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FULVIO REDDKAA ROMANIN<br />

“<strong>The</strong> life <strong>and</strong> times <strong>of</strong><br />

<strong>DaCa$h</strong>”<br />

TRATTO DA “LA STAGIONE DELLA MUTA”


tratto da<br />

LA STAGIONE DELLA MUTA<br />

MORE PULP TALES.<br />

edito da KappaVu editore<br />

in collaborazione con<br />

ReddArmy<br />

<strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> Italia


<strong>The</strong> life <strong>and</strong> times <strong>of</strong> <strong>DaCa$h</strong><br />

“I used to write shit to please niggas<br />

Now I write shit to freeze niggas”<br />

Common, “Electric wire hustle Flower”Electric Circus, 2002<br />

”Figli miei, state attenti a non farvi degli idoli”<br />

Atti degli apostoli, I Giovanni 5, 21<br />

5


Disclaimer (Bada)<br />

Questo racconto vive ed abusa di alcuni cliché del genere di<br />

cui parla.<br />

Il linguaggio e l’immaginario di questo racconto non rispecchiano<br />

fedelmente la cultura hip hop, ma accentuano in<br />

maniera spesso grottesca e caricaturale alcuni degli stereotipi<br />

che spesso vengono percepiti da un pubblico esterno al genere,<br />

specialmente a livello di certo mainstream.<br />

Ridurre l’hip hop a puttane, macchinoni, pistole e gioielli<br />

è insultare una delle più importanti forme culturali del nostro<br />

tempo. Per quanto il genere non sia esente, come tanti<br />

altri, da sessismo ed om<strong>of</strong>obia, i personaggi rappresentati in<br />

questo racconto sono iperboli e come tali il loro pensiero e<br />

le loro opinioni, politicamente corrette o <strong>of</strong>fensive che siano,<br />

vanno considerate.<br />

E’ solo un teatrino dei pupi, gente.<br />

6


Personaggi principali:<br />

Leeroy “<strong>DaCa$h</strong>”Washington – rapper, ex spacciatore<br />

Lewis William “T-Bone”Jenkins - produttore<br />

Clarence “Fat Hustla”Brown - rapper<br />

Wysdom – rapper “vecchia scuola”<br />

Chevelle – sorella di <strong>DaCa$h</strong><br />

Jamija – attrice e poetessa<br />

Henry “Big P” Roberts – rapper di spalla di <strong>DaCa$h</strong><br />

James Edgar Lee III - l’uomo magro con il fucile da cecchino<br />

7


Glossario essenziale di hip hop<br />

Mc - letteralmente “Master <strong>of</strong> Ceremonies”, nell’accezione degli<br />

ultimi tre decenni generalmente sta per “cantante di rap”(sinonimo:<br />

rapper)<br />

Bboy - letteralmente “ballerino di breakdance”, sinonimo (improprio)<br />

di “appassionato di rap”<br />

Beat – base strumentale<br />

Flow – termine intraducibile letteralmente, significa approssimativamente<br />

la capacità di “stare”a tempo e a feeling con una base musicale<br />

Freestyle – improvvisazione di testi in metrica su una base strumentale,<br />

riportato recentemente all’attenzione delle masse dal film<br />

“8mile”di Eminem<br />

Battle – qu<strong>and</strong>o due mc’s si affrontano in freestyle<br />

Dissing – parlare male del proprio “avversario”possibilmente in<br />

rima. Spesso usato nel freestyle<br />

Blaster o Ghetto Blaster – classico radiolone con casse immense<br />

Crew, Clique, Posse, Ballotta – termini di differente origine e significato<br />

sottilmente diverso tra di loro ad indicare il gruppo di amici<br />

ed artisti che normalmente accompagnano un rapper ed i vari artisti<br />

rap, sopra e sotto il palco<br />

8


Bling o Bling Bling - gioielli, usualmente portati come segno di<br />

distinzione e potere<br />

Le Quattro - le quattro arti dell’hip hop: Mcing (cantare rap),<br />

Deejaying (fare il deejay), Writing (disegnare graffiti), Breaking o<br />

Bboying (ballare la breakdance)<br />

Punanny, Pussy – dispregiativo per “donna”, genericamente assimilabile<br />

all’italiano “figa”<br />

Tupac, Biggie - Tupac Shakur e Christopher Wallace, rappers assassinati<br />

in guerre tra gangs<br />

Swag, Swagga - genericamente “spocchia”<br />

Featuring - partecipazione ad un pezzo altrui, spesso serve per dare<br />

prestigio e ad affermare un disco, o un artista<br />

Bloods, Crips - le due più famose gang di strada della west coast<br />

americana, che vantano tra i propri membri una quantità considerevole<br />

di rappers<br />

Spliff - spinello, marijuana.<br />

Struggle - s<strong>of</strong>ferenza, spesso inteso come vita di stenti.<br />

9


00. Qui comincia l’avventura<br />

Cosa può volere un uomo che ha già tutto?<br />

È una dom<strong>and</strong>a oziosa da bar per chi, come la maggior parte<br />

dell’umanità, vive in uno stato di inconsapevole anarchia,<br />

sballottato dal ciclone dei propri giorni e delle proprie pene,<br />

per i più per i quali la vita è navigare a vista, con poche idee<br />

poco chiare sul proprio futuro.<br />

Ma questa nostra storia ha origine da uno dei meno: una di<br />

quelle persone che, per così dire, siedono in cima al mondo.<br />

A soli trentun anni possiede tutto e dico veramente tutto ciò<br />

che la maggior parte dei suoi simili desidera e sogna: valanghe<br />

di denaro, villoni hollywoodiani, donne splendide, auto<br />

di lusso, notorietà; questo grazie alla propria intraprendenza<br />

e ad una robusta dote di culo e sfacciataggine combinate.<br />

C’è un camino acceso sul fondo della stanza, ed è un po’<br />

un cliché come il Courvoisier che sta sorseggi<strong>and</strong>o: ha tutto,<br />

ma non si può pretendere che abbia anche gusti originali. La<br />

sua mano ben curata ha appena chiuso la chiamata su uno<br />

smartphone che nei negozi deve ancora uscire, dove ancora<br />

galleggiano risate e sorrisi con qualcuno di tanto caro quanto<br />

acuminato. Lo appoggia con attenzione sul tavolo, con<br />

un “tic” appena percettibile. Spegne la televisione dinanzi a<br />

sé, e si alza. Ha un bel corpo, scolpito dalla palestra che “chi<br />

può” fa perché deve, senza entusiasmo, perché il corpo è in<br />

fondo solo un biglietto da visita, uno strumento di lavoro<br />

come un altro.<br />

10


Cosa potrebbe volere un uomo che ha già tutto?<br />

Ha accettato la scommessa, ed è gasato. È davvero difficile<br />

trovare nuova fame a stomaco così pieno: è difficile essere<br />

creativi qu<strong>and</strong>o tutto va alla gr<strong>and</strong>e. E questa sera è stata generosa<br />

con lui; gli ha portato in dono qualcosa che potrebbe<br />

fargli vuotare armadi e cassetti e farli diventare idee nuove,<br />

e tirare fuori dagli stessi idee vecchie lustr<strong>and</strong>ole con cura<br />

come un paio di scarpe per la domenica di festa.<br />

Accende il mixer ed i vari Mac, in un baluginare di lucine<br />

natalizie. Lucine natalizie che annunciano non la nascita di<br />

qualcuno di importante, ma la morte di qualcuno di sconosciuto.<br />

Cosa potrebbe volere un uomo che ha già tutto se non di<br />

sostituirsi a Dio?<br />

01. Sympathy for the devil<br />

Il solito tanfo da ospedale, la luce gelida, il solito ronzio. L’infermiera<br />

aveva chiuso la porta con una delicatezza insolita<br />

per un servizio pubblico così scalcinato: ne aveva rallentato<br />

con cura la corsa con il palmo della mano ad attutirne il clic<br />

della chiusura. Non che per Leeroy facesse grossa differenza.<br />

Leeroy Washington, un metro e novantatre centimetri per<br />

novantadue chili più morti che vivi, non aveva davvero bisogno<br />

di altre scosse per oggi, ma non se ne sarebbe di certo<br />

accorto. Dal suo corpo nero e muscoloso si dipartivano dieci,<br />

11


venti, forse trenta tubicini di plastica screziati di rosso opaco,<br />

e le garze che coprivano i morsi delle pallottole erano dipinte<br />

da pennellate cupe. Era il suo sangue, il suo sangue che<br />

tamburellava e pulsava impaziente di correre verso il mondo<br />

fuori, via da quel suo corpo così gr<strong>and</strong>e e così masticato dal<br />

piombo.<br />

Nove elegantissimi proiettili ultimo grido (il suo grido, ovviamente)<br />

lo avevano raggiunto al petto come delle piccole<br />

atomiche. Uno due tre quattro nove volte le costole avevano<br />

sobbalzato nel suo torace, fuori da quella gabbia nera sempre<br />

più stretta e fragile.<br />

Ogni tanto riemergeva da un’incoscienza torbida che non<br />

gli concedeva nessun sollievo; rari sprazzi di lucidità, spezzati<br />

da fosche tende di buio. Ricordi confusi, distorti, sirena<br />

dell’ambulanza, voce di donna ispanica di mezza età che urla<br />

qualcosa china su di lui e il cui grido riecheggiava nella sua<br />

testa ancora, e ancora, e ancora, perpetuato in questo loop<br />

oscuro di cui era dolorosamente prigioniero.<br />

Concentr<strong>and</strong>osi con estrema fatica riusciva a ricordare il momento<br />

in cui l’auto di Dusty Bill si era avvicinata, quello sì,<br />

scivol<strong>and</strong>o discreta lungo South Central Avenue, per quanto<br />

discreta possa essere una Mercury Marquis blu del 1978, ed<br />

il finestrino oscurato si era abbassato.<br />

Ma la testa faceva male, male, e i ricordi si accavallavano e si<br />

confondevano tra di loro.<br />

Chiaro, non poteva dare torto a Dusty Bill per averlo quasi<br />

ammazzato, no davvero. Era <strong>and</strong>ato a spacciare fuori da<br />

12


una delle sue scuole, nel suo territorio. Glie l’aveva detto in<br />

maniera più o meno amichevole già una volta, quasi fracass<strong>and</strong>ogli<br />

un ginocchio con una mazza da baseball. Secondo i<br />

suoi particolari criteri di amicizia, s’intende. Solo che Leeroy<br />

non avrebbe saputo che altro fare. Spacciare era l’unica cosa<br />

che sapeva fare: meglio che <strong>and</strong>are a fare lo schiavo in un fast<br />

food del cazzo per cinque dollari all’ora.<br />

Ci aveva marciato, finché era durata, aveva fatto finta di<br />

niente anche se il ginocchio faceva male, e aveva continuato<br />

finché qualche testa di cazzo di impiccione di merda non era<br />

<strong>and</strong>ato a spifferare tutto al buon vecchio Bill, che poi tanto<br />

vecchio non era, figuriamoci buono.<br />

La sua testa era un neon morente che m<strong>and</strong>ava i suoi ultimi<br />

lampi di nero. Stavolta crepo. Stavolta ci resto secco, chiaro.<br />

Sono solo uno spacciatore del cazzo, e ai medici non glie ne<br />

frega un cazzo se crepo. Non ho soldi per pagare il conto di<br />

questa merda. Stavolta crepo. E allora moriamo, allora lasciamoci<br />

alle spalle questa vita di merda e<br />

Potevano essere passate ore, giorni dall’ultima volta che era<br />

svenuto o solo minuti - che cazzo cambia - ma qu<strong>and</strong>o aveva<br />

aperto delle palpebre che stridevano come saracinesche arrugginite,<br />

da queste ore di niente si erano materializzate due<br />

persone, sedute di fronte a lui, emerse lentamente da quel<br />

nero torbido, denso come pece.<br />

Erano un nero ed un bianco, due facce familiari. Vestiti molto<br />

bene, con vestiti hip hop eleganti e più bling della madonna<br />

di Guadalupe, il nero di rosso ed il bianco di bianco,<br />

13


ancora più abbacinante.<br />

Lo guardavano, sorridevano, sorridevano, con lo stesso sorriso<br />

stampato di Silvestro che sta per mangiare Titti.<br />

Stavano in silenzio, seduti, lo guardavano, e sorridevano.<br />

Provò a raschiare via dalla gola una dom<strong>and</strong>a: ma faceva<br />

male, malissimo. Gorgogliò, sentendo il sapore dolciastro del<br />

sangue.<br />

I due si erano guardati per un attimo, sorridendosi ancora,<br />

sinistramente divertiti.<br />

Il bianco prese la parola.<br />

”Ciao, Leeroy. Io sono il diavolo.”<br />

Si concesse una pausa teatrale. “Si, hai sentito bene. Io sono<br />

il diavolo. E sono qui per te, oggi” aveva detto senza smettere<br />

di sorridere “e lui è un altro diavolo. Siamo qui per la tua<br />

anima, Leeroy”.<br />

Non gli veniva da ridere: era spaventato, e incazzato e come<br />

ogni volta che non capiva qualcosa gli veniva voglia di menare<br />

le mani; aveva risolto un sacco di situazioni spacc<strong>and</strong>o culi<br />

a questo o quel cervellone, ma ora era carne macinata stesa<br />

su un letto, e non poteva spaccare il culo proprio a nessuno.<br />

”Non ti sforzare, Leeroy” aveva detto il bianco, pacato “Non<br />

serve che tu dica granché, man. Non sei ancora morto,<br />

per ora, ed il diavolo, quello che lo fa di mestiere, verrà a<br />

prenderti con tanto di forcone e coda appena schiatterai”.<br />

Si avvicinò al letto, con calcolata pacatezza. “Se schiatterai”.<br />

14


Sembrò esaminargli le ferite per un momento interminabile,<br />

mentre l’altro continuava imperterrito a sorridere.<br />

“Già. Dipende da noi. Siamo qua con te per discutere se creperai”.<br />

Leeroy sentiva ancora il bruciore dei solchi lasciati dalle cannule<br />

per la respirazione, e qu<strong>and</strong>o provò a dire<br />

”Chi …”<br />

la gola si strinse in un accesso doloroso quanto violento. Di<br />

nuovo, il sapore del suo sangue sulla lingua e sul palato. Tutto<br />

questo sangue impaziente di stare fuori posto.<br />

Il bianco prese di nuovo la parola dondol<strong>and</strong>o appena la testa<br />

di lato con aliena leggerezza, come se fosse stata priva di peso:<br />

”Chi siamo? Siamo il diavolo. O due diavoli. O nessuno. Chi<br />

ci m<strong>and</strong>a? Non ci m<strong>and</strong>a nessuno, Leeroy. Noi ci muoviamo<br />

sempre per nostra iniziativa, per primi, perché siamo i primi”.<br />

Sorrise mellifluo.<br />

“Siamo qui perché io e questo signore abbiamo una scommessa”<br />

continuò glaciale “non contro qualcuno, perché nessuno<br />

può starci dietro a soldi, e non uno contro l’altro. È una<br />

cosa per noi, che siamo il diavolo, e abbiamo i nostri modi<br />

per ammazzare il tempo” sorrise di nuovo, instancabile. “E<br />

tu sei parte della scommessa, negro”.<br />

Fece una breve pausa, respir<strong>and</strong>o a fondo. Si girò di tre quarti,<br />

guard<strong>and</strong>o il s<strong>of</strong>fitto con aria vagamente indispettita.<br />

”Sicuramente mi hai già visto in giro. Sicuramente mi hai<br />

visto nella tua televisione scassata Wal-Mart quattordici pol-<br />

15


lici del cazzo. Mi chiamo T-Bone, si, quel T-Bone, e questo<br />

signorino nero accanto a me è Fat Hustla”.<br />

”Signorino” aveva riso l’altro in un lampo di denti aguzzi e<br />

bianchissimi nel buio della stanza.<br />

T-Bone e Fat Hustla? Checcazzo?<br />

Lewis William “T-Bone”Jenkins e Clarence “Fat Hustla”<br />

Brown erano rispettivamente produttore e rapper più in vista<br />

del momento, con un tir di album multiplatino alle spalle e<br />

tutto il pianeta ai loro piedi.<br />

Lì? Da lui?<br />

Non so, c’è anche Lady Gaga fuori nel corridoio a sto punto?<br />

Aveva messo a fuoco con gli occhi, con fatica. Si, questi due<br />

gelidi stronzi di cane assomigliavano davvero a quei due<br />

stronzi in tv.<br />

”Lo so che è difficile crederlo, man, ma siamo proprio noi. E<br />

abbiamo una proposta, per così dire, per te”.<br />

Si era allontanato da Fat Hustla, passeggi<strong>and</strong>o nella stanza.<br />

”Tu sei il fondo dell’umanità, man. La merda della nostra<br />

civiltà, il punto culturale più basso del ventunesimo secolo”<br />

sorrise. “Sei violento, ignorante, falso, rozzo, fai lo spaccino<br />

da due soldi ed al massimo saprai leggere solo i nomi dei<br />

presidenti morti sulle banconote. Scommetto che sei stonato<br />

come una campana ed hai il senso del ritmo di un bianco.<br />

Anzi, sei persino più zoppo di noi bianchi”. Sorrise.<br />

”Sei qui che stai morendo come un hamburger in attesa della<br />

griglia, e, visto che nessuno ha cazzi di pagarti il conto,<br />

creperai come un cane appena i quattro soldi del sussidio<br />

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governativo finiranno, a dispetto della tanto sb<strong>and</strong>ierata sanità<br />

pubblica”. Sempre seduto in silenzio dietro di lui, Fat<br />

Hustla si accese uno spliff, che aspirò con calma, ignor<strong>and</strong>o<br />

qualsiasi legge ed educazione. Con arroganza sbuffò il fumo<br />

verso Leeroy, che tossì. “Tò, divertiti”, rise.<br />

“Oppure” continuò T-Bone ignor<strong>and</strong>o il fumo “se la tua pellaccia<br />

è abbastanza forte da farti uscire di qua storpio e senza<br />

un futuro, appena metterai piede fuori di qui gli stessi che<br />

ti hanno ridotto ad un colabrodo vorranno finire il lavoro,<br />

man” sorrise “Sono gente precisa” sussurrò annuendo “pr<strong>of</strong>essionisti<br />

seri”.<br />

L’aria che passava attraverso i tubini era un piccolo doloroso<br />

flauto che riempiva le pause teatrali del diavolo bianco.<br />

”Al sodo” disse spingendo in fuori le labbra, quasi a prendere<br />

la rincorsa “La mia proposta è questa, man, e la devo prendere<br />

un po’ alla larga” sogghignò.<br />

“Persino tu sai chi era Tupac Shakur, il rapper, e so che sai<br />

che prima che lo ammazzassero aveva registrato decine di<br />

canzoni inedite, vendute dai suoi produttori a caro prezzo<br />

per oltre un decennio”<br />

Passò le dita su uno dei tubini che gli solcavano il petto, tamburell<strong>and</strong>olo<br />

appena come per verificarne il flusso.<br />

“E tu sai anche che la tua aspettativa di vita è ridicola, e sei<br />

destinato a vivere di espedienti finché camperai questa vita<br />

di merda. Ed ammesso e non concesso che oggi tu sopravviva,<br />

quello che ti resta da scontare su questa terra saranno un<br />

numero imprecisato di anni di dolore e di miseria con cui<br />

combattere”.<br />

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“Invece io, che forse proprio un diavolo non sono, voglio farti<br />

una proposta, man, un regalo che non hai fatto nulla per<br />

meritare”. Sorrise, volt<strong>and</strong>osi appena verso il compare che<br />

stava butt<strong>and</strong>o la cenere per terra.<br />

“Io ti regalo ancora un anno di vita, uno solo. Te lo compro,<br />

letteralmente. Tipo una vita extra nei videogiochi, negro. E<br />

sai perché te lo compro, negro? Perché sei scarso, perché sei<br />

la merda: non sai ballare, non sai cantare, niente. E la mia, e<br />

la nostra scommessa è che faremo di te - pag<strong>and</strong>o, brig<strong>and</strong>o,<br />

corrompendo i media e i giornalisti - una superstar planetaria,<br />

talento o no. Perché il talento non conta un cazzo, se sai<br />

vendere”.<br />

“In questo anno, tu diventerai, grazie ai nostri enormi mezzi<br />

ed al nostro spam selvaggio, il più famoso rapper del pianeta<br />

Terra: avrai soldi più di quanti ne riuscirai a spendere, figa,<br />

premi, featuring di lusso, copertine di giornali, show televisivi.<br />

Il meglio che il pianeta terra possa <strong>of</strong>frire al suo figlio<br />

peggiore. Tutto il cazzo che ti pare, e più di quanto tu possa<br />

immaginare. E registrerai, registrerai, registrerai”.<br />

Distese i muscoli del volto. Inclinò la testa di lato di nuovo.<br />

“Dopo un anno o giù di lì, man, ti farò ammazzare. Pensa,<br />

se sai cosa vuol dire questa parola. Pensa”.<br />

Fat Hustla ridacchiò piano, come un ringhio leggero.<br />

“Diventerai un martire come Tupac o Biggie, man. Un anno<br />

intero di splendore, man, tutto tuo. Non molti hanno questa<br />

opportunità, man. No scusa, mi correggo. NESSUNO ha<br />

18


questa opportunità man. Tranne te. Da spacciatore del cazzo<br />

a superstar mondiale, man”.<br />

Si fermò, guard<strong>and</strong>olo inespressivo, come se non avesse mai<br />

sorriso in vita sua.<br />

Leeroy combatteva contro il dolore. E forse svenne per un<br />

istante, forse no, ma riuscì a grattare via dalla sua gola una<br />

parola aspra.<br />

”Perché?”<br />

”Perché trovare un altro Tupac è difficile, forse impossibile;<br />

un artista vero con vero talento non lo trovi dappertutto,<br />

come è difficile mantenere la popolarità di un artista stabile<br />

nel tempo. Con chi muore, è più facile. Costruire con un<br />

team un’immagine attorno ad uno qualsiasi è più facile, non<br />

hai cazzate di ego artistico su cui perdere tempo. Tu sei una<br />

merda, LO SAI, e se abbai ti ammazzo prima del tempo”.<br />

Il sorriso era riapparso, ma non era per niente rassicurante<br />

“Ed io voglio fare soldi da te, tanti TANTI soldi da te che sei<br />

tanto qualsiasi, voglio fare da cash con te, voglio avere il mio<br />

Tupac da far crepare e da mungere all’infinito”.<br />

La sua era un forno.<br />

Gli sembrava tutto una grossa stronzata. Ma tra morire da<br />

ricco e morire comunque, checcazzo. Magari sono già morto<br />

e non lo so. Amen. Haha.<br />

T-Bone sembrò leggere il suo pensiero:<br />

”Puoi svenire ancora per un po’ se vuoi”. Fat Hustla ridacchiò<br />

dall’altro capo della stanza, fuori dal suo campo visivo<br />

19


“ma guarda che questi non sono treni che passano spesso.<br />

Anzi, in genere non passano mai”.<br />

M<strong>and</strong>ò giù il sangue, si schiarì la gola, e ci riprovò. ”Rapper”<br />

disse, prendendosi la soddisfazione di una risatina dolorosa<br />

“perché no”.<br />

I due si guardarono. Fat Hustla si alzò dalla sedia, ondeggi<strong>and</strong>o<br />

appena. Con la sua celebre voce pastosa disse serafico:<br />

“Leeroy Washington muore qui comunque, man. Muore<br />

ora, e rinasce grazie a noi. E io e lui” disse appoggi<strong>and</strong>o una<br />

mano sulla spalla di T-Bone “ti partoriamo. Ti ridiamo la<br />

luce come <strong>DaCa$h</strong>, rapper extraordinàire, col simbolo del<br />

dollaro al posto della S”.<br />

”Bleah” tossì. “Che merda”<br />

”Oh, beh, l’ha studiato il marketing, come hanno studiato<br />

tutto il piano, in fondo. E poi loghi e magliette sono già in<br />

produzione”<br />

Stava per svenire di nuovo; tossì un roco: “se non dicevo di<br />

si?”.<br />

T-Bone lo guardò quasi <strong>of</strong>feso: “E sticazzi se non dicevi di<br />

si, coglione. Se non avessi detto di sì tu, c’è sempre un altro<br />

spacciatore o barbone o puttana spaccata dal crack da raccattare<br />

in fondo al cesso ad ogni momento della giornata. Uno<br />

vale l’altro. Ora svieni pure, coglione”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> accettò il consiglio senza un attimo di esitazione.<br />

20


02. Fuori<br />

Ronzii.<br />

Ronzii e non vedere proprio un bel cazzo di niente. Imbacuccato<br />

come un cadavere. Un nero nel sacco nero dell’obitorio.<br />

Nonsisachi nonsisaquanti lo afferrano di peso verso altrove.<br />

Non è un sogno. È un sogno? Freddo sulla pelle. Ascolta. Sei<br />

fuori, non stai sogn<strong>and</strong>o. Fuori?<br />

Cinghie addosso, ambulanza. Aereo. Aereo? Forse è un sogno.<br />

No, non stai sogn<strong>and</strong>o. Sei morto? È il diavolo?<br />

Non sei morto, Leeroy.<br />

No, sei morto, Leeroy. Sei Daca$h.<br />

Nero.<br />

03. Lugano, Svizzera.<br />

Un mese dopo è un futuro gelido e non previsto, fastidiosamente<br />

immacolato, dal design elegante ed alieno.<br />

Luce.<br />

La palestra era luminosa ed asettica, uno stanzone largo<br />

come un campo da tennis con gr<strong>and</strong>i vetrate sul lago, pieno<br />

di infermiere più che scopabili, anche se non particolarmente<br />

disponibili per un fisioterapico suegiù. <strong>DaCa$h</strong> correva su<br />

un tapis roulant con il minimo sforzo possibile, rimesso a<br />

nuovo dal chirurgo che gli aveva piallato la faccia inespressiva<br />

da pusher, allargato gli occhi, ristretto il nasone a padella,<br />

tonificato i muscoli e, curiosamente, dietro richiesta di Fat<br />

Hustla, evidenziato le cicatrici dei proiettili “perché fa più<br />

21


hardcore”.<br />

Qu<strong>and</strong>o gli capitava di guardarsi allo specchio non stentava<br />

a credere che Leeroy Washington fosse schiattato davvero, e<br />

lui fosse un qualche lontano cugino homo del cazzo che non<br />

conosceva.<br />

Oddio, brutto è un’altra cosa. Non era un cesso, anzi, era più<br />

figo di prima, nel senso frocio del termine.<br />

Il dottore accanto a lui osservava una cartellina ed ogni tanto<br />

lo guardava mentre correva con un sorrisino ebete. Mezzo<br />

frocio. Cazzo vuoi.<br />

”Basta così” disse questi, premendo un pulsante sul touchscreen<br />

della macchina e facendo rallentare il tapis roulant.<br />

<strong>DaCa$h</strong> prese l’asciugamano dalla testiera della macchina e<br />

si asciugò il torso nudo.<br />

”Ho finito?”<br />

”Non hai finito un cazzo, negro” gridò una voce roca dietro<br />

di sé incrin<strong>and</strong>o il momento di svizzera perfezione.<br />

”Merda...” si sedette sul rullo prendendosi la testa tra le mani.<br />

Wysdom era arrivato.<br />

L’<strong>and</strong>atura un po’ g<strong>of</strong>fa e i capelli nevicati dagli anni stridevano<br />

con il suo sguardo spiritato e penetrante, ma Wysdom<br />

aveva un suo carisma tuttora indiscutibile: un bel carattere<br />

energico ed aspro, capace di tagliarti verbalmente a fette in<br />

un istante. Prerogativa dei migliori MC. E Wysdom era stato<br />

un mc coi controcazzi, una volta, nella seconda metà degli<br />

anni ottanta, aveva un suo disco da qualche parte, o l’aveva<br />

perso, cazzoneso, ma il suo gruppo era <strong>and</strong>ato in merda per<br />

non so che scazzi di soldi e lui non aveva avuto la forza ed i<br />

22


coglioni di tirare avanti nella scena.<br />

”Zitto, vieni con me, coglione”.<br />

”Io...”<br />

“Trascina il tuo culo fino di là, negro. Poche cazzate”.<br />

Gettò con malagrazia l’asciugamano di nuovo sul tapis roulant<br />

e trascin<strong>and</strong>o i piedi lo seguì in un’altra stanza, anche<br />

questa prevedibilmente luminosa, anche questa inevitabilmente<br />

svizzera.<br />

Wysdom era il suo insegnante, gli dava lezioni. Lezioni di<br />

flow.<br />

Daca$h doveva cantare centinaia di pezzi. Ma pezzi scritti da<br />

altri, mica roba sua, che da quella sua testa zarra non sarebbe<br />

mai uscito niente. Pezzi anche fighi, eh, molto energici, pieni<br />

di robe violente e contro froci, troie, bianchi, robe.<br />

Le uniche cose davvero importanti erano quindi la sua intonazione,<br />

la sua espressività, il suo crederci. E Wysdom doveva<br />

insegnargli proprio questo: a crederci, a metterci il cuore. E ce<br />

l’aveva davvero dura, eh, perché <strong>DaCa$h</strong> era tanto ignorante,<br />

va detto, però in compenso era tanto stupido.<br />

”Cazzo, man, lasciami riposare un po’, sai che…”<br />

”Non ti devo ricordare niente, vero?” Con un dito gli stava<br />

premendo contro uno dei fori. “Niente, vero?”<br />

<strong>DaCa$h</strong> scosse la testa con rassegnazione. L’altro lo guardò<br />

gelido.<br />

”Che fatica, oh...”<br />

”Man, questa è l’ultima volta che ti ripeto la tiritera. L’ultima.<br />

Poi ti faccio ributtare nel cesso nel quale galleggiavi. Fai schifo<br />

al cazzo e devi registrare. E io ti devo fare lavorare perché<br />

23


abbiamo poco tempo”.<br />

”Poco tempo, cazzo oh... poco tempo è un’altra cosa...”.<br />

“Veloce di là, basta frigne che c’è da lavorare. Ti devo presentare<br />

una persona”.<br />

Cazzo, un altro stilista frocio. Andiamo bene.<br />

Nella stanza accanto un nero alto, elegantissimo, in piedi,<br />

sembrava una statuetta africana. Versato dentro un completo<br />

Armani color zabaione, sembrava uscito paro paro da una<br />

rivista di moda per elegantoni o un circolo di massoni illuminati<br />

o bancari di Wall Street. Roba da ricchi veri. Aveva<br />

occhiali Gucci con montatura d’oro, e la sua testa era rasata<br />

alla perfezione.<br />

<strong>DaCa$h</strong> si avvicinò con la sua <strong>and</strong>atura scimmiesca, oscillante.<br />

”Gesù” disse l’elegantone in una risatina ironica senza nemmeno<br />

far finta di nascondere il suo disprezzo “sarebbe questo?”<br />

<strong>DaCa$h</strong> lo squadrò con il suo migliore sguardo ostile, che<br />

l’altro ignorò.<br />

Wysdom si girò verso di lui: ”Amico, questo fichetto qua è<br />

Big P, la tua spalla”.<br />

Big P gli tese una mano rigida che non strinse se non in un<br />

gesto puramente formale, gesto che <strong>DaCa$h</strong> replicò con altrettanta<br />

malagrazia.<br />

”Henry Roberts”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> si trincerò dietro uno sbuffo di circostanza.<br />

”Ora farete un po’ di allenamento insieme: dovete dare l’impressione<br />

di esserci dietro da una vita e conoscervi da due”.<br />

24


”Yeah, certo. Dai, fighetto, fammi sentire cosa sai fare” lo<br />

provocò.<br />

Il beat partì, un terremoto di casse gonfie e di rullanti in<br />

ritardo.<br />

Big P sorrise. A Daca$h tutti sti sorrisi stavano sul cazzo,<br />

ultimamente.<br />

Dopo un’ora il suo ego era nella pattumiera.<br />

Big P spaccava, e laddove lui era scarso come tecnica, stile,<br />

metrica e flow, in tutto, cazzo oh, Big P aveva tutto questo e<br />

molto di più. Spaccava e basta, dai.<br />

Era <strong>and</strong>ato a pisciare, appoggi<strong>and</strong>o le mani sulla parete e<br />

mugugn<strong>and</strong>o tra sé e sé.<br />

Se Wysdom era bravo, Big P l’aveva fatto a pezzi.<br />

Doveva davvero mettersi a prendere la cosa sul serio. Fosse<br />

stato anche solo per spaccare il culo quel coglione.<br />

Una volta non gliene sarebbe fregato un cazzo.<br />

Certo, una volta gli avrebbe sparato. Tanto più facile.<br />

Ma sparare è un’altra cosa.<br />

”Lo scimmione è negato” Big P era sconsolato “uno scarso<br />

mai visto, impressionante”.<br />

”Ti hanno già detto, vero?”<br />

”Sì. Mi hanno già detto”.<br />

”A me questa cosa fa ribrezzo, te lo dico. Sarà un povero stupido,<br />

ma a me questa cosa non piace” ribadì Wysdom.<br />

”Cazzi suoi, ha fatto la sua scelta”.<br />

”A te non te ne frega proprio niente, vero? Tu sai che dopo la<br />

tua carriera sarà lanciata e non avrai più bisogno di lui, vero?”<br />

25


I denti c<strong>and</strong>idi di Big P luccicarono in sinistra coincidenza<br />

con i suoi occhiali d’oro, mentre distendeva le labbra in un<br />

sorriso famelico.<br />

04. Lugano, Svizzera, ancora e ancora<br />

Fare lo spaccino non era un mestiere complicato. Rischioso<br />

sì, ma non complicato di certo, niente mal di testa o robe<br />

difficili. Prendevi la merce in qualche posto di merda, la tagliavi<br />

con della merda, la vendevi a gente di merda solo per<br />

i loro soldi di merda. Una storia di merda, quindi. Niente di<br />

umanitario.<br />

Avevi delle pause, avevi dei momenti frenetici, ma per lo più<br />

era ok.<br />

Fare il rapper era un cazzo di mestiere, cazzo. Qu<strong>and</strong>o sentiva<br />

i suoi negri preferiti in televisione pensava che fossero<br />

quattro scemi a caso che cagavano due rime. Che facevano<br />

gli scimmioni su un beat, a parlare di puttane e coca e robe,<br />

così tanto per fare i cazzoni e non lavorare.<br />

Balle.<br />

Fare il rapper “famoso” era dura. Un mestiere tosto, davvero.<br />

Aveva un team di frocetti zelanti ed efficienti che lo circondava,<br />

lo vestiva, lo svestiva, lo mangiava e lo beveva ogni<br />

giorno, non gli dava respiro, non gli dava un cazzo di tempo.<br />

Lo misuravano, palpavano, annusavano, gli facevano fotografie,<br />

lo tenevano piantato su un pannello di plexiglass con<br />

un ago e lo guardavano sbattere le ali mentre combatteva<br />

coi vapori di formalina: ogni mattina allenamenti, flow, allenamenti,<br />

routines di danza e di portamento, fotografie, gli<br />

26


facevano sentire centinaia di beats ogni giorno, dove c’era già<br />

qualcuno che aveva cantato, e lui doveva ripetere le parole,<br />

col fonico imbottito di valium per non spaccargli la faccia<br />

perché troppo scarso.<br />

I primi risultati: tragedia; per una str<strong>of</strong>a ci volevano trenta,<br />

quaranta, sessanta, cento takes, no, hai sbagliato, rifai, cazzo,<br />

sei uno scarso di merda, ed un lavoro di oreficeria digitale<br />

per cucirle in qualcosa di senso compiuto. Fonici impassibili<br />

sotto la regia distante di T-Bone registravano, filtravano, effettavano,<br />

comprimevano e strizzavano quella sua voce zarra<br />

e sgraziata tra un boom ed un cha, fino a farla sembrare quasi<br />

accettabile, tutto il giorno in studio con Big P che più lo<br />

conosceva e più gli stava sulle palle, niente, quel negro proprio<br />

non ce la faceva a pigliarlo a genio. E secondo Wysdom<br />

dovevano diventare tutt’uno, tant’è vero che gli facevano fare<br />

giochini teatrali per imparare a pigliarsi a tempo. A volte venivano,<br />

a volte no. Diciamo spesso no. Voi mi capite.<br />

Certo le puttane, la coca, i soldi - da lontano - li intravedeva<br />

eccome. Ma erano parte della scena, teatrino per gli scemi.<br />

Figata è un’altra cosa.<br />

T-Bone ogni tanto parlava via skype con Wysdom, se ne stava<br />

col culo caldo a LA, non tra queste montagne di neve del<br />

cazzo, con nient’altro che lavoro da fare.<br />

Le canzoni avevano nomi improbabili e spacconi tipo<br />

“(You’re just a) Ghetto victim”, “P.I.M.P. Violence”, “Your<br />

friendly rapist”, “Music to fuck with”, “No Homo Allowed”<br />

e robette del genere. Roba da bianchi che vogliono ascoltare<br />

neri che accontentano l’immaginario scarso dei bianchi.<br />

Certi pezzi erano davvero fichi, spaccavano altri boh, altri x.<br />

27


Boom boom bap tutto il santo fottuto giorno del cazzo. Una<br />

testa come un secchio alla fine di ogni giornata, fino alla<br />

telefonata, mentre era steso e ripassava in quanto non aveva<br />

un cazzo d’altro da fare.<br />

“Man?”<br />

“Chi cazzo?”<br />

“Mi piace il tuo stile, bwoy. Sono T-Bone”.<br />

“Bravo. Allora?”<br />

“Allora ancora un po’ di esercizio e fai uscire il tuo culo da<br />

lì”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> si tirò su a sedere sul letto.<br />

“Man, dai cazzo, è ora. Mi sono rotto i coglioni. Tutto il<br />

giorno...”<br />

“Yo” lo interruppe l’altro secco, con il tono da padrone. “Mi<br />

ha detto Wysdom che hai finito quasi la preparazione quindi<br />

in settimana rimetti il culo sull’aereo e torni negli States.<br />

Prenditi un paio di giorni di scazzo lì in Svizzera e poi torna<br />

a casa, Lassie: il tuo padrone ha un osso succulento per te”.<br />

Gli chiuse il telefono in faccia - non l’aveva fatto ridere nemmeno<br />

per il cazzo.<br />

05. Lugano, Svizzera, ultimo giorno<br />

Chiamare sole quella roba gialla appesa nel cielo era un po’<br />

troppa roba. Sole è un’altra roba.<br />

Era salito su una fighissima Mercedes SLK Coupè come<br />

quelle dei video a fianco di Wysdom che guidava. L’aria era<br />

fredda anche se era la merdosa primavera ed il vento gli sbat-<br />

28


teva in faccia gel<strong>and</strong>olo; da qu<strong>and</strong>o gli avevano ristretto il<br />

naso respirava peggio, secondo lui, ma un frocio-chirurgo gli<br />

diceva che erano cazzate.<br />

Costeggiarono il lago; era bello, e pieno di fiori, esticazzi, ed<br />

il sole si rifletteva sull’acqua.<br />

Sì, doveva ammettere, era bello.<br />

Scivolarono agilmente attraverso il traffico della città:<br />

Wysdom guidava con lo stesso flow fluido con il quale rappava,<br />

e l’aria non era tanto inquinata, si stava bene. Wys gli<br />

aveva fatto la grazia di non mettere musica nello stereo, almeno<br />

lì.<br />

“Wys?”<br />

“Yeah, negro, dimmi”.<br />

“Mi stai port<strong>and</strong>o a fare pipì o cosa?”<br />

Wysdom sorrise dietro occhiali a specchio che gli stavano<br />

male. Un sorriso sincero, però, stavolta. Persino divertito.<br />

“Yeah, diciamo più o cosa, tipo” disse, guard<strong>and</strong>o avanti<br />

mentre continuava a guidare.<br />

“Allora?”<br />

“Non essere impaziente, man, ci siamo”.<br />

Erano sul lungolago, in centro, e con perizia Wys parcheggiò<br />

tra due auto crucche piuttosto stilose.<br />

Si chiusero le portiere alle spalle e Wys partì zoppic<strong>and</strong>o in<br />

avanti verso un condominio di ricchi.<br />

Un portiere bianco con due baffetti ed una testa tonda li<br />

guardò passare, indifferenza ed un po’ di astio nel guardare<br />

sti due neri.<br />

Wys fece scivolare una banconota sul bancone, senza guardarlo,<br />

e passò oltre. Quello la prese sfil<strong>and</strong>ola via veloce come<br />

29


se stesse gett<strong>and</strong>o una cartaccia.<br />

<strong>DaCa$h</strong> lo seguì continu<strong>and</strong>o a fissare mr.Baffetti Culo<br />

con la sua solita aria spaccona. Si infilarono in silenzio in un<br />

ascensore in ferro battuto in uno stile pieno di robe (“liberty”,<br />

gli avrebbe detto Wys se glie l’avesse chiesto). L’ascensore<br />

scorreggiò appena mentre salivano al sesto piano. Restarono<br />

in silenzio per tutto il tragitto, Wys che guardava dinanzi a<br />

sé, imperscrutabile dietro gli occhiali, e lui che si guardava le<br />

scarpe di marca, fighe.<br />

Le porte si aprirono verso un corridoio luminoso e spazioso.<br />

Wys suonò un campanello che fece il più old school dei din<br />

don.<br />

Aprì un GRAN pezzo di fica, vestita davvero poco, dietro<br />

di sé una stanza rivestita di velluto rosso con arabeschi. Altre<br />

granfiche dietro che camminavano e ridevano.<br />

“È lui?” disse granfica a Wys riserv<strong>and</strong>o a <strong>DaCa$h</strong> uno<br />

sguardo non privo di sarcasmo.<br />

“Yeah” rispose piatto l’altro, gir<strong>and</strong>osi verso di lui che non<br />

staccava lo sguardo dalla scollatura di granfica.<br />

“Oh beh” disse lei “è lavoro. Poteva <strong>and</strong>are peggio, dai. Non<br />

è brutto”.<br />

“Da bravo, man” gli disse paterno e un po’ seccato “fai o<br />

cosa, passo a prenderti domani mattina”.<br />

Mentre granfica chiudeva Wysdom fuori dal paradiso delle<br />

calde morbidezze <strong>DaCa$h</strong> non potè non notare un gorilla<br />

enorme, calvo e bianco con occhiali neri e testa quadrata che<br />

si metteva a guardia della porta. Per non fare entrare ospiti<br />

indesiderati, o far uscire rappers con strane idee di scappare.<br />

30


Entrò in una camera pr<strong>of</strong>umatissima, deciso quantomeno a<br />

far strada ad un po’ di ormoni fermi lì da un po’.<br />

Senza parlare, e con consumata grazia, granfica iniziò uno<br />

strip super sexy, mentre una musica a lui nota si faceva strada<br />

in sott<strong>of</strong>ondo. Oh, no.<br />

06. Atlantico settentrionale, dalle parti<br />

dell’Isl<strong>and</strong>a, diecimila metri di quota<br />

Le hostess non erano fighe nemmeno per il cazzo. Erano<br />

tipe normali, gentili ma niente di che. Niente roba da video.<br />

Quante cazzate che si vedono nei video, oh. Fighe è proprio<br />

un’altra roba.<br />

L’aereo era un qualunque charter pieno di sudati coi televisorini<br />

che ti fanno vedere il mappamondo e l’aereoplanino<br />

disegnato al computer; Wys, che lo accompagnava insieme a<br />

Big P gli aveva preannunciato che quello sarebbe stato il suo<br />

ultimo viaggio su un aereo pubblico, visto che ogni viaggio<br />

successivo avrebbe avuto orde di fan ad accalcarsi uno sull’altro<br />

contendendosi un frammento del loro idolo. “Goditela<br />

finché dura” gli disse.<br />

Mmh, grazie del promemoria. Stronzo.<br />

Per contro, per contro era in prima classe come i verissimi,<br />

bello largo, con un whiskino gradevole a scorrergli in gola,<br />

accontentato come un Papa nei suoi vestiti alla moda.<br />

Gli risuccesse, in bagno. Aprendo la porta e trov<strong>and</strong>osi uno<br />

sconosciuto davanti grugnì uno “Scusa”, prima di accorgersi<br />

31


che era lo specchio.<br />

Big P e Wysdom non erano gr<strong>and</strong>i conversatori casuali. Tra<br />

di loro parlavano tantissimo, di musica, beats, flow, metriche,<br />

cazzi, eccetera. E lui ne aveva le palle piene, e nemmeno<br />

granché da dir loro, in fondo. Chiese se poteva chiamare sua<br />

sorella dall’aereo, era tanto che non la sentiva; costava un<br />

capitale, ma sticazzi, non pagava lui, pagava T-Bone.<br />

Gli altri annuirono pur di levarselo dai coglioni. Chiamò sua<br />

sorella Chevelle. Non che gliene fregasse tanto: dalla morte<br />

della vecchia si erano sentiti poco, ma meglio che niente.<br />

“Chev?”<br />

“Chi cazz... Leeroy?”<br />

Disabituato a sentirsi chiamare col suo nome, <strong>DaCa$h</strong> ci<br />

mise un attimo a realizzare.<br />

“Yeah, hey, allora...”<br />

“Dove cazzo sei, Lee? Non ti fai vivo da due mesi! Che maniera<br />

è questa di trattare tua sorella?” partì quella, furibonda<br />

come un uragano.<br />

“Beh, io...”<br />

Chevelle non lo lasciò parlare.<br />

“Beh, che cazzo, signorino: prendi, sparisci, richiami, ti metti<br />

nei casini, e ti rifai vivo come se niente fosse. E la povera<br />

zia Shaquonda? Non ci pensi alla povera zia Shaquonda del<br />

cazzo?”<br />

“Cazzo, Chev, io...”<br />

“No, sentiamo allora, dove cazzo sei stato, cazzo? Pensi di<br />

sparire così, alla buona, con i tuoi amici perditempo spaccia-<br />

32


tori? La povera zia Shaq...”<br />

“Cheeeev, ascolta...”<br />

“Aaaah no io ti ho già ascoltato per troppo tempo, troppo,<br />

TROPPO tempo Leeroy T. Washington! Eh no, io ora penso<br />

che tu dovresti solamente...”<br />

“CHEEEEEV!” gridò forte <strong>DaCa$h</strong> nella cornetta prima di<br />

cominciare a sbatterla forte contro il pianale dell’aereo, più e<br />

più volte fino a che dei pezzi non ne volarono via.<br />

Si fermò: Wys e Big P lo guardavano silenziosi, con una vaga<br />

aria di compassione nei loro occhi.<br />

“Porcatroia, è proprio stupido” disse Big P.<br />

Si rigirarono riprendendo ad immergersi nei loro discorsi di<br />

flow, e beats, e cazzs.<br />

Tentò di appoggiare con pochi g<strong>of</strong>fi risultati il telefono di<br />

nuovo nella sua posizione originaria. Si risedette comodo:<br />

dopo la telefonata con sua sorella persino i loro discorsi sembravano<br />

meglio che niente: azzardò uno o due interventi,<br />

ottenendone solo un paio di sguardi di compatimento. Minchia<br />

se sapevano farlo sentire un povero sfigato.<br />

07. Los Angeles - aereoporto internazionale<br />

Era lì davanti a lui, in mezzo a tutto il plasticame aeroportuale.<br />

“Sei arrivato, man” gli disse T-Bone con il solito sorriso innaturale<br />

che avrebbe voluto non ricordare<br />

“Già. Quindi? Cosa si fa?” lo incalzò pratico <strong>DaCa$h</strong><br />

33


“Si inizia, ecco cosa si fa”. Gli dette una pacca sulla spalla,<br />

con l’affetto che si mostra ai meno fortunati.<br />

08. Radio FOMF - Los Angeles, stesso<br />

istante<br />

Steve Leschewski era un veterano tra i dj radi<strong>of</strong>onici; e come<br />

tutti i veri pro aveva sviluppato una salvifica quanto inattaccabile<br />

scorza di teflon per campare in mezzo a tutto il casino<br />

che lo attorniava: con centinaia di canzoni al giorno, spesso<br />

bruttissime, spintegli addosso da volenterosi, rumorosi, invadenti<br />

dilettanti il suo interesse verso l’umanità svaniva ogni<br />

giorno di più. Era però sempre rimasto sensibile di fronte a<br />

certi argomenti. Ad esempio, il mazzetto di banconote da<br />

cento che Fat Hustla gli stava allung<strong>and</strong>o era un argomento<br />

TERRIBILMENTE sensibile, sensibilissimo: quasi diecimila<br />

poeticissime ragioni per versare genuine e sincere lacrime<br />

di commozione di fronte ad una canzone-capolavoro che<br />

non aveva ancora sentito, tipo.<br />

“Chiaro, no?”<br />

Steve prese il mazzetto, famelico come un drogato a rota. Lo<br />

fece sparire in una tasca, rapido.<br />

“Sì, certo. Fammi sentire, magari anche”.<br />

“Hai bisogno di sentire il pezzo? Davvero?” ridacchiò l’altro<br />

“dovevo pagarti di più, cazzo”.<br />

“Pro forma, dai”.<br />

Fat Hustla gli porse un CD masterizzato. “Ho solo la preview<br />

per ora”.<br />

“Bene”.<br />

34


“Non è mixato del tutto, eh. Va fatto ancora il mastering”.<br />

“Sciolto. So come funziona” si girò verso l’impianto “dovrei<br />

fare un cartello con scritto SO CHE NON È FINITO, SO<br />

CHE NON È MIXATO, SO CHE NON È MASTERIZ-<br />

ZATO, SI È UNA BOMBA, DOV’È IL MIO BONIFI-<br />

CO?”. Risero entrambi. Infilò il cd in un lettore quasi demodé<br />

oramai, e premette un tasto play ben consumato. Il beat<br />

partì, con sopra il rappato sgraziato di <strong>DaCa$h</strong>. La canzone<br />

si chiama “Steal to the poor”, ruba ai più poveri per farti ricco.<br />

Fat Hustla guardava dritto Steve in silenzio, che ascoltava<br />

impassibile.<br />

“Uomo, posso darti un parere?” disse questi, dopo avere<br />

ascoltato un minuto con la fronte reclinata in avanti e gli<br />

occhi fissi dinanzi a sé come un pointer, concentrato nell’ascolto.<br />

“Non che cambi nulla, eh...”<br />

“Devi”.<br />

“Vorrei dirtelo in modo diplomatico, ma non so se c’è”. Inarcò<br />

le sopracciglia e lo guardò negli occhi.<br />

“Spara”.<br />

“Fa cagare. Senza <strong>of</strong>fesa, man, è veramente una merda”.<br />

Fat Hustla rise butt<strong>and</strong>o appena all’indietro la testa, e scoprendo<br />

la sua chiostra di dentoni bianchi immacolati.<br />

“Bingo!”<br />

“Mmm. Ti ha dato di volta il cervello, man?”<br />

“Lo so benissimo! Voglio dire: so che è una merda. “<br />

“E vuoi pompare sta roba? I soldi non sono miei, compare: a<br />

me va bene, ma non credo che funzionerà”.<br />

“Oh, funzionerà eccome, non aver paura” sorrise.<br />

“Man, onesto: sono le solite menate gangsta strapompate e<br />

35


‘sto tizio non sa cantare”.<br />

Fat Hustla ondeggiò appena la testa.<br />

“Beh, può darsi. Però alla gente ‘sta roba piace, lui è uno<br />

vero, uno della strada e la gente lo sente”.<br />

“Hm...”<br />

“E poi, su, è la cultura del club di ora no? Puttane, coca, auto<br />

di lusso, pellicce”.<br />

“Che palle. Cliché cliché cliché”.<br />

Fat Hustla fece spallucce sorridendo: “Non siamo noi a fare<br />

il mercato stavolta, lo seguiamo soltanto”.<br />

“Come dissero a Norimberga. Right. Guarda, ti ripeto, io te<br />

lo pompo da matti convinto come se fosse il mio fidanzatino,<br />

ma secondo me non va nemmeno per il cazzo”.<br />

“Come diceva Goebbels “Una bugia ripetuta tante volte diventa<br />

una verità, man”.<br />

“Non mi piace qu<strong>and</strong>o citi i nazisti; tecnicamente sarei<br />

ebreo, man”.<br />

“Oh, beh, dai, tecnicamente non è grave” si alzò, a sottolineare<br />

che il colloquio era chiuso. “Niente di personale. E poi<br />

comunque non è che i nazisti abbiano fatto solo ed esclusivamente<br />

merdate. Voglio dire: anche Hitler avrà fatto un<br />

ponte, no?”<br />

“Mah” chiosò Steve, impaziente di chiudere questa conversazione<br />

sgradevole, sfior<strong>and</strong>o appena le banconote nella tasca.<br />

36


09. Fat Recordings Company, Los Angeles,<br />

due giorni dopo<br />

Mentre stormi di camerieri in livrea cominciavano a riempire<br />

il buffet d’ordinanza che i giornalisti già occhieggiavano<br />

impazienti, Fat Hustla, T-Bone, Wysdom, Big P ed un agitatissimo<br />

<strong>DaCa$h</strong> entrarono nella stanza, sedendosi al tavolo<br />

della conferenza.<br />

T-Bone battè col dito due volte sul micr<strong>of</strong>ono. Sapeva che<br />

funzionava, ma era un gesto più scaramantico che altro.<br />

“Check check mi sentite?”<br />

Le prime file annuirono, mentre le telecamere dei network<br />

ronzavano inquadr<strong>and</strong>o un Daca$h infastidito dai flash dei<br />

fotografi. La gente che prima rumoreggiava cominciò a fare<br />

silenzio, lentamente. Tutti si sedettero, lo show iniziava.<br />

Si sentiva uno sfigato alla gara di spelling delle elementari.<br />

“Buongiorno signori” esordì T-Bone mentre qualcuno accennava<br />

un timido applauso “oggi siamo qui perché siamo<br />

fieri di presentarvi un artista che ancora prima di debuttare<br />

è già una star: non il solito arricchito o il rapper borghese in<br />

vestito di Gucci che sproloquia di Black Panthers. Con il suo<br />

passato da spacciatore e da criminale vero, non da operetta<br />

come noi-sappiamo-chi” fece un ammicco generico che<br />

poteva indicare tutti o nessuno “<strong>DaCa$h</strong> è l’espressione più<br />

vera e più pura della cultura afroamericana gangsta di questo<br />

secolo”.<br />

Qualcuno borbottò tra le fila: <strong>DaCa$h</strong> si sentiva come se<br />

stessero parl<strong>and</strong>o di un altro e la cosa non lo riguardasse, ed<br />

intanto ostentava senza sforzo tutta quella swag ammaestrata<br />

37


da ignorantone che faceva davvero gangsta. Sì, senza sforzo,<br />

ripeto.<br />

“Il primo album del nostro artista, “Money fer nuttin’”, è il<br />

frutto di uno sforzo produttivo e promozionale senza pari,<br />

che siamo certi voi comprenderete ed apprezzerete. Avete già<br />

ricevuto il disco e tutto il materiale promozionale per tempo<br />

e saremo pronti e disponibili a parlare con voi uno per uno se<br />

servirà a spingere questo nostro progetto. Come sapete già, la<br />

WMNF, la più importante radio di Los Angeles, la WFNY<br />

di New York, la NCAD di Detroit ed i social network tutti<br />

sono impazziti per la nostra star” gir<strong>and</strong>osi verso <strong>DaCa$h</strong><br />

con un sorrisetto malizioso la cui sinistra sfumatura fu colta<br />

solo a quelli al di qua del tavolo delle conferenze “e lo stanno<br />

pomp<strong>and</strong>o come matti. Siamo felici, perché ancora una volta<br />

la Fat Recs dimostra il suo fiuto nello scovare talenti pur in<br />

un mondo fatto di macchiette costruite a tavolino. “Money<br />

fer nuttin’” non solo ha featurings di artisti di levatura internazionale,<br />

e potete vedere quanti e quali sono - non sono qui<br />

per far pubblicità agli altri” risatina sommessa e telefonata<br />

dei giornalisti “ma delle canzoni che parlano dritto al cuore<br />

gansta della gente” (leggero brusio a silenziare ironia) “e sono<br />

già in preparazione SEI video, un DVD ed un Bluray per<br />

celebrare l’evento. <strong>DaCa$h</strong> tra le altre cose è uno degli artisti<br />

più prolifici con il quale io abbia mai avuto la fortuna di<br />

incontrare; da qu<strong>and</strong>o ha smesso di spacciare praticamente<br />

risiede nello studio e scrive quattro, cinque, sei hits al giorno.<br />

Di fatto questo album è già un Greatest hits”.<br />

Alcuni giornalisti applaudirono. Già foraggiati? Si chiese<br />

<strong>DaCa$h</strong> mentalmente. Dom<strong>and</strong>a scema. Bon scema si, ma<br />

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scema è un’altra cosa. Forse. Wys gli diede un calcetto sullo<br />

stinco: con un sussulto, si aggiustò gli occhiali: ora quegli<br />

occhiali neri da fichetto sarebbero diventati essenziali.<br />

“Dom<strong>and</strong>e?”<br />

Dalla prima fila si alzò un giornalista in panciotto sulla quarantina,<br />

piccolino, con una corona di capelli rossi ed il pizzo.<br />

“Amon Thunsday, Los Angeles <strong>Times</strong>. Possiamo fare dom<strong>and</strong>e<br />

a <strong>DaCa$h</strong>?”<br />

“Siamo qui apposta” sorrise T-Bone.<br />

“<strong>DaCa$h</strong>” disse il giornalista “sappiamo che lei ha un passato<br />

turbolento di droga, spaccio ed altre cose. Come mai ha<br />

cambiato così repentinamente la sua vita?”<br />

Gli occhiali di <strong>DaCa$h</strong> ebbero un baluginio interno che solo<br />

i suoi occhi poterono cogliere.<br />

Tra la folla dei giornalisti, in ultima fila, collegato con un wifi<br />

ai suoi occhiali c’era Bob Williamson, uno degli “scrittori” di<br />

<strong>DaCa$h</strong> che cominciò a digitare freneticamente, inosservato,<br />

su un portatile.<br />

<strong>DaCa$h</strong> cominciò a leggere le lettere che si formavano sui<br />

suoi occhiali, come gli era stato detto di fare.<br />

“Perché” cominciò esitante, col suo solito tono sgraziato “ho<br />

avuto una visione. Ho visto il mio corpo fluttuare sotto di<br />

me ed ho capito che stavo <strong>and</strong><strong>and</strong>o” (pausa di cambio riga)<br />

“da Dio. Ma Dio mi ha <strong>of</strong>ferto una seconda chance, e mi ha<br />

detto che” (pausa di cambio riga) “saaaaarei potuto tornare<br />

sulla Terra se avessi cantato la vita gangsta, per far capire<br />

cos’è davvero ai giovani”.<br />

Ce l’aveva fatta bene, come da copione. Sospirò piano.<br />

Un altro giornalista, più avanti negli anni, si alzò veloce dalla<br />

39


terza fila.<br />

“Nicholas Kelly, New York Post: Mi scusi, Dio le avrebbe<br />

detto di cantare la vita gangsta? Mi pare che nelle canzoni ci<br />

sia tutt’altro che un giudizio negativo sulla vita gangsta e mi<br />

riesce difficile credere che Dio le abbia chiesto di LODARE<br />

uno stile di vita immorale, sessista, violento e basato solo sul<br />

denaro!”<br />

“Fanculo...” imprecò piano <strong>DaCa$h</strong>; qu<strong>and</strong>o la frase si resettava<br />

il display degli occhiali dava un flash piuttosto fastidioso.<br />

Poi ricominciò a leggere.<br />

“Io sono uno strumento di Dio, non sta a me giudicare l’operato<br />

del mio Signore, cazzo”, il “cazzo” era una sua aggiunta<br />

spontanea, “io mi limito a descrivere il mio struggle, ciò che<br />

vedo, ciò che È; non sta a me ma a Dio dare giudizi morali;<br />

e poi come (pausa di cambio riga) potrei parlare male della<br />

mia gente? Io non bacio il Dio che venero per segnalarlo agli<br />

assassini”.<br />

Mormorii di approvazione dalla folla dei giornalisti.<br />

“Lei uno strumento di Dio? Mi pare impegnativo da credere!<br />

Con canzoni come le sue mi pare più facile pensare a lei<br />

come uno strumento del demonio!”<br />

Williamson era velocissimo, e <strong>DaCa$h</strong> faceva fatica a stargli<br />

dietro per quanto veloce scriveva. “Il demonio è chi critica,<br />

chi giudica, chi punta il dito contro il suo fratello. Ancora,<br />

io vivo in (pausa di cambio riga) un mondo pieno di contraddizioni<br />

dove lei pensa di essere la verità, in un mondo<br />

di manich... damn... manichie... macheismi a me del tutto<br />

estranei. Io dipingo solo ciò che vedo”.<br />

“Ed ora signori, se non ci sono altre dom<strong>and</strong>e, il buffet!”<br />

40


disse Fat Hustla per tagliare corto. Il più era fatto, inutile<br />

tentare oltre la fortuna.<br />

I giornalisti si alzarono come locuste e peggio di loro le solite<br />

orde di PR e di imboscati. Il buffet in istanti era il solito banchetto<br />

di iene a contendersi un cadavere.<br />

“Com’è <strong>and</strong>ata?” chiese <strong>DaCa$h</strong> a Big P.<br />

“Manicheismi, negro. Cazzo, non sai nemmeno leggere”.<br />

“... Vaffanculo”.<br />

“Ma stai zitto, stupido”<br />

10. Da qualche parte nel Queens, New<br />

York, mezz’ora dopo, in una stanza<br />

qualunque<br />

“Questa roba fa cagare” dice J-Bo, cerc<strong>and</strong>o di sovrastare il<br />

volume del blaster.<br />

“Fratello, che ti devo dire? Pure B-Real qu<strong>and</strong>o l’ho sentito<br />

per la prima volta mi faceva cagare con la vocetta a paperino<br />

e poi i Cypress Hill sono diventati uno dei miei gruppi preferiti.<br />

Boh? Fanculo - ‘sto tipo ha una voce un po’ di merda,<br />

ma anche Fifty ce l’ha, e questo fratello parla di cose troppo<br />

fiche. Cioè, l’hai sentito il pezzo dove racconta per filo e per<br />

segno come mena la sua donna?” risponde Izzy, con l’entusiasmo<br />

dei suoi quattordici anni.<br />

“Che palle” esclama J-Bo, che di anni ne ha diciotto e quindi<br />

è vecchio “a voi bimbiminkia piacciono ste troiate”<br />

“See, che palle un cazzo, man, è una figata. È OLTRE quello<br />

che c’è stato finora. Davvero. L’uomo ha stile. Poi cioè, spac-<br />

41


ca, cioè sarà una cazzata ma mi piaceva alla conferenza stampa...<br />

cioè dici robe intelligenti ma ti sfuggono le stronzate del<br />

ghetto perché sei uno vero, ‘sticazzi”.<br />

“Stai già parl<strong>and</strong>o come lui. Già lo imiti. Sei scarso oltre ogni<br />

immaginazione”<br />

“Oh, ‘sticazzi, non me ne frega un cazzo, come a lui non<br />

gliene frega un cazzo”.<br />

“Minchia se sei uno scarso”.<br />

J-Bo tace e lascia che i bassi facciano ancora un po’ i prepotenti<br />

nella stanza.<br />

“Boh, ammetto: il beat non è male, anzi. Però boh, come<br />

voce mi fa proprio cagare”.<br />

“Mi ha messaggiato Carlos proprio ora. Dice che spacca”.<br />

“Carlos non capisce un cazzo. Figuriamoci tu”.<br />

J-Bo lo guarda dal basso, e comincia a rollarsi una sigaretta.<br />

No, non è uno spliff.<br />

“Mah, vedrai che ti ci abitui” fa mentre gli occhi scendono<br />

sulla cicca.<br />

“Eh, è proprio quello che mi fa paura, che mi ci abitui, alla<br />

mmerda”.<br />

11. Una radio universitaria da qualche<br />

parte nella Bible belt<br />

“Che schifo, chi è ‘sto tipo?”<br />

“Sssh”, le intima l’altro che riaccende il micr<strong>of</strong>ono “... eeeee<br />

siamo di nuovo in onda sulla KWMY, e questo era <strong>DaCa$h</strong><br />

con “Beating my bitch”, il nuovo singolo spaccaclassifiche<br />

della Fat Recs.; beat massiccio per questo nuovo gangsta che<br />

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viene dal ghetto... ed ora ci spariamo... sì amici, avete capito<br />

bene... ci spariamo una bella barra pubblicitaria”.<br />

Con il medio clicca energicamente sulla barra di spazio del<br />

computer della regia mentre abbassa il fader del micr<strong>of</strong>ono e<br />

si toglie le cuffie.<br />

“Ha ha” fa lei sarcastica, sorridendo. È lì che se lo mangia<br />

con gli occhi, ma ci sta ancora gioc<strong>and</strong>o un po’ come il gatto<br />

col topo.<br />

“Cosa?”<br />

“La battuta, ci spariamo. Divertente. Una cosa molto ha ha”<br />

Lui la guarda. Non ha ancora deciso se le piace o meno, però<br />

tutte quelle attenzioni lo fanno sentire figo.<br />

“Beh, dovrò dire qualcosa... sono un deejay”.<br />

“No, non sei un deejay”.<br />

“Prego?”<br />

Lei si alza un po’, facendo oscillare studiatamente la compita<br />

gonnellina a pieghe.<br />

“Ma sì dai, un deejay vero non metterebbe mai ‘ste canzonacce”.<br />

“Ma che ti devo dire... a me non fa impazzire... però ora va<br />

‘sta roba”.<br />

“Bello schifo”.<br />

“Quello che vuoi. Però permettimi, mi piace fare lo schiaffo<br />

in faccia dei benpensanti e dei bigotti”.<br />

Lei si trattiene dal gongolare come può. Gli piace, e stasera si<br />

lascerà baciare. Sì sì. L’ha deciso.<br />

“Anzi guarda. Passo pure un’altro pezzo suo. To’!”<br />

Il pezzo si chiama “Homo shooting range” e parla di lui che<br />

fa il tiro al piattello coi froci. Roba di classe.<br />

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Mentre lui si gira a preparare il pezzo, lei pregusta qu<strong>and</strong>o le<br />

sue mani, stasera, le carezzeranno la nuca ed il collo.<br />

La musica riparte, e libera nell’etere i suoi semi velenosi. L’ignoranza<br />

è libera di viaggiare nel vento ad impollinare altre<br />

teste tramite la subdola persuasione delle note.<br />

12. Intervallo<br />

È in una villona sulle Hollywood Hills ora.<br />

Mi avete capito bene, Dusty Bill e tutti quanti. Ho detto<br />

Hollywood Hills. Sì, il cazzo di spaccino sfigato Leeroy è<br />

spaparanzato su un lettone c<strong>and</strong>ido bianco sulle Hollywood<br />

Hills, in una villa con piscina con l’aria confezionata che<br />

gli carezza il petto. Bella lì. Un momento perfetto, davvero.<br />

Molto “video di rap ricco”.<br />

Driiin<br />

Prende il cellulare. Non è il cellulare. Che cazzo è? Prende il<br />

telefono-patacca di finto oro accanto a sé, stile “Luigi 48°”.<br />

“Leeroy Washington del cazzo!”<br />

“Chevelle, cazzo” sgrana gli occhi “damn...”<br />

Chi le ha dato il numero?<br />

“Leeroy Washington del cazzo, rispondi! Sono tua sorella<br />

Chevelle!”<br />

“Chev…”<br />

“Hey, che POCO entusiasmo nella tua voce, negro! È così<br />

che tratti la tua sorella del cazzo? La tua amata sorellina Chevelle<br />

che ti ha fatto da madre e da sorella? Non solo da cazzo<br />

di sorella, no, proprio da MADRE e da SORELLA, figlio<br />

di PUTTANA!”<br />

44


“Chev, come hai avuto questo numero?”<br />

“Aaaah, ma lo so! Basta poco per scordarsi della madre e sorella<br />

e ‘sticazzi e per fare i vips del cazzo! Non è che serva<br />

molto, eh, vedo! Basta SOLO fare dei video alla televisione<br />

del cazzo e vendere un qualche cazzo di milioni di dischi del<br />

cazzo per…”<br />

“Cheeev… ascoltami”<br />

“EEEh, lo so, ora ti vergogni del cazzo di ghetto! Ora sei lì<br />

con tutte quelle puttane ciccione, che tra parentesi possono<br />

baciare il mio culone nero e ti sei scordato del tuo cazzo di…”<br />

“CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEV!!!”<br />

“Non alzare la voce con me, Leeroy Washington, cazzo! Se ti<br />

sentisse la povera zia Shaquonda del cazzo le spezzeresti quel<br />

cazzo di cuore ciccione del cazzo!”<br />

”CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE<br />

EEEEEEEEEEEEEEV!!!!!”<br />

<strong>DaCa$h</strong> sbatte con violenza la cornetta sul mobile in puro<br />

stile settecentesco di Hollywood fino a fracassarla. Continua<br />

a sbatterla con violenza fino a qu<strong>and</strong>o non si ritrova a guardare<br />

con due occhi pallatissimi un mozzicone di plastica tinta<br />

oro, ansim<strong>and</strong>o pesantemente.<br />

Si ridistende allung<strong>and</strong>o le mani accanto a sé come ad intimarsi<br />

la calma, piano, piano, lentamente, riguadagn<strong>and</strong>o il<br />

respiro.<br />

E due telefoni <strong>and</strong>ati. Meno male che sono pieno di soldi.<br />

13. <strong>The</strong> prime time <strong>of</strong> your life<br />

Le sirene della stradale ululano il loro canto predatore da<br />

45


qualche parte, trentacinque piani sotto al lussuoso l<strong>of</strong>t di<br />

Broadway. I cani del sabato sera sono in giro, famelici di divertimento<br />

e inconsapevolezza, giù per le strade. La festa è<br />

patinata ed ovattata, e ci sono un bel po’ di intellettuali a<br />

pigrare sui vari divani di pelle immacolata. Un proiettore attaccato<br />

ad uno stereo pompa fuori l’ultimo video di <strong>DaCa$h</strong><br />

dalla televisione mentre i variegati e singolari ospiti di questa<br />

festa tagliano e cuciono gli stili dei prossimi mesi come in un<br />

incontro di lotta libera verbale tra checche.<br />

All’angolo di sinistra, in parrucchino bianco tributo-warholiano<br />

abbiamo, circondato dalle sue coorti di perdigiorno e<br />

di modelle anoressico-slavate Ephrehem Bernardi, redattore<br />

di “Interview” e paladino dei radical-chic nuyoricani. All’angolo<br />

di destra, forte della sua stazza di oltre centotrenta chili<br />

per un metro e novantasei, col collo grosso e venato come il<br />

cazzo di un toro ed intento nel fagocitare un turbine tossico<br />

di patatine ed arachidi che gli scendono giù nel gargarozzo<br />

c’è Paul Michael Epstein, sanguigno opinionista del “Gotham<br />

Magazine”.<br />

La serata è noiosa e creativa come ogni serata di chi sia assuefatto<br />

al cuore pulsante di NY, e le schermaglie verbali restano<br />

sempre un’ottima maniera di svoltare qualche mezz’ora.<br />

Ephrehem e Paul Michael si conoscono da sempre, e si provocano<br />

continuamente in estenuanti duelli di opinione, alla<br />

sempiterna, vana ricerca di primeggiare sull’altro, sostenendo<br />

ogni volta la parte dell’avversario tant pour jouer.<br />

E basta solo un “chemmerdastodisco” grugnito da Paul Michael<br />

che a caso parte sommerso tra una manciata di salatini<br />

ed un grumo di olive che cadono nel gorgo della sua gola per<br />

46


far partire a spada tratta il nemico di ogni sera.<br />

“Che ha detto?” chiede etereo il Maestro, come ama autodefinirsi.<br />

Paul Michael finisce di spingere nelle proprie fauci il bolo di<br />

aperitivi ostili e sc<strong>and</strong>isce a voce alta, con studiata magniloquenza:<br />

“PER QUELLI DI VOI ANZIANI COME L’ATTEMPA-<br />

TO BERNARDI CHE NON CAPISCONO COSA STO<br />

DICENDO, IO, PAUL MICHAEL EPSTEIN, AFFER-<br />

MO CHE QUESTO DISCO È UNA MERDA”.<br />

Un tipo dall’aria mediorientale accanto ad Epstein ridacchi<strong>and</strong>o<br />

gli fa: “ma chi è che canta?”<br />

“Ma che ne cazzo ne so, neanche stavo ascolt<strong>and</strong>o” grufola<br />

Epstein ricominci<strong>and</strong>o a deglutire vagonate di salatini.<br />

Con studiata eleganza il Maestro alza il suo corpo c<strong>and</strong>ido<br />

e scheletrico dalla poltrona cattur<strong>and</strong>o l’attenzione di tutti i<br />

presenti (“si è alzato!” “da solo? pensavo fosse impagliato!”) e,<br />

con voce flebile ma ferma, carica di cultura e postmodernismo<br />

tipicamente destrutturato (ci mancherebbe, eh), lev<strong>and</strong>o<br />

al cielo una mano con ieratica lentezza, asserisce:<br />

“No”<br />

risiedendosi subito dopo con serafica, imperturbabile calma.<br />

La torma di modelle ed efebi che lo circondano applaudono<br />

gai lev<strong>and</strong>o garrule risatine verso il s<strong>of</strong>fitto a mo’ di educati<br />

cori<strong>and</strong>oli di festa.<br />

Epstein rialza il muso dalla ciotola tenendo dentro la mano:<br />

47


“Che hai detto, vecchio bacucco?”<br />

Il Maestro resta impassibile per due, tre, quattro secondi.<br />

“Loro” dice con espressione neutra, parl<strong>and</strong>o di sé alla terza<br />

persona plurale come da consuetudine “AMANO questo<br />

disco”.<br />

“Ma da qu<strong>and</strong>o tu ne capisci di musica, mangiaverdure?”<br />

“LORO ricordano all’animalesco e triviale Epstein che<br />

LORO hanno scoperto e segnalato alle gr<strong>and</strong>i label artisti di<br />

prestigio come John John John e i New Romantic Miserables,<br />

per citarne solo alcuni”.<br />

“CHI?” ridacchia l’altro, allontan<strong>and</strong>o con una manata la<br />

ciotola sul tavolo. “Coniglietto, tu di musica non ne capisci<br />

niente. Resta sui parrucchini: lì sì che vai forte”.<br />

La disputa è accesa come non mai: il Maestro inarca addirittura<br />

un sopracciglio. Sgomento nella sala.<br />

“Loro compiangono i modi rozzi del proprio interlocutore.<br />

Loro ritengono che questo disco sia carico di emanazioni<br />

propizie e i suoi versi siano catarticamente rivelatori”.<br />

“Beh, senti; dì a LORO che farebbero meglio a chiudere il<br />

LORO becco, tutti quanti nessuno escluso. Questa è la solita<br />

merda gansta fritta e rifritta e noiosa e ciclica come la c<strong>and</strong>ida,<br />

né più né meno; roba che era già vecchia all’epoca di<br />

Tupac e che doveva marcire con lui nella tomba”.<br />

“Pur essendo loro naturalmente avversi a qualsivoglia tipo di<br />

violenza seppur ridotta allo stato di simbolo, colgono nelle<br />

parole di questo giovane pr<strong>of</strong>eta di strada l’onestà caratteristica<br />

del suo popolo oppresso e martirizzato dalla gente come<br />

Epstein”.<br />

Segue breve applauso delle coorti effemminate, tra le qua-<br />

48


li si sente parlottare (“... ma da qu<strong>and</strong>o il maestro ne sa di<br />

gangster rap”, “ma ti pare? È tanto per rompere il cazzo ad<br />

Epstein”).<br />

“OOOOH, CERTO! Non c’è abbastanza merda rifritta nelle<br />

cacate di questo gansta da operetta, ora ci dobbiamo sentire<br />

anche la menata sui neri oppressi e magari dopo sulla libertà<br />

d’espressione. Certo, certo! Avanti un altro, la demagogia per<br />

di qua, sulla porta alla destra del bagno! Seguite le mosche!”<br />

“Loro sbeffeggiano la posizione retrograda del ne<strong>and</strong>erthaliano<br />

Epstein, ed annunciano che Interview farà un servizio<br />

speciale di otto pagine sul suddetto, suddetto come si chiama?”<br />

Epstein si alza bruscamente dal bancone, provoc<strong>and</strong>o uno<br />

tsunami di olive.<br />

“Beh, parrucchino, lo sai cosa? Fallo, il tuo speciale. Ci penserò<br />

io a demolire tutto ciò che costruirai. Dai, dai, avanti,<br />

fammi vedere cosa sai fare”.<br />

Riafferra la ciotola dei salatini, e la ingoia intera.<br />

14. I heard the news today, oh boy<br />

<strong>DaCa$h</strong> ha di fronte a sé veramente un sacco di riviste con la<br />

sua nuova faccia. Una di queste, una certa “Interview” che lui<br />

non ha mai sentito nominare, gli ha dedicato OTTO dico<br />

OTTO pagine, con un’intervista alla quale lui ha risposto<br />

via email. Beh, dai. Non ha dato le risposte lui, è ovvio, le<br />

ha scritte il buon Williamson. E rileggendo, cazzo, gli fanno<br />

proprio fare la figura dell’intelligentone, una specie di Black<br />

Panther incrociata con Al Capone e Gesù e boh, altri fighi.<br />

49


È nello studio, naturalmente, e sta per incidere una canzone<br />

che si chiama “KILLING MY FATHER IN THE NAME<br />

OF THE FATHER”. Una roba un po’ incasinata, meno<br />

puttane e bling bling del solito. Una roba che chiama in causa<br />

un certo tipo che si chiama Adipo o qualcosa del tipo.<br />

Forse uno grasso, crede.<br />

“Visto che lavorone?” gli fa T-Bone uscendo dallo studio.<br />

“‘Sticazzi. Questo mi tira merda in…”<br />

“E lascia che tiri merda quanto vuole. Come diceva Oscar<br />

Wilde “che se ne parli bene o che se ne parli male, purché se<br />

ne parli” man”.<br />

“Chi?”<br />

T-Bone sospira: “Un crip di Londra, man”.<br />

“Ah. Bene”. Come se gliene fregasse un cazzo, dopotutto.<br />

T-Bone sospira ancora.<br />

“E a figa come va, man?”<br />

Daca$h si gira a guardarlo, sorpreso dalla dom<strong>and</strong>a.<br />

“Bene”. dice borbott<strong>and</strong>o vago, come un figlio a cui il padre<br />

abbia chiesto come va a scuola.<br />

“Bene? Ti stai facendo tutta la pussy che vuoi?”<br />

“Yeah”.<br />

“Qualcuna di speciale?”<br />

<strong>DaCa$h</strong> guarda di nuovo T-Bone, stavolta gelido.<br />

“Uomo, grazie, per così dire, per quello che stai facendo per<br />

me” ridacchia, forse accenn<strong>and</strong>o un sorriso sarcastico “Ma<br />

questo non vuol dire che diventeremo amici, o ci racconteremo<br />

i segreti del cuore scambi<strong>and</strong>oci i diari”.<br />

Ah, e così lo stupidotto diventa sarcastico, pensa.<br />

“Ok. Cacati in studio a farti mungere. Fila. ”.<br />

50


<strong>DaCa$h</strong> si alza di fronte a lui, imponente nella sua forma atletica<br />

e sovrast<strong>and</strong>olo di parecchi centimetri. Gli passa oltre,<br />

entr<strong>and</strong>o nel sudore dello studio senza nemmeno guardarlo.<br />

Fox news, quinta notizia<br />

Continuano le proteste delle associazioni di gay, femministe<br />

e GLBT per l’ammissione in radio di “<strong>The</strong> right way” del<br />

controverso rapper Daca$h, richiedendone la censura immediata<br />

dal momento che nel testo si menziona la leggenda<br />

urbana africana, palesemente inattendibile, che asserisce che<br />

stupr<strong>and</strong>o una vergine si guarisce dall’AIDS. Il rapper si difende<br />

ironizz<strong>and</strong>o sul fatto che siano proprio questi gruppi<br />

ad invocare la censura, loro che spesso ne sono stati vittime.<br />

Nel frattempo si moltiplicano, qualcuno dice a causa dei testi<br />

del rapper, i casi di bullismo su gay e donne nelle scuole medie<br />

e superiori: già qualcuno parla di un nuovo caso Marylin<br />

Manson.<br />

15. Sophisticated bitch<br />

È con Big P, e la cosa com’è prevedibile non lo rende felice.<br />

Però Big P è parte della sua crew e gli tocca girarci insieme a<br />

scopo promozionale alle solite feste del cazzo. E come scodinzola<br />

bene, il cagnolino, cazzo, come mangia bene dalla sua<br />

mano, come gli appare mansueto e devoto appena si aprono<br />

le porte dell’ascensore, e quanto in fretta questo stile servile,<br />

questo porgergli in mano le frasi e ridere alle sue battute da<br />

scimmione scompaiono appena queste si richiudono alle loro<br />

51


spalle. Ora scivolano verso un party promozionale all’interno<br />

dell’asettico microclima svedese di una SAAB, con altri<br />

due amici di Big P che seguono a pied de liste la scia di scrocco<br />

miliardario di cui lui è la involontaria stella cometa. Neanche<br />

a dire, lo trattano come un povero stupido. Non sanno<br />

probabilmente dell’accordo, ma ciò non impedisce loro<br />

di trattarlo come un ospite ignorante, e di appr<strong>of</strong>ittarsi di<br />

lui. Non si parla nell’auto, per esplicita richiesta di <strong>DaCa$h</strong>:<br />

niente chiacchere, niente musica del cazzo. Accendere la radio<br />

è diventato un incubo: la sua voce da scemo dappertutto,<br />

anche sui canali country in vomitevoli remix.<br />

La città scorre veloce come un film sotto i suoi occhi, e lui<br />

non ha voglia di parlare, non ha voglia di pensare. Sta in<br />

silenzio, facendosi trascinare come un ramo travolto dai gorghi<br />

di una rapida.<br />

Pensa solo a farsela passare, in attesa del cappio o del colpo<br />

o chissà cos’altro.<br />

Cento volte al giorno si ripete che la ragione per cui ha venduto<br />

l’anima al diavolo è buona, è seria, è valida, è importante.<br />

E cento volte pensa che questo suo paradiso televisivo<br />

è alle soglie di una drammatica conclusione. E per la centounesima<br />

volta, scaccia il pensiero come può.<br />

È l’ennesimo autista in marsina rossa che gli prende l’auto<br />

mentre gli altri si mettono in posizione a “V” dietro di lui,<br />

studiatamente, per farlo sembrare più grosso, più cattivo,<br />

come se ce ne fosse davvero bisogno. È l’ennesimo ascensore<br />

dorato che spalanca le sue labbra per eiacularlo fino in mezzo<br />

al cielo nell’ennesima festa di sballati a pagamento. Oh, certo,<br />

tutto assomiglia ad un video di quelli belli con le puttane<br />

52


e la coca, siamo d’accordo. E ci sono, le puttane e la coca,<br />

siamo d’accordo. Ma lui in questa festa si sente il tacchino<br />

del giorno del ringraziamento, e tutti lo guardano come a<br />

volerne mordere una fetta, con una risata, una foto strappata,<br />

un sorriso, un bacio con la lingua spinta giù per la gola,<br />

l’ennesima richiesta di featuring da parte di qualche ingenuo<br />

con gli occhi gr<strong>and</strong>i da fan, che verrà puntualmente ignorata.<br />

Le punanny fanno a gara per strusciarglisi addosso, e non è<br />

che la cosa dispiaccia, dispiacere è un’altra cosa, ma anche<br />

il caviale a pranzo e a cena e a colazione stufa. Ogni notte<br />

una pussy diversa; tutte con manie di protagonismo, pronte<br />

a scoparlo in pose plastiche a favore di una telecamera che si<br />

spera esista solo nella loro testa. Tutte pronte a sussurrare nel<br />

suo orecchio robe che farebbero arrossire una pornostar, tutte<br />

pronte a dire “ti farò provare delle cose che nessuna ti ha mai<br />

fatto provare” e poi la minestra è più o meno quella, rantolo<br />

più mugolio meno.<br />

Si continua a ripetere che è figo, continua ad accettare tutto<br />

l’accettabile di: cocaina, alcolici, droghe, fumo, crack; tanto<br />

ogni due mesi gli garantiscono il tagli<strong>and</strong>o al sangue come<br />

a Keith Richards e comunque gli eccessi fanno gangsta sulla<br />

stampa, persino T-Bone li incoraggia.<br />

È all’ennesima di queste feste che gli si presenta davanti<br />

questa dea. Sì, dea, perché questa non ha le bocce di fuori<br />

protese verso di lui come due testate nucleari, strizzate in un<br />

dolore mascherato da sensualità, né le cosce sudaticce pronte<br />

a sedersi sopra di lui. Questa dea ha un bellissimo copricapo<br />

africano colorato di st<strong>of</strong>fa (“batik” potrebbe giustamente<br />

dire se ne conoscesse la parola) e due occhi immensi e torridi.<br />

53


Il corpo si intuisce splendido, ma non è quello. La cosa che<br />

impressiona da morire <strong>DaCa$h</strong> è che per la prima volta in<br />

un mese e mezzo, da qu<strong>and</strong>o è cominciato questo turbine,<br />

qualcuna, trov<strong>and</strong>oselo di fronte distoglie lo sguardo e tira<br />

dritto. Lui si volta a guardarla e lei ha l’incedere di una regina,<br />

e i suoi fianchi dondolano con ipnotica dolcezza.<br />

“Chi è quella figa?” chiede a Big P.<br />

“Quella? Quale quella?”<br />

“L’africana”.<br />

Big P guarda e sorride col suo solito sorrisetto da stronzo.<br />

“Quella? Quella non è roba per te”.<br />

“Questo lo dico io. Chi cazzo è?”<br />

“La conosco di vista, si chiama Jamija. Proprio un nome da<br />

negra”.<br />

“Bello” dice, e lascia che la parola sfumi nel brusio della festa.<br />

Big P si gira e lo guarda sarcastico.<br />

“Lascia stare, scemo. È una poetessa, non roba per te. Per<br />

te ci vogliono le bitches da catene di montaggio, non una<br />

che ti parla di falene” gli dice mentre gli da una manata sul<br />

gomito, allontan<strong>and</strong>osi per vampirizzare qualche analcolico<br />

dal buffet. Analcolico: Big P è un salutista del cazzo, di quelli<br />

convinti, e nonostante il suo glamoreggiare e il suo sb<strong>and</strong>ierare<br />

il suo pseudonimo (che, neanche a dirlo, sta per Big Penis,<br />

con aristocratica, impalpabile finezza) è un mezzo frocio<br />

trangugiamineralinaturali. Schifo.<br />

Si butta nella mischia, tra i centomila bigup che gli tirano,<br />

annoiato dai sorrisi otturati e dai grill da compagnone gansta.<br />

Segue un qualcosa di lei, qualcosa di impalpabile e tuttavia<br />

di pr<strong>of</strong>ondamente terreno che galleggia in mezzo all’aria.<br />

54


Se avesse letto Suskind avrebbe capito di seguirne il pr<strong>of</strong>umo<br />

della bellezza, ma <strong>DaCa$h</strong> ha un’idea approssimativa del<br />

concetto di bellezza, figuriamoci se conosce Suskind.<br />

Gli stereo, come si conviene, sono alti, molto alti, ma si riesce<br />

a parlare senza gridare.<br />

Si avvicina a lei da dietro, come un predatore che scelga con<br />

calma in quale punto azzannarla. Ma non è così, lui resta a<br />

guardarla per un tempo interminabile mentre è concentrata<br />

su un quadro di robe strambe appeso alla parete. La gente<br />

continua a cagargli il cazzo ma lui li piscia. Che pensino che<br />

sia la swagga: fa rockstar. Anche T-Bone dice che va bene,<br />

essere stronzi. A lui riesce alla gr<strong>and</strong>e, tipo.<br />

Lei si gira all’improvviso, guard<strong>and</strong>olo dritto negli occhi<br />

come se avesse saputo dall’inizio che gir<strong>and</strong>osi li avrebbe incontrati.<br />

Ed ha questi occhioni pr<strong>of</strong>ondi, accesi e silenziosi.<br />

Gli si avvicina e, tenendosi a breve distanza gli mormora con<br />

una voce bassa e sensuale: “Su di te c’è un pessimo karma,<br />

guerriero. Posso vedere una sorte di sventura e di morte su di<br />

te. Parlo con la voce degli dei, che tutto sanno, tutto vedono<br />

e compatiscono. Il mio destino come poetessa-pr<strong>of</strong>etessa - mi<br />

è stato annunciato - è quello di condividere con te o fuggire<br />

la tua sventura se solamente un motto pr<strong>of</strong>erirà dalle tue<br />

mortali labbra”.<br />

“Eh?”<br />

Nemmeno una parola della poetessa penetra nella zucca dura<br />

di <strong>DaCa$h</strong>. Così, a pelle, gli verrebbe voglia di grattarsi i<br />

coglioni per scaramanzia, così, per sicurezza. Ma non gli pare<br />

il caso.<br />

Il viso di Jamija si distende in un sorriso sincero e a suo modo<br />

55


materno.<br />

“Gli orishas familiari hanno parlato con voce di dei. Io sarò<br />

la tua donna, la tua sacerdotessa e la tua Iside che si ciberà<br />

delle tue spoglie mortali nel momento della dipartita, ora<br />

vieni, dobbiamo congiungerci nel sacro vincolo mediante<br />

l’amplesso delle carni e dei mana”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> naviga a vista. Si gratta la testa, confuso.<br />

“Uhm. SI, ok. Cioè? Ehm. Si scopa?”<br />

Jamija inarca un sopracciglio. “Il volere degli dei è imperscrutabile<br />

ed a volte sarcastico. Sì, mio rude guerriero” gli<br />

dice lei prendendogli la mano “vieni, si scopa”.<br />

No.<br />

Non fu l’ennesima pussy lessapisello. No.<br />

Persino il comprendonio indurito di <strong>DaCa$h</strong> riuscì a percepire<br />

che c’era qualcosa di innaturalmente speciale in quella<br />

donna. Fecero l’amore in maniera per lui insolita, senza ansia<br />

da prestazione, senza telecamere da letto, una cosa molto<br />

papà e mamma il sabato sera, ma qu<strong>and</strong>o finì e loro si disciolsero<br />

d’amoroso abbraccio lei non si attaccò al cellulare<br />

per passarlo alle sue amiche come le altre (“Oh, Janice, non<br />

crederai mai chi mi ha sbattu… no, no, quale J-Bo, ma che<br />

scherzi? Sono qui a letto con – oh, Janice, tieniti forte – con<br />

<strong>DaCa$h</strong>… aspe… sì QUEL <strong>DaCa$h</strong>… aspetta che te lo<br />

passo… sìsìsìsì proprio lui… te lo passo…“ seguono 2 minuti<br />

di urletti incomprensibili e distorti dall’altro capo chissà<br />

dove che terminano in un clic di un telefono sbattuto giù in<br />

faccia, ovviamente il clic è lui). Si mise vicino a lui, appoggiò<br />

il capo al suo petto e cominciò a cantare piano, quasi una<br />

56


ninna nanna, in una lingua a lui ignota.<br />

“Cosa canti, donna?”gli chiese lui.<br />

Lei non interruppe il suo canto, peraltro molto piacevole -<br />

la prima musica che aveva gradito negli ultimi giorni, ma<br />

terminò e dopo circa venti secondi in cui parve svuotarsi ed<br />

esalare una qualche energia interiore rispose con dolcezza:<br />

“Un esorcismo di protezione”.<br />

“Un cosa?”<br />

Lei si girò di lato verso di lui, i suoi fianchi pr<strong>of</strong>ilo di orizzonte<br />

di altopiano africano.<br />

“Qu<strong>and</strong>o ti hanno intervistato, ho capito. Tu eri morto, ed<br />

un demone ti ha riportato in vita. Ma questo demone possiede<br />

la tua anima, guerriero, possiede la tua parola ed il tuo<br />

intelletto”.<br />

Oddio, il suo intelletto non era mai stato questo granché,<br />

ma c’è da dire che questa donna nel suo delirio astrale niuèig<br />

stava inanell<strong>and</strong>o una serie di coincidenze davvero notevoli.<br />

“Pensavo non mi conoscessi”.<br />

“Ho la televisione, guerriero, e per quanto non la guardi, lei<br />

guarda me”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> si grattò la testa confuso. Sta dicendo qualcosa,<br />

right, non so bene cosa, ma è figa. Sorriderò, magari non<br />

tanto ma sorriderò.<br />

“Non amo quello che canti, è diseducativo, è malvagio” continuò<br />

lei “ma c’è qualcosa di nobile in te, guerriero, che anela<br />

a sopravvivere, a fuggire agli strali d’inferno”.<br />

Mh.<br />

“Boh, di quello che canto non me ne frega un cazzo, anzi, mi<br />

fa ridere. E comunque, donna, senti…”<br />

57


”Mi piace qu<strong>and</strong>o mi chiami donna” sorrise lei. Lui sorrise<br />

di rim<strong>and</strong>o, e continuò.<br />

“Donna, senti, io non sono bravo a parlare come te, cazzo,<br />

però vorrei dirti due cose. La prima è che anche se corri un<br />

bel po’ mi sembri qualcosa di strano e speciale, e non mi pari<br />

una pussy come le altre. Però...”<br />

“lo so che non sono come le altre. Sono la TUA donna”.<br />

“Man, non interrompermi, scusa. Man, io sono solo uno<br />

spaccino del cazzo che è finito in una cosa più gr<strong>and</strong>e di lui,<br />

non sono il guerriero che tu dici di essere né so niente degli<br />

dei e delle robe di cui parli. Cioè, magari ci stiamo facendo<br />

un film e tu mi piaci e tutte quelle robe, ma…”<br />

Lei lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra ricollagenate<br />

di fresco. Lui tacque.<br />

“Guerriero, ci sono tante cose di cui non sai la natura e che<br />

non conosci, ma io…”<br />

Lui la interruppe con lo stesso gesto.<br />

“Donna, parli di cose che non capisco e non so nè voglio<br />

capire. Facciamo così. Mi fido. Ok?”<br />

“Ok”disse lei, avvolgendolo in un bacio vorticoso.<br />

16. Hippest <strong>of</strong> the hops<br />

È uno studio enorme e pieno di luci accecanti, gr<strong>and</strong>e come<br />

un campo da football e pieno di fans urlanti. Sono gli MTV<br />

Music Awards e varie smut<strong>and</strong>ate bionde gridano il suo<br />

nome in sequenza. Lui è seduto tra quei due stronzi di Fat<br />

Hustla e T-Bone col solito sorriso da diavoli, ma dietro di lui<br />

Jamija gli tiene la mano sulla spalla, senza dare nell’occhio,<br />

58


che stringe impercettibilmente ogni volta che qualche siliconata<br />

sul palco grida il suo nome. Wysdom gli ha detto prima<br />

di partire che lui avrebbe dato il culo per essere al posto suo<br />

stasera. Lui avrebbe fatto volentieri a cambio. Davvero volentieri.<br />

Qualche giorno prima un celebre rapper old school gli ha<br />

dato pubblicamente del coglione in tv, dicendo che fa dischi<br />

di merda, e rovina i neri, e losalcazzo, e che dovrebbero censurarlo.<br />

E più gli Anabattisti per Elvis, e i Pattinatori Agnostici<br />

e chissà quale altro gruppo lo attaccano, più lui fa tanti<br />

soldi da fare schifo. Boh.<br />

Benché non sia nemmeno partito il suo tour il disco ha vinto<br />

una quantità spaventosa di premi: miglior disco, miglior<br />

disco rap, miglior video, migliore regia, maggior numero di<br />

puttane in un solo still fotografico, maggior numero di SUV<br />

in otto battute, maggior fracasso mediatico per un disco di<br />

merda. Sembra quasi che Dio sia venuto giù col triangolone<br />

sulla testa a dirti “Vai <strong>DaCa$h</strong>, tocca a te”.<br />

C’è casino, tutti che strillano, bassi che ti pettinano da quanto<br />

sono pr<strong>of</strong>ondi e luci che ti fanno bollire sotto i vestimenti<br />

da niqqa. Sali sul palco ciondolante come al solito per mascherare<br />

la paura. Tutte ‘ste bambole gonfiate bionde sorridono,<br />

sorridono, sorridono, sembrano un catalogo di denti,<br />

un promo di tette al vento di qualche chirurgo senza senso<br />

del grottesco. Sei davanti al micr<strong>of</strong>ono e devi sorridere, cosa<br />

si prova a vincere miglior remix reggaeton che cazzo ne so,<br />

sì grazie ai miei produttori che credono in me, grazie a Dio<br />

perché mi hanno detto di dirlo che fa cool, grazie a questo e<br />

quel paraculo della label e a quel regista frocio laggiù. Cazzo,<br />

59


sei famoso, negro, guarda, gridano il tuo nome. Perché il tuo<br />

nome è Leeroy ma ora sei <strong>DaCa$h</strong>. Jamija ti ha parlato di un<br />

certo Fast, un tipo crucco che aveva venduto l’anima al diavolo.<br />

Sì amico, guardati, sei una statuetta splendente col tuo<br />

nome sopra, sei figa d’alto bordo che si struscia d’ordinanza,<br />

tanto per farti capire che la figa è lei. Guarda, guarda negli<br />

occhi di chi ti sta davanti, cosa vedi riflesso? Vedi un cadavere,<br />

un pessimo trip, vedi la bocca aperta dei fan che grida<br />

il tuo nome mentre morde la tua carne, mentre si comunica<br />

mangi<strong>and</strong>o la tua carne, impara da te il male e sorride, e non<br />

è un bel sorriso, lo conosci quel sorriso. Vedi la tua bocca<br />

aperta all’obitorio, mentre ti chiudono nel cassettone con un<br />

nome non tuo legato all’alluce, e un colpo in faccia o un<br />

cappio al collo. Cazzo negro, qui non hai fatto il passo più<br />

lungo della gamba, qui è successo qualcosa, solo ora ti rendi<br />

conto, solo ora ti rendi conto, solo ora ti rendi conto che è<br />

successo qualcosa di troppo. La tua vita non è questa, man,<br />

questa non è la tua vita. La musica ti rimbomba nelle orecchie<br />

mentre tu sorridi, e sorridi, e sorridi ancora, sticazzo di<br />

sorrisi falsi che sono solo denti in fila mentre la maglia lascia<br />

vedere i buchi; sei sexy, dicono, sei bello, ti mettono sulle<br />

copertine e fino a poco fa non scopavi che tossiche perse in<br />

cambio di una dose. Le luci ti accecano, che cazzo succede.<br />

Hai vinto, man, ancora e ancora e ancora; sei un surfer in<br />

cima ad un’onda di venti metri, fatta di adrenalina ed endorfine,<br />

e qui non scendi, stasera non scendi, ma sai che si<br />

scende, e tu scenderai due metri sotto, negro.<br />

C’è un altro rapper, qui nella sala, che ti tira merda, si chiama<br />

Big Dom, ti tira oggetti, gli rode il culo, fa cagare quanto<br />

60


te. Non sai se è un altro Fast o è uno vero, può darsi, ‘sticazzi,<br />

chi lo produce è un altro figlio di mignotta. Ci hai parlato<br />

al bar in un albergo con Big Dom, alle due del mattino, è<br />

simpatico, non gliene frega un cazzo di niente, come te. Gli<br />

scazzi di stasera sono hype, merda per i giornalisti ingordi,<br />

per gente che a casa mangia panini e beve tutte le stronzate di<br />

questo mondo, prendendo veleno per nettare. Vi prendete a<br />

spintoni ma a lui scappa un sorriso, i gorilla ciccioni intorno a<br />

voi fanno fumo negli occhi alz<strong>and</strong>o le mani grosse come badili<br />

e url<strong>and</strong>o. Cabarap. La gente è in delirio. E la gente non<br />

ti piace, man, vuole solo il tuo sangue, pronta ad abbeverarsi<br />

come iene qu<strong>and</strong>o i due stronzi suoneranno il gong. Qu<strong>and</strong>o<br />

ti risiedi sei sudato da schifo, la folla un mare di mani che si<br />

agita sotto di te, e non un mare amico, ti sembra una tempesta<br />

e tu annaspi, cerchi aria per salvare i tuoi polmoni.<br />

Qu<strong>and</strong>o esci da lì hai le orecchie che ti ronzano come un<br />

pipistrello vicino ad un radar, e vorresti <strong>and</strong>are ad infilarti<br />

sotto le coperte, ancorato ai seni sodi di Jamija, un naufrago<br />

innamorato (innamorato? sì, sei innamorato, e ti viene da ridere<br />

a pensarlo) aggrappato ad uno scoglio nero e morbido e<br />

pr<strong>of</strong>umato.<br />

Niente, niente, si va avanti, lo show continua, Fast fa il suo<br />

business, sorride, dà pacche sulle spalle, palpa culi, strizza<br />

virilmente coglioni davanti alle macchine fotografiche, si atteggia,<br />

tira pose, swag precotto tutto uguale e lancia sguardi<br />

disperati a Jamija che deve stare zitta: è la tua donna ma ha<br />

delle condizioni, è la tua donna ma deve stare al suo posto, e<br />

tu non puoi dirle niente, non puoi o le fanno la festa, e gridi<br />

dentro di te. Hai tutto, e lo perderai; sei in cima, e cadrai fino<br />

61


in fondo. Qu<strong>and</strong>o?<br />

17. Read a book nigga, read a book nigga<br />

La televisione m<strong>and</strong>a una replica dello show. Il telefono suona.<br />

Abbassa il volume.<br />

C’è Fat Hustla dall’altra parte della cornetta.<br />

“Bene, no, stupido?”<br />

“Yeah, già”.<br />

“Beh puoi essere contento; sei la Lady Gaga dei gangsters, il<br />

Justin Bieber dei rappers, vendi più tu dell’aspirina”.<br />

“Fantastico. Man, devo farti una dom<strong>and</strong>a”.<br />

“Mi sorprendi, man. Hai ANCHE imparato a formulare<br />

dom<strong>and</strong>e. Vai, spara”.<br />

Inghiotte la saliva.<br />

“Quanto?”<br />

“È una dom<strong>and</strong>a un po’ generica, man. Quanto COSA?”<br />

“Man” lo interrompe, e non scherza “parlavi di più o meno<br />

un anno: quanto tempo mi resta?”<br />

Sente un risolino represso dall’altra parte.<br />

“Paura della signora con la falce, man?”<br />

“Fai poco lo stronzo. Quanto?”<br />

La voce di là è amareggiata, cambia tono e registro senza<br />

fatica.<br />

“Aaaah non <strong>and</strong>iamo d’accordo così, man, non ci siamo.<br />

Pensi di dettare condizioni? Pensi di poter fare dom<strong>and</strong>e?<br />

Man, se questo è il tono ANCHE STASERA, tanto già basterebbe.<br />

Ma fai il bravo, non alzare la testa con me man,<br />

62


icordati i patti. Oltretutto hai anche la fidanzatina ora; hai<br />

presente l’Uomo Ragno? Se non posso ammazzare te, posso<br />

ammazzare lei”.<br />

“Provaci e...”<br />

“E cosa, man? Shhhh, stai zitto. Zitto, man, che è meglio.<br />

Cuccia giù. Stai abbai<strong>and</strong>o all’albero sbagliato, cane”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> digrigna i denti.<br />

“Comunque risponderò alla tua dom<strong>and</strong>a: QUANTO CI<br />

PARE A NOI. Domani inizi tour e nei ritagli continui con<br />

le registrazioni”.<br />

Abbassa fisicamente la testa, pass<strong>and</strong>osi una mano sulla nuca.<br />

Si siede. Ascolta il silenzio dall’altro capo della cornetta.<br />

“Sei ancora lì, man?” gli chiede Fat Hustla.<br />

“Yeah”.<br />

“Ok, ti saluto”.<br />

“Man, mi fai sentire come Fast”.<br />

“Fast?”<br />

“Sei ignorante, man, è un crucco che ha venduto l’anima al<br />

diavolo”.<br />

Fat Hustla ride forte dall’altro capo.<br />

“IGNORANTE! FAUST, man, non FAST! Leggiti un libro,<br />

scemo, invece di tirare di coca!”<br />

Daca$h chiude il cellulare di scatto. Rialza il volume.<br />

“Continuano quindi gli episodi di intolleranza om<strong>of</strong>obica.<br />

Ieri, a Baton Rouge, un ragazzo è stato gravemente ferito alla<br />

spalla sinistra da un colpo d’arma da fuoco. Simon Davieson,<br />

questo il suo nome, è stato colpito mentre attaccava dei<br />

manifesti per una festa gay/lesbian organizzata nella scuola<br />

63


locale. Sono stati arrestati tre ragazzi bianchi, di età attorno<br />

ai quattordici anni, autocostituitisi in una gang chiamata<br />

“No Homo Allowed”, come la canzone del controverso<br />

rapper <strong>DaCa$h</strong>, sempre più sotto accusa per la violenza e la<br />

diseducazione delle proprie liriche. Questo episodio fa seguito<br />

al duplice omicidio nello stato del Wisconsin di martedì<br />

scorso, dove...”<br />

Jamija arriva dietro di lui, morbida e sensuale come sempre<br />

nel danzare elegante dei drappi colorati che la vestono. Lo<br />

abbraccia da dietro, appoggi<strong>and</strong>o delicatamente la testa sulla<br />

sua spalla, pass<strong>and</strong>ogli la mano curata sul petto palestrato.<br />

“Pensieri, guerriero?”<br />

Lui sospira.<br />

“Yeah”.<br />

“Preoccupato?”<br />

“Mah, sì. La gente prende ‘stammerda sul serio. Ti pare?”<br />

“La gente non sa niente, cerca luce nelle tenebre e agisce per<br />

quello che può capire”.<br />

“Ma...”<br />

Lei gli bacia impercettibilmente la nuca.<br />

“Scusa, man, non ho bisogno di...”<br />

“Shhh” fa morbida lei “shhh, voglio solo starti vicino. Io so<br />

cosa c’è, man. Io so il tuo segreto”.<br />

Lui si scansa un po’, guard<strong>and</strong>ola negli occhioni bistrati in<br />

cui ama affogare il suo dolore.<br />

“Io sento il tuo blues correre sotto la pelle. I lwa mi hanno<br />

parlato, hanno espresso la loro voce”.<br />

“Ah, fico. Chi?”<br />

64


“Non importa, guerriero. Fidati”.<br />

“Te l’ho già detto, mi fido. Sai qual’è il mio segreto?”<br />

“Sì” sussurra lei.<br />

“E qual’è?”<br />

“Shhhh, shh, teniamo lontano il male, non invochiamolo”.<br />

“Man, io...”<br />

“Ho un regalo per te” fa lei, alz<strong>and</strong>osi con grazia.<br />

“Non sono canzoni, sono inni alla violenza, sono dichiarazioni<br />

di guerra per i diversi e riportano gli Stati Uniti cinquanta<br />

anni indietro, ad un nero che insulta il suo presidente nero e<br />

la sua cultura. Razzismo, violenza, sessismo, istigazione all’omicidio.<br />

Ci sono i presupposti per aprire una interrogazione<br />

in Senato che...” in Senato, pensa Fat Hustla. In Senato. Altri<br />

soldi, altra fama. Che fico. Funziona.<br />

Lui resta lì a mugugnare mentre lei torna con una scatola<br />

rettangolare, troppo strana per essere un dvd.<br />

Gliela porge sorridendo, e gli dà un bacio su una guancia.<br />

Apre, è un libro. Oddio, e che me ne faccio? I tavoli sono<br />

tutti pari.<br />

“Awww, man, non so, io...”<br />

“Guarda il titolo”.<br />

“John Wolfgang Von Goethe, Faust. Fico. Qual’è il titolo?”<br />

Lei ridacchia. “Mio guerriero scemo”. Lo carezza tenera sulla<br />

testa che ha appena rasato.<br />

“Aw, fuck, vero, è il Fast. Il Faust. Si, quella roba lì...”<br />

“Hai tanti momenti di noia, guerriero. Questo può aprirti la<br />

mente”.<br />

65


“Occhei” sospira “ci provo. Promesso”.<br />

La tira a sé, avvolgendola con le braccia muscolose, e lei non<br />

fa resistenza.<br />

E c’è da dire che ci prova, a leggerlo. Non è molto bravo, a<br />

leggere, e specie all’inizio il libro prende polvere nello studio,<br />

mentre clona la sua voce da scemo mille e mille volte, e lo<br />

prende in mano solo qu<strong>and</strong>o non gli passa proprio davvero<br />

un cazzo. Però c’è una cosa che gli fa scattare la molla. È uno<br />

dei fonici che gli stanno più sul cazzo.<br />

“Tu?! Un libro?”<br />

“Yeah” fa lui poco convinto, sapendo dove <strong>and</strong>rà a parare<br />

l’altro.<br />

“E che cazzo leggi man, fammi ved... ohhhhh, man, che<br />

roba è?”<br />

“Me l’ha regalato la mia donna”.<br />

“Ti piace?”<br />

“Normale”.<br />

“Normale: sisi, ci credo, cazzo, come no; che ne sai tu dei<br />

libri? Tra 10 minuti si riparte, dai, che non ho voglia di perdere<br />

tutta la giornata su un raddoppio di str<strong>of</strong>a”.<br />

Lui lo guarda rest<strong>and</strong>o seduto mentre si ricaca in studio.<br />

“Che ne so io dei libri? Sheesh, che stronzo. Parli tu”.<br />

Wysdom arriva e lo guarda sorpreso.<br />

“<strong>DaCa$h</strong>! Un libro?”<br />

“Vi siete passati la battuta man?”<br />

Wys gli siede vicino, più vicino di quanto si sia mai seduto<br />

finora; ha un odore strano, ma non sgradevole, come quello<br />

66


di un giorno di pioggia.<br />

“Man, ERA ORA” alza la copertina brevemente per vedere<br />

meglio cos’è. “Ow. Non so se questo libro sarebbe il primo<br />

che affronterei ma...”<br />

“Ho letto di peggio”.<br />

“Davvero?” Wys lo guarda da dietro gli occhialini da bianco.<br />

Per la prima volta da che si conoscono scoppiano a ridere<br />

entrambi insieme, come due vecchi amici. Sente distendersi<br />

muscoli del viso che erano fermi da anni. Wys gli mette una<br />

mano su un ginocchio mentre lui si sbellica dal ridere.<br />

“No, cazzo, man, no, mi hai sgamato. È il primo libro che<br />

leggo, cazzo. Porcatroia che sgamo”. Gli sorride, mentre recupera<br />

il fiato.<br />

Wys lo guarda stranamente paterno.<br />

“Man, coraggio. Devi tornare in studio”.<br />

“Devo fare Faust”.<br />

“Yeah, man. Coraggio”.<br />

18. Live <strong>and</strong> direct<br />

Questo non è uno showcase del cazzo di tre pezzi. È il suo<br />

primo live. Il suo primo concerto vero.<br />

Ha i passi, ha le rime, le mosse, le cadenze, i ballerini, i tempi<br />

teatrali. Tutto. Ma non ha il talento.<br />

“È il talento il gr<strong>and</strong>e assente della serata” sarà il titolo che<br />

non grideranno i tabloids già ben unti e corrotti domani. Lui<br />

è su, il centro, il fulcro del Madison Square Garden, il perno<br />

attorno al quale ruota tutto, il perno che Fat Hustla e T-Bone<br />

tengono per i coglioni.<br />

67


Fuori ci sono i picchetti di protesta. Le mamme rock, i vegisessuali<br />

per Manitù, i dentisti senza paura, i checcazzonesoio<br />

mahovvogliadiprotestare. Ma la gente li prende per il culo,<br />

entra, gli fa il gesto bang bang con le dita, e la polizia li fa<br />

passare, e pesterebbe volentieri a sangue gli uni, e gli altri.<br />

Boom boom boom tutto il tempo, mentre la cuffietta che ha<br />

nelle orecchie gli grida cosa fare, scimmione ammaestrato.<br />

Mentre canta conta la scaletta al contrario, meno dieci, nove,<br />

otto. Canta necessariamente il meno possibile, coperto da<br />

centinaia di featuring coprimerda, ha il fiato corto.<br />

È l’ennesima canzone sulla coca, che bella la coca, che bene<br />

che fa, io ne sniffo a chili e sono fico.<br />

Qualcuno mi dia un altro argomento, per cortesia. Ah ecco,<br />

sì, ammazza i froci, nuova questa. E a lui dei froci non gli<br />

cambia niente, pensa te. Ma pare che sia figo, nel gansta rap.<br />

Grida più forte, gli scappa una bestemmia. La gente impazzisce,<br />

lui capisce sempre meno.<br />

La gente grida nelle prime file; c’è la claque lì sotto, una platea<br />

di fighette bionde artificiali a nolo messe lì ad arte per<br />

apparire nelle foto mentre la massa ai fianchi resta lì bovina<br />

a succhiare sode da lunghi capezzoli di plastica e mangiare<br />

cibo nutribrufoli.<br />

Si diverte? No, non si diverte. Figurarsi.<br />

Fat Hustla e T-Bone parlottano tra di loro sorridendo piano<br />

dal posto d’onore, seduti nei loro vestiti a la page.<br />

“Come ti pare?”<br />

68


“Una merda, tutto sommato”.<br />

“Hmm, ne convengo, dear sir”. Ridacchiano.<br />

“La gente come ti pare?”<br />

“La gente ha pagato”.<br />

“Ce l’abbiamo fatta?”<br />

“Hmm, direi di sì, tutto sommato”.<br />

“Fase due?”<br />

“Quasi dai. Facciamogli finire il tour”.<br />

“Dici?”<br />

“Sì sì”. La sua espressione si accende. “Senti questa. E se lo<br />

facciamo assassinare al concerto di lancio del secondo disco?”<br />

“Hmm. Tre mesi di tempo, forse meno. Altri duecento inediti.<br />

Gran finale col botto. Ma sì dai. Fatta”.<br />

Si danno il cinque senza dare nell’occhio, sigl<strong>and</strong>o una condanna<br />

a morte.<br />

19. Aftershow, biatch<br />

Dai, li avete visti gli aftershow in televisione, nella vita dei<br />

ricchi e fighi. Sì, è tutto vero: la gente tira di coca come se<br />

avesse un aspirapolvere nel naso, sniff<strong>and</strong>ola dal solco delle<br />

tettine talmente appena spuntate di qualche sedicenne stupidina<br />

da essere ancora nel cellophane, o s<strong>of</strong>fi<strong>and</strong>ola con una<br />

cannuccia nel sedere delle strippers. Cose così, folklore pop<br />

da ventunesimo secolo, niente di che per chi non è parte del<br />

popolo minuto, dei meno. Ci sono senior citizens in giacca e<br />

cravatta, magari un po’ frivola e finto-divertente, che guardano<br />

tutto questo puttanaio, perché è il caso di chiamare<br />

le cose col proprio nome, con sorrisi artefatti quanto blan-<br />

69


di: sono i businessman, che traducono queste stronzate in<br />

euro, yen, dollari, banconote della federazione interstellare,<br />

che mutano l’intonazione delle note in tintinnare di monete,<br />

e guardano con soddisfazione le loro vacche assolutamente<br />

non sacre soddisfare e pascere e nutrire tutta questa congrega.<br />

Non molti metri più fuori, dietro un muro di muscoli panati<br />

oltre ogni umana dimensione del ridicolo dal synthol<br />

si accalcano una marea di fans sudate e ansiose di strappare<br />

un pezzo del vestito nuovo dell’imperatore, un br<strong>and</strong>ello di<br />

storia da appendersi al muro di una vita da segretarie, cameriere,<br />

madri fedeli, sartine miopi da s<strong>of</strong>fitta bohemienne.<br />

Stasera no, stasera si accalcano come lupe fameliche contro<br />

la muraglia di steroidi che si frappone tra loro e un po’ di<br />

glamour scacciagrigio.<br />

Ci sono i giornalisti; qualcuno beve coca, qualcuno acqua<br />

minerale, qualcuno trasforma tutto questo in articoli a prova<br />

di camionista terza media con il santino sul cruscotto; i<br />

fotografi cercano il sordido con amore, mentre <strong>DaCa$h</strong> subisce<br />

le centinaia di clic, clic, clic, che lo rendono un santino,<br />

un’icona pop, una non-persona.<br />

Jamija sta in un angolo: si sa ma non si dice, che sia la sua<br />

donna. Fa figo pensare che <strong>DaCa$h</strong> scopi centinaia di donne,<br />

cornific<strong>and</strong>ola ogni santa sera più di tutte le alci dei boschi<br />

finl<strong>and</strong>esi; anche volesse, non ne avrebbe il tempo; anche<br />

ne avesse il tempo, dopotutto, non vorrebbe. Jamija sta<br />

in un angolo: si sa ma non si dice. Si sente stupido, vicino a<br />

lei, ma è il suo uomo, e gli piace sentire i loro odori mescolarsi<br />

nel letto, familiarmente.<br />

70


C’è una sveglia attorno al collo della signora con la falce. E<br />

come Flavor Flav dice “what time is it?”, che ora è? È l’ora<br />

della rivoluzione? No, man, la rivoluzione non c’è stata: hamburger<br />

e soap operas l’hanno impigrita in un branco di culi<br />

flaccidi e ottusi, il cui unico sentimento genuino è la schadenfreude,<br />

la soddisfazione per l’altrui male e disgrazia, da<br />

mascherare dietro sarcasmo di seconda mano, gattini di youtube<br />

e puttanate per invidiosetti. E lui si rende conto - Jamija<br />

glie lo ha instillato piano piano - che lui è una parte di quel<br />

meccanismo, una rotella grossa ed importante: è il grosso<br />

gangsta nero, lo stereotipo (sì, ora riesce a pronunciare questa<br />

parola, non ancora manichism.. si, ok, appunto) del negro<br />

ignorante, cattivo e violento ma in fondo pastorizzato e assimilato<br />

dai media. Un modello per i ragazzi. Un modello per<br />

i ragazzi? No man, qui qualcosa non mi torna, riflette Faust-<br />

<strong>DaCa$h</strong> mentre guarda qualcuno succhiare le tette plastificate<br />

di qualcuna, sui divanetti, e mentre gli altri ridono lui<br />

pensa cazzo, ma se dovessi avere un figlio, lo vorrei qua? Sono<br />

pensieri strani, fastidiosi per uno che fino a qualche mese fa<br />

il crack lo vendeva ai ragazzini, ma negli ultimi tempi è stato<br />

esposto a tali e tante nuove influenze che la sua piccola, rigida<br />

mente è stata violentata a spalancarsi in maniera brutale. E la<br />

cosa, straordinariamente, gli piace, anche se si rende conto di<br />

quanto umiliante sia la propria ignoranza.<br />

Ogni tanto il casino degli stereo sparati a manetta si apre<br />

nelle sue orecchie come se riemergesse da sotto l’acqua. Ma<br />

anche se sorride, e stringe mani di circostanza, lui è altrove.<br />

20. Harry ti presento la signora con la falce<br />

71


“Oh, a forza di provare il negro sta impar<strong>and</strong>o”.<br />

“Ti pare”.<br />

“No no, a forza di dai sta impar<strong>and</strong>o” fa T-Bone.<br />

Fat Hustla fa un tiro pr<strong>of</strong>ondo dallo spliff, ne assapora il<br />

gusto pungente.<br />

“Ma ti sei fatto il botox? Mi pari strano”.<br />

“Ma figurati. Fuma di meno, lesso”.<br />

“Anche il fonico” prosegue T-Bone, scrocchi<strong>and</strong>osi le dita<br />

“dice che ora per fare un raddoppio non ci sta più due anni<br />

ma solo sei stagioni e mezza”.<br />

Fat Hustla s<strong>of</strong>fia fuori il fumo inarc<strong>and</strong>o le labbra in un sorriso.<br />

“Che culo”.<br />

“Man, sono più inediti per noi”.<br />

Scuote la canna sul posacenere dorato. “Verdad”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> esce dallo studio. Non sembra particolarmente<br />

stanco quanto annoiato.<br />

“Bello sto pezzo, man”.<br />

“Yeah, right”.<br />

“Ti piace?”<br />

<strong>DaCa$h</strong> si scuote nelle spalle. “Business”.<br />

“Business, certo” fa T-Bone, mentre con un grosso respiro<br />

pr<strong>of</strong>ondo si alza dalla sedia di pelle, che scrocchia. “Man, ti<br />

dobbiamo presentare una persona”.<br />

Un campanello suona nella mente di <strong>DaCa$h</strong>, siamo a<br />

seicentotremilaquattrocentosessantatre persone presentate.<br />

Oggi. Ding.<br />

“Bene. Chi è? Che devo dirgli? Chi sono oggi?”<br />

72


Fat Hustla sorride: il cane ha imparato bene, è stato ammaestrato<br />

bene.<br />

“Oh, aspetta che te lo presentiamo” sorride sardonico. “James,<br />

puoi entrare”.<br />

È magro.<br />

La prima cosa che nota è che questo bianchetto pelatino<br />

mezzasega è magro, scheletrico, quasi senza sopracciglia, giusto<br />

un pizzetto stentarello, una specie di promo della chemio,<br />

un Edward Norton di Fukushima.<br />

Poi nota i tatuaggi.<br />

Non ne è sicuro, ma ne è quasi sicuro.<br />

Klan.<br />

Aveva visto un documentario sul Klan, le robe che vanno<br />

veloci, con gli scemi a cavallo e le croci bruciate e robe così.<br />

Sì, certo, la cosa non lo fa sentire a suo agio, neanche un po’.<br />

Mezzasega lo guarda con due occhi da matto, spiritato. Ogni<br />

tanto un tic gli spinge le palpebre superiori in su, accentu<strong>and</strong>one<br />

la follia.<br />

“<strong>DaCa$h</strong>, questo è James”.<br />

Guarda per un attimo ancora mezzasega, prima di tendere<br />

d’ordinanza una manona nera verso di lui. “Ciao, piacere”.<br />

La mano rimane sospesa nel vuoto come uno sberleffo, le<br />

braccia di mezzasega perfettamente immobili, abb<strong>and</strong>onate<br />

lungo i fianchi, nel silenzio generale. Dopo qualche secondo<br />

la ritrae a sé.<br />

“Man” dice T-Bone, asettico “ti diamo il piacere di conoscere<br />

73


la tua morte”.<br />

Si accorge di stare deglutendo.<br />

È il momento di fare il duro per scacciare la paura.<br />

“Chi, pisellino qui davanti?”<br />

Gli manca il respiro, all’improvviso, e ha un forte dolore al<br />

petto. Una bella mazzata pr<strong>of</strong>essionale, d’altri tempi. Un calcio<br />

rotante che fa di pisellino un Chuck Norris in chemio e<br />

ossa. Indebolito, ma Chuck, cazzo.<br />

“Colonnello James Edgar Lee III, del Klan. Già Navy Seal<br />

nella prima guerra del Golfo, affiliato agli Knights della Red<br />

Rose”.<br />

Cerc<strong>and</strong>o di recuperare fiato e il battito del cuore perduto a<br />

causa del calcio, esala una specie di risatina.<br />

“Davvero niente male, negro. Un buon colpo. Sei bravo”.<br />

Le palpebre di James hanno un sussulto nervoso all’indietro.<br />

“Non chiamarmi negro”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> sorride sprezzante.<br />

“Problemi, NEGRO?”<br />

“NON CHIAMARMI NEGRO, FECCIA”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> fa guizzare i suoi muscoli freschi di cellophane ergendosi<br />

nella sua considerevole statura.<br />

“PROBLEMI, NEGRO?”<br />

T-Bone, sorpreso dalla improvvisa sardonica fierezza di<br />

<strong>DaCa$h</strong>, si frappone.<br />

“NON. CHIAMARMI. NEGRO” sibila James, inarc<strong>and</strong>osi<br />

minaccioso come un serpente pronto a mordere.<br />

“Oh, ragazzi, basta, la festa è finita: giù i cappellini e la Fanta,<br />

festa finita”.<br />

74


“PROBLEMI, NEGRO DI MERDA?”insiste <strong>DaCa$h</strong>.<br />

“TANTO CHE PENSI DI FARE? DI AMMAZZARMI<br />

ORA, FANTOCCIO? Dai, prego, ammazzami con un’altra<br />

pedata! Dai! Roviniamo la festa a questi due stronzi, NE-<br />

GRO. Forza! FAMMI SECCO, FIGLIO DI TROIA”.<br />

James scatta in avanti con violenza, pronto a colpirlo, bloccato<br />

prontamente da T-Bone.<br />

“TI AMMAZZO, FIGLIO DI TROIA, TI FACCIO SEC-<br />

CO”.<br />

<strong>DaCa$h</strong> finge di non avvedersi degli sforzi di T-Bone e fa un<br />

gesto ostentatamente odioso di “<strong>and</strong>ersen” a James, di nuovo<br />

in modalità pisellino.<br />

“T-BONE, PORTA QUESTO IDIOTA FUORI DI QUI.<br />

La festa è finita, hai detto bene. Però ve lo devo dire: CHE<br />

MEZZASEGA! Potreste farmi ammazzare da uno serio per<br />

piacere? Questo –guardatelo! - non mangia da mesi!”<br />

Anche il fonico si è ora messo a fermare James, in esc<strong>and</strong>escenze,<br />

e agita i pugni.<br />

“Eddai, dategli la polpetta del cane e fuori dai coglioni!”<br />

James viene portato via, probabilmente sedato con un proiettile<br />

da rinoceronti.<br />

<strong>DaCa$h</strong> si mette in un angolo a ripassare i testi, apparentemente<br />

indifferente all’accaduto.<br />

In fondo al suo cervello più primitivo, ha però visto la paura<br />

in faccia. Ha avuto il privilegio di conoscere la sua morte,<br />

cieca, brutale e priva di intellletto prima del tempo, e ora ha<br />

un nome, un volto, un odore che sapeva avrebbe impregnato<br />

75


i prossimi giorni – i giorni restanti – della sua vita.<br />

21. Ain’t no thang<br />

“Non ho capito, che ha fatto?” disse T-Bone, reprimendo un<br />

risolino, nel retro di una qualche limo chissà dove.<br />

Wysdom respirò di nuovo a fondo, era seccato dai modi del<br />

suo interlocutore.<br />

“Ha fatto freestyle, ha improvvisato”.<br />

Sentì T-Bone tirare una pr<strong>of</strong>onda sniffata di coca. “Eeeeh?<br />

Freestyle?” si stava armeggi<strong>and</strong>o il naso. “Lo scimmione?”<br />

Lo studio era vuoto, e Wysdom si sentiva piccolo e vecchio<br />

in mezzo a tutti quei macchinari lampeggianti pure a lui<br />

familiari.<br />

“Sì”.<br />

“Raccontami”.<br />

Strinse più forte il sottilissimo cellulare nero e liscio nella<br />

mano rugosa, altrettanto nera.<br />

“Niente, coda strumentale di un pezzo, mancava la parte di<br />

sax, e finita la str<strong>of</strong>a si guarda in giro, fa due grugniti, ed<br />

attacca a fare improvvisazione. Noi tutti a bocca aperta”.<br />

“Com’era?”<br />

“Mah, guarda, poco più che scolastico come contenuti, ma a<br />

tempo. Roba che qualunque whiteboy tredicenne su internet<br />

saprebbe fare”.<br />

“Però l’ha fatta lui”.<br />

“Sì”.<br />

“Stavamo riprendendo?”<br />

“Come sempre”.<br />

76


“Ma guarda lo scimmione, ci tira fuori anche il freestyle!<br />

Come suo maestro, sarai orgoglioso di lui...”<br />

“Beh...”<br />

“Massì dai, del resto la vostra roba vecchia scuola era a prova<br />

di scimmione, e...”<br />

“Yo” lo interruppe <strong>of</strong>feso “allora?”<br />

T-Bone si fece una risata sonora.<br />

“Ok, beh, vado. Bella”.<br />

Clic.<br />

Per qualche secondo Wysdom restò ad ascoltare l’aria che il<br />

telefono gli s<strong>of</strong>fiava nell’orecchio. Poi lentamente, con un gesto<br />

misurato, abbassò il braccio, e chiuse il cellulare, rest<strong>and</strong>o<br />

in piedi immobile al centro dello studio silenzioso.<br />

22. Pisellino<br />

E ogni tanto era chiuso nella sua camera, le mani sugli occhi,<br />

seduto, ed aveva paura.<br />

I dialoghi interiori di <strong>DaCa$h</strong> <strong>and</strong>avano affin<strong>and</strong>osi. O meglio:<br />

ora c’erano. Il bolso ed ignorante Leeroy Washington<br />

si era evoluto in <strong>DaCa$h</strong>, le parole che usava anche con se<br />

stesso erano più rilevanti, ricche, qualcosa dei giochi di parole<br />

più o meno grezzi che aveva cantato in questo anno erano<br />

entrati a far parte della sua esperienza, e la nebbia attorno<br />

alla sua mente era <strong>and</strong>ata assottigli<strong>and</strong>osi sensibilmente. No,<br />

in nessun caso sarebbe stato accettato ad uno di quei club di<br />

cervelloni che passavano le serate a fare giochini da autistici<br />

coi numeri o a fare Paroliamo in Klingon, ma la differenza<br />

la sentiva.<br />

77


Ogni tanto pensava, e sentiva il suo cervello annaspare alla<br />

ricerca di una soluzione.<br />

Se prima di conoscere Pisellino era consapevole che il suo<br />

patto aveva un prezzo da pagare alto, conoscerlo aveva strappato<br />

al mondo dell’astratto questa evenienza.<br />

Wysdom, Big P e tutti quanti si comportavano come se avesse<br />

dovuto <strong>and</strong>are avanti per sempre. Ovvio, che altro avrebbero<br />

dovuto fare? Del resto non erano amici, oddio, forse<br />

Wysdom non era male, amico è un’altra cosa.<br />

E che me l’hanno fatto conoscere a fare? Per farmi paura?<br />

No, beh, è chiaro, è parte del loro gioco, di che stiamo parl<strong>and</strong>o,<br />

io sono il loro giocattolo, tanto i milioni li stanno già<br />

facendo, anche se Pisellino non mi ammazza gli va bene lo<br />

stesso. Jamija mi parla dei suoi dei, delle sue robe, ma ama<br />

un morto, io sono il morto che cammina nei suoi tarocchi,<br />

un anello da sposo con dentro una data di morte e non di<br />

matrimonio, latte scaduto alla mensa dell’asilo. In milioni<br />

mi conoscono, ma io resto Leeroy Faust Washington III, che<br />

pensava l’anima fosse solo una favoletta.<br />

Che faccio? Dove scappo? Tutti sanno chi sono, non posso<br />

nascondermi neanche in Antartide. Quei due mi ammazzano<br />

e io sono qui a dover dire loro grazie, pensa tu. Sono vivo<br />

e sono già morto, canto le canzoni che già parlano della mia<br />

morte, come quello con la frangetta emo dei Beetles o come<br />

si chiamano...<br />

Che faccio?<br />

Il cellulare sulla scrivania aveva suonato una melodia nota,<br />

l’ennesima sua hit. Nemmeno lì il nuovo Faust <strong>DaCa$h</strong> era<br />

78


al riparo da Leroy GiàMortoUnaVoltaEPrestoDue Washington.<br />

Un gran casino, compare.<br />

Raccolse il cellulare, il display diceva Wysdom.<br />

“Yo”.<br />

La voce di Wysdom era pr<strong>of</strong>onda. “Che fai man?”<br />

“Niente”.<br />

“Niente?”<br />

“Riposo”.<br />

“Birretta?”<br />

Era una richiesta non inconsueta ma non scontata.<br />

Si alzò lentamente, sentendo i muscoli delle gambe tirare un<br />

po’ sotto le bragone rap.<br />

“Sì dai. Qui nella hall?”<br />

“Tra dieci minuti”.<br />

Appoggiò il cellulare, spegnendolo. Non aveva bisogno di<br />

sentire nessuno ora, Jamija era chissà dove, e un po’ di spazio<br />

gli piaceva. Chevelle tantomeno. Non aveva voglia di spaccare<br />

l’ennesimo telefono. Ricco si, scemo è un’altra cosa.<br />

Lo specchio rim<strong>and</strong>ò l’immagine del suo cuginetto frocio<br />

Leeroy <strong>DaCa$h</strong> cadavereambulante Washington.<br />

Hmm.<br />

23. Say no go<br />

Qu<strong>and</strong>o era giovane Wysdom doveva essere stato un gran<br />

fico, uno di quelli seri, militanti: aveva fatto anche un featuring<br />

su un pezzo del primo disco dei Public Enemy che però<br />

all’ultimo era stato tolto dalla scaletta.<br />

Ora a vederlo aveva la panza, zoppicava un po’ (incidente<br />

79


di skate, fa fico da dire a 20 anni alle pischelle ma a 50 ti<br />

senti un po’ coglione), nessun tatuaggio visibile e con gr<strong>and</strong>e<br />

disappunto di tutti non somigliava nemmeno un po’ a<br />

Morgan Freeman. Parlava poco, cosa strana per un mc, ed<br />

assennatamente. Forse era l’età, forse solo il carattere.<br />

Era già seduto qu<strong>and</strong>o le porte dell’ascensore dell’hotel si<br />

aprirono. Era in questa hall ordinata e un po’ anonima, l’hotel<br />

Pretenziosis di Losalcazzo Town, Stati Uniti di Obamia,<br />

qualche panciuto in giacca che portava a spasso il suo sudore<br />

fino al banco, be<strong>and</strong>osi dell’aria condizionata ammazzacervicale<br />

e schiacci<strong>and</strong>o i brufoli del telefonino fichetto per<br />

vedere se gli prendeva il wi-fi o una app nuova per vedere le<br />

donne senza vestiti come negli occhiali delle pubblicità.<br />

Si sedette, e Wysdom alzò una mano con eleganza per chiamare<br />

il cameriere messicano in prevedibile quanto informe<br />

livrea.<br />

“Una birra?” fece rivolto a lui.<br />

“Yeah”.<br />

“Gr<strong>and</strong>e o piccola?” chiese il cameriere.<br />

“Piccola”.<br />

“Anche per me grazie”.<br />

Il messicano si allontanò indifferente. <strong>DaCa$h</strong> non era un<br />

gr<strong>and</strong>e conversatore, ma oggi aveva un argomento.<br />

“Qu<strong>and</strong>o, man?”<br />

Wysdom non fece finta di non capire. Aveva deciso di essere<br />

leale.<br />

“Vuoi la verità?”<br />

“Sì, chiaro”.<br />

“Non lo so. Non mi hanno detto un cazzo”.<br />

80


<strong>DaCa$h</strong> si scrocchiò le nocche, ma senza nessun tipo di aggressività<br />

nel gesto.<br />

“Non ti hanno detto?”<br />

“No, man. Io sono uno stipendiato, che credi”.<br />

“Più le royalties di alcuni miei pezzi”.<br />

“Sì” deglutì Wysdom “ho scritto qualcosa. Ho venduto l’anima<br />

al diavolo perbene, no?”<br />

“Faust Wysdom” lo incalzò pacato “non ti preoccupare.<br />

L’anima l’ho venduta prima di te” fece una breve pausa assolutrice.<br />

“Se non lo facevi tu l’avrebbe fatto qualcun’altro.<br />

Almeno tu sei a posto”.<br />

Pausa.<br />

“L’hai letto il libro poi?”<br />

“Ma che ne so” fece <strong>DaCa$h</strong> ondeggi<strong>and</strong>o le mani in aria.<br />

“Sì, l’ho letto, poi mi stanco, poi lo ripiglio, non ricordo:<br />

sono stato stupido per troppo a lungo oramai. Ci provo, davvero,<br />

man, ci provo. La cosa che mi secca più di tutte, anche<br />

forse più del morire, è quella di sentirmi trattare da idiota,<br />

tanto che alla fine me ne sto convincendo pure io. Chiaro<br />

che non sono un genio, man, evidente anche ad un neonato,<br />

ma idiota è un’altra cosa. Non è che fare lo spaccino non ti<br />

insegni niente della vita: sono ignorante, non idiota. Non ho<br />

l’intelligenza, ho solo la furbizia della strada”.<br />

Wysdom lo lasciò parlare, e <strong>DaCa$h</strong> continuò il suo sfogo:<br />

“Guarda, in quest’annetto ho capito un sacco di cose. Ho<br />

capito che sono solo un pollo, uno specchietto per le allodole,<br />

sì, mi sono fatto l’annetto di figate, dicendo una marea<br />

di stronzate che persino io non avrei detto mai e delle quali<br />

magari mi vergogno ammesso me ne freghi un cazzo, e ho<br />

81


conosciuto gente strafica come te e Jamija, chiaro. Ma ora mi<br />

ruga il culo da matti a crepare. Crepo da pr<strong>of</strong>eta? Bel pr<strong>of</strong>eta<br />

dimmerda. Anche perché non è che crepo per una buona<br />

causa, che ne so, trovare una cura per il cancro o la cura per il<br />

maldidenti o che cazzo ne so, ma solo per i soldi di quei due<br />

bastardi di T-Bone e Fat Hustla. Chiaro, ho fatto un patto,<br />

ma mi ruga da paura”.<br />

Wysdom si fece avanti sulla poltrona.<br />

“E che pensi di fare?”<br />

Gli occhi di <strong>DaCa$h</strong> si spensero un pochino di più.<br />

“E che penso di fare, man? Che ne so? Questo non è un film<br />

con la trama fica, il lieto fine, o io il Mc Gyver del cazzo.<br />

Sono fatto e finito, man, sono cotto. Aspetto la signora con<br />

la falce, e basta. Questo è il quanto”.<br />

Restarono in silenzio per quasi due minuti, mentre nella hall<br />

i doppi vetri attutivano il rumore del traffico fuori.<br />

Poi Wysdom disse:<br />

24. <strong>The</strong>y the paparrazi, they the livest<br />

posses, Kamakazi, nazi, nazi, copy papi<br />

Da qualche scrivania dalle parti del Maryl<strong>and</strong> parte un primo<br />

segnale che le vendite sono in flessione. Il quinto singolo<br />

del primo album di <strong>DaCa$h</strong> ha fatto il suo, il video con<br />

i featuring prestigiosi pure, e la mucca è stata spremuta, il<br />

limone munto.<br />

La decisione è già stata presa da tempo comunque: l’11 settembre<br />

<strong>DaCa$h</strong> presenterà il suo nuovo lavoro, “Martyr Superstar”.<br />

Sì, i frocetti del marketing sono bravi, lo sanno.<br />

82


Da qualche parte qualcuno sta cominci<strong>and</strong>o ad affilare matite<br />

come se fossero spade e guarda nei mirini delle macchine<br />

fotografiche digitali come mirini da cecchino. Non lo sanno,<br />

probabilmente, ma stanno per testimoniare la più celebrata<br />

esecuzione di massa di tutti i tempi, una bella crocifissione<br />

mediatica come mai se n’è vista, un martirio in full HD, non<br />

un 11 settembre da filmato mosso di youtube come tanti.<br />

I gruppi di interesse, le Mamme per il Rock Pulito, i Testimoni<br />

di Mercury, i Progressisti per un futuro Non Eterosessuale<br />

stanno prepar<strong>and</strong>o manifestazioni, interrogazioni,<br />

pubbliche esecuzioni, aument<strong>and</strong>o le divisioni, facendo il<br />

gioco dei loro padroni, prepar<strong>and</strong>osi alle escoriazioni dopo<br />

le vessazioni dei Plotoni dei miei coglioni, dell’Esercito dei<br />

Buoni e dall’Orgoglio Delle Nazioni che si muove compatto<br />

a bloccare i suoi suoni.<br />

Da qualche parte la b<strong>and</strong> di <strong>DaCa$h</strong>, che si muove con un<br />

bel gruppo live compatto di 11 esecutori, fa prove. In un<br />

punto dello show, la canzone “Hero/Victim” (“hero/victim/<br />

negro/victim”) il volume si alza per terminare in uno sparo,<br />

va provato bene, è di gr<strong>and</strong>e effetto, sembra vero.<br />

I magazines sono stati informati sull’uscita a metà aprile, in<br />

ampio anticipo, prepar<strong>and</strong>o tutto per tempo. La tensione<br />

sale, e le advance del disco nuovo sono state m<strong>and</strong>ate ai giornalisti<br />

più in, e su internet qualche pezzo già gira: messo fuori<br />

apposta, a bassa qualità. Si fa così nel ventunesimo secolo. Il<br />

disco è proprio bello, c’è da dire. Prodotto magnificamente,<br />

suona da dio, i testi sono spessi nel loro odio pieno, e la gr<strong>and</strong>e<br />

sorpresa è proprio <strong>DaCa$h</strong>, che senza perdere la rozzaggine<br />

gangsta del primo disco, è diventato più sciolto, più fluido.<br />

83


Sui messaggi che il disco lancia tacciamo pietosamente:<br />

om<strong>of</strong>obi, arroganti, misogini, anche razzisti, ma va bene per<br />

tutti. I culi ondeggeranno felici e sudaticci, e gli adolescenti<br />

con le petunie in faccia mugugneranno la loro angst giovanile<br />

con un positivo modello negativo da amare. Un Tupac<br />

Cobain Morrison da venerare crocifisso sulle pareti di migliaia<br />

di camerette suburbane.<br />

La telecamera della Storia zooma all’indietro, si prepara al<br />

Gran Finale.<br />

T-Bone e Fat Hustla fanno girare il registratore di cassa e<br />

ridono.<br />

Wysdom parlotta con Big P, che sgranocchia un sedano.<br />

<strong>DaCa$h</strong> è ancorato ai seni neri di Jamija in un amplesso<br />

come-se-fosse-l’ultimo, e forse lo sarà.<br />

La città fuori sonnecchia come un cobra, pronta a svegliarsi<br />

di scatto, per essere pericolosa, mentre il resto dell’America<br />

rurale dorme sogni inquieti.<br />

È notte, nell’emisfero nord, e la terra gira indifferente mentre<br />

l’estate volge al termine.<br />

25. It’s on<br />

C’è sicuramente qualcuno sul palco che sta aprendo lo show,<br />

ma a lui non importa ora. Anche nell’ovattatissimo backstage<br />

i bassi sembrano i passi del tirannosauro di Jurassic Park.<br />

Boom boom boom. Non c’è allegria nel backstage ora, c’è<br />

concentrazione. Qualcuno si fa svogliatamente una battuta,<br />

si tira una manata da spogliatoio maschile, ma senza entusiasmo.<br />

<strong>DaCa$h</strong> è chiuso nel camerino. Non ha voluto ve-<br />

84


dere nessuno, nè Jamija, nè Wysdom, nè Big P, Fat Hustla,<br />

nessuno. Si è chiuso dentro e sembra più un pugile in attesa<br />

del match che un cantante teso prima di un’esibizione, per<br />

quanto importante.<br />

Fuori c’è tutto il pianeta che guarda lui.<br />

(Sigla, logo di MTV, ripresa dall’alto a scendere in maniera<br />

morbidissima sulla folla in festa. Ripresa sulle prime file:<br />

un sacco di ragazze - probabilmente a nolo - estremamente<br />

carine ed estremamente discinte biondeggiano sgargianti,<br />

mentre una piccola folla di thugs neri in gr<strong>and</strong>e spolvero si<br />

accalca subito dietro.)<br />

“Ciao a tutti buonasera, io sono Ashton Maguire, ci siamo!<br />

Le ultime note dei Bad New Boyz stanno finendo ora. Ci<br />

siamo! Il momento che tutti aspettiamo è giunto. Questa<br />

sera, su questo palco, in quel Madison Square Garden che lo<br />

ha visto debuttare, la più gr<strong>and</strong>e star dell’hip hop mondiale,<br />

<strong>DaCa$h</strong>, sta per presentare il suo nuovo attesissimo album,<br />

“Martyr Superstar”. La gente sotto il palco sta per<br />

nei picchetti fuori. Vola qualche manata. La polizia contiene<br />

i manifestanti, ma ci sono segni di nervosismo. Da un lato le<br />

associazioni che protestano, dall’altra i pischelli e i gansta più<br />

o meno veri, “frocio” è l’insulto preferito, il<br />

sta cammin<strong>and</strong>o da qualche parte tra la folla. Non ha fretta.<br />

Non prenderà un banale posto da cecchino, in alto, al sicuro,<br />

per scappare dopo avere fatto secco il merdoso. No no. Va<br />

85


enissimo che lo prendano: il tumore se lo sta mangi<strong>and</strong>o,<br />

grazie ai bei proiettili all’uranio impoverito usati nel Golfo,<br />

ma stasera sarà lui il martire, l’eroe. Farà secco il merdoso<br />

che parla e capisce solo di puttane, coca, froci. Via, via questa<br />

schiuma. La società deve gettare fuori la spazzatura, e lui<br />

stasera sarà un artefice del bene, il dito di Dio sul cane del<br />

fucile. La gente ha. Bisogno. Di un. ESEMPIO.<br />

Qualcuno lo urta, un negro. Lui lo guarda fisso, il negrone<br />

lo riguarda fisso, si gira, ignora questo fantoccetto scheletrico<br />

whiteboy. Pesa trenta grammi, con questa faccia da rinsecchito:<br />

evitiamolo, chi se ne.<br />

Ha qualcosa che gli batte contro il fianco, sotto l’impermeabile:<br />

è un fucile. Piccolo, mortale. Numero di serie limato,<br />

forse a mano dai due tipi che l’hanno assunto. Merde. Si fa<br />

avanti tra la gente che<br />

si è <strong>and</strong>ata a chiudere in un camerino. Ha acceso una c<strong>and</strong>ela.<br />

Si è tolta il turbante. Sotto, i capelli sono a sorpresa<br />

cortissimi.<br />

È una scelta essere così. Come è stata una scelta diventare<br />

Jamija da Eunice che era, in una vita precedente, qu<strong>and</strong>o era<br />

qualunque e non conosceva la via dello spirito. Ed è difficile,<br />

non essere qualunque, it’s an everyday struggle, una lotta di<br />

ogni giorno. Il Suo guerriero è un bambino che gioca con<br />

un’arma. Ha in mano una pistola, e rischia di ferirsi, o di<br />

ferire lei a morte. Lei accende una c<strong>and</strong>ela ancora: a volte le<br />

vie della spiritualità passano per gesti semplici, banali, universali,<br />

ma proprio in quanto tali reali. Lei prega. I lwa sono<br />

inquieti, vibrano, fremono, a volte gridano.<br />

86


Ha paura. Sì, ha paura. E<br />

nel camerino <strong>DaCa$h</strong> si alza, tira un respiro pr<strong>of</strong>ondo, finge<br />

due jab davanti allo specchio, abbozza un sorriso. Hmm.<br />

Comincia a stargli simpatico, ‘sto cugino suo homo. Esce, il<br />

gruppo è fuori. Lo guardano tutti come il tacchino a Natale.<br />

Non lo sanno, eh, pensa. Però lo so io. Lo so e basta: hanno<br />

scelto oggi per farmi la festa, dai, è un’occasione assolutamente<br />

troppo ghiotta. Vorrebbe fare qualche “discorso alle<br />

truppe”, ma dai, non è capace. Tira un po’ di cinque a due<br />

o tre strumentisti che gli sono simpatici, poi arriva davanti<br />

a Big P, si ferma, gli sorride. Big P lo scruta per un attimo<br />

interrogativo tipo “cazzo mi sorridi a fare scimmione”. E non<br />

è meno interrogativo il suo sguardo qu<strong>and</strong>o si accorge - con<br />

un secondo di ritardo - che <strong>DaCa$h</strong> gli ha afferrato il pisellone<br />

e gli sta d<strong>and</strong>o una strizzata di palle mortale. Gli altri<br />

ragazzi ridono, acclamano <strong>DaCa$h</strong>, fanno casino, ah cazzo,<br />

che simpatico. Ma <strong>DaCa$h</strong> non gli sta d<strong>and</strong>o una virile<br />

strizzata di coglioni: gli sta veramente facendo male, stringe<br />

forte tanto da stritolare. Urla, cade per terra, gli altri gridano<br />

che frocio, quanta scena, sei un pussy, non fare il fotocopia,<br />

qualcuno, accattiv<strong>and</strong>osi la simpatia di <strong>DaCa$h</strong> lo chiama<br />

mangiaverdure da dietro. Un po’ il nervoso un po’ questo si<br />

trova che ride forte. Big P sta per terra, stringe le ginocchia e<br />

pesta i piedi per terra, ma nessuno lo tira su. Il gruppo è tutto<br />

con lui. Che strana senzazione per<br />

sta per salire sul palco! signore e signori, ci siamo davvero! Sul<br />

palco, del Madison, Square, Garden, di New York, accom-<br />

87


pagnato dai B<strong>and</strong> <strong>of</strong> Mischiefs, DACAAAAAAAAAAA-<br />

ASH.<br />

din din din din din din tintinnano, tintinnano, tintinnano<br />

sonore le monete che ogni secondo fioccano nelle loro<br />

tasche. Fat Hustla e T-Bone sono nella VIP Zone, accompagnati<br />

dalla solita Ultima Cena di scrocconi e puttane. Si<br />

godono solo in parte il momento, emozionati anche se sanno<br />

che <strong>and</strong>rà tutto liscio, e cioè tutto male, e bene. Il<br />

più polizia. Qualcuno parte dalle file dei manifestanti. No,<br />

non è una molotov, ma il poliziotto ha visto male e ha tirato<br />

una manganellata in faccia a questa lesbica. Ah no, è un tipo,<br />

si, oh non si capisce con queste telecamere che, si, ti sento, eh<br />

la protesta sta salendo in<br />

vede il suo bassista guardarlo incredulo. Oh, stasera ce l’ha.<br />

Stasera sta spacc<strong>and</strong>o: lo vede nelle facce della gente davanti<br />

a se. Spacc<strong>and</strong>o, oddio, sta facendo benino, ma per il suo precedente<br />

st<strong>and</strong>ard di inascoltabilità chi uscirà da qui stasera<br />

sarà col sorrisone gr<strong>and</strong>e gr<strong>and</strong>e. Hmm. Forse, già. Accenna<br />

una posa, si blocca in una specie di grottesca imitazione di<br />

Michael Jackson, roba da far girare Jacko nella tomba come<br />

un kebab, e la gente esplode. Bah, strana la gente. Ora finisce<br />

tutto. Seconda str<strong>of</strong>a, stavolta contro i froci, il<br />

si alza, le fanno male le ginocchia a forza di stare giù. Oh, i<br />

lwa se hanno voglia hanno capito. Non sono nè stupidi (figuriamoci)<br />

nè sordi, e le piaghe sulle ginocchia non le voglio.<br />

88


Fuori è un casino e mezzo, non glie l’ha mai detto abbastanza<br />

forte ma la sua musica, bah. Insomma, odierebbe fare la<br />

Yoko Ono ma non è che canterà per sempre, no?<br />

che mancano tre canzoni. Che è stufo di stare in mezzo al<br />

negrame puzzone ma gli hanno detto, T-Bone e quell’altro<br />

scemo, aspetta quel pezzo, c’è un crescendo con uno sparo<br />

finale, tu aspetti quello sparo, bang, tutti penseranno a una<br />

presa in giro scenica, ma il sangue vero di <strong>DaCa$h</strong> scorrerà, e<br />

tu sarai un Eroe. Non è stupido, sa che si appr<strong>of</strong>ittano di lui.<br />

Amen. Il fine giustifica i mezzi, diceva<br />

elicottero, scene ingiustificabili fuori da quello che dovrebbe<br />

essere solo un concerto e invece<br />

vedono lo scemo in mezzo alla gente. Che idiota. Una specie<br />

di martire autoconvinto, vabbè lo sai, gli dice l’altro, ammicca.<br />

Lo show, rispetto all’altro, è molto molto meno un’agonia,<br />

passa abbastanza bene.<br />

Sì, ecco, siamo al clou. La canzone parte, sì, sono un martire,<br />

bla bla bla, io, povero sfruttato emarginato ammazzerò voi<br />

bianchi froci di merda che blaaaaa blaaaaa blaaaaa chi se ne<br />

frega. Oh, se non le avesssi fatte io ‘ste canzoni non le avrei<br />

MAI cagate per un attimo. Ma tra pochi secondi arriveremo<br />

al crescendo e la scommessa sarà vinta del tutto. Oh, futuri<br />

inediti, rendetemi ancora più schifosamente miliardario, e<br />

un crescendo veramente intenso. “Rossiniano”, direbbe qualche<br />

giornalista molto molto ben pagato: dai, è una canzo-<br />

89


netta, ma la b<strong>and</strong> ci dà dentro. <strong>DaCa$h</strong> sciorina la sua bella<br />

manata di odio, insulta un frocio qui, un bianco lì, stupra<br />

una moglie là, ed è molto convincente, sente la canzone. Il<br />

crescendo sale, mancano otto battute allo sparo.<br />

tra le braccia in alto nessuno si accorge del fucile montato.<br />

Prende la mira con calma.<br />

i manifestanti cominciano a lanciare sassi e<br />

<strong>DaCa$h</strong> interrompe la b<strong>and</strong>. “Fermi, fermi, fermi”.<br />

Non è come nel reggae, un pull up per tirare su la gente.<br />

La b<strong>and</strong> si ferma piano, il batterista tira una rullata poco<br />

convinta. Il climax della canzone era molto coinvolgente,<br />

sono tutti attoniti.<br />

“Ferma, ferma, ferma tutto”.<br />

La gente urla, ma Daca$h fa il gesto di stare zitti, la gente è<br />

eccitata, ci vuole un po’, ma obbedisce. Si sente nettamente<br />

il casino fuori.<br />

Jamija guarda sorpresa. Colta da ispirazione, afferra la sua<br />

borsa, e corre verso il retropalco.<br />

Big P sta dietro, ha paura per i suoi coglioni, guarda attonito<br />

la parte dove ci sono Fat Hustla e T-Bone, non sa che fare.<br />

“In questa canzone” dice non senza fiatone “in questa canzone<br />

tra quattro barre avrei ucciso il figlio dello sbirro della<br />

canzone. Vi pare fico?”<br />

90


La gente esita. Alcuni esultano, gridano sì, ammazzalo, fallo<br />

fuori, ancora esaltati dal potere della musica. Altri mugugnano:<br />

fermata la fascinazione delle sette note, resta un testo violento,<br />

da ascoltare senza farsi beccare dalla propria amabile<br />

sposa.<br />

Lui li incalza, li fa urlare di più “vi pare una figata? fatemi<br />

sentire laggiù!”. La gente urla, confusa, chi sì chi no. T-Bone<br />

e Fat Hustla sono sorpresi da come <strong>DaCa$h</strong> “tenga il palco”.<br />

“È una figata o no?”<br />

L’intero posto è un delirio di gente che urla: il volume è assordante,<br />

il rumore massimo, e nessuno fa caso ad un magrolino<br />

che tira fuori un fucile e prende con calma la mira.<br />

“NO!” grida perentorio <strong>DaCa$h</strong>. “Mi sono rotto il cazzo di<br />

cantare tutta questa violenza, questo nonsense”.<br />

Fat Hustla e T-Bone spalancano gli occhi e si guardano. Imprevisto.<br />

Imprevisto. Cercano il matto con lo sguardo.<br />

“Perché ragazzi, non sono per niente il più duro del ghetto, il<br />

king, lo stupravergini. Andiamo. Chi cazzo ci crede. Dai. Si<br />

vede lontano un chilometro. Guardatemi bene”.<br />

L’intero Madison trattiene il respiro, implode in un buco<br />

nero di silenzio. Qualcuno tra i più arguti capisce e pensa<br />

“ma no, dai, non è possibile”.<br />

91


“IO SONO GAY”.<br />

26. Who’s the king<br />

“Sì, sono frocio, è tutto vero. Sono gay. Non è una battuta”.<br />

Per tre interminabili secondi il Garden è in totale, completo<br />

silenzio: si sentono distintamente i tumulti fuori.<br />

La massa è attonita, smarrita: quello che li educava all’odio,<br />

è il nemico?<br />

Qualcuno persino ridacchia. La risata comincia a crescere,<br />

ma la massa è confusa.<br />

“No, no, non ridete. Sono gay, e stufo di questo giochino,<br />

basta, basta odio”. Si gira, afferra Big P per il pacco per un’altra<br />

volta, e appr<strong>of</strong>itt<strong>and</strong>o della sorpresa, lo bacia sulla bocca.<br />

Un secondo di pausa.<br />

Poi l’urlo. E il lancio di oggetti. Violentissimo.<br />

“FROCIO! FROCIO DI MERDA! CREPA!”. La massa<br />

esplode, l’odio che stava mont<strong>and</strong>o con la canzone ha sfogo<br />

nella peggiore delle maniere.<br />

James Edgar Lee III il Tumorato del Signore con il suo fucilino<br />

prolungapene viene travolto dalla folla inferocita, altro<br />

che mira.<br />

Big P, non è davvero la sua giornata, si becca un anfibio in<br />

piena faccia, e cade sonoramente di ginocchia sul palco.<br />

<strong>DaCa$h</strong> scappa come uomo che scappa, gambe in spalla,<br />

trova Jamija davanti a se e la prende per mano. Lei è pronta,<br />

mentre la folla, carica di odio, comincia a spaccare tutto,<br />

92


gener<strong>and</strong>o risse sempre più gr<strong>and</strong>i a ondate, in una serie di<br />

gironi danteschi di follia.<br />

Fat Hustla e T-Bone si guardano esterrefatti. E non perché<br />

dovranno pagare il danno, no: briciole. Spiccioli.<br />

La loro mente sanguina pens<strong>and</strong>o alle dozzine di dischi inediti<br />

di quello che al momento è il rapper più svalutato del<br />

pianeta. Milioni di dollari nel cesso in istanti: credibilità del<br />

personaggio, zero, vendibilità dei dischi, meno di zero. Catastr<strong>of</strong>e,<br />

rovina. Carriere di tutti: finite. Da domani saranno<br />

“froci” anche loro, per tutto il mondo, cornuti e mazziati.<br />

T-Bone ha le mani nella faccia, e pensa serissimamente se<br />

farla finita o meno. Fat Hustla grida, bestemmia, minaccia<br />

denunce al vento e contro il vento.<br />

Appr<strong>of</strong>itt<strong>and</strong>o della confusione e degli scontri fuori, che nel<br />

frattempo si sono mescolati con quelli dentro in un enorme<br />

vortice di pazzia, Daca$h e Jamija riescono a svignarsela senza<br />

troppe difficoltà.<br />

Wysdom, da qualche parte dello stadio se la ghigna. “La furbizia<br />

della strada”, figlio di puttana. Ben fatta. Si gira, e se la<br />

svigna, senza fretta. I soldi delle royalties dei pezzi già passati<br />

in radio gli terranno caldo per diversi inverni.<br />

93


Outro: morale<br />

Potreste immaginare Leeroy Washington di nuovo negli<br />

anonimi panni di sé stesso e non più <strong>DaCa$h</strong> ripreso da un<br />

elicottero su una coupè mentre si allontana nei boschi del<br />

Nevada con Jamija a fianco come nel finale di Blade Runner.<br />

Oppure dopo due settimane accanto a Beth Ditto, Chris<br />

Crocker, Perez Hilton e altri in qualche talk show.<br />

La verità è probabilmente meno sbrilluccicante. Forse si sono<br />

sposati da qualche parte, se non si sono mollati; qualche volta<br />

qualcuno dice di averli visti in giro, ma si sono nascosti, con i<br />

soldi del conto scampati al massacro e che Jamija gestiva. Leeroy<br />

non canta più nemmeno sotto la doccia, e chiama Chevelle<br />

una volta a settimana con il vivavoce, così urla ma non<br />

troppo e non spacca altri telefoni. Stupido è un’altra cosa.<br />

Forse avranno dei figli, ma non faranno parte di questa storia.<br />

<strong>DaCa$h</strong>, <strong>DaCa$h</strong> è morto quella sera. Chi era al concerto<br />

ha negato tre volte prima che il cock cantasse, chi aveva i<br />

dischi li ha defenestrati con imbarazzo, come se la mamma ti<br />

avesse beccato i pornelli zozzi. <strong>DaCa$h</strong> è morto quella sera.<br />

Non Leeroy, ma <strong>DaCa$h</strong> sì. Nessuno dei suoi dischi viene<br />

chiesto in radio: nessun fake passa nella severa cultura hip<br />

hop, e <strong>DaCa$h</strong> è più imbarazzante dei Milli Vanilli. Nemmeno<br />

alle feste gay lo passano, neppure per dileggio.<br />

Da qualche parte, in una cantina delle Hollywood Hills,<br />

come fossero scorie tossiche, giacciono centinaia di canzoni<br />

stoccate in hard disk che si corromperanno nel tempo. Centinaia<br />

di ore di odio pieno, acido, corrotto, destinate all’oblio<br />

nel seno misericordioso del tempo.<br />

94


Ringraziamenti<br />

ReddArmy Family.<br />

Aless<strong>and</strong>ra Kersevan.<br />

Paolo Cantarutti.<br />

Chiara Papaccio.<br />

Paola D’Elia.<br />

Damir Ivic.<br />

Kento.<br />

Giulia Blasi.<br />

Emiliano Colasanti.<br />

Irko.<br />

Padre, madre. Sempre e comunque.<br />

B., che mi rende vivo.<br />

95


kappa vu

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