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Fabbro - La Tribuna

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Pag. 22 - FP/LT - 19/29 mag 2008<br />

MAURIZIO CEVENINI<br />

Stabilità e dialogo<br />

Il quarto governo Berlusconi ha ricevuto la fiducia<br />

della sua ampia maggioranza, dopo consultazioni<br />

e formazione del governo da record;<br />

persino il PD è riuscito a varare in tempi stretti<br />

il suo governo ombra formula tutta da verificare<br />

in quanto ad efficacia ma si inquadra in un nuovo sistema<br />

di relazioni. <strong>La</strong> vera novità di questi primi giorni è il profilo<br />

basso che sta tenendo il grande comunicatore a partire<br />

dalle valutazioni del dopo voto, all’apprezzabile seppur generico<br />

intervento di presentazione alla Camera. Sta facendo<br />

il furbo? E’ una domanda che corre, esplicitata nel solito tono<br />

duro da Di Pietro che si sta ritagliando il ruolo dell’oppositore<br />

aggressivo supportato dall’esterno del Palazzo da Grillo<br />

e Travaglio. Mi sento di dire che ha un’importanza relativa<br />

in quando se la volontà di dialogo serio con l’opposizione è<br />

un fatto concreto lo si vedrà in tempi rapidi sulle riforme e<br />

sulle prime misure su sicurezza ed economia, su snellimento<br />

delle procedure e politica estera. <strong>La</strong> campagna elettorale è<br />

finita e quindi occorre riconoscere che i programmi avevano<br />

molti punti di convergenza e se il governo farà seguire alle<br />

dichiarazioni la concertazione, molti provvedimenti potrebbero<br />

trovare il consenso di parte dell’opposizione. Le prime<br />

risposte di Fassino e Veltroni che sono intervenuti in aula mi<br />

pare abbiano giustamente aperto un credito al Governo come<br />

avviene nelle democrazie occidentali governate da destra o<br />

da sinistra. E’ bene ricordare che nella politica estera chi ha<br />

segnato sistematicamente differenze nei quindici anni precedenti<br />

è sempre stata quella parte di sinistra che oggi non è<br />

rappresentata in Parlamento appare quindi naturale che possa<br />

avvenire sulle missioni all’estero una convergenza ampia<br />

utile all’immagine del nostro Paese. Da questo si deduce che<br />

il PD rischia di essere oscurato da prime iniziative di buon<br />

senso del Governo che rischiano di farne traballare il progetto<br />

in vista delle elezioni europee, banco di prova importante<br />

per contare le singole forze politiche. Se questo è il rischio<br />

ben peggiore sarebbe la reazione isterica e di rivalsa tipica di<br />

una sinistra, sempre maestra di vita, che si oppone pregiudizialmente<br />

per segnalare la propria esistenza. <strong>La</strong> scorsa settimana<br />

ho partecipato ai Giardini Margherita nell’ambito della<br />

giornata della creatività giovanile, ad un interessante confronto<br />

tra studenti, purtroppo pochi, e esponenti diversi della<br />

istituzioni; lì, senza voler fare nomi, ho ritrovato questa brutta<br />

sensazione dei maestri della sinistra che pontificano sulle<br />

ceneri delle sconfitte. Forse nelle prossime puntate inizierò a<br />

parlare anche un po’ di Bologna….<br />

ALESSANDRA SERVIDORI<br />

<strong>La</strong> qualità dei ministri<br />

Giovanni Sartori non perde mai l’occasione<br />

per tenere la bocca chiusa. E sarebbe invece<br />

auspicabile che data la veneranda età cominciasse<br />

a capire che non si è per tutta la<br />

vita autorevoli commentatori ed editorialisti. A volte succede<br />

che la presunzione e la baldanza diventano patetiche.<br />

Cos’ì Sartori (e anche in non assoluta solitudine!) pontificando<br />

della non qualità dei ministri del Governo Berlusconi,<br />

dei loro “scarsi” personali meriti, dimostra di aver capito<br />

poco di quel che succede. Sartori, che li ha definiti tutti<br />

incompetenti, salvo tre, sbaglia. Molti dei nuovi ministri, in<br />

effetti, sono sconosciuti ai più ed il loro nome non si lega a<br />

memorabili battaglie nel settore che ora governano. Ma questo<br />

significa poco, perché è il presidente del Consiglio che se<br />

li è scelti, è su di lui che ricade la responsabilità politica e<br />

questo prevede la Costituzione (e Sartori da costituzionalista<br />

dovrebbe saperlo!).Diventare ministri non è un concorso<br />

a titoli, ragion per cui la maggioranza non è tenuta a far<br />

sapere il loro titolo di studio. Il fatto che qualche ministro<br />

abbia alle spalle esperienze nel mondo dello spettacolo dovrebbe<br />

scoraggiare i saggi dal farne motivo di dileggio, giacché<br />

un tale che faceva l’attore (mediocre) fu un buon governatore<br />

della California ed un grande presidente Usa; ed un<br />

altro commerciante/imprenditore di noccioline sempre nel-<br />

Io, un italiano. Cosa so degli Zingari<br />

L’Italia che viviamo<br />

di Davide Ferrari<br />

Li ho conosciuti dopo una tragedia,<br />

l’incendio di Santa Caterina<br />

di Quarto nell’aprile del<br />

2000, o seguendo i passi turpi, di sangue, dei Savi. Li ho visti<br />

con la Bibbia in mano seguire mie lezioni un po’ affrettate di<br />

cristianesimo. Li ho visti suonare, orchestrare ottoni a Belgrado<br />

e xilofoni spezzati in via Rizzoli. Ho fra loro amici, non ho trovato<br />

santi. Quando vennero a Villa Salus non ne volevo troppi.<br />

Avevo ragione. Quando la Romania (dove forse sono<br />

8 milioni) è entrata in Europa ero preoccupato e non<br />

convinto dalle ireniche dichiarazioni di alcune, pur meritorie,<br />

Ong. Bisogna saper guardar in faccia il prossimo.<br />

E’ come noi. Ne peggio ne meglio. Quanto qui io<br />

scrivo nasce da un bisogno di reagire all’odio, con<br />

fermezza e con coraggio. Ma senza dimettere le lenti<br />

del governo, trovando i limiti del buon senso, anche<br />

all’amicizia e alla fraternità. Si fecero chiamare egiziani,<br />

gipsi, per nascondere dietro l’immagine di figli dei Faraoni<br />

un origine profana. Migrati dall’India, dopo il mille, forse<br />

perseguitati (seguaci di un’eresia religiosa? I reduci di una rivoluzione?)<br />

sono da secoli una delle due grandi nazioni anomale<br />

che percorrono la storia dell’Europa.<br />

L’altra sono gli Ebrei. Centinaia<br />

di anni, decine di paesi attraversati<br />

ed abitati, mille culture<br />

incontrate e mediate, tutto rende<br />

impossibile un’unica definizione<br />

dei popoli zingari. Tuttavia<br />

a me pare che, nella battaglia<br />

della sopravvivenza e della<br />

difesa di una propria peculiarità<br />

irriducibile, mentre gli Ebrei hanno<br />

cercato di perseguire l’obiettivo<br />

della massima competitività,<br />

gli Zingari - quasi specularmente<br />

- hanno giocato la carta<br />

della non competizione. Popolo<br />

che non dichiara guerre, che pratica<br />

la religione di chi ha incontrato,<br />

dall’Ortodossia al Pentecostalismo<br />

passando dal Cattolicesimo<br />

ed anche in qualche caso<br />

dall’Islam, gli Zingari vivono<br />

fuori dalla catena di comando,<br />

di gerarchia delle nostre società.<br />

Le periferie delle città, nella triste<br />

comunanza di destino con<br />

tanti altri emarginati, sono - forse<br />

- anche la metafora di una perifericità<br />

dell’anima. “Siate come<br />

i gigli del campo, non pensate<br />

al domani, ogni giorno basta a<br />

se stesso”: a volte pare che siano<br />

nell’anima zingara gli insegnamenti<br />

più imperiosi ed anche<br />

meno facilmente seguibili del<br />

maestro di Galilea. Quando parli<br />

con loro- la mia esperienza,<br />

avverto, si limita a Rom rumeni<br />

e assai meno a profughi della<br />

guerra dell’ex Jugoslavia, capisci<br />

quanto sia distante da loro<br />

apprendere l’importanza dei<br />

nomi, da quelli delle strade e<br />

delle vie a quelli delle stesse persone.<br />

Possono averne più d’uno,<br />

la “magica America” non fu sicuramente un Presidente di<br />

serie B. Anzi il pregio di questa squadra berlusconiana è che<br />

non è composta, mediamente, da personale con forza politica<br />

propria. I Ministri di “Prima fascia “ e con deleghe pesanti<br />

(Tremonti, Maroni, Sacconi, Brunetta, Gelmini) sono indubbiamenti<br />

persone che hanno una chiara storia politica e buone<br />

competenze, altri “di Seconda fascia” sono sì stati designati<br />

da logiche di appartenenza (vorrei poi vedere diversamente!)<br />

ma sono per lo più persone normali che occupano un<br />

dicastero, e che risponderanno del lavoro che faranno. Ieri<br />

chiedere il “governo dei tecnici” era un modo, illogico, per<br />

reclamarne l’indipendenza dai ras di partito. Oggi si vorrebbero<br />

ministri “pesanti” per arginare il potere di Berlusconi.<br />

Intanto lasciamoli lavorare. E i grilli parlanti non dismettendo<br />

i riflessi condizionati dell’antiberlusconismo non comprendono<br />

che si è realizzata una riforma costituzionale di fatto,<br />

consegnando maggiori poteri al presidente mediante un minor<br />

peso politico dei ministri. <strong>La</strong> forza politica, così, sopperisce<br />

alla debolezza istituzionale. Occorre, allora, che si dia<br />

forma costituzionale al maggior potere del capo del governo,<br />

senza danneggiare lo stato di diritto. Questo sarebbe un lavoro<br />

utile, non lo sdottoreggiare sulle presunte (in)capacità altrui,<br />

cercando di rimpiattare la propria tenace inattitudine a<br />

capire.<br />

che importa. L’importante è descrivere un luogo, un cammino<br />

che si è fatto, oppure raccontare e ridere di come una persona è.<br />

Mi fa riflettere il loro rapporto con i bambini. Devo smentire la<br />

canea assassina di questi giorni. Non rubano bambini. Ne hanno<br />

fin troppi. Quale valore ne trarrebbero? Fagin, non a caso un<br />

ebreo, era a capo - nell’Oliver Twist di Dickens - di una banda di<br />

trovatelli schiavizzati dediti a pagargli decime con il furto e l’accattonaggio.<br />

Ma - se vogliamo non perdere la ragione - oggi<br />

sappiamo bene che non occorre avere aguzzini ebrei o<br />

gitani per essere meninos de rua, in tutte le strade di<br />

questo mondo. Spesso ci fa inorridire la giovane mamma<br />

rom con il bambino appeso al collo a pochi centimetri<br />

da una sigaretta, oppure il brulicare nelle stazioni di<br />

piccoli untorelli pronti a tutto (A proposito, ne incontriamo<br />

a Verona, città del rampicante sindaco leghista più di<br />

quanto accada a Bologna). Ma la povertà è così. Mi colpisce<br />

invece altro. I bimbi rom giocano ignari di ogni<br />

compatibilità di spazio e di relazione. Non sono più liberi dei<br />

nostri figli quando invadono territori che non possono invadere<br />

(Mi colpì vederne alcuni in mezzo allo spettacolo di artisti di<br />

strada in Piazza Maggiore, anni addietro, aggirarsi,senza però<br />

nessun coinvolgimento e consapevolezza). No, non sono più<br />

liberi, hanno ricevuto meno, nella trasmissione dei saperi, dei<br />

comportamenti, dal loro mondo adulto. Non è solo ignoranza, o<br />

incuria. <strong>La</strong> cultura profondamente maschilista mi pare affidi il<br />

carico dei bambini quasi soltanto sulle donne. Donne ancora più<br />

lontane da esperienze di lavoro e di crescita di quanto non accada<br />

ai loro uomini e quindi deprivate di speranza e di possibilità.<br />

Donne che danno ai loro figli quello che possono e spesso non è<br />

molto. Il furto. Parliamo del furto. “Tutti gli Zingari rubano”.<br />

Non è vero. Non sono vere nemmeno le chiacchiere sociologiche<br />

sul nomadismo che indurrebbe e giustificherebbe il non aver<br />

idea di proprietà privata altrui e quindi il furto. Oggi quasi mai<br />

sono nomadi e moltissimi non rubano. E’ vero però che non c’è<br />

famiglia dove non conviva il lavoratore, magari occasionale, ed<br />

il parente ladro, magari altrettanto occasionale. “Non vogliono<br />

cambiare”. Certo, se cambiare vuol dire morire, perdere ogni<br />

cosa, diventare anonimi più che sedentari probabilmente neanche<br />

il giovane rom più “infigato” dei film americani lo vorrebbe.<br />

Il problema è che la “nazione” la sua articolazione in tribu’,<br />

non da tutti sentita allo stesso modo ma ben esistente, soprattutto<br />

i tempi della vita che la “cultura” sociale zingara scandisce,<br />

impediscono spesso anche l’avanzamento, non solo il cambiamento.<br />

Se servono soldi, allo spasimo, bisogna sposarsi molto<br />

presto e incassare qualcosa per ogni figlia. Allora anche i maschi<br />

a 18 anni devono essere pronti, sentirsi vecchi se a venti non hanno<br />

moglie. Ma così facendo non si studia, non si risparmia anche<br />

se si lavora, non si “arricchisce” la famiglia ed il proprio futuro.<br />

C’è di più, insieme al maschilismo, alla cura insufficiente dei bimbi,<br />

sono proprio questi tempi a rendermi preoccupato della evoluzione<br />

possibile dei Rom. Fare per forza i mariti e le mogli, giovanissimi,<br />

mentre - nel frattempo - l’egemonia della cultura tradizionale<br />

va scemando, può unire il peggio del tribale alla modernità<br />

più insidiosa. Si possono creare unioni violente e senza futuro,<br />

non famiglie. Questo credo di sapere. Non sono un esperto. Ma<br />

non lasciamo ai soli esperti di Università o di assistenza la voce<br />

del diritto a riconoscere uomini gli altri uomini. Tutti. Ci sono<br />

mille ragioni per non farlo. Ma la prossima volta potrebbe toccare<br />

a noi. Agli italiani è già capitato, nei campi di Aigues Mortes,<br />

braccati dagli operai francesi, a Marcinelle, nel patibolo di Nicola<br />

Sacco e Bartolomeo Vanzetti. E anche nel ragazzo orfano, cacciato<br />

dalla matrigna a Zola perché mutilato nella grande guerra, di<br />

cui ci raccontava il nostro Bruno Drusilli, suo figlio. Vestivamo di<br />

stracci. Non eravamo migliori. Eravamo uomini.<br />

Scrivete a davideferrari@yahoo.com<br />

Leggete, gli articoli di questa rubrica su www.davideferrari.org

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