedevano l’utilizzo di costumi d’epoca, che di
volta in volta venivano realizzati ex-novo in grandi quantità.
C'era un budget che lo permetteva e le poche collezioni
di rep ertorio non erano su fficienti a coprire il
fabbisogno di un posto in grande fermento come Cinecittà.
Le p oche sartorie in grado re alizzare costumi
d’epoca avevano moltissimo lavoro e spesso venivano
utilizzate quattro o cinque sartorie p er realizzare i costumi
per un film. In questa cornice, diversi lab oratori di
alta moda, dalle Sorelle Fontana a Shubert, da Gattinoni
a Maria Antonelli, cominciarono a mettere la propria abilità
al servizio del cinema, seppur in maniera più o meno
saltuaria. Nel 1957, l’atelier Annamode si trasferisce a Palazzo
Torlonia, una sede prestigiosa con bellissimi soffitti
affrescati. Sempre più sp esso, le mo delle delle sfila te
sono famose attrici, a indicare il saldo legame tra moda e
cinema.
Le due anime della sartoria convivono in spazi distinti ma
contigui: al primo piano si trova l’a telier dove si realizzavano
gli abiti p er le collezioni d’alta mo da, gestito da
Anna, mentre all’ultimo piano Teresa si occupa di cinema
e teatro.
La terza generazione
Oggi Teresa Allegri ha 82 anni ma è ancora piena di energia
e di passione p er il suo lavoro, dove continua a stimolare
la lin fa vitale p er l’innovazione creativa e
tecnologica nell’ambito della mo da, portando avanti la
creazione della Fondazione. Dal 1994 è il nip ote della signora
Anna, Simone Bessi, che gestisce la struttura, che
ha visto tanti cambiamenti nel corso delle generazioni. La
sede della sartoria si trova a Formello, mentre la Fondazione
ha sede nei pressi del Vaticano. Oggi, con i costi aumentati
e i tempi più velo ci, si richie de una mag giore
rapidità nella re alizzazione sartoriale dei costumi, ma
anche nella ricerca e nella messa a punto dei capi provenienti
dai magazzini. Dal 2003, gli oltre centomila costumi
di Annamode si trovano raccolti in un software costruito
su misura, che p er ciascun capo riporta tutte le indica-
zioni utili ai costumisti e ai magazzinieri e che a breve sarà
consultabile anche on-line a ttraverso l’utilizzo di codici
d’accesso riservati. La moda è un ‘oggetto estetico’, oltre
che un fenomeno culturale, fa parte di una sistema industriale,
che crea un’identità.
L’identità è intimamente legata alla memoria: senza la memoria,
chi siamo? È un archivio che raccon ta sia l'amore
per tutto ciò che è tessile, sia l'evoluzione delle sarte, modiste,
ricamatrici, maestri guantai, tagliatori, mani abili che
hanno realizzato i disegni di grandi stilisti e costumisti: si
tratta di un patrimonio dall’elevatissimo valore artistico,
che porta alla luce un imp ortante mondo artigiano alla
base della moda e del costume dell'Italia. La Fondazione è
oggi anche un centro di ricerca, aperto su prenotazione,
ma soprattutto è un posto per ragazzi delle scuole, giovani
artisti, stilisti, nonché curiosi e appassionati.
Sicuramente la Fondazione Annamode sarà una b ella
fonte d’ispirazione, per via degli oggetti che conserva,
ma anche per la passione che innegabilmente la lega alle
persone che l’hanno creata.
THE ANNAMODE FOUNDATION OPENS THE DOORS TO THE
ETERNAL CITY
The Annamode Foundation has more than one hundred thousand
masterpieces of handicraft tailoring, as a result of the passion
and labor of the Allegri da Pistoia sisters. With a collection
of items from the 1700’s to the 1960’s, the Foundation acts as a
fantastic resource for researchers, enthusiasts and students
Fashion as the key.
The individual dresses himself as a result of three factors: security,
decency and ornament. Clothing is probably the only
commodity that cannot be completely 'private'.
The furniture we have at home, what we eat and the books we
read, all of these can be taken out from the gaze of the world
around us, but not our clothes. Fashion is inevitable, because
it’s indispensable. Today more than ever, fashion is something
that can be analyzed as a fact of cultural, a creative product of
society: it can be seen as a social model or as an image. And
finally, it is an example of status, a certain artistic value and a
tangible development in the many successful exhibitions: Alexander
McQueen in New York, Christian Louboutin in London,
the Handbag Museum in Seoul or the V irtual Museum of
Valentino.
Annamode is one of the most valuable theater tailors in Italy
and throughout the world. In 2011, as part of the project Ar -
chives of Fashion, it was declared a 'place of great historic interest'
by the Superintendent of Cultural Heritage and has
become 'ambassador' abroad for the promotion of excellence
of Made in Italy through the Italian Cultural Institutes in Istanbul
and The United States, as well as the Institute of Foreign
Commerce.

86
How to recognize a well made dress? Perhaps because it is
not a dress, but a costume for all purposes, that is part of the
person that wears it. Dress is the element that provides the
first impression of an individual’s character, before he even
opens his mouth; it is the factor that determines who we face.
Since the 1950’s, Annamode has participated in the creation
of hundreds of films, has given life to numerous costumes, like
those of Bellissima by Luchino V isconti, L'Avventura by Michelangelo
Antonioni, Il Portiere di Notte by Liliana Cavani, The
Talented Mr. Ripley by Anthony Minghella, Marie Antoinette by
Sophia Coppola, just to name a few; the boutique has also
dressed artists with such caliber as Sophia Loren, Liza Minelli
and Ingrid Bergman, who wore creations by Annamode in several
appearances.
From lace to the stage.
The Pistoia Allegri sisters, Anna and Teresa, are two true icons
of fashion and film. It all began in 1946, with Anna, who brought
lace back from Tuscany to Rome for resale: the war at that time
had taken away everything and this was one of the few ways
to survive. Anna decided to open a small boutique, with an adjacent
laboratory, on Via Borgognona: they called it Annamode.
In Rome she came into contact with old classmates from
when she studied at the University of Florence, Piero T osi,
Franco Zeffirelli, Mauro Bolognini, the young assistants of neorealist
cinema, in which they began to consult with the boutique
every time there was an article of clothing needed on set.
From then on, the boutique began to collaborate on projects
with leading directors such as V ittorio De Sica, Luchino Visconti,
Mario Monicelli and Federico Fellini.
Much of Annamode’s history had two souls, one part of its
work in the field of fashion and haute couture, the other in the
costume sector for shows, where most of the work was devoted
to costumes for the cinema, opera, television and theater.
Annamode little by little opposed the philosophy of selling what
should be rented, a strategy that leads a tailor to quickly accumulate
a growing amount of items in their warehouse.
The Golden Years.
Anna and Teresa’s hands developed a business that not only
created copious items, but also an endless amount of beauty.
Throughout the fifties, due to a booming film production, it was
necessary to produce many new costumes from scratch, and
in large quantities, for each coming film. The films’ budgets allowed
for this production, also given that the few collections of
repertoire were not sufficient to meet the demand of such a
place as Cinecittà.
The few tailors capable to create these costumes had a lot of
work to produce and frequently four or five tailors were hired
to make all the costumes for a film. In this setting, several laboratories
of high fashion, from Sorelle Fontana to Shubert,

Matrimonio all’italiana, il celebre film diretto da Vittorio De Sica, con protagonista Sofia Loren: gli abiti di scena sono firmati Annamode
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88
and Gattinoni to Maria Antonelli, began to put their skills to
work serving the film industry, even if the work was to become
more or less irregular.
In 1957, Annamode’s studio moved to Palazzo Torlonia, a prestigious
location with beautiful frescoed ceilings. More regularly,
the models for the shows were famous actresses,
indicating the strong bond between fashion and film.
The two souls of couture lived together in separate but contiguous
spaces: on the first floor you could find the workshop
that created the collections of high fashion, run by Anna, while
on the top floor Teresa worked with cinema and theater productions.
The third generation.
Today Teresa Allegri is 82 years old but still full of energy and
passion for her work, which continues to stimulate the lifeline
of creative and technological innovation in fashion, in line with
the creation of the Foundation. Since 1994, the grandson of
Mrs. Anna, Simone Bessi, has been managing the boutique,
which has seen many changes over the generations. The head
of the tailoring department is located in Formby , while the
Foundation is based in the Vatican. Today, with increased costs
and a quickly evolving industry, a faster means to tailoring the
costumes is required, in addition to an increase in research
and development. Since 2003, over one hundred thousand Annamode
creations have been collected in a custom made software
program, so that each costume is documented with all
the necessary information for costume designers and warehousemen,
which will shortly become available online as well
with a confidential access code.
Fashion is an 'aesthetic object', as well as a cultural phenomenon;
it is part of an industrial system that creates an identity.
Identity is intimately tied to memory: without memory, who we
are? It is an archive that expresses love of all that is textiles, together
with the evolution of dressmakers, hatters, embroiderers,
glove masters, cutters, skilled hands that have produced
the greatest styles and costume designs: it is heritage of elevated
artistic value, which brings to light an important artisan
world based on fashion and lifestyle in Italy. The Foundation is
now a research center, open by appointment, but overall a
place for school children, young artists, stylists, as well as the
curious and passionate.
Surely Annamode Foundation will be a great source of inspiration,
for the objects that it preserves, but also for the passion
that undeniably binds the people who created it.

“Dalle mani di Anna e Teresa si è sviluppata un’attività che non solo ha creato tanto lavoro, ma anche infinite dosi di bellezza.”
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STUDIO FESTI, L’ARTE
DELLO SPETTACOLO
ITALIANO NEL MONDO
TESTI MARCO DIONISI/FOTO ARCHIVIO STUDIO FESTI

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Dal Barocco italiano alle avveniristiche celebrazioni a cielo
aperto: l’intuizione di Valerio Festi tutta made in Italy
Affonda le proprie radici nel Baro cco italiano e da trent’anni
rappresenta l’eccellenza del made in Italy nel
mondo. Portatore sano di un connubio indissolubile fatto
di arte, tradizione e comunicazione, lo Studio Festi da tre
decenni porta avanti una poetica legata alla reinterpretazione
delle feste cittadine attraverso l’invenzione delle
macchine di scena del Barocco rilette con sensibilità contemporanea.
Un progetto artistico e un centro di produzione
unico nel suo g enere volto alla re alizzazione di
spettacoli a cielo aperto, architetture di luce, installazioni
video e concerti di orchestre dal vivo accompagna ti da
fuochi d’artificio.
Lo Studio Festi nasce a Velate (provincia di Varese) nel
1982 da un progetto di Monica Maimone e Valerio Festi il
quale, da profondo conoscitore dello spettacolo italiano
del XVII secolo, ha deciso di riportare in auge le grandi
feste dell’Italia Barocca rivisitate in chiave moderna. Una
stagione, quella iniziata nei primi decenni del seicento, caratterizzata
da magnifiche celebra zioni, frutto di una
commistione di an tiche ritualità
classiche pagane le gate ad elementi
cristiani e in cui si distinse la
fiorente industria romana con
maestranze artigianali e grandi artisti.
Cortei e processioni, spettacoli
teatrali, cerimonie a cielo ap erto
furono resi unici dall’u tilizzo delle
macchine scenografiche, realizzate
sulla maniera di quelle tipiche del
teatro greco. E partendo proprio da questi artifizi coreografici,
Valerio Festi ha creato un nuovo mo do di vivere
lo spettacolo, riportando alla luce una caratteristica
tipicamente italiana ormai scomparsa. L’in tuizione avvenne
dopo la fine de gli anni ‘70. Era questa un’epoca
buia per il Belpaese, vittima de gli “anni di piomb o”, dell’estremizzazione
dialettica politica sfociata nel terrorismo
e nella lotta armata, delle Brigate Rosse e del forte senso
di evasione di un popolo stretto nella morsa degli estremismi
politici. Un’epoca in cui le pia zze non erano più
luogo di ritrovo, di feste ed eventi, ma di una socialità frustrante.
E l’inizio degli anni ’80 fu il periodo giusto per rivivere
i momen ti più g oderecci della nostra storia e
riportare la socialità dei luoghi pubblici, al centro della vita
cittadina.
Partendo dal concetto di festa p opolare, nei suoi trent’anni
di attività lo Studio Festi ha realizzato oltre cento
spettacoli in tutto il mondo, pro gettati appositamente
per interpretare le caratteristiche che essi celebrano ed
eseguiti con sapienza nella b ottega storica rinascimentale,
in cui le ide e prendono forma conc reta grazie ai
mestieri dell’alto artigianato artistico italiano. Dai festeggiamenti
cittadini a eventi commemorativi, da esclusive
feste private ad aperture di eventi sportivi, lo Studio Festi
mantiene un mix sapiente e inimitabile di cultura, stile e
teatralità legato al passato, ma con un forte accen to rivolto
al futuro. Ne sono esempio le realizzazioni di eventi
tradizionali rivisitati in chiave moderna, come il ciclo triennale
della Festa di Santa Rosalia a Palermo (1995-97) dal
forte valore drammaturgico, il memorial del terremoto di
Kobe (Giappone) che si rip ete ogni anno dal 1995 con
straordinarie installazioni di luce e il grande sp ettacolo
della neve di Curitiba (Brasile), che celebra la grande
nevicata del 1975.
La stessa valenza innovativa riguarda le feste con i fuochi
d’artificio ripresi p er estetica, tecnica e tipologia dai
giochi di stampo barocco e in cui spettacolo pirotecnico
ed esecuzione dal vivo di brani classici si accordano in
perfetta armonia. Il caso più significativo è l’inaugurazione
della facciata della Basilica di San Pietro nel 1999, con
l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretta dal maestro
Myung-Whun Chung alla presenza di Giovanni Paolo II.
Poi le installazioni luminose (architetture di luce), come
l’illuminazione artistica del Colosseo
per celebrare l’Anno Culturale della
Cina in Italia (2010) e gli sp ettacoli
sull’acqua, come la cerimonia The
Beauty of Armony a cento giorni
dall’inizio delle Olimpiadi di Pechino
(2008). E proprio partendo dalle
Olimpiadi, il le game con le grandi
manifestazioni e celebrazioni sportive
è da sempre indissolubile: musica,
giochi di luce, proiezioni, fuo chi d’artificio e danze
aeree hanno caratterizzato il centenario del Fenerbache,
storico club calcistico di Istanbul (2007), così come l’apertura
del monumentale stadio di Kiev (Olimpiyski Stadium
- 2011) e il Gran Prix di Formula 1 a Singapore (2011).
Il progetto artistico dello Studio Festi vede lo spettacolo
come un potente strumento di comunicazione, un modo
per trasmettere messaggi in un linguag gio universale
tradizionale, con esp erienze visuali e sonore all’a vanguardia.
L’arte del comunicare a ttraverso la festa ha
spinto lo Studio Festi a organizzare grandi even ti senza
mai sottrarsi a tematiche storiche e socio-politiche complesse
e toccanti. Nel ’91 e nel ’92, infatti, il progetto di Valerio
Festi e la messa in scena di Monica Maimone hanno
regalato alla città di Bolo gna il grande sp ettacolo Antigone
delle città, commemorando la strage della stazione
ferroviaria del 1980, men tre nel 2008 hanno celebra to
l’850° anniversario della fondazione di Monaco di Baviera
con Munich Revue, toccando anche momenti drammatici
della storia cittadina come l’avvento del nazismo e l’attentato
alle Olimpiadi del ’72 che colpì la delegazione israeliana.

Una delle meravigliose coreografie in acqua realizzate da Studio Festi
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In ogni evento realizzato una piccola grande storia, in
ogni storia un maestoso esempio di abilità tutta made in
Italy. La cura dei particolari, l’ele ganza, la passione e la
sensibilità tipicamente latine hanno reso la struttura lombarda
un capolavoro tutto italiano che in p ochi anni ha
catalizzato l’attenzione a livello mondiale. E non c’è sp ettacolo
che non lasci quella piacevole sensa zione di raffinatezza,
sprigionata con nobile maestria in o gni singolo
dettaglio. Dalla danza ai giochi di luce e d’acqua, dalla musica
ai costumi finemente elaborati, passando per sfondi
mozzafiato, coreografie e istallazioni aeree, fuochi naturali
e artificiali e grandi macchine sceno grafiche: tutto è
espresso con un marcato accento italiano attraverso un
linguaggio che affonda le proprie radici nell’arte, nella
STUDIO FESTI, THE ART OF WORLDWIDE IT ALIAN PERFOR-
MANCES
From Italian Baroque to futuristic celebrations in the open:
the intuition of Valerio Festi for made in Italy
It sinks its roots in Italian Baroque, and thirty years later is representing
excellence for Made in Italy throughout the world. Car -
rying an unbreakable union of art, tradition and communication,
Studio Festi has brought a poetic reinterpretation to city festivals
through the invention of Baroque stage machinery reinterpreted
with a contemporary sensibility for thirty years. An artistic project
and a one of a kind production center are striving to create open
air performances, architectural lighting, video installations and
live orchestra concerts accompanied by fireworks.
Luci, colori, effetti spettacolari, riportano la tradizione delle feste Barocche ai giorni nostri, con un tocco di modernità
storia e nell’eccellenza di un Paese unico al mondo.
Per realizzare eventi degni del proprio nome, lo Studio
Festi si avvale di oltre cinquanta dipendenti divisi tra allestitori,
progettisti, artigiani e macchinisti che la vorano
quotidianamente nel laboratorio di Venegono Superiore
(Varese). Nel 2010, la città di San Paolo è divenuta sede di
una società collegata e molte maestranze italiane sono
oggi in Brasile per formare gli artigiani locali ed esportare
la manovalanza che ha reso celebre la p enisola oltre i
confini nazionali. E proprio in virtù di questo nuovo connubio
con il Paese sudamericano, i prossimi even ti dello
Studio Festi saranno incentrati in molte città del Brasile.
Studio Festi was established in Velate (province of Varese) in
1982 from a project introduced by Monica Maimone and Valerio
Festi, using profound knowledge of seventeenth century
Italian performances, the studio decided to revive the great
Italian Baroque festivals with a revisited modern twist. This
time period, the first decades of the seventeenth century, characterized
by magnificent celebrations, is the outcome of mixing
ancient pagan rituals with classic Christian elements that
distinguished the flourishing Roman industries with master
craftsmen and renowned artists. Parades and processions,
theater performances and outdoor ceremonies were made
using scenographic machinery, created similar to those typical
of Greek theater. Starting with these choreographic tricks,

Valerio Festi created a new way to experience a performance,
bringing to light a characteristic typically Italian, now almost
vanished. The insight came after the late seventies. It was a
dark period for the Bel Paese, a victim of the "years of lead",
with extreme political discourse resulting in terrorism and
armed struggle, from the Red Brigades and the strong sense of
evasion of people in the grip of political extremism. It was an
era in which the squares were no longer meeting places for
parties and events, but for frustrated socializing. And so the
beginning of the eighties was the right time to revive more enjoyable
moments and bring back socializing in public as the
center of city life.
Beginning with the concept of festivals, in its thirty years of
activity, Studio Festi has made over one hundred shows all
over the world, designed specifically to interpret the celebrated
concepts and execute with the wisdom of a Renaissance
workshop where ideas take concrete shape thanks to the superior
Italian craftsmanship. From city festivities to commemorative
events, from private parties to exclusive sporting
event openings, Studio Festi maintains a clever and distinct
mix of culture, style and drama tied to the past, but with a
strong emphasis on the future. Some examples of its achievements
in traditional events with a modern twist are: the threeyear
Festa di Santa Rosalia in Palermo (1995-97) with high
dramatic value, the memorial of the earthquake in Kobe
(Japan) which is repeated every year since 1995 with an ex-
traordinary light installation and the impressive snow perfor -
mance in Curitiba (Brazil), which celebrates the great snowfall
of 1975.
The same innovative value holds true for its firework festivals
that recreate Baroque style aesthetics, techniques and types
of games in which the explosive displays and classical per -
formances agree in perfect harmony. The most significant instance
was revealing St. Peter's Basilica’s facade in 1999, with
the orchestra of the Accademia di Santa Cecilia conducted by
Myung-Whun Chung in the presence of Pope John Paul II.
Then there are the light installations (architecture of light),
such as the artistic illumination of the Coliseum to celebrate
the Year of Chinese Culture in Italy (2010) and water perfor -
mances, like The Beauty of Harmony a hundred days after the
start of the Olympic Games in Beijing (2008). The relationship
between large scale sporting events and celebrations has always
been inseparable: music, lighting effects, projections,
fireworks and airplane shows marked the centenary of Fenerbache,
the historic soccer club in Istanbul (2007), as well as
the opening of the monumental stadium in Kiev (Olimpiyski
Stadium - 2011) and the Gran Prix of Formula 1 in Singapore
(2011).
Studio Festi sees performance as a powerful communication
tool, a way to transmit messages in a universal language with
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cutting edge visual and audio experiences. The art of communicating
through festivity has pushed Studio Festi to organize
large scale events without losing its historical themes and
socio-political complex. In 1991 and 1992, in fact, Valerio Festi
‘s project, staged by Monica Maimone gave the city of Bologna
the show Antigone delle città, commemorating the train station
massacre in 1980, while in 2008 they celebrated Munich’s
850th founding anniversary with Munich Revue, touching dramatic
moments in the town's history such as the rise of Nazism
and the attack on the Olympics in 1972 that hit the Israeli
delegation.
Every event has created a story, and every story is a majestic
example of the abilities of made in Italy. The careful attention,
elegance, passion and sensitivity have made the Lombard organization
an Italian masterpiece that within a short time span
attracted an international audience. And there's no show that
leaves you with such a feeling of refinement, displayed with
gallant artistry in every detail. From dance to light shows to
water shows, from music to elaborate costumes, across breathtaking
backgrounds, choreography and aerial installations,
fires and fireworks and large scenographic machines: everything
is expressed with a distinct Italian accent utilizing a language
that sinks its roots in the art, history and excellence of
a country unlike any other in the world.
To arrange events worthy of its name, Studio Festi has over
fifty employees distributed between builders, designers, artisans
and drivers who work daily in the laboratory in Venegono
Superiore (Varese). In 2010, Sao Paulo became home to an associate
branch, and many Italian employees are now in Brazil
to form local craftsmen and to export the manual labor that
made Italy famous beyond its borders. And precisely because
of this new alliance with the South American country , Studio
Festi’s next events will be centered in many Brazilian cities.
“Non c’è spettacolo che non lasci quella piacevole sensazione di raffinatezza, sprigionata con nobile maestria in ogni singolo dettaglio.”

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THIAGO
CASTANHO,
LA CUCINA
DELLE
EMOZIONI
TESTI CHIARA RIMOLDI/FOTO TADEO BRUNELLI

Bacche dai miracolosi principi
antiossidanti, verdure che addormentano
la lingua, p esci preistorici
giganteschi ed elisir di long evità
stanno conquistando orde di fe delissimi
in tutto il mondo: l’Ama zzonia
non si sfoglia più, si mangia
Belém, chiassosa capitale dello stato
del Pará e traiettoria finale del curvilineo
viaggio che il Rio delle Amazzoni
compie prima di tuffarsi nell’oceano
Atlantico, conquista, negli ultimi anni,
il meritato titolo di capitale gastronomica.
Le ipnotiche bancarelle del
mercato Ver-o-Peso, miniera a cielo
aperto della più ampia biodiversità al
mondo, costituistono un microcosmo
unico, creando un set u p cinematografico
di luce soffusa e o dore dolciastro
di frutta in macerazione,
montagne di noci e erbe meticolosamente
impilate, pelatori di manioca e
vecchie indigene che preparano pozioni
d’amore dalle promesse improbabili:
Piangi ai miei pie di, Vai e
ritorna, Rompi barriere. Ed è proprio
in questo scenario che i guru della
cucina sperimentale si perdono alla
ricerca di ingre dienti segreti dalle
proprietà magiche e abbinamenti di
sapori inusitati, ampliando così le
rotte dell’alta gastronomia e includendo
l’Amazzonia nella ambita lista
della culinaria emerg ente. Le visite
frequenti di scenziati gourmet del calibro
di F erran Adrià e Alex A tala,
hanno acceso la curiosità di giornalisti
e critici del settore e pun tato i riflettori
su chef autoctoni. Un nome in
particolare fa capolino, il ventiquattrenne
Thiago Castanho, chef del
rinomato Remanso do Bosque e
portavoce ufficiale della cucina
amazzonica.
Raccontaci un po’ del tuo p ercorso
professionale.
La mia storia comincia undici anni fa
nel Remanso do Peixe, il mio primo ristorante.
Era la nostra casa di famiglia,
dove vivevo con i miei genitori e
mio fratello, Felipe, nessuno a veva
alle spalle un’esperienza vera e propria
con la ristora zione. Mio padre
non era un cuo co professionale, lo
faceva per passione, tutti i fine settimana
serviva da mangiare dentro la
sala di casa nostra p er una trentina
di persone. Durante la settimana gestiva
uno spaccio di b evande all’ingrosso
ma, dopo l’ennesima rapina,
decise di la vorare nella sicurezza
della propria casa e de dicarsi integralmente
alla sua passione, il ristorante.
Io ero un bambino e la voravo
controvoglia ma p oi, con il passare
del tempo, ne sono rimasto a ffascinato,
rapito, e cucinare p er me è diventato
un vizio, una raison d’être. Il
ristorante, grazie al passaparola di
clienti affezionati e a continui investimenti,
si è ingrandito e ha smesso di
essere la nostra casa. Quando le
cose si sono fatte serie ho capito che
dovevo professionalizzarmi, mi sono
trasferito a Campos de Jordão, vicino
a San P aolo, dove ho se guito un
corso di gastronomia e, dop o un
breve tirocinio in Portogallo, sono ritornato
a Belém.
Esiste un rapporto molto stretto tra
il cibo e la memoria, mi sembra di
capire che cucinando tu raccon ti la
storia della tua famiglia.
Si, assolutamente, soprattutto i piatti
a base di p esce, sono tutti ricordi di
mio padre. Alcuni si riallacciano alla
sua infanzia come la caldeirada
(zuppa di p esce) che lui mangia va
quando era piccolo a Santarem (piccola
città fluviale a metà strada tra
Manaus e Belem, ndr) e il p esce in
umido (peixada) tipico del posto; reminiscenze
della mia infanzia invece
sono il pesce cotto alla brace, sp ecialmente
il filhote (p esce dalle carni
delicatissime, nativo del Rio delle
Amazzoni), la manioca e i fagioli. Il nostro
menù include molte delle cose
che mangiavamo da bambini, il processo
creativo per nuovi piatti è un
percorso a ritroso nel tempo. Nel mio
cibo c’è sempre molta emozione,
qualcosa che mangiavo quando ero
bambino e mi faceva sen tire a mio
agio lo ripropongo in un contesto gastronomico
attuale.
Come descriveresti la cucina ama zzonica?
È una cucina strettamente regionale.
Se non vivessi qui non farei quello
che faccio, dipende molto dalle condizioni
locali: ingredienti, persone,
produttori e sopra ttutto dalla cultura.
Se fossi cuoco in qualsiasi altro
posto in Brasile la mia prop osta
sarebbe totalmente diversa. Come
dicono i francesi è une ‘cuisine du
terroir ’, una cucina di territorio.
Possiamo dire che tu sei un ponte tra
il primitivo e il moderno?
Si, per me la semplicità è fondamentale,
l’alta gastronomia può essere
semplice, con ingredienti locali e seguendo
gli insegnamenti di un caboclo
(meticcio) del Ver-o-Peso o di un
umile pescivendolo per poi inserirli
nel contesto di un ristorante. Ver-o-
Peso è un ingre diente essenziale
della mia formazione, è dove ho imparato
i trucchi del mestiere. È un
mondo a parte, un universo parallelo,
i colori, le persone, i toni di luce contrastanti
e la particolarità dei prodotti,
ricorda continuamente che si è
ai margini di un pianeta fluviale rig ogliosissimo,
un ecosistema dalle fisionomie
quasi spa ziali. Non a caso gli
stranieri quando ve dono la nostra
frutta per la prima volta si chie dono
se non venga da Marte.
È difficile abbinare la cucina indigena
ai palati raffinati?
Esistono due tipi cucina paraense, la
trazionale, che sono pia tti ricchi e
piuttosto pesanti e la nuova cucina
paraense, che già è una lib era interpretazione
degli ingredienti, una soavizzazione
dei gusti, p er esempio, la
maniçoba, che è un pia tto tradizionale
del Pará dal sap ore molto deciso,
se viene ammorbidita senza
perdere la propria in tegrità ha accesso
a un pubblico nuovo, acquista
99

100
un nuovo dinamismo che la cucina
tradizionale non gli permetteva.
Come definiresti la tua cucina?
Per me la cucina è emozione, storia,
c’è tutto me stesso nei miei pia tti, ci
sono i sapori della mia terra, una
cucina semplice amazzonica di ingredienti
genuini e stagionali. L’Amazzonia
non ha stagioni vere e proprie,
che non siano quella della pio ggia e
della siccità ma, a differenza di quello
che si pensa, non è esuberante e abbondante
tutto l’anno, o gni frutta,
ogni erba ha il suo ciclo. Per esempio
la frutta esposta oggi a Ver-o-Peso,
in due mesi si dimezza. La mia cucina
dipende dai prodotti e dalla loro disponibilità.
A chi ti ispiri quando cucini?
Il mio maestro p er eccellenza è mio
padre, è la p ersona che mi ha in trodotto
al mondo della cucina e tu ttora,
ogni volta che faccio qualcosa,
sento l’eco della sua voce che mi consiglia
o mi rimprovera. Altre p ersone
che sono sta te fondamentali per il
mio percorso professionale sono
Vitor Sobral, con il quale ho la vorato
in Portogallo, Alex A tala e R oberta
Sudbrack, che sono due chef che
ammiro molto p er la loro a udace
creatività.
cina è Victor Arguinzoniz, chef del ristorante
basco Asador Etxebarri, lo
ammiro molto perché anche lui è un
cultore della brace, il fuoco è la base
della cucina, da lì viene tutto. In questo
momento mi sto specializzando in
tecniche di cucina diverse, a ffumicando
spezie, burro, la tte e arrostendo
nelle ceneri, la manio ca, per
esempio, o la zu ppa di zucca cotte
nella cenere sono divine.
Il piatto che meglio ti rappresenta?
Non è un piatto, ma un lavoro che ho
fatto tre anni fa, una ricerca sugli
odori, chiamato Banho de cheiro na
gastronomia (Infuso di odori nella gastronomia).
Esistono molte erbe che
non sono usate nella cucina re gionale,
ma sono inve ce usate nella
magia, per esempio il manjericão (simile
al basilico, ndr) è usa to come
profumo e, fino a poco tempo fà, era
considerato un tabù nella cucina. Ho
deciso di catalogare queste erbe per
scoprire se erano effettivamente velenose,
la ricerca si è trasforma ta in
una vera e propria tesi che ho discusso
nel congresso di gastronomia
Paladar do Estadão.
Raccontami un momento di gloria.
La tua cucina, anche se strettamente
regionale, fa parte di uno con testo
globalizzato. Nel tuo menù appaiono
anche piatti tipicamente italiani con
un tocco amazzonico.
Non sono bravo ad accettare elo gi, L’Amazzonia è tuttavia un continente
sono una p ersona naturalmente molto chiuso, facciamo fa tica a tro-
semplice e la fama mi rimbalza advare prodotti che vengono da fuori,
dosso, non riesco a vestirla. T utti i siamo costretti ad agu zzare l’inge-
giorni abbiamo un momento di gloria gno e usare gli ingredienti locali. Il ti-
che sia un clien te soddisfatto, una ramisù di Bacurì (fru tta esotica dal
degustazione ben riuscita, il risto- sapore agrodolce, ndr) con il forrante
pieno o la mia e quipe in permaggio di latte di bufala del Marajó al
fetta sintonia.
posto del mascarp one è forse
l’esempio più lampante di questo sin-
Il cliente che non hai mai avuto e per
il quale vorresti cucinare?
cretismo gastronomico.
Allora ti posso dire di uno che invece Raccontami di questo tuo prossimo
è venuto e mi ha reso molto org o- viaggio in Italia.
glioso, il famoso critico della Folha de In giugno vado a Vico E quense, in
São Paulo Josimar Melo. Chi mi piace- provincia di Nap oli, su invito dello
rebbe Pose plastiche, molto che da quadro provasse rinascimentale, la mia cu- per la serie chef thishumanity Gennaro Esposito. Mostrerò un
video che spiega la cucina ama zzonica
e cucinerò qualcosa al momento.
È sempre un terno al lotto trasp ortare
i nostri ingre dienti perché non
sono omologati per viaggiare, non
hanno certificati di provenienza, il rischio
che vengano confiscati è altissimo,
per questo devo sempre
pensare in adattare le mie ricette agli
ingredienti locali. All’evento parteciperanno
chef del calibro di Andre a
Berton e Carlo Cracco, s’intitola Il mio
piatto da fine del mondo , ricalca alcune
profezie apocalittiche e senza
dubbio aprirà scenari gastronomici
degni di attenzione.

Thiago Castanho, lo chef ventiquattrenne portavoce della cucina amazzonica
101

102
THIAGO CASTANHO, CUISINE OF
EMOTIONS
Miraculous antioxidant berries, vegetables
that numb the tongue, giant prehistoric
fish and longevity potions are
conquering hordes of devotees around
the world: you don’t stroll through the
Amazon, you eat
Belém, chaotic capital of Pará and final
trajectory point of the curving Amazon
River before plunging into the Atlantic
Ocean, conquers, in recent years, the
deserved title of culinary capital. The
hypnotic open market Ver-o-Peso, opens
a mine of biodiversity to the world, for -
ming a unique microcosm and creating a
picturesque scene with soft lights and
the sweet smell of ripe fruit, piles of nuts
and herbs meticulously stacked, native
workers peeling cassava and preparing
love potions with dubious promises:
Weep at my feet, Leave and come back,
Break bars. It is here that the gurus of
experimental cuisine search for lost secret
ingredients with magical properties
and unusual combinations of flavors,
thus expanding routes for culinary creation
and including the Amazon on the
coveted list of emerging culinary . Frequently
visiting scientists, such as Fer -
ran Adrià and Alex Atala, have sparked
the curiosity of journalists and critics in
the industry and put the spotlight on the
local chefs. One name in particular that
comes to light is twenty-four year old
Thiago Castanho, chef at the renowned
Remanso do Bosque and official spokesman
for Amazonian cuisine.
Tell us a bit about your professional
journey.
My story began eleven years ago in
Remanso do Peixe, my first restaurant. It
was our family home, where I lived with
my parents and my brother , Felipe. No
one had experience in building a real restaurant.
My father was not a professional
cook; he did it out of passion, every
weekend he served meals in the hall of
our house for about thirty people. During
the week he ran a wholesale canteen,
but after numerous robberies, he deci-
ded to work in the security of his own
home and devoted himself fully to his
passion, the restaurant. I was just a little
kid and worked unenthusiastically, but
over time, I became fascinated, captivated,
and cooking became an addiction
for me, a raison d'être. The restaurant,
thanks to word of mouth from loyal customers
and continued investment, expanded
and ceased to be our house.
When things got serious I knew I had to
become more professional, I moved to
Campos de Jordão, near Sao Paulo,
where I took a culinary course and after
a short training period in Portugal, I returned
to Belém.
There is a very close relationship between
food and memory. It seems to me
that through cooking you tell the story
of your family.
Yes, absolutely, especially the plates
based from fish, they always remind me
of my father. Some of them are linked
even to his own childhood, like the caldeirada
(fish soup) that he ate when he
was little in Santarem (a small river town
halfway between Manaus and Belém,
ed) and the fish stew (peixada) very typical;
recollections from my childhood
include barbecued fish, especially the
filhote (fish with very delicate meat, native
to the Amazon River), and cassava
and beans. Our menu includes many of
the dishes we ate as children, the creative
process for new plates is a journey
back in time. In my food there is always
a lot of emotion, something I ate when I
was young and it made me feel at ease,
proposed anew in a culinary context.
How would you describe the Amazonian
cuisine?
It is a strictly regional cuisine. If I didn’t
lived here I would not be able to do what
I do, a lot depends on local conditions:
ingredients, people, producers and
above all else the culture. If I was a cook
in any other place in Brazil, my proposal
would be totally different. As the French
say it is cuisine du terroir , a territorial
cuisine.
Can we say that you are a bridge
between primitive and modern?
Yes, for me simplicity is fundamental,
fine dining can be simple, with local ingredients
and following the teachings of
a caboclo (a mixed race person) from
the Ver-o-Peso or a humble fish vendor
and then insert them in the context of a
restaurant. Ver-o-Peso is an essential ingredient
in my training; it is where I learned
the tricks of the trade. It's a
different world, a parallel universe, the
colors, the people, the contrasting tones
of light and the uniqueness of the products,
continually reminds you that you
are on the edge of a luxuriant flowing
river, an ecosystem with limitless space.
It’s not a coincidence that when the foreigners
see our fruit for the first time,
they wonder if it comes from Mars.
Is it difficult to match indigenous
cuisine with refined plates?
There are two types of cuisine from
Pará: the traditional, which includes rich
and rather heavy dishes, and the new
cuisine, which already has a free interpretation
of the ingredients, a blending
of flavors. For example, the maniçoba,
which is a traditional plate from Pará
with a very strong flavor, if softened without
losing its integrity, can access a
whole new audience, gaining a new dynamic
that the traditional method would
not allow.
How would you define your cuisine?
For me, cooking is emotion, story , all of
myself in my dishes, there are flavors
from my hometown, a simple Amazonian
cuisine from seasonal and fresh ingredients.
The Amazon does not have precise
seasons, but unlike what you think it
does not rain all year, there is the rain
and the drought, it is exuberant and
abundant throughout the year, but every
fruit, every plant has its own cycle. For
example, fruit available today in V er-o-
Peso in two months will be cut in half.
My cooking depends on the products
and their availability.

Filhote alla brace con radici e cous cous di farina d’acqua
103

104
Who inspires you when you cook?
My teacher in excellence is my father ,
he is the person who introduced me to
the world of cooking and still, every time
I do something, I hear the echo of his
voice that advises or criticizes me. Other
people who have been instrumental in
my career are Vitor Sobral, with whom I
worked in Portugal, Alex Atala and Roberta
Sudbrack, two chefs that I admire
for their bold creativity.
Tell me about a moment of glory.
I'm not good at accepting praise, I am a
naturally simple person and fame bounces
off of me, I don’t accept it. Every day
we have a moment of glory, if it is a satisfied
client, a successful tasting, a filled
restaurant or my team in perfect harmony.
The customer that you never had and
would like to cook for?
Well, I’ll tell you about one instead that
came to eat and made me very proud,
the famous critic of the Folha in Sao
Paulo, Melo Josimar. Someone I would
love to taste my cooking is V ictor Arguinzoniz,
the chef at the restaurant
Asador Etxebarri, I admire him a lot because
he is a connoisseur of the grill, fire
is the base of cooking, from there comes
everything. Right now I'm specializing in
different cooking techniques, smoked
spices, butter, milk and roasting over
embers, cassava, for example, or pumpkin
soup cooked over embers is divine.
The plate that best represents you?
It’s not a plate, but a project that I did
three years ago, a research on smells,
called Banho de cheiro na gastronomia
(Infusion of smells in food). There are
many herbs that are used in regional
cuisine, but instead are used in magic,
for example manjericão (similar to basil,
ed) is used as a perfume and until recently,
was considered a taboo in the
kitchen. I decided to categorize these
herbs to find out if they were actually
poisonous, the research has turned into
a thesis that I discussed at the culinary
congress Paladar do Estadão.
Your cooking, although strictly regional,
is part of a globalized context. Included
in your menu are typically Italian dishes
with a touch of the Amazon.
The Amazon is still a very closed continent,
we find it hard to obtain products
that come from outside, we are constricted
to sharpening our wits and using
local ingredients. The Bacurì T iramisu
(made with an exotic bittersweet fruit,
ed) with Marajó buffalo milk cheese instead
of mascarpone is perhaps the
clearest example of this culinary syncretism.
Tell me about your next trip to Italy.
In June I’ll go to see Vico Equense, near
Naples, after being invited by chef Gennaro
Esposito. I will show them a video
that explains the Amazonian cuisine and
I’ll cook something in the moment. It's
always a gamble to transport our ingredients
because they are not approved
for travel, they do not have certificates
of origin, and the risk of them being confiscated
is very high, and for this I always
think to adapt my recipes to local ingredients.
The event will also include the
likes of chef Andrea Berton and Carlo
Cracco. My plate will be entitled ‘the end
of the world’, following some apocalyptic
predictions and without a doubt will
open a culinary scene worth attention.
And what about London?
In London I will cook dinner at the restaurant
Viajante. It will be an interesting
meeting because the chef, Nuno Mendes,
is very experimental. They have already
sent me a list of Brazilian products
that are available in London, and of
course, it will not be like shopping at the
Ver-o-Peso, but I'm sure I can reproduce
some of my dishes.
It seems to me that the Amazonian products
encounter many difficulties in
crossing regional boundaries.
The situation is much more complicated
than you think, we are lacking the political
will to create necessary infrastructure
and appropriate processing
methods to ensure that the micro produ-
cers can certify their products and work
legally. Our flour producers can’t cross
the boundaries of the local market, they
remain excluded from wide spread distribution
and from exporting outside
Brazil. The competent authorities, instead
of encouraging technical developments
to improve hygiene in regional
production and organize collaborations
of micro producers, prefer to not invest
time, money and energy in the professionalization
of the farmers and leave
them to fight difficulties and limitations. I
am the first to realize the importance of
hygiene when it comes to food, but I
wish the laws were more proactive and
less prohibitive, I work with products
that I can barely include on the menu,
like the Marajó buffalo milk cheese that
legally could not even leave the island of
Marajó, let alone Brazil.

Tiramisù di Bacurì
105

LUSSO
Anelli di Calamari
in inchiostro di Açaí.
Ingredienti:
• 400 gr. anelli di calamari
• 1 litro polpa di açaí
• 20 gr. peperone verde
• 20 gr. peperone giallo
• 25 gr. burro
• un pugno prezzemolo
• sale e pepe qb
Condite gli anelli di calamari con
sale e pepe e lasciateli riposare.
In una padella, fate una riduzione
della polpa di açaí, cuocete a fuoco
basso fino a quando la salsa
non avrà ridotto il suo volume
della metà.
In una sauteuse cuocete a fuoco
basso le verdure finemente
tagliate con il burro. Aggiungete
la riduzione di açaí e gli anelli
di calamari, continuate a cucinare
a fuoco basso e fate attenzione
con il punto di cottura, i molluschi
devono rimanere morbidi.
Glossario:
Açaí: è una bacca famosa per
i suoi principi antiossidanti e per
il suo ricco apporto vitamínico.
Nasce a grappoli da una palma
nativa dell’Amazzonia e la sua
polpa può essere consumata
fredda (come um gelato) o calda,
accompagnando riso e pesce.
ECCELLENZA
Filhote alla brace con radici
e cous cous di farina d’acqua.
Ingredienti:
Pesce
• 400 gr di filetto di filhote
• 1 limone
• sale e pepe qb
• 10 gr aglio
• 150 ml di vino bianco
• 40 ml olio
Radici
• 200 gr manioca
• 1 barbabietola
• 8 ariá
• 100 gr. patata dolce
• 1 curcuma
• 100 gr cará viola
• 20 gr. zenzero
• olio di semi qb
• fior di sale qb
• 30 gr. di gomma di tapioca
Latte di noce brasiliana
• 100 gr. di noce brasiliana fresca
• 300 ml di acqua tiepida
• 50 ml di olio di noce brasiliana
• sale qb
• 10 gr. di amido di manioca
• 1 dente di aglio
Cous Cous
• 80 gr. di farina di acqua
• 40 ml di latte di noce brasiliana
• 20 gr. di cipolla rossa tagliata fine
• 20 gr. di pomodori a dadini
• 1 peperoncino
• 1 foglia di cicoria del Pará
• prezzemolo qb
• cipollina qb
• sale e pepe qb
Pesce
Pulite il filhote con limone e sale.
Lavatelo in acqua corrente e lasciatelo marinare
con vino branco, aglio, sale, pepe e olio
in un sacco vácuo e fatelo cucinare a fuoco
basso (65°) per 20-30 minuti. In seguito fatelo
arrostire sulla brace del carbone (o legna)
fino a dorare.
Radici
Cucinare la manioca e l´arià fino a che non si
ammorbidiscano. Spezzettarli e farli riposare.
Infornare la patata dolce e la barbabietola con
la buccia, tagliarli a pezzi e farli riposare. Tagliate
lo zenzero e il cúrcuma a julienne, passateli
nell´amido di manioca e frittateli nell’olio
bollente, spruzzateli con il fiore del sale e fateli
riposare. Affettare finemente il cará viola
e disidratare le fette nel forno per un ora a 80°.
Latte di noci brasiliane
Frullate tutti gli ingredienti (meno l’aglio)
e colateli attraverso un panno sottile. Scaldate
il tutto (senza bollire) con il dente di aglio.
Cous Cous
Idratate la farina con il latte di noci brasiliane
e un pò di acqua. Aggiungete il resto degli
ingredienti e condite con sale e pepe a piacere.
Glossario
Filhote: pesce tipico del Rio delle Amazzoni
dalle carni tenerissime e il sapore delicato.
Farina d’acqua: farina di manioca. La manioca
viene prima pelata e poi lasciata ammorbidire
per 4 giorni nell’acqua corrente di un Igarapé
(torrente) del Rio delle Amazzoni.
Ariá: tubero simile alla patata, usato in insalate,
zuppe, etc.
Cará viola: un tipo di Inhame, dalla colorazione
violacea, è un tubero molto usato nella cucina
indígena.
Curcuma: conosciuto volgarmente
come zafferano della terra, serve appunto
come colorante naturale.
ECCESSO
Tiramisù di Bacurí.
Ingredienti:
• 310 gr. di polpa di Bacuri
• 70 gr. di formaggio di latte
di búfala del Marajó
• 70 gr. di panna montata
• 2 confezioni di latte condensato
• 3 cc di caffé solubile
• 30 gr. zucchero
• 3 cc di cognac
• 1 limone
• 130 ml di acqua
• cacao in polvere qb
• cannella in polvere qb
• mezzo pacchetto di savoiardi
Frullate la polpa con il latte
condensato (1 confezione e mezza,
la restante parte la userete con
il caffé) e aggiungete il formaggio
e la panna montata lavorando fino
a creare una crema leggera.
Scaldate dell’acqua e aggiungete
lo zucchero. Poi spegnete il fuoco
e aggiungete il caffé, il cognac,
il limone e il latte condensato
rimasto. Immergete rapidamente
i biscotti savoiardi nel caffé,
alternate uno strato di biscotto
a uno di crema, lasciate in frigo
per alcune ore e, prima di servire,
spolverate con cacao in polvere
e un tocco di cannella.
Glossario:
Bacurí: frutta esotica dal sapore
agrodolce, comunemente usata
per fare succhi e gelati.
Formaggio di latte di bufala
del Marajó: formaggio fatto
con latte di bufala tipico dell’isola
del Marajó, isola situata alla foce
del Rio delle Amazzoni.

LUXURY
Açaí Calamari Rings .
Ingredients:
• 400 gr. calamari rings
• 1 liter Açaí pulp
• 20 gr. green pepper
• 20 gr. yellow pepper
• 25 gr. butter
• a pinch of parsley
• salt and pepper to taste
Season calamari rings with salt
and pepper and set aside.
In a pan, reduce the açaí pulp by cooking
over low heat until the sauce has reduced
its volume by half.
In a sauté pan, slowly cook the finely
chopped vegetables in butter.
Add the reduced açaí pulp and the
calamari rings. Continue cooking over low
heat and be careful to not overcook them,
as the rings should remain a bit soft.
Glossary:
Açaí: a berry famous for its rich
antioxidant vitamin intake.
They grow in bunches on palm trees
native to the Amazon and can be
eaten cold (like ice cream) or hot,
accompanying rice and fish.
EXCELLENCE
Grilled filhote fish with cassava
and couscous.
Ingredients:
Fish
• 400 gr. Filhote fillet
• 1 lemon
• salt and pepper to taste
• 10 gr. garlic
• 150 ml white wine
• 40 ml oil
Roots
• 200 gr. Cassava
• 1 Beet
• 8 Arià
• 100 gr. sweet potato
• 1 Turmeric
• 100 gr Cará viola
• 20 gr ginger
• sunflower seed oil
• rock salt
• 30 gr tapioca pearls
• brazilian nut milk
• 100 gr fresh brazilian nuts
• 300 ml lukewarm water
• 50 ml brazilian nut oil
• salt to taste
• 10 gr cassava starch
• 1 garlic clove
Cous Cous
• 80 gr cassava flour
• 40 ml brazilian nut milk
• 20 gr finely chopped red onion
• 20 gr diced tomatoes
• 1 chili pepper
• 1 chicory leaf
• parsley to taste
• chives to taste
• salt and pepper
Fish
Clean and rinse the filhote fish under running water.
Sprinkle lemon and salt. Marinate with white wine,
garlic, salt, pepper and oil in a vacuum sealed bag.
Let it cook over low heat (65°C) for 20-30 minutes.
Then grill over coal embers (or wood)
until golden brown.
Roots
Cook the cassava and arià until they are soft.
Chop them and set aside. Bake the sweet potatoes
and the beet in their skins, cut into pieces and let them
cool. Cut the ginger and turmeric julienne style, and
coat with the cassava starch, fry in hot oil, sprinkle
with rock salt and let stand. Finely slice the cará viola
and bake the slices in the oven for an hour at 80 °C.
Brazilian Nut Milk
Blend all ingredients (minus the garlic)
and drain through a thin cloth. Heat the mixture
(without boiling) with the garlic clove.
Cous Cous
Pour the Brazilian Nut Milk and a little water into
a bowl with the flour. Add the remaining ingredients
and season with salt and pepper to taste.
Glossary
Filhote: a typical fish from the Amazon River
with tender and delicately flavored meat
Cassava flour: Cassava is first peeled and then
allowed to soften for 4 days in a running Igarapé
(stream) in the Amazon River
Ariá: a tuber similar to the potato,
used in salads, soups, etc
Cará viola: a type of yam, purple in color,
used widely in indigenous cuisine
Turmeric: commonly known as saffron of the earth,
is used as a natural colorant
EXCESS
Bacurí Tiramisu.
Ingredients:
• 310 gr Bacurí pulp
• 70 gr Marajó buffalo milk cheese
• 70 gr whipped cream
• 2 cans condensed milk
• 3 cc instant coffee
• 30 gr sugar
• 3 cc cognac
• 1 lemon
• 130 ml water
• cocoa powder to taste
• ground cinnamon to taste
• half a package of ladyfinger cookies
Puree the pulp with the condensed milk
(1 can and a half, the rest you will use
with the coffee) and add the cheese and
whipped cream until the mixture becomes
a light cream. Heat the water and add
the sugar. Then turn off the heat and add
the coffee, cognac, lemon juice and
remaining condensed milk. Dip ladyfingers
quickly into coffee, alternate one layer
of ladyfingers with one layer of cream and
leave in the refrigerator for several hours
before serving, sprinkle with cocoa
powder and a pinch of cinnamon.
Glossary:
Bacurí: exotic fruit with a bittersweet
flavor, commonly used to make juices
and ice cream.
Marajó buffalo milk cheese: cheese made
from buffalo milk typical on the island
of Marajó, an island situated at the mouth
of the Amazon River.

108
I cavalieri in corsa durante
il II Vladi international Rome
polo challenge
VLADI POLO ASSOCIAZIONE C’INFORMA SUL
III VLADI INTERNATIONAL
ROME POLO CHALLENGE
ITALY VS RUSSIA VS KAZAKHSTAN
VS USA VS SWITZERLAND VS FRANCE
27-3 0 SETTEMBRE 2012
TESTI VLADI POLO/FOTO ARCHIVIO VLADI POLO

Emozioni da vivere.
Un’interazione perfetta per il più nobile de gli sport:
mondanità e aristo crazia alla p ortata di tutti. Il Vladi
International Rome Polo Challenge giunge nel 2012 alla
terza edizione e, come di consueto, spiccano gli ingredienti
che hanno contribuito a rendere la manifestazione
imperdibile: il giusto mix di natura, sport e competizione,
uniti ad un tocco di esclusività
L’attesissimo evento a ingresso lib ero, organizzato dall’associazione
Vladi Polo in collaborazione con la Federazione
Polo Italiana, si terrà dal 27 al 30 settembre 2012
nella splendida cornice della Capitale. Sei squadre – Italia,
Russia, Kazakistan, USA, Svizzera e Francia – si sfideranno
e coinvolgeranno il pubblico in vivaci ma tch. Quattro
giorni di passione, ag onismo ed eleganza, un even to
‘matrioska’ che riserverà non poche sorprese.
Giovedì 27 settembre si terrà il primo incon tro tra le sei
squadre presso l’Acquedotto romano polo club. Una
giornata avvincente, in conclusione della quale verrà
organizzato un cocktail all’Hotel Club house.
Venerdì 28 settembre si ina ugurerà il World p olo forum,
un appuntamento unico a livello mondiale a cui parteciperanno
i rappresentanti di governo della Russia e degli altri
paesi CSI, degli Emirati Arabi, oltre ai capi delle amministrazioni
regionali e alle grandi p ersonalità dell’universo imprenditoriale
interessate ad investire in questo sp ort.
Il forum verterà sull’introduzione e sviluppo del polo nei
paesi del CSI. In concomitanza verrà allestita un’esp osizione
d’arte contemporanea, Art & p olo, dove faranno
mostra di sé i bei lavori di Fabrizio di Nardo e Piero Orlando.
Sabato 29 settembre, charme e ra ffinatezza contraddistingueranno
l’International polo ball. Durante la cena di
gala si vivrà la magia dell’alta moda grazie al fashion show
organizzato da X.Luxury.Excellence.Excess, testata dedicata
alla promozione delle eccellenze made in Italy.
Infine, domenica 30 settembre, presso l’Acque dotto
romano polo club si sca tenerà la p otenza dei cavalli e
l’abilità dei cavalieri, in occasione della sfida finale; la sera,
la chiusura del campionato verrà celebrata al ristorante
Quattro colonne, nell’elegante palazzo Lancelotti.
Il polo è un vero e proprio stile di vita, e cco perché l’associazione
Vladi Polo persegue lo scopo di promuovere e
diffondere tale sport in Italia, specialmente tra i giovani.
Il Vladi International Rome Polo Challenge si presenta dunque
come un’occasione speciale per avvicinarsi alla disciplina,
condividendo momenti di crescita e arricchimento
culturale in un ambiente stimolante ed esclusivo.
109

110
III VLADI INTERNATIONAL ROME POLO CHALLENGE
ITALY VS RUSSIA VS KAZAKHSTAN VS USA
VS SWITZERLAND VS FRANCE
SEPTEMBER 27TH - 30TH, 2012
Expect emotions.
A perfect encounter for the noblest of sports: high society and
aristocracy opens to everyone. The III Vladi International
Rome Polo Challenge commences its third edition in 2012 and,
as usual, the ingredients that have helped to make this the
event not to miss: the right mix of nature, sports and competition,
united with a touch of exclusivity.
The highly anticipated free-admission event, organized by the
Vladi Polo Association in collaboration
with the Italian
Polo Confederation, will be
held on September 27th to
the 30th, 2012 in our splendid
setting, Rome. Six teams -
Italy, Russia, Kazakhstan,
USA, Switzerland and France
- will compete while involving
the audience in a lively
match. Four days of passion,
competition and elegance,
an event that is sure to bring
many surprises.
On Thursday, September
27th, the first face off will be
held for all six teams at the
Roman Aqueduct Polo Club.
To conclude an exciting day,
there will be a cocktail party
organized at the Hotel Club
House.
On Friday, September 28th,
the World Polo Forum will
inaugurate a unique event on
a world-wide scale with participation from government representatives
in Russia and other CIS countries, the United Arab
Emirates, and in addition the leaders of regional governments
and corporate businesses interested to invest in this sport. The
forum will focus on the introduction and development of polo
in CIS countries. Coinciding with this event will be a contemporary
art exhibition, Art & Polo, which will show off the beautiful
works of Fabrizio di Nardo and Piero Orlando.
On Saturday, September 29th, charm and sophistication will
highlight the International Polo Ball. During the gala dinner you
can experience the magic of high fashion thanks to a fashion
show organized by X.Luxury.Excellence.Excess, dedicated to
La splendida vista sulla scalinata di Trinità dei Monti dalle terrazze del Portrait Suites
the promotion of excellence for made in Italy.
In conclusion, on Sunday, September 30th, at the Roman Aqueduct
Polo Club the power of the horses and the skill of the riders
will be unleashed, for the final challenge; in the evening,
the closing ceremonies will be celebrated at the restaurant
Four Columns, in the elegant palazzo Lancelotti.
Polo is a real lifestyle, and that's why the Vladi Polo Association
seeks to promote and expand the sport in Italy, especially
among young people. The Vladi International Rome Polo Challenge
thus provides a special occasion to get closer to the
discipline, combining moments of development and cultural
enrichment in a stimulating
and exclusive atmosphere.
Vladlena Guerrand Hermés,
Presidente di Vladi polo
associazione

111

112
Il passato è sempre presente, non solo nei luoghi ma nella
vita quotidiana della gente – Leonard Freed sull’Italia
Leonard Freed – come molti suoi illustri colleghi - appartiene
a quella generazione di fotografi che avrebbero voluto
essere pittori. Già Henri Cartier Bresson, di qualche
anno più anziano di Freed, ebbe nella pittura la sua prima
forma di espressione artistica che, in se guito, maturò
nella passione fotografica che molti di noi conoscono. Abbandonati
i pennelli e le tele, questi autori hanno reso la
fotografia uno dei più grandi mezzi di espressione del novecento,
facendone di diritto l’arte di catturare l’istante.
Freed è nato durante l’epoca più ‘pura’ della fotografia,
lontana anni luce dai fotorito cchi esasperati e molto più
vicina al cuore del soggetto – o dell’oggetto – protagonista
dello scatto. Il ‘verismo’ di cui quest’arte si faceva portavoce
negli anni venti e trenta, complice anche la guerra,
rese la fotografia il modo migliore di do cumentare
banalità mostrando la vera essenza dei so ggetti immortalati.
Le persone, e non le cose, sono l’elemen to che risalta
maggiormente nel quadro foto grafico: uno
sguardo, un passo, un g esto, una risata, sono gli unici
protagonisti. Ecco allora che Milano non è più il Duomo,
Roma non è più il Colosseo, Napoli non è più la pizza, la Sicilia
non è più solo l’anziana signora vestita di nero, ricurva
su se stessa.
La ricerca sulla na tura umana spinge Freed nei luoghi
dell’insolito: la campagna siciliana, un uomo corre col suo
carretto del pesce, una signora napoletana si fa immortalare
in un piccolo set foto grafico improvvisato all’aperto,
sotto gli o cchi divertiti dei vicini, due preti
giocano con la neve a vvolti dalle colonne di Pia zza San
Pietro, tre militari si rilassano nella p erfetta prospettiva
di Ponte Vecchio.
La macchina fotografica è lo strumento d’indagine attraverso
il quale Freed documenta le infinite variabili dell’es-
la realtà, immortalandola.
TESTI CAROLINA ATTANASIO
sere umano – annotando
Un fiorire di fotorep orter,
FOTO ARCHIVIO LEONARD FREED
anche tutte le sue impres-
armati di una sola Leica e
sioni in un diario - e l’Italia
di un 35 millimetri, diedero
sembra proprio essere
un volto reale alla quotidia-
uno dei campi di ricerca
nità del conflitto e della ri-
preferiti dal fotografo (fu
costruzione. Freed, che si
qui che, tra l’altro, Freed
è sempre considerato più
conobbe la f utura mo-
un artista che un fotoreglie,
Brigitte Klück, ndr).
porter, ha ag giunto un
È proprio la ‘vita’ che tra-
elemento fondamentale
pela in o gni fotogramma
alla equazione fotogra-
che impedisce di classififica:
il fotografo. L’immacare
Leonard Freed come
gine immortalata riflette
semplice fotografo ‘d’in-
non solo l a realtà delformazione’:
è piu ttosto
l’istante, ma anche lo
l’emozione il tratto fonda-
stato d’animo di chi è diementale
che, partendo dai
tro l’obiettivo. Ed ecco che la foto racconta due verità. suoi occhi, attraversa lo specchio fotografico per river-
Se è vero, dunque, che il sentimento di chi scatta è diretsarsi in un’immagine che comunica più di mille parole.
tamente proporzionale all’immagine realizzata, c’è una Talvolta la vita non sembra altro che un enorme groviglio
sola parola che desc rive le foto re alizzate da Leonard di speranze e problemi, del quale cerchiamo quotidiana-
Freed in Italia: amore.
mente di venire a cap o: eppure c’è sempre un a ttimo,
Il fotografo americano ha visitato la Penisola oltre qua- una frazione di se condo, in cui in travediamo in uno
rantacinque volte. Ogni viag gio compiuto attraverso sguardo, in un respiro, in una parola, la p erfezione delle
il Belpaese ha contribuito a innescare quei sentimenti di cose. E improvvisamente, tutto sembra avere un senso.
empatia e affetto che, inevitabilmente, contagiano chi Freed ha probabilmente inseguito il ‘senso’ della vita per
oltrepassa i nostri confini.
tutta la dura ta del suo p ercorso fotografico, perché
L’occhio di Freed ha catturato centinaia d’immagini, da niente meglio della fotografia può riuscire a catturare la
Palermo a Milano: scene di vita quotidiana, che sorpren- perfezione dell’attimo.
dono la vista anche del più italiano tra gli italiani. La com- I volti e i posti che ha immortalato, soprattutto in Italia, lo
posizione della foto non è mai scontata e, soprattutto, è hanno portato sempre più vicino all’essenza dell’umanità
lontana dagli stereotipi legati all’italianità, che ancora oggi e oggi, se il vostro sta to d’animo potesse congiungersi
offrono al mondo immagini tiepide e ripetitive del nostro con una delle sue foto, probabilmente potreste intrave-
stile di vita.
dere, per un secondo, l’anima che il fotografo ha cercato
Sembrano scattate da un italiano, bucano quel filtro di per lungo tempo d’immortalare.

Leonard Freed Roma, 2000 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)
113

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Roma, 1958 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed) Sicilia, 1974 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)
Napoli, 1956 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed) Sicilia, 1975 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)
Firenze, 1958 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)

Recentemente, Freed è stato protagonista, a Roma, di
una mostra intitolata “Io amo l’Italia”: sarebbe forse stato
più corretto intitolarla “Io amo gli italiani”, poiché è attraverso
le persone che la sua foto grafia acquisisce quella
tridimensionalità che apre i nostri o cchi già al primo
sguardo.
ITALY THROUGH LEONARD FREED’S LENS
The past is always present, not only in places but in people's
daily lives - Leonard Freed on Italy
Leonard Freed - like many of his illustrious colleagues - belongs
to a generation of photographers that wanted to be painters.
Even Henri Cartier Bresson, a few years older than Freed,
displayed his first artistic expression in the form of a painting,
and only after, he matured into the photographic passion that
many of us know. Abandoning their brushes and canvases,
these artists have made photography one of the greatest
means of expression in the twentieth century, making the law
of art to capture the moment.
Freed was born during the era of a more 'pure' photography ,
light years away from exasperated photo retouching and much
closer to the heart of the subject - or object - the protagonist
of the shot. This art was a spokesman for realism in the twenties
and thirties, accompanied by the war , making photography
the best way to document reality, capturing it. A swarm of
photographers, armed with only a 35 mm Leica, gave a real
face to the everyday conflict and reformation. Freed, who has
always considered himself more an artist than a photographer,
has added a fundamental element to the photographic equation:
the photographer. The image not only reflects the reality
of the instant, but also the mood of the subject. And this is how
the photograph reveals two truths.
Therefore, if true, the photographer’s feeling is directly proportional
to the image created, then there is one word that describes
the photos taken by Leonard Freed in Italy: love.
The American photographer visited the country more than
forty-five times. Every journey made throughout the ‘Belpaese’
contributed to triggering feelings of compassion and affection
which, inevitably, contaminates those beyond our borders.
Freed's eye has captured hundreds of images, from Palermo to
Milan: scenes of everyday life, which surprise even the most
Italian of Italians. The composition of the photo is never a given
and, especially, is far from the stereotypes associated with
Italy, that still today offer the world a warm image of our lifestyle.
They seem taken by an Italian, piercing the filter of banality
and showing the true essence of the subjects. People, not
things, are what stand out most in the context of the photo: a
look, a step, a gesture, a laugh, they are the only protagonists.
Milan is no longer the Cathedral, Rome no longer the Coliseum,
Naples not the pizza and Sicily not only the old hunched over
lady dressed in black.
Research on human nature pushes Freed to unusual places:
the Sicilian countryside, a man runs with his cart of fish, a Neapolitan
woman is captured in a little impromptu photo shoot
outside, under the amused neighbors’ eyes, two priests play
in the snow surrounded by the columns of St. Peter's Square,
three soldiers relax in perfect view of Ponte Vecchio.
Freed documents the infinite variables of the human being with
the camera as his instrument - also noting all his impressions
in a diary - and Italy seems to be one of his favorite research
fields for the photograph (it was here that, among other things,
Freed met his future wife, Brigitte Klück, ed.)
It is the 'life' that seeps into every frame that prohibits classifying
Leonard Freed as a simple photographer of ‘information’:
it is rather the emotion that is the most basic fact, starting from
the eyes, crossing the photographic mirror to pour out an
image that communicates a thousand words.
Sometimes life just seems like a huge tangle of hopes and problems,
from which we try every day to get by: and yet there is
always a moment, a split second, in which we cross glances,
in one breath, in one word, perfection. And suddenly , everything
seems to make sense.
Freed has probably chased the 'sense' of life for the duration
of his photographic journey, because nothing is better than the
photograph to capture the perfection of a moment.
The faces and places he has captured, especially in Italy ,
brought him closer to the essence of humanity , and today, if
your state of mind could unite with one of his photos, you could
probably see for a second, the soul that the photographer tried
to capture for a long time.
Recently, Freed was the subject, in Rome, of an exhibition entitled
"I love Italy": perhaps it would have been more correct to
call it "I love the Italians", because it is the people in his photographs
that encapsulate the three-dimensionality that open
our eyes at first sight.
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Leonard Freed Roma, 2000 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)

Leonard Freed Sicilia, 1974 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)
Leonard Freed Siclia, 1974 © Leonard Freed - Magnum (Brigitte Freed)
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