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RICORDO DELLA PROFESSORESSA MIRELLA BENASSI

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<strong>RICORDO</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>PROFESSORESSA</strong> <strong>MIRELLA</strong> <strong>BENASSI</strong><br />

Mi è stato chiesto di ricordare Mirella Benassi come suo studente. Vorrei cercare di far<br />

capire come era - o per dir meglio come io ricordo - la professoressa Benassi a chi non ha<br />

avuto modo di conoscerla, come gli attuali studenti del Fermi, ma anche a chi la conosceva<br />

molto meglio di me, come le sue colleghe e ovviamente i suoi genitori, che però non l'hanno<br />

mai vista nel suo lavoro, in un'aula alle prese con gli allievi.<br />

Voglio innanzitutto ringraziare le amiche della prof.ssa Benassi per aver pensato a me<br />

per questo compito che sono onorato di svolgere. Quando la prof ssa Giocolieri mi ha chiesto<br />

se ero disponibile per parlare non ho pensato neppure un attimo ed ho accettato con piacere,<br />

ma non posso negare che in seguito qualche dubbio è sorto: sono proprio io la persona giusta?<br />

sulla base di quali aspettative mi è stato chiesto?<br />

Mirella Benassi è stata la mia insegnante di italiano nei primi due anni di liceo e l 'ho<br />

stimata sempre in modo particolare, sia professionalmente che umanamente. Penso di poter<br />

dire che lei lo sapesse. In effetti però dopo i due anni in cui è stata la mia prof e una volta<br />

lasciato il Fermi non ho più avuto occasione per parlarle; è capitato che ci incontrassimo<br />

all'uscita da teatro visto che la passione per l'Opera ci portava entrambi a frequentare il teatro<br />

Comunale e in queste circostanze mi sono spesso riproposto di andarla a trovare nella sua<br />

nuova scuola, di cercarla per scambiare qualche parola con calma. Purtroppo non l 'ho mai<br />

fatto, e quando ho saputo che non avrei più potuto farlo mi sono rammaricato di non aver<br />

realizzato i miei proponimenti. Ripensandoci in questi giorni mi sono convinto che è nella<br />

natura delle cose che il rapporto fra un insegnante e i suoi studenti si perda finiti gli anni della<br />

scuola anche là dove il legame era più forte, ma nonostante la vita porti le rispettive strade a<br />

non incrociarsi più, anche senza l'intervento di cause cosi drammatiche, la considerazione<br />

reciproca non viene meno e il legame resta anche se non nel campo della vita quotidiana ma<br />

in quello, non meno importante, della memoria. Quando la prof. Benassi è stata la mia<br />

insegnante si era creato fra noi un feeling speciale e lei sapeva che la mia considerazione di lei<br />

non sarebbe cambiata pur non vedendoci più.<br />

Con questa convinzione cercherò di delineare per voi un'immagine della professoressa<br />

di lettere Mirella Benassi. Vorrei evitare di essere troppo aneddotico e proporvi un elenco di<br />

episodi che per voi non avrebbero neppure il valore epifanico che possono avere per me o per<br />

i miei compagni di classe. Qualche ricordo concreto però può aiutarmi a spiegare l'immagine<br />

della prof.ssa Benassi che mi è rimasta nella memoria a distanza di dieci anni.<br />

Che tipo di insegnante era Mirella Benassi? Il primo impatto ci diceva subito che<br />

avevamo di fronte una persona piacevole, solare, dai modi estremamente gentili.<br />

Non ricordo esattamente come fu l'incontro con la mia insegnante di italiano il primo<br />

giorno di liceo, ma ricordo esattamente che quel giorno vedemmo per la prima volta, oltre alla<br />

prof.ssa Benassi, anche la nostra insegnante di latino, la prof. Breveglieri, e né io né i miei<br />

compagni ci possiamo dimenticare quel momento. Entrò in aula, spense la sigaretta sotto il<br />

tacco di una scarpa e - dopo aver gettato il mozzicone nel cestino, tengo a precisare - si<br />

diresse alla cattedra; scostò la sedia e si presentò: lo sono Barbablù!<br />

Se vi faccio questo raccontino, non me ne voglia la prof. Breveglieri che ricordo con<br />

vera simpatia, è perché mi permette di farvi capire come non era Mirella Benassi con la sua<br />

classe.<br />

Lei non era il tipo di insegnante che usa il terrore, in senso buono s'intende, come<br />

metodo per imporre l'attenzione e lo studio. Non voglio dire che lei lo credesse sbagliato o lo<br />

contestasse, semplicemente credo che fare la voce grossa per farsi ascoltare fosse troppo<br />

lontano dal suo carattere, dal suo modo di essere. Anche quando la classe si abbandonava a un<br />

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momento di totale indisciplina - tutti sanno che confusione possono fare 25 quindicenni! - e le<br />

scappava un rimprovero un po' brusco subito lo sbigottimento sul suo viso si trasformava in<br />

un sorriso beffardo quasi a prendere in giro la sua stessa espressione da arrabbiata.<br />

Un'altra tipologia di insegnante a cui non apparteneva la prof Benassi è quella<br />

dell'insegnante che si pone ai suoi studenti un po' come un attore su un palco, di colui che<br />

dell'insegnamento apprezza il poter avere un pubblico a sua disposizione. Mi spiego meglio:<br />

nulla di male nel voler essere al centro dell'attenzione, anzi per un insegnante è inevitabile, ma<br />

alcuni insegnanti vivono con disagio questo aspetto del loro lavoro, altri con piacere. Mirella<br />

Benassi sicuramente era un insegnante del primo tipo. Teneva sempre le lezioni da seduta<br />

dietro la cattedra, se andava alla lavagna doveva proprio essere costretta; era come se<br />

spingesse la sedia sempre di più sotto al piano della scrivania per essere seduto come gli<br />

alunni ai banchi ed eliminare il più possibile la differenza di posizione con loro. Quando<br />

entrava in aula sembrava non volesse farsi notare e, siccome per arrivare alla cattedra era<br />

costretta a passare in mezzo a tutti i banchi, si districava tutte le volte in uno slalom agile e<br />

silenzioso per non richiamare l'attenzione, e poi cercava di zitti re il vociare di noi studenti<br />

solo quando era già seduta.<br />

In effetti le sue spiegazioni ex-cathedra finivano regolarmente in conversazioni fra<br />

studenti e insegnante, scambi di opinioni fra interlocutori alla pari. Il rispetto con cui la prof.<br />

Benassi prendeva in considerazione le idee espresse dai suoi allievi al pari di quelle di un<br />

adulto merita la gratitudine mia e di tutti i miei compagni che come me anche se non sempre<br />

con la stessa assiduità ... - hanno approfittato della disponibilità della nostra prof rispetto alle<br />

nostre riflessioni e hanno cosi imparato ad avere autonomia di giudizio.<br />

In questi ricordi si vede come l'immagine di Mirella Benassi professoressa sia per me<br />

indissolubilmente legata con quella della persona che nei due anni di frequentazione quasi<br />

giornaliera ho conosciuto.<br />

Per cercare di rendere l'idea mi vengono in mente alcuni noti versi latini: "Est modus<br />

in rebus, sunt certi denique fines, qnos ultra citraque nequit consistere rectum" '.<br />

Mirella Benassi come la ricordo io era sempre misurata, percepivo in lei un senso<br />

molto sviluppato di cosa riteneva appropriato e cosa no; lei voleva sempre essere appropriata<br />

alla circostanza, a modo, mai sopra le righe. Era sempre vestita in modo inappuntabile, senza<br />

trascurare il minimo dettaglio. Alla fine dell'anno scolastico avevo individuato con una<br />

notevole precisione i diversi abbinamenti fra completi e accessori del suo guardaroba! Può far<br />

sorridere ma non è del tutto futile ricordarlo perché penso che chiunque abbia conosciuto<br />

Mirella Benassi condivida con me l'impressione di ricercata eleganza che lei destava.<br />

Anche l'estrema riservatezza faceva parte del suo carattere. Raccontava raramente cose<br />

che la riguardassero in prima persona, per esempio abbiamo scoperto a fatica che fosse<br />

scrittrice. A questo proposito considero un onore, una dimostrazione di stima nei nostri<br />

confronti, che dietro alle ripetute insistenze mie e di alcuni miei compagni ci abbia fatto<br />

leggere delle sue poesie.<br />

Il titolo della raccolta è "La stalla dell'Ippogrifo" ,e in particolare alcuni versi della<br />

poesia da cui viene questo titolo mi colpirono, al punto che li ricordo anche ora: "A volte /<br />

l'ampolla del tuo senno / (o della memoria che è lo stesso) / cade giù dalla luna / e va a<br />

schiantarsi / sullo strame di ogni giorno. / La stalla prende fuoco / e tra i nitriti / allora / un'ala<br />

immensa / ti può portare in volo."<br />

Credo che questi versi rivelino un lato del carattere della prof.ssa Benassi essenziale.<br />

Se l'ho descritta come una persona estremamente attenta alle circostanze, sempre scrupolosa<br />

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nello scegliere l'atteggiamento più opportuno con cui porsi verso gli altri, allievi compresi,<br />

devo però aggiungere che si percepiva comunque in lei una sensibilità di artista. Magari solo<br />

nel dettaglio o nel particolare ricercato all'estremo, nell'ironia sottile - spesso rivolta per prima<br />

a se stessa - che arricchiva i suoi discorsi, nella profondità di percezione che traspariva sotto<br />

l'apparente distacco, in ogni caso si vedeva bene che in lei trovava ascolto, anche nel grigiore<br />

e nella banalità del quotidiano, la scintilla dell'ispirazione e della creatività. Quella scintilla<br />

che può sfuggire al nostro senno e incendiare di fantasia la nostra vita di tutti i giorni.<br />

Mi sto soffermando a lungo sul ricordo che ho della prof.ssa Benassi come persona<br />

perché ritengo che il modo in cui si proponeva umanamente Mirella Benassi sia uno degli<br />

insegnamenti più importanti che mi ha lasciato. Quando insegnava Mirella Benassi non<br />

comunicava solo nozioni e spiegazioni ma sapeva trasmettere anche il suo stile di persona.<br />

Con stile non intendo qualcosa di esteriore, effimero - non mi riferisco alla moda! - ma dico<br />

stile nel senso di stile autoriale, di artista. Stile come quella chiave magica che leggendo un<br />

libro, guardando un quadro, ascoltando una sinfonia ci permette di entrare nell'universo del<br />

suo autore - attraverso le sue modalità di percezione del reale che lo stile riassume - e<br />

arricchisce cosi il nostro mondo di una prospettiva altrimenti sconosciuta.<br />

Mi considero un vero privilegiato per aver conosciuto un'insegnante come Mirella<br />

Benassi e sono certo che custodirò sempre il ricordo lei in un'area privilegiata della mia<br />

memoria. In questi giorni mi sono chiesto spesso cosa una persona, una scrittrice come<br />

Mirella Benassi si aspettasse dall'insegnamento. Purtroppo non ho saputo darmi una risposta,<br />

ma ho fatto qualche riflessione.<br />

Perdonatemi l'ardire ma credo che l'insegnante e l'artista abbiano qualche cosa in<br />

comune. Chiariamo subito che non voglio fare parallelismi fra l'allievo e l'opera creata<br />

dall'artista: lo studente non deve mai essere una creatura del suo insegnante, il maestro che si<br />

rispetti non plasma il suo discepolo ma gli fornisce gli strumenti per crearsi da sé, per formare<br />

da solo la propria personalità. La vicinanza la vedo in altro: come l'artista chiede alle sue<br />

creazioni, alle opere che lascia, la testimonianza di sé nei tempi a venire cosi l'insegnante, più<br />

o meno consapevolmente, chiede ai suoi allievi la testimonianza di sé e di ciò che ha dato<br />

loro.<br />

Dopo avermi concesso questo paragone arrischiato lasciatemi fare quest'ultima<br />

citazione. "( ... ) per tutta la notte ( ... ) nelle vetrine illuminate, i suoi libri, disposti a tre a tre,<br />

vegliarono come angeli dalle ali spiegate sembrando, per colui che non era più, un simbolo di<br />

resurrezione." 2<br />

Sono ben consapevole di quanto poca cosa sia la memoria di un uomo rispetto a quella<br />

che è racchiusa in un libro, ma entro questi limiti considero il minimo gesto di riconoscenza<br />

dovuto alla mia prof tentar di fare del mio ricordo un angelo che spiega le sue ali per lei.<br />

Quanto dobbiamo tutti noi a chi è stato nostro maestro! Per i nostri maestri vale in<br />

modo speciale ciò che vale per coloro che incontriamo e perdiamo lungo il cammino della<br />

nostra vita. "Tutti quelli che se ne vanno ci lasciano sempre addosso qualcosa di sé. Può<br />

essere questo il segreto della memoria. Se davvero è cosi mi sento più sicuro perché so che<br />

non sarò mai solo" 3.<br />

Aprile 2004<br />

Aimone Breccia Fratadocchi<br />

Note:<br />

'Quinto Orazio Flacco, Sermomes libro I satira l versi 106/107.<br />

2 Marcel Proust, La Prigioniera pag 202 traduzione di Giovanni Raboni,1989<br />

3 Ferzan Ozpetek, La finestra di fronte, scena finale (liberamente tratto da)<br />

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