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Il libro di Pietro

Una testimonianza diretta, lucida e coinvolgente della Civiltà contadina, nella forma di un appassionato racconto davanti al focolare... Compralo qui: http://www.macrolibrarsi.it/libri/__il_libro_di_pietro.php?pn=3173 Il libro di Pietro è la storia di un contadino, quelli di una volta, uno degli ultimi testimoni di un'epoca che è quasi completamente scomparsa. Dodicesimo nato da una famiglia povera di mezzadri del Valdarno, in Toscana, comincia sin da bambino a lavorare nei campi con aratro e zappa. Ma la vita non era solo fatica, i contadini sapevano anche divertirsi. La musica, la poesia e la narrazione di storielle animavano le loro serate "a veglia” intorno al fuoco, condite di un’ironia mordente. Questo libro ci accompagna nella vita di Pietro, le sue stesse parole ci raccontano aneddoti, saperi antichi, il lavoro da fare nei campi con la peculiarità di ogni stagione.

Una testimonianza diretta, lucida e coinvolgente della Civiltà contadina, nella forma di un appassionato racconto davanti al focolare... Compralo qui: http://www.macrolibrarsi.it/libri/__il_libro_di_pietro.php?pn=3173

Il libro di Pietro è la storia di un contadino, quelli di una volta, uno degli ultimi testimoni di un'epoca che è quasi completamente scomparsa. Dodicesimo nato da una famiglia povera di mezzadri del Valdarno, in Toscana, comincia sin da bambino a lavorare nei campi con aratro e zappa. Ma la vita non era solo fatica, i contadini sapevano anche divertirsi. La musica, la poesia e la narrazione di storielle animavano le loro serate "a veglia” intorno al fuoco, condite di un’ironia mordente. Questo libro ci accompagna nella vita di Pietro, le sue stesse parole ci raccontano aneddoti, saperi antichi, il lavoro da fare nei campi con la peculiarità di ogni stagione.

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INTRODUZIONE

LA GENESI DEL “LIBRO DI PIETRO”:

la collaborazione tra un’insegnante inglese e un contadino toscano

Fin dall’Ottocento la campagna toscana ha esercitato il suo fascino

sulla mente anglosassone. I poeti del movimento romantico cominciarono

a guardare con occhi diversi non solo il proprio paesaggio, ma

anche quello di altri paesi europei. Nei loro viaggi verso l’Italia, che da

diversi secoli era la Mecca di artisti e uomini di lettere, erano prima colpiti

dalla maestà selvatica delle Alpi; poi abbassavano gli occhi, forse

con sollievo, sulle bellezze più dolci, più domestiche della campagna

toscana. In un certo senso era molto diversa da quella inglese: le colline

ondeggianti dell’Inghilterra, con i loro campi di grano, macchie di

bosco e prati cosparsi di pecore e bestiame non somigliano affatto a

quelle toscane più mosse, con i loro vigneti, oliveti e vaste distese di

foresta. Eppure hanno una cosa in comune: sono paesaggi non del

tutto selvatici, ma frutto di una collaborazione fra l’uomo e la natura da

oltre tremila anni. Sono paesaggi dunque non ostili all’uomo, che non

destano soggezione, ma piuttosto rassicurano. Poeti come Byron, Shelley,

Elizabeth Barrett Browning ed Elizabeth Jennings, romanzieri come

D.H. Lawrence, Aldous Huxley, E.M. Forster e Virginia Woolf, tutti

hanno celebrato la campagna toscana in poesie, romanzi, novelle ed o-

pere autobiografiche.

Nessuno di questi scrittori, però, ha soggiornato a lungo nella campagna

toscana. La vedevano dai giardini delle loro ville fiorentine, o dal

finestrino mentre viaggiavano da una città all’altra in carrozza o in automobile.

Di conseguenza il loro apprezzamento era di quello che gli

si presentava agli occhi, non della realtà rurale dei loro tempi. Fu solo

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