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Achille e la tartaruga - Riflessioni.it

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Alberto Viotto<br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

e altri paradossi<br />

© Copyright 2008


2 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Introduzione<br />

Un giorno di più di duemi<strong>la</strong> anni fa, in qualche local<strong>it</strong>à non meglio<br />

specificata del<strong>la</strong> Magna Grecia, si svolse una gara di corsa che avrebbe<br />

fatto discutere per secoli e secoli. Il velocissimo <strong>Achille</strong> è di fronte al<strong>la</strong><br />

lenta <strong>tartaruga</strong> e, per rendere <strong>la</strong> contesa meno impari, le dà diversi metri di<br />

vantaggio. L’es<strong>it</strong>o del<strong>la</strong> gara sembrerebbe scontato, ma, secondo fonti<br />

autorevoli, pur essendo in ottima forma e per quanti sforzi facesse, <strong>Achille</strong><br />

non riuscì mai a raggiungere <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>.<br />

La vicenda di <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> è un esempio di paradosso (un<br />

ragionamento in apparenza logico, ma che sembra portare a conseguenze<br />

assurde). Un altro famoso paradosso è quello del cretese ment<strong>it</strong>ore, che<br />

afferma: “Tutti i cretesi mentono”. Ha ragione o torto?<br />

Questo libro descrive alcuni celebri paradossi e indica come possono<br />

diventare completamente inoffensivi, se soltanto si adottano modi di<br />

pensare che superano i nostri schemi ab<strong>it</strong>uali.


La gara<br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

L’autore del paradosso di “<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>” è il filosofo greco<br />

Zenone di Elea, che visse attorno al 500 avanti Cristo nel<strong>la</strong> Magna Grecia.<br />

Zenone intendeva difendere le tesi del suo maestro Parmenide, uno dei più<br />

importanti filosofi presocratici, che sosteneva che il movimento non è<br />

altro che illusione.<br />

Parmenide Zenone di Elea<br />

Zenone venne in suo aiuto proponendo un curioso esempio, qua descr<strong>it</strong>to<br />

con le parole del poeta e scr<strong>it</strong>tore argentino Jorge Louis Borges (1899-<br />

1986):


4 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

“<strong>Achille</strong>, simbolo di rapid<strong>it</strong>à, deve raggiungere <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>, simbolo di<br />

lentezza. <strong>Achille</strong> corre dieci volte più svelto del<strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> e le concede<br />

dieci metri di vantaggio. <strong>Achille</strong> corre quei dieci metri e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

percorre un metro; <strong>Achille</strong> percorre quel metro, <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> percorre un<br />

decimetro; <strong>Achille</strong> percorre quel decimetro, <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> percorre un<br />

centimetro; <strong>Achille</strong> percorre quel centimetro, <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> percorre un<br />

millimetro; <strong>Achille</strong> percorre quel millimetro, <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> percorre un<br />

decimo di millimetro, e così via all’infin<strong>it</strong>o; di modo che <strong>Achille</strong> può<br />

correre per sempre senza raggiunger<strong>la</strong>.”


Prime ovvie confutazioni<br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> 5<br />

Ognuno di noi sa perfettamente che un corridore può raggiungere<br />

facilmente una persona più lenta; <strong>la</strong> confutazione di quanto sostenuto da<br />

Zenone potrebbe sembrare banale. Il filosofo Diogene, davanti a chi gli<br />

ricordava gli argomenti di Zenone contro il movimento, silenziosamente si<br />

mise a camminare. Nel<strong>la</strong> realtà <strong>Achille</strong> raggiunge <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>; resta aperta<br />

<strong>la</strong> questione di come ciò possa avvenire.<br />

Da un punto di vista matematico <strong>la</strong> spiegazione sta nel fatto che gli<br />

infin<strong>it</strong>i intervalli impiegati ogni volta da <strong>Achille</strong> per raggiungere <strong>la</strong><br />

<strong>tartaruga</strong> diventano sempre più piccoli, ed il lim<strong>it</strong>e del<strong>la</strong> loro somma<br />

“converge”. Una somma di infin<strong>it</strong>i elementi o, più precisamente, il lim<strong>it</strong>e<br />

di una somma di infin<strong>it</strong>i elementi non è necessariamente infin<strong>it</strong>o.<br />

Prendiamo ad esempio <strong>la</strong> somma di tutte le frazioni che si possono<br />

ottenere dimezzando ogni volta un intero:<br />

1/2, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32, ...<br />

La somma di tutti questi elementi è sempre inferiore ad uno. Arrivati<br />

all’elemento numero n, <strong>la</strong> somma sarà pari ad uno meno <strong>la</strong> frazione di<br />

ordine n. Arrivati ad esempio al terzo elemento, <strong>la</strong> somma sarà uguale a<br />

sette ottavi, pari ad uno meno un ottavo (un mezzo elevato al<strong>la</strong> terza).<br />

Arrivati al decimo elemento, <strong>la</strong> somma sarà uno meno un<br />

milleventiquattresimo (un mezzo elevato al<strong>la</strong> decima; infatti due elevato


6 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

al<strong>la</strong> decima potenza è 1024). Da un punto di vista matematico si può<br />

affermare che il lim<strong>it</strong>e di questa somma di infin<strong>it</strong>i termini è uno.<br />

1/2 1/4 1/8 1/16 ....<br />

La somma degli infin<strong>it</strong>i intervalli percorsi dal<strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> con i presupposti<br />

di Zenone è fin<strong>it</strong>a, ed è inferiore al tratto di pista che <strong>Achille</strong> deve<br />

percorrere per raggiunger<strong>la</strong>. <strong>Achille</strong> supererà <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> dopo che essa ha<br />

percorso un cammino che corrisponde al<strong>la</strong> somma di infin<strong>it</strong>i intervalli.


Un secondo che non finisce<br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> 7<br />

Il paradosso può essere esaminato anche dal punto di vista del<br />

trascorrere del tempo. Immaginiamo che <strong>Achille</strong> impieghi nove decimi di<br />

secondo per percorrere i primi dieci metri, il che significa che<br />

impiegherebbe nove secondi per percorrerne cento (un po’ meglio degli<br />

attuali primatisti; il record mondiale è di nove secondi e 78 centesimi).<br />

Nel frattempo <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> si sarebbe spostata di un ulteriore metro; per<br />

coprire anche questa distanza <strong>Achille</strong> impiegherebbe nove centesimi di<br />

secondo; per il successivo decimetro nove millesimi, e così via. La somma<br />

degli intervalli di tempo impiegati (espressa in secondi) sarebbe quindi:<br />

0.9 + 0.09 + 0.009 + 0.0009 + ...<br />

Questa somma converge come <strong>la</strong> precedente ed è sempre minore di uno.<br />

Da un punto di vista matematico si può dire che anche il lim<strong>it</strong>e di questa<br />

somma di infin<strong>it</strong>i termini è dieci. Ogni intervallo, inoltre, è maggiore del<strong>la</strong><br />

somma di tutti quelli che lo seguono.<br />

Con i presupposti di Zenone, quindi, il tempo “si ferma”, e non si riesce<br />

a superare il primo secondo. Parrebbe che Zenone, al<strong>la</strong> fine, si sia lim<strong>it</strong>ato<br />

a provare che <strong>Achille</strong> non riesce a raggiungere <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> prima che sia<br />

trascorso un certo tempo (con le nostre ipotesi, un secondo). Se il tempo<br />

continua a scorrere, però, <strong>Achille</strong> raggiunge e supera <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>.


8 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Uno sguardo meno superficiale<br />

Inutile dirlo, <strong>la</strong> spiegazione che abbiamo descr<strong>it</strong>to ci <strong>la</strong>scia in qualche<br />

modo insoddisfatti (non si spiegherebbe altrimenti l’enorme popo<strong>la</strong>r<strong>it</strong>à di<br />

questo esempio). Come è possibile che ci sia un tempo dopo <strong>la</strong> serie<br />

infin<strong>it</strong>a di attimi, in ognuno dei quali <strong>Achille</strong> raggiunge il punto in cui<br />

precedentemente si trovava <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>? Come è possibile che il tempo<br />

vada avanti lo stesso, fino al momento in cui <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> viene raggiunta?<br />

Ci resta <strong>la</strong> convinzione che in qualche modo Zenone abbia ragione. Ma<br />

come è possibile?<br />

Parmenide e Zenone<br />

Un punto fondamentale di questa discussione consiste nel capire che<br />

cosa volesse dimostrare Zenone. Il suo obbiettivo era di difendere le idee<br />

del filosofo Parmenide, anch’egli di Elea e suo contemporaneo.<br />

Parmenide considerava ingannevoli i sensi e r<strong>it</strong>eneva che <strong>la</strong> realtà fosse<br />

un unico, immutabile tutto. Secondo Parmenide molte cose che diamo per<br />

scontate, come <strong>la</strong> plural<strong>it</strong>à ed il movimento, non sono altro che illusione.<br />

Con il paradosso di <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>, Zenone voleva dimostrare che il<br />

movimento è pura illusione. In altri termini, ci sembra che <strong>Achille</strong><br />

raggiunga <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>, ma entrambi non sono altro che parti di un unico<br />

essere immutabile, ed il loro movimento è illusorio.


Lo specchio del<strong>la</strong> natura<br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> 9<br />

Per dare una risposta a questi interrogativi si può riflettere sul<strong>la</strong> nostra<br />

ab<strong>it</strong>uale concezione del<strong>la</strong> realtà. Noi tutti normalmente r<strong>it</strong>eniamo che, al<br />

di fuori di noi, esistano cose che si comportano secondo leggi ben precise<br />

Oggetti come <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> hanno ben determinate proprietà, tra<br />

cui una traiettoria che possiamo conoscere con precisione illim<strong>it</strong>ata.<br />

In realtà, non è indispensabile adottare questa concezione, pur<br />

profondamente radicata in noi. Cr<strong>it</strong>iche a questo modo di pensare sono<br />

state formu<strong>la</strong>te da filosofi del Novecento, come Ludwig W<strong>it</strong>tgenstein<br />

(1889-1951) e Richard Rorty (1931-2007). Le nostre concezioni, ed in<br />

partico<strong>la</strong>re le teorie scientifiche, non riflettono le cose come stanno là<br />

fuori, ma semplicemente ci servono, ci permettono di fare fronte<br />

all’ambiente naturale in cui ci troviamo. Il valore di una teoria sta nel suo<br />

buon funzionamento, nel<strong>la</strong> sua util<strong>it</strong>à.<br />

Ludwig W<strong>it</strong>tgenstein Richard Rorty<br />

Una teoria di questo tipo è <strong>la</strong> meccanica quantistica, che nasce attorno<br />

al 1920 ad opera di scienziati come Erwin Schroedinger(1887-1961),


10 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Niels Bohr (1885-1962) e Werner Heisenberg (1902-1976) e risolve le<br />

incongruenze che si ottengono applicando <strong>la</strong> meccanica tradizionale al<br />

mondo subatomico.<br />

Erwin Schroedinger Werner Heisemberg & Niels Bohr<br />

In meccanica quantistica non è possibile crearsi una rappresentazione<br />

che descriva esattamente ciò che succede nel mondo che ci circonda. Ad<br />

esempio, se vogliamo misurare <strong>la</strong> posizione di una particel<strong>la</strong> elementare,<br />

tutto ciò che possiamo sapere è <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à dei vari valori che può<br />

assumere; da questi dati si possono poi ricavare “valore medio” e “scarto<br />

medio". Lo scarto medio di una grandezza è chiamato indeterminazione e<br />

non può essere nullo.<br />

In altre parole, non possiamo crearci un modello del mondo subatomico<br />

che lo rappresenti esattamente; gli elettroni non sono piccole sfere, come<br />

vengono spesso rappresentati, ma ent<strong>it</strong>à che si comportano in modo del<br />

tutto peculiare. La meccanica quantistica non ci dà un modello del<strong>la</strong> realtà<br />

esterna, ma ci serve per prevedere il risultato delle misure.


Il processo di misura<br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> 11<br />

Di sol<strong>it</strong>o si pensa che, in linea teorica, si possa sapere tutto ciò che si<br />

vuole a propos<strong>it</strong>o di un determinato fenomeno. In meccanica quantistica,<br />

poiché non si può sapere tutto, è importante determinare che cosa si<br />

vuole conoscere e che strumento di misura usare. Defin<strong>it</strong>a <strong>la</strong> domanda che<br />

ci si vuole porre, ad esempio quale sia <strong>la</strong> posizione di una particel<strong>la</strong>, si<br />

può effettuare il processo di misura.<br />

In meccanica quantistica non esiste conoscenza dello stato di una<br />

ent<strong>it</strong>à al di fuori di una misurazione. Prima del<strong>la</strong> misura il valore di una<br />

grandezza non esiste: si può par<strong>la</strong>re di tale valore solo in segu<strong>it</strong>o<br />

all'effettuazione di una misura.<br />

Alcuni calcoli sul<strong>la</strong> indeterminazione<br />

In meccanica quantistica l’indeterminazione indica il livello di<br />

imprecisione di una misura e si applica non ad una singo<strong>la</strong> grandezza<br />

(come <strong>la</strong> posizione), ma a coppie di grandezze "complementari". Sono<br />

complementari, ad esempio, <strong>la</strong> posizione e <strong>la</strong> quant<strong>it</strong>à di moto (che<br />

corrisponde al<strong>la</strong> massa per <strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à). Tanto più precisa è <strong>la</strong> misura di<br />

una grandezza, tanto meno lo sarà <strong>la</strong> misura del<strong>la</strong> grandezza<br />

complementare.<br />

Il "quanto" minimo di indeterminazione (<strong>la</strong> costante di P<strong>la</strong>nck) è il<br />

prodotto del<strong>la</strong> indeterminazione di una grandezza per quel<strong>la</strong> dell'altra<br />

grandezza, ed indica il livello minimo di imprecisione di una misura. Il


12 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

suo valore, espresso in chilogrammi per metri al secondo (l'un<strong>it</strong>à di misura<br />

del<strong>la</strong> quant<strong>it</strong>à di moto) per metri (l'un<strong>it</strong>à di misura del<strong>la</strong> posizione), è<br />

rappresentato da uno diviso un numero che si può scrivere come “1”<br />

segu<strong>it</strong>o da trentaquattro zeri.<br />

Nel caso di un oggetto di un chilo di peso, ad una indeterminazione<br />

del<strong>la</strong> posizione di un milionesimo di miliardesimo di millimetro<br />

corrisponderebbe una indeterminazione del<strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à dell'ordine del<br />

milionesimo di miliardesimo di millimetro al secondo.<br />

1 chilogrammo 1/1000.000.000.000.000.000 millimetri<br />

È evidente che una indeterminazione di questo genere non ha alcun<br />

interesse pratico se si devono misurare metri, o millimetri, o anche<br />

millesimi di millimetro.


Quando <strong>Achille</strong> raggiunge <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> 13<br />

Che cosa succede, però, quando <strong>Achille</strong> sta per raggiungere <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>?<br />

La distanza tra i due, inizialmente di dieci metri, diventa rapidamente, già<br />

nel<strong>la</strong> narrazione di Borges, di un decimo di millimetro, e poi di un<br />

miliardesimo di millimetro (bastano altri otto intervalli), e poi di un<br />

milionesimo di miliardesimo di millimetro. In breve, dopo poche decine di<br />

intervalli ci r<strong>it</strong>roviamo ad avere a che fare con dimensioni in cui <strong>la</strong><br />

meccanica quantistica entra decisamente in gioco.<br />

Adottando <strong>la</strong> concezione del<strong>la</strong> meccanica quantistica, <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong><br />

<strong>tartaruga</strong> non sono oggetti che possiamo rappresentarci con esattezza, ma<br />

semplicemente delle ent<strong>it</strong>à su cui possiamo effettuare delle misurazioni.<br />

Ad un certo punto <strong>la</strong> distanza tra i due diventa così picco<strong>la</strong> che non ha<br />

più senso effettuare una misura: l’indeterminazione sarebbe<br />

eccessivamente elevata. La s<strong>it</strong>uazione non cambierebbe neppure<br />

considerando tutti gli intervalli successivi: ogni intervallo, infatti, è<br />

maggiore del<strong>la</strong> somma di tutti quelli che lo seguono.


14 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Il punto fondamentale di questo ragionamento non è l’effettiva<br />

fattibil<strong>it</strong>à del<strong>la</strong> misura: <strong>la</strong> misura non ha senso neppure da un punto di<br />

vista teorico. L’indeterminazione è una proprietà intrinseca al<strong>la</strong> natura di<br />

qualsiasi ent<strong>it</strong>à che vogliamo misurare.<br />

Se adottiamo <strong>la</strong> concezione secondo cui una teoria scientifica non deve<br />

darci un’immagine del mondo, ma serve soltanto ad incrementare <strong>la</strong><br />

nostra conoscenza, affermare che una ent<strong>it</strong>à, ad esempio un intervallo,<br />

non può essere misurata neppure da un punto di vista teorico vuol dire<br />

che dobbiamo ev<strong>it</strong>are di comprender<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> nostra visione del mondo,<br />

vuol dire che non esiste.<br />

Dopo breve tempo <strong>la</strong> distanza tra <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> non esiste più:<br />

si può affermare che al<strong>la</strong> fine l’insegu<strong>it</strong>ore ha raggiunto il suo obbiettivo.<br />

Zenone aveva ragione<br />

Anche se <strong>Achille</strong> raggiunge <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong>, questo non significa che<br />

Zenone avesse torto. Il suo obbiettivo era dimostrare che non esiste il<br />

movimento. La meccanica quantistica fa una affermazione molto simile.<br />

Ricorriamo alle parole del fisico russo Lev Landau (1918-1968), premio<br />

Nobel nel 1962, che nel primo cap<strong>it</strong>olo del volume “Meccanica<br />

quantistica” del suo corso di fisica teorica dice testualmente:<br />

“Nel<strong>la</strong> meccanica quantistica il concetto di traiettoria del<strong>la</strong> particel<strong>la</strong><br />

non esiste, ciò che trova sua espressione nel cosiddetto principio di


<strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> 15<br />

indeterminazione, uno dei principi basi<strong>la</strong>ri del<strong>la</strong> meccanica quantistica,<br />

scoperto da W. Heisenberg nel 1927”.<br />

Lev Landau<br />

L’indeterminazione prevista dal<strong>la</strong> meccanica quantistica ha rilevanza<br />

so<strong>la</strong>mente nel mondo subatomico, a causa del valore molto piccolo del<br />

quanto di indeterminazione. La sua valid<strong>it</strong>à, però, è del tutto generale, e<br />

può portare a ripensare <strong>la</strong> nostra concezione del mondo. Non è necessario<br />

pensare che, là fuori, ci siano delle ent<strong>it</strong>à che “esistono” e si comportano<br />

in maniera determinata. Non è necessario pensare che “esista” il<br />

movimento; l’importante è che possiamo effettuare delle misure e<br />

prevederne il risultato. L’esempio di <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong> rappresenta un<br />

caso in cui questa concezione ci aiuta ad uscire da un vicolo cieco.


Il mucchio<br />

Il sor<strong>it</strong>e<br />

Il paradosso del sor<strong>it</strong>e (o “mucchio”, secondo il significato del termine<br />

greco “sor<strong>it</strong>es”) afferma che nul<strong>la</strong> si può trasformare: un girino non può<br />

diventare una rana, un mucchio di grano rimane tale anche se ridotto ad<br />

un solo chicco, un mendicante non può in alcun modo diventare ricco.<br />

La versione più antica di questo paradosso risale al filosofo greco<br />

Eubulide di Mileto, vissuto attorno al 350 avanti Cristo. Secondo<br />

Eubulide, se da un mucchio di grano si sottrae un chicco, si può con<br />

sicurezza affermare che quello che rimane è ancora un mucchio. Lo stesso<br />

ragionamento si può applicare per un secondo chicco, e così via, fino ad<br />

arrivare all’ultimo chicco.<br />

Si giunge quindi al<strong>la</strong> conclusione che un solo chicco di grano<br />

rappresenta un mucchio, il che è evidentemente assurdo. Ne consegue,<br />

secondo Eubulide, l’impossibil<strong>it</strong>à del discorso scientifico.


Il mendicante<br />

Il sor<strong>it</strong>e 17<br />

Un’altra versione di questo paradosso prende in considerazione un<br />

povero che chiede <strong>la</strong> car<strong>it</strong>à ad un passante, augurandosi di ricevere tanti<br />

soldi da diventare ricco.<br />

Il passante, però, gli dice che questo suo sogno è irrealizzabile. Se infatti<br />

il povero ottiene un soldo, non diventerà di certo ricco. Se ottiene un altro<br />

soldo, ugualmente non si potrà dire che è ricco. Questo ragionamento si<br />

può applicare all’infin<strong>it</strong>o e si può concludere che il povero non diventerà<br />

mai ricco.


18 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Il girino<br />

Una versione moderna del paradosso è da attribuire a James Cargile,<br />

dell’Univers<strong>it</strong>à del<strong>la</strong> Virginia. In una pozza d’acqua si trova un girino, che<br />

viene filmato fino a quando diventa una rana. Se si esaminano in<br />

successione i fotogrammi del filmato, si può convenire che <strong>la</strong> differenza<br />

tra ogni fotogramma ed il successivo è minima, e consiste<br />

nell’accrescimento di un numero lim<strong>it</strong>ato di cellule.<br />

Sembra quindi impossibile che ciò che in un fotogramma è un “girino”,<br />

nel fotogramma successivo sia diventato una “rana”. Applicando<br />

ripetutamente questo ragionamento si giunge al<strong>la</strong> conclusione che il girino<br />

non potrà mai diventare una rana.


Che cosa è un “mucchio”?<br />

Il sor<strong>it</strong>e 19<br />

La chiave di questo paradosso risiede nel concetto di “mucchio” (e nei<br />

concetti di “ricchezza” e “rana”). La concezione che ab<strong>it</strong>ualmente usiamo<br />

(riconducibile al filosofo greco P<strong>la</strong>tone) assume che le idee, ad esempio<br />

l’idea di “mucchio”, abbiano una origine innata ed esistano<br />

indipendentemente da noi. Una cosa che vediamo, quindi, o è un mucchio<br />

o è qualcosa di diverso, indipendentemente da ciò che noi percepiamo.<br />

Se si utilizza questa concezione, il paradosso del sor<strong>it</strong>e è irrisolvibile. Se<br />

una ent<strong>it</strong>à si trasforma in un’altra ent<strong>it</strong>à, completamente distinta dal<strong>la</strong><br />

prima, si deve essere in grado di individuare il momento esatto in cui<br />

questa trasformazione avviene. Ma qual è il momento in cui un mucchio<br />

cessa di essere tale? Il fatto che non si possa individuare con precisione<br />

questo evento rende “impossibile” <strong>la</strong> trasformazione.


20 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

I concetti<br />

Un diverso approccio permette di fare a meno dell’esistenza di idee e<br />

concetti astratti ed ha come precursore lo scienziato e filosofo austriaco<br />

Ernst Mach (1838-1916). Secondo questa linea di pensiero i concetti non<br />

sono altro che il frutto di una operazione riassuntiva che ci permette di<br />

catalogare un gran numero di percezioni simili. L'idea di cerchio, ad<br />

esempio, è una nostra creazione mentale per raggruppare tutti gli oggetti<br />

circo<strong>la</strong>ri che abbiamo percep<strong>it</strong>o. L'idea di mucchio, allo stesso modo, è<br />

una nostra creazione mentale che serve a raggruppare tutte le esperienze<br />

sensoriali in cui ci siamo trovati di fronte ad una molt<strong>it</strong>udine di oggetti.<br />

Ernst Mach<br />

Poiché i concetti astratti sono nostre creazioni mentali, non abbiamo<br />

nessuna garanzia che un nostro concetto sia identico ad un concetto


Il sor<strong>it</strong>e 21<br />

e<strong>la</strong>borato da altre persone: <strong>la</strong> mia idea di cerchio, o di mucchio, può essere<br />

diversa da quel<strong>la</strong> di un'altra persona.<br />

I giudizi<br />

Quando diciamo che una cosa "è" una determinata ent<strong>it</strong>à, ad esempio<br />

che l’animale che abbiamo di fronte è una rana, implic<strong>it</strong>amente pensiamo<br />

che esistano delle categorie oggettive ed indiscutibili, a cui possiamo<br />

assegnare ciò che percepiamo.<br />

Se abbandoniamo questa concezione, le cose possono essere affrontate<br />

da un punto di vista completamente diverso: dire che ciò che percepiamo<br />

è una determinata ent<strong>it</strong>à, ad esempio che ciò che vediamo è un mucchio o<br />

che l’animale che abbiamo di fronte è una rana, non è altro che un<br />

giudizio, con il quale confrontiamo con un nostro personale concetto<br />

quello che percepiamo.<br />

I giudizi sono, per loro natura, soggettivi ed imprecisi. La soggettiv<strong>it</strong>à<br />

dei giudizi è palese quando affermiamo, ad esempio, che un determinato<br />

oggetto è “bello” o “brutto”, ma può essere estesa ad ogni nostro<br />

giudizio. I giudizi, inoltre, sono intrinsecamente imprecisi, esattamente<br />

come le misure del<strong>la</strong> meccanica quantistica; non si può ottenere una<br />

precisione assoluta. Se ci chiediamo quanto è lunga una sbarretta di<br />

metallo o quanto pesa una me<strong>la</strong>, non possiamo darci una risposta del tutto<br />

precisa, come si è visto nel primo cap<strong>it</strong>olo; questa affermazione è valida<br />

anche se ci chiediamo se una persona è "alta" o "bassa", o se ciò che<br />

vediamo è una “rana” o un “girino”.


22 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Quando il girino diventa rana<br />

Se guardiamo <strong>la</strong> successione di fotogrammi che riprendono il girino che<br />

sta per diventare una rana, ad un certo momento il nostro giudizio cambia.<br />

La nostra decisione, però, è per sua natura soggettiva, perché <strong>la</strong> nostra<br />

stessa idea di “rana” è soggettiva.<br />

È chiaro che nel<strong>la</strong> grande maggioranza dei casi vi è concordanza tra un<br />

giudizio espresso da diverse persone; quasi sempre <strong>la</strong> s<strong>it</strong>uazione è tale che<br />

non si può non concordare, ad esempio, sul fatto che il girino è diventato<br />

una rana. Vi sono però circostanze in cui due diverse persone (o <strong>la</strong> stessa<br />

persona in diversi momenti o circostanze) possono esprimere, in maniera<br />

del tutto ragionevole, giudizi diversi. Non può esistere un cr<strong>it</strong>erio del<br />

tutto oggettivo su cui fondare il giudizio.<br />

Questa intrinseca soggettiv<strong>it</strong>à non potrebbe essere eliminata neppure<br />

adottando una definizione di “rana” partico<strong>la</strong>rmente dettagliata, ad<br />

esempio specificando il numero minimo di cellule necessarie perché una<br />

ent<strong>it</strong>à possa essere considerata una “rana”.<br />

Ci si lim<strong>it</strong>erebbe, infatti, a spostare il problema: come trovare un cr<strong>it</strong>erio<br />

oggettivo su ciò che può essere defin<strong>it</strong>o una “cellu<strong>la</strong>”? Vi sono<br />

innumerevoli istanti in cui una cellu<strong>la</strong> si sta formando, ed il problema è


Il sor<strong>it</strong>e 23<br />

esattamente identico al precedente; anche affermare che si è formata una<br />

nuova cellu<strong>la</strong> è un giudizio.<br />

L’usc<strong>it</strong>a dal paradosso<br />

Utilizzando il nostro comune modo di pensare, abbiamo a che fare con<br />

qualcosa che deve essere o una “rana” o un “girino”. Come si trasformi da<br />

una ent<strong>it</strong>à all’altra non è chiaro; <strong>la</strong> nostra ragione rifiuta l’idea che<br />

l’accrescimento di un numero lim<strong>it</strong>ato di cellule possa provocare questo<br />

cambiamento.<br />

Nel<strong>la</strong> nuova concezione, invece, percepiamo qualcosa che possiamo<br />

chiamare “rana” o “girino” in base ad una nostra personale decisione. Il<br />

fatto che il momento in cui il nostro giudizio cambia non sia<br />

determinabile con precisione è una inev<strong>it</strong>abile conseguenza del<strong>la</strong><br />

intrinseca imprecisione dei giudizi. L’esempio del<strong>la</strong> rana che si trasforma<br />

in girino, come quello del mucchio o del mendicante, perde così ogni<br />

aspetto paradossale.


24 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Una rana è una rana<br />

Tutti i giudizi sono soggettivi, ma gli uomini riescono a trovare<br />

l’accordo sul<strong>la</strong> stragrande maggioranza delle affermazioni. Come è<br />

possibile? La risposta è che nel mondo sono presenti innumerevoli<br />

rego<strong>la</strong>r<strong>it</strong>à. Nel<strong>la</strong> maggior parte dei casi persone diverse non possono fare<br />

a meno di giudicare in maniera simile.<br />

Ciò che una persona chiama una “rana”, quasi sempre sarà una “rana”<br />

anche per chiunque altro. Lo stadio del suo sviluppo in cui potrebbero<br />

essere ragionevolmente espressi giudizi diversi è molto breve. Allo stesso<br />

modo, è probabile che diverse persone concordino sul fatto che un<br />

insieme di semi è un “mucchio”, o che una persona è “ricca”.<br />

La concordanza dei giudizi è una caratteristica molto importante delle<br />

re<strong>la</strong>zioni tra le persone, ma non deve trarci in inganno. I giudizi non<br />

possono essere del tutto oggettivi; se lo pensassimo, non riusciremmo a<br />

districarci da questo tipo di paradossi.


Io mento<br />

Il cretese ment<strong>it</strong>ore<br />

Il paradosso del ment<strong>it</strong>ore, come il paradosso del sor<strong>it</strong>e, è noto in molte<br />

formu<strong>la</strong>zioni diverse. Una delle più conosciute si trova nel<strong>la</strong> “Lettera a<br />

T<strong>it</strong>o” di San Paolo, che c<strong>it</strong>a un verso del poeta cretese Epimenide:<br />

“Del resto uno di loro, proprio un loro profeta, ha detto: “I Cretesi<br />

sono sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri”. E tale testimonianza è<br />

verace”.<br />

San Paolo non sembra cogliere l’evidente paradosso: Epimenide è<br />

cretese e, quindi, ciò che dice deve essere falso; ma se Epimenide mente,<br />

<strong>la</strong> sua affermazione diventa vera.<br />

Epimenide di Knosso


26 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Una formu<strong>la</strong>zione molto più semplice, nota come pseudomenos, si lim<strong>it</strong>a<br />

ad affermare “Sto mentendo”, ma è chiaro che si possono costruire<br />

infin<strong>it</strong>e varianti (come <strong>la</strong> frase “questa affermazione non è vera”).<br />

Il paradosso è stato commentato da quasi tutti i filosofi dell’antich<strong>it</strong>à, a<br />

cominciare da Aristotele. Si dice che il logico Fileta di Cos, che visse<br />

attorno al 300 avanti Cristo, sia morto per <strong>la</strong> frustrazione causata dal<strong>la</strong> sua<br />

incapac<strong>it</strong>à di risolvere il problema.


Il coccodrillo pietoso<br />

Il cretese ment<strong>it</strong>ore 27<br />

Un paradosso che può essere ricondotto a quello del ment<strong>it</strong>ore racconta<br />

di un coccodrillo che ha catturato un bambino e sta per mangiarlo. La<br />

madre implora il coccodrillo di salvare il suo bambino, e questi dice che<br />

non mangerà il bambino se <strong>la</strong> madre indovinerà le sue azioni. Se invece <strong>la</strong><br />

madre non indovinasse, mangerà il bambino.<br />

La madre, piangendo disperata, afferma “tu mangerai il mio bambino”.<br />

A questo punto il coccodrillo non può più mangiare il bambino: se lo<br />

facesse <strong>la</strong> madre avrebbe detto <strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à, e quindi il bambino dovrebbe<br />

essere salvo. Il coccodrillo, però, non può nemmeno ev<strong>it</strong>are di mangiare il<br />

bambino: se si comportasse così <strong>la</strong> madre avrebbe ment<strong>it</strong>o, e il coccodrillo<br />

ha detto che se <strong>la</strong> madre mente il bambino viene mangiato.


28 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Il barbiere<br />

Un altro paradosso che può essere ricondotto a quello del ment<strong>it</strong>ore è<br />

stato proposto dal matematico e filosofo Bertrand Russell (1872-1970) nel<br />

1918.<br />

In un vil<strong>la</strong>ggio c’è un solo barbiere, ben sbarbato, che rade tutti e soli<br />

gli uomini del vil<strong>la</strong>ggio che non si radono da soli. Chi fa <strong>la</strong> barba al<br />

barbiere?<br />

Il barbiere, se si rade da solo, vio<strong>la</strong> <strong>la</strong> condizione secondo <strong>la</strong> quale il<br />

barbiere rade so<strong>la</strong>mente quelli che non si radono da soli. Viceversa, se non<br />

si rade, vio<strong>la</strong> <strong>la</strong> condizione secondo <strong>la</strong> quale il barbiere rade tutti coloro<br />

che non si radono da soli.


Il cretese ment<strong>it</strong>ore 29<br />

La struttura dei paradossi dell'autoreferenza<br />

I tre paradossi hanno una struttura comune: una parte del loro enunciato<br />

si riferisce in modo contradd<strong>it</strong>torio all’altra parte. Tutti i paradossi di<br />

questo genere possono essere ricavati partendo da una frase<br />

contradd<strong>it</strong>toria ma non misteriosa:<br />

“Io faccio una cosa se non <strong>la</strong> faccio”<br />

Nel caso del paradosso del coccodrillo, <strong>la</strong> frase può essere formu<strong>la</strong>ta in<br />

questo modo:<br />

“Io mangio il bambino se non lo mangio”<br />

Sost<strong>it</strong>uendo “se non lo mangio” con l’equivalente “se dici che lo<br />

mangio e dici il falso” (che ha un riferimento al<strong>la</strong> prima parte del<strong>la</strong> frase),<br />

si ottiene <strong>la</strong> minaccia del coccodrillo:<br />

“Io mangio il bambino se dici che lo mangio e dici il falso”<br />

La struttura del paradosso del barbiere è analoga. Dire:<br />

“Io rado soltanto chi non si rade”<br />

equivale a dire:<br />

“Se mi rado da solo non mi posso radere”


30 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Nel caso del paradosso del ment<strong>it</strong>ore, che dice “io mento”, si deve<br />

considerare una condizione implic<strong>it</strong>a. Ognuno sostiene implic<strong>it</strong>amente <strong>la</strong><br />

valid<strong>it</strong>à di quanto sta affermando. Aggiungendo questa condizione si<br />

ottiene:<br />

“Io mento e dico <strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à”<br />

Un giudizio preciso<br />

Anche in questo caso, inutile dirlo, <strong>la</strong> spiegazione non ci soddisfa. La<br />

frase “io mento” è vera o falsa? Per uscire da questo vicolo cieco<br />

possiamo r<strong>it</strong>ornare alle considerazioni dello scorso cap<strong>it</strong>olo.<br />

Noi siamo ab<strong>it</strong>uati a pensare che i concetti di “vero” e di “falso”<br />

esistano indipendentemente da noi e siano applicabili con esattezza. Una<br />

frase, quindi, deve essere vera o falsa e una persona deve mentire o dire <strong>la</strong><br />

ver<strong>it</strong>à, indipendentemente dal nostro pensiero. Se invece adottiamo <strong>la</strong><br />

concezione introdotta nel cap<strong>it</strong>olo dedicato al sor<strong>it</strong>e, non vi sono cose<br />

“vere” e cose “false”, ma semplicemente ent<strong>it</strong>à su cui possiamo esprimere<br />

un giudizio soggettivo.<br />

Per renderci conto del<strong>la</strong> soggettiv<strong>it</strong>à di questo tipo di giudizi, possiamo<br />

chiederci che cosa significhi esattamente “mentire”. Ab<strong>it</strong>ualmente si dice<br />

che una persona “mente” se afferma il contrario di ciò che sa essere vero.<br />

Ma che cosa significa “sapere” che qualcosa è vero? Talvolta sono<br />

necessarie estenuanti discussioni per determinare se una persona ha<br />

effettivamente ment<strong>it</strong>o. Potrebbe darsi che in cuor suo questa persona<br />

pensasse che l’informazione in suo possesso fosse falsa. Potrebbe darsi


Il cretese ment<strong>it</strong>ore 31<br />

che non si rendesse conto di mentire. Potrebbe semplicemente essersi<br />

espressa male.<br />

Se si afferma che una persona sta mentendo non si fa altro che<br />

esprimere un giudizio, che per sua natura non può che essere impreciso e<br />

soggettivo. Anche nel caso del ment<strong>it</strong>ore il giudizio non può avere un<br />

livello di precisione elevato. Non possiamo esprimere sul<strong>la</strong> frase “io<br />

mento” un giudizio di ver<strong>it</strong>à o di fals<strong>it</strong>à che possa essere accettato senza<br />

riserve da noi stessi o dagli altri, come invece potrebbe essere un giudizio<br />

sul<strong>la</strong> frase “due più due fa quattro”. Non si può richiedere che <strong>la</strong> frase “io<br />

mento” sia totalmente vera o totalmente falsa.<br />

Apparentemente <strong>la</strong> frase “io mento” è così semplice e defin<strong>it</strong>a che ci<br />

sembra ovvio poter esprimere un giudizio preciso. In realtà non è così, ma<br />

questo rappresenta soltanto una bizzarria e non un enigma inesplicabile.


32 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

L’impatto sulle teorie matematiche<br />

Questo cap<strong>it</strong>olo non sarebbe completo se non si accennasse all’impatto<br />

matematico di questo genere di paradossi. Il paradosso del barbiere,<br />

proposto da Bertrand Russell, è <strong>la</strong> versione semplificata di un altro<br />

paradosso dello stesso Russell (proposto nel 1901) che chiedeva se<br />

l’insieme di tutti gli insiemi che non contengono sé stessi fosse, a sua<br />

volta, un elemento di sé stesso.<br />

Bertrand Russell<br />

Se si risponde pos<strong>it</strong>ivamente a questa domanda si va incontro ad una<br />

contraddizione, per <strong>la</strong> definizione cost<strong>it</strong>utiva di questo insieme secondo <strong>la</strong><br />

quale esso non può contenere sé stesso. Ma anche se si risponde in<br />

maniera negativa si va incontro ad una contraddizione: se questo insieme<br />

non contiene sé stesso, allora dovrebbe fare parte di sé.


Il cretese ment<strong>it</strong>ore 33<br />

Il paradosso dell’insieme degli insiemi che non contengono sé stessi<br />

colpì profondamente Gottlob Frege (1848-1925), il fondatore del<strong>la</strong> logica<br />

moderna.<br />

Gottlob Frege<br />

Frege ricevette una lettera da Russell che gli proponeva il paradosso<br />

mentre il suo libro “I principi dell’Ar<strong>it</strong>metica” stava per andare in stampa.<br />

Frege aggiunse al libro una appendice che inizia con le seguenti parole:<br />

“Difficilmente uno scienziato può incappare in qualcosa di più<br />

spiacevole che vedere le fondamenta crol<strong>la</strong>re appena il <strong>la</strong>voro è<br />

terminato. Sono stato messo in questa condizione da una lettera di<br />

Bertrand Russell”.<br />

Il filosofo americano Wil<strong>la</strong>rd V. Quine (1908-2000) osservò che il<br />

paradosso dell’insieme degli insiemi che non contengono sé stessi ci porta


34 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

a mettere in discussione il principio di astrazione. Per specificare un<br />

insieme di sol<strong>it</strong>o si definisce una condizione necessaria e sufficiente per<br />

appartenervi. L’insieme così defin<strong>it</strong>o potrebbe ovviamente essere vuoto<br />

(ad esempio, “l’insieme di tutti i numeri pari che finiscono con <strong>la</strong> cifra<br />

1”), ma non si riesce ad immaginare che tale insieme possa non esistere<br />

per nul<strong>la</strong>, come avviene in questo caso.<br />

Wil<strong>la</strong>rd V. Quine<br />

Questo paradosso, infine, è strettamente imparentato con il teorema<br />

sul<strong>la</strong> incompletezza delle teorie assiomatiche del logico austriaco Kurt<br />

Goedel (1906-1978), che rivoluzionò <strong>la</strong> logica matematica del XX secolo.<br />

Questo argomento è piuttosto complesso e verrà trattato nell’Appendice.


Il gatto quantistico<br />

Un gatto fuori dall’ordinario<br />

Il paradosso del “Gatto di Schroedinger” venne proposto nel 1935 da<br />

Erwin Schroedinger (1887-1961), uno dei fondatori del<strong>la</strong> meccanica<br />

quantistica. Secondo questa teoria gli oggetti non possono essere descr<strong>it</strong>ti<br />

con precisione, con conseguenze paradossali: una particel<strong>la</strong> si può trovare<br />

in più di un posto contemporaneamente, un elettrone può passare<br />

attraverso barriere invalicabili.<br />

Tutti questi effetti, però, sono confinati al mondo microscopico: nel<strong>la</strong><br />

realtà di tutti i giorni non percepiamo nul<strong>la</strong> di simile. Nel caso del<br />

paradosso di Schroedinger, invece, <strong>la</strong> m.q. sembra applicarsi ad un gatto<br />

“quantistico”, invadendo il campo delle normali esperienze. Per risolvere<br />

questo paradosso dobbiamo applicare il paradigma quantistico anche<br />

all’esperienza quotidiana.


36 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Le onde e l’interferenza<br />

Per comprendere i fenomeni quantistici serve una parentesi sui<br />

fenomeni ondu<strong>la</strong>tori, come le vibrazioni che si producono in una corda<br />

tesa quando viene pizzicata.<br />

Le onde che si formano sulle corde di uno strumento come il violino si<br />

trasmettono all'aria che le diffonde sotto forma di onde sonore.<br />

La lunghezza d'onda caratterizza l'altezza del suono; minore <strong>la</strong><br />

lunghezza d'onda, più acuto il suono. Il violino, le cui corde sono corte,<br />

produce un suono di tonal<strong>it</strong>à più alta rispetto al contrabbasso.<br />

Anche <strong>la</strong> propagazione del<strong>la</strong> luce rientra nel campo del<strong>la</strong> teoria<br />

ondu<strong>la</strong>toria; <strong>la</strong> luce è composta da onde elettromagnetiche. In questo caso<br />

<strong>la</strong> lunghezza d'onda determina il colore del<strong>la</strong> luce; <strong>la</strong> radiazione con<br />

lunghezza d'onda maggiore (poco meno di un millesimo di millimetro) ha


Il gatto quantistico 37<br />

colore rosso, quel<strong>la</strong> con lunghezza d'onda minore (circa mezzo millesimo<br />

di millimetro) violetto. La normale luce atmosferica, <strong>la</strong> luce "bianca", è<br />

composta dall'insieme del<strong>la</strong> luce di tutti i colori, in cui può essere<br />

scomposta. Un esempio di scomposizione naturale del<strong>la</strong> luce è<br />

l'arcobaleno, nel quale sono identificabili tutte le lunghezze d'onda<br />

visibili; <strong>la</strong> luce rossa si trova ad una estrem<strong>it</strong>à, <strong>la</strong> luce violetta all'estrem<strong>it</strong>à<br />

opposta.<br />

Gli esperimenti di <strong>la</strong>boratorio confermano <strong>la</strong> natura ondu<strong>la</strong>toria del<strong>la</strong><br />

luce; ad esempio i raggi luminosi possono fare osservare fenomeni di<br />

diffrazione ed interferenza. Se si fa passare un raggio di luce attraverso<br />

uno stretto forellino e si raccoglie <strong>la</strong> luce sullo schermo, si osserva una<br />

macchia luminosa con i bordi colorati (<strong>la</strong> figura di diffrazione), spiegabile<br />

dal<strong>la</strong> teoria ondu<strong>la</strong>toria.<br />

Per rilevare l’interferenza si fanno passare raggi luminosi attraverso un<br />

cartone con due sottili fend<strong>it</strong>ure; chiudendo prima l'una e poi l'altra si<br />

osservano due figure di diffrazione. Mantenendole invece tutte e due<br />

aperte non si osserva <strong>la</strong> sovrapposizione delle due figure di diffrazione,<br />

come ci si aspetterebbe, ma una successione di frange scure e luminose -<br />

<strong>la</strong> figura di interferenza, che può essere spiegata con <strong>la</strong> teoria ondu<strong>la</strong>toria.<br />

Nei vari punti dello schermo <strong>la</strong> luce proveniente da ciascuna delle due<br />

fend<strong>it</strong>ure percorre una distanza diversa; nel<strong>la</strong> posizione centrale il<br />

percorso è identico per i due raggi luminosi, spostandosi verso l'una o<br />

l'altra delle fend<strong>it</strong>ure il percorso del raggio proveniente dal<strong>la</strong> fend<strong>it</strong>ura più<br />

vicina è più breve rispetto a quello del raggio che viene dal<strong>la</strong> fend<strong>it</strong>ura più<br />

lontana.


38 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Se <strong>la</strong> differenza di percorso è uguale al<strong>la</strong> lunghezza d'onda del<strong>la</strong><br />

radiazione (o ad un suo multiplo) i due raggi luminosi si trovano entrambi<br />

nel<strong>la</strong> parte "alta" o nel<strong>la</strong> parte "bassa" dell'onda, per cui si sovrappongono<br />

e si osserva una luminos<strong>it</strong>à elevata. Se invece <strong>la</strong> differenza di percorso<br />

corrisponde a metà del<strong>la</strong> lunghezza d'onda (o ad un suo multiplo più un<br />

mezzo) <strong>la</strong> parte "alta" di un raggio viene ad incontrarsi con <strong>la</strong> parte<br />

"bassa" dell'altro raggio, per cui i due raggi si annul<strong>la</strong>no a vicenda e si<br />

osserva una frangia scura.


L’interferenza degli elettroni<br />

Il gatto quantistico 39<br />

Le particelle studiate dal<strong>la</strong> meccanica quantistica sono di dimensioni<br />

infin<strong>it</strong>esimali, come l’elettrone. L'elettrone è uno dei componenti<br />

dell'atomo (il più piccolo componente del<strong>la</strong> materia), assieme a protone e<br />

neutrone. Nel<strong>la</strong> rappresentazione più comune l'atomo è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un<br />

certo numero di neutroni, elettricamente neutri, da un certo numero di<br />

protoni, caratterizzati da carica elettrica pos<strong>it</strong>iva, e da un numero uguale<br />

di elettroni, caratterizzati da carica negativa e che percorrono orb<strong>it</strong>e<br />

esterne.<br />

Il numero di elettroni di un atomo lo individua univocamente. Gli atomi<br />

di idrogeno hanno un solo elettrone, gli atomi di elio due elettroni, e così<br />

via. L'elemento naturale con il maggior numero di elettroni (92) è l’uranio.<br />

L'elettrone è normalmente rappresentato come una particel<strong>la</strong>,<br />

caratterizzata da una massa e da una carica elettrica. Questo modello<br />

dell’elettrone è sfruttato in numerose applicazioni pratiche, come ad<br />

esempio i raggi catodici.<br />

In alcuni esperimenti, però, l’elettrone si comporta in maniera<br />

sorprendente: se ad esempio si modifica l’esperimento delle due fend<strong>it</strong>ure,


40 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

sost<strong>it</strong>uendo al<strong>la</strong> sorgente di luce una sorgente di elettroni ed allo schermo<br />

un rive<strong>la</strong>tore di particelle, si osserva una figura di interferenza (una<br />

successione di zone colp<strong>it</strong>e da molte particelle e di zone colp<strong>it</strong>e da<br />

pochissime particelle). In questo esperimento gli elettroni sembrano<br />

comportarsi come onde.<br />

L’onda di probabil<strong>it</strong>à<br />

La meccanica quantistica permette di spiegare l’interferenza degli<br />

elettroni associando loro delle onde. L’onda che descrive l’elettrone,<br />

però, non è un’onda ordinaria, ma un’onda di probabil<strong>it</strong>à. Ogni particel<strong>la</strong><br />

è descr<strong>it</strong>ta da una funzione d’onda che indica <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à che essa si<br />

trovi in una determinata posizione.<br />

L’interferenza tra gli elettroni si verifica perché una certa quota di<br />

probabil<strong>it</strong>à di un elettrone passa da una fend<strong>it</strong>ura ed un’altra quota di<br />

probabil<strong>it</strong>à passa dall’altra fend<strong>it</strong>ura. L’elettrone passa da entrambe le<br />

fend<strong>it</strong>ure.<br />

L’aspetto più curioso è che non ci si può chiedere da quale fend<strong>it</strong>ura sia<br />

passato un elettrone. Se mettessimo un contatore di elettroni su una delle<br />

due fend<strong>it</strong>ure sapremmo con esattezza se un elettrone è passato da una<br />

fend<strong>it</strong>ura o dall’altra, ma allo stesso tempo il fenomeno di interferenza<br />

scomparirebbe.


L’interpretazione di Copenhagen<br />

Il gatto quantistico 41<br />

Le formule del<strong>la</strong> meccanica quantistica sono molto precise nel prevedere<br />

i risultati degli esperimenti, ma <strong>la</strong> loro interpretazione è controversa.<br />

L’interpretazione che abbiamo descr<strong>it</strong>to è <strong>la</strong> più diffusa; è detta<br />

“interpretazione di Copenhagen” dal<strong>la</strong> c<strong>it</strong>tà di Niels Bohr (1885-1962),<br />

che <strong>la</strong> propose nel 1927. In questa interpretazione il concetto di “processo<br />

di misura” è fondamentale. Prima di una misura, l’elettrone si trova in uno<br />

stato indefin<strong>it</strong>o; possiamo soltanto calco<strong>la</strong>re <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à dei risultati che<br />

<strong>la</strong> misura potrà dare. Il processo di misura richiede una interazione tra lo<br />

strumento e l’elettrone, per cui è possibile che dopo <strong>la</strong> misura lo stato del<br />

sistema sia diverso.<br />

Niels Bohr<br />

Nel caso dell’esperimento delle due fend<strong>it</strong>ure, l’elettrone si trova in una<br />

mesco<strong>la</strong>nza di stati, il che genera l’interferenza. Per sapere a quale stato<br />

effettivamente appartenga (e quindi da che fend<strong>it</strong>ura sia effettivamente


42 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

passato) dobbiamo effettuare una misura; possiamo, per esempio, mettere<br />

un rilevatore di particelle su ogni fend<strong>it</strong>ura. La misura ci dice in quale dei<br />

due stati si trova l’elettrone (si dice che <strong>la</strong> misura fa precip<strong>it</strong>are lo stato);<br />

di conseguenza, dopo <strong>la</strong> misura non si potrà più osservare interferenza.<br />

Effettuando <strong>la</strong> misura abbiamo scoperto che una delle due onde non<br />

esiste, e quindi essa non può interagire con l’altra onda. Se invece non<br />

sappiamo quale delle due onde effettivamente esista, esse possono<br />

interagire tra loro.<br />

Questa interpretazione ci costringe a ripensare il significato dei<br />

fenomeni fisici. Secondo l’interpretazione di Copenhagen, un fenomeno<br />

non è tale fino a che non viene osservato. Se non misuriamo <strong>la</strong> posizione<br />

dell’elettrone, non possiamo sapere da quale fend<strong>it</strong>ura passi e anzi questa<br />

è una domanda priva di senso. In questo modo possiamo concepire l’idea<br />

che l’elettrone passi contemporaneamente da entrambe le fend<strong>it</strong>ure.<br />

La carta nascosta<br />

Immaginiamo che in una part<strong>it</strong>a a carte il nostro avversario sia rimasto<br />

con una so<strong>la</strong> carta; dall’andamento dei turni di gioco precedenti sappiamo<br />

che questa carta può essere soltanto una Donna di picche o un Asso di<br />

cuori. Secondo il nostro normale modo di pensare, questa carta è di fatto<br />

una Donna di picche o un Asso di cuori. Quando <strong>la</strong> carta viene girata, ci<br />

lim<strong>it</strong>iamo a prendere atto del<strong>la</strong> s<strong>it</strong>uazione.<br />

Se invece interpretiamo questo esempio con i cr<strong>it</strong>eri del<strong>la</strong> meccanica<br />

quantistica, <strong>la</strong> carta si trova in uno stato indefin<strong>it</strong>o, 50% Donna di picche


Il gatto quantistico 43<br />

e 50% Asso di cuori. Solo quando giriamo <strong>la</strong> carta questa assume uno dei<br />

due valori possibili.<br />

Non è facile adeguarsi a questo modo di pensare e non sorprende che<br />

molti fisici lo considerassero inaccettabile. Tra gli oppos<strong>it</strong>ori di questa<br />

concezione ci fu anche il più grande fisico del Novecento, Albert Einstein<br />

(1879-1955):<br />

“Sembra difficile poter dare un’occhiata alle carte di Dio. Ma che Dio<br />

giochi a dadi come <strong>la</strong> attuale teoria quantistica gli richiede, è un fatto<br />

che non posso credere neppure per un solo momento.”<br />

“Le teorie di Bohr mi interessano moltissimo, tuttavia non vorrei essere<br />

costretto ad abbandonare <strong>la</strong> causal<strong>it</strong>à stretta senza difender<strong>la</strong> più<br />

tenacemente di quanto abbia fatto finora. Trovo assolutamente<br />

intollerabile l'idea che un elettrone esposto a radiazione scelga di sua<br />

spontanea volontà <strong>la</strong> direzione del salto. In questo caso preferirei fare il<br />

croupier di casinò piuttosto che il fisico”.


44 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

La camera del gatto<br />

In tutti gli esempi che abbiamo visto le bizzarrie del<strong>la</strong> meccanica<br />

quantistica sono rimaste confinate al mondo dell’infin<strong>it</strong>amente piccolo;<br />

nel primo cap<strong>it</strong>olo abbiamo anche calco<strong>la</strong>to a che dimensioni gli effetti<br />

quantistici entrano in gioco. Il paradosso proposto da Schroedinger,<br />

invece, sembra indicare che <strong>la</strong> meccanica quantistica può invadere il<br />

mondo macroscopico:<br />

“Un gatto è posto all’interno di una camera d’acciaio assieme al<br />

seguente marchingegno: in un contatore Geiger c’è una picco<strong>la</strong> quant<strong>it</strong>à<br />

di una sostanza radioattiva, tale che forse nell’intervallo di un’ora uno<br />

degli atomi decadrà, ma anche, con eguale probabil<strong>it</strong>à, nessuno subirà<br />

questo processo; se questo accade il contatore genera una scarica e<br />

attraverso un re<strong>la</strong>y libera un martello che frantuma un piccolo recipiente<br />

di vetro che contiene dell’acido prussico. Se l’intero sistema è rimasto<br />

iso<strong>la</strong>to per un’ora, si può dire che il gatto è ancora vivo se nel frattempo<br />

nessun atomo ha sub<strong>it</strong>o un processo di decadimento. Il primo<br />

decadimento l’avrebbe avvelenato. La funzione d’onda del sistema<br />

completo esprimerà questo fatto per mezzo del<strong>la</strong> combinazione di due<br />

termini che si riferiscono al gatto vivo o al gatto morto, due s<strong>it</strong>uazioni<br />

mesco<strong>la</strong>te in parti uguali.”


Il gatto quantistico 45<br />

Il decadimento di una sostanza radioattiva (l’emissione di una particel<strong>la</strong><br />

da parte di un nucleo atomico che si trasforma in un altro elemento) è un<br />

fenomeno rego<strong>la</strong>to dai principi del<strong>la</strong> meccanica quantistica. Fino a che<br />

non effettuiamo una misura, non possiamo sapere se il decadimento ha<br />

avuto luogo. Il nucleo del<strong>la</strong> sostanza radioattiva si trova in una<br />

mesco<strong>la</strong>nza di stati, nucleo decaduto e nucleo non-decaduto, e soltanto<br />

una misura può fare in modo che assuma uno di questi due stati.<br />

Il meccanismo ideato da Schroedinger estende questa ambigu<strong>it</strong>à al<br />

mondo macroscopico. Legando <strong>la</strong> sorte dell’atomo radioattivo a quel<strong>la</strong> del<br />

gatto, si è costretti ad utilizzare il modello quantistico anche per<br />

quest’ultimo: fino a che non si effettua <strong>la</strong> misura (aprendo <strong>la</strong> camera<br />

d’acciaio), il gatto non è nè vivo nè morto: si trova in una mesco<strong>la</strong>nza di<br />

stati. Il gatto va descr<strong>it</strong>to da una funzione d’onda, che sarà una<br />

mesco<strong>la</strong>nza dei due stati gatto-vivo e gatto-morto.


46 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

L’usc<strong>it</strong>a dal paradosso<br />

Il concetto di incertezza di stato sembra assurdo se esteso ad un gatto o<br />

ad un altro essere vivente. Il gatto deve essere o vivo o morto, non<br />

riusciamo ad ammettere un’altra possibil<strong>it</strong>à, come invece richiede<br />

l’esempio di Schroedinger.<br />

Per uscire da questo paradosso dobbiamo ancora una volta ripensare <strong>la</strong><br />

nostra visione del mondo, come abbiamo fatto nel primo cap<strong>it</strong>olo.<br />

Normalmente r<strong>it</strong>eniamo che, al di fuori di noi, vi siano cose che esistono<br />

indipendentemente da noi; il gatto esiste, e questo implica che debba<br />

essere o vivo o morto.<br />

Proviamo invece ad accettare completamente il paradigma<br />

dell’interpretazione di Copenhagen: quando un oggetto o un essere<br />

vivente non influenza i nostri sensi (in altri termini, non viene misurato)<br />

possiamo dire di sapere qualcosa su di esso? Fino a quando non apriamo<br />

<strong>la</strong> gabbia del gatto (il che equivale ad effettuare una misura) ha senso<br />

chiederci se sia vivo o morto? Rispondere negativamente a queste<br />

domande non ci porta a conseguenze assurde.<br />

Le nostre concezioni non riflettono le cose come stanno là fuori, ma<br />

semplicemente ci servono, ci permettono di fare fronte all’ambiente<br />

naturale in cui ci troviamo. Chiederci come siano le cose là fuori<br />

indipendentemente da quanto possiamo osservare (chiederci se il gatto sia<br />

vivo o morto prima che <strong>la</strong> gabbia venga aperta) è privo di senso. Il<br />

paradosso del gatto può essere risolto soltanto attraverso questo cambio di<br />

prospettiva.


Hal il protagonista<br />

La stanza cinese<br />

Fino a dove può arrivare l’evoluzione dei calco<strong>la</strong>tori? Nel celebre film<br />

“2001 Odissea nello Spazio” di Stanley Kubrick uno dei principali<br />

protagonisti è il calco<strong>la</strong>tore Hal, che dialoga con i personaggi umani e<br />

sembra possedere sentimenti ed emozioni.<br />

Il paradosso del<strong>la</strong> “stanza cinese”, proposto dal filosofo statun<strong>it</strong>ense<br />

John Searle nel 1980, vuole invece dimostrare che un calco<strong>la</strong>tore,<br />

qualunque cosa sia in grado di fare, si comporta in modo completamente<br />

diverso da un essere umano. Secondo Searle, quindi, non si potrà mai dire<br />

che un calco<strong>la</strong>tore sia in grado di “pensare”.


48 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

La macchina che pensa<br />

Realizzare una macchina in grado di pensare è l’obbiettivo finale del<strong>la</strong><br />

cosiddetta “Intelligenza Artificiale”, una disciplina delle scienze<br />

cogn<strong>it</strong>ive. Pur avendo ottenuto indiscutibili successi, però, l’intelligenza<br />

artificiale è ancora molto lontana da questo sogno.<br />

Secondo alcuni ricercatori, per raggiungere un livello paragonabile a<br />

quello dell’intelligenza umana sarà sufficiente continuare sul<strong>la</strong> strada<br />

attuale, costruendo grandi basi di dati e confidando nell’aumento del<strong>la</strong><br />

capac<strong>it</strong>à di e<strong>la</strong>borazione dei calco<strong>la</strong>tori. A parere di altri ricercatori,<br />

invece, è necessario un ripensamento degli schemi utilizzati finora;<br />

l’intelligenza artificiale non potrà fare progressi decisivi fino a quando<br />

non nasceranno nuove idee fondamentali.<br />

Secondo John McCarthy, uno dei padri di questa disciplina, <strong>la</strong> potenza<br />

di calcolo dei computer di 30 anni fa, migliaia di volte più lenti di quelli<br />

attuali, sarebbe già stata sufficiente per emu<strong>la</strong>re l’intelligenza umana, se<br />

solo si fosse saputo come programmarli.<br />

John McCarthy


Gli scacchi ed il gioco del go<br />

La stanza cinese 49<br />

La programmazione di macchine in grado di giocare a scacchi è stata il<br />

campo in cui l’intelligenza artificiale ha raggiunti più rapidamente buoni<br />

risultati. Per qualche tempo si è pensato, per usare le parole del ricercatore<br />

russo Alexander Kronrod, che gli scacchi potessero essere <strong>la</strong> Drosophi<strong>la</strong><br />

del<strong>la</strong> intelligenza artificiale.<br />

Le ricerche sul<strong>la</strong> riproduzione di questo insetto, infatti, hanno dato un<br />

impulso decisivo alle ricerche di genetica all’inizio del XX secolo. I rapidi<br />

risultati raggiunti nel gioco degli scacchi avevano fatto nascere <strong>la</strong><br />

speranza che li si potessero estendere ad altri settori di ricerca.<br />

Al giorno d’oggi le macchine dell’intelligenza artificiale riescono a<br />

giocare a scacchi meglio di qualsiasi giocatore umano, ma queste ricerche<br />

sono rimaste fine a sé stesse. Gli aspetti compet<strong>it</strong>ivi e commerciali hanno<br />

preso il sopravvento, e si sono organizzate con c<strong>la</strong>more sfide pubbliche tra<br />

computer e campioni del mondo. Secondo le parole di John McCarthy:<br />

“Sarebbe come se gli studiosi di genetica del 1910 avessero<br />

organizzato gare tra gli insetti prodotti dalle loro ricerche e si fossero<br />

concentrati su questi aspetti per ottenere finanziamenti”


50 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

D’altra parte, gli scacchi potrebbero essere una delle poche attiv<strong>it</strong>à in<br />

cui i meccanismi di cui ci è chiaro il funzionamento permettono di<br />

raggiungere buoni risultati. In altri giochi le macchine dell’intelligenza<br />

artificiali sono molto lontane dai livelli di un giocatore umano.<br />

Nel gioco cinese del “Go”, un gioco di strategia basato sull’esame di<br />

posizioni e subposizioni di pedine sul campo, nonostante molti sforzi i<br />

programmi dell’intelligenza artificiale non hanno ottenuto risultati<br />

apprezzabili.<br />

Il gioco del “Go” evidenzia quanto siamo ancora lontani dal<br />

comprendere i meccanismi intellettuali utilizzati dagli esseri umani per<br />

giocare.


Il linguaggio naturale<br />

La stanza cinese 51<br />

Per una macchina par<strong>la</strong>re il normale linguaggio umano è molto più<br />

difficile che giocare a scacchi. Una delle prime difficoltà è proprio <strong>la</strong><br />

comprensione del linguaggio. Il primo studioso ad affrontare il problema<br />

del significato e del<strong>la</strong> struttura del linguaggio umano è stato il filosofo<br />

austriaco Ludwig W<strong>it</strong>tgenstein, che nel Tractatus Logico-Philosophicus<br />

del 1918 scriveva:<br />

“Il linguaggio comune è una parte dell’organismo umano, e non meno<br />

complicato di questo ... Le tac<strong>it</strong>e intese per <strong>la</strong> comprensione del<br />

linguaggio comune sono enormemente complicate”<br />

Ludwig W<strong>it</strong>tgenstein<br />

In molti casi i programmi di intelligenza artificiale riescono<br />

effettivamente a rispondere a domande in modo coerente. Il loro<br />

approccio, però, è simile a quello adottato per il gioco degli scacchi; si<br />

utilizza <strong>la</strong> “forza bruta”, eseguendo un enorme numero di operazioni. Se


52 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

un essere umano utilizzasse <strong>la</strong> stessa tecnica, impiegherebbe un tempo<br />

molto alto per rispondere a delle domande.<br />

La stanza cinese<br />

L’approccio del filosofo statun<strong>it</strong>ense John Searle è ancora più radicale:<br />

secondo Searle è comunque impossibile che una macchina pensi. A<br />

questo scopo ha proposto nel 1980 il “Paradosso del<strong>la</strong> stanza cinese”.<br />

Immaginiamo che una persona che non conosce il cinese sia chiusa in<br />

una stanza con una serie di regole, scr<strong>it</strong>te nel<strong>la</strong> sua lingua madre, per<br />

ordinare in una certa maniera i caratteri del<strong>la</strong> lingua cinese. Queste<br />

regole, se esegu<strong>it</strong>e scrupolosamente, permettono di rispondere in modo<br />

soddisfacente ad ogni possibile domanda. Nel<strong>la</strong> stanza vengono<br />

introdotti dei fogli con domande scr<strong>it</strong>te in cinese. Utilizzando le<br />

istruzioni scr<strong>it</strong>te nel<strong>la</strong> sua lingua, <strong>la</strong> persona che si trova nel<strong>la</strong> stanza è<br />

in grado di compi<strong>la</strong>re in cinese dei fogli con le risposte.<br />

John Searle


La stanza cinese 53<br />

Chi si trova al di fuori del<strong>la</strong> stanza e vede le risposte correttamente<br />

formu<strong>la</strong>te in cinese, immaginerà che all’interno del<strong>la</strong> stanza si trovi una<br />

persona che conosce il cinese. Chi è dentro <strong>la</strong> stanza, però, sa benissimo<br />

di non conoscere il cinese.<br />

Secondo Searle, quindi, se anche un giorno esisterà una macchina che ci<br />

dia l’impressione di essere in grado di pensare, intrattenendo una<br />

discussione con noi, non si potrà concludere che essa stia effettivamente<br />

pensando, perché non farà altro che eseguire una serie di operazioni<br />

guidate, esattamente come il finto cinese. A questa macchina mancherà<br />

comunque ciò che Searle chiama il “contenuto mentale”, un concetto<br />

simile a quello di “coscienza”.<br />

Qualche obiezione<br />

La “Stanza cinese” ha scatenato una quant<strong>it</strong>à incredibile di commenti e<br />

di articoli, e ancora adesso è un argomento molto dibattuto nei<br />

newsgroups di Internet. Una delle principali osservazioni prende in esame<br />

il “sistema” composto dal<strong>la</strong> persona nel<strong>la</strong> stanza e dalle istruzioni. A


54 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

conoscere il cinese non è <strong>la</strong> persona da so<strong>la</strong>, ma il sistema composto dal<strong>la</strong><br />

persona e dalle istruzioni. A questa obiezione Searle ha ribattuto che, se<br />

ciò che è dentro <strong>la</strong> stanza non ha “contenuto mentale”, questo non può<br />

esserci nemmeno nell’elenco delle istruzioni.<br />

Un’altra obiezione riguarda <strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à con cui <strong>la</strong> persona all’interno<br />

del<strong>la</strong> stanza deve eseguire le istruzioni. Per rispondere correttamente alle<br />

domande, <strong>la</strong> quant<strong>it</strong>à di regole da eseguire deve essere enorme. Esistono<br />

programmi di Intelligenza Artificiale che sono in grado di dialogare con<br />

una persona, sia pure in maniera molto lim<strong>it</strong>ata; per farlo, però, devono<br />

eseguire milioni di istruzioni elementari al secondo. Come ha scr<strong>it</strong>to<br />

Steven Pinker, direttore del centro di scienze cogn<strong>it</strong>ive del MIT, “se<br />

incontrassimo una persona che sembrasse conversare intelligentemente in<br />

cinese, ma in realtà eseguisse in frazioni di secondo milioni di regole<br />

memorizzate, negheremmo che capisca il cinese? Non è tanto sicuro.”<br />

Steven Pinker


La questione del<strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à<br />

La stanza cinese 55<br />

La differenza tra <strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à con cui un uomo può eseguire delle<br />

operazioni e <strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à richiesta dall’esempio di Searle può cambiare i<br />

termini del problema. Secondo Patricia e Paul Church<strong>la</strong>nd, l’argomento di<br />

Searle potrebbe essere usato contro <strong>la</strong> fondamentale teoria di Maxwell<br />

delle onde elettromagnetiche, secondo cui <strong>la</strong> luce consiste di onde<br />

elettromagnetiche. Un uomo che tiene in mano una ca<strong>la</strong>m<strong>it</strong>a facendo<strong>la</strong><br />

oscil<strong>la</strong>re crea radiazione elettromagnetica, ma non esce luce. Seguendo<br />

Searle si concluderebbe che <strong>la</strong> luce non è radiazione elettromagnetica, ma<br />

ciò che fa fallire l’esperimento è l’insufficiente veloc<strong>it</strong>à del movimento.<br />

Il test di Turing<br />

La risposta al<strong>la</strong> domanda “un calco<strong>la</strong>tore può pensare?” dipende da ciò<br />

che definiamo come “pensiero”. Nel 1950 il matematico A<strong>la</strong>n Turing<br />

(1912-1954), uno dei padri del<strong>la</strong> Intelligenza Artificiale, ha proposto un<br />

cr<strong>it</strong>erio per rispondere a questa domanda.<br />

A<strong>la</strong>n Turing


56 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Secondo Turing, per essere chiamata intelligente una macchina deve<br />

essere in grado di far credere ad un osservatore esterno di essere una<br />

persona. L’interazione tra <strong>la</strong> macchina e l’osservatore può avvenire<br />

tram<strong>it</strong>e una telescrivente o un dispos<strong>it</strong>ivo simile, per ev<strong>it</strong>are <strong>la</strong> necess<strong>it</strong>à di<br />

emu<strong>la</strong>re <strong>la</strong> voce o l’aspetto umano.<br />

Il cr<strong>it</strong>erio di Turing deriva da una affermazione di Cartesio (Renato<br />

Descartes, 1596-1650), che scrisse nel suo “Discorso sul metodo”:<br />

“Si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da<br />

proferire parole ... ma non si può immaginare che possa combinarle in<br />

modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua<br />

presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi.”<br />

Cartesio<br />

Per superare il test di Turing, nell’interazione tra <strong>la</strong> macchina e<br />

l’osservatore non vi possono essere indizi di un comportamento diverso da<br />

quello che potrebbe avere una persona; anche investigando sulle emozioni<br />

o sui sentimenti di ciò che si ha di fronte non si deve capire che non è un


La stanza cinese 57<br />

essere umano. La macchina deve emu<strong>la</strong>re completamente il<br />

comportamento umano, includendo le emozioni, i sentimenti, <strong>la</strong> coscienza<br />

e tutto ciò che può caratterizzare una persona.<br />

Discriminare le macchine?<br />

Questo obbiettivo è ancora molto lontano, ma se fosse raggiunto<br />

potremmo negare che una macchina sia in grado di pensare? Searle pone<br />

l’accento sul modo in cui si ottiene un comportamento che si possa<br />

r<strong>it</strong>enere umano, ma non coglie un punto fondamentale: noi non sappiamo<br />

che cosa succede nel<strong>la</strong> mente delle altre persone, come non sappiamo che<br />

cosa succede all’interno del<strong>la</strong> stanza cinese. Per assurdo, non potremmo<br />

escludere che tutte le altre persone del mondo siano state sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e da<br />

automi dall’aspetto umano in grado di superare il test di Turing, come in<br />

alcuni film di fantascienza. Se una macchina riesce a comportarsi<br />

esattamente come un altro uomo, non possiamo fare a meno di affermare<br />

che pensi, né più né meno di come affermiamo che gli altri uomini<br />

pensano. Se non adottassimo questo cr<strong>it</strong>erio, il paradosso del traduttore<br />

dal cinese resterebbe irrisolvibile


Appendice A: Gli altri paradossi di Zenone<br />

Parmenide<br />

Parmenide nacque ad Elea (l’odierna Velia in Campania, vicino a Capo<br />

Palinuro) attorno al 510 a.C. A quei tempi <strong>la</strong> Campania era stata<br />

colonizzata dai Greci e faceva parte del<strong>la</strong> cosiddetta Magna Grecia. La<br />

c<strong>it</strong>tà di Elea era stata fondata pochi anni prima dagli esuli del<strong>la</strong> c<strong>it</strong>tà di<br />

Focea, in Ionia.<br />

Attorno al 470 a.C. Parmenide venne eletto al<strong>la</strong> carica di pr<strong>it</strong>ano, <strong>la</strong> più<br />

elevata nelle c<strong>it</strong>tà focee, e scrisse <strong>la</strong> cost<strong>it</strong>uzione del<strong>la</strong> c<strong>it</strong>tà, che rimase<br />

famosa. Negli stessi anni completò il poema filosofico “Sul<strong>la</strong> natura”,<br />

l’unica sua opera giunta fino a noi tram<strong>it</strong>e diversi frammenti.<br />

Parmenide di Elea


Gli altri paradossi di Zenone 59<br />

Secondo P<strong>la</strong>tone, attorno al 450 a.C. ebbe un colloquio con Socrate, che<br />

ne fu profondamente influenzato. La data presunta del<strong>la</strong> morte è il 435<br />

a.C.<br />

Parmenide è considerato uno dei più importanti filosofi presocratici;<br />

mentre le concezioni degli altri presocratici appaiono in qualche maniera<br />

arb<strong>it</strong>rarie e non motivate, <strong>la</strong> sua posizione è basata sul ragionamento e<br />

sul<strong>la</strong> discussione.<br />

Parmenide considerava ingannevoli i sensi e r<strong>it</strong>eneva <strong>la</strong> molt<strong>it</strong>udine<br />

delle cose sensibili una semplice illusione. Il solo vero essere è “l’Uno”,<br />

infin<strong>it</strong>o ed invisibile. L’Uno non può essere suddiviso, perché è presente<br />

dovunque tutto intero.<br />

Nel suo insegnamento ha estrema importanza <strong>la</strong> “strada del<strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à”.<br />

Secondo questa concezione, non si può sapere ciò che non è, nè<br />

esprimerlo. Ciò che è non può essere cominciato, nè terminato; ne<br />

consegue l’abolizione del divenire e del dileguare.


60 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Zenone<br />

Zenone nacque ad Elea nel 485 a.C., figlio di Teleutagora, amico di<br />

Parmenide. Secondo alcune fonti il padre e <strong>la</strong> madre vennero uccisi a<br />

causa di contrasti pol<strong>it</strong>ici; Parmenide allora prese in casa il giovanissimo<br />

Zenone, adottandolo come figlio.<br />

Attorno al 445 a.C. Zenone accompagnò il padre adottivo ad Atene,<br />

dove insegnò filosofia. In segu<strong>it</strong>o tornò ad Elea e si unì a una cospirazione<br />

per liberare <strong>la</strong> c<strong>it</strong>tà dal tiranno Nearco; quando il complotto venne<br />

scoperto, Zenone fu sottoposto a tortura e venne ucciso perché rifiutava di<br />

denunciare i suoi compagni.<br />

Zenone di Elea<br />

La concezione di Zenone ricalca quel<strong>la</strong> di Parmenide. Sono rimasti<br />

pochi frammenti dei suoi scr<strong>it</strong>ti; <strong>la</strong> sua fama è legata soprattutto a quanto<br />

di lui scrive Aristotele, che lo considerava il padre del<strong>la</strong> dialettica, intesa


Gli altri paradossi di Zenone 61<br />

come tecnica del<strong>la</strong> discussione a partire dalle premesse ammesse<br />

dall'avversario.<br />

Per sostenere <strong>la</strong> sua concezione, Zenone e<strong>la</strong>borò diversi paradossi, quasi<br />

tutti basati sulle dimostrazioni per assurdo (in cui si tenta di negare <strong>la</strong><br />

valid<strong>it</strong>à di un’ipotesi; se questo porta a conseguenze assurde, si può<br />

r<strong>it</strong>enere valida l’ipotesi). I suoi paradossi più famosi vogliono affermare<br />

l’impossibil<strong>it</strong>à del movimento e sono noti tram<strong>it</strong>e <strong>la</strong> descrizione che ne fa<br />

Aristotele nel<strong>la</strong> “Fisica”; essi sono:<br />

• <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

• <strong>la</strong> dicotomia<br />

• <strong>la</strong> freccia<br />

• lo stadio


62 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

La dicotomia<br />

Il paradosso del<strong>la</strong> dicotomia sfrutta un meccanismo simile al paradosso<br />

di <strong>Achille</strong> per affermare l’impossibil<strong>it</strong>à del movimento.<br />

Immaginiamo di volere raggiungere <strong>la</strong> fine di una pista. Per riuscirci<br />

dobbiamo superare <strong>la</strong> metà del<strong>la</strong> distanza, e poi <strong>la</strong> metà del<strong>la</strong> distanza<br />

rimanente (un quarto del totale), e poi <strong>la</strong> metà del<strong>la</strong> distanza che ancora<br />

rimane (un ottavo), e così via. In questo modo, conclude Zenone, non<br />

riusciremo mai a raggiungere il nostro punto di arrivo.<br />

Da un punto di vista matematico il paradosso può essere affrontato con<br />

gli stessi strumenti utilizzati nel<strong>la</strong> discussione sul paradosso di <strong>Achille</strong>.<br />

Sommando un mezzo ad un quarto, ad un ottavo, ad un sedicesimo e così<br />

via non si arriva all’un<strong>it</strong>à. La somma<br />

1/2, 1/4, 1/8, 1/16, 1/32, ...<br />

è sempre inferiore ad uno. Arrivati all’elemento numero n, <strong>la</strong> somma sarà<br />

pari ad uno meno <strong>la</strong> frazione di ordine n. Arrivati ad esempio al terzo<br />

elemento, <strong>la</strong> somma sarà uguale a sette ottavi, pari ad uno meno un ottavo<br />

(un mezzo elevato al<strong>la</strong> terza), e così via.<br />

1/2 1/4 1/8 1/16 ....


Gli altri paradossi di Zenone 63<br />

Anche in questo caso, come nel paradosso di <strong>Achille</strong>, si può andare<br />

oltre al<strong>la</strong> constatazione matematica del<strong>la</strong> convergenza di una serie infin<strong>it</strong>a:<br />

gli intervalli presi in considerazione diminuiscono rapidamente fino a<br />

raggiungere dimensioni in cui entra in gioco <strong>la</strong> meccanica quantistica.<br />

Quando gli intervalli diventano così piccoli che <strong>la</strong> loro misura non ha<br />

senso, si può dire che <strong>la</strong> meta è stata raggiunta.<br />

Aristotele cr<strong>it</strong>ica il paradosso del<strong>la</strong> dicotomia, come aveva fatto per il<br />

paradosso di <strong>Achille</strong>, sostenendo che il tempo e lo spazio sono divisibili<br />

all’infin<strong>it</strong>o in potenza, ma non sono divisibili all’infin<strong>it</strong>o in atto. Una<br />

distanza fin<strong>it</strong>a (che secondo Zenone non è percorribile perché divisibile in<br />

frazioni infin<strong>it</strong>e) è infin<strong>it</strong>a nel<strong>la</strong> considerazione mentale, ma in concreto si<br />

comporta di parti fin<strong>it</strong>e e può essere percorsa.<br />

Aristotele


64 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

La distinzione tra <strong>la</strong> divisibil<strong>it</strong>à in potenza e <strong>la</strong> divisibil<strong>it</strong>à in atto (pur<br />

importantissima nel<strong>la</strong> filosofia di Aristotele) sembra piuttosto arb<strong>it</strong>raria,<br />

ma si può notare una somiglianza con l’argomento proposto nel primo<br />

cap<strong>it</strong>olo. Se da un punto di vista matematico si può pensare di suddividere<br />

all’infin<strong>it</strong>o una distanza, da un punto di vista fisico è impossibile divider<strong>la</strong><br />

al di là di un certo lim<strong>it</strong>e, oltre il quale <strong>la</strong> misura dell’intervallo non ha più<br />

senso.<br />

La freccia<br />

In questo paradosso si considera <strong>la</strong> traiettoria di una freccia <strong>la</strong>nciata da<br />

un arco. In ogni istante, <strong>la</strong> freccia occupa uno spazio uguale a sé stessa.<br />

Ma, se <strong>la</strong> freccia occupa uno spazio uguale a sé stessa, in quell’istante<br />

essa non può essere in movimento. Si deve quindi concludere che <strong>la</strong><br />

freccia è immobile per tutto il tempo del<strong>la</strong> sua traiettoria e che il<br />

movimento dovrebbe consistere in una serie di stati di quiete. Da queste<br />

considerazioni deriva, ancora una volta, l’impossibil<strong>it</strong>à del movimento.


Gli altri paradossi di Zenone 65<br />

Aristotele cr<strong>it</strong>ica il paradosso del<strong>la</strong> freccia sostenendo che si fonda<br />

sull’erronea premessa che l’istante non abbia durata. Poiché un oggetto<br />

sia in quiete, esso deve rimanere nel<strong>la</strong> stessa posizione per un periodo di<br />

tempo caratterizzato da una determinata durata. Una frazione di tempo,<br />

per quanto picco<strong>la</strong>, deve comunque avere una sua durata.<br />

Lo stadio<br />

Il paradosso dello stadio è più artico<strong>la</strong>to degli altri paradossi del<br />

movimento e <strong>la</strong> sua interpretazione è incerta.<br />

In uno stadio si trovano tre file di corpi delle medesime dimensioni; una<br />

fi<strong>la</strong> si trova al centro dello stadio, mentre le altre due si estendono dal<br />

centro dello stadio alle estrem<strong>it</strong>à, come indicato nel<strong>la</strong> figura:<br />

BBBBB<br />

AAAAA<br />

CCCCC<br />

La fi<strong>la</strong> centrale è ferma, mentre le altre due file si muovono con <strong>la</strong><br />

medesima veloc<strong>it</strong>à verso <strong>la</strong> parete opposta dello stadio, <strong>la</strong> fi<strong>la</strong> in alto verso<br />

destra, <strong>la</strong> fi<strong>la</strong> in basso verso sinistra.


66 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Quando il primo elemento del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> in alto avrà raggiunto l’ultimo<br />

elemento del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> centrale, esso avrà superato o raggiunto quattro<br />

elementi del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> in basso, ma soltanto due elementi del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> centrale.<br />

BBBBB<br />

AAAAA<br />

CCCCC<br />

Secondo Zenone il tempo necessario per superare un corpo del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong><br />

centrale o un corpo del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> in basso deve essere lo stesso, in quanto<br />

hanno <strong>la</strong> stessa lunghezza. Zenone conclude che il tempo necessario per<br />

superare due elementi del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> centrale è uguale al suo doppio, necessario<br />

per superare quattro elementi del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> inferiore. Poiché questo è<br />

impossibile, si deduce ancora una volta che il movimento è impossibile.<br />

Aristotele cr<strong>it</strong>ica correttamente l’assunzione di Zenone che un oggetto<br />

con una determinata veloc<strong>it</strong>à impieghi lo stesso tempo per superare un<br />

corpo di una determinata lunghezza, sia che si trovi in quiete o che si stia<br />

muovendo. Questa osservazione oggi può sembrare ovvia, ma implica il<br />

concetto di veloc<strong>it</strong>à re<strong>la</strong>tiva; <strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à re<strong>la</strong>tiva del<strong>la</strong> prima fi<strong>la</strong> rispetto<br />

al<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> centrale è diversa dal<strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à re<strong>la</strong>tiva rispetto al<strong>la</strong> fi<strong>la</strong> inferiore.<br />

La conseguenza di questa osservazione è che <strong>la</strong> veloc<strong>it</strong>à non deve essere<br />

considerata una proprietà intrinseca di un oggetto, come fa lo stesso<br />

Aristotele nei suoi libri di fisica, ma è re<strong>la</strong>tiva ad un altro oggetto rispetto


Gli altri paradossi di Zenone 67<br />

al quale viene misurata. Aristotele evidenziò il punto in cui <strong>la</strong><br />

dimostrazione di Zenone è scorretta, ma non ne colse appieno le<br />

implicazioni. Il concetto di veloc<strong>it</strong>à re<strong>la</strong>tiva non sarà completamente<br />

chiar<strong>it</strong>o fino al XVII secolo.


Appendice B: Il teorema di Goedel<br />

La v<strong>it</strong>a di Kurt Goedel<br />

Kurt Goedel nacque nel 1906 a Brunn, in Moravia, allora parte<br />

dell’impero Austriaco ed ora (con il nome “Brno”) nel<strong>la</strong> Repubblica Ceca.<br />

Nel<strong>la</strong> sua c<strong>it</strong>tà natale completò bril<strong>la</strong>ntemente gli studi secondari e nel<br />

1924 si iscrisse all’univers<strong>it</strong>à di Vienna, frequentata anche dal fratello<br />

maggiore Rudolf.<br />

A Vienna Goedel seguì corsi di fisica e di filosofia ed incontrò <strong>la</strong> futura<br />

moglie Adele. Iniziò ad occuparsi di logica matematica dopo avere<br />

assist<strong>it</strong>o ad un seminario condotto da Mor<strong>it</strong>z Schlick, il fondatore del<br />

Circolo di Vienna (un gruppo di filosofi che diede origine al<br />

neopos<strong>it</strong>ivismo). Goedel ottenne il t<strong>it</strong>olo di dottore nel 1930 e pubblicò<br />

diversi articoli di logica matematica, tra cui, nel 1931, il famoso scr<strong>it</strong>to in<br />

cui presentava il teorema di incompletezza. Questo articolo ebbe un<br />

fortissimo impatto su tutta <strong>la</strong> logica matematica moderna.<br />

Kurt Goedel


Il teorema di Goedel 69<br />

Nel 1933 Goedel vis<strong>it</strong>ò per <strong>la</strong> prima volta gli Stati Un<strong>it</strong>i e conobbe<br />

Albert Einstein a Princeton, dove sarebbe r<strong>it</strong>ornato diverse volte.<br />

Kurt Goedel ed Albert Einstein<br />

Nel 1936 l’uccisione di Mor<strong>it</strong>z Schlick da parte dei nazisti gli procurò il<br />

primo dei suoi tanti esaurimenti nervosi. Nel gennaio del 1940, poco dopo<br />

l’inizio del<strong>la</strong> seconda guerra mondiale, temendo di essere arruo<strong>la</strong>to<br />

nell’eserc<strong>it</strong>o nazista, fuggì negli Stati Un<strong>it</strong>i con un viaggio avventuroso<br />

attraverso <strong>la</strong> Russia ed il Giappone.<br />

Negli Stati Un<strong>it</strong>i continuò ad occuparsi di logica matematica, <strong>la</strong>vorando<br />

tra l’altro ad una rie<strong>la</strong>borazione del<strong>la</strong> prova ontologica dell’esistenza di<br />

Dio di sant’Anselmo d’Aosta. Negli ultimi anni le sue psicosi<br />

peggiorarono; portava sempre una mascherina per proteggersi dai germi,<br />

puliva continuamente tutti gli utensili per mangiare e finì per rifiutare il<br />

cibo per paura di essere avvelenato. Kurt Goedel morì nel 1978 a<br />

Princeton.


70 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Il programma di Hilbert<br />

Uno dei più importanti risultati del<strong>la</strong> matematica del XIX secolo è <strong>la</strong><br />

teoria degli insiemi di Georg Cantor (1845-1918), che permise di chiarire<br />

il concetto di infin<strong>it</strong>o. Diversi studiosi dell’epoca, tra cui Leopold<br />

Kronecker (1823-1891), non credevano però ai risultati di Cantor, non<br />

r<strong>it</strong>enendoli vera matematica. Secondo questi autori l’unico fondamento<br />

sicuro per <strong>la</strong> matematica erano i principi dell’ar<strong>it</strong>metica, <strong>la</strong> scienza che<br />

studia i numeri interi (o numeri naturali). Questa concezione era coerente<br />

con <strong>la</strong> filosofia di Immanuel Kant (1724-1804), che attribuiva<br />

all’ar<strong>it</strong>metica un ruolo privilegiato.<br />

Georg Cantor<br />

David Hilbert (1862-1943), uno dei più grandi matematici del XX<br />

secolo, vide nel<strong>la</strong> logica matematica una via per risolvere le obiezioni<br />

sollevate da Kronecker. L’idea di Hilbert era di dimostrare <strong>la</strong> coerenza<br />

delle teorie matematiche usando so<strong>la</strong>mente l’ar<strong>it</strong>metica, associando dei


Il teorema di Goedel 71<br />

numeri al linguaggio del<strong>la</strong> teoria. Il cosiddetto “programma di Hilbert”<br />

prevedeva di ar<strong>it</strong>metizzare il linguaggio delle teorie matematiche e di<br />

dimostrare l’esistenza di una funzione ar<strong>it</strong>metica in grado di decidere <strong>la</strong><br />

valid<strong>it</strong>à dei teoremi del<strong>la</strong> teoria.<br />

David Hilbert<br />

Il programma di Hilbert (o “metamatematica”) mobil<strong>it</strong>ò i matematici nei<br />

primi decenni del XX secolo, con l’obbiettivo di giungere ad una<br />

completa formalizzazione delle matematiche. Il teorema di Goedel inferse<br />

un colpo mortale a questo progetto, dimostrando che era irrealizzabile.


72 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Il teorema di Goedel<br />

Il famoso articolo di Goedel apparve sul numero 38 del<strong>la</strong> “Rivista<br />

mensile di Matematica e Fisica” di Lipsia, nel 1931, con il t<strong>it</strong>olo “Delle<br />

proposizioni formalmente indecidibili del “Principia Mathematica” e<br />

sistemi analoghi”. Il sistema formale preso ad esempio è quello sviluppato<br />

da Bertrand Russell ed Alfred Wh<strong>it</strong>ehead. Nell’articolo si dimostra che in<br />

questo tipo di sistemi formali esistono delle formule di cui non si può<br />

provare nè <strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à nè <strong>la</strong> fals<strong>it</strong>à. Tali sistemi sono quindi incompleti.<br />

Alfred Wh<strong>it</strong>ehead<br />

L’articolo occupa una ventina di pagine e riporta una dimostrazione<br />

molto dettagliata, ma <strong>la</strong> sua prima sezione presenta <strong>la</strong> prova nelle linee<br />

essenziali e può essere utilizzata per comprendere l’argomento.<br />

L’approccio di Goedel al<strong>la</strong> metamatematica consiste nell’associare ai<br />

segni ed alle serie di segni che appaiono in una formu<strong>la</strong> dei numeri<br />

naturali. Questo approccio ricorda quello di Cartesio, <strong>la</strong> cui geometria<br />

anal<strong>it</strong>ica permette di identificare ogni punto di un piano mediante l’uso di


Il teorema di Goedel 73<br />

coordinate. Goedel associa ad ogni segno fondamentale del sistema<br />

formale un numero primo, ed e<strong>la</strong>bora un metodo per ricavare dall’assieme<br />

dei segni di una formu<strong>la</strong> un “numero di Goedel” che <strong>la</strong> identifica<br />

univocamente.<br />

Nel<strong>la</strong> prima sezione dell’articolo si ipotizza di ordinare secondo il loro<br />

numero di Goedel tutte le formule con una so<strong>la</strong> variabile appartenenti ad<br />

un sistema formale del tipo dei “Principia Mathematica”. Le formule (ad<br />

una variabile) che non possono essere provate ne rappresentano un<br />

sottoinsieme. E’ possibile costruire una formu<strong>la</strong> S(n) (dove n rappresenta<br />

<strong>la</strong> variabile) che indica che <strong>la</strong> formu<strong>la</strong> il cui numero di Goedel è n<br />

appartiene al sottoinsieme delle formule non provabili. Anche <strong>la</strong> formu<strong>la</strong><br />

S, però, ha un numero di Goedel, che indicheremo con q. La formu<strong>la</strong> S(q)<br />

non è nè provabile nè confutabile.<br />

Come evidenzia lo stesso Goedel, <strong>la</strong> formu<strong>la</strong> S(q) afferma di non essere<br />

essa stessa provabile, e quindi rappresenta <strong>la</strong> trasposizione matematica<br />

del<strong>la</strong> frase “Io mento”. Se S(q) fosse vera, q rappresenterebbe il numero di<br />

Goedel di una formu<strong>la</strong> non provabile, il che comporterebbe <strong>la</strong> fals<strong>it</strong>à di<br />

S(q) stessa. Se S(q) fosse falsa, q rappresenterebbe il numero di Goedel di<br />

una formu<strong>la</strong> provabile, il che comporterebbe <strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à di S(q).


Appendice C: I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica<br />

quantistica<br />

La nasc<strong>it</strong>a del<strong>la</strong> meccanica quantistica<br />

Tra <strong>la</strong> fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo i fisici si resero conto<br />

dell’esistenza di alcuni fenomeni che non era possibile inquadrare nello<br />

schema delle leggi c<strong>la</strong>ssiche. I più importanti erano l’emissione di<br />

radiazioni da parte di un corpo nero (una cav<strong>it</strong>à con pareti riflettenti ed<br />

un piccolo foro) e da parte del gas di atomi di idrogeno.<br />

Il corpo nero<br />

Un “corpo nero” ha <strong>la</strong> proprietà di assorbire tutte le radiazioni che lo<br />

colpiscono.<br />

Secondo un teorema termodinamico dimostrato da Gustav Kirchoff<br />

(1824-1887), per un corpo in equilibrio termico il rapporto tra l’energia


I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica quantistica 75<br />

emessa e l’energia assorb<strong>it</strong>a è una funzione universale che dipende dal<strong>la</strong><br />

temperatura e dal<strong>la</strong> frequenza del<strong>la</strong> radiazione.<br />

Gustav Kirchoff<br />

Si può quindi partire dallo studio dell’energia emessa da un corpo nero<br />

per ricavare <strong>la</strong> funzione universale. Utilizzando l’impostazione c<strong>la</strong>ssica,<br />

l’energia emessa da un corpo nero può essere calco<strong>la</strong>ta con <strong>la</strong> legge di<br />

Boltzmann (1844-1906) e dovrebbe costantemente aumentare<br />

all’aumentare del<strong>la</strong> frequenza. Gli esperimenti, invece, hanno verificato<br />

che l’energia cresce solo fino ad un determinato valore del<strong>la</strong> frequenza,<br />

per poi diminuire.<br />

L’emissione degli atomi di idrogeno<br />

Le teorie c<strong>la</strong>ssiche portano a risultati incompatibili con gli esperimenti<br />

anche nello studio del<strong>la</strong> emissione di radiazioni dell’idrogeno. Gli<br />

esperimenti di Ernest Rutherford (1871-1937), realizzati attorno al 1910,<br />

avevano portato ad un modello dell’atomo cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un nucleo e da


76 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

uno o più elettroni immersi nel suo campo elettrico, che gli girano attorno<br />

come i pianeti attorno al sole.<br />

Applicando le leggi del<strong>la</strong> meccanica e del<strong>la</strong> elettrodinamica c<strong>la</strong>ssica a<br />

questo modello, l’elettrone dell’atomo di idrogeno dovrebbe irraggiare<br />

onde elettromagnetiche di frequenza uguale al<strong>la</strong> sua frequenza di<br />

rivoluzione orb<strong>it</strong>ale. Questo porterebbe ad una rapida diminuzione<br />

dell’orb<strong>it</strong>a dell’elettrone, causando il col<strong>la</strong>sso dell’atomo. La frequenza<br />

del<strong>la</strong> radiazione emessa, inoltre, dovrebbe diminuire con continu<strong>it</strong>à.<br />

Gli atomi di idrogeno, invece, sono caratterizzati da una emissione di<br />

righe a frequenze rigorosamente costanti (detta spettro).


Le due soluzioni del problema<br />

I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica quantistica 77<br />

Attorno al 1925 vennero e<strong>la</strong>borati in maniera del tutto indipendente due<br />

modelli teorici che risolvevano questi problemi. La prima soluzione,<br />

dovuta ad Erwin Schroedinger, è gia stata sostanzialmente descr<strong>it</strong>ta nei<br />

cap<strong>it</strong>oli precedenti. L’elettrone, come ogni altra particel<strong>la</strong>, può essere<br />

associato ad un’onda di probabil<strong>it</strong>à; per questo motivo si può trovare<br />

soltanto in una di quelle orb<strong>it</strong>e <strong>la</strong> cui estensione è pari al<strong>la</strong> sua lunghezza<br />

d’onda oppure ad un suo multiplo.<br />

L’emissione di radiazione avviene quando l’elettrone passa da una di<br />

queste orb<strong>it</strong>e ad un’altra, e questo spiega che nel suo spettro siano presenti<br />

solo determinate frequenze.<br />

Allo stesso modo, nel caso del corpo nero, gli atomi che lo compongono<br />

possono trovarsi solo in determinati livelli energetici e possono emettere<br />

energia solo in certe condizioni. Per questo motivo l’emissione di energia<br />

del corpo nero diminuisce al di là di una certa frequenza.<br />

La seconda soluzione, sviluppata da Werner Heisenberg, è formu<strong>la</strong>ta<br />

nel linguaggio delle matrici e prende il nome di “meccanica delle matrici”<br />

(le matrici sono delle tabelle con un certo numero di righe e di colonne, su<br />

cui si possono effettuare operazioni matematiche).<br />

Le due teorie portano agli stessi risultati, nonostante il diverso<br />

formalismo matematico. L’equivalenza delle due teorie fu dimostrata anni<br />

dopo grazie alle ricerche dello stesso Schroedinger e di Paul Dirac (1902-<br />

1984).


78 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Heisenberg<br />

Werner Heisenberg nacque nel 1901 a Wurzburg, in Baviera. Nel 1920<br />

si iscrisse all’univers<strong>it</strong>à di Monaco, dedicandosi al<strong>la</strong> fisica teorica con il<br />

professor Arnold Sommerfeld (1868-1951), che riconobbe<br />

immediatamente il suo talento. Nel 1923 ottenne il dottorato, completando<br />

gli esami in soli tre anni, e nel 1927 fu nominato professore di fisica<br />

teorica a Leipzig, diventando il più giovane professore univers<strong>it</strong>ario in<br />

Germania.<br />

Heisenberg intraprese lo studio del<strong>la</strong> fisica teorica proprio nel periodo in<br />

cui stava nascendo <strong>la</strong> meccanica quantistica, inserendosi sub<strong>it</strong>o nel<br />

dibatt<strong>it</strong>o scientifico. Nel 1925 presentò <strong>la</strong> sua teoria del<strong>la</strong> meccanica<br />

quantistica, <strong>la</strong> “meccanica delle matrici”. Questa teoria ebbe difficoltà ad<br />

imporsi, perché molto difficile dal punto di vista matematico. Nel 1926<br />

Schroedinger presentò <strong>la</strong> sua teoria “ondu<strong>la</strong>toria”, più semplice ed<br />

intu<strong>it</strong>iva, che incontrò maggiore favore presso <strong>la</strong> comun<strong>it</strong>à dei fisici.<br />

Werner Heisemberg


I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica quantistica 79<br />

Nel 1926 Heisenberg si trasferì a Copenhagen per <strong>la</strong>vorare come<br />

assistente di Niels Bohr. Le re<strong>la</strong>zioni di indeterminazione che resero<br />

famoso il suo nome vennero ricavate nel febbraio del 1927. Le<br />

implicazioni di queste re<strong>la</strong>zioni erano molto profonde, e furono una delle<br />

componenti essenziali del<strong>la</strong> cosiddetta interpretazione di Copenhagen<br />

del<strong>la</strong> meccanica quantistica.<br />

Nel 1933, a soli 32 anni, Heisenberg ottenne il premio Nobel. Con<br />

l’avvento al potere dei nazisti, nel 1933, iniziarono in Germania gli<br />

attacchi verso <strong>la</strong> moderna fisica teorica, che comprendeva <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong><br />

re<strong>la</strong>tiv<strong>it</strong>à e <strong>la</strong> meccanica quantistica, chiamata “fisica ebrea”. Heisenberg<br />

venne internato in un campo di concentramento e sottoposto per un anno e<br />

mezzo ad una spaventosa indagine del<strong>la</strong> Gestapo. Scagionato da ogni<br />

accusa, decise di rimanere comunque in Germania.<br />

Nel 1939, allo scoppio del<strong>la</strong> seconda guerra mondiale, Heisenberg<br />

divenne il capo di un progetto per l’utilizzo dell’energia atomica a scopi<br />

bellici. Il suo ruolo in questo periodo è oggetto di interpretazioni<br />

controverse; secondo alcuni Heisenberg partecipò al progetto per<br />

sabotarlo, come confermerebbero gli scarsissimi risultati ottenuti, mentre<br />

l’analogo progetto statun<strong>it</strong>ense giunse rapidamente al<strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong><br />

bomba atomica. Secondo altri, invece, le difficoltà del progetto erano<br />

dovute al<strong>la</strong> scarsa inclinazione di Heisenberg per gli aspetti pratici ed al<strong>la</strong><br />

sua incapac<strong>it</strong>à di rilevare gli errori commessi in fase iniziale.<br />

Al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> seconda guerra mondiale, Heisenberg e gli altri scienziati<br />

atomici tedeschi vennero internati per sei mesi in una grande proprietà<br />

terriera vicino a Cambridge, in Inghilterra. Dopo il ri<strong>la</strong>scio dal<strong>la</strong> prigionia,


80 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Heisenberg si dedicò al<strong>la</strong> ricostruzione del<strong>la</strong> ricerca scientifica nel<strong>la</strong><br />

Repubblica Federale Tedesca, battendosi contro il divieto imposto dagli<br />

Alleati ad ogni ricerca sul<strong>la</strong> fissione nucleare. In segu<strong>it</strong>o divenne il capo<br />

del<strong>la</strong> commissione pol<strong>it</strong>ico-scientifica del CERN, l’organizzazione<br />

europea per <strong>la</strong> ricerca nucleare, e pubblicò una monografia dal t<strong>it</strong>olo<br />

“Fisica e filosofia”. Morì nel 1976.<br />

Bohr<br />

Niels Bohr nacque a Copenhagen nel 1885 e studiò presso <strong>la</strong> locale<br />

univers<strong>it</strong>à, <strong>la</strong>ureandosi nel 1911.<br />

Niels Bohr bambino (ultimo a dx) con <strong>la</strong> sua famiglia<br />

Dopo <strong>la</strong> <strong>la</strong>urea fu uno dei primi osp<strong>it</strong>i del <strong>la</strong>boratorio di Manchester,<br />

diretto da Ernest Rutherford, dove pose le basi del modello “p<strong>la</strong>netario”<br />

dell’atomo di idrogeno.


I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica quantistica 81<br />

Nel 1920 divenne direttore dell’Ist<strong>it</strong>uto di fisica teorica di Copenhagen,<br />

che rappresentò il centro propulsore per lo sviluppo del<strong>la</strong> meccanica<br />

quantistica. Il suo nome è legato in partico<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> “interpretazione di<br />

Copenhagen” del<strong>la</strong> meccanica quantistica, con <strong>la</strong> quale sviluppò<br />

l’intuizione di Max Born (1882-1970) secondo <strong>la</strong> quale <strong>la</strong> funzione<br />

d’onda di un sistema quantistico rappresenta <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à che una misura<br />

lo rilevi in un determinato punto. Bohr presentò questa interpretazione<br />

al<strong>la</strong> fine del 1927 in una conferenza tenuta in Italia, sul <strong>la</strong>go di Como.<br />

Durante <strong>la</strong> seconda guerra mondiale fuggì dal<strong>la</strong> Danimarca occupata<br />

dai nazisti per rifugiarsi negli Stati Un<strong>it</strong>i. Nel 1941, poco prima di partire,<br />

ricevette una misteriosa vis<strong>it</strong>a del suo ex allievo Werner Heisenberg, ai<br />

tempi a capo del progetto tedesco per <strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong> bomba atomica.<br />

Gli storici hanno e<strong>la</strong>borato diverse ipotesi su questo incontro, che guastò<br />

profondamente i rapporti tra i due scienziati. Secondo alcuni Heisenberg<br />

voleva rassicurare il suo maestro, oppos<strong>it</strong>ore del regime nazista, sul fatto<br />

che <strong>la</strong> bomba atomica non avrebbe potuto essere realizzata.<br />

Negli Stati Un<strong>it</strong>i col<strong>la</strong>borò al progetto del<strong>la</strong> prima bomba atomica,<br />

senza però prendervi parte attiva. Si oppose al mantenimento del segreto<br />

sul progetto, temendo le conseguenze degli sviluppi del<strong>la</strong> nuova arma, per<br />

<strong>la</strong> quale r<strong>it</strong>eneva necessario un controllo a livello internazionale.<br />

Al termine del<strong>la</strong> guerra r<strong>it</strong>ornò a Copenhagen, dove si impegnò per<br />

promuovere lo sfruttamento pacifico dell’energia atomica e morì nel 1962.<br />

Il nome di Bohr è legato, oltre che al<strong>la</strong> interpretazione di Copenhagen, al<br />

principio di “complementar<strong>it</strong>à”. Bohr fece notare che tutti gli esperimenti<br />

necessari per determinare gli aspetti corpusco<strong>la</strong>ri e gli aspetti ondu<strong>la</strong>tori


82 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

dei processi fisici (come nel caso del<strong>la</strong> interferenza degli elettroni)<br />

risultano di fatto impossibili da realizzare. L’aspetto ondu<strong>la</strong>torio e<br />

l’aspetto corpusco<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> materia sono quindi “complementari”, ed è<br />

impossibile avere accesso nello stesso tempo ad entrambi.<br />

Bohr propose questa idea come un paradigma generale, anche al di fuori<br />

dell’amb<strong>it</strong>o dei processi microscopici. Secondo <strong>la</strong> sua concezione <strong>la</strong><br />

natura è misteriosa ed estremamente ricca di sfaccettature; a noi è<br />

concesso cogliere so<strong>la</strong>mente alcuni aspetti di questa complessa realtà, ed i<br />

procedimenti necessari per avere accesso ad una delle facce del reale sono<br />

incompatibili con quelli necessari per accedere ad altri aspetti. Per<br />

accertare se dei microrganismi sono vivi od inerti, ad esempio,<br />

inev<strong>it</strong>abilmente li si uccide, rendendo impossibile accertare altre<br />

proprietà.<br />

Schroedinger<br />

Erwin Schroedinger nacque a Vienna nel 1887. Nel 1906 si iscrisse al<strong>la</strong><br />

facoltà di Fisica dell’univers<strong>it</strong>à di Vienna, dove si <strong>la</strong>ureò nel 1910. Nel<br />

1914 ottenne il t<strong>it</strong>olo di “Privatdozent”, ma venne richiamato alle armi<br />

allo scoppio del<strong>la</strong> prima guerra mondiale: Al termine del confl<strong>it</strong>to fu<br />

nominato professore di fisica teorica presso l’univers<strong>it</strong>à di Zurigo, dove<br />

sviluppò <strong>la</strong> teoria ondu<strong>la</strong>toria del<strong>la</strong> meccanica quantistica.<br />

Nel 1927 Schroedinger fu chiamato a succedere a Max P<strong>la</strong>nck sul<strong>la</strong><br />

prestigiosa cattedra di fisica teorica di Berlino ma, quando i nazisti<br />

salirono al potere nel 1933, abbandonò <strong>la</strong> Germania per riparare ad


I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica quantistica 83<br />

Oxford in Inghilterra e successivamente r<strong>it</strong>ornare in Austria, a Graz. Nel<br />

1938, quando H<strong>it</strong>ler annesse l’Austria, si dichiarò a favore dell’invasione,<br />

ma venne comunque epurato perché “pol<strong>it</strong>icamente inaffidabile” e dovette<br />

rifugiarsi a Dublino.<br />

Erwin Schroedinger<br />

Dopo <strong>la</strong> guerra, Schroedinger attese per r<strong>it</strong>ornare in Austria <strong>la</strong><br />

conclusione del trattato di pace, che fu firmato solo nel 1955. Nel 1956 fu<br />

finalmente nominato professore presso l’univers<strong>it</strong>à di Vienna. Morì nel<br />

1961.<br />

Schroedinger raggiunse <strong>la</strong> fama grazie al<strong>la</strong> teoria ondu<strong>la</strong>toria del<strong>la</strong><br />

meccanica quantistica, ed ottenne il premio Nobel nel 1933. Fu un<br />

personaggio eccentrico e molto diretto nei giudizi; è rimasta famosa <strong>la</strong> sua<br />

stroncatura del<strong>la</strong> complementar<strong>it</strong>à di Bohr:<br />

“Quando non si capisce una cosa, si inventa un nuovo termine e si<br />

crede di aver<strong>la</strong> cap<strong>it</strong>a”


84 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Secondo Schroedinger, che fu sempre molto cr<strong>it</strong>ico nei confronti<br />

dell’interpretazione di Copenhagen, non si poteva liquidare il problema di<br />

che cosa accada ad un elettrone nel corso di un esperimento affermando<br />

che si tratta di una domanda priva di senso. Su questo punto <strong>la</strong> sua<br />

posizione era simile a quel<strong>la</strong> di Einstein.<br />

In tempi in cui un abbigliamento formale era di rigore, Schroedinger si<br />

presentava ai congressi in maglietta e con lo zaino. Le sue vicende<br />

famigliari furono a dir poco movimentate: pur essendo sposato, ebbe tre<br />

figlie da tre donne diverse, nessuna delle quali era <strong>la</strong> moglie. Cost<strong>it</strong>uì una<br />

famiglia a quattro con <strong>la</strong> moglie, <strong>la</strong> prima figlia e <strong>la</strong> madre di lei; rifiutò<br />

un posto all’univers<strong>it</strong>à di Princeton perché negli Stati Un<strong>it</strong>i non avrebbe<br />

potuto vivere apertamente in bigamia.<br />

Schroedinger ammirava i mistici ed era un seguace del<strong>la</strong> filosofia<br />

idealista del Vedanta. I suoi interessi non erano lim<strong>it</strong>ati al<strong>la</strong> fisica, ma<br />

spaziavano al<strong>la</strong> biologia, al<strong>la</strong> cosmologia, al<strong>la</strong> filosofia. Nel suo libro<br />

“Che cosa è <strong>la</strong> v<strong>it</strong>a” tentò di delineare una spiegazione fisica dei<br />

meccanismi riproduttivi degli esseri viventi.<br />

In “ Mente e materia” Schroedinger affrontò il problema del<strong>la</strong> coscienza,<br />

che r<strong>it</strong>eneva sintomo di una evoluzione incompleta. Secondo<br />

Schroedinger l’uomo si sta trasformando da essere individualista in un<br />

superiore essere sociale, e a trasformazione avvenuta diventerà parte di un<br />

organismo che non richiederà più <strong>la</strong> sua partecipazione cosciente (come<br />

avviene ad esempio per le formiche e le api).<br />

Negli anni 40 Schroedinger <strong>la</strong>vorò al<strong>la</strong> grande unificazione del<strong>la</strong> fisica,<br />

in grado di inglobare <strong>la</strong> meccanica quantistica e <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiv<strong>it</strong>à


I protagonisti del<strong>la</strong> meccanica quantistica 85<br />

generale. Raggiunse una formu<strong>la</strong>zione che presentò con grande c<strong>la</strong>more,<br />

attirandosi dure cr<strong>it</strong>iche da Einstein quando <strong>la</strong> nuova teoria si rivelò del<br />

tutto inadeguata.<br />

L’interpretazione del paradosso del gatto<br />

Il paradosso del gatto fu presentato da Schroedinger per dimostrare che<br />

l’interpretazione di Copenhagen del<strong>la</strong> meccanica quantistica comportava<br />

conseguenze inaccettabili. Non ottenne però questo scopo, e <strong>la</strong><br />

maggioranza dei fisici continuò a seguire l’inquadramento concettuale di<br />

Bohr.<br />

Paradossalmente, al giorno d’oggi l’esempio del gatto viene visto non<br />

come un non senso insostenibile, ma come una eccellente illustrazione<br />

degli aspetti peculiari del<strong>la</strong> meccanica quantistica; lo si può persino<br />

considerare, come in questo libro, <strong>la</strong> dimostrazione del<strong>la</strong> opportun<strong>it</strong>à di<br />

utilizzare gli schemi concettuali dell’interpretazione di Bohr anche al di<br />

fuori del<strong>la</strong> fisica delle particelle.


Appendice D: L’intelligenza artificiale<br />

La nasc<strong>it</strong>a dell’intelligenza artificiale<br />

L’intelligenza artificiale ha come obbiettivo <strong>la</strong> creazione di macchine in<br />

grado di emu<strong>la</strong>re l’intelligenza umana (intesa come <strong>la</strong> capac<strong>it</strong>à degli esseri<br />

umani di raggiungere determinati scopi tram<strong>it</strong>e il pensiero).<br />

Di sol<strong>it</strong>o si considera come atto di nasc<strong>it</strong>a dell’intelligenza artificiale<br />

una conferenza che il matematico inglese A<strong>la</strong>n Turing (1912-1954) tenne<br />

nel 1947. Il nome “Intelligenza Artificiale” fu coniato nel 1956 in una<br />

conferenza tenuta a Dartmouth, negli Stati Un<strong>it</strong>i, per iniziativa di Marvin<br />

Minsky, Nathaniel Rochester, C<strong>la</strong>ude Shannon e John McCarthy. In<br />

questa conferenza venne mostrato un programma, sviluppato da Allen<br />

Newell, J. Clifford Shaw e Herb Simon, in grado di dimostrare teoremi<br />

matematici in modo automatico.<br />

C<strong>la</strong>ude Shannon


I meccanismi del<strong>la</strong> mente umana<br />

L’intelligenza artificiale 87<br />

Le macchine prodotte dagli studiosi dell’intelligenza artificiale sono<br />

quasi sempre realizzate utilizzando dei computer appos<strong>it</strong>amente<br />

programmati. Non sempre queste macchine im<strong>it</strong>ano i meccanismi del<strong>la</strong><br />

mente umana; a volte i ricercatori utilizzano metodi che prevedono calcoli<br />

ben al di là delle capac<strong>it</strong>à umane.<br />

I programmi che giocano a scacchi sono uno caso evidente. Un<br />

computer che gioca a scacchi è in grado di battere qualsiasi grande<br />

maestro, ma usa una strategia completamente diversa da quel<strong>la</strong> umana.<br />

Questi programmi utilizzano ciò che si può definire “forza bruta”:<br />

esaminano un enorme numero di combinazioni che si possono originare<br />

da una mossa, ma sono privi dell’intuizione che può avere un giocatore<br />

umano.<br />

Per battere un campione del mondo un calco<strong>la</strong>tore deve essere in grado<br />

di calco<strong>la</strong>re centinaia di milioni di combinazioni al secondo. Se un<br />

giocatore umano utilizzasse gli stessi cr<strong>it</strong>eri segu<strong>it</strong>i da un calco<strong>la</strong>tore,<br />

giocherebbe molto peggio di quanto può fare ab<strong>it</strong>ualmente.


88 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Le applicazioni dell’intelligenza artificiale<br />

I giochi sono una delle applicazioni in cui l’intelligenza artificiale ha<br />

raggiunto i risultati più c<strong>la</strong>morosi; altri campi sono il riconoscimento<br />

vocale, <strong>la</strong> comprensione del linguaggio ordinario (il linguaggio che<br />

usiamo nel<strong>la</strong> v<strong>it</strong>a di tutti i giorni, molto diverso dai linguaggi con cui si<br />

programmano i calco<strong>la</strong>tori) ed i sistemi esperti.<br />

L’obbiettivo di questi sistemi è svolgere i comp<strong>it</strong>i di un esperto in un<br />

determinato campo. Uno dei primi fu Mycin, realizzato negli anni 70<br />

presso l’univers<strong>it</strong>à di Stanford, in grado di diagnosticare le infezioni<br />

batteriche del sangue. Questo programma era scr<strong>it</strong>to in LISP ed era stato<br />

realizzato consultando i migliori esperti del settore. Le sue diagnosi erano<br />

più accurate di quelle degli stessi dottori (<strong>la</strong> valid<strong>it</strong>à di una diagnosi<br />

veniva verificata confrontando<strong>la</strong> con i risultati di una coltura batterica),<br />

ma per motivi legali non venne mai utilizzato su veri pazienti.


La stanza di Searle<br />

L’intelligenza artificiale 89<br />

Il paradosso del<strong>la</strong> stanza cinese presuppone che esistano programmi<br />

capaci di superare i test di Cartesio (o di Turing). Al momento attuale<br />

nessun programma può superare questi test in maniera indiscutibile; Hal<br />

ed altri calco<strong>la</strong>tori inventati dal<strong>la</strong> fantascienza sono gli unici in grado di<br />

farlo.<br />

Una delle prime difficoltà di questo test è <strong>la</strong> comprensione del<br />

linguaggio ordinario. In molti casi i programmi di intelligenza artificiale<br />

riescono effettivamente a rispondere a domande in modo coerente, ma il<br />

loro approccio è simile a quello adottato per il gioco degli scacchi; si<br />

utilizza <strong>la</strong> “forza bruta”, eseguendo un enorme numero di operazioni.<br />

Se un essere umano utilizzasse <strong>la</strong> stessa tecnica, impiegherebbe un<br />

tempo pressoché infin<strong>it</strong>o per rispondere a delle domande. La s<strong>it</strong>uazione<br />

descr<strong>it</strong>ta da Searle, quindi, è del tutto irrealizzabile allo stato attuale del<strong>la</strong><br />

conoscenza.<br />

La fuzzy logic<br />

Nel<strong>la</strong> progettazione di sistemi esperti spesso si utilizza <strong>la</strong> fuzzy logic (o<br />

“logica sfumata”). In questo sistema logico le ipotesi non sono, di norma,<br />

completamente vere o completamente false, ma sono caratterizzate da un<br />

grado di ver<strong>it</strong>à. La fuzzy logic può essere vista come un’estensione del<strong>la</strong><br />

logica binaria a due valori (“vero” e “falso”) usata dai calco<strong>la</strong>tori.<br />

Immaginiamo che un sistema esperto debba effettuare determinate<br />

operazioni basandosi sul<strong>la</strong> temperatura dell’acqua contenuta in un


90 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

recipiente. Se il cr<strong>it</strong>erio è che l’acqua stia “bollendo”, <strong>la</strong> logica binaria è<br />

adeguata: l’acqua o bolle o non bolle. Se però il cr<strong>it</strong>erio è che l’acqua sia<br />

“calda” (ad esempio, si deve abbassare una fiamma se l’acqua è “calda”) ,<br />

il giudizio non può essere preciso. In un sistema fuzzy si può risolvere il<br />

problema attribuendo dei gradi di appartenenza alle c<strong>la</strong>ssi dell’acqua<br />

“fredda”, “tiepida”, “calda”.<br />

Se l’acqua si trova a 25 gradi, ad esempio, si può dire che appartiene al<strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>sse “fredda” con un grado di appartenenza di 0.8 e che appartiene al<strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>sse “tiepida” con un grado di appartenenza di 0.4. Se l’acqua si trova a<br />

cinquanta gradi si può dire che appartiene alle c<strong>la</strong>ssi “tiepida” e “calda”<br />

con gradi di appartenenza, rispettivamente, di 0.2 e 0.9.<br />

Questo approccio è vantaggioso in molte applicazioni, ad esempio nei<br />

programmi di gestione di una <strong>la</strong>vastoviglie, che può ottimizzare i cicli di<br />

<strong>la</strong>vaggio utilizzando il computer che è integrato in tutti gli<br />

elettrodomestici moderni.<br />

La nasc<strong>it</strong>a del<strong>la</strong> fuzzy logic viene fatta risalire ad un articolo dello<br />

studioso statun<strong>it</strong>ense Lotfi Zadeh pubblicato nel 1965, in cui si faceva<br />

l'esempio del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse degli animali.<br />

Cani, cavalli, uccelli appartengono a questa c<strong>la</strong>sse, mentre<br />

chiaramente non vi appartengono le rocce o le piante. Le stelle marine o le<br />

spugne, invece, non possono essere facilmente assegnate ad una specifica<br />

c<strong>la</strong>sse.


Lofti Zadeh<br />

L’intelligenza artificiale 91<br />

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, <strong>la</strong> logica sfumata non è<br />

essa stessa intrinsecamente imprecisa, ma è una logica che permette di<br />

gestire l’imprecisione e di trattare più agevolmente l’incertezza del<br />

linguaggio naturale, aiutando le macchine a "ragionare" in modo più<br />

simile a quello umano.<br />

Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi compi<strong>la</strong>tori (gli strumenti<br />

che permettono di programmare i calco<strong>la</strong>tori usando un linguaggio di<br />

“alto livello”, come il LISP, e non le istruzioni macchina dei computer)<br />

che facil<strong>it</strong>ano <strong>la</strong> creazione di sistemi esperti basati sul<strong>la</strong> logica sfumata.<br />

Sono state realizzate molte applicazioni, in partico<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> gestione degli<br />

elettrodomestici. Sono in commercio televisori, videocamere,<br />

aspirapolvere, macchine fotografiche, fotocopiatrici che utilizzano <strong>la</strong><br />

logica sfumata.


92 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

L’inferenza bayesiana<br />

L’inferenza è il processo logico con cui da certe ipotesi si possono<br />

ricavare determinate conseguenze; per estensione viene chiamato<br />

inferenza anche il procedimento con il quale si cerca di prevedere nuovi<br />

fatti basandosi su fatti che conosciamo.<br />

Prevedere le esperienze future è una delle più importanti capac<strong>it</strong>à<br />

dell’intelletto umana ed uno degli obbiettivi principali dell’intelligenza<br />

artificiale. Nel<strong>la</strong> nostra v<strong>it</strong>a effettuiamo continuamente previsioni basate<br />

sulle nostre esperienze; se tutti gli uccelli che vediamo vo<strong>la</strong>no, possiamo<br />

inferire che, se vedremo un altro uccello, anch’esso potrà vo<strong>la</strong>re.<br />

Ovviamente i procedimenti di inferenza non sono sempre così semplici;<br />

possiamo imbatterci in uccelli che non possono vo<strong>la</strong>re, come i pinguini, e<br />

quindi può essere necessario calco<strong>la</strong>re <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à di un evento futuro,<br />

nel nostro esempio <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à che il prossimo uccello che vedremo<br />

sappia vo<strong>la</strong>re.<br />

I sistemi esperti utilizzano regole di inferenza per effettuare previsioni<br />

attendibili. Ad esempio, basandosi sui comportamenti ab<strong>it</strong>uali di chi<br />

falsifica carte di cred<strong>it</strong>o, si può prevedere quali transazioni o richieste di<br />

emissione di nuove carte sono a rischio di frode. Per catalogare un testo o<br />

un s<strong>it</strong>o Web senza doverlo esaminare interamente ci si può basare sul<strong>la</strong><br />

frequenza con cui certe espressioni appaiono nelle prime pagine,<br />

prevedendo il contenuto delle pagine successive.<br />

Alcune tecniche di inferenza sfruttano concetti e formule matematiche<br />

sviluppate dal reverendo Thomas Bayes (1702-1761).


Thomas Bayes<br />

L’intelligenza artificiale 93<br />

Bayes, noto per <strong>la</strong> sua abil<strong>it</strong>à matematica, non pubblicò quasi nul<strong>la</strong> in<br />

v<strong>it</strong>a, ma poco dopo <strong>la</strong> sua morte il suo amico Richard Price presentò<br />

alcuni suoi scr<strong>it</strong>ti al<strong>la</strong> Royal Society di Londra, proponendoli come una<br />

risposta al<strong>la</strong> filosofia scettica di David Hume (1711-1776). Hume aveva<br />

messo in discussione le basi teoriche del<strong>la</strong> nostra conoscenza, ed<br />

affermava che non si poteva essere sicuri di nessun evento del futuro,<br />

nemmeno del fatto che domani il sole sorgerà.<br />

David Hume


94 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Le formule di Bayes, fatte alcune assunzioni di base, permettono di<br />

valutare con precisione <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à di un determinato evento, ad<br />

esempio del fatto che domani sorga il sole, basandosi sugli eventi passati,<br />

ad esempio sul numero di volte in cui abbiamo visto il sole sorgere.<br />

Questa probabil<strong>it</strong>à è molto vicina ad uno e, secondo Price, questo<br />

rappresenta una prova del<strong>la</strong> certezza del sorgere del sole.<br />

L’approccio bayesiano è agli antipodi dell’approccio a priori, nel quale<br />

si ricavano le conseguenze partendo dai principi di base. L’inferenza<br />

bayesiana parte da un minimo di presupposti ed utilizza l’esperienza per<br />

accrescere <strong>la</strong> propria conoscenza. Questo modo di procedere può essere<br />

sfruttato con prof<strong>it</strong>to dalle macchine dell’intelligenza artificiale.<br />

Se in una roulette esce sempre il rosso, secondo il normale approccio<br />

teorico <strong>la</strong> probabil<strong>it</strong>à che in una nuova estrazione esca il nero è del 50%.<br />

L’approccio bayesiano, invece, porta a concludere che con ogni<br />

probabil<strong>it</strong>à <strong>la</strong> roulette è truccata.


<strong>Achille</strong>, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 13, 14,<br />

15, 61, 62, 63<br />

Anselmo d’Aosta, 69<br />

Aristotele, 26, 60, 61, 63, 64, 65, 66<br />

Bayes, 92, 94<br />

Bohr, 41, 43, 79, 80, 81, 82, 83, 85<br />

Boltzmann, 75<br />

Borges, 3, 13<br />

Born, 81<br />

Cantor, 70<br />

Cargile, 18<br />

Cartesio, 56, 72, 89<br />

Church<strong>la</strong>nd, 55<br />

Diogene, 5<br />

Dirac, 77<br />

Einstein, 43, 69, 84, 85<br />

Epimenide, 25<br />

Eubulide, 16<br />

Fileta, 26<br />

Frege, 33<br />

Goedel, 34, 68, 69, 71, 72, 73<br />

Hal, 47, 89<br />

Heisenberg, 10, 15, 77, 78, 79, 81<br />

Hilbert, 70, 71<br />

Hume, 93<br />

Kant, 70<br />

Kirchoff, 74<br />

Kronecker, 70<br />

Kronrod, 49<br />

Kubrick, 47<br />

Landau, 14<br />

Mach, 20<br />

Maxwell, 55<br />

Indice dei nomi<br />

McCarthy, 48, 49, 86<br />

Minsky, 86<br />

Mycin, 88<br />

Nearco, 60<br />

Newell, 86<br />

Niels Bohr, 10, 41, 80<br />

Parmenide, 3, 8, 58, 59, 60<br />

Pinker, 54, 55<br />

P<strong>la</strong>nck, 11, 82<br />

P<strong>la</strong>tone, 19, 59<br />

Price, 93<br />

Quine, 33<br />

Rochester, 86<br />

Rorty, 9<br />

Russell, 28, 32, 33, 72<br />

Rutherford, 75, 80<br />

San Paolo, 25<br />

Schlick, 68, 69<br />

Schroedinger, 9, 35, 44, 45, 46, 77,<br />

78, 82, 83, 84, 85<br />

Searle, 47, 52, 53, 54, 55, 57, 89<br />

Shannon, 86<br />

Shaw, 86<br />

Simon, 86<br />

Socrate, 59<br />

Sommerfeld, 78<br />

Teleutagora, 60<br />

Turing, 55, 56, 57, 86, 89<br />

Wh<strong>it</strong>ehead, 72<br />

W<strong>it</strong>tgenstein, 9, 51<br />

Zadeh, 90<br />

Zenone, 3, 5, 6, 7, 8, 14, 60, 61, 62,<br />

63, 66, 67


96 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

Sommario<br />

INTRODUZIONE ........................................................................................ 2<br />

ACHILLE E LA TARTARUGA............................................................ 3<br />

LA GARA.................................................................................................. 3<br />

PRIME OVVIE CONFUTAZIONI................................................................... 5<br />

UN SECONDO CHE NON FINISCE................................................................ 7<br />

UNO SGUARDO MENO SUPERFICIALE........................................................ 8<br />

PARMENIDE E ZENONE............................................................................. 8<br />

LO SPECCHIO DELLA NATURA .................................................................. 9<br />

IL PROCESSO DI MISURA ......................................................................... 11<br />

ALCUNI CALCOLI SULLA INDETERMINAZIONE ........................................ 11<br />

QUANDO ACHILLE RAGGIUNGE LA TARTARUGA .................................... 13<br />

ZENONE AVEVA RAGIONE ...................................................................... 14<br />

IL SORITE ............................................................................................ 16<br />

IL MUCCHIO ........................................................................................... 16<br />

IL MENDICANTE ..................................................................................... 17<br />

IL GIRINO ............................................................................................... 18<br />

CHE COSA È UN “MUCCHIO”?................................................................. 19<br />

I CONCETTI ............................................................................................ 20<br />

I GIUDIZI ................................................................................................ 21<br />

QUANDO IL GIRINO DIVENTA RANA........................................................ 22<br />

L’USCITA DAL PARADOSSO .................................................................... 23<br />

UNA RANA È UNA RANA......................................................................... 24<br />

IL CRETESE MENTITORE ............................................................... 25<br />

IO MENTO .............................................................................................. 25<br />

IL COCCODRILLO PIETOSO...................................................................... 27<br />

IL BARBIERE........................................................................................... 28<br />

LA STRUTTURA DEI PARADOSSI DELL'AUTOREFERENZA ......................... 29<br />

UN GIUDIZIO PRECISO ............................................................................ 30<br />

L’IMPATTO SULLE TEORIE MATEMATICHE.............................................. 32<br />

IL GATTO QUANTISTICO ................................................................ 35<br />

UN GATTO FUORI DALL’ORDINARIO ....................................................... 35<br />

LE ONDE E L’INTERFERENZA.................................................................. 36


97<br />

Indice<br />

L’INTERFERENZA DEGLI ELETTRONI....................................................... 39<br />

L’ONDA DI PROBABILITÀ........................................................................ 40<br />

L’INTERPRETAZIONE DI COPENHAGEN................................................... 41<br />

LA CARTA NASCOSTA............................................................................. 42<br />

LA CAMERA DEL GATTO......................................................................... 44<br />

L’USCITA DAL PARADOSSO .................................................................... 46<br />

LA STANZA CINESE........................................................................... 47<br />

HAL IL PROTAGONISTA .......................................................................... 47<br />

LA MACCHINA CHE PENSA...................................................................... 48<br />

GLI SCACCHI ED IL GIOCO DEL GO .......................................................... 49<br />

IL LINGUAGGIO NATURALE..................................................................... 51<br />

LA STANZA CINESE................................................................................. 52<br />

QUALCHE OBIEZIONE............................................................................. 53<br />

LA QUESTIONE DELLA VELOCITÀ ........................................................... 55<br />

IL TEST DI TURING ................................................................................. 55<br />

DISCRIMINARE LE MACCHINE?............................................................... 57<br />

APPENDICE A: GLI ALTRI PARADOSSI DI ZENONE ................ 58<br />

PARMENIDE ........................................................................................... 58<br />

ZENONE................................................................................................. 60<br />

LA DICOTOMIA....................................................................................... 62<br />

LA FRECCIA ........................................................................................... 64<br />

LO STADIO ............................................................................................. 65<br />

APPENDICE B: IL TEOREMA DI GOEDEL................................... 68<br />

LA VITA DI KURT GOEDEL ..................................................................... 68<br />

IL PROGRAMMA DI HILBERT................................................................... 70<br />

IL TEOREMA DI GOEDEL......................................................................... 72<br />

APPENDICE C: I PROTAGONISTI DELLA MECCANICA<br />

QUANTISTICA..................................................................................... 74<br />

LA NASCITA DELLA MECCANICA QUANTISTICA....................................... 74<br />

IL CORPO NERO ...................................................................................... 74<br />

L’EMISSIONE DEGLI ATOMI DI IDROGENO............................................... 75<br />

LE DUE SOLUZIONI DEL PROBLEMA........................................................ 77<br />

HEISENBERG.......................................................................................... 78<br />

BOHR..................................................................................................... 80<br />

SCHROEDINGER ..................................................................................... 82


98 Alberto Viotto - <strong>Achille</strong> e <strong>la</strong> <strong>tartaruga</strong><br />

L’INTERPRETAZIONE DEL PARADOSSO DEL GATTO................................. 85<br />

APPENDICE D: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE...................... 86<br />

LA NASCITA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ...................................... 86<br />

I MECCANISMI DELLA MENTE UMANA .................................................... 87<br />

LE APPLICAZIONI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE............................... 88<br />

LA STANZA DI SEARLE ........................................................................... 89<br />

LA FUZZY LOGIC .................................................................................... 89<br />

L’INFERENZA BAYESIANA...................................................................... 92<br />

INDICE DEI NOMI .............................................................................. 95

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