Scarica The Life and Times of DaCa$h - Rolling Stone
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FULVIO REDDKAA ROMANIN<br />
“<strong>The</strong> life <strong>and</strong> times <strong>of</strong><br />
<strong>DaCa$h</strong>”<br />
TRATTO DA “LA STAGIONE DELLA MUTA”
tratto da<br />
LA STAGIONE DELLA MUTA<br />
MORE PULP TALES.<br />
edito da KappaVu editore<br />
in collaborazione con<br />
ReddArmy<br />
<strong>Rolling</strong> <strong>Stone</strong> Italia
<strong>The</strong> life <strong>and</strong> times <strong>of</strong> <strong>DaCa$h</strong><br />
“I used to write shit to please niggas<br />
Now I write shit to freeze niggas”<br />
Common, “Electric wire hustle Flower”Electric Circus, 2002<br />
”Figli miei, state attenti a non farvi degli idoli”<br />
Atti degli apostoli, I Giovanni 5, 21<br />
5
Disclaimer (Bada)<br />
Questo racconto vive ed abusa di alcuni cliché del genere di<br />
cui parla.<br />
Il linguaggio e l’immaginario di questo racconto non rispecchiano<br />
fedelmente la cultura hip hop, ma accentuano in<br />
maniera spesso grottesca e caricaturale alcuni degli stereotipi<br />
che spesso vengono percepiti da un pubblico esterno al genere,<br />
specialmente a livello di certo mainstream.<br />
Ridurre l’hip hop a puttane, macchinoni, pistole e gioielli<br />
è insultare una delle più importanti forme culturali del nostro<br />
tempo. Per quanto il genere non sia esente, come tanti<br />
altri, da sessismo ed om<strong>of</strong>obia, i personaggi rappresentati in<br />
questo racconto sono iperboli e come tali il loro pensiero e<br />
le loro opinioni, politicamente corrette o <strong>of</strong>fensive che siano,<br />
vanno considerate.<br />
E’ solo un teatrino dei pupi, gente.<br />
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Personaggi principali:<br />
Leeroy “<strong>DaCa$h</strong>”Washington – rapper, ex spacciatore<br />
Lewis William “T-Bone”Jenkins - produttore<br />
Clarence “Fat Hustla”Brown - rapper<br />
Wysdom – rapper “vecchia scuola”<br />
Chevelle – sorella di <strong>DaCa$h</strong><br />
Jamija – attrice e poetessa<br />
Henry “Big P” Roberts – rapper di spalla di <strong>DaCa$h</strong><br />
James Edgar Lee III - l’uomo magro con il fucile da cecchino<br />
7
Glossario essenziale di hip hop<br />
Mc - letteralmente “Master <strong>of</strong> Ceremonies”, nell’accezione degli<br />
ultimi tre decenni generalmente sta per “cantante di rap”(sinonimo:<br />
rapper)<br />
Bboy - letteralmente “ballerino di breakdance”, sinonimo (improprio)<br />
di “appassionato di rap”<br />
Beat – base strumentale<br />
Flow – termine intraducibile letteralmente, significa approssimativamente<br />
la capacità di “stare”a tempo e a feeling con una base musicale<br />
Freestyle – improvvisazione di testi in metrica su una base strumentale,<br />
riportato recentemente all’attenzione delle masse dal film<br />
“8mile”di Eminem<br />
Battle – qu<strong>and</strong>o due mc’s si affrontano in freestyle<br />
Dissing – parlare male del proprio “avversario”possibilmente in<br />
rima. Spesso usato nel freestyle<br />
Blaster o Ghetto Blaster – classico radiolone con casse immense<br />
Crew, Clique, Posse, Ballotta – termini di differente origine e significato<br />
sottilmente diverso tra di loro ad indicare il gruppo di amici<br />
ed artisti che normalmente accompagnano un rapper ed i vari artisti<br />
rap, sopra e sotto il palco<br />
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Bling o Bling Bling - gioielli, usualmente portati come segno di<br />
distinzione e potere<br />
Le Quattro - le quattro arti dell’hip hop: Mcing (cantare rap),<br />
Deejaying (fare il deejay), Writing (disegnare graffiti), Breaking o<br />
Bboying (ballare la breakdance)<br />
Punanny, Pussy – dispregiativo per “donna”, genericamente assimilabile<br />
all’italiano “figa”<br />
Tupac, Biggie - Tupac Shakur e Christopher Wallace, rappers assassinati<br />
in guerre tra gangs<br />
Swag, Swagga - genericamente “spocchia”<br />
Featuring - partecipazione ad un pezzo altrui, spesso serve per dare<br />
prestigio e ad affermare un disco, o un artista<br />
Bloods, Crips - le due più famose gang di strada della west coast<br />
americana, che vantano tra i propri membri una quantità considerevole<br />
di rappers<br />
Spliff - spinello, marijuana.<br />
Struggle - s<strong>of</strong>ferenza, spesso inteso come vita di stenti.<br />
9
00. Qui comincia l’avventura<br />
Cosa può volere un uomo che ha già tutto?<br />
È una dom<strong>and</strong>a oziosa da bar per chi, come la maggior parte<br />
dell’umanità, vive in uno stato di inconsapevole anarchia,<br />
sballottato dal ciclone dei propri giorni e delle proprie pene,<br />
per i più per i quali la vita è navigare a vista, con poche idee<br />
poco chiare sul proprio futuro.<br />
Ma questa nostra storia ha origine da uno dei meno: una di<br />
quelle persone che, per così dire, siedono in cima al mondo.<br />
A soli trentun anni possiede tutto e dico veramente tutto ciò<br />
che la maggior parte dei suoi simili desidera e sogna: valanghe<br />
di denaro, villoni hollywoodiani, donne splendide, auto<br />
di lusso, notorietà; questo grazie alla propria intraprendenza<br />
e ad una robusta dote di culo e sfacciataggine combinate.<br />
C’è un camino acceso sul fondo della stanza, ed è un po’<br />
un cliché come il Courvoisier che sta sorseggi<strong>and</strong>o: ha tutto,<br />
ma non si può pretendere che abbia anche gusti originali. La<br />
sua mano ben curata ha appena chiuso la chiamata su uno<br />
smartphone che nei negozi deve ancora uscire, dove ancora<br />
galleggiano risate e sorrisi con qualcuno di tanto caro quanto<br />
acuminato. Lo appoggia con attenzione sul tavolo, con<br />
un “tic” appena percettibile. Spegne la televisione dinanzi a<br />
sé, e si alza. Ha un bel corpo, scolpito dalla palestra che “chi<br />
può” fa perché deve, senza entusiasmo, perché il corpo è in<br />
fondo solo un biglietto da visita, uno strumento di lavoro<br />
come un altro.<br />
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Cosa potrebbe volere un uomo che ha già tutto?<br />
Ha accettato la scommessa, ed è gasato. È davvero difficile<br />
trovare nuova fame a stomaco così pieno: è difficile essere<br />
creativi qu<strong>and</strong>o tutto va alla gr<strong>and</strong>e. E questa sera è stata generosa<br />
con lui; gli ha portato in dono qualcosa che potrebbe<br />
fargli vuotare armadi e cassetti e farli diventare idee nuove,<br />
e tirare fuori dagli stessi idee vecchie lustr<strong>and</strong>ole con cura<br />
come un paio di scarpe per la domenica di festa.<br />
Accende il mixer ed i vari Mac, in un baluginare di lucine<br />
natalizie. Lucine natalizie che annunciano non la nascita di<br />
qualcuno di importante, ma la morte di qualcuno di sconosciuto.<br />
Cosa potrebbe volere un uomo che ha già tutto se non di<br />
sostituirsi a Dio?<br />
01. Sympathy for the devil<br />
Il solito tanfo da ospedale, la luce gelida, il solito ronzio. L’infermiera<br />
aveva chiuso la porta con una delicatezza insolita<br />
per un servizio pubblico così scalcinato: ne aveva rallentato<br />
con cura la corsa con il palmo della mano ad attutirne il clic<br />
della chiusura. Non che per Leeroy facesse grossa differenza.<br />
Leeroy Washington, un metro e novantatre centimetri per<br />
novantadue chili più morti che vivi, non aveva davvero bisogno<br />
di altre scosse per oggi, ma non se ne sarebbe di certo<br />
accorto. Dal suo corpo nero e muscoloso si dipartivano dieci,<br />
11
venti, forse trenta tubicini di plastica screziati di rosso opaco,<br />
e le garze che coprivano i morsi delle pallottole erano dipinte<br />
da pennellate cupe. Era il suo sangue, il suo sangue che<br />
tamburellava e pulsava impaziente di correre verso il mondo<br />
fuori, via da quel suo corpo così gr<strong>and</strong>e e così masticato dal<br />
piombo.<br />
Nove elegantissimi proiettili ultimo grido (il suo grido, ovviamente)<br />
lo avevano raggiunto al petto come delle piccole<br />
atomiche. Uno due tre quattro nove volte le costole avevano<br />
sobbalzato nel suo torace, fuori da quella gabbia nera sempre<br />
più stretta e fragile.<br />
Ogni tanto riemergeva da un’incoscienza torbida che non<br />
gli concedeva nessun sollievo; rari sprazzi di lucidità, spezzati<br />
da fosche tende di buio. Ricordi confusi, distorti, sirena<br />
dell’ambulanza, voce di donna ispanica di mezza età che urla<br />
qualcosa china su di lui e il cui grido riecheggiava nella sua<br />
testa ancora, e ancora, e ancora, perpetuato in questo loop<br />
oscuro di cui era dolorosamente prigioniero.<br />
Concentr<strong>and</strong>osi con estrema fatica riusciva a ricordare il momento<br />
in cui l’auto di Dusty Bill si era avvicinata, quello sì,<br />
scivol<strong>and</strong>o discreta lungo South Central Avenue, per quanto<br />
discreta possa essere una Mercury Marquis blu del 1978, ed<br />
il finestrino oscurato si era abbassato.<br />
Ma la testa faceva male, male, e i ricordi si accavallavano e si<br />
confondevano tra di loro.<br />
Chiaro, non poteva dare torto a Dusty Bill per averlo quasi<br />
ammazzato, no davvero. Era <strong>and</strong>ato a spacciare fuori da<br />
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una delle sue scuole, nel suo territorio. Glie l’aveva detto in<br />
maniera più o meno amichevole già una volta, quasi fracass<strong>and</strong>ogli<br />
un ginocchio con una mazza da baseball. Secondo i<br />
suoi particolari criteri di amicizia, s’intende. Solo che Leeroy<br />
non avrebbe saputo che altro fare. Spacciare era l’unica cosa<br />
che sapeva fare: meglio che <strong>and</strong>are a fare lo schiavo in un fast<br />
food del cazzo per cinque dollari all’ora.<br />
Ci aveva marciato, finché era durata, aveva fatto finta di<br />
niente anche se il ginocchio faceva male, e aveva continuato<br />
finché qualche testa di cazzo di impiccione di merda non era<br />
<strong>and</strong>ato a spifferare tutto al buon vecchio Bill, che poi tanto<br />
vecchio non era, figuriamoci buono.<br />
La sua testa era un neon morente che m<strong>and</strong>ava i suoi ultimi<br />
lampi di nero. Stavolta crepo. Stavolta ci resto secco, chiaro.<br />
Sono solo uno spacciatore del cazzo, e ai medici non glie ne<br />
frega un cazzo se crepo. Non ho soldi per pagare il conto di<br />
questa merda. Stavolta crepo. E allora moriamo, allora lasciamoci<br />
alle spalle questa vita di merda e<br />
Potevano essere passate ore, giorni dall’ultima volta che era<br />
svenuto o solo minuti - che cazzo cambia - ma qu<strong>and</strong>o aveva<br />
aperto delle palpebre che stridevano come saracinesche arrugginite,<br />
da queste ore di niente si erano materializzate due<br />
persone, sedute di fronte a lui, emerse lentamente da quel<br />
nero torbido, denso come pece.<br />
Erano un nero ed un bianco, due facce familiari. Vestiti molto<br />
bene, con vestiti hip hop eleganti e più bling della madonna<br />
di Guadalupe, il nero di rosso ed il bianco di bianco,<br />
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ancora più abbacinante.<br />
Lo guardavano, sorridevano, sorridevano, con lo stesso sorriso<br />
stampato di Silvestro che sta per mangiare Titti.<br />
Stavano in silenzio, seduti, lo guardavano, e sorridevano.<br />
Provò a raschiare via dalla gola una dom<strong>and</strong>a: ma faceva<br />
male, malissimo. Gorgogliò, sentendo il sapore dolciastro del<br />
sangue.<br />
I due si erano guardati per un attimo, sorridendosi ancora,<br />
sinistramente divertiti.<br />
Il bianco prese la parola.<br />
”Ciao, Leeroy. Io sono il diavolo.”<br />
Si concesse una pausa teatrale. “Si, hai sentito bene. Io sono<br />
il diavolo. E sono qui per te, oggi” aveva detto senza smettere<br />
di sorridere “e lui è un altro diavolo. Siamo qui per la tua<br />
anima, Leeroy”.<br />
Non gli veniva da ridere: era spaventato, e incazzato e come<br />
ogni volta che non capiva qualcosa gli veniva voglia di menare<br />
le mani; aveva risolto un sacco di situazioni spacc<strong>and</strong>o culi<br />
a questo o quel cervellone, ma ora era carne macinata stesa<br />
su un letto, e non poteva spaccare il culo proprio a nessuno.<br />
”Non ti sforzare, Leeroy” aveva detto il bianco, pacato “Non<br />
serve che tu dica granché, man. Non sei ancora morto,<br />
per ora, ed il diavolo, quello che lo fa di mestiere, verrà a<br />
prenderti con tanto di forcone e coda appena schiatterai”.<br />
Si avvicinò al letto, con calcolata pacatezza. “Se schiatterai”.<br />
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Sembrò esaminargli le ferite per un momento interminabile,<br />
mentre l’altro continuava imperterrito a sorridere.<br />
“Già. Dipende da noi. Siamo qua con te per discutere se creperai”.<br />
Leeroy sentiva ancora il bruciore dei solchi lasciati dalle cannule<br />
per la respirazione, e qu<strong>and</strong>o provò a dire<br />
”Chi …”<br />
la gola si strinse in un accesso doloroso quanto violento. Di<br />
nuovo, il sapore del suo sangue sulla lingua e sul palato. Tutto<br />
questo sangue impaziente di stare fuori posto.<br />
Il bianco prese di nuovo la parola dondol<strong>and</strong>o appena la testa<br />
di lato con aliena leggerezza, come se fosse stata priva di peso:<br />
”Chi siamo? Siamo il diavolo. O due diavoli. O nessuno. Chi<br />
ci m<strong>and</strong>a? Non ci m<strong>and</strong>a nessuno, Leeroy. Noi ci muoviamo<br />
sempre per nostra iniziativa, per primi, perché siamo i primi”.<br />
Sorrise mellifluo.<br />
“Siamo qui perché io e questo signore abbiamo una scommessa”<br />
continuò glaciale “non contro qualcuno, perché nessuno<br />
può starci dietro a soldi, e non uno contro l’altro. È una<br />
cosa per noi, che siamo il diavolo, e abbiamo i nostri modi<br />
per ammazzare il tempo” sorrise di nuovo, instancabile. “E<br />
tu sei parte della scommessa, negro”.<br />
Fece una breve pausa, respir<strong>and</strong>o a fondo. Si girò di tre quarti,<br />
guard<strong>and</strong>o il s<strong>of</strong>fitto con aria vagamente indispettita.<br />
”Sicuramente mi hai già visto in giro. Sicuramente mi hai<br />
visto nella tua televisione scassata Wal-Mart quattordici pol-<br />
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lici del cazzo. Mi chiamo T-Bone, si, quel T-Bone, e questo<br />
signorino nero accanto a me è Fat Hustla”.<br />
”Signorino” aveva riso l’altro in un lampo di denti aguzzi e<br />
bianchissimi nel buio della stanza.<br />
T-Bone e Fat Hustla? Checcazzo?<br />
Lewis William “T-Bone”Jenkins e Clarence “Fat Hustla”<br />
Brown erano rispettivamente produttore e rapper più in vista<br />
del momento, con un tir di album multiplatino alle spalle e<br />
tutto il pianeta ai loro piedi.<br />
Lì? Da lui?<br />
Non so, c’è anche Lady Gaga fuori nel corridoio a sto punto?<br />
Aveva messo a fuoco con gli occhi, con fatica. Si, questi due<br />
gelidi stronzi di cane assomigliavano davvero a quei due<br />
stronzi in tv.<br />
”Lo so che è difficile crederlo, man, ma siamo proprio noi. E<br />
abbiamo una proposta, per così dire, per te”.<br />
Si era allontanato da Fat Hustla, passeggi<strong>and</strong>o nella stanza.<br />
”Tu sei il fondo dell’umanità, man. La merda della nostra<br />
civiltà, il punto culturale più basso del ventunesimo secolo”<br />
sorrise. “Sei violento, ignorante, falso, rozzo, fai lo spaccino<br />
da due soldi ed al massimo saprai leggere solo i nomi dei<br />
presidenti morti sulle banconote. Scommetto che sei stonato<br />
come una campana ed hai il senso del ritmo di un bianco.<br />
Anzi, sei persino più zoppo di noi bianchi”. Sorrise.<br />
”Sei qui che stai morendo come un hamburger in attesa della<br />
griglia, e, visto che nessuno ha cazzi di pagarti il conto,<br />
creperai come un cane appena i quattro soldi del sussidio<br />
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governativo finiranno, a dispetto della tanto sb<strong>and</strong>ierata sanità<br />
pubblica”. Sempre seduto in silenzio dietro di lui, Fat<br />
Hustla si accese uno spliff, che aspirò con calma, ignor<strong>and</strong>o<br />
qualsiasi legge ed educazione. Con arroganza sbuffò il fumo<br />
verso Leeroy, che tossì. “Tò, divertiti”, rise.<br />
“Oppure” continuò T-Bone ignor<strong>and</strong>o il fumo “se la tua pellaccia<br />
è abbastanza forte da farti uscire di qua storpio e senza<br />
un futuro, appena metterai piede fuori di qui gli stessi che<br />
ti hanno ridotto ad un colabrodo vorranno finire il lavoro,<br />
man” sorrise “Sono gente precisa” sussurrò annuendo “pr<strong>of</strong>essionisti<br />
seri”.<br />
L’aria che passava attraverso i tubini era un piccolo doloroso<br />
flauto che riempiva le pause teatrali del diavolo bianco.<br />
”Al sodo” disse spingendo in fuori le labbra, quasi a prendere<br />
la rincorsa “La mia proposta è questa, man, e la devo prendere<br />
un po’ alla larga” sogghignò.<br />
“Persino tu sai chi era Tupac Shakur, il rapper, e so che sai<br />
che prima che lo ammazzassero aveva registrato decine di<br />
canzoni inedite, vendute dai suoi produttori a caro prezzo<br />
per oltre un decennio”<br />
Passò le dita su uno dei tubini che gli solcavano il petto, tamburell<strong>and</strong>olo<br />
appena come per verificarne il flusso.<br />
“E tu sai anche che la tua aspettativa di vita è ridicola, e sei<br />
destinato a vivere di espedienti finché camperai questa vita<br />
di merda. Ed ammesso e non concesso che oggi tu sopravviva,<br />
quello che ti resta da scontare su questa terra saranno un<br />
numero imprecisato di anni di dolore e di miseria con cui<br />
combattere”.<br />
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“Invece io, che forse proprio un diavolo non sono, voglio farti<br />
una proposta, man, un regalo che non hai fatto nulla per<br />
meritare”. Sorrise, volt<strong>and</strong>osi appena verso il compare che<br />
stava butt<strong>and</strong>o la cenere per terra.<br />
“Io ti regalo ancora un anno di vita, uno solo. Te lo compro,<br />
letteralmente. Tipo una vita extra nei videogiochi, negro. E<br />
sai perché te lo compro, negro? Perché sei scarso, perché sei<br />
la merda: non sai ballare, non sai cantare, niente. E la mia, e<br />
la nostra scommessa è che faremo di te - pag<strong>and</strong>o, brig<strong>and</strong>o,<br />
corrompendo i media e i giornalisti - una superstar planetaria,<br />
talento o no. Perché il talento non conta un cazzo, se sai<br />
vendere”.<br />
“In questo anno, tu diventerai, grazie ai nostri enormi mezzi<br />
ed al nostro spam selvaggio, il più famoso rapper del pianeta<br />
Terra: avrai soldi più di quanti ne riuscirai a spendere, figa,<br />
premi, featuring di lusso, copertine di giornali, show televisivi.<br />
Il meglio che il pianeta terra possa <strong>of</strong>frire al suo figlio<br />
peggiore. Tutto il cazzo che ti pare, e più di quanto tu possa<br />
immaginare. E registrerai, registrerai, registrerai”.<br />
Distese i muscoli del volto. Inclinò la testa di lato di nuovo.<br />
“Dopo un anno o giù di lì, man, ti farò ammazzare. Pensa,<br />
se sai cosa vuol dire questa parola. Pensa”.<br />
Fat Hustla ridacchiò piano, come un ringhio leggero.<br />
“Diventerai un martire come Tupac o Biggie, man. Un anno<br />
intero di splendore, man, tutto tuo. Non molti hanno questa<br />
opportunità, man. No scusa, mi correggo. NESSUNO ha<br />
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questa opportunità man. Tranne te. Da spacciatore del cazzo<br />
a superstar mondiale, man”.<br />
Si fermò, guard<strong>and</strong>olo inespressivo, come se non avesse mai<br />
sorriso in vita sua.<br />
Leeroy combatteva contro il dolore. E forse svenne per un<br />
istante, forse no, ma riuscì a grattare via dalla sua gola una<br />
parola aspra.<br />
”Perché?”<br />
”Perché trovare un altro Tupac è difficile, forse impossibile;<br />
un artista vero con vero talento non lo trovi dappertutto,<br />
come è difficile mantenere la popolarità di un artista stabile<br />
nel tempo. Con chi muore, è più facile. Costruire con un<br />
team un’immagine attorno ad uno qualsiasi è più facile, non<br />
hai cazzate di ego artistico su cui perdere tempo. Tu sei una<br />
merda, LO SAI, e se abbai ti ammazzo prima del tempo”.<br />
Il sorriso era riapparso, ma non era per niente rassicurante<br />
“Ed io voglio fare soldi da te, tanti TANTI soldi da te che sei<br />
tanto qualsiasi, voglio fare da cash con te, voglio avere il mio<br />
Tupac da far crepare e da mungere all’infinito”.<br />
La sua era un forno.<br />
Gli sembrava tutto una grossa stronzata. Ma tra morire da<br />
ricco e morire comunque, checcazzo. Magari sono già morto<br />
e non lo so. Amen. Haha.<br />
T-Bone sembrò leggere il suo pensiero:<br />
”Puoi svenire ancora per un po’ se vuoi”. Fat Hustla ridacchiò<br />
dall’altro capo della stanza, fuori dal suo campo visivo<br />
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“ma guarda che questi non sono treni che passano spesso.<br />
Anzi, in genere non passano mai”.<br />
M<strong>and</strong>ò giù il sangue, si schiarì la gola, e ci riprovò. ”Rapper”<br />
disse, prendendosi la soddisfazione di una risatina dolorosa<br />
“perché no”.<br />
I due si guardarono. Fat Hustla si alzò dalla sedia, ondeggi<strong>and</strong>o<br />
appena. Con la sua celebre voce pastosa disse serafico:<br />
“Leeroy Washington muore qui comunque, man. Muore<br />
ora, e rinasce grazie a noi. E io e lui” disse appoggi<strong>and</strong>o una<br />
mano sulla spalla di T-Bone “ti partoriamo. Ti ridiamo la<br />
luce come <strong>DaCa$h</strong>, rapper extraordinàire, col simbolo del<br />
dollaro al posto della S”.<br />
”Bleah” tossì. “Che merda”<br />
”Oh, beh, l’ha studiato il marketing, come hanno studiato<br />
tutto il piano, in fondo. E poi loghi e magliette sono già in<br />
produzione”<br />
Stava per svenire di nuovo; tossì un roco: “se non dicevo di<br />
si?”.<br />
T-Bone lo guardò quasi <strong>of</strong>feso: “E sticazzi se non dicevi di<br />
si, coglione. Se non avessi detto di sì tu, c’è sempre un altro<br />
spacciatore o barbone o puttana spaccata dal crack da raccattare<br />
in fondo al cesso ad ogni momento della giornata. Uno<br />
vale l’altro. Ora svieni pure, coglione”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> accettò il consiglio senza un attimo di esitazione.<br />
20
02. Fuori<br />
Ronzii.<br />
Ronzii e non vedere proprio un bel cazzo di niente. Imbacuccato<br />
come un cadavere. Un nero nel sacco nero dell’obitorio.<br />
Nonsisachi nonsisaquanti lo afferrano di peso verso altrove.<br />
Non è un sogno. È un sogno? Freddo sulla pelle. Ascolta. Sei<br />
fuori, non stai sogn<strong>and</strong>o. Fuori?<br />
Cinghie addosso, ambulanza. Aereo. Aereo? Forse è un sogno.<br />
No, non stai sogn<strong>and</strong>o. Sei morto? È il diavolo?<br />
Non sei morto, Leeroy.<br />
No, sei morto, Leeroy. Sei Daca$h.<br />
Nero.<br />
03. Lugano, Svizzera.<br />
Un mese dopo è un futuro gelido e non previsto, fastidiosamente<br />
immacolato, dal design elegante ed alieno.<br />
Luce.<br />
La palestra era luminosa ed asettica, uno stanzone largo<br />
come un campo da tennis con gr<strong>and</strong>i vetrate sul lago, pieno<br />
di infermiere più che scopabili, anche se non particolarmente<br />
disponibili per un fisioterapico suegiù. <strong>DaCa$h</strong> correva su<br />
un tapis roulant con il minimo sforzo possibile, rimesso a<br />
nuovo dal chirurgo che gli aveva piallato la faccia inespressiva<br />
da pusher, allargato gli occhi, ristretto il nasone a padella,<br />
tonificato i muscoli e, curiosamente, dietro richiesta di Fat<br />
Hustla, evidenziato le cicatrici dei proiettili “perché fa più<br />
21
hardcore”.<br />
Qu<strong>and</strong>o gli capitava di guardarsi allo specchio non stentava<br />
a credere che Leeroy Washington fosse schiattato davvero, e<br />
lui fosse un qualche lontano cugino homo del cazzo che non<br />
conosceva.<br />
Oddio, brutto è un’altra cosa. Non era un cesso, anzi, era più<br />
figo di prima, nel senso frocio del termine.<br />
Il dottore accanto a lui osservava una cartellina ed ogni tanto<br />
lo guardava mentre correva con un sorrisino ebete. Mezzo<br />
frocio. Cazzo vuoi.<br />
”Basta così” disse questi, premendo un pulsante sul touchscreen<br />
della macchina e facendo rallentare il tapis roulant.<br />
<strong>DaCa$h</strong> prese l’asciugamano dalla testiera della macchina e<br />
si asciugò il torso nudo.<br />
”Ho finito?”<br />
”Non hai finito un cazzo, negro” gridò una voce roca dietro<br />
di sé incrin<strong>and</strong>o il momento di svizzera perfezione.<br />
”Merda...” si sedette sul rullo prendendosi la testa tra le mani.<br />
Wysdom era arrivato.<br />
L’<strong>and</strong>atura un po’ g<strong>of</strong>fa e i capelli nevicati dagli anni stridevano<br />
con il suo sguardo spiritato e penetrante, ma Wysdom<br />
aveva un suo carisma tuttora indiscutibile: un bel carattere<br />
energico ed aspro, capace di tagliarti verbalmente a fette in<br />
un istante. Prerogativa dei migliori MC. E Wysdom era stato<br />
un mc coi controcazzi, una volta, nella seconda metà degli<br />
anni ottanta, aveva un suo disco da qualche parte, o l’aveva<br />
perso, cazzoneso, ma il suo gruppo era <strong>and</strong>ato in merda per<br />
non so che scazzi di soldi e lui non aveva avuto la forza ed i<br />
22
coglioni di tirare avanti nella scena.<br />
”Zitto, vieni con me, coglione”.<br />
”Io...”<br />
“Trascina il tuo culo fino di là, negro. Poche cazzate”.<br />
Gettò con malagrazia l’asciugamano di nuovo sul tapis roulant<br />
e trascin<strong>and</strong>o i piedi lo seguì in un’altra stanza, anche<br />
questa prevedibilmente luminosa, anche questa inevitabilmente<br />
svizzera.<br />
Wysdom era il suo insegnante, gli dava lezioni. Lezioni di<br />
flow.<br />
Daca$h doveva cantare centinaia di pezzi. Ma pezzi scritti da<br />
altri, mica roba sua, che da quella sua testa zarra non sarebbe<br />
mai uscito niente. Pezzi anche fighi, eh, molto energici, pieni<br />
di robe violente e contro froci, troie, bianchi, robe.<br />
Le uniche cose davvero importanti erano quindi la sua intonazione,<br />
la sua espressività, il suo crederci. E Wysdom doveva<br />
insegnargli proprio questo: a crederci, a metterci il cuore. E ce<br />
l’aveva davvero dura, eh, perché <strong>DaCa$h</strong> era tanto ignorante,<br />
va detto, però in compenso era tanto stupido.<br />
”Cazzo, man, lasciami riposare un po’, sai che…”<br />
”Non ti devo ricordare niente, vero?” Con un dito gli stava<br />
premendo contro uno dei fori. “Niente, vero?”<br />
<strong>DaCa$h</strong> scosse la testa con rassegnazione. L’altro lo guardò<br />
gelido.<br />
”Che fatica, oh...”<br />
”Man, questa è l’ultima volta che ti ripeto la tiritera. L’ultima.<br />
Poi ti faccio ributtare nel cesso nel quale galleggiavi. Fai schifo<br />
al cazzo e devi registrare. E io ti devo fare lavorare perché<br />
23
abbiamo poco tempo”.<br />
”Poco tempo, cazzo oh... poco tempo è un’altra cosa...”.<br />
“Veloce di là, basta frigne che c’è da lavorare. Ti devo presentare<br />
una persona”.<br />
Cazzo, un altro stilista frocio. Andiamo bene.<br />
Nella stanza accanto un nero alto, elegantissimo, in piedi,<br />
sembrava una statuetta africana. Versato dentro un completo<br />
Armani color zabaione, sembrava uscito paro paro da una<br />
rivista di moda per elegantoni o un circolo di massoni illuminati<br />
o bancari di Wall Street. Roba da ricchi veri. Aveva<br />
occhiali Gucci con montatura d’oro, e la sua testa era rasata<br />
alla perfezione.<br />
<strong>DaCa$h</strong> si avvicinò con la sua <strong>and</strong>atura scimmiesca, oscillante.<br />
”Gesù” disse l’elegantone in una risatina ironica senza nemmeno<br />
far finta di nascondere il suo disprezzo “sarebbe questo?”<br />
<strong>DaCa$h</strong> lo squadrò con il suo migliore sguardo ostile, che<br />
l’altro ignorò.<br />
Wysdom si girò verso di lui: ”Amico, questo fichetto qua è<br />
Big P, la tua spalla”.<br />
Big P gli tese una mano rigida che non strinse se non in un<br />
gesto puramente formale, gesto che <strong>DaCa$h</strong> replicò con altrettanta<br />
malagrazia.<br />
”Henry Roberts”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> si trincerò dietro uno sbuffo di circostanza.<br />
”Ora farete un po’ di allenamento insieme: dovete dare l’impressione<br />
di esserci dietro da una vita e conoscervi da due”.<br />
24
”Yeah, certo. Dai, fighetto, fammi sentire cosa sai fare” lo<br />
provocò.<br />
Il beat partì, un terremoto di casse gonfie e di rullanti in<br />
ritardo.<br />
Big P sorrise. A Daca$h tutti sti sorrisi stavano sul cazzo,<br />
ultimamente.<br />
Dopo un’ora il suo ego era nella pattumiera.<br />
Big P spaccava, e laddove lui era scarso come tecnica, stile,<br />
metrica e flow, in tutto, cazzo oh, Big P aveva tutto questo e<br />
molto di più. Spaccava e basta, dai.<br />
Era <strong>and</strong>ato a pisciare, appoggi<strong>and</strong>o le mani sulla parete e<br />
mugugn<strong>and</strong>o tra sé e sé.<br />
Se Wysdom era bravo, Big P l’aveva fatto a pezzi.<br />
Doveva davvero mettersi a prendere la cosa sul serio. Fosse<br />
stato anche solo per spaccare il culo quel coglione.<br />
Una volta non gliene sarebbe fregato un cazzo.<br />
Certo, una volta gli avrebbe sparato. Tanto più facile.<br />
Ma sparare è un’altra cosa.<br />
”Lo scimmione è negato” Big P era sconsolato “uno scarso<br />
mai visto, impressionante”.<br />
”Ti hanno già detto, vero?”<br />
”Sì. Mi hanno già detto”.<br />
”A me questa cosa fa ribrezzo, te lo dico. Sarà un povero stupido,<br />
ma a me questa cosa non piace” ribadì Wysdom.<br />
”Cazzi suoi, ha fatto la sua scelta”.<br />
”A te non te ne frega proprio niente, vero? Tu sai che dopo la<br />
tua carriera sarà lanciata e non avrai più bisogno di lui, vero?”<br />
25
I denti c<strong>and</strong>idi di Big P luccicarono in sinistra coincidenza<br />
con i suoi occhiali d’oro, mentre distendeva le labbra in un<br />
sorriso famelico.<br />
04. Lugano, Svizzera, ancora e ancora<br />
Fare lo spaccino non era un mestiere complicato. Rischioso<br />
sì, ma non complicato di certo, niente mal di testa o robe<br />
difficili. Prendevi la merce in qualche posto di merda, la tagliavi<br />
con della merda, la vendevi a gente di merda solo per<br />
i loro soldi di merda. Una storia di merda, quindi. Niente di<br />
umanitario.<br />
Avevi delle pause, avevi dei momenti frenetici, ma per lo più<br />
era ok.<br />
Fare il rapper era un cazzo di mestiere, cazzo. Qu<strong>and</strong>o sentiva<br />
i suoi negri preferiti in televisione pensava che fossero<br />
quattro scemi a caso che cagavano due rime. Che facevano<br />
gli scimmioni su un beat, a parlare di puttane e coca e robe,<br />
così tanto per fare i cazzoni e non lavorare.<br />
Balle.<br />
Fare il rapper “famoso” era dura. Un mestiere tosto, davvero.<br />
Aveva un team di frocetti zelanti ed efficienti che lo circondava,<br />
lo vestiva, lo svestiva, lo mangiava e lo beveva ogni<br />
giorno, non gli dava respiro, non gli dava un cazzo di tempo.<br />
Lo misuravano, palpavano, annusavano, gli facevano fotografie,<br />
lo tenevano piantato su un pannello di plexiglass con<br />
un ago e lo guardavano sbattere le ali mentre combatteva<br />
coi vapori di formalina: ogni mattina allenamenti, flow, allenamenti,<br />
routines di danza e di portamento, fotografie, gli<br />
26
facevano sentire centinaia di beats ogni giorno, dove c’era già<br />
qualcuno che aveva cantato, e lui doveva ripetere le parole,<br />
col fonico imbottito di valium per non spaccargli la faccia<br />
perché troppo scarso.<br />
I primi risultati: tragedia; per una str<strong>of</strong>a ci volevano trenta,<br />
quaranta, sessanta, cento takes, no, hai sbagliato, rifai, cazzo,<br />
sei uno scarso di merda, ed un lavoro di oreficeria digitale<br />
per cucirle in qualcosa di senso compiuto. Fonici impassibili<br />
sotto la regia distante di T-Bone registravano, filtravano, effettavano,<br />
comprimevano e strizzavano quella sua voce zarra<br />
e sgraziata tra un boom ed un cha, fino a farla sembrare quasi<br />
accettabile, tutto il giorno in studio con Big P che più lo<br />
conosceva e più gli stava sulle palle, niente, quel negro proprio<br />
non ce la faceva a pigliarlo a genio. E secondo Wysdom<br />
dovevano diventare tutt’uno, tant’è vero che gli facevano fare<br />
giochini teatrali per imparare a pigliarsi a tempo. A volte venivano,<br />
a volte no. Diciamo spesso no. Voi mi capite.<br />
Certo le puttane, la coca, i soldi - da lontano - li intravedeva<br />
eccome. Ma erano parte della scena, teatrino per gli scemi.<br />
Figata è un’altra cosa.<br />
T-Bone ogni tanto parlava via skype con Wysdom, se ne stava<br />
col culo caldo a LA, non tra queste montagne di neve del<br />
cazzo, con nient’altro che lavoro da fare.<br />
Le canzoni avevano nomi improbabili e spacconi tipo<br />
“(You’re just a) Ghetto victim”, “P.I.M.P. Violence”, “Your<br />
friendly rapist”, “Music to fuck with”, “No Homo Allowed”<br />
e robette del genere. Roba da bianchi che vogliono ascoltare<br />
neri che accontentano l’immaginario scarso dei bianchi.<br />
Certi pezzi erano davvero fichi, spaccavano altri boh, altri x.<br />
27
Boom boom bap tutto il santo fottuto giorno del cazzo. Una<br />
testa come un secchio alla fine di ogni giornata, fino alla<br />
telefonata, mentre era steso e ripassava in quanto non aveva<br />
un cazzo d’altro da fare.<br />
“Man?”<br />
“Chi cazzo?”<br />
“Mi piace il tuo stile, bwoy. Sono T-Bone”.<br />
“Bravo. Allora?”<br />
“Allora ancora un po’ di esercizio e fai uscire il tuo culo da<br />
lì”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> si tirò su a sedere sul letto.<br />
“Man, dai cazzo, è ora. Mi sono rotto i coglioni. Tutto il<br />
giorno...”<br />
“Yo” lo interruppe l’altro secco, con il tono da padrone. “Mi<br />
ha detto Wysdom che hai finito quasi la preparazione quindi<br />
in settimana rimetti il culo sull’aereo e torni negli States.<br />
Prenditi un paio di giorni di scazzo lì in Svizzera e poi torna<br />
a casa, Lassie: il tuo padrone ha un osso succulento per te”.<br />
Gli chiuse il telefono in faccia - non l’aveva fatto ridere nemmeno<br />
per il cazzo.<br />
05. Lugano, Svizzera, ultimo giorno<br />
Chiamare sole quella roba gialla appesa nel cielo era un po’<br />
troppa roba. Sole è un’altra roba.<br />
Era salito su una fighissima Mercedes SLK Coupè come<br />
quelle dei video a fianco di Wysdom che guidava. L’aria era<br />
fredda anche se era la merdosa primavera ed il vento gli sbat-<br />
28
teva in faccia gel<strong>and</strong>olo; da qu<strong>and</strong>o gli avevano ristretto il<br />
naso respirava peggio, secondo lui, ma un frocio-chirurgo gli<br />
diceva che erano cazzate.<br />
Costeggiarono il lago; era bello, e pieno di fiori, esticazzi, ed<br />
il sole si rifletteva sull’acqua.<br />
Sì, doveva ammettere, era bello.<br />
Scivolarono agilmente attraverso il traffico della città:<br />
Wysdom guidava con lo stesso flow fluido con il quale rappava,<br />
e l’aria non era tanto inquinata, si stava bene. Wys gli<br />
aveva fatto la grazia di non mettere musica nello stereo, almeno<br />
lì.<br />
“Wys?”<br />
“Yeah, negro, dimmi”.<br />
“Mi stai port<strong>and</strong>o a fare pipì o cosa?”<br />
Wysdom sorrise dietro occhiali a specchio che gli stavano<br />
male. Un sorriso sincero, però, stavolta. Persino divertito.<br />
“Yeah, diciamo più o cosa, tipo” disse, guard<strong>and</strong>o avanti<br />
mentre continuava a guidare.<br />
“Allora?”<br />
“Non essere impaziente, man, ci siamo”.<br />
Erano sul lungolago, in centro, e con perizia Wys parcheggiò<br />
tra due auto crucche piuttosto stilose.<br />
Si chiusero le portiere alle spalle e Wys partì zoppic<strong>and</strong>o in<br />
avanti verso un condominio di ricchi.<br />
Un portiere bianco con due baffetti ed una testa tonda li<br />
guardò passare, indifferenza ed un po’ di astio nel guardare<br />
sti due neri.<br />
Wys fece scivolare una banconota sul bancone, senza guardarlo,<br />
e passò oltre. Quello la prese sfil<strong>and</strong>ola via veloce come<br />
29
se stesse gett<strong>and</strong>o una cartaccia.<br />
<strong>DaCa$h</strong> lo seguì continu<strong>and</strong>o a fissare mr.Baffetti Culo<br />
con la sua solita aria spaccona. Si infilarono in silenzio in un<br />
ascensore in ferro battuto in uno stile pieno di robe (“liberty”,<br />
gli avrebbe detto Wys se glie l’avesse chiesto). L’ascensore<br />
scorreggiò appena mentre salivano al sesto piano. Restarono<br />
in silenzio per tutto il tragitto, Wys che guardava dinanzi a<br />
sé, imperscrutabile dietro gli occhiali, e lui che si guardava le<br />
scarpe di marca, fighe.<br />
Le porte si aprirono verso un corridoio luminoso e spazioso.<br />
Wys suonò un campanello che fece il più old school dei din<br />
don.<br />
Aprì un GRAN pezzo di fica, vestita davvero poco, dietro<br />
di sé una stanza rivestita di velluto rosso con arabeschi. Altre<br />
granfiche dietro che camminavano e ridevano.<br />
“È lui?” disse granfica a Wys riserv<strong>and</strong>o a <strong>DaCa$h</strong> uno<br />
sguardo non privo di sarcasmo.<br />
“Yeah” rispose piatto l’altro, gir<strong>and</strong>osi verso di lui che non<br />
staccava lo sguardo dalla scollatura di granfica.<br />
“Oh beh” disse lei “è lavoro. Poteva <strong>and</strong>are peggio, dai. Non<br />
è brutto”.<br />
“Da bravo, man” gli disse paterno e un po’ seccato “fai o<br />
cosa, passo a prenderti domani mattina”.<br />
Mentre granfica chiudeva Wysdom fuori dal paradiso delle<br />
calde morbidezze <strong>DaCa$h</strong> non potè non notare un gorilla<br />
enorme, calvo e bianco con occhiali neri e testa quadrata che<br />
si metteva a guardia della porta. Per non fare entrare ospiti<br />
indesiderati, o far uscire rappers con strane idee di scappare.<br />
30
Entrò in una camera pr<strong>of</strong>umatissima, deciso quantomeno a<br />
far strada ad un po’ di ormoni fermi lì da un po’.<br />
Senza parlare, e con consumata grazia, granfica iniziò uno<br />
strip super sexy, mentre una musica a lui nota si faceva strada<br />
in sott<strong>of</strong>ondo. Oh, no.<br />
06. Atlantico settentrionale, dalle parti<br />
dell’Isl<strong>and</strong>a, diecimila metri di quota<br />
Le hostess non erano fighe nemmeno per il cazzo. Erano<br />
tipe normali, gentili ma niente di che. Niente roba da video.<br />
Quante cazzate che si vedono nei video, oh. Fighe è proprio<br />
un’altra roba.<br />
L’aereo era un qualunque charter pieno di sudati coi televisorini<br />
che ti fanno vedere il mappamondo e l’aereoplanino<br />
disegnato al computer; Wys, che lo accompagnava insieme a<br />
Big P gli aveva preannunciato che quello sarebbe stato il suo<br />
ultimo viaggio su un aereo pubblico, visto che ogni viaggio<br />
successivo avrebbe avuto orde di fan ad accalcarsi uno sull’altro<br />
contendendosi un frammento del loro idolo. “Goditela<br />
finché dura” gli disse.<br />
Mmh, grazie del promemoria. Stronzo.<br />
Per contro, per contro era in prima classe come i verissimi,<br />
bello largo, con un whiskino gradevole a scorrergli in gola,<br />
accontentato come un Papa nei suoi vestiti alla moda.<br />
Gli risuccesse, in bagno. Aprendo la porta e trov<strong>and</strong>osi uno<br />
sconosciuto davanti grugnì uno “Scusa”, prima di accorgersi<br />
31
che era lo specchio.<br />
Big P e Wysdom non erano gr<strong>and</strong>i conversatori casuali. Tra<br />
di loro parlavano tantissimo, di musica, beats, flow, metriche,<br />
cazzi, eccetera. E lui ne aveva le palle piene, e nemmeno<br />
granché da dir loro, in fondo. Chiese se poteva chiamare sua<br />
sorella dall’aereo, era tanto che non la sentiva; costava un<br />
capitale, ma sticazzi, non pagava lui, pagava T-Bone.<br />
Gli altri annuirono pur di levarselo dai coglioni. Chiamò sua<br />
sorella Chevelle. Non che gliene fregasse tanto: dalla morte<br />
della vecchia si erano sentiti poco, ma meglio che niente.<br />
“Chev?”<br />
“Chi cazz... Leeroy?”<br />
Disabituato a sentirsi chiamare col suo nome, <strong>DaCa$h</strong> ci<br />
mise un attimo a realizzare.<br />
“Yeah, hey, allora...”<br />
“Dove cazzo sei, Lee? Non ti fai vivo da due mesi! Che maniera<br />
è questa di trattare tua sorella?” partì quella, furibonda<br />
come un uragano.<br />
“Beh, io...”<br />
Chevelle non lo lasciò parlare.<br />
“Beh, che cazzo, signorino: prendi, sparisci, richiami, ti metti<br />
nei casini, e ti rifai vivo come se niente fosse. E la povera<br />
zia Shaquonda? Non ci pensi alla povera zia Shaquonda del<br />
cazzo?”<br />
“Cazzo, Chev, io...”<br />
“No, sentiamo allora, dove cazzo sei stato, cazzo? Pensi di<br />
sparire così, alla buona, con i tuoi amici perditempo spaccia-<br />
32
tori? La povera zia Shaq...”<br />
“Cheeeev, ascolta...”<br />
“Aaaah no io ti ho già ascoltato per troppo tempo, troppo,<br />
TROPPO tempo Leeroy T. Washington! Eh no, io ora penso<br />
che tu dovresti solamente...”<br />
“CHEEEEEV!” gridò forte <strong>DaCa$h</strong> nella cornetta prima di<br />
cominciare a sbatterla forte contro il pianale dell’aereo, più e<br />
più volte fino a che dei pezzi non ne volarono via.<br />
Si fermò: Wys e Big P lo guardavano silenziosi, con una vaga<br />
aria di compassione nei loro occhi.<br />
“Porcatroia, è proprio stupido” disse Big P.<br />
Si rigirarono riprendendo ad immergersi nei loro discorsi di<br />
flow, e beats, e cazzs.<br />
Tentò di appoggiare con pochi g<strong>of</strong>fi risultati il telefono di<br />
nuovo nella sua posizione originaria. Si risedette comodo:<br />
dopo la telefonata con sua sorella persino i loro discorsi sembravano<br />
meglio che niente: azzardò uno o due interventi,<br />
ottenendone solo un paio di sguardi di compatimento. Minchia<br />
se sapevano farlo sentire un povero sfigato.<br />
07. Los Angeles - aereoporto internazionale<br />
Era lì davanti a lui, in mezzo a tutto il plasticame aeroportuale.<br />
“Sei arrivato, man” gli disse T-Bone con il solito sorriso innaturale<br />
che avrebbe voluto non ricordare<br />
“Già. Quindi? Cosa si fa?” lo incalzò pratico <strong>DaCa$h</strong><br />
33
“Si inizia, ecco cosa si fa”. Gli dette una pacca sulla spalla,<br />
con l’affetto che si mostra ai meno fortunati.<br />
08. Radio FOMF - Los Angeles, stesso<br />
istante<br />
Steve Leschewski era un veterano tra i dj radi<strong>of</strong>onici; e come<br />
tutti i veri pro aveva sviluppato una salvifica quanto inattaccabile<br />
scorza di teflon per campare in mezzo a tutto il casino<br />
che lo attorniava: con centinaia di canzoni al giorno, spesso<br />
bruttissime, spintegli addosso da volenterosi, rumorosi, invadenti<br />
dilettanti il suo interesse verso l’umanità svaniva ogni<br />
giorno di più. Era però sempre rimasto sensibile di fronte a<br />
certi argomenti. Ad esempio, il mazzetto di banconote da<br />
cento che Fat Hustla gli stava allung<strong>and</strong>o era un argomento<br />
TERRIBILMENTE sensibile, sensibilissimo: quasi diecimila<br />
poeticissime ragioni per versare genuine e sincere lacrime<br />
di commozione di fronte ad una canzone-capolavoro che<br />
non aveva ancora sentito, tipo.<br />
“Chiaro, no?”<br />
Steve prese il mazzetto, famelico come un drogato a rota. Lo<br />
fece sparire in una tasca, rapido.<br />
“Sì, certo. Fammi sentire, magari anche”.<br />
“Hai bisogno di sentire il pezzo? Davvero?” ridacchiò l’altro<br />
“dovevo pagarti di più, cazzo”.<br />
“Pro forma, dai”.<br />
Fat Hustla gli porse un CD masterizzato. “Ho solo la preview<br />
per ora”.<br />
“Bene”.<br />
34
“Non è mixato del tutto, eh. Va fatto ancora il mastering”.<br />
“Sciolto. So come funziona” si girò verso l’impianto “dovrei<br />
fare un cartello con scritto SO CHE NON È FINITO, SO<br />
CHE NON È MIXATO, SO CHE NON È MASTERIZ-<br />
ZATO, SI È UNA BOMBA, DOV’È IL MIO BONIFI-<br />
CO?”. Risero entrambi. Infilò il cd in un lettore quasi demodé<br />
oramai, e premette un tasto play ben consumato. Il beat<br />
partì, con sopra il rappato sgraziato di <strong>DaCa$h</strong>. La canzone<br />
si chiama “Steal to the poor”, ruba ai più poveri per farti ricco.<br />
Fat Hustla guardava dritto Steve in silenzio, che ascoltava<br />
impassibile.<br />
“Uomo, posso darti un parere?” disse questi, dopo avere<br />
ascoltato un minuto con la fronte reclinata in avanti e gli<br />
occhi fissi dinanzi a sé come un pointer, concentrato nell’ascolto.<br />
“Non che cambi nulla, eh...”<br />
“Devi”.<br />
“Vorrei dirtelo in modo diplomatico, ma non so se c’è”. Inarcò<br />
le sopracciglia e lo guardò negli occhi.<br />
“Spara”.<br />
“Fa cagare. Senza <strong>of</strong>fesa, man, è veramente una merda”.<br />
Fat Hustla rise butt<strong>and</strong>o appena all’indietro la testa, e scoprendo<br />
la sua chiostra di dentoni bianchi immacolati.<br />
“Bingo!”<br />
“Mmm. Ti ha dato di volta il cervello, man?”<br />
“Lo so benissimo! Voglio dire: so che è una merda. “<br />
“E vuoi pompare sta roba? I soldi non sono miei, compare: a<br />
me va bene, ma non credo che funzionerà”.<br />
“Oh, funzionerà eccome, non aver paura” sorrise.<br />
“Man, onesto: sono le solite menate gangsta strapompate e<br />
35
‘sto tizio non sa cantare”.<br />
Fat Hustla ondeggiò appena la testa.<br />
“Beh, può darsi. Però alla gente ‘sta roba piace, lui è uno<br />
vero, uno della strada e la gente lo sente”.<br />
“Hm...”<br />
“E poi, su, è la cultura del club di ora no? Puttane, coca, auto<br />
di lusso, pellicce”.<br />
“Che palle. Cliché cliché cliché”.<br />
Fat Hustla fece spallucce sorridendo: “Non siamo noi a fare<br />
il mercato stavolta, lo seguiamo soltanto”.<br />
“Come dissero a Norimberga. Right. Guarda, ti ripeto, io te<br />
lo pompo da matti convinto come se fosse il mio fidanzatino,<br />
ma secondo me non va nemmeno per il cazzo”.<br />
“Come diceva Goebbels “Una bugia ripetuta tante volte diventa<br />
una verità, man”.<br />
“Non mi piace qu<strong>and</strong>o citi i nazisti; tecnicamente sarei<br />
ebreo, man”.<br />
“Oh, beh, dai, tecnicamente non è grave” si alzò, a sottolineare<br />
che il colloquio era chiuso. “Niente di personale. E poi<br />
comunque non è che i nazisti abbiano fatto solo ed esclusivamente<br />
merdate. Voglio dire: anche Hitler avrà fatto un<br />
ponte, no?”<br />
“Mah” chiosò Steve, impaziente di chiudere questa conversazione<br />
sgradevole, sfior<strong>and</strong>o appena le banconote nella tasca.<br />
36
09. Fat Recordings Company, Los Angeles,<br />
due giorni dopo<br />
Mentre stormi di camerieri in livrea cominciavano a riempire<br />
il buffet d’ordinanza che i giornalisti già occhieggiavano<br />
impazienti, Fat Hustla, T-Bone, Wysdom, Big P ed un agitatissimo<br />
<strong>DaCa$h</strong> entrarono nella stanza, sedendosi al tavolo<br />
della conferenza.<br />
T-Bone battè col dito due volte sul micr<strong>of</strong>ono. Sapeva che<br />
funzionava, ma era un gesto più scaramantico che altro.<br />
“Check check mi sentite?”<br />
Le prime file annuirono, mentre le telecamere dei network<br />
ronzavano inquadr<strong>and</strong>o un Daca$h infastidito dai flash dei<br />
fotografi. La gente che prima rumoreggiava cominciò a fare<br />
silenzio, lentamente. Tutti si sedettero, lo show iniziava.<br />
Si sentiva uno sfigato alla gara di spelling delle elementari.<br />
“Buongiorno signori” esordì T-Bone mentre qualcuno accennava<br />
un timido applauso “oggi siamo qui perché siamo<br />
fieri di presentarvi un artista che ancora prima di debuttare<br />
è già una star: non il solito arricchito o il rapper borghese in<br />
vestito di Gucci che sproloquia di Black Panthers. Con il suo<br />
passato da spacciatore e da criminale vero, non da operetta<br />
come noi-sappiamo-chi” fece un ammicco generico che<br />
poteva indicare tutti o nessuno “<strong>DaCa$h</strong> è l’espressione più<br />
vera e più pura della cultura afroamericana gangsta di questo<br />
secolo”.<br />
Qualcuno borbottò tra le fila: <strong>DaCa$h</strong> si sentiva come se<br />
stessero parl<strong>and</strong>o di un altro e la cosa non lo riguardasse, ed<br />
intanto ostentava senza sforzo tutta quella swag ammaestrata<br />
37
da ignorantone che faceva davvero gangsta. Sì, senza sforzo,<br />
ripeto.<br />
“Il primo album del nostro artista, “Money fer nuttin’”, è il<br />
frutto di uno sforzo produttivo e promozionale senza pari,<br />
che siamo certi voi comprenderete ed apprezzerete. Avete già<br />
ricevuto il disco e tutto il materiale promozionale per tempo<br />
e saremo pronti e disponibili a parlare con voi uno per uno se<br />
servirà a spingere questo nostro progetto. Come sapete già, la<br />
WMNF, la più importante radio di Los Angeles, la WFNY<br />
di New York, la NCAD di Detroit ed i social network tutti<br />
sono impazziti per la nostra star” gir<strong>and</strong>osi verso <strong>DaCa$h</strong><br />
con un sorrisetto malizioso la cui sinistra sfumatura fu colta<br />
solo a quelli al di qua del tavolo delle conferenze “e lo stanno<br />
pomp<strong>and</strong>o come matti. Siamo felici, perché ancora una volta<br />
la Fat Recs dimostra il suo fiuto nello scovare talenti pur in<br />
un mondo fatto di macchiette costruite a tavolino. “Money<br />
fer nuttin’” non solo ha featurings di artisti di levatura internazionale,<br />
e potete vedere quanti e quali sono - non sono qui<br />
per far pubblicità agli altri” risatina sommessa e telefonata<br />
dei giornalisti “ma delle canzoni che parlano dritto al cuore<br />
gansta della gente” (leggero brusio a silenziare ironia) “e sono<br />
già in preparazione SEI video, un DVD ed un Bluray per<br />
celebrare l’evento. <strong>DaCa$h</strong> tra le altre cose è uno degli artisti<br />
più prolifici con il quale io abbia mai avuto la fortuna di<br />
incontrare; da qu<strong>and</strong>o ha smesso di spacciare praticamente<br />
risiede nello studio e scrive quattro, cinque, sei hits al giorno.<br />
Di fatto questo album è già un Greatest hits”.<br />
Alcuni giornalisti applaudirono. Già foraggiati? Si chiese<br />
<strong>DaCa$h</strong> mentalmente. Dom<strong>and</strong>a scema. Bon scema si, ma<br />
38
scema è un’altra cosa. Forse. Wys gli diede un calcetto sullo<br />
stinco: con un sussulto, si aggiustò gli occhiali: ora quegli<br />
occhiali neri da fichetto sarebbero diventati essenziali.<br />
“Dom<strong>and</strong>e?”<br />
Dalla prima fila si alzò un giornalista in panciotto sulla quarantina,<br />
piccolino, con una corona di capelli rossi ed il pizzo.<br />
“Amon Thunsday, Los Angeles <strong>Times</strong>. Possiamo fare dom<strong>and</strong>e<br />
a <strong>DaCa$h</strong>?”<br />
“Siamo qui apposta” sorrise T-Bone.<br />
“<strong>DaCa$h</strong>” disse il giornalista “sappiamo che lei ha un passato<br />
turbolento di droga, spaccio ed altre cose. Come mai ha<br />
cambiato così repentinamente la sua vita?”<br />
Gli occhiali di <strong>DaCa$h</strong> ebbero un baluginio interno che solo<br />
i suoi occhi poterono cogliere.<br />
Tra la folla dei giornalisti, in ultima fila, collegato con un wifi<br />
ai suoi occhiali c’era Bob Williamson, uno degli “scrittori” di<br />
<strong>DaCa$h</strong> che cominciò a digitare freneticamente, inosservato,<br />
su un portatile.<br />
<strong>DaCa$h</strong> cominciò a leggere le lettere che si formavano sui<br />
suoi occhiali, come gli era stato detto di fare.<br />
“Perché” cominciò esitante, col suo solito tono sgraziato “ho<br />
avuto una visione. Ho visto il mio corpo fluttuare sotto di<br />
me ed ho capito che stavo <strong>and</strong><strong>and</strong>o” (pausa di cambio riga)<br />
“da Dio. Ma Dio mi ha <strong>of</strong>ferto una seconda chance, e mi ha<br />
detto che” (pausa di cambio riga) “saaaaarei potuto tornare<br />
sulla Terra se avessi cantato la vita gangsta, per far capire<br />
cos’è davvero ai giovani”.<br />
Ce l’aveva fatta bene, come da copione. Sospirò piano.<br />
Un altro giornalista, più avanti negli anni, si alzò veloce dalla<br />
39
terza fila.<br />
“Nicholas Kelly, New York Post: Mi scusi, Dio le avrebbe<br />
detto di cantare la vita gangsta? Mi pare che nelle canzoni ci<br />
sia tutt’altro che un giudizio negativo sulla vita gangsta e mi<br />
riesce difficile credere che Dio le abbia chiesto di LODARE<br />
uno stile di vita immorale, sessista, violento e basato solo sul<br />
denaro!”<br />
“Fanculo...” imprecò piano <strong>DaCa$h</strong>; qu<strong>and</strong>o la frase si resettava<br />
il display degli occhiali dava un flash piuttosto fastidioso.<br />
Poi ricominciò a leggere.<br />
“Io sono uno strumento di Dio, non sta a me giudicare l’operato<br />
del mio Signore, cazzo”, il “cazzo” era una sua aggiunta<br />
spontanea, “io mi limito a descrivere il mio struggle, ciò che<br />
vedo, ciò che È; non sta a me ma a Dio dare giudizi morali;<br />
e poi come (pausa di cambio riga) potrei parlare male della<br />
mia gente? Io non bacio il Dio che venero per segnalarlo agli<br />
assassini”.<br />
Mormorii di approvazione dalla folla dei giornalisti.<br />
“Lei uno strumento di Dio? Mi pare impegnativo da credere!<br />
Con canzoni come le sue mi pare più facile pensare a lei<br />
come uno strumento del demonio!”<br />
Williamson era velocissimo, e <strong>DaCa$h</strong> faceva fatica a stargli<br />
dietro per quanto veloce scriveva. “Il demonio è chi critica,<br />
chi giudica, chi punta il dito contro il suo fratello. Ancora,<br />
io vivo in (pausa di cambio riga) un mondo pieno di contraddizioni<br />
dove lei pensa di essere la verità, in un mondo<br />
di manich... damn... manichie... macheismi a me del tutto<br />
estranei. Io dipingo solo ciò che vedo”.<br />
“Ed ora signori, se non ci sono altre dom<strong>and</strong>e, il buffet!”<br />
40
disse Fat Hustla per tagliare corto. Il più era fatto, inutile<br />
tentare oltre la fortuna.<br />
I giornalisti si alzarono come locuste e peggio di loro le solite<br />
orde di PR e di imboscati. Il buffet in istanti era il solito banchetto<br />
di iene a contendersi un cadavere.<br />
“Com’è <strong>and</strong>ata?” chiese <strong>DaCa$h</strong> a Big P.<br />
“Manicheismi, negro. Cazzo, non sai nemmeno leggere”.<br />
“... Vaffanculo”.<br />
“Ma stai zitto, stupido”<br />
10. Da qualche parte nel Queens, New<br />
York, mezz’ora dopo, in una stanza<br />
qualunque<br />
“Questa roba fa cagare” dice J-Bo, cerc<strong>and</strong>o di sovrastare il<br />
volume del blaster.<br />
“Fratello, che ti devo dire? Pure B-Real qu<strong>and</strong>o l’ho sentito<br />
per la prima volta mi faceva cagare con la vocetta a paperino<br />
e poi i Cypress Hill sono diventati uno dei miei gruppi preferiti.<br />
Boh? Fanculo - ‘sto tipo ha una voce un po’ di merda,<br />
ma anche Fifty ce l’ha, e questo fratello parla di cose troppo<br />
fiche. Cioè, l’hai sentito il pezzo dove racconta per filo e per<br />
segno come mena la sua donna?” risponde Izzy, con l’entusiasmo<br />
dei suoi quattordici anni.<br />
“Che palle” esclama J-Bo, che di anni ne ha diciotto e quindi<br />
è vecchio “a voi bimbiminkia piacciono ste troiate”<br />
“See, che palle un cazzo, man, è una figata. È OLTRE quello<br />
che c’è stato finora. Davvero. L’uomo ha stile. Poi cioè, spac-<br />
41
ca, cioè sarà una cazzata ma mi piaceva alla conferenza stampa...<br />
cioè dici robe intelligenti ma ti sfuggono le stronzate del<br />
ghetto perché sei uno vero, ‘sticazzi”.<br />
“Stai già parl<strong>and</strong>o come lui. Già lo imiti. Sei scarso oltre ogni<br />
immaginazione”<br />
“Oh, ‘sticazzi, non me ne frega un cazzo, come a lui non<br />
gliene frega un cazzo”.<br />
“Minchia se sei uno scarso”.<br />
J-Bo tace e lascia che i bassi facciano ancora un po’ i prepotenti<br />
nella stanza.<br />
“Boh, ammetto: il beat non è male, anzi. Però boh, come<br />
voce mi fa proprio cagare”.<br />
“Mi ha messaggiato Carlos proprio ora. Dice che spacca”.<br />
“Carlos non capisce un cazzo. Figuriamoci tu”.<br />
J-Bo lo guarda dal basso, e comincia a rollarsi una sigaretta.<br />
No, non è uno spliff.<br />
“Mah, vedrai che ti ci abitui” fa mentre gli occhi scendono<br />
sulla cicca.<br />
“Eh, è proprio quello che mi fa paura, che mi ci abitui, alla<br />
mmerda”.<br />
11. Una radio universitaria da qualche<br />
parte nella Bible belt<br />
“Che schifo, chi è ‘sto tipo?”<br />
“Sssh”, le intima l’altro che riaccende il micr<strong>of</strong>ono “... eeeee<br />
siamo di nuovo in onda sulla KWMY, e questo era <strong>DaCa$h</strong><br />
con “Beating my bitch”, il nuovo singolo spaccaclassifiche<br />
della Fat Recs.; beat massiccio per questo nuovo gangsta che<br />
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viene dal ghetto... ed ora ci spariamo... sì amici, avete capito<br />
bene... ci spariamo una bella barra pubblicitaria”.<br />
Con il medio clicca energicamente sulla barra di spazio del<br />
computer della regia mentre abbassa il fader del micr<strong>of</strong>ono e<br />
si toglie le cuffie.<br />
“Ha ha” fa lei sarcastica, sorridendo. È lì che se lo mangia<br />
con gli occhi, ma ci sta ancora gioc<strong>and</strong>o un po’ come il gatto<br />
col topo.<br />
“Cosa?”<br />
“La battuta, ci spariamo. Divertente. Una cosa molto ha ha”<br />
Lui la guarda. Non ha ancora deciso se le piace o meno, però<br />
tutte quelle attenzioni lo fanno sentire figo.<br />
“Beh, dovrò dire qualcosa... sono un deejay”.<br />
“No, non sei un deejay”.<br />
“Prego?”<br />
Lei si alza un po’, facendo oscillare studiatamente la compita<br />
gonnellina a pieghe.<br />
“Ma sì dai, un deejay vero non metterebbe mai ‘ste canzonacce”.<br />
“Ma che ti devo dire... a me non fa impazzire... però ora va<br />
‘sta roba”.<br />
“Bello schifo”.<br />
“Quello che vuoi. Però permettimi, mi piace fare lo schiaffo<br />
in faccia dei benpensanti e dei bigotti”.<br />
Lei si trattiene dal gongolare come può. Gli piace, e stasera si<br />
lascerà baciare. Sì sì. L’ha deciso.<br />
“Anzi guarda. Passo pure un’altro pezzo suo. To’!”<br />
Il pezzo si chiama “Homo shooting range” e parla di lui che<br />
fa il tiro al piattello coi froci. Roba di classe.<br />
43
Mentre lui si gira a preparare il pezzo, lei pregusta qu<strong>and</strong>o le<br />
sue mani, stasera, le carezzeranno la nuca ed il collo.<br />
La musica riparte, e libera nell’etere i suoi semi velenosi. L’ignoranza<br />
è libera di viaggiare nel vento ad impollinare altre<br />
teste tramite la subdola persuasione delle note.<br />
12. Intervallo<br />
È in una villona sulle Hollywood Hills ora.<br />
Mi avete capito bene, Dusty Bill e tutti quanti. Ho detto<br />
Hollywood Hills. Sì, il cazzo di spaccino sfigato Leeroy è<br />
spaparanzato su un lettone c<strong>and</strong>ido bianco sulle Hollywood<br />
Hills, in una villa con piscina con l’aria confezionata che<br />
gli carezza il petto. Bella lì. Un momento perfetto, davvero.<br />
Molto “video di rap ricco”.<br />
Driiin<br />
Prende il cellulare. Non è il cellulare. Che cazzo è? Prende il<br />
telefono-patacca di finto oro accanto a sé, stile “Luigi 48°”.<br />
“Leeroy Washington del cazzo!”<br />
“Chevelle, cazzo” sgrana gli occhi “damn...”<br />
Chi le ha dato il numero?<br />
“Leeroy Washington del cazzo, rispondi! Sono tua sorella<br />
Chevelle!”<br />
“Chev…”<br />
“Hey, che POCO entusiasmo nella tua voce, negro! È così<br />
che tratti la tua sorella del cazzo? La tua amata sorellina Chevelle<br />
che ti ha fatto da madre e da sorella? Non solo da cazzo<br />
di sorella, no, proprio da MADRE e da SORELLA, figlio<br />
di PUTTANA!”<br />
44
“Chev, come hai avuto questo numero?”<br />
“Aaaah, ma lo so! Basta poco per scordarsi della madre e sorella<br />
e ‘sticazzi e per fare i vips del cazzo! Non è che serva<br />
molto, eh, vedo! Basta SOLO fare dei video alla televisione<br />
del cazzo e vendere un qualche cazzo di milioni di dischi del<br />
cazzo per…”<br />
“Cheeev… ascoltami”<br />
“EEEh, lo so, ora ti vergogni del cazzo di ghetto! Ora sei lì<br />
con tutte quelle puttane ciccione, che tra parentesi possono<br />
baciare il mio culone nero e ti sei scordato del tuo cazzo di…”<br />
“CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEV!!!”<br />
“Non alzare la voce con me, Leeroy Washington, cazzo! Se ti<br />
sentisse la povera zia Shaquonda del cazzo le spezzeresti quel<br />
cazzo di cuore ciccione del cazzo!”<br />
”CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE<br />
EEEEEEEEEEEEEEV!!!!!”<br />
<strong>DaCa$h</strong> sbatte con violenza la cornetta sul mobile in puro<br />
stile settecentesco di Hollywood fino a fracassarla. Continua<br />
a sbatterla con violenza fino a qu<strong>and</strong>o non si ritrova a guardare<br />
con due occhi pallatissimi un mozzicone di plastica tinta<br />
oro, ansim<strong>and</strong>o pesantemente.<br />
Si ridistende allung<strong>and</strong>o le mani accanto a sé come ad intimarsi<br />
la calma, piano, piano, lentamente, riguadagn<strong>and</strong>o il<br />
respiro.<br />
E due telefoni <strong>and</strong>ati. Meno male che sono pieno di soldi.<br />
13. <strong>The</strong> prime time <strong>of</strong> your life<br />
Le sirene della stradale ululano il loro canto predatore da<br />
45
qualche parte, trentacinque piani sotto al lussuoso l<strong>of</strong>t di<br />
Broadway. I cani del sabato sera sono in giro, famelici di divertimento<br />
e inconsapevolezza, giù per le strade. La festa è<br />
patinata ed ovattata, e ci sono un bel po’ di intellettuali a<br />
pigrare sui vari divani di pelle immacolata. Un proiettore attaccato<br />
ad uno stereo pompa fuori l’ultimo video di <strong>DaCa$h</strong><br />
dalla televisione mentre i variegati e singolari ospiti di questa<br />
festa tagliano e cuciono gli stili dei prossimi mesi come in un<br />
incontro di lotta libera verbale tra checche.<br />
All’angolo di sinistra, in parrucchino bianco tributo-warholiano<br />
abbiamo, circondato dalle sue coorti di perdigiorno e<br />
di modelle anoressico-slavate Ephrehem Bernardi, redattore<br />
di “Interview” e paladino dei radical-chic nuyoricani. All’angolo<br />
di destra, forte della sua stazza di oltre centotrenta chili<br />
per un metro e novantasei, col collo grosso e venato come il<br />
cazzo di un toro ed intento nel fagocitare un turbine tossico<br />
di patatine ed arachidi che gli scendono giù nel gargarozzo<br />
c’è Paul Michael Epstein, sanguigno opinionista del “Gotham<br />
Magazine”.<br />
La serata è noiosa e creativa come ogni serata di chi sia assuefatto<br />
al cuore pulsante di NY, e le schermaglie verbali restano<br />
sempre un’ottima maniera di svoltare qualche mezz’ora.<br />
Ephrehem e Paul Michael si conoscono da sempre, e si provocano<br />
continuamente in estenuanti duelli di opinione, alla<br />
sempiterna, vana ricerca di primeggiare sull’altro, sostenendo<br />
ogni volta la parte dell’avversario tant pour jouer.<br />
E basta solo un “chemmerdastodisco” grugnito da Paul Michael<br />
che a caso parte sommerso tra una manciata di salatini<br />
ed un grumo di olive che cadono nel gorgo della sua gola per<br />
46
far partire a spada tratta il nemico di ogni sera.<br />
“Che ha detto?” chiede etereo il Maestro, come ama autodefinirsi.<br />
Paul Michael finisce di spingere nelle proprie fauci il bolo di<br />
aperitivi ostili e sc<strong>and</strong>isce a voce alta, con studiata magniloquenza:<br />
“PER QUELLI DI VOI ANZIANI COME L’ATTEMPA-<br />
TO BERNARDI CHE NON CAPISCONO COSA STO<br />
DICENDO, IO, PAUL MICHAEL EPSTEIN, AFFER-<br />
MO CHE QUESTO DISCO È UNA MERDA”.<br />
Un tipo dall’aria mediorientale accanto ad Epstein ridacchi<strong>and</strong>o<br />
gli fa: “ma chi è che canta?”<br />
“Ma che ne cazzo ne so, neanche stavo ascolt<strong>and</strong>o” grufola<br />
Epstein ricominci<strong>and</strong>o a deglutire vagonate di salatini.<br />
Con studiata eleganza il Maestro alza il suo corpo c<strong>and</strong>ido<br />
e scheletrico dalla poltrona cattur<strong>and</strong>o l’attenzione di tutti i<br />
presenti (“si è alzato!” “da solo? pensavo fosse impagliato!”) e,<br />
con voce flebile ma ferma, carica di cultura e postmodernismo<br />
tipicamente destrutturato (ci mancherebbe, eh), lev<strong>and</strong>o<br />
al cielo una mano con ieratica lentezza, asserisce:<br />
“No”<br />
risiedendosi subito dopo con serafica, imperturbabile calma.<br />
La torma di modelle ed efebi che lo circondano applaudono<br />
gai lev<strong>and</strong>o garrule risatine verso il s<strong>of</strong>fitto a mo’ di educati<br />
cori<strong>and</strong>oli di festa.<br />
Epstein rialza il muso dalla ciotola tenendo dentro la mano:<br />
47
“Che hai detto, vecchio bacucco?”<br />
Il Maestro resta impassibile per due, tre, quattro secondi.<br />
“Loro” dice con espressione neutra, parl<strong>and</strong>o di sé alla terza<br />
persona plurale come da consuetudine “AMANO questo<br />
disco”.<br />
“Ma da qu<strong>and</strong>o tu ne capisci di musica, mangiaverdure?”<br />
“LORO ricordano all’animalesco e triviale Epstein che<br />
LORO hanno scoperto e segnalato alle gr<strong>and</strong>i label artisti di<br />
prestigio come John John John e i New Romantic Miserables,<br />
per citarne solo alcuni”.<br />
“CHI?” ridacchia l’altro, allontan<strong>and</strong>o con una manata la<br />
ciotola sul tavolo. “Coniglietto, tu di musica non ne capisci<br />
niente. Resta sui parrucchini: lì sì che vai forte”.<br />
La disputa è accesa come non mai: il Maestro inarca addirittura<br />
un sopracciglio. Sgomento nella sala.<br />
“Loro compiangono i modi rozzi del proprio interlocutore.<br />
Loro ritengono che questo disco sia carico di emanazioni<br />
propizie e i suoi versi siano catarticamente rivelatori”.<br />
“Beh, senti; dì a LORO che farebbero meglio a chiudere il<br />
LORO becco, tutti quanti nessuno escluso. Questa è la solita<br />
merda gansta fritta e rifritta e noiosa e ciclica come la c<strong>and</strong>ida,<br />
né più né meno; roba che era già vecchia all’epoca di<br />
Tupac e che doveva marcire con lui nella tomba”.<br />
“Pur essendo loro naturalmente avversi a qualsivoglia tipo di<br />
violenza seppur ridotta allo stato di simbolo, colgono nelle<br />
parole di questo giovane pr<strong>of</strong>eta di strada l’onestà caratteristica<br />
del suo popolo oppresso e martirizzato dalla gente come<br />
Epstein”.<br />
Segue breve applauso delle coorti effemminate, tra le qua-<br />
48
li si sente parlottare (“... ma da qu<strong>and</strong>o il maestro ne sa di<br />
gangster rap”, “ma ti pare? È tanto per rompere il cazzo ad<br />
Epstein”).<br />
“OOOOH, CERTO! Non c’è abbastanza merda rifritta nelle<br />
cacate di questo gansta da operetta, ora ci dobbiamo sentire<br />
anche la menata sui neri oppressi e magari dopo sulla libertà<br />
d’espressione. Certo, certo! Avanti un altro, la demagogia per<br />
di qua, sulla porta alla destra del bagno! Seguite le mosche!”<br />
“Loro sbeffeggiano la posizione retrograda del ne<strong>and</strong>erthaliano<br />
Epstein, ed annunciano che Interview farà un servizio<br />
speciale di otto pagine sul suddetto, suddetto come si chiama?”<br />
Epstein si alza bruscamente dal bancone, provoc<strong>and</strong>o uno<br />
tsunami di olive.<br />
“Beh, parrucchino, lo sai cosa? Fallo, il tuo speciale. Ci penserò<br />
io a demolire tutto ciò che costruirai. Dai, dai, avanti,<br />
fammi vedere cosa sai fare”.<br />
Riafferra la ciotola dei salatini, e la ingoia intera.<br />
14. I heard the news today, oh boy<br />
<strong>DaCa$h</strong> ha di fronte a sé veramente un sacco di riviste con la<br />
sua nuova faccia. Una di queste, una certa “Interview” che lui<br />
non ha mai sentito nominare, gli ha dedicato OTTO dico<br />
OTTO pagine, con un’intervista alla quale lui ha risposto<br />
via email. Beh, dai. Non ha dato le risposte lui, è ovvio, le<br />
ha scritte il buon Williamson. E rileggendo, cazzo, gli fanno<br />
proprio fare la figura dell’intelligentone, una specie di Black<br />
Panther incrociata con Al Capone e Gesù e boh, altri fighi.<br />
49
È nello studio, naturalmente, e sta per incidere una canzone<br />
che si chiama “KILLING MY FATHER IN THE NAME<br />
OF THE FATHER”. Una roba un po’ incasinata, meno<br />
puttane e bling bling del solito. Una roba che chiama in causa<br />
un certo tipo che si chiama Adipo o qualcosa del tipo.<br />
Forse uno grasso, crede.<br />
“Visto che lavorone?” gli fa T-Bone uscendo dallo studio.<br />
“‘Sticazzi. Questo mi tira merda in…”<br />
“E lascia che tiri merda quanto vuole. Come diceva Oscar<br />
Wilde “che se ne parli bene o che se ne parli male, purché se<br />
ne parli” man”.<br />
“Chi?”<br />
T-Bone sospira: “Un crip di Londra, man”.<br />
“Ah. Bene”. Come se gliene fregasse un cazzo, dopotutto.<br />
T-Bone sospira ancora.<br />
“E a figa come va, man?”<br />
Daca$h si gira a guardarlo, sorpreso dalla dom<strong>and</strong>a.<br />
“Bene”. dice borbott<strong>and</strong>o vago, come un figlio a cui il padre<br />
abbia chiesto come va a scuola.<br />
“Bene? Ti stai facendo tutta la pussy che vuoi?”<br />
“Yeah”.<br />
“Qualcuna di speciale?”<br />
<strong>DaCa$h</strong> guarda di nuovo T-Bone, stavolta gelido.<br />
“Uomo, grazie, per così dire, per quello che stai facendo per<br />
me” ridacchia, forse accenn<strong>and</strong>o un sorriso sarcastico “Ma<br />
questo non vuol dire che diventeremo amici, o ci racconteremo<br />
i segreti del cuore scambi<strong>and</strong>oci i diari”.<br />
Ah, e così lo stupidotto diventa sarcastico, pensa.<br />
“Ok. Cacati in studio a farti mungere. Fila. ”.<br />
50
<strong>DaCa$h</strong> si alza di fronte a lui, imponente nella sua forma atletica<br />
e sovrast<strong>and</strong>olo di parecchi centimetri. Gli passa oltre,<br />
entr<strong>and</strong>o nel sudore dello studio senza nemmeno guardarlo.<br />
Fox news, quinta notizia<br />
Continuano le proteste delle associazioni di gay, femministe<br />
e GLBT per l’ammissione in radio di “<strong>The</strong> right way” del<br />
controverso rapper Daca$h, richiedendone la censura immediata<br />
dal momento che nel testo si menziona la leggenda<br />
urbana africana, palesemente inattendibile, che asserisce che<br />
stupr<strong>and</strong>o una vergine si guarisce dall’AIDS. Il rapper si difende<br />
ironizz<strong>and</strong>o sul fatto che siano proprio questi gruppi<br />
ad invocare la censura, loro che spesso ne sono stati vittime.<br />
Nel frattempo si moltiplicano, qualcuno dice a causa dei testi<br />
del rapper, i casi di bullismo su gay e donne nelle scuole medie<br />
e superiori: già qualcuno parla di un nuovo caso Marylin<br />
Manson.<br />
15. Sophisticated bitch<br />
È con Big P, e la cosa com’è prevedibile non lo rende felice.<br />
Però Big P è parte della sua crew e gli tocca girarci insieme a<br />
scopo promozionale alle solite feste del cazzo. E come scodinzola<br />
bene, il cagnolino, cazzo, come mangia bene dalla sua<br />
mano, come gli appare mansueto e devoto appena si aprono<br />
le porte dell’ascensore, e quanto in fretta questo stile servile,<br />
questo porgergli in mano le frasi e ridere alle sue battute da<br />
scimmione scompaiono appena queste si richiudono alle loro<br />
51
spalle. Ora scivolano verso un party promozionale all’interno<br />
dell’asettico microclima svedese di una SAAB, con altri<br />
due amici di Big P che seguono a pied de liste la scia di scrocco<br />
miliardario di cui lui è la involontaria stella cometa. Neanche<br />
a dire, lo trattano come un povero stupido. Non sanno<br />
probabilmente dell’accordo, ma ciò non impedisce loro<br />
di trattarlo come un ospite ignorante, e di appr<strong>of</strong>ittarsi di<br />
lui. Non si parla nell’auto, per esplicita richiesta di <strong>DaCa$h</strong>:<br />
niente chiacchere, niente musica del cazzo. Accendere la radio<br />
è diventato un incubo: la sua voce da scemo dappertutto,<br />
anche sui canali country in vomitevoli remix.<br />
La città scorre veloce come un film sotto i suoi occhi, e lui<br />
non ha voglia di parlare, non ha voglia di pensare. Sta in<br />
silenzio, facendosi trascinare come un ramo travolto dai gorghi<br />
di una rapida.<br />
Pensa solo a farsela passare, in attesa del cappio o del colpo<br />
o chissà cos’altro.<br />
Cento volte al giorno si ripete che la ragione per cui ha venduto<br />
l’anima al diavolo è buona, è seria, è valida, è importante.<br />
E cento volte pensa che questo suo paradiso televisivo<br />
è alle soglie di una drammatica conclusione. E per la centounesima<br />
volta, scaccia il pensiero come può.<br />
È l’ennesimo autista in marsina rossa che gli prende l’auto<br />
mentre gli altri si mettono in posizione a “V” dietro di lui,<br />
studiatamente, per farlo sembrare più grosso, più cattivo,<br />
come se ce ne fosse davvero bisogno. È l’ennesimo ascensore<br />
dorato che spalanca le sue labbra per eiacularlo fino in mezzo<br />
al cielo nell’ennesima festa di sballati a pagamento. Oh, certo,<br />
tutto assomiglia ad un video di quelli belli con le puttane<br />
52
e la coca, siamo d’accordo. E ci sono, le puttane e la coca,<br />
siamo d’accordo. Ma lui in questa festa si sente il tacchino<br />
del giorno del ringraziamento, e tutti lo guardano come a<br />
volerne mordere una fetta, con una risata, una foto strappata,<br />
un sorriso, un bacio con la lingua spinta giù per la gola,<br />
l’ennesima richiesta di featuring da parte di qualche ingenuo<br />
con gli occhi gr<strong>and</strong>i da fan, che verrà puntualmente ignorata.<br />
Le punanny fanno a gara per strusciarglisi addosso, e non è<br />
che la cosa dispiaccia, dispiacere è un’altra cosa, ma anche<br />
il caviale a pranzo e a cena e a colazione stufa. Ogni notte<br />
una pussy diversa; tutte con manie di protagonismo, pronte<br />
a scoparlo in pose plastiche a favore di una telecamera che si<br />
spera esista solo nella loro testa. Tutte pronte a sussurrare nel<br />
suo orecchio robe che farebbero arrossire una pornostar, tutte<br />
pronte a dire “ti farò provare delle cose che nessuna ti ha mai<br />
fatto provare” e poi la minestra è più o meno quella, rantolo<br />
più mugolio meno.<br />
Si continua a ripetere che è figo, continua ad accettare tutto<br />
l’accettabile di: cocaina, alcolici, droghe, fumo, crack; tanto<br />
ogni due mesi gli garantiscono il tagli<strong>and</strong>o al sangue come<br />
a Keith Richards e comunque gli eccessi fanno gangsta sulla<br />
stampa, persino T-Bone li incoraggia.<br />
È all’ennesima di queste feste che gli si presenta davanti<br />
questa dea. Sì, dea, perché questa non ha le bocce di fuori<br />
protese verso di lui come due testate nucleari, strizzate in un<br />
dolore mascherato da sensualità, né le cosce sudaticce pronte<br />
a sedersi sopra di lui. Questa dea ha un bellissimo copricapo<br />
africano colorato di st<strong>of</strong>fa (“batik” potrebbe giustamente<br />
dire se ne conoscesse la parola) e due occhi immensi e torridi.<br />
53
Il corpo si intuisce splendido, ma non è quello. La cosa che<br />
impressiona da morire <strong>DaCa$h</strong> è che per la prima volta in<br />
un mese e mezzo, da qu<strong>and</strong>o è cominciato questo turbine,<br />
qualcuna, trov<strong>and</strong>oselo di fronte distoglie lo sguardo e tira<br />
dritto. Lui si volta a guardarla e lei ha l’incedere di una regina,<br />
e i suoi fianchi dondolano con ipnotica dolcezza.<br />
“Chi è quella figa?” chiede a Big P.<br />
“Quella? Quale quella?”<br />
“L’africana”.<br />
Big P guarda e sorride col suo solito sorrisetto da stronzo.<br />
“Quella? Quella non è roba per te”.<br />
“Questo lo dico io. Chi cazzo è?”<br />
“La conosco di vista, si chiama Jamija. Proprio un nome da<br />
negra”.<br />
“Bello” dice, e lascia che la parola sfumi nel brusio della festa.<br />
Big P si gira e lo guarda sarcastico.<br />
“Lascia stare, scemo. È una poetessa, non roba per te. Per<br />
te ci vogliono le bitches da catene di montaggio, non una<br />
che ti parla di falene” gli dice mentre gli da una manata sul<br />
gomito, allontan<strong>and</strong>osi per vampirizzare qualche analcolico<br />
dal buffet. Analcolico: Big P è un salutista del cazzo, di quelli<br />
convinti, e nonostante il suo glamoreggiare e il suo sb<strong>and</strong>ierare<br />
il suo pseudonimo (che, neanche a dirlo, sta per Big Penis,<br />
con aristocratica, impalpabile finezza) è un mezzo frocio<br />
trangugiamineralinaturali. Schifo.<br />
Si butta nella mischia, tra i centomila bigup che gli tirano,<br />
annoiato dai sorrisi otturati e dai grill da compagnone gansta.<br />
Segue un qualcosa di lei, qualcosa di impalpabile e tuttavia<br />
di pr<strong>of</strong>ondamente terreno che galleggia in mezzo all’aria.<br />
54
Se avesse letto Suskind avrebbe capito di seguirne il pr<strong>of</strong>umo<br />
della bellezza, ma <strong>DaCa$h</strong> ha un’idea approssimativa del<br />
concetto di bellezza, figuriamoci se conosce Suskind.<br />
Gli stereo, come si conviene, sono alti, molto alti, ma si riesce<br />
a parlare senza gridare.<br />
Si avvicina a lei da dietro, come un predatore che scelga con<br />
calma in quale punto azzannarla. Ma non è così, lui resta a<br />
guardarla per un tempo interminabile mentre è concentrata<br />
su un quadro di robe strambe appeso alla parete. La gente<br />
continua a cagargli il cazzo ma lui li piscia. Che pensino che<br />
sia la swagga: fa rockstar. Anche T-Bone dice che va bene,<br />
essere stronzi. A lui riesce alla gr<strong>and</strong>e, tipo.<br />
Lei si gira all’improvviso, guard<strong>and</strong>olo dritto negli occhi<br />
come se avesse saputo dall’inizio che gir<strong>and</strong>osi li avrebbe incontrati.<br />
Ed ha questi occhioni pr<strong>of</strong>ondi, accesi e silenziosi.<br />
Gli si avvicina e, tenendosi a breve distanza gli mormora con<br />
una voce bassa e sensuale: “Su di te c’è un pessimo karma,<br />
guerriero. Posso vedere una sorte di sventura e di morte su di<br />
te. Parlo con la voce degli dei, che tutto sanno, tutto vedono<br />
e compatiscono. Il mio destino come poetessa-pr<strong>of</strong>etessa - mi<br />
è stato annunciato - è quello di condividere con te o fuggire<br />
la tua sventura se solamente un motto pr<strong>of</strong>erirà dalle tue<br />
mortali labbra”.<br />
“Eh?”<br />
Nemmeno una parola della poetessa penetra nella zucca dura<br />
di <strong>DaCa$h</strong>. Così, a pelle, gli verrebbe voglia di grattarsi i<br />
coglioni per scaramanzia, così, per sicurezza. Ma non gli pare<br />
il caso.<br />
Il viso di Jamija si distende in un sorriso sincero e a suo modo<br />
55
materno.<br />
“Gli orishas familiari hanno parlato con voce di dei. Io sarò<br />
la tua donna, la tua sacerdotessa e la tua Iside che si ciberà<br />
delle tue spoglie mortali nel momento della dipartita, ora<br />
vieni, dobbiamo congiungerci nel sacro vincolo mediante<br />
l’amplesso delle carni e dei mana”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> naviga a vista. Si gratta la testa, confuso.<br />
“Uhm. SI, ok. Cioè? Ehm. Si scopa?”<br />
Jamija inarca un sopracciglio. “Il volere degli dei è imperscrutabile<br />
ed a volte sarcastico. Sì, mio rude guerriero” gli<br />
dice lei prendendogli la mano “vieni, si scopa”.<br />
No.<br />
Non fu l’ennesima pussy lessapisello. No.<br />
Persino il comprendonio indurito di <strong>DaCa$h</strong> riuscì a percepire<br />
che c’era qualcosa di innaturalmente speciale in quella<br />
donna. Fecero l’amore in maniera per lui insolita, senza ansia<br />
da prestazione, senza telecamere da letto, una cosa molto<br />
papà e mamma il sabato sera, ma qu<strong>and</strong>o finì e loro si disciolsero<br />
d’amoroso abbraccio lei non si attaccò al cellulare<br />
per passarlo alle sue amiche come le altre (“Oh, Janice, non<br />
crederai mai chi mi ha sbattu… no, no, quale J-Bo, ma che<br />
scherzi? Sono qui a letto con – oh, Janice, tieniti forte – con<br />
<strong>DaCa$h</strong>… aspe… sì QUEL <strong>DaCa$h</strong>… aspetta che te lo<br />
passo… sìsìsìsì proprio lui… te lo passo…“ seguono 2 minuti<br />
di urletti incomprensibili e distorti dall’altro capo chissà<br />
dove che terminano in un clic di un telefono sbattuto giù in<br />
faccia, ovviamente il clic è lui). Si mise vicino a lui, appoggiò<br />
il capo al suo petto e cominciò a cantare piano, quasi una<br />
56
ninna nanna, in una lingua a lui ignota.<br />
“Cosa canti, donna?”gli chiese lui.<br />
Lei non interruppe il suo canto, peraltro molto piacevole -<br />
la prima musica che aveva gradito negli ultimi giorni, ma<br />
terminò e dopo circa venti secondi in cui parve svuotarsi ed<br />
esalare una qualche energia interiore rispose con dolcezza:<br />
“Un esorcismo di protezione”.<br />
“Un cosa?”<br />
Lei si girò di lato verso di lui, i suoi fianchi pr<strong>of</strong>ilo di orizzonte<br />
di altopiano africano.<br />
“Qu<strong>and</strong>o ti hanno intervistato, ho capito. Tu eri morto, ed<br />
un demone ti ha riportato in vita. Ma questo demone possiede<br />
la tua anima, guerriero, possiede la tua parola ed il tuo<br />
intelletto”.<br />
Oddio, il suo intelletto non era mai stato questo granché,<br />
ma c’è da dire che questa donna nel suo delirio astrale niuèig<br />
stava inanell<strong>and</strong>o una serie di coincidenze davvero notevoli.<br />
“Pensavo non mi conoscessi”.<br />
“Ho la televisione, guerriero, e per quanto non la guardi, lei<br />
guarda me”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> si grattò la testa confuso. Sta dicendo qualcosa,<br />
right, non so bene cosa, ma è figa. Sorriderò, magari non<br />
tanto ma sorriderò.<br />
“Non amo quello che canti, è diseducativo, è malvagio” continuò<br />
lei “ma c’è qualcosa di nobile in te, guerriero, che anela<br />
a sopravvivere, a fuggire agli strali d’inferno”.<br />
Mh.<br />
“Boh, di quello che canto non me ne frega un cazzo, anzi, mi<br />
fa ridere. E comunque, donna, senti…”<br />
57
”Mi piace qu<strong>and</strong>o mi chiami donna” sorrise lei. Lui sorrise<br />
di rim<strong>and</strong>o, e continuò.<br />
“Donna, senti, io non sono bravo a parlare come te, cazzo,<br />
però vorrei dirti due cose. La prima è che anche se corri un<br />
bel po’ mi sembri qualcosa di strano e speciale, e non mi pari<br />
una pussy come le altre. Però...”<br />
“lo so che non sono come le altre. Sono la TUA donna”.<br />
“Man, non interrompermi, scusa. Man, io sono solo uno<br />
spaccino del cazzo che è finito in una cosa più gr<strong>and</strong>e di lui,<br />
non sono il guerriero che tu dici di essere né so niente degli<br />
dei e delle robe di cui parli. Cioè, magari ci stiamo facendo<br />
un film e tu mi piaci e tutte quelle robe, ma…”<br />
Lei lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra ricollagenate<br />
di fresco. Lui tacque.<br />
“Guerriero, ci sono tante cose di cui non sai la natura e che<br />
non conosci, ma io…”<br />
Lui la interruppe con lo stesso gesto.<br />
“Donna, parli di cose che non capisco e non so nè voglio<br />
capire. Facciamo così. Mi fido. Ok?”<br />
“Ok”disse lei, avvolgendolo in un bacio vorticoso.<br />
16. Hippest <strong>of</strong> the hops<br />
È uno studio enorme e pieno di luci accecanti, gr<strong>and</strong>e come<br />
un campo da football e pieno di fans urlanti. Sono gli MTV<br />
Music Awards e varie smut<strong>and</strong>ate bionde gridano il suo<br />
nome in sequenza. Lui è seduto tra quei due stronzi di Fat<br />
Hustla e T-Bone col solito sorriso da diavoli, ma dietro di lui<br />
Jamija gli tiene la mano sulla spalla, senza dare nell’occhio,<br />
58
che stringe impercettibilmente ogni volta che qualche siliconata<br />
sul palco grida il suo nome. Wysdom gli ha detto prima<br />
di partire che lui avrebbe dato il culo per essere al posto suo<br />
stasera. Lui avrebbe fatto volentieri a cambio. Davvero volentieri.<br />
Qualche giorno prima un celebre rapper old school gli ha<br />
dato pubblicamente del coglione in tv, dicendo che fa dischi<br />
di merda, e rovina i neri, e losalcazzo, e che dovrebbero censurarlo.<br />
E più gli Anabattisti per Elvis, e i Pattinatori Agnostici<br />
e chissà quale altro gruppo lo attaccano, più lui fa tanti<br />
soldi da fare schifo. Boh.<br />
Benché non sia nemmeno partito il suo tour il disco ha vinto<br />
una quantità spaventosa di premi: miglior disco, miglior<br />
disco rap, miglior video, migliore regia, maggior numero di<br />
puttane in un solo still fotografico, maggior numero di SUV<br />
in otto battute, maggior fracasso mediatico per un disco di<br />
merda. Sembra quasi che Dio sia venuto giù col triangolone<br />
sulla testa a dirti “Vai <strong>DaCa$h</strong>, tocca a te”.<br />
C’è casino, tutti che strillano, bassi che ti pettinano da quanto<br />
sono pr<strong>of</strong>ondi e luci che ti fanno bollire sotto i vestimenti<br />
da niqqa. Sali sul palco ciondolante come al solito per mascherare<br />
la paura. Tutte ‘ste bambole gonfiate bionde sorridono,<br />
sorridono, sorridono, sembrano un catalogo di denti,<br />
un promo di tette al vento di qualche chirurgo senza senso<br />
del grottesco. Sei davanti al micr<strong>of</strong>ono e devi sorridere, cosa<br />
si prova a vincere miglior remix reggaeton che cazzo ne so,<br />
sì grazie ai miei produttori che credono in me, grazie a Dio<br />
perché mi hanno detto di dirlo che fa cool, grazie a questo e<br />
quel paraculo della label e a quel regista frocio laggiù. Cazzo,<br />
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sei famoso, negro, guarda, gridano il tuo nome. Perché il tuo<br />
nome è Leeroy ma ora sei <strong>DaCa$h</strong>. Jamija ti ha parlato di un<br />
certo Fast, un tipo crucco che aveva venduto l’anima al diavolo.<br />
Sì amico, guardati, sei una statuetta splendente col tuo<br />
nome sopra, sei figa d’alto bordo che si struscia d’ordinanza,<br />
tanto per farti capire che la figa è lei. Guarda, guarda negli<br />
occhi di chi ti sta davanti, cosa vedi riflesso? Vedi un cadavere,<br />
un pessimo trip, vedi la bocca aperta dei fan che grida<br />
il tuo nome mentre morde la tua carne, mentre si comunica<br />
mangi<strong>and</strong>o la tua carne, impara da te il male e sorride, e non<br />
è un bel sorriso, lo conosci quel sorriso. Vedi la tua bocca<br />
aperta all’obitorio, mentre ti chiudono nel cassettone con un<br />
nome non tuo legato all’alluce, e un colpo in faccia o un<br />
cappio al collo. Cazzo negro, qui non hai fatto il passo più<br />
lungo della gamba, qui è successo qualcosa, solo ora ti rendi<br />
conto, solo ora ti rendi conto, solo ora ti rendi conto che è<br />
successo qualcosa di troppo. La tua vita non è questa, man,<br />
questa non è la tua vita. La musica ti rimbomba nelle orecchie<br />
mentre tu sorridi, e sorridi, e sorridi ancora, sticazzo di<br />
sorrisi falsi che sono solo denti in fila mentre la maglia lascia<br />
vedere i buchi; sei sexy, dicono, sei bello, ti mettono sulle<br />
copertine e fino a poco fa non scopavi che tossiche perse in<br />
cambio di una dose. Le luci ti accecano, che cazzo succede.<br />
Hai vinto, man, ancora e ancora e ancora; sei un surfer in<br />
cima ad un’onda di venti metri, fatta di adrenalina ed endorfine,<br />
e qui non scendi, stasera non scendi, ma sai che si<br />
scende, e tu scenderai due metri sotto, negro.<br />
C’è un altro rapper, qui nella sala, che ti tira merda, si chiama<br />
Big Dom, ti tira oggetti, gli rode il culo, fa cagare quanto<br />
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te. Non sai se è un altro Fast o è uno vero, può darsi, ‘sticazzi,<br />
chi lo produce è un altro figlio di mignotta. Ci hai parlato<br />
al bar in un albergo con Big Dom, alle due del mattino, è<br />
simpatico, non gliene frega un cazzo di niente, come te. Gli<br />
scazzi di stasera sono hype, merda per i giornalisti ingordi,<br />
per gente che a casa mangia panini e beve tutte le stronzate di<br />
questo mondo, prendendo veleno per nettare. Vi prendete a<br />
spintoni ma a lui scappa un sorriso, i gorilla ciccioni intorno a<br />
voi fanno fumo negli occhi alz<strong>and</strong>o le mani grosse come badili<br />
e url<strong>and</strong>o. Cabarap. La gente è in delirio. E la gente non<br />
ti piace, man, vuole solo il tuo sangue, pronta ad abbeverarsi<br />
come iene qu<strong>and</strong>o i due stronzi suoneranno il gong. Qu<strong>and</strong>o<br />
ti risiedi sei sudato da schifo, la folla un mare di mani che si<br />
agita sotto di te, e non un mare amico, ti sembra una tempesta<br />
e tu annaspi, cerchi aria per salvare i tuoi polmoni.<br />
Qu<strong>and</strong>o esci da lì hai le orecchie che ti ronzano come un<br />
pipistrello vicino ad un radar, e vorresti <strong>and</strong>are ad infilarti<br />
sotto le coperte, ancorato ai seni sodi di Jamija, un naufrago<br />
innamorato (innamorato? sì, sei innamorato, e ti viene da ridere<br />
a pensarlo) aggrappato ad uno scoglio nero e morbido e<br />
pr<strong>of</strong>umato.<br />
Niente, niente, si va avanti, lo show continua, Fast fa il suo<br />
business, sorride, dà pacche sulle spalle, palpa culi, strizza<br />
virilmente coglioni davanti alle macchine fotografiche, si atteggia,<br />
tira pose, swag precotto tutto uguale e lancia sguardi<br />
disperati a Jamija che deve stare zitta: è la tua donna ma ha<br />
delle condizioni, è la tua donna ma deve stare al suo posto, e<br />
tu non puoi dirle niente, non puoi o le fanno la festa, e gridi<br />
dentro di te. Hai tutto, e lo perderai; sei in cima, e cadrai fino<br />
61
in fondo. Qu<strong>and</strong>o?<br />
17. Read a book nigga, read a book nigga<br />
La televisione m<strong>and</strong>a una replica dello show. Il telefono suona.<br />
Abbassa il volume.<br />
C’è Fat Hustla dall’altra parte della cornetta.<br />
“Bene, no, stupido?”<br />
“Yeah, già”.<br />
“Beh puoi essere contento; sei la Lady Gaga dei gangsters, il<br />
Justin Bieber dei rappers, vendi più tu dell’aspirina”.<br />
“Fantastico. Man, devo farti una dom<strong>and</strong>a”.<br />
“Mi sorprendi, man. Hai ANCHE imparato a formulare<br />
dom<strong>and</strong>e. Vai, spara”.<br />
Inghiotte la saliva.<br />
“Quanto?”<br />
“È una dom<strong>and</strong>a un po’ generica, man. Quanto COSA?”<br />
“Man” lo interrompe, e non scherza “parlavi di più o meno<br />
un anno: quanto tempo mi resta?”<br />
Sente un risolino represso dall’altra parte.<br />
“Paura della signora con la falce, man?”<br />
“Fai poco lo stronzo. Quanto?”<br />
La voce di là è amareggiata, cambia tono e registro senza<br />
fatica.<br />
“Aaaah non <strong>and</strong>iamo d’accordo così, man, non ci siamo.<br />
Pensi di dettare condizioni? Pensi di poter fare dom<strong>and</strong>e?<br />
Man, se questo è il tono ANCHE STASERA, tanto già basterebbe.<br />
Ma fai il bravo, non alzare la testa con me man,<br />
62
icordati i patti. Oltretutto hai anche la fidanzatina ora; hai<br />
presente l’Uomo Ragno? Se non posso ammazzare te, posso<br />
ammazzare lei”.<br />
“Provaci e...”<br />
“E cosa, man? Shhhh, stai zitto. Zitto, man, che è meglio.<br />
Cuccia giù. Stai abbai<strong>and</strong>o all’albero sbagliato, cane”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> digrigna i denti.<br />
“Comunque risponderò alla tua dom<strong>and</strong>a: QUANTO CI<br />
PARE A NOI. Domani inizi tour e nei ritagli continui con<br />
le registrazioni”.<br />
Abbassa fisicamente la testa, pass<strong>and</strong>osi una mano sulla nuca.<br />
Si siede. Ascolta il silenzio dall’altro capo della cornetta.<br />
“Sei ancora lì, man?” gli chiede Fat Hustla.<br />
“Yeah”.<br />
“Ok, ti saluto”.<br />
“Man, mi fai sentire come Fast”.<br />
“Fast?”<br />
“Sei ignorante, man, è un crucco che ha venduto l’anima al<br />
diavolo”.<br />
Fat Hustla ride forte dall’altro capo.<br />
“IGNORANTE! FAUST, man, non FAST! Leggiti un libro,<br />
scemo, invece di tirare di coca!”<br />
Daca$h chiude il cellulare di scatto. Rialza il volume.<br />
“Continuano quindi gli episodi di intolleranza om<strong>of</strong>obica.<br />
Ieri, a Baton Rouge, un ragazzo è stato gravemente ferito alla<br />
spalla sinistra da un colpo d’arma da fuoco. Simon Davieson,<br />
questo il suo nome, è stato colpito mentre attaccava dei<br />
manifesti per una festa gay/lesbian organizzata nella scuola<br />
63
locale. Sono stati arrestati tre ragazzi bianchi, di età attorno<br />
ai quattordici anni, autocostituitisi in una gang chiamata<br />
“No Homo Allowed”, come la canzone del controverso<br />
rapper <strong>DaCa$h</strong>, sempre più sotto accusa per la violenza e la<br />
diseducazione delle proprie liriche. Questo episodio fa seguito<br />
al duplice omicidio nello stato del Wisconsin di martedì<br />
scorso, dove...”<br />
Jamija arriva dietro di lui, morbida e sensuale come sempre<br />
nel danzare elegante dei drappi colorati che la vestono. Lo<br />
abbraccia da dietro, appoggi<strong>and</strong>o delicatamente la testa sulla<br />
sua spalla, pass<strong>and</strong>ogli la mano curata sul petto palestrato.<br />
“Pensieri, guerriero?”<br />
Lui sospira.<br />
“Yeah”.<br />
“Preoccupato?”<br />
“Mah, sì. La gente prende ‘stammerda sul serio. Ti pare?”<br />
“La gente non sa niente, cerca luce nelle tenebre e agisce per<br />
quello che può capire”.<br />
“Ma...”<br />
Lei gli bacia impercettibilmente la nuca.<br />
“Scusa, man, non ho bisogno di...”<br />
“Shhh” fa morbida lei “shhh, voglio solo starti vicino. Io so<br />
cosa c’è, man. Io so il tuo segreto”.<br />
Lui si scansa un po’, guard<strong>and</strong>ola negli occhioni bistrati in<br />
cui ama affogare il suo dolore.<br />
“Io sento il tuo blues correre sotto la pelle. I lwa mi hanno<br />
parlato, hanno espresso la loro voce”.<br />
“Ah, fico. Chi?”<br />
64
“Non importa, guerriero. Fidati”.<br />
“Te l’ho già detto, mi fido. Sai qual’è il mio segreto?”<br />
“Sì” sussurra lei.<br />
“E qual’è?”<br />
“Shhhh, shh, teniamo lontano il male, non invochiamolo”.<br />
“Man, io...”<br />
“Ho un regalo per te” fa lei, alz<strong>and</strong>osi con grazia.<br />
“Non sono canzoni, sono inni alla violenza, sono dichiarazioni<br />
di guerra per i diversi e riportano gli Stati Uniti cinquanta<br />
anni indietro, ad un nero che insulta il suo presidente nero e<br />
la sua cultura. Razzismo, violenza, sessismo, istigazione all’omicidio.<br />
Ci sono i presupposti per aprire una interrogazione<br />
in Senato che...” in Senato, pensa Fat Hustla. In Senato. Altri<br />
soldi, altra fama. Che fico. Funziona.<br />
Lui resta lì a mugugnare mentre lei torna con una scatola<br />
rettangolare, troppo strana per essere un dvd.<br />
Gliela porge sorridendo, e gli dà un bacio su una guancia.<br />
Apre, è un libro. Oddio, e che me ne faccio? I tavoli sono<br />
tutti pari.<br />
“Awww, man, non so, io...”<br />
“Guarda il titolo”.<br />
“John Wolfgang Von Goethe, Faust. Fico. Qual’è il titolo?”<br />
Lei ridacchia. “Mio guerriero scemo”. Lo carezza tenera sulla<br />
testa che ha appena rasato.<br />
“Aw, fuck, vero, è il Fast. Il Faust. Si, quella roba lì...”<br />
“Hai tanti momenti di noia, guerriero. Questo può aprirti la<br />
mente”.<br />
65
“Occhei” sospira “ci provo. Promesso”.<br />
La tira a sé, avvolgendola con le braccia muscolose, e lei non<br />
fa resistenza.<br />
E c’è da dire che ci prova, a leggerlo. Non è molto bravo, a<br />
leggere, e specie all’inizio il libro prende polvere nello studio,<br />
mentre clona la sua voce da scemo mille e mille volte, e lo<br />
prende in mano solo qu<strong>and</strong>o non gli passa proprio davvero<br />
un cazzo. Però c’è una cosa che gli fa scattare la molla. È uno<br />
dei fonici che gli stanno più sul cazzo.<br />
“Tu?! Un libro?”<br />
“Yeah” fa lui poco convinto, sapendo dove <strong>and</strong>rà a parare<br />
l’altro.<br />
“E che cazzo leggi man, fammi ved... ohhhhh, man, che<br />
roba è?”<br />
“Me l’ha regalato la mia donna”.<br />
“Ti piace?”<br />
“Normale”.<br />
“Normale: sisi, ci credo, cazzo, come no; che ne sai tu dei<br />
libri? Tra 10 minuti si riparte, dai, che non ho voglia di perdere<br />
tutta la giornata su un raddoppio di str<strong>of</strong>a”.<br />
Lui lo guarda rest<strong>and</strong>o seduto mentre si ricaca in studio.<br />
“Che ne so io dei libri? Sheesh, che stronzo. Parli tu”.<br />
Wysdom arriva e lo guarda sorpreso.<br />
“<strong>DaCa$h</strong>! Un libro?”<br />
“Vi siete passati la battuta man?”<br />
Wys gli siede vicino, più vicino di quanto si sia mai seduto<br />
finora; ha un odore strano, ma non sgradevole, come quello<br />
66
di un giorno di pioggia.<br />
“Man, ERA ORA” alza la copertina brevemente per vedere<br />
meglio cos’è. “Ow. Non so se questo libro sarebbe il primo<br />
che affronterei ma...”<br />
“Ho letto di peggio”.<br />
“Davvero?” Wys lo guarda da dietro gli occhialini da bianco.<br />
Per la prima volta da che si conoscono scoppiano a ridere<br />
entrambi insieme, come due vecchi amici. Sente distendersi<br />
muscoli del viso che erano fermi da anni. Wys gli mette una<br />
mano su un ginocchio mentre lui si sbellica dal ridere.<br />
“No, cazzo, man, no, mi hai sgamato. È il primo libro che<br />
leggo, cazzo. Porcatroia che sgamo”. Gli sorride, mentre recupera<br />
il fiato.<br />
Wys lo guarda stranamente paterno.<br />
“Man, coraggio. Devi tornare in studio”.<br />
“Devo fare Faust”.<br />
“Yeah, man. Coraggio”.<br />
18. Live <strong>and</strong> direct<br />
Questo non è uno showcase del cazzo di tre pezzi. È il suo<br />
primo live. Il suo primo concerto vero.<br />
Ha i passi, ha le rime, le mosse, le cadenze, i ballerini, i tempi<br />
teatrali. Tutto. Ma non ha il talento.<br />
“È il talento il gr<strong>and</strong>e assente della serata” sarà il titolo che<br />
non grideranno i tabloids già ben unti e corrotti domani. Lui<br />
è su, il centro, il fulcro del Madison Square Garden, il perno<br />
attorno al quale ruota tutto, il perno che Fat Hustla e T-Bone<br />
tengono per i coglioni.<br />
67
Fuori ci sono i picchetti di protesta. Le mamme rock, i vegisessuali<br />
per Manitù, i dentisti senza paura, i checcazzonesoio<br />
mahovvogliadiprotestare. Ma la gente li prende per il culo,<br />
entra, gli fa il gesto bang bang con le dita, e la polizia li fa<br />
passare, e pesterebbe volentieri a sangue gli uni, e gli altri.<br />
Boom boom boom tutto il tempo, mentre la cuffietta che ha<br />
nelle orecchie gli grida cosa fare, scimmione ammaestrato.<br />
Mentre canta conta la scaletta al contrario, meno dieci, nove,<br />
otto. Canta necessariamente il meno possibile, coperto da<br />
centinaia di featuring coprimerda, ha il fiato corto.<br />
È l’ennesima canzone sulla coca, che bella la coca, che bene<br />
che fa, io ne sniffo a chili e sono fico.<br />
Qualcuno mi dia un altro argomento, per cortesia. Ah ecco,<br />
sì, ammazza i froci, nuova questa. E a lui dei froci non gli<br />
cambia niente, pensa te. Ma pare che sia figo, nel gansta rap.<br />
Grida più forte, gli scappa una bestemmia. La gente impazzisce,<br />
lui capisce sempre meno.<br />
La gente grida nelle prime file; c’è la claque lì sotto, una platea<br />
di fighette bionde artificiali a nolo messe lì ad arte per<br />
apparire nelle foto mentre la massa ai fianchi resta lì bovina<br />
a succhiare sode da lunghi capezzoli di plastica e mangiare<br />
cibo nutribrufoli.<br />
Si diverte? No, non si diverte. Figurarsi.<br />
Fat Hustla e T-Bone parlottano tra di loro sorridendo piano<br />
dal posto d’onore, seduti nei loro vestiti a la page.<br />
“Come ti pare?”<br />
68
“Una merda, tutto sommato”.<br />
“Hmm, ne convengo, dear sir”. Ridacchiano.<br />
“La gente come ti pare?”<br />
“La gente ha pagato”.<br />
“Ce l’abbiamo fatta?”<br />
“Hmm, direi di sì, tutto sommato”.<br />
“Fase due?”<br />
“Quasi dai. Facciamogli finire il tour”.<br />
“Dici?”<br />
“Sì sì”. La sua espressione si accende. “Senti questa. E se lo<br />
facciamo assassinare al concerto di lancio del secondo disco?”<br />
“Hmm. Tre mesi di tempo, forse meno. Altri duecento inediti.<br />
Gran finale col botto. Ma sì dai. Fatta”.<br />
Si danno il cinque senza dare nell’occhio, sigl<strong>and</strong>o una condanna<br />
a morte.<br />
19. Aftershow, biatch<br />
Dai, li avete visti gli aftershow in televisione, nella vita dei<br />
ricchi e fighi. Sì, è tutto vero: la gente tira di coca come se<br />
avesse un aspirapolvere nel naso, sniff<strong>and</strong>ola dal solco delle<br />
tettine talmente appena spuntate di qualche sedicenne stupidina<br />
da essere ancora nel cellophane, o s<strong>of</strong>fi<strong>and</strong>ola con una<br />
cannuccia nel sedere delle strippers. Cose così, folklore pop<br />
da ventunesimo secolo, niente di che per chi non è parte del<br />
popolo minuto, dei meno. Ci sono senior citizens in giacca e<br />
cravatta, magari un po’ frivola e finto-divertente, che guardano<br />
tutto questo puttanaio, perché è il caso di chiamare<br />
le cose col proprio nome, con sorrisi artefatti quanto blan-<br />
69
di: sono i businessman, che traducono queste stronzate in<br />
euro, yen, dollari, banconote della federazione interstellare,<br />
che mutano l’intonazione delle note in tintinnare di monete,<br />
e guardano con soddisfazione le loro vacche assolutamente<br />
non sacre soddisfare e pascere e nutrire tutta questa congrega.<br />
Non molti metri più fuori, dietro un muro di muscoli panati<br />
oltre ogni umana dimensione del ridicolo dal synthol<br />
si accalcano una marea di fans sudate e ansiose di strappare<br />
un pezzo del vestito nuovo dell’imperatore, un br<strong>and</strong>ello di<br />
storia da appendersi al muro di una vita da segretarie, cameriere,<br />
madri fedeli, sartine miopi da s<strong>of</strong>fitta bohemienne.<br />
Stasera no, stasera si accalcano come lupe fameliche contro<br />
la muraglia di steroidi che si frappone tra loro e un po’ di<br />
glamour scacciagrigio.<br />
Ci sono i giornalisti; qualcuno beve coca, qualcuno acqua<br />
minerale, qualcuno trasforma tutto questo in articoli a prova<br />
di camionista terza media con il santino sul cruscotto; i<br />
fotografi cercano il sordido con amore, mentre <strong>DaCa$h</strong> subisce<br />
le centinaia di clic, clic, clic, che lo rendono un santino,<br />
un’icona pop, una non-persona.<br />
Jamija sta in un angolo: si sa ma non si dice, che sia la sua<br />
donna. Fa figo pensare che <strong>DaCa$h</strong> scopi centinaia di donne,<br />
cornific<strong>and</strong>ola ogni santa sera più di tutte le alci dei boschi<br />
finl<strong>and</strong>esi; anche volesse, non ne avrebbe il tempo; anche<br />
ne avesse il tempo, dopotutto, non vorrebbe. Jamija sta<br />
in un angolo: si sa ma non si dice. Si sente stupido, vicino a<br />
lei, ma è il suo uomo, e gli piace sentire i loro odori mescolarsi<br />
nel letto, familiarmente.<br />
70
C’è una sveglia attorno al collo della signora con la falce. E<br />
come Flavor Flav dice “what time is it?”, che ora è? È l’ora<br />
della rivoluzione? No, man, la rivoluzione non c’è stata: hamburger<br />
e soap operas l’hanno impigrita in un branco di culi<br />
flaccidi e ottusi, il cui unico sentimento genuino è la schadenfreude,<br />
la soddisfazione per l’altrui male e disgrazia, da<br />
mascherare dietro sarcasmo di seconda mano, gattini di youtube<br />
e puttanate per invidiosetti. E lui si rende conto - Jamija<br />
glie lo ha instillato piano piano - che lui è una parte di quel<br />
meccanismo, una rotella grossa ed importante: è il grosso<br />
gangsta nero, lo stereotipo (sì, ora riesce a pronunciare questa<br />
parola, non ancora manichism.. si, ok, appunto) del negro<br />
ignorante, cattivo e violento ma in fondo pastorizzato e assimilato<br />
dai media. Un modello per i ragazzi. Un modello per<br />
i ragazzi? No man, qui qualcosa non mi torna, riflette Faust-<br />
<strong>DaCa$h</strong> mentre guarda qualcuno succhiare le tette plastificate<br />
di qualcuna, sui divanetti, e mentre gli altri ridono lui<br />
pensa cazzo, ma se dovessi avere un figlio, lo vorrei qua? Sono<br />
pensieri strani, fastidiosi per uno che fino a qualche mese fa<br />
il crack lo vendeva ai ragazzini, ma negli ultimi tempi è stato<br />
esposto a tali e tante nuove influenze che la sua piccola, rigida<br />
mente è stata violentata a spalancarsi in maniera brutale. E la<br />
cosa, straordinariamente, gli piace, anche se si rende conto di<br />
quanto umiliante sia la propria ignoranza.<br />
Ogni tanto il casino degli stereo sparati a manetta si apre<br />
nelle sue orecchie come se riemergesse da sotto l’acqua. Ma<br />
anche se sorride, e stringe mani di circostanza, lui è altrove.<br />
20. Harry ti presento la signora con la falce<br />
71
“Oh, a forza di provare il negro sta impar<strong>and</strong>o”.<br />
“Ti pare”.<br />
“No no, a forza di dai sta impar<strong>and</strong>o” fa T-Bone.<br />
Fat Hustla fa un tiro pr<strong>of</strong>ondo dallo spliff, ne assapora il<br />
gusto pungente.<br />
“Ma ti sei fatto il botox? Mi pari strano”.<br />
“Ma figurati. Fuma di meno, lesso”.<br />
“Anche il fonico” prosegue T-Bone, scrocchi<strong>and</strong>osi le dita<br />
“dice che ora per fare un raddoppio non ci sta più due anni<br />
ma solo sei stagioni e mezza”.<br />
Fat Hustla s<strong>of</strong>fia fuori il fumo inarc<strong>and</strong>o le labbra in un sorriso.<br />
“Che culo”.<br />
“Man, sono più inediti per noi”.<br />
Scuote la canna sul posacenere dorato. “Verdad”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> esce dallo studio. Non sembra particolarmente<br />
stanco quanto annoiato.<br />
“Bello sto pezzo, man”.<br />
“Yeah, right”.<br />
“Ti piace?”<br />
<strong>DaCa$h</strong> si scuote nelle spalle. “Business”.<br />
“Business, certo” fa T-Bone, mentre con un grosso respiro<br />
pr<strong>of</strong>ondo si alza dalla sedia di pelle, che scrocchia. “Man, ti<br />
dobbiamo presentare una persona”.<br />
Un campanello suona nella mente di <strong>DaCa$h</strong>, siamo a<br />
seicentotremilaquattrocentosessantatre persone presentate.<br />
Oggi. Ding.<br />
“Bene. Chi è? Che devo dirgli? Chi sono oggi?”<br />
72
Fat Hustla sorride: il cane ha imparato bene, è stato ammaestrato<br />
bene.<br />
“Oh, aspetta che te lo presentiamo” sorride sardonico. “James,<br />
puoi entrare”.<br />
È magro.<br />
La prima cosa che nota è che questo bianchetto pelatino<br />
mezzasega è magro, scheletrico, quasi senza sopracciglia, giusto<br />
un pizzetto stentarello, una specie di promo della chemio,<br />
un Edward Norton di Fukushima.<br />
Poi nota i tatuaggi.<br />
Non ne è sicuro, ma ne è quasi sicuro.<br />
Klan.<br />
Aveva visto un documentario sul Klan, le robe che vanno<br />
veloci, con gli scemi a cavallo e le croci bruciate e robe così.<br />
Sì, certo, la cosa non lo fa sentire a suo agio, neanche un po’.<br />
Mezzasega lo guarda con due occhi da matto, spiritato. Ogni<br />
tanto un tic gli spinge le palpebre superiori in su, accentu<strong>and</strong>one<br />
la follia.<br />
“<strong>DaCa$h</strong>, questo è James”.<br />
Guarda per un attimo ancora mezzasega, prima di tendere<br />
d’ordinanza una manona nera verso di lui. “Ciao, piacere”.<br />
La mano rimane sospesa nel vuoto come uno sberleffo, le<br />
braccia di mezzasega perfettamente immobili, abb<strong>and</strong>onate<br />
lungo i fianchi, nel silenzio generale. Dopo qualche secondo<br />
la ritrae a sé.<br />
“Man” dice T-Bone, asettico “ti diamo il piacere di conoscere<br />
73
la tua morte”.<br />
Si accorge di stare deglutendo.<br />
È il momento di fare il duro per scacciare la paura.<br />
“Chi, pisellino qui davanti?”<br />
Gli manca il respiro, all’improvviso, e ha un forte dolore al<br />
petto. Una bella mazzata pr<strong>of</strong>essionale, d’altri tempi. Un calcio<br />
rotante che fa di pisellino un Chuck Norris in chemio e<br />
ossa. Indebolito, ma Chuck, cazzo.<br />
“Colonnello James Edgar Lee III, del Klan. Già Navy Seal<br />
nella prima guerra del Golfo, affiliato agli Knights della Red<br />
Rose”.<br />
Cerc<strong>and</strong>o di recuperare fiato e il battito del cuore perduto a<br />
causa del calcio, esala una specie di risatina.<br />
“Davvero niente male, negro. Un buon colpo. Sei bravo”.<br />
Le palpebre di James hanno un sussulto nervoso all’indietro.<br />
“Non chiamarmi negro”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> sorride sprezzante.<br />
“Problemi, NEGRO?”<br />
“NON CHIAMARMI NEGRO, FECCIA”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> fa guizzare i suoi muscoli freschi di cellophane ergendosi<br />
nella sua considerevole statura.<br />
“PROBLEMI, NEGRO?”<br />
T-Bone, sorpreso dalla improvvisa sardonica fierezza di<br />
<strong>DaCa$h</strong>, si frappone.<br />
“NON. CHIAMARMI. NEGRO” sibila James, inarc<strong>and</strong>osi<br />
minaccioso come un serpente pronto a mordere.<br />
“Oh, ragazzi, basta, la festa è finita: giù i cappellini e la Fanta,<br />
festa finita”.<br />
74
“PROBLEMI, NEGRO DI MERDA?”insiste <strong>DaCa$h</strong>.<br />
“TANTO CHE PENSI DI FARE? DI AMMAZZARMI<br />
ORA, FANTOCCIO? Dai, prego, ammazzami con un’altra<br />
pedata! Dai! Roviniamo la festa a questi due stronzi, NE-<br />
GRO. Forza! FAMMI SECCO, FIGLIO DI TROIA”.<br />
James scatta in avanti con violenza, pronto a colpirlo, bloccato<br />
prontamente da T-Bone.<br />
“TI AMMAZZO, FIGLIO DI TROIA, TI FACCIO SEC-<br />
CO”.<br />
<strong>DaCa$h</strong> finge di non avvedersi degli sforzi di T-Bone e fa un<br />
gesto ostentatamente odioso di “<strong>and</strong>ersen” a James, di nuovo<br />
in modalità pisellino.<br />
“T-BONE, PORTA QUESTO IDIOTA FUORI DI QUI.<br />
La festa è finita, hai detto bene. Però ve lo devo dire: CHE<br />
MEZZASEGA! Potreste farmi ammazzare da uno serio per<br />
piacere? Questo –guardatelo! - non mangia da mesi!”<br />
Anche il fonico si è ora messo a fermare James, in esc<strong>and</strong>escenze,<br />
e agita i pugni.<br />
“Eddai, dategli la polpetta del cane e fuori dai coglioni!”<br />
James viene portato via, probabilmente sedato con un proiettile<br />
da rinoceronti.<br />
<strong>DaCa$h</strong> si mette in un angolo a ripassare i testi, apparentemente<br />
indifferente all’accaduto.<br />
In fondo al suo cervello più primitivo, ha però visto la paura<br />
in faccia. Ha avuto il privilegio di conoscere la sua morte,<br />
cieca, brutale e priva di intellletto prima del tempo, e ora ha<br />
un nome, un volto, un odore che sapeva avrebbe impregnato<br />
75
i prossimi giorni – i giorni restanti – della sua vita.<br />
21. Ain’t no thang<br />
“Non ho capito, che ha fatto?” disse T-Bone, reprimendo un<br />
risolino, nel retro di una qualche limo chissà dove.<br />
Wysdom respirò di nuovo a fondo, era seccato dai modi del<br />
suo interlocutore.<br />
“Ha fatto freestyle, ha improvvisato”.<br />
Sentì T-Bone tirare una pr<strong>of</strong>onda sniffata di coca. “Eeeeh?<br />
Freestyle?” si stava armeggi<strong>and</strong>o il naso. “Lo scimmione?”<br />
Lo studio era vuoto, e Wysdom si sentiva piccolo e vecchio<br />
in mezzo a tutti quei macchinari lampeggianti pure a lui<br />
familiari.<br />
“Sì”.<br />
“Raccontami”.<br />
Strinse più forte il sottilissimo cellulare nero e liscio nella<br />
mano rugosa, altrettanto nera.<br />
“Niente, coda strumentale di un pezzo, mancava la parte di<br />
sax, e finita la str<strong>of</strong>a si guarda in giro, fa due grugniti, ed<br />
attacca a fare improvvisazione. Noi tutti a bocca aperta”.<br />
“Com’era?”<br />
“Mah, guarda, poco più che scolastico come contenuti, ma a<br />
tempo. Roba che qualunque whiteboy tredicenne su internet<br />
saprebbe fare”.<br />
“Però l’ha fatta lui”.<br />
“Sì”.<br />
“Stavamo riprendendo?”<br />
“Come sempre”.<br />
76
“Ma guarda lo scimmione, ci tira fuori anche il freestyle!<br />
Come suo maestro, sarai orgoglioso di lui...”<br />
“Beh...”<br />
“Massì dai, del resto la vostra roba vecchia scuola era a prova<br />
di scimmione, e...”<br />
“Yo” lo interruppe <strong>of</strong>feso “allora?”<br />
T-Bone si fece una risata sonora.<br />
“Ok, beh, vado. Bella”.<br />
Clic.<br />
Per qualche secondo Wysdom restò ad ascoltare l’aria che il<br />
telefono gli s<strong>of</strong>fiava nell’orecchio. Poi lentamente, con un gesto<br />
misurato, abbassò il braccio, e chiuse il cellulare, rest<strong>and</strong>o<br />
in piedi immobile al centro dello studio silenzioso.<br />
22. Pisellino<br />
E ogni tanto era chiuso nella sua camera, le mani sugli occhi,<br />
seduto, ed aveva paura.<br />
I dialoghi interiori di <strong>DaCa$h</strong> <strong>and</strong>avano affin<strong>and</strong>osi. O meglio:<br />
ora c’erano. Il bolso ed ignorante Leeroy Washington<br />
si era evoluto in <strong>DaCa$h</strong>, le parole che usava anche con se<br />
stesso erano più rilevanti, ricche, qualcosa dei giochi di parole<br />
più o meno grezzi che aveva cantato in questo anno erano<br />
entrati a far parte della sua esperienza, e la nebbia attorno<br />
alla sua mente era <strong>and</strong>ata assottigli<strong>and</strong>osi sensibilmente. No,<br />
in nessun caso sarebbe stato accettato ad uno di quei club di<br />
cervelloni che passavano le serate a fare giochini da autistici<br />
coi numeri o a fare Paroliamo in Klingon, ma la differenza<br />
la sentiva.<br />
77
Ogni tanto pensava, e sentiva il suo cervello annaspare alla<br />
ricerca di una soluzione.<br />
Se prima di conoscere Pisellino era consapevole che il suo<br />
patto aveva un prezzo da pagare alto, conoscerlo aveva strappato<br />
al mondo dell’astratto questa evenienza.<br />
Wysdom, Big P e tutti quanti si comportavano come se avesse<br />
dovuto <strong>and</strong>are avanti per sempre. Ovvio, che altro avrebbero<br />
dovuto fare? Del resto non erano amici, oddio, forse<br />
Wysdom non era male, amico è un’altra cosa.<br />
E che me l’hanno fatto conoscere a fare? Per farmi paura?<br />
No, beh, è chiaro, è parte del loro gioco, di che stiamo parl<strong>and</strong>o,<br />
io sono il loro giocattolo, tanto i milioni li stanno già<br />
facendo, anche se Pisellino non mi ammazza gli va bene lo<br />
stesso. Jamija mi parla dei suoi dei, delle sue robe, ma ama<br />
un morto, io sono il morto che cammina nei suoi tarocchi,<br />
un anello da sposo con dentro una data di morte e non di<br />
matrimonio, latte scaduto alla mensa dell’asilo. In milioni<br />
mi conoscono, ma io resto Leeroy Faust Washington III, che<br />
pensava l’anima fosse solo una favoletta.<br />
Che faccio? Dove scappo? Tutti sanno chi sono, non posso<br />
nascondermi neanche in Antartide. Quei due mi ammazzano<br />
e io sono qui a dover dire loro grazie, pensa tu. Sono vivo<br />
e sono già morto, canto le canzoni che già parlano della mia<br />
morte, come quello con la frangetta emo dei Beetles o come<br />
si chiamano...<br />
Che faccio?<br />
Il cellulare sulla scrivania aveva suonato una melodia nota,<br />
l’ennesima sua hit. Nemmeno lì il nuovo Faust <strong>DaCa$h</strong> era<br />
78
al riparo da Leroy GiàMortoUnaVoltaEPrestoDue Washington.<br />
Un gran casino, compare.<br />
Raccolse il cellulare, il display diceva Wysdom.<br />
“Yo”.<br />
La voce di Wysdom era pr<strong>of</strong>onda. “Che fai man?”<br />
“Niente”.<br />
“Niente?”<br />
“Riposo”.<br />
“Birretta?”<br />
Era una richiesta non inconsueta ma non scontata.<br />
Si alzò lentamente, sentendo i muscoli delle gambe tirare un<br />
po’ sotto le bragone rap.<br />
“Sì dai. Qui nella hall?”<br />
“Tra dieci minuti”.<br />
Appoggiò il cellulare, spegnendolo. Non aveva bisogno di<br />
sentire nessuno ora, Jamija era chissà dove, e un po’ di spazio<br />
gli piaceva. Chevelle tantomeno. Non aveva voglia di spaccare<br />
l’ennesimo telefono. Ricco si, scemo è un’altra cosa.<br />
Lo specchio rim<strong>and</strong>ò l’immagine del suo cuginetto frocio<br />
Leeroy <strong>DaCa$h</strong> cadavereambulante Washington.<br />
Hmm.<br />
23. Say no go<br />
Qu<strong>and</strong>o era giovane Wysdom doveva essere stato un gran<br />
fico, uno di quelli seri, militanti: aveva fatto anche un featuring<br />
su un pezzo del primo disco dei Public Enemy che però<br />
all’ultimo era stato tolto dalla scaletta.<br />
Ora a vederlo aveva la panza, zoppicava un po’ (incidente<br />
79
di skate, fa fico da dire a 20 anni alle pischelle ma a 50 ti<br />
senti un po’ coglione), nessun tatuaggio visibile e con gr<strong>and</strong>e<br />
disappunto di tutti non somigliava nemmeno un po’ a<br />
Morgan Freeman. Parlava poco, cosa strana per un mc, ed<br />
assennatamente. Forse era l’età, forse solo il carattere.<br />
Era già seduto qu<strong>and</strong>o le porte dell’ascensore dell’hotel si<br />
aprirono. Era in questa hall ordinata e un po’ anonima, l’hotel<br />
Pretenziosis di Losalcazzo Town, Stati Uniti di Obamia,<br />
qualche panciuto in giacca che portava a spasso il suo sudore<br />
fino al banco, be<strong>and</strong>osi dell’aria condizionata ammazzacervicale<br />
e schiacci<strong>and</strong>o i brufoli del telefonino fichetto per<br />
vedere se gli prendeva il wi-fi o una app nuova per vedere le<br />
donne senza vestiti come negli occhiali delle pubblicità.<br />
Si sedette, e Wysdom alzò una mano con eleganza per chiamare<br />
il cameriere messicano in prevedibile quanto informe<br />
livrea.<br />
“Una birra?” fece rivolto a lui.<br />
“Yeah”.<br />
“Gr<strong>and</strong>e o piccola?” chiese il cameriere.<br />
“Piccola”.<br />
“Anche per me grazie”.<br />
Il messicano si allontanò indifferente. <strong>DaCa$h</strong> non era un<br />
gr<strong>and</strong>e conversatore, ma oggi aveva un argomento.<br />
“Qu<strong>and</strong>o, man?”<br />
Wysdom non fece finta di non capire. Aveva deciso di essere<br />
leale.<br />
“Vuoi la verità?”<br />
“Sì, chiaro”.<br />
“Non lo so. Non mi hanno detto un cazzo”.<br />
80
<strong>DaCa$h</strong> si scrocchiò le nocche, ma senza nessun tipo di aggressività<br />
nel gesto.<br />
“Non ti hanno detto?”<br />
“No, man. Io sono uno stipendiato, che credi”.<br />
“Più le royalties di alcuni miei pezzi”.<br />
“Sì” deglutì Wysdom “ho scritto qualcosa. Ho venduto l’anima<br />
al diavolo perbene, no?”<br />
“Faust Wysdom” lo incalzò pacato “non ti preoccupare.<br />
L’anima l’ho venduta prima di te” fece una breve pausa assolutrice.<br />
“Se non lo facevi tu l’avrebbe fatto qualcun’altro.<br />
Almeno tu sei a posto”.<br />
Pausa.<br />
“L’hai letto il libro poi?”<br />
“Ma che ne so” fece <strong>DaCa$h</strong> ondeggi<strong>and</strong>o le mani in aria.<br />
“Sì, l’ho letto, poi mi stanco, poi lo ripiglio, non ricordo:<br />
sono stato stupido per troppo a lungo oramai. Ci provo, davvero,<br />
man, ci provo. La cosa che mi secca più di tutte, anche<br />
forse più del morire, è quella di sentirmi trattare da idiota,<br />
tanto che alla fine me ne sto convincendo pure io. Chiaro<br />
che non sono un genio, man, evidente anche ad un neonato,<br />
ma idiota è un’altra cosa. Non è che fare lo spaccino non ti<br />
insegni niente della vita: sono ignorante, non idiota. Non ho<br />
l’intelligenza, ho solo la furbizia della strada”.<br />
Wysdom lo lasciò parlare, e <strong>DaCa$h</strong> continuò il suo sfogo:<br />
“Guarda, in quest’annetto ho capito un sacco di cose. Ho<br />
capito che sono solo un pollo, uno specchietto per le allodole,<br />
sì, mi sono fatto l’annetto di figate, dicendo una marea<br />
di stronzate che persino io non avrei detto mai e delle quali<br />
magari mi vergogno ammesso me ne freghi un cazzo, e ho<br />
81
conosciuto gente strafica come te e Jamija, chiaro. Ma ora mi<br />
ruga il culo da matti a crepare. Crepo da pr<strong>of</strong>eta? Bel pr<strong>of</strong>eta<br />
dimmerda. Anche perché non è che crepo per una buona<br />
causa, che ne so, trovare una cura per il cancro o la cura per il<br />
maldidenti o che cazzo ne so, ma solo per i soldi di quei due<br />
bastardi di T-Bone e Fat Hustla. Chiaro, ho fatto un patto,<br />
ma mi ruga da paura”.<br />
Wysdom si fece avanti sulla poltrona.<br />
“E che pensi di fare?”<br />
Gli occhi di <strong>DaCa$h</strong> si spensero un pochino di più.<br />
“E che penso di fare, man? Che ne so? Questo non è un film<br />
con la trama fica, il lieto fine, o io il Mc Gyver del cazzo.<br />
Sono fatto e finito, man, sono cotto. Aspetto la signora con<br />
la falce, e basta. Questo è il quanto”.<br />
Restarono in silenzio per quasi due minuti, mentre nella hall<br />
i doppi vetri attutivano il rumore del traffico fuori.<br />
Poi Wysdom disse:<br />
24. <strong>The</strong>y the paparrazi, they the livest<br />
posses, Kamakazi, nazi, nazi, copy papi<br />
Da qualche scrivania dalle parti del Maryl<strong>and</strong> parte un primo<br />
segnale che le vendite sono in flessione. Il quinto singolo<br />
del primo album di <strong>DaCa$h</strong> ha fatto il suo, il video con<br />
i featuring prestigiosi pure, e la mucca è stata spremuta, il<br />
limone munto.<br />
La decisione è già stata presa da tempo comunque: l’11 settembre<br />
<strong>DaCa$h</strong> presenterà il suo nuovo lavoro, “Martyr Superstar”.<br />
Sì, i frocetti del marketing sono bravi, lo sanno.<br />
82
Da qualche parte qualcuno sta cominci<strong>and</strong>o ad affilare matite<br />
come se fossero spade e guarda nei mirini delle macchine<br />
fotografiche digitali come mirini da cecchino. Non lo sanno,<br />
probabilmente, ma stanno per testimoniare la più celebrata<br />
esecuzione di massa di tutti i tempi, una bella crocifissione<br />
mediatica come mai se n’è vista, un martirio in full HD, non<br />
un 11 settembre da filmato mosso di youtube come tanti.<br />
I gruppi di interesse, le Mamme per il Rock Pulito, i Testimoni<br />
di Mercury, i Progressisti per un futuro Non Eterosessuale<br />
stanno prepar<strong>and</strong>o manifestazioni, interrogazioni,<br />
pubbliche esecuzioni, aument<strong>and</strong>o le divisioni, facendo il<br />
gioco dei loro padroni, prepar<strong>and</strong>osi alle escoriazioni dopo<br />
le vessazioni dei Plotoni dei miei coglioni, dell’Esercito dei<br />
Buoni e dall’Orgoglio Delle Nazioni che si muove compatto<br />
a bloccare i suoi suoni.<br />
Da qualche parte la b<strong>and</strong> di <strong>DaCa$h</strong>, che si muove con un<br />
bel gruppo live compatto di 11 esecutori, fa prove. In un<br />
punto dello show, la canzone “Hero/Victim” (“hero/victim/<br />
negro/victim”) il volume si alza per terminare in uno sparo,<br />
va provato bene, è di gr<strong>and</strong>e effetto, sembra vero.<br />
I magazines sono stati informati sull’uscita a metà aprile, in<br />
ampio anticipo, prepar<strong>and</strong>o tutto per tempo. La tensione<br />
sale, e le advance del disco nuovo sono state m<strong>and</strong>ate ai giornalisti<br />
più in, e su internet qualche pezzo già gira: messo fuori<br />
apposta, a bassa qualità. Si fa così nel ventunesimo secolo. Il<br />
disco è proprio bello, c’è da dire. Prodotto magnificamente,<br />
suona da dio, i testi sono spessi nel loro odio pieno, e la gr<strong>and</strong>e<br />
sorpresa è proprio <strong>DaCa$h</strong>, che senza perdere la rozzaggine<br />
gangsta del primo disco, è diventato più sciolto, più fluido.<br />
83
Sui messaggi che il disco lancia tacciamo pietosamente:<br />
om<strong>of</strong>obi, arroganti, misogini, anche razzisti, ma va bene per<br />
tutti. I culi ondeggeranno felici e sudaticci, e gli adolescenti<br />
con le petunie in faccia mugugneranno la loro angst giovanile<br />
con un positivo modello negativo da amare. Un Tupac<br />
Cobain Morrison da venerare crocifisso sulle pareti di migliaia<br />
di camerette suburbane.<br />
La telecamera della Storia zooma all’indietro, si prepara al<br />
Gran Finale.<br />
T-Bone e Fat Hustla fanno girare il registratore di cassa e<br />
ridono.<br />
Wysdom parlotta con Big P, che sgranocchia un sedano.<br />
<strong>DaCa$h</strong> è ancorato ai seni neri di Jamija in un amplesso<br />
come-se-fosse-l’ultimo, e forse lo sarà.<br />
La città fuori sonnecchia come un cobra, pronta a svegliarsi<br />
di scatto, per essere pericolosa, mentre il resto dell’America<br />
rurale dorme sogni inquieti.<br />
È notte, nell’emisfero nord, e la terra gira indifferente mentre<br />
l’estate volge al termine.<br />
25. It’s on<br />
C’è sicuramente qualcuno sul palco che sta aprendo lo show,<br />
ma a lui non importa ora. Anche nell’ovattatissimo backstage<br />
i bassi sembrano i passi del tirannosauro di Jurassic Park.<br />
Boom boom boom. Non c’è allegria nel backstage ora, c’è<br />
concentrazione. Qualcuno si fa svogliatamente una battuta,<br />
si tira una manata da spogliatoio maschile, ma senza entusiasmo.<br />
<strong>DaCa$h</strong> è chiuso nel camerino. Non ha voluto ve-<br />
84
dere nessuno, nè Jamija, nè Wysdom, nè Big P, Fat Hustla,<br />
nessuno. Si è chiuso dentro e sembra più un pugile in attesa<br />
del match che un cantante teso prima di un’esibizione, per<br />
quanto importante.<br />
Fuori c’è tutto il pianeta che guarda lui.<br />
(Sigla, logo di MTV, ripresa dall’alto a scendere in maniera<br />
morbidissima sulla folla in festa. Ripresa sulle prime file:<br />
un sacco di ragazze - probabilmente a nolo - estremamente<br />
carine ed estremamente discinte biondeggiano sgargianti,<br />
mentre una piccola folla di thugs neri in gr<strong>and</strong>e spolvero si<br />
accalca subito dietro.)<br />
“Ciao a tutti buonasera, io sono Ashton Maguire, ci siamo!<br />
Le ultime note dei Bad New Boyz stanno finendo ora. Ci<br />
siamo! Il momento che tutti aspettiamo è giunto. Questa<br />
sera, su questo palco, in quel Madison Square Garden che lo<br />
ha visto debuttare, la più gr<strong>and</strong>e star dell’hip hop mondiale,<br />
<strong>DaCa$h</strong>, sta per presentare il suo nuovo attesissimo album,<br />
“Martyr Superstar”. La gente sotto il palco sta per<br />
nei picchetti fuori. Vola qualche manata. La polizia contiene<br />
i manifestanti, ma ci sono segni di nervosismo. Da un lato le<br />
associazioni che protestano, dall’altra i pischelli e i gansta più<br />
o meno veri, “frocio” è l’insulto preferito, il<br />
sta cammin<strong>and</strong>o da qualche parte tra la folla. Non ha fretta.<br />
Non prenderà un banale posto da cecchino, in alto, al sicuro,<br />
per scappare dopo avere fatto secco il merdoso. No no. Va<br />
85
enissimo che lo prendano: il tumore se lo sta mangi<strong>and</strong>o,<br />
grazie ai bei proiettili all’uranio impoverito usati nel Golfo,<br />
ma stasera sarà lui il martire, l’eroe. Farà secco il merdoso<br />
che parla e capisce solo di puttane, coca, froci. Via, via questa<br />
schiuma. La società deve gettare fuori la spazzatura, e lui<br />
stasera sarà un artefice del bene, il dito di Dio sul cane del<br />
fucile. La gente ha. Bisogno. Di un. ESEMPIO.<br />
Qualcuno lo urta, un negro. Lui lo guarda fisso, il negrone<br />
lo riguarda fisso, si gira, ignora questo fantoccetto scheletrico<br />
whiteboy. Pesa trenta grammi, con questa faccia da rinsecchito:<br />
evitiamolo, chi se ne.<br />
Ha qualcosa che gli batte contro il fianco, sotto l’impermeabile:<br />
è un fucile. Piccolo, mortale. Numero di serie limato,<br />
forse a mano dai due tipi che l’hanno assunto. Merde. Si fa<br />
avanti tra la gente che<br />
si è <strong>and</strong>ata a chiudere in un camerino. Ha acceso una c<strong>and</strong>ela.<br />
Si è tolta il turbante. Sotto, i capelli sono a sorpresa<br />
cortissimi.<br />
È una scelta essere così. Come è stata una scelta diventare<br />
Jamija da Eunice che era, in una vita precedente, qu<strong>and</strong>o era<br />
qualunque e non conosceva la via dello spirito. Ed è difficile,<br />
non essere qualunque, it’s an everyday struggle, una lotta di<br />
ogni giorno. Il Suo guerriero è un bambino che gioca con<br />
un’arma. Ha in mano una pistola, e rischia di ferirsi, o di<br />
ferire lei a morte. Lei accende una c<strong>and</strong>ela ancora: a volte le<br />
vie della spiritualità passano per gesti semplici, banali, universali,<br />
ma proprio in quanto tali reali. Lei prega. I lwa sono<br />
inquieti, vibrano, fremono, a volte gridano.<br />
86
Ha paura. Sì, ha paura. E<br />
nel camerino <strong>DaCa$h</strong> si alza, tira un respiro pr<strong>of</strong>ondo, finge<br />
due jab davanti allo specchio, abbozza un sorriso. Hmm.<br />
Comincia a stargli simpatico, ‘sto cugino suo homo. Esce, il<br />
gruppo è fuori. Lo guardano tutti come il tacchino a Natale.<br />
Non lo sanno, eh, pensa. Però lo so io. Lo so e basta: hanno<br />
scelto oggi per farmi la festa, dai, è un’occasione assolutamente<br />
troppo ghiotta. Vorrebbe fare qualche “discorso alle<br />
truppe”, ma dai, non è capace. Tira un po’ di cinque a due<br />
o tre strumentisti che gli sono simpatici, poi arriva davanti<br />
a Big P, si ferma, gli sorride. Big P lo scruta per un attimo<br />
interrogativo tipo “cazzo mi sorridi a fare scimmione”. E non<br />
è meno interrogativo il suo sguardo qu<strong>and</strong>o si accorge - con<br />
un secondo di ritardo - che <strong>DaCa$h</strong> gli ha afferrato il pisellone<br />
e gli sta d<strong>and</strong>o una strizzata di palle mortale. Gli altri<br />
ragazzi ridono, acclamano <strong>DaCa$h</strong>, fanno casino, ah cazzo,<br />
che simpatico. Ma <strong>DaCa$h</strong> non gli sta d<strong>and</strong>o una virile<br />
strizzata di coglioni: gli sta veramente facendo male, stringe<br />
forte tanto da stritolare. Urla, cade per terra, gli altri gridano<br />
che frocio, quanta scena, sei un pussy, non fare il fotocopia,<br />
qualcuno, accattiv<strong>and</strong>osi la simpatia di <strong>DaCa$h</strong> lo chiama<br />
mangiaverdure da dietro. Un po’ il nervoso un po’ questo si<br />
trova che ride forte. Big P sta per terra, stringe le ginocchia e<br />
pesta i piedi per terra, ma nessuno lo tira su. Il gruppo è tutto<br />
con lui. Che strana senzazione per<br />
sta per salire sul palco! signore e signori, ci siamo davvero! Sul<br />
palco, del Madison, Square, Garden, di New York, accom-<br />
87
pagnato dai B<strong>and</strong> <strong>of</strong> Mischiefs, DACAAAAAAAAAAA-<br />
ASH.<br />
din din din din din din tintinnano, tintinnano, tintinnano<br />
sonore le monete che ogni secondo fioccano nelle loro<br />
tasche. Fat Hustla e T-Bone sono nella VIP Zone, accompagnati<br />
dalla solita Ultima Cena di scrocconi e puttane. Si<br />
godono solo in parte il momento, emozionati anche se sanno<br />
che <strong>and</strong>rà tutto liscio, e cioè tutto male, e bene. Il<br />
più polizia. Qualcuno parte dalle file dei manifestanti. No,<br />
non è una molotov, ma il poliziotto ha visto male e ha tirato<br />
una manganellata in faccia a questa lesbica. Ah no, è un tipo,<br />
si, oh non si capisce con queste telecamere che, si, ti sento, eh<br />
la protesta sta salendo in<br />
vede il suo bassista guardarlo incredulo. Oh, stasera ce l’ha.<br />
Stasera sta spacc<strong>and</strong>o: lo vede nelle facce della gente davanti<br />
a se. Spacc<strong>and</strong>o, oddio, sta facendo benino, ma per il suo precedente<br />
st<strong>and</strong>ard di inascoltabilità chi uscirà da qui stasera<br />
sarà col sorrisone gr<strong>and</strong>e gr<strong>and</strong>e. Hmm. Forse, già. Accenna<br />
una posa, si blocca in una specie di grottesca imitazione di<br />
Michael Jackson, roba da far girare Jacko nella tomba come<br />
un kebab, e la gente esplode. Bah, strana la gente. Ora finisce<br />
tutto. Seconda str<strong>of</strong>a, stavolta contro i froci, il<br />
si alza, le fanno male le ginocchia a forza di stare giù. Oh, i<br />
lwa se hanno voglia hanno capito. Non sono nè stupidi (figuriamoci)<br />
nè sordi, e le piaghe sulle ginocchia non le voglio.<br />
88
Fuori è un casino e mezzo, non glie l’ha mai detto abbastanza<br />
forte ma la sua musica, bah. Insomma, odierebbe fare la<br />
Yoko Ono ma non è che canterà per sempre, no?<br />
che mancano tre canzoni. Che è stufo di stare in mezzo al<br />
negrame puzzone ma gli hanno detto, T-Bone e quell’altro<br />
scemo, aspetta quel pezzo, c’è un crescendo con uno sparo<br />
finale, tu aspetti quello sparo, bang, tutti penseranno a una<br />
presa in giro scenica, ma il sangue vero di <strong>DaCa$h</strong> scorrerà, e<br />
tu sarai un Eroe. Non è stupido, sa che si appr<strong>of</strong>ittano di lui.<br />
Amen. Il fine giustifica i mezzi, diceva<br />
elicottero, scene ingiustificabili fuori da quello che dovrebbe<br />
essere solo un concerto e invece<br />
vedono lo scemo in mezzo alla gente. Che idiota. Una specie<br />
di martire autoconvinto, vabbè lo sai, gli dice l’altro, ammicca.<br />
Lo show, rispetto all’altro, è molto molto meno un’agonia,<br />
passa abbastanza bene.<br />
Sì, ecco, siamo al clou. La canzone parte, sì, sono un martire,<br />
bla bla bla, io, povero sfruttato emarginato ammazzerò voi<br />
bianchi froci di merda che blaaaaa blaaaaa blaaaaa chi se ne<br />
frega. Oh, se non le avesssi fatte io ‘ste canzoni non le avrei<br />
MAI cagate per un attimo. Ma tra pochi secondi arriveremo<br />
al crescendo e la scommessa sarà vinta del tutto. Oh, futuri<br />
inediti, rendetemi ancora più schifosamente miliardario, e<br />
un crescendo veramente intenso. “Rossiniano”, direbbe qualche<br />
giornalista molto molto ben pagato: dai, è una canzo-<br />
89
netta, ma la b<strong>and</strong> ci dà dentro. <strong>DaCa$h</strong> sciorina la sua bella<br />
manata di odio, insulta un frocio qui, un bianco lì, stupra<br />
una moglie là, ed è molto convincente, sente la canzone. Il<br />
crescendo sale, mancano otto battute allo sparo.<br />
tra le braccia in alto nessuno si accorge del fucile montato.<br />
Prende la mira con calma.<br />
i manifestanti cominciano a lanciare sassi e<br />
<strong>DaCa$h</strong> interrompe la b<strong>and</strong>. “Fermi, fermi, fermi”.<br />
Non è come nel reggae, un pull up per tirare su la gente.<br />
La b<strong>and</strong> si ferma piano, il batterista tira una rullata poco<br />
convinta. Il climax della canzone era molto coinvolgente,<br />
sono tutti attoniti.<br />
“Ferma, ferma, ferma tutto”.<br />
La gente urla, ma Daca$h fa il gesto di stare zitti, la gente è<br />
eccitata, ci vuole un po’, ma obbedisce. Si sente nettamente<br />
il casino fuori.<br />
Jamija guarda sorpresa. Colta da ispirazione, afferra la sua<br />
borsa, e corre verso il retropalco.<br />
Big P sta dietro, ha paura per i suoi coglioni, guarda attonito<br />
la parte dove ci sono Fat Hustla e T-Bone, non sa che fare.<br />
“In questa canzone” dice non senza fiatone “in questa canzone<br />
tra quattro barre avrei ucciso il figlio dello sbirro della<br />
canzone. Vi pare fico?”<br />
90
La gente esita. Alcuni esultano, gridano sì, ammazzalo, fallo<br />
fuori, ancora esaltati dal potere della musica. Altri mugugnano:<br />
fermata la fascinazione delle sette note, resta un testo violento,<br />
da ascoltare senza farsi beccare dalla propria amabile<br />
sposa.<br />
Lui li incalza, li fa urlare di più “vi pare una figata? fatemi<br />
sentire laggiù!”. La gente urla, confusa, chi sì chi no. T-Bone<br />
e Fat Hustla sono sorpresi da come <strong>DaCa$h</strong> “tenga il palco”.<br />
“È una figata o no?”<br />
L’intero posto è un delirio di gente che urla: il volume è assordante,<br />
il rumore massimo, e nessuno fa caso ad un magrolino<br />
che tira fuori un fucile e prende con calma la mira.<br />
“NO!” grida perentorio <strong>DaCa$h</strong>. “Mi sono rotto il cazzo di<br />
cantare tutta questa violenza, questo nonsense”.<br />
Fat Hustla e T-Bone spalancano gli occhi e si guardano. Imprevisto.<br />
Imprevisto. Cercano il matto con lo sguardo.<br />
“Perché ragazzi, non sono per niente il più duro del ghetto, il<br />
king, lo stupravergini. Andiamo. Chi cazzo ci crede. Dai. Si<br />
vede lontano un chilometro. Guardatemi bene”.<br />
L’intero Madison trattiene il respiro, implode in un buco<br />
nero di silenzio. Qualcuno tra i più arguti capisce e pensa<br />
“ma no, dai, non è possibile”.<br />
91
“IO SONO GAY”.<br />
26. Who’s the king<br />
“Sì, sono frocio, è tutto vero. Sono gay. Non è una battuta”.<br />
Per tre interminabili secondi il Garden è in totale, completo<br />
silenzio: si sentono distintamente i tumulti fuori.<br />
La massa è attonita, smarrita: quello che li educava all’odio,<br />
è il nemico?<br />
Qualcuno persino ridacchia. La risata comincia a crescere,<br />
ma la massa è confusa.<br />
“No, no, non ridete. Sono gay, e stufo di questo giochino,<br />
basta, basta odio”. Si gira, afferra Big P per il pacco per un’altra<br />
volta, e appr<strong>of</strong>itt<strong>and</strong>o della sorpresa, lo bacia sulla bocca.<br />
Un secondo di pausa.<br />
Poi l’urlo. E il lancio di oggetti. Violentissimo.<br />
“FROCIO! FROCIO DI MERDA! CREPA!”. La massa<br />
esplode, l’odio che stava mont<strong>and</strong>o con la canzone ha sfogo<br />
nella peggiore delle maniere.<br />
James Edgar Lee III il Tumorato del Signore con il suo fucilino<br />
prolungapene viene travolto dalla folla inferocita, altro<br />
che mira.<br />
Big P, non è davvero la sua giornata, si becca un anfibio in<br />
piena faccia, e cade sonoramente di ginocchia sul palco.<br />
<strong>DaCa$h</strong> scappa come uomo che scappa, gambe in spalla,<br />
trova Jamija davanti a se e la prende per mano. Lei è pronta,<br />
mentre la folla, carica di odio, comincia a spaccare tutto,<br />
92
gener<strong>and</strong>o risse sempre più gr<strong>and</strong>i a ondate, in una serie di<br />
gironi danteschi di follia.<br />
Fat Hustla e T-Bone si guardano esterrefatti. E non perché<br />
dovranno pagare il danno, no: briciole. Spiccioli.<br />
La loro mente sanguina pens<strong>and</strong>o alle dozzine di dischi inediti<br />
di quello che al momento è il rapper più svalutato del<br />
pianeta. Milioni di dollari nel cesso in istanti: credibilità del<br />
personaggio, zero, vendibilità dei dischi, meno di zero. Catastr<strong>of</strong>e,<br />
rovina. Carriere di tutti: finite. Da domani saranno<br />
“froci” anche loro, per tutto il mondo, cornuti e mazziati.<br />
T-Bone ha le mani nella faccia, e pensa serissimamente se<br />
farla finita o meno. Fat Hustla grida, bestemmia, minaccia<br />
denunce al vento e contro il vento.<br />
Appr<strong>of</strong>itt<strong>and</strong>o della confusione e degli scontri fuori, che nel<br />
frattempo si sono mescolati con quelli dentro in un enorme<br />
vortice di pazzia, Daca$h e Jamija riescono a svignarsela senza<br />
troppe difficoltà.<br />
Wysdom, da qualche parte dello stadio se la ghigna. “La furbizia<br />
della strada”, figlio di puttana. Ben fatta. Si gira, e se la<br />
svigna, senza fretta. I soldi delle royalties dei pezzi già passati<br />
in radio gli terranno caldo per diversi inverni.<br />
93
Outro: morale<br />
Potreste immaginare Leeroy Washington di nuovo negli<br />
anonimi panni di sé stesso e non più <strong>DaCa$h</strong> ripreso da un<br />
elicottero su una coupè mentre si allontana nei boschi del<br />
Nevada con Jamija a fianco come nel finale di Blade Runner.<br />
Oppure dopo due settimane accanto a Beth Ditto, Chris<br />
Crocker, Perez Hilton e altri in qualche talk show.<br />
La verità è probabilmente meno sbrilluccicante. Forse si sono<br />
sposati da qualche parte, se non si sono mollati; qualche volta<br />
qualcuno dice di averli visti in giro, ma si sono nascosti, con i<br />
soldi del conto scampati al massacro e che Jamija gestiva. Leeroy<br />
non canta più nemmeno sotto la doccia, e chiama Chevelle<br />
una volta a settimana con il vivavoce, così urla ma non<br />
troppo e non spacca altri telefoni. Stupido è un’altra cosa.<br />
Forse avranno dei figli, ma non faranno parte di questa storia.<br />
<strong>DaCa$h</strong>, <strong>DaCa$h</strong> è morto quella sera. Chi era al concerto<br />
ha negato tre volte prima che il cock cantasse, chi aveva i<br />
dischi li ha defenestrati con imbarazzo, come se la mamma ti<br />
avesse beccato i pornelli zozzi. <strong>DaCa$h</strong> è morto quella sera.<br />
Non Leeroy, ma <strong>DaCa$h</strong> sì. Nessuno dei suoi dischi viene<br />
chiesto in radio: nessun fake passa nella severa cultura hip<br />
hop, e <strong>DaCa$h</strong> è più imbarazzante dei Milli Vanilli. Nemmeno<br />
alle feste gay lo passano, neppure per dileggio.<br />
Da qualche parte, in una cantina delle Hollywood Hills,<br />
come fossero scorie tossiche, giacciono centinaia di canzoni<br />
stoccate in hard disk che si corromperanno nel tempo. Centinaia<br />
di ore di odio pieno, acido, corrotto, destinate all’oblio<br />
nel seno misericordioso del tempo.<br />
94
Ringraziamenti<br />
ReddArmy Family.<br />
Aless<strong>and</strong>ra Kersevan.<br />
Paolo Cantarutti.<br />
Chiara Papaccio.<br />
Paola D’Elia.<br />
Damir Ivic.<br />
Kento.<br />
Giulia Blasi.<br />
Emiliano Colasanti.<br />
Irko.<br />
Padre, madre. Sempre e comunque.<br />
B., che mi rende vivo.<br />
95
kappa vu