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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA<br />

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI<br />

CORSO DI LAUREA IN FISICA<br />

FAUSTO CARACE<br />

_______<br />

<strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong><br />

<strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e ai Laboratori<br />

Nazionali del Sud<br />

TESI DI LAUREA<br />

Relatori:<br />

Chiar.mo Prof. G. Raciti<br />

Dott.ssa C.Sfienti<br />

ANNO ACCADEMICO 2001-02


INDICE<br />

CAPITOLO 1 INTRODUZIONE pag. 1<br />

CAPITOLO 2 PRODUZIONE DI FASCI RADIOATTIVI pag. 6<br />

2.1 Introduzione pag. 6<br />

2.2 Le “facilities” esistenti pag. 10<br />

2.3 Nuovi progetti per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi pag. 19<br />

2.4 I progetti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso i Laboratori<br />

Nazionali del Sud pag. 24<br />

CAPITOLO 3 DISPOSITIVO SPERIMENTALE pag. 27<br />

3.1 Introduzione pag. 27<br />

3.2 Bersaglio <strong>di</strong> produzione pag. 29<br />

3.3 Il Fragment Separator pag. 30<br />

3.3.1 Introduzione pag. 30<br />

3.3.2 Formalismo dell’ottica magnetica pag. 33<br />

3.3.3 Il fragment separator acromatico pag. 35<br />

3.3.4 Risoluzione in impulso pag. 39<br />

3.3.5 L’ottica del Fragment Separator utilizzato pag. 40<br />

3.4 Sistemi <strong>di</strong> rivelazione pag. 46<br />

3.5 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-E pag. 49<br />

3.6 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-TOF pag. 50<br />

3.7 PPAC pag. 52<br />

3.8 Il rivelatore al Si pag. 54<br />

3.9 I rivelatori a scintillazione pag. 55<br />

3.9.1 Il Cristallo <strong>di</strong> CsI pag. 55<br />

3.9.2 Scintillatore plastico pag. 59<br />

3.10 Elettronica ed acquisizione dati pag. 63<br />

CAPITOLO 4 ANALISI DEI DATI pag. 67<br />

4.1 Calibrazione ed identificazione pag. 67<br />

4.1.1 Taratura in Energia pag. 69<br />

4.1.2 Taratura del TDC pag. 74<br />

4.1.3 Taratura del PPAC pag. 77<br />

I


4.1.4 Identificazione dei prodotti pag. 78<br />

4.2 Il programma <strong>di</strong> simulazione LISE pag. 87<br />

4.2.1 Resa <strong>di</strong> produzione nel bersaglio pag. 88<br />

4.2.2 La parametrizzazione EPAX pag. 92<br />

4.2.3 Accettanza del fragment separator pag. 93<br />

4.2.4 Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia, straggling energetico ed angolare e<br />

stati <strong>di</strong> carica pag. 94<br />

4.2.5 Implementazione del fragment separator in LISE pag. 96<br />

4.3 Misura delle rese <strong>di</strong> produzione pag. 96<br />

4.4 Trasmissione lungo la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o pag. 104<br />

4.5 Caratterizzazione in energia e posizione del <strong>fasci</strong>o secondario pag. 106<br />

CAPITOLO 5 PROSPETTIVE pag. 110<br />

5.1 Ricerche <strong>di</strong> struttura nucleare pag. 110<br />

5.1.1 I limiti dell’esistenza nucleare pag. 110<br />

5.1.2 Evoluzione della struttura a shell pag. 111<br />

5.1.3 Strutture nucleari nuove pag. 114<br />

5.2 Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> astrofisica nucleare pag. 118<br />

5.3 Le prospettive dell’impiego <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ai LNS pag. 122<br />

CAPITOLO 6 CONCLUSIONI pag. 127<br />

APPENDICE A pag.129<br />

APPENDICE B pag. 136<br />

APPENDICE C pag. 138<br />

Bibliografia pag. 144<br />

II


"Talvolta un pensiero mi annebbia l'Io: sono pazzi<br />

gli altri, o sono pazzo io?"<br />

Albert Einstein


1.INTRODUZIONE<br />

Un settore della fisica nucleare che ha conosciuto, negli ultimi anni, un intenso<br />

sviluppo è quello che riguarda le ricerche relative alla possibilità <strong>di</strong> generare <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi (RIBs – Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beams) da utilizzare, principalmente, per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

reaz<strong>ioni</strong> nucleari.<br />

Come è noto, infatti, lo stu<strong>di</strong>o delle reaz<strong>ioni</strong> nucleari è stato da sempre limitato<br />

all’utilizzo <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> incidenti e <strong>di</strong> bersagli <strong>di</strong> isotopi stabili o, comunque, con vita me<strong>di</strong>a<br />

relativamente “lunga”.<br />

Inoltre, lo stu<strong>di</strong>o delle proprietà dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi o esotici riveste, <strong>di</strong> per sé, un<br />

notevole interesse in vari settori <strong>di</strong> ricerca della fisica nucleare, come in<strong>di</strong>cato in figura 1.1. In<br />

quest’ultima è in<strong>di</strong>cata, nel piano (N,Z) - con N numero <strong>di</strong> neutroni e Z numero <strong>di</strong> protoni del<br />

nucleo rappresentato - la regione degli isotopi stabili, detta «valle <strong>di</strong> stabilità». I nuclei lontani<br />

dalla valle <strong>di</strong> stabilità si <strong>di</strong>cono esotici non solo perché essi non esistono in natura, ma anche a<br />

causa del loro comportamento nuovo e, appunto, esotico. Negli stu<strong>di</strong> sinora condotti con<br />

isotopi ra<strong>di</strong>oattivi, infatti, sono stati, per la prima volta, osservati nuovi deca<strong>di</strong>menti nucleari<br />

quali l’emissione <strong>di</strong> protoni [WOO97] o il deca<strong>di</strong>mento β-ritardato [HEL96]. Come mostrato<br />

in fig. 1.1, aumentando la <strong>di</strong>fferenza tra numero <strong>di</strong> protoni e <strong>di</strong> neutroni nel nucleo ed<br />

allontanandosi dalla valle <strong>di</strong> stabilità, prendono forma una varietà <strong>di</strong> fenomeni e si<br />

manifestano, nel contempo, nuove proprietà del nucleo. Come verrà <strong>di</strong>scusso nel capitolo 5,<br />

lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tali processi riveste un ruolo fondamentale nella nostra comprensione sia della<br />

struttura nucleare che dell’origine degli elementi. Per tal motivo, in <strong>di</strong>versi laboratori sono<br />

stati sviluppati sistemi per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

Dopo gli stu<strong>di</strong> p<strong>ioni</strong>eristici condotti a GANIL (Francia) con lo spettrometro LISE<br />

[ANN87], la possibilità <strong>di</strong> produrre <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi è ormai <strong>di</strong>ventata una realtà in<br />

<strong>di</strong>versi laboratori: GSI (Germania), GANIL (Francia), NSCL-MSU (USA), RIKEN<br />

(Giappone) e JINR-Dubna (Russia) producono <strong>fasci</strong> “ra<strong>di</strong>oattivi” <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e e<br />

relativistiche (10≤E/A≤1000AMeV) tramite il processo <strong>di</strong> frammentazione del proiettile


Capitolo 1. Introduzione<br />

(metodo “In-Flight”), Louven-le-Neuve (Belgio), SPIRAL-GANIL (Francia), ISOLDE-<br />

CERN (Svizzera), TRIUMF-Vancouver (Can<strong>ad</strong>a), ORNL Oak Ridge e ANL Argonne (USA),<br />

<strong>fasci</strong> “ra<strong>di</strong>oattivi” <strong>di</strong> bassa energia tramite il metodo “ISOL” (Isotope Separation On Line).<br />

Figura 1.1 Piano (N,Z): in nero la regione dei nuclei stabili (valle <strong>di</strong> stabilità), in giallo<br />

i nuclei instabili fino <strong>ad</strong> ora scoperti. Le linee rosse vicino alla zona gialla sono linee <strong>di</strong><br />

confine (drip lines) oltre le quali non esistono nuclei legati. Sono messi in evidenza<br />

alcuni dei processi accessibili sperimentalmente con l’impiego <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

Inoltre, sono state attualmente già progettate ulteriori “facilities” interamente de<strong>di</strong>cate<br />

alla produzione <strong>di</strong> nuclei esotici: RIA (Rare Isotope Accelerator) in USA, RIBF (Ra<strong>di</strong>oactive<br />

Ion Beam Factory) in Giappone, Super FRS in Germania, EURISOL (European ISOL) in<br />

Europa per citarne alcuni.<br />

I citati meto<strong>di</strong> “In Flight” ed “ISOL”, si riferiscono alle tecniche utilizzate per<br />

produrre tali nuclei “esotici” in laboratorio. Va notato che nel corso degli anni sono state<br />

sviluppate ed utilizzate <strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> tali nuclei a partire da nuclei<br />

stabili, <strong>ad</strong> esempio tramite reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fusione-evaporazione, o <strong>di</strong> fissione o frammentazione<br />

2


Capitolo 1. Introduzione<br />

del proiettile o del bersaglio. Una volta prodotti, tali isotopi devono essere “selezionati” ed<br />

eventualmente accelerati. La tecnica basata sul metodo detto In-Flight in cui si sfrutta il<br />

processo dalla frammentazione del proiettile 1 consente <strong>di</strong> ottenere <strong>fasci</strong> “ra<strong>di</strong>oattivi”,<br />

selezionati tramite un Fragment Recoil Separator (FRS), <strong>di</strong> velocità prossima a quella del<br />

proiettile utilizzato. Quella invece detta ”Isotope Separation On-Line” (ISOL) è basata sulla<br />

produzione <strong>di</strong> tali isotopi su bersagli molto spessi al fine <strong>di</strong> aumentare la “resa” dei prodotti<br />

che in essa vengono fermati, nell’estrazione selettiva degli <strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse e nella iniezione<br />

degli stessi in acceleratori. La scelta dell’acceleratore “primario” <strong>di</strong>pende essenzialmente dal<br />

processo <strong>di</strong> produzione che consente il massimo della resa degli <strong>ioni</strong> che si vogliono produrre.<br />

Se questi ultimi sono ottenibili in processi <strong>di</strong> fissione, allora, per esempio, si <strong>ad</strong>operano, come<br />

<strong>fasci</strong>o primario, neutroni termici prodotti da un reattore nucleare, se invece gli isotopi che<br />

interessano sono più copiosamente prodotti nel processo <strong>di</strong> “spallazione” 2 , allora si <strong>ad</strong>operano<br />

protoni <strong>di</strong> alta energia (fino a qualche GeV) prodotti in LINAC, sincrotroni o ciclotroni, nel<br />

caso sia il processo <strong>di</strong> “multiframmentazione” 3 quello <strong>di</strong> interesse, si <strong>ad</strong>operano <strong>ioni</strong> pesanti<br />

<strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e (30-100AMeV) prodotti, <strong>di</strong> solito, con ciclotroni. Va notato che,<br />

l’energia del <strong>fasci</strong>o “ra<strong>di</strong>oattivo” <strong>di</strong>penderà, invece, dall’acceleratore (post-acceleratore) in<br />

cui verranno iniettati gli <strong>ioni</strong> selezionati e può variare dal qualche MeV a qualche GeV.<br />

Come già accennato, utilizzando il metodo “In-Flight”, invece, viene sfruttato il<br />

meccanismo <strong>di</strong> frammentazione del proiettile primario, che presenta un’alta sezione d’urto per<br />

<strong>energie</strong> incidenti superiori a 30-40AMeV e si <strong>ad</strong>operano dei bersagli sottili. I prodotti <strong>di</strong><br />

reazione, <strong>di</strong> velocità prossima a quella del <strong>fasci</strong>o incidente, attraversano tale bersaglio e sono<br />

selezionati in massa, carica ed impulso attraversando un filtro elettromagnetico (detto<br />

fragment separator) ([SHE91], [MUE93], [GEI95]); la parte selezionata può essere <strong>ad</strong>operata<br />

1 Meccanismo tipico delle <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e e relativistiche in cui, per urti periferici, il residuo del proiettile<br />

(detto “spettatore”) emerge dalla reazione con velocità circa uguale a quella del proiettile e con Z ed A <strong>di</strong>verse a<br />

seconda dei nucleoni che ha trasferito nella zona <strong>di</strong> interazione con il bersaglio (detta zona dei “partecipanti”).<br />

Va notato che <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> relativistiche tale residuo può essere eccitato oltre la soglia <strong>di</strong> multiframmentazione<br />

(E*/A~4-5AMeV) e può, quin<strong>di</strong>, dar luogo a specie <strong>di</strong>verse dal residuo primario, mentre al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> tale valore<br />

il residuo primario varierà <strong>di</strong> poche unità per effetto dell’evaporazione <strong>di</strong> particelle [WES76].<br />

2 Successione <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>menti binari “veloci” <strong>di</strong> un nucleo pesante altamente eccitato. Nelle sequenze <strong>di</strong><br />

deca<strong>di</strong>menti si producono varie specie <strong>di</strong>verse dal nucleo iniziale [CAM81].<br />

3 Meccanismo <strong>di</strong> produzione “simultanea” <strong>di</strong> varie specie a seguito della frammentazione del sistema formato<br />

nella collisione <strong>di</strong> due <strong>ioni</strong> pesanti [GOL78].<br />

3


Capitolo 1. Introduzione<br />

come <strong>fasci</strong>o incidente (<strong>fasci</strong>o secondario) per misure <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> nucleari o altro. Va notato<br />

che, in tal caso, non è necessario <strong>ad</strong>operare un post-acceleratore, ma l’energia del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario non può essere variata in modo in<strong>di</strong>pendente dall’acceleratore primario. Inoltre,<br />

poiché gli <strong>ioni</strong> prodotti vengono utilizzati “<strong>di</strong>rettamente”, potranno essere stu<strong>di</strong>ate tutte quelle<br />

reaz<strong>ioni</strong> in cui lo ione del <strong>fasci</strong>o ha una vita me<strong>di</strong>a maggiore del tempo <strong>di</strong> volo fra il bersaglio<br />

<strong>di</strong> “produzione” e il bersaglio <strong>di</strong> “reazione”. Essendo tali <strong>ioni</strong> <strong>di</strong> energia interme<strong>di</strong>a (v ~<br />

10cm/nsec), percorreranno <strong>di</strong>stanze della decina <strong>di</strong> metri in tempi dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />

nsec. Questa con<strong>di</strong>zione costituisce un vantaggio rispetto al metodo ISOL, poiché, in<br />

quest’ultimo, gli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi prodotti devono essere chimicamente estratti dal bersaglio<br />

e tale processo richiede tempi dell’or<strong>di</strong>ne dei millisecon<strong>di</strong> o maggiori. Tuttavia, il fatto che i<br />

<strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi siano prodotti <strong>ad</strong> alte <strong>energie</strong> incidenti (tra alcune decine ed alcune centinaia<br />

<strong>di</strong> AMeV), non sempre costituisce un vantaggio: la maggior parte delle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse<br />

astrofisico ha luogo, infatti, per basse <strong>energie</strong> incidenti, non accessibili tramite il metodo In-<br />

Flight. La tecnica ISOL, invece, sembrerebbe essere più <strong>ad</strong>atta per condurre questo tipo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>.<br />

Gli sforzi tecnologici per i progetti in via <strong>di</strong> sviluppo sono orientati su entrambe le<br />

tecniche, in modo tale da sfruttarne al meglio i rispettivi vantaggi, e riguardano,<br />

principalmente, la realizzazione <strong>di</strong> acceleratori capaci <strong>di</strong> fornire maggiori intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />

primario e <strong>di</strong> apparati con larga accettanza, per aumentare l’efficienza complessiva nella<br />

trasmissione delle specie esotiche.<br />

Presso i Laboratori Nazionali del Sud (LNS) è in corso <strong>di</strong> realizzazione un progetto <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, chiamato EXCYT (EXotics with CYclotron and Tandem)<br />

[CIA96], basato sulla tecnica ISOL. È stato, inoltre, sviluppato un progetto per la produzione<br />

<strong>di</strong> <strong>fasci</strong> esotici con il metodo In Flight, denominato ETNA (Exotics Transport to Nuclear<br />

Area) [CAL97]. In tale progetto, parte della linea <strong>di</strong> estrazione del Ciclotrone<br />

Superconduttore, funge, contemporaneamente, sia da linea <strong>di</strong> trasporto che da fragment<br />

separator (par. 2.4). Tale proposta è stata, recentemente, ripresa e sviluppata, rendendo<br />

possibile la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso i LNS.<br />

Nel presente lavoro <strong>di</strong> tesi, vengono presentati i risultati ottenuti dallo stu<strong>di</strong>o delle rese<br />

<strong>di</strong> produzione e trasmissione dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti per mezzo <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>spositivo. È stata<br />

4


Capitolo 1. Introduzione<br />

indagata, in particolare, la possibilità <strong>di</strong> etichettare (“tagging”) ogni singolo ione del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario evento per evento, allo scopo <strong>di</strong> non dover applicare stringenti con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> <strong>di</strong><br />

selezione sui prodotti, ed, al contrario, <strong>di</strong> eseguire contemporaneamente più reaz<strong>ioni</strong> con <strong>fasci</strong><br />

“etichettati”.<br />

Le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione del proiettile utilizzate per tale stu<strong>di</strong>o sono state<br />

12 C+ 9 Be a 62 AMeV, 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al a 40 AMeV.<br />

Nel secondo capitolo vengono descritte e confrontate le due tecniche <strong>di</strong> produzione<br />

sopra menzionate ed i sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi già operanti ed alcuni <strong>di</strong> futura<br />

costruzione.<br />

Nel capitolo tre viene presentato il <strong>di</strong>spositivo sperimentale <strong>ad</strong>operato. Quest’ultimo<br />

consiste nel fragment separator ed in due apparati <strong>di</strong> rivelazione posizionati all’uscita del<br />

fragment separator ed all’ingresso della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope al fine <strong>di</strong> determinare,<br />

rispettivamente, le rese <strong>di</strong> produzione e quelle <strong>di</strong> trasmissione lungo la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o.<br />

Il quarto capitolo è de<strong>di</strong>cato alla descrizione dell’analisi dati. In particolare sono<br />

descritte le procedure <strong>di</strong> calibrazione dei rivelatori, l’identificazione degli <strong>ioni</strong> prodotti, la loro<br />

caratterizzazione spaziale ed energetica, il programma <strong>di</strong> simulazione <strong>ad</strong>operato ed il<br />

confronto tra i dati ottenuti e le simulaz<strong>ioni</strong>.<br />

Nel quinto capitolo si illustrano le prospettive <strong>di</strong> ricerca con <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, con<br />

particolare riferimento alle possibilità aperte dall’utilizzo del fragment separator presso i<br />

LNS.<br />

Infine nel sesto capitolo sono tracciate le conclus<strong>ioni</strong>.<br />

5


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

2. PRODUZIONE DI FASCI<br />

RADIOATTIVI<br />

2.1 Introduzione<br />

Nel corso degli anni, sono state sviluppate <strong>di</strong>verse tecniche per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi: tra queste, le più utilizzate sono la tecnica <strong>di</strong> separazione “in volo” (metodo “In-<br />

Flight”) e la tecnica ISOL (Isotope Separation On Line).<br />

bersaglio <strong>di</strong><br />

produzione<br />

spesso<br />

ISOL In-Flight<br />

Sorgente degli<br />

<strong>ioni</strong><br />

Post-acceleratore<br />

Fascio <strong>di</strong> <strong>ioni</strong><br />

primario<br />

Separatore<br />

elettromagnetico<br />

Bersaglio<br />

secondario<br />

Sale sperimentali<br />

Figura 2.1 Schema dei due meto<strong>di</strong> complementari per la<br />

produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

bersaglio <strong>di</strong><br />

produzione<br />

sottile<br />

Entrambi i meto<strong>di</strong>, i cui elementi caratteristici sono schematicamente rappresentati in<br />

figura 2.1, presentano, come vedremo, vantaggi e svantaggi e l’utilizzo <strong>di</strong> una tecnica rispetto<br />

6


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

all’altra è, <strong>di</strong> volta in volta, dettato dai requisiti che il <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo deve sod<strong>di</strong>sfare.<br />

Questi ultimi sono, ovviamente, strettamente connessi alla problematica scientifica che si<br />

intende indagare in un determinato esperimento: in tal senso, pertanto, i meto<strong>di</strong> ISOL e In-<br />

Flight risultano complementari tra loro per il tipo <strong>di</strong> fisica che permettono <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are.<br />

Come accennato nel capitolo 1, nel metodo In-Flight i nuclei ra<strong>di</strong>oattivi vengono<br />

prodotti in reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione. Un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> (detto “primario”) viene fatto<br />

incidere su <strong>di</strong> un bersaglio sottile (detto “bersaglio <strong>di</strong> produzione”). I prodotti <strong>di</strong> reazione, così<br />

ottenuti, possiedono una velocità prossima a quella del <strong>fasci</strong>o primario e sono focalizzati agli<br />

angoli in avanti. Tali frammenti vengono poi selezionati in massa, carica ed impulso<br />

attraverso un separatore elettromagnetico (fragment separator), ovvero un sistema costituito<br />

da una serie <strong>di</strong> elementi elettro-magnetici (<strong>di</strong>poli e qu<strong>ad</strong>rupoli) che, contemporaneamente,<br />

separano gli <strong>ioni</strong> secondo la loro rigi<strong>di</strong>tà magnetica p/q, con p l’impulso dello ione e q il suo<br />

stato <strong>di</strong> carica, e li focalizzano, trasportandoli sino alle sale <strong>di</strong> misura. Pertanto, al fine <strong>di</strong><br />

separare anche quegli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi con stesso p/q, viene aggiunto uno spessore<br />

opportunamente sagomato (detto degr<strong>ad</strong>er) in modo da far perdere ai frammenti del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario una quantità <strong>di</strong> energia che <strong>di</strong>pende dalla loro Z ed A. In particolare, si può<br />

sagomare il degr<strong>ad</strong>er e regolare l’ottica magnetica <strong>di</strong> tutto l’apparato, in modo tale da ridurre<br />

lo straggling in energia del <strong>fasci</strong>o secondario (configurazione monocromatica) o rendere la<br />

posizione nel fuoco finale dell’apparato in<strong>di</strong>pendente dall’energia (configurazione<br />

acromatica).<br />

Come alternativa alla frammentazione del proiettile si possono utilizzare altri tipi <strong>di</strong><br />

reazione ed, in particolare, la fissione, sempre in volo, <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> molto pesanti. In particolare,<br />

qualora vogliano essere prodotti nuclei ra<strong>di</strong>oattivi ricchi <strong>di</strong> neutroni, le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fissione<br />

sono preferibili rispetto alle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione, in quanto, in queste ultime, i nuclei<br />

prodotti sono prevalentemente ricchi <strong>di</strong> protoni.<br />

Il metodo In-Flight permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con elevate <strong>energie</strong><br />

incidenti (sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> relativistiche). L’alta energia del <strong>fasci</strong>o primario comporta, inoltre,<br />

una focalizzazione cinematica dei prodotti <strong>di</strong> reazione che agevola il trasporto attraverso le<br />

linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o ed il collegamento <strong>ad</strong> un eventuale anello <strong>di</strong> accumulazione, attraverso il quale<br />

7


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

si può ulteriormente ridurne l’emittanza al fine <strong>di</strong> condurre misure <strong>di</strong> massa nucleare con alta<br />

precisione 1<br />

La produzione In-Flight offre, poi, la possibilità <strong>di</strong> ottenere in tempi estremamente<br />

rapi<strong>di</strong> i frammenti ra<strong>di</strong>oattivi come <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> secondario per gli esperimenti. Infatti,<br />

l’unico ritardo tra la produzione dei frammenti ra<strong>di</strong>oattivi ed il loro impiego, tipicamente<br />

dell’or<strong>di</strong>ne delle centinaia <strong>di</strong> nanosecon<strong>di</strong>, è dovuto al tempo <strong>di</strong> volo dei frammenti attraverso<br />

il fragment separator e la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o sino al bersaglio <strong>di</strong> reazione. Questo consente lo<br />

stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi che possiedono vite me<strong>di</strong>e relativamente piccole.<br />

Nella tecnica ISOL i nuclei ra<strong>di</strong>oattivi sono prodotti in un bersaglio <strong>di</strong> spessore tale da<br />

frenare il <strong>fasci</strong>o primario. I prodotti <strong>di</strong> reazione <strong>di</strong>ffondono sino alla superficie del bersaglio,<br />

da dove vengono emessi e trasferiti alla sorgente che li <strong>ioni</strong>zza. Gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi così<br />

ottenuti, sono estratti e pre-accelerati per la successiva separazione elettromagnetica. Un<br />

successivo acceleratore (o post-acceleratore) fornisce allo ione ra<strong>di</strong>oattivo separato l’energia<br />

incidente finale.<br />

La resa <strong>di</strong> produzione I <strong>di</strong> un dato isotopo è pari a:<br />

I = σ ⋅ Φ ⋅ N ⋅ε<br />

⋅ε<br />

⋅ε<br />

(2.1)<br />

dove σ è la sezione d’urto della reazione nucleare d’interesse, φ è l’intensità del <strong>fasci</strong>o<br />

primario, N è il range del proiettile nel bersaglio (detto spessore effettivo), ε1 l’efficienza <strong>di</strong><br />

rilascio e trasporto dal bersaglio <strong>di</strong> produzione, ε2 l’efficienza <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione, ε3 l’efficienza<br />

<strong>di</strong> separazione in massa e <strong>di</strong> accelerazione. La struttura temporale del <strong>fasci</strong>o primario, pur non<br />

intervenendo <strong>di</strong>rettamente nella (2.1), influenza fortemente le caratteristiche del bersaglio <strong>di</strong><br />

produzione, che deve sopportare le elevate potenze rilasciate dal <strong>fasci</strong>o. Per tale ragione, sono<br />

preferibili acceleratori che forniscano un <strong>fasci</strong>o continuo, piuttosto che pulsato, perché, a<br />

parità <strong>di</strong> intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, la potenza massima rilasciata sul bersaglio dal primo è minore.<br />

1 Si possono ottenere risoluz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> qualche centinaio <strong>di</strong> KeV per ra<strong>di</strong>oisotopi con A=200 e vite me<strong>di</strong>e superiori a<br />

20 sec.<br />

8<br />

1<br />

2<br />

3


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Un’alternativa all’impiego <strong>di</strong> particelle cariche è l’utilizzo <strong>di</strong> neutroni con cui vengono<br />

prodotte reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fissione in bersagli <strong>di</strong> uranio. In tal caso, poiché i neutroni non<br />

interagiscono <strong>di</strong>rettamente con il materiale del bersaglio, la potenza rilasciata sullo stesso è<br />

legata solamente ai processi utili, ovvero alle reaz<strong>ioni</strong> nucleari.<br />

Il tipo <strong>di</strong> particelle che costituiscono il <strong>fasci</strong>o primario e le loro <strong>energie</strong>, mo<strong>di</strong>ficano, in<br />

ogni caso, la resa <strong>di</strong> produzione I, perché da esse <strong>di</strong>pendono le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione e<br />

lo spessore effettivo del bersaglio che può essere utilizzato. Il bersaglio <strong>di</strong> produzione deve,<br />

inoltre, lavorare <strong>ad</strong> alte temperature, in modo tale da facilitare il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione dei<br />

nuclei ra<strong>di</strong>oattivi sino alla superficie e, a tal fine, vengono <strong>ad</strong>operati materiali refrattari. Nella<br />

sorgente, inoltre, si può inibire la <strong>ioni</strong>zzazione <strong>di</strong> alcune specie nucleari prodotte, utilizzando<br />

un laser regolato per <strong>ioni</strong>zzare solo l’elemento chimico <strong>di</strong> interesse<br />

Le proprietà ottiche, la risoluzione energetica e l’emittanza <strong>di</strong> un <strong>fasci</strong>o secondario<br />

prodotto me<strong>di</strong>ante la tecnica ISOL, sono generalmente migliori <strong>di</strong> quelle ottenibili con la<br />

tecnica In Flight, dal momento che il meccanismo <strong>di</strong> produzione dalla sorgente in poi è<br />

analogo a quello <strong>ad</strong>operato per un <strong>fasci</strong>o stabile. Inoltre, l’impiego <strong>di</strong> un post-acceleratore,<br />

consente <strong>di</strong> modulare con semplicità l’energia del <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo che, nel caso dei <strong>fasci</strong><br />

prodotti con la tecnica In-Flight è, invece, correlata al valore dell’energia del <strong>fasci</strong>o primario.<br />

Un altro vantaggio del metodo ISOL è l’alta luminosità che può essere ottenuta<br />

utilizzando un bersaglio <strong>di</strong> produzione spesso ed un <strong>fasci</strong>o primario molto intenso.<br />

Tuttavia il metodo ISOL necessita <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione<br />

rispetto al metodo In-Flight: le specie esotiche, infatti, non vanno semplicemente prodotte, ma<br />

devono <strong>di</strong>ffondere nel bersaglio, essere estratte, <strong>ioni</strong>zzate e post-accelerate. L’efficienza<br />

risulta, pertanto, sensibile all’elemento chimico che si vuole produrre, ed i tempi <strong>di</strong><br />

produzione sono molto più lunghi (dal millisecondo ai minuti). Inoltre tale processo <strong>di</strong><br />

produzione comporta maggiori problemi nella gestione <strong>di</strong> una grossa quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>oattività<br />

indesiderata, prodotta nel bersaglio <strong>di</strong> produzione.<br />

In generale, con la tecnica ISOL vengono prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> bassa energia<br />

(10-20AMeV circa) ed alta luminosità, mentre, con il metodo In Flight, è possibile ottenere<br />

<strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> più alte (tipicamente maggiori <strong>di</strong> 40AMeV) con luminosità<br />

inferiori.<br />

9


2.2 Le “facilities” esistenti<br />

Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Il grande interesse rivolto, negli ultimi anni, allo stu<strong>di</strong>o dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi si riflette<br />

nelle molte strumentaz<strong>ioni</strong> attualmente esistenti che, a seconda del metodo utilizzato (In-<br />

Flight o ISOL), e degli acceleratori <strong>di</strong>sponibili, hanno permesso uno stu<strong>di</strong>o estensivo in<br />

questo settore.<br />

Storicamente, il primo sistema <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi basato sulla tecnica<br />

ISOL è stato ISOLDE [RAV90], sviluppato presso il CERN (Ginevra – Svizzera): un <strong>fasci</strong>o<br />

<strong>di</strong> protoni da 1.4GeV, accelerati da un protosincrotrone (PSB) capace <strong>di</strong> fornire una corrente<br />

<strong>di</strong> 2µA, viene inviato su bersagli costituiti da metalli fusi, da polveri metalliche refrattarie o<br />

da carburi, permettendo la produzione <strong>di</strong> 600 specie nucleari, corrispondenti a 60 elementi<br />

chimici, (da Z=2 sino a Z=88) con basse <strong>energie</strong> incidenti (tra 60 e 150keV).<br />

La grande varietà <strong>di</strong> specie nucleari prodotte e le elevate intensità ottenute (sino a 10 11<br />

particelle/sec), hanno consentito uno stu<strong>di</strong>o sistematico delle proprietà atomiche e nucleari e<br />

delle caratteristiche dei deca<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> nuclei lontani dalla valle della stabilità. Inoltre, grazie<br />

alla tecnica <strong>di</strong> impiantazione <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, sono state estensivamente stu<strong>di</strong>ate le impurità<br />

ed i <strong>di</strong>fetti nei semiconduttori ed, inoltre, sono stati condotti stu<strong>di</strong> biome<strong>di</strong>ci al fine <strong>di</strong><br />

impiegare gli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi in campo me<strong>di</strong>co.<br />

Protoni <strong>di</strong> alta energia (500MeV), accelerati dal sincrotrone TRIUMF (Vancouver-<br />

Can<strong>ad</strong>a), sono impiegati come <strong>fasci</strong>o primario nel progetto ISOL denominato ISAC [SCH97],<br />

che produce sia <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> bassissima energia (sino a 60keV) che <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese<br />

tra 150AkeV e 1.5AMeV me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> un LINAC come post-acceleratore 2 . La ricerca<br />

condotta con ISAC, grazie alle basse <strong>energie</strong> con cui vengono prodotti gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, è<br />

orientata, prevalentemente, allo stu<strong>di</strong>o delle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse astrofisico collegate alla<br />

nucleosintesi stellare ed alla verifica del modello standard me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> trappole laser<br />

per <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

2 Un suo sviluppo porterà le <strong>energie</strong> massime a 6.5AMeV.<br />

10


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

L’impiego <strong>di</strong> protoni <strong>di</strong> alta energia, comune ai progetti descritti, è vantaggioso, in<br />

quanto, al crescere dell’energia, aumentano le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> nuclei esotici.<br />

Inoltre, a causa del minore stopping power dei protoni <strong>di</strong> alta energia, il loro utilizzo riduce la<br />

potenza <strong>di</strong>ssipata nel bersaglio. Il problema maggiore, tuttavia, è rappresentato dalla gestione<br />

della maggiore quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>oattività prodotta.<br />

Per mezzo della tecnica ISOL, anche presso il laboratorio <strong>di</strong> Louvain-la-Neuve<br />

(Belgio) [DAR90] un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> protoni a 30MeV <strong>ad</strong> elevata intensità (sino a 300µA) prodotto<br />

dal ciclotrone CICLONE 30 permette <strong>di</strong> produrre nuclei ra<strong>di</strong>oattivi. Questi ultimi vengono<br />

selezionati isotopicamente e poi accelerati da un secondo ciclotrone che, inoltre, purifica<br />

ulteriormente il <strong>fasci</strong>o dalle specie nucleari indesiderate. Si ottengono, in tal modo, <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese tra 100keV e 12AMeV, utilizzati,<br />

prevalentemente, per misurare sez<strong>ioni</strong> d’urto in reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse astrofisico.<br />

Anche <strong>ad</strong> Oak Ridge (USA), nel progetto HRIBF (Holifield Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beam<br />

Facility) [PHYWW] [GAR91], viene utilizzato un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> protoni <strong>di</strong> bassa energia (60MeV),<br />

fornito dal ciclotrone ORIC, per produrre <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, che vengono<br />

successivamente accelerati da un tandem <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese tra 200keV e 10AMeV,<br />

permettendo lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> nucleari coinvolte nella nucleosintesi stellare e primor<strong>di</strong>ale.<br />

La limitazione principale nell’utilizzo <strong>di</strong> protoni <strong>di</strong> bassa energia quali <strong>fasci</strong> primari è<br />

quella <strong>di</strong> aprire solo pochi canali <strong>di</strong> reazione, come (p,n) e (p,2n): i nuclei ra<strong>di</strong>oattivi così<br />

prodotti si <strong>di</strong>scostano <strong>di</strong> poco dalla valle <strong>di</strong> stabilità. L’impiego <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri e pesanti<br />

permette, invece, <strong>di</strong> ottenere sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione maggiori, perché aumenta l’energia<br />

<strong>di</strong> eccitazione depositata nel nucleo bersaglio. Viene facilitata, in tal modo, l’apertura <strong>di</strong><br />

svariati canali <strong>di</strong> reazione per mezzo dei quali è possibile produrre nuclei più instabili.<br />

Presso il laboratorio GANIL (fig. 2.2) (Francia), nell’ambito del progetto SPIRAL<br />

[MIT98] un <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri o pesanti (accelerati da due ciclotroni accoppiati)<br />

viene utilizzato per produrre gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi in un bersaglio spesso, da cui vengono estratti,<br />

<strong>ioni</strong>zzati, pre-accelerati e sottoposti <strong>ad</strong> una prima selezione in massa. Il ciclotrone compatto<br />

CIME (Cyclotron pour Ions de Moyenne Energie) effettua, successivamente, un’ulteriore<br />

purificazione ed accelerazione del <strong>fasci</strong>o secondario, selezionando gli isotopi in rigi<strong>di</strong>tà<br />

magnetica. Le <strong>energie</strong> dei <strong>fasci</strong> secondari così ottenuti variano tra 1.7AMeV e 25AMeV, e<br />

11


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

sono, pertanto, <strong>ad</strong>atte allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> nucleari <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> prossime ed al <strong>di</strong> sopra della<br />

barriera coulombiana. Sono stati, in tal modo, condotti esperimenti volti allo stu<strong>di</strong>o<br />

dell’eccitazione coulombiana dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> fusione-evaporazione con<br />

emissione gamma, <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse astrofisico e spettroscopia nucleare tramite reaz<strong>ioni</strong><br />

<strong>di</strong> trasferimento.<br />

Figura 2.2 Schema degli acceleratori e delle sale sperimentali del laboratorio <strong>di</strong> GANIL,<br />

dove vengono prodotti <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi sia con la tecnica ISOL (SPIRAL) che con<br />

quella In-Fligth. (SISSI-LISE3).<br />

Presso il GSI (Darmst<strong>ad</strong>t – Germania) vengono <strong>ad</strong>operati <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri e<br />

pesanti forniti da un acceleratore lineare (UNILAC) nell’ambito del progetto denominato<br />

12


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

ISOL (fig. 2.3) [SCH02] al fine <strong>di</strong> produrre e selezionare <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti in reaz<strong>ioni</strong><br />

<strong>di</strong> fusione, fissione o <strong>di</strong> trasferimento. Una frazione dei nuclei, <strong>di</strong>ffusi dal bersaglio nel quale<br />

vengono prodotti, sono <strong>ioni</strong>zzati +1, accelerati, tipicamente, a 55keV e separati in massa per<br />

mezzo <strong>di</strong> un campo magnetico. I vari <strong>fasci</strong>, così separati, possono essere impiegati<br />

simultaneamente lungo tre linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o in<strong>di</strong>pendenti per stu<strong>di</strong>, <strong>ad</strong> esempio, <strong>di</strong> spettroscopia<br />

nucleare o, più in generale, sui meccanismi <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento.<br />

Figura 2.3 Schema del progetto ISOL al GSI.<br />

Negli anni ottanta, a Berkley (USA) venne, per la prima volta, applicata la tecnica<br />

della frammentazione in volo al fine <strong>di</strong> ottenere <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi [VIY79][WES79]: questi<br />

stu<strong>di</strong> iniziali fornirono il primo in<strong>di</strong>zio sperimentale dell’esistenza <strong>di</strong> nuclei con alone (halo<br />

nuclei).<br />

Attualmente, tale tecnica è utilizzata a GANIL, dove il fragment separator LISE (fig<br />

2.4) [MUE91] rende <strong>di</strong>sponibili nuclei ra<strong>di</strong>oattivi con <strong>energie</strong> sino a 95AMeV, grazie ai quali<br />

è stato possibile condurre, <strong>ad</strong> esempio, stu<strong>di</strong> sugli stati isomerici, le strutture nucleari <strong>ad</strong> alone<br />

ed i deca<strong>di</strong>menti β con successiva emissione <strong>di</strong> un protone o <strong>di</strong> un neutrone (deca<strong>di</strong>mento β-<br />

ritardato).<br />

13


14<br />

Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Figura 2.4 Descrizione schematica del fragment separator LISE3 in uso presso il<br />

laboratorio <strong>di</strong> Ganil.


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Anche presso il NSCL (MSU – USA) la tecnica In-Flight fornisce <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> <strong>di</strong> 200AMeV a partire da <strong>fasci</strong> primari <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti accelerati da due<br />

ciclotroni accoppiati (K=500 e K=1200) (fig.2.5) [MOR97]. Le elevate <strong>energie</strong> incidenti<br />

<strong>di</strong>sponibili, rendono accessibili gli stu<strong>di</strong> sull’influenza del termine <strong>di</strong> simmetria<br />

nell’equazione <strong>di</strong> stato della materia nucleare.<br />

Figura 2.5 Descrizione schematica del <strong>di</strong>spositivo sperimentale tramite il quale vengono prodotti, con il<br />

metodo In-Flight,<br />

<strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso l’NSCL-MSU.<br />

Presso il GSI il metodo In-Flight è utilizzato per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sia<br />

per frammentazione del proiettile che per fissione <strong>di</strong> nuclei pesanti. Il <strong>fasci</strong>o primario è fornito<br />

dal sincrotrone SIS ed i prodotti <strong>di</strong> reazione sono selezionati me<strong>di</strong>ante il FRagment Separator<br />

FRS (fig. 2.6) [GEI92]. In tal modo, sono prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> <strong>di</strong><br />

1.2AGeV, che possono essere impiegati per esperimenti su bersagli secondari o inviati<br />

nell’anello <strong>di</strong> accumulazione ESR [FRA87], dove vengono condotte misure <strong>di</strong> masse nucleari<br />

con estrema precisione. Le misure, condotte presso il FRS, <strong>di</strong> sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione, sia<br />

per fissione che per frammentazione, del proiettile hanno contribuito allo sviluppo <strong>di</strong> una<br />

parametrizzazione delle sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> frammentazione chiamata EPAX [SÜM00], che<br />

15


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

verrà trattata nel capitolo 5. Sono stati, inoltre, scoperti nell’ambito degli esperimenti volti<br />

all’identificazione <strong>di</strong> nuovi nuclei esotici, lo 100 Sn ed il 78 Ni. Tramite reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> break-up si<br />

indagano, poi, le proprietà dei nuclei con alone e le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> cattura ra<strong>di</strong>ativa in cinematica<br />

inversa (<strong>ad</strong> esempio (γ,p)). Le <strong>energie</strong> raggiungibili consentono, inoltre, lo stu<strong>di</strong>o delle<br />

proprietà della materia nucleare asimmetrica, tramite collis<strong>ioni</strong> tra <strong>ioni</strong> pesanti ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

Figura 2.6 Configurazione del FRagment Separator FRS in uso presso il GSI. L’FRS è composto da due<br />

settori, entrambi costituiti da una coppia <strong>di</strong> <strong>di</strong>poli, e da una serie <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli focalizzanti, tra i quali si<br />

trova un degr<strong>ad</strong>er che può avere una forma variabile, in modo da rendere l’apparato acromatico o<br />

monocromatico.<br />

16


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Presso Lanzhou (Cina) è stato realizzato il progetto RIBLL (Ra<strong>di</strong>oactive Beam Line<br />

Lanzhou) [ZHA98] per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> sino <strong>ad</strong> 80AMeV<br />

con la tecnica della frammentazione in volo del proiettile.<br />

Viene utilizzata la tecnica della frammentazione in volo con <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti e<br />

leggeri prodotti da una serie <strong>di</strong> ciclotroni, RIBF (Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beam Factory) [YAN02]<br />

[MOT99], ottenendo <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> <strong>di</strong> 150AMeV, presso i laboratori <strong>di</strong><br />

RIKEN (Giappone). Tra le principali scoperte realizzate in questo laboratorio si annoverano<br />

l’esistenza <strong>di</strong> nuclei con alone in prossimità delle drip lines e della pelle <strong>di</strong> neutroni (neutron<br />

skin) nei nuclei pesanti ricchi <strong>di</strong> neutroni. Sono stati, inoltre, identificati alcuni nuovi isotopi<br />

tra cui 61 Ga, 63 Ge e 200 Fr ed è stata sviluppata una tecnica per identificare stati non legati,<br />

aventi un ampio eccesso <strong>di</strong> neutroni, che si presentano come risonanze (come per esempio l’<br />

10 He).<br />

Presso il JINR <strong>di</strong> Dubna (Russia) si utilizza la tecnica In-Flight con <strong>fasci</strong> primari <strong>ad</strong><br />

<strong>energie</strong> sino a 100AMeV per He e 50AMeV per Ar, forniti dal ciclotrone U-400M. I prodotti,<br />

ottenuti nella frammentazione <strong>di</strong> 7 Li e 11 B, vengono selezionati con il fragment separator<br />

ACCULINA [ROD97] per ottenere, rispettivamente, intensi <strong>fasci</strong> dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi 6 He ed<br />

8 He, utilizzati per stu<strong>di</strong>are la struttura <strong>di</strong> questi nuclei leggeri ricchi in neutroni. Con<br />

l’apparato COMBAS [ART99], vengono, invece, prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi anche <strong>di</strong> altri<br />

elementi (fino all’Ar), per mezzo dei quali si stu<strong>di</strong>ano le reaz<strong>ioni</strong> con nuclei esotici <strong>ad</strong> <strong>energie</strong><br />

interme<strong>di</strong>e, e si effettuano anche misure <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> nuclei instabili vicino alle drip lines.<br />

Le tabelle 2.1 e 2.2 riassumono le facilities, rispettivamente In-Flight ed ISOL,<br />

esistenti al momento e le loro caratteristiche principali.<br />

17


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Laboratorio Acceleratore Fragment separator Energie dei RIB<br />

GANIL<br />

NSCL-MSU<br />

GSI<br />

RIKEN<br />

DUBNA<br />

LANZHOU<br />

(AMeV)<br />

Ciclotroni accoppiati SISSI+LISE


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

2.3 Nuovi progetti per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi<br />

La necessità <strong>di</strong> sviluppare sistemi per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con intensità<br />

almeno 1000 volte superiori a quelle attualmente <strong>di</strong>sponibili, al fine <strong>di</strong> ampliare la conoscenza<br />

sulla fisica dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, con particolare riferimento a tutti quei processi aventi<br />

sez<strong>ioni</strong> d’urto estremamente piccole, ha stimolato la nascita <strong>di</strong> numerosi progetti per la<br />

produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi per mezzo sia della tecnica In-Flight che ISOL.<br />

Presso il GSI sarà realizzato il fragment separator superFRS (super FRagment<br />

Separator) [GSI01] (fig. 2.7). A partire da <strong>fasci</strong> primari forniti da un nuovo sincrotrone capace<br />

<strong>di</strong> accelerare <strong>ioni</strong> pesanti sino all’uranio, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> incidenti fino a 1.5AGeV con intensità<br />

maggiori <strong>di</strong> 10 12 <strong>ioni</strong>/sec, nuclei esotici verranno prodotti da reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione e<br />

fissione in volo. Il superFRS impiegherà magneti superconduttori, che consentiranno <strong>di</strong><br />

aumentare sensibilmente l’accettanza complessiva del sistema: l’obiettivo è raccogliere i<br />

prodotti <strong>di</strong> fissione con la stessa efficienza con la quale l’attuale FRS raccoglie i frammenti<br />

del proiettile in modo tale da rendere accessibili gli stu<strong>di</strong> su nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni sino <strong>ad</strong><br />

oggi limitati dalla bassa trasmissione (dal 4 al 10%) dei frammenti <strong>di</strong> fissione.<br />

Con il superFRS verrà utilizzato un anello collettore CR all’interno del quale gli <strong>ioni</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi verranno raffreddati stocasticamente prima <strong>di</strong> essere iniettati (fig. 2.7) nell’anello<br />

<strong>di</strong> accumulazione NESR. In quest’ultimo il <strong>fasci</strong>o verrà ulteriormente raffreddato con la<br />

tecnica del raffreddamento elettronico 3 . Nel NESR, a <strong>di</strong>fferenza dell’attuale ESR, sarà<br />

possibile usare bersagli interni <strong>di</strong> H ed He ed inoltre si stu<strong>di</strong>eranno la <strong>di</strong>stribuzione in carica<br />

ed i fattori <strong>di</strong> forma dei nuclei esotici me<strong>di</strong>ante scattering elastico ed inelastico con un <strong>fasci</strong>o<br />

<strong>di</strong> elettroni. Del sistema fanno parte anche due ulteriori linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o secondario terminanti<br />

in sale sperimentali denominate «a bassa energia» ed «alta energia» (fig. 2.7), dove verranno<br />

stu<strong>di</strong>ate reaz<strong>ioni</strong> con <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, rispettivamente, a bassa ed alta energia incidente .<br />

3 La tecnica del raffreddamento <strong>di</strong> un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> particelle permette <strong>di</strong> ridurne l’indeterminazione energetica e<br />

l’emittanza. A tal fine, viene utilizzato un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> elettroni <strong>di</strong> risoluzione energetica migliore e minore<br />

emittanza. In seguito agli urti casuali con gli elettroni, la velocità <strong>di</strong> ciascuna particella del <strong>fasci</strong>o si uniforma a<br />

quella del <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> elettroni.<br />

19


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Figura 2.7 Schema del superFRS accoppiato con l’anello collettore CR nel quale<br />

il <strong>fasci</strong>o viene raffreddato in maniera stocastica e con il NESR, un anello <strong>di</strong><br />

accumulazione nel quale il <strong>fasci</strong>o viene ulteriormente raffreddato me<strong>di</strong>ante la<br />

tecnica del raffreddamento elettronico.<br />

Tra gli obiettivi scientifici perseguibili da questo nuovo progetto ricor<strong>di</strong>amo<br />

l’evoluzione del modello a shell nei nuclei lontani dalla valle <strong>di</strong> stabilità, l’indagine su alcune<br />

simmetrie e leggi <strong>di</strong> conservazione fondamentali (<strong>ad</strong> esempio sulla violazione della simmetria<br />

<strong>di</strong> parità), la comprensione dei processi che caratterizzano l’evoluzione stellare e, inoltre, lo<br />

stu<strong>di</strong>o della materia nucleare in con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> estreme <strong>di</strong> temperature, densità ed asimmetria.<br />

20


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Energie più basse <strong>di</strong> quelle accessibili al SuperFRS verranno, invece, raggiunte con il<br />

progetto americano RIA (Rare Isotope Accelerator) [RIA00] (fig.2.8), che applicherà<br />

entrambe le tecniche <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> esotici. È previsto l’impiego <strong>di</strong> un LINAC per<br />

accelerare dai protoni, a 900MeV, sino all’uranio, a 400AMeV.<br />

Figura 2.8 Schema del progetto RIA. Tale progetto prevede la possibilità <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi utilizzando sia il metodo In-Flight che il metodo ISOL. Sarà inoltre possibile ottenere i <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi per mezzo <strong>di</strong> una tecnica ibrida.<br />

Tali <strong>fasci</strong> primari potranno essere in<strong>di</strong>rizzati su un bersaglio spesso, da cui estrarre<br />

<strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi me<strong>di</strong>ante la tecnica ISOL, oppure su un bersaglio sottile, in cui produrre i<br />

nuclei ra<strong>di</strong>oattivi per “In-Fligth”. Sarà utilizzata anche una tecnica ibrida, nella quale il <strong>fasci</strong>o<br />

prodotto con il metodo In-Flight, e selezionato magneticamente, verrà in<strong>di</strong>rizzato in una cella<br />

contente elio pressurizzato. In questo modo gli <strong>ioni</strong> saranno rallentati, ma non neutralizzati<br />

totalmente, perché, essendo l’elio un gas nobile, cede con maggior <strong>di</strong>fficoltà i propri elettroni.<br />

21


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Così gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, praticamente a riposo, saranno riaccelerati, ottenendo <strong>fasci</strong> con<br />

ottime risoluzione energetica ed emittanza, caratteristiche, queste ultime, proprie dei <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi prodotti con il metodo ISOL. Al contempo, i tempi <strong>di</strong> rilascio <strong>di</strong> tali <strong>fasci</strong> saranno<br />

più brevi (dell’or<strong>di</strong>ne del msec), e non <strong>di</strong>penderanno dalle proprietà chimiche dell’elemento.<br />

Questa tecnica è già stata sperimentata presso l’Argonne National Laboratory (USA).<br />

Numerosi obiettivi scientifici potranno essere raggiunti con questo nuovo progetto:<br />

una maggiore comprensione della materia nucleare asimmetrica, dell’origine degli elementi e<br />

della produzione <strong>di</strong> energia nelle stelle, la verifica del Modello Standard e <strong>di</strong> alcune leggi <strong>di</strong><br />

conservazione fondamentali (come la simmetria CP).<br />

In Giappone, presso il laboratorio RIKEN, verrà potenziata la già esistente RIBF<br />

(Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beam Factory), dove saranno prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> tutte le specie<br />

atomiche. Questo progetto amplierà la già esistente RARF (Riken Accelerator Research<br />

Facility), per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con il metodo In-Flight fornendo <strong>ioni</strong> leggeri<br />

ra<strong>di</strong>oattivi con intensità massime fino a 10 7 <strong>ioni</strong>/sec <strong>di</strong> 11 Li. Una serie <strong>di</strong> ciclotroni accelererà<br />

il <strong>fasci</strong>o primario sino a 400AMeV per nuclei leggeri e 250AMeV per quelli pesanti, con<br />

intensità <strong>di</strong> corrente superiori a 1µA. Il nuovo fragment separator BigRIPS (Big RIken<br />

Projectile fragment Separator) selezionerà le specie nucleari prodotte, per frammentazione del<br />

proiettile e fissione in volo: la sua maggiore rigi<strong>di</strong>tà magnetica consentirà un aumento<br />

dell’efficienza <strong>di</strong> raccolta dei nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni. Fanno parte del progetto anche un<br />

anello <strong>di</strong> accumulazione e raffreddamento, ACR (Accumulator Cooling Ring) ed un e-RI<br />

(electron-Ra<strong>di</strong>oactive Ions) collider, me<strong>di</strong>ante i quali potranno essere condotti esperimenti <strong>di</strong><br />

scattering <strong>di</strong> elettroni su <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi. La scelta <strong>di</strong> un ciclotrone come driver è stata dettata<br />

dalla necessità <strong>di</strong> ottenere intensità elevate. Le intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o ottenibili per mezzo <strong>di</strong> un<br />

ciclotrone sono, infatti, almeno 100 volte maggiori <strong>di</strong> quelle fornite da un sincrotrone.<br />

Giacché la sezione d’urto <strong>di</strong> frammentazione del proiettile non <strong>di</strong>pende in maniera sensibile<br />

dall’energia per E>100AMeV, le minori <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong>sponibili in tal caso, non<br />

costituiscono, comunque, un limite del progetto. La possibilità <strong>di</strong> aumentare il numero <strong>di</strong><br />

specie nucleari instabili <strong>di</strong>sponibili nonché l’intensità dei <strong>fasci</strong> secondari, renderà possibile<br />

uno stu<strong>di</strong>o sistematico dei nuclei con alone e della nucleosintesi degli elementi.<br />

22


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

Presso il CERN il progetto REX-ISOLDE [HAB97], basato sul metodo ISOL, prevede<br />

l’arricchimento dello stato <strong>di</strong> carica dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, in modo tale da poter accelerare i<br />

<strong>fasci</strong> secondari <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> maggiori (sino a 2.2AMeV). In particolare gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, con<br />

carica +1, verranno accumulati in una trappola magnetica (detta Penning trap) e poi<br />

ulteriormente <strong>ioni</strong>zzati da un intenso <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> elettroni prodotto da un cannone elettrico<br />

all’interno <strong>di</strong> una sorgente EBIS (Electron Beam Ion Source) ed, infine, accelerati da un<br />

LINAC. Le trappole magnetiche permetteranno, inoltre, <strong>di</strong> raggruppare gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi in<br />

brevi impulsi <strong>di</strong> elevata intensità, aumentando, <strong>di</strong> conseguenza, il rapporto segnale/fondo.<br />

Con tale progetto si intende stu<strong>di</strong>are la struttura dei nuclei ricchi in neutroni ed, in particolare,<br />

le proprietà delle chiusure <strong>di</strong> shell nei nuclei con N=20 ed N=28, i processi <strong>di</strong> eccitazione<br />

coulombiana e le reaz<strong>ioni</strong> con trasferimento <strong>di</strong> neutroni.<br />

Tra i progetti futuri, MAFF (Monaco-Germania) [HAB97b] produrrà, con la tecnica<br />

ISOL, <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> fissione molto ricchi in neutroni, con intensità (sino a<br />

10 11 particelle/sec) prossime a quelle dei <strong>fasci</strong> stabili. Per raggiungere tale obiettivo, verranno<br />

utilizzate le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fissione indotte su un bersaglio <strong>di</strong> 235 U da un intenso flusso <strong>di</strong> neutroni<br />

termici, fornito dal reattore FRM-II, in modo da utilizzare l’elevata sezione d’urto <strong>di</strong> fissione<br />

termica (580barn) <strong>di</strong> tale isotopo. L’impiego <strong>di</strong> un LINAC come post-acceleratore, consentirà<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese tra 3.7AMeV e 5.9AMeV. Tale progetto riveste un<br />

particolare interesse per quanto riguarda la produzione <strong>di</strong> nuclei super pesanti. La tecnica fino<br />

<strong>ad</strong> ora <strong>ad</strong>operata per la loro sintesi, infatti, sfruttando reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fusione indotte da un <strong>fasci</strong>o<br />

stabile su un bersaglio stabile, produce prevalentemente nuclei ricchi <strong>di</strong> protoni e, pertanto,<br />

con vite me<strong>di</strong>e brevi. Impiegando, invece, i <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni resi<br />

<strong>di</strong>sponibili da MAFF, si otterranno prodotti <strong>di</strong> fusione a loro volta più ricchi <strong>di</strong> neutroni, più<br />

stabili e con vite me<strong>di</strong>e più lunghe.<br />

È, inoltre, in corso <strong>di</strong> sviluppo, a livello europeo, un progetto per la realizzazione <strong>di</strong><br />

strumentaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> seconda generazione per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi tramite la tecnica<br />

ISOL denominato EURISOL (European Isotope Separation On-Line Ra<strong>di</strong>oactive Nuclear<br />

Beam Facility) [EUR02].<br />

23


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

2.4 I progetti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

presso i Laboratori Nazionali del Sud<br />

Poiché entrambi i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, In-Flight ed ISOL, sono,<br />

come già detto, complementari, spesso vengono sviluppati, all’interno <strong>di</strong> uno stesso<br />

laboratorio, sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi basati su entrambe le tecniche. È questo<br />

il caso dei Laboratori Nazionali del Sud <strong>di</strong> Catania, dove è stato sviluppato un progetto per la<br />

produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con il metodo In Flight, denominato ETNA (Exotics Transport<br />

to Nuclear Area), e, contemporaneamente, è in fase <strong>di</strong> realizzazione il progetto EXCYT<br />

(Exotics with Cyclotron and Tandem) basato sulla tecnica ISOL.<br />

Originariamente il progetto ETNA [CAL97] prevedeva un separatore elettromagnetico<br />

atto a selezionare i nuclei instabili prodotti nei processi <strong>di</strong> frammentazione del proiettile alle<br />

<strong>energie</strong> del ciclotrone superconduttore. Tale separatore elettromagnetico era costituito da una<br />

sezione della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o che connette il CS alle sale sperimentali: avrebbe, pertanto,<br />

operato sia come linea <strong>di</strong> trasporto per i <strong>fasci</strong> stabili che come separatore dei frammenti<br />

“esotici”. Era previsto l’impiego <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> <strong>di</strong>poli deflettori a 45°, <strong>di</strong> un solenoide<br />

superconduttore, <strong>di</strong> sette qu<strong>ad</strong>rupoli focalizzanti e <strong>di</strong> due magneti esapolari, per le correz<strong>ioni</strong><br />

al secondo or<strong>di</strong>ne dell’ottica magnetica (figura 2.6). I frammenti <strong>di</strong> interesse, prodotti in un<br />

bersaglio sottile, vengono separati, nella prima parte del fragment separator, secondo la loro<br />

rigi<strong>di</strong>tà magnetica, e, successivamente, perdono energia in un degr<strong>ad</strong>er (posto nel fuoco<br />

interme<strong>di</strong>o), in proporzione alla loro massa A ed al qu<strong>ad</strong>rato della carica Z. L’ultimo magnete,<br />

infine, produce un fuoco acromatico, così che la posizione finale degli <strong>ioni</strong> trasmessi, in prima<br />

approssimazione, <strong>di</strong>pende solamente dalle loro deviaz<strong>ioni</strong> in carica, massa e stato <strong>di</strong> carica,<br />

rispetto allo ione <strong>di</strong> riferimento, per il quale è configurata l’ottica del fragment separator, e<br />

non dalla loro energia. Il solenoide superconduttore avrebbe dovuto essere installato subito<br />

dopo il bersaglio ed avrebbe permesso <strong>di</strong> aumentare l’angolo solido <strong>di</strong> accettanza <strong>di</strong> un fattore<br />

30. La rigi<strong>di</strong>tà magnetica massima <strong>di</strong> 4.5 Tm, circa il 20% più alta del <strong>fasci</strong>o del CS, avrebbe<br />

consentito <strong>di</strong> aumentare la possibilità <strong>di</strong> selezionare i frammenti ricchi <strong>di</strong> neutroni. L’angolo<br />

24


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

solido massimo <strong>di</strong> accettanza sarebbe stato <strong>di</strong> 4.8 msr, mentre il potere risolutivo in impulso<br />

sarebbe variato da 700 a 1400.<br />

A causa <strong>di</strong> problemi tecnici nella realizzazione del solenoide e <strong>di</strong> ritar<strong>di</strong> nella<br />

consegna <strong>di</strong> alcuni elementi magnetici, il progetto venne abbandonato. Recentemente, l’idea<br />

originaria del progetto ETNA è stata ripresa e sviluppata (par. 3.3) grazie alla peculiarità <strong>di</strong><br />

una parte della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o che connette il CS alle sale sperimentali, potendo quest’ultima<br />

operare, come già detto, da separatore magnetico. In questo lavoro <strong>di</strong> tesi, in particolare, sono<br />

presentati i risultati degli stu<strong>di</strong> condotti sulle rese <strong>di</strong> produzione e trasmissione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti utilizzando tale sistema.<br />

Ciclotrone<br />

superconduttore<br />

Figura 2.6 Schema del progetto ETNA.<br />

Solenoide<br />

<strong>di</strong>poli<br />

degr<strong>ad</strong>er<br />

Nel progetto EXCYT (fig. 2.7), un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti (A≤48), accelerato <strong>ad</strong> <strong>energie</strong><br />

interme<strong>di</strong>e (da 50 <strong>ad</strong> 80 AMeV) dal CS, viene fatto interagire con un bersaglio spesso. Le<br />

reaz<strong>ioni</strong> nucleari che avvengono nel bersaglio a causa del bombardamento degli <strong>ioni</strong> pesanti,<br />

producono gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi (A≤80) che vengono, successivamente, <strong>ioni</strong>zzati, in una<br />

25


Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />

sorgente posta imme<strong>di</strong>atamente dopo il bersaglio e che costituisce, pertanto, con esso un<br />

complesso unico. Da quest’ultimo, gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi vengono estratti e <strong>ioni</strong>zzati con stato <strong>di</strong><br />

carica –1 in una cella a scambio <strong>di</strong> carica, al fine <strong>di</strong> poter utilizzare come post-acceleratore il<br />

tandem da 15MV SMP. Dopo il canale <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica, il <strong>fasci</strong>o viene accelerato sino a<br />

300keV e fatto passare attraverso un separatore <strong>di</strong> massa isobarico, con potere risolutivo sino<br />

a 1/20000. Da quest’ultimo, il <strong>fasci</strong>o può essere inviato, alternativamente, in una piccola sala<br />

sperimentale a<strong>di</strong>acente, dove possono essere fatti esperimenti <strong>di</strong> bassa energia (330keV),<br />

oppure essere iniettato nel Tandem per l’accelerazione finale.<br />

Figura 2.7 Schema semplificato del progetto EXCYT.<br />

L’utilizzo del tandem consentirà <strong>di</strong> ottenere <strong>fasci</strong> secondari con una ottima (0.1%)<br />

risoluzione energetica, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> variabili tra 0.2 e 8 AMeV. Per <strong>fasci</strong> secondari <strong>di</strong> elementi<br />

alogeni non è necessaria la fase dello scambio <strong>di</strong> carica, perché possono essere estratti dal<br />

bersaglio <strong>di</strong>rettamente nello stato <strong>di</strong> carica –1 e possono, pertanto, essere conseguite<br />

efficienze maggiori.<br />

26


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

3. DISPOSITIVO SPERIMENTALE<br />

3.1 Introduzione<br />

Le misure analizzate nel presente lavoro <strong>di</strong> tesi sono state eseguite presso i Laboratori<br />

Nazionali del Sud (LNS) <strong>di</strong> Catania. Fasci primari <strong>di</strong> 12 C, 40 Ar, 58 Ni, accelerati dal Ciclotrone<br />

Superconduttore (CS), <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong> 40AMeV per i proiettili pesanti e 62AMeV per<br />

il proiettile più leggero, sono stati fatti incidere rispettivamente su bersagli <strong>di</strong> 9 Be <strong>di</strong> spessore<br />

500µm ed 27 Al <strong>di</strong> spessore 100µm, al fine <strong>di</strong> minimizzare, <strong>di</strong> volta in volta, le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

energia dei frammenti nel bersaglio. I prodotti delle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione così ottenuti<br />

sono stati selezionati me<strong>di</strong>ante un fragment separator (par. 3.3), la cui rigi<strong>di</strong>tà magnetica è<br />

stata scelta, volta per volta, in accordo con i valori forniti dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE<br />

(cap. 4, par. 4.2), al fine <strong>di</strong> massimizzare la trasmissione <strong>di</strong> un dato isotopo. Le correnti<br />

effettive impiegate nei <strong>di</strong>poli del fragment separator sono state regolate <strong>ad</strong>operando come<br />

riferimento quelle necessarie <strong>ad</strong> avere la trasmissione completa del <strong>fasci</strong>o primario.<br />

I <strong>fasci</strong> prodotti dal CS sono pulsati e sincronizzati temporalmente con il segnale <strong>di</strong><br />

Ra<strong>di</strong>oFrequenza (RF) che fornisce la tensione alle cavità del CS. È stato, pertanto, possibile<br />

utilizzare il segnale <strong>di</strong> RF per le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo.<br />

La composizione, la <strong>di</strong>stribuzione nello spazio delle fasi e la trasmissione attraverso le<br />

linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dei frammenti ottenuti (<strong>fasci</strong>o secondario) sono state stu<strong>di</strong>ate <strong>ad</strong>operando due<br />

sistemi <strong>di</strong> rivelatori, posizionati, rispettivamente, in corrispondenza del fuoco finale del<br />

fragment separator e dell’entrata della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope (figura 3.1). Ciascun<br />

sistema <strong>di</strong> rivelatori era costituito da tre sta<strong>di</strong>: un Parallel Plate Avalance Counter (PPAC) per<br />

la misura della posizione nel piano perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione del <strong>fasci</strong>o, un rivelatore al<br />

silicio <strong>di</strong> spessore <strong>di</strong> 300µm ed uno scintillatore per la misura dell’energia residua del<br />

frammento. La misura del ritardo tra il segnale fornito dal rivelatore al Si e quello <strong>di</strong> RF<br />

permetteva la misura del tempo <strong>di</strong> volo per ciascuno degli isotopi rivelati.<br />

È stato, in tal modo, possibile determinare, evento per evento, e per ogni frammento<br />

del <strong>fasci</strong>o secondario, la sua energia, carica, massa e posizione.<br />

27


Bersaglio <strong>di</strong> produzione<br />

Punto <strong>di</strong> misura Ciclope<br />

Fragment separator<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Punto <strong>di</strong> misura<br />

fuoco finale<br />

Fragment separator<br />

Figura 3.1 Descrizione schematica delle linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dei Laboratori Nazionali del Sud. Sono<br />

in<strong>di</strong>cati i punti in cui sono state effettuate le misure analizzate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi e la<br />

<strong>di</strong>sposizione del fragment separator.<br />

Al fine <strong>di</strong> utilizzare i prodotti delle reaz<strong>ioni</strong> così ottenuti come <strong>fasci</strong> secondari per<br />

esperimenti con <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, si impone la necessità <strong>di</strong> minimizzare lo spessore dei<br />

rivelatori <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica atti <strong>ad</strong> identificare il frammento selezionato, in modo da non<br />

perturbarne le caratteristiche. Per tale motivo, è stata valutata la possibilità <strong>di</strong><br />

un’identificazione dei prodotti <strong>di</strong> reazione, evento per evento, con il solo contributo del<br />

rivelatore al Si e, dunque, unicamente, tramite misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo e per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia.<br />

L’intensità del <strong>fasci</strong>o primario è stata scelta, volta per volta, in modo tale da ottenere<br />

<strong>fasci</strong> secondari la cui intensità non risultasse talmente elevata da danneggiare i rivelatori o<br />

dare luogo a pile-up negli stessi.<br />

28


3.2 Bersaglio <strong>di</strong> produzione<br />

alcuni criteri:<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

La scelta del bersaglio <strong>di</strong> “produzione” viene <strong>di</strong> solito effettuata in osservanza <strong>di</strong><br />

• la reazione “primaria” <strong>di</strong> frammentazione deve avvenire in cinematica “inversa”;<br />

• lo spessore del bersaglio influenza sia la resa che lo straggling energetico ed angolare<br />

e l’energia finale dei frammenti.<br />

Con un bersaglio <strong>di</strong> massa inferiore a quella del proiettile, infatti, tutti i prodotti <strong>di</strong><br />

reazione risultano fortemente focalizzati agli angoli in avanti: questa caratteristica, riducendo<br />

l’emittanza del <strong>fasci</strong>o secondario, ne migliora la trasmissione attraverso il fragment separator<br />

e le successive linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, ottenendo, pertanto, <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> maggiore intensità per i successivi<br />

esperimenti.<br />

Inoltre, all’aumentare dello spessore del bersaglio, aumenta la resa <strong>di</strong> produzione dei<br />

frammenti, in quanto aumenta il numero <strong>di</strong> interaz<strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o primario. Tuttavia, al<br />

crescere dello spessore compaiono degli effetti indesiderati, come una maggiore <strong>di</strong>spersione<br />

in energia ed in <strong>di</strong>rezione dei frammenti prodotti, che ne rende più <strong>di</strong>fficile il trasporto e<br />

l’identificazione.<br />

Bersaglio <strong>di</strong><br />

produzione<br />

Q 1,2<br />

Figura 3.2 Particolare della linea <strong>di</strong> estrazione dal CS in cui erano posizionati il<br />

bersaglio <strong>di</strong> produzione ed i qu<strong>ad</strong>rupoli Q1 e Q2 che focalizzano il <strong>fasci</strong>o nel primo<br />

<strong>di</strong>polo del fragment separator.<br />

29


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Inoltre, anche la probabilità <strong>di</strong> popolare <strong>di</strong>versi stati <strong>di</strong> carica del proiettile aumenta al<br />

crescere dello spessore del bersaglio, rendendo, così, più <strong>di</strong>fficile l’eliminazione del <strong>fasci</strong>o<br />

primario nel fragment separator<br />

Nell’esperimento effettuato sono stati <strong>ad</strong>operati bersagli <strong>di</strong> 9 Be (500µm) ed 27 Al<br />

(100µm), inseriti all’uscita del <strong>fasci</strong>o primario dal CS (fig. 3.2) in un sopporto ruotante in<br />

modo da poter scegliere il bersaglio da <strong>ad</strong>operare o da escluderlo. I qu<strong>ad</strong>rupoli Q1 e Q2<br />

focalizzano i prodotti sul primo <strong>di</strong>polo D1 del fragment separator.<br />

3.3 Il Fragment Separator<br />

3.3.1 Introduzione<br />

I separatori isotopici, o fragment separator, sono utilizzati per effettuare la separazione<br />

in volo dei prodotti <strong>di</strong> reazione. In particolare si tratta, in questo contesto, <strong>di</strong> una separazione<br />

spaziale in funzione delle proprietà specifiche dei prodotti <strong>di</strong> reazione (massa, carica,<br />

impulso). Una volta separati spazialmente i frammenti, i collimatori o l’accettanza limitata del<br />

fragment separator possono essere utilizzati per eliminare le specie nucleari indesiderate. Nel<br />

contesto degli stu<strong>di</strong> effettuati con <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, un fragment separator opera come<br />

separatore isotopico dei <strong>fasci</strong> secondari al fine <strong>di</strong> selezionare isotopi ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

Tali <strong>di</strong>spositivi si servono delle forze <strong>di</strong> Coulomb e Lorentz per deflettere gli <strong>ioni</strong>:<br />

r<br />

r<br />

dp<br />

r r r<br />

F = = q(<br />

E + v × B)<br />

(3.1)<br />

dt<br />

Noti il campo elettrico E r , il campo magnetico B r r<br />

, la velocità v e la carica q <strong>di</strong> uno<br />

ione, si può calcolare la sua traiettoria. Nel caso particolare in cui il campo magnetico sia<br />

uniforme e perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione del moto dello ione, la traiettoria da esso seguita è un<br />

arco <strong>di</strong> circonferenza <strong>di</strong> raggio ρ, determinato dalla sua rigi<strong>di</strong>tà magnetica:<br />

30


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

p<br />

B ρ =<br />

(3.2)<br />

q<br />

In particolare, un fragment separator consiste nella successione <strong>di</strong> alcuni elementi <strong>di</strong> base,<br />

che, sfruttando la (3.1), permettono <strong>di</strong> manipolare un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> particelle cariche in maniera<br />

analoga a quanto si può realizzare con la luce me<strong>di</strong>ante lenti e prismi: si possono, <strong>ad</strong> esempio,<br />

cambiare la sua <strong>di</strong>rezione, ridurre o aumentare la <strong>di</strong>mensione della sua sezione o selezionare<br />

le particelle che lo compongono in funzione dell’impulso. L’insieme <strong>di</strong> tali elementi elettrici e<br />

magnetici viene comunemente definito ottica magnetica. Fra tali elementi i più comuni sono il<br />

<strong>di</strong>polo magnetico, il qu<strong>ad</strong>rupolo magnetico ed altri multipoli <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore (sestupoli,<br />

ottupoli, etc.) (figura 3.3). In alcuni separatori si utilizza anche un filtro <strong>di</strong> velocità (detto<br />

filtro <strong>di</strong> Wien), per mezzo del quale si utilizza l’azione combinata <strong>di</strong> un campo elettrico e <strong>di</strong><br />

uno magnetico uniformi. In un filtro <strong>di</strong> Wien il campo magnetico e quello elettrico sono<br />

uniformi e perpen<strong>di</strong>colari tra loro. Ciò fa sì che esista una velocità specifica v=E/B degli <strong>ioni</strong><br />

per la quale la forza <strong>di</strong> Coulomb e quella <strong>di</strong> Lorentz (3.1) si compensino esattamente. Gli <strong>ioni</strong><br />

aventi tale velocità non subiscono alcuna deflessione rispetto alla <strong>di</strong>rezione incidente e<br />

vengono così selezionati.<br />

Figura 3.3 Rappresentazione schematica <strong>di</strong> alcuni magneti. Da sinistra,<br />

rispettivamente, un <strong>di</strong>polo, un qu<strong>ad</strong>rupolo ed un sestupolo.<br />

31


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Un <strong>di</strong>polo magnetico può essere utilizzato sia per deflettere il <strong>fasci</strong>o in modo da<br />

guidarlo in una data <strong>di</strong>rezione, sia per <strong>di</strong>sperdere le particelle del <strong>fasci</strong>o e selezionare solo<br />

quelle aventi una rigi<strong>di</strong>tà magnetica compresa in un intervallo limitato (figura 3.4).<br />

Bρ 1<br />

Bρ 0<br />

Bρ 2<br />

Figura 3.4 Un <strong>di</strong>polo magnetico seleziona il <strong>fasci</strong>o all’interno <strong>di</strong> un intervallo <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà<br />

magnetica centrato in Bρ0.<br />

I qu<strong>ad</strong>rupoli magnetici vengono utilizzati per focalizzare il <strong>fasci</strong>o. Tuttavia un singolo<br />

qu<strong>ad</strong>rupolo (come illustrato in figura 3.5) può focalizzare solo in una <strong>di</strong>rezione, pertanto, per<br />

realizzare una focalizzazione in entrambi i piani (sia x che y), è necessaria almeno una coppia<br />

<strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli. In realtà, molti fragment separator focalizzano me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> triplette <strong>di</strong><br />

qu<strong>ad</strong>rupoli, perché la loro azione focalizzante ha una <strong>di</strong>pendenza minore dall’impulso degli<br />

<strong>ioni</strong> rispetto a quanto ottenibile con l’uso <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli.<br />

Figura 3.5 Rappresentazione <strong>di</strong> un qu<strong>ad</strong>rupolo magnetico<br />

che focalizza nella <strong>di</strong>rezione orizzontale e defocalizza in<br />

quella verticale.<br />

32


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Multipoli <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore sono utilizzati per correggere le aberraz<strong>ioni</strong> dell’ottica<br />

magnetica: si usano, <strong>ad</strong> esempio, i sestupoli per correggere le aberraz<strong>ioni</strong> del secondo or<strong>di</strong>ne e<br />

gli ottupoli per quelle del terzo or<strong>di</strong>ne.<br />

Qualora il <strong>fasci</strong>o venga fatto passare parallelamente al suo asse, la focalizzazione del<br />

<strong>fasci</strong>o può essere realizzata anche utilizzando un solenoide 1 . Questa soluzione, tuttavia, può<br />

essere <strong>ad</strong>ottata per <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> energia non elevata, perché l’effetto focalizzante è del secondo<br />

or<strong>di</strong>ne ed inversamente proporzionale al qu<strong>ad</strong>rato dell’energia del <strong>fasci</strong>o.<br />

3.3.2 Formalismo dell’ottica magnetica<br />

A partire dall’equazione 3.1, si può ricavare un’equazione <strong>di</strong>fferenziale del moto in<br />

cui il tempo compare come variabile in<strong>di</strong>pendente. Note la posizione e la velocità iniziali <strong>di</strong><br />

una particella, si può risolvere l’equazione e determinare la sua posizione in funzione del<br />

tempo. Tuttavia, in ottica magnetica si preferisce scegliere, come variabile in<strong>di</strong>pendente, la<br />

<strong>di</strong>stanza lungo una traiettoria particolare, detta traiettoria della particella <strong>di</strong> riferimento, tra<br />

tutte le possibili che passano attraverso gli elementi magnetici. Le proprietà <strong>di</strong> tale particella,<br />

come <strong>ad</strong> esempio l’impulso e la carica, sono dette <strong>di</strong> “riferimento”.<br />

Un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> particelle, <strong>ad</strong> un dato istante, può essere descritto come un insieme <strong>di</strong><br />

punti, associati a ciascuna particella, in uno spazio a sei <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong>, noto come spazio delle<br />

fasi. Tre coor<strong>di</strong>nate (x,y,l) descrivono la collocazione spaziale della particella rispetto al piano<br />

perpen<strong>di</strong>colare alla traiettoria <strong>di</strong> riferimento: x nel piano nel quale avviene la <strong>di</strong>spersione in<br />

impulso, y in quello perpen<strong>di</strong>colare ed l quale <strong>di</strong>fferenza tra la lunghezza della traiettoria<br />

effettiva e quella <strong>di</strong> riferimento. Le altre tre coor<strong>di</strong>nate si riferiscono allo spazio degli impulsi<br />

(x’, y’, δ), dove x’=dx/dt≈θ e y’=dy/dt≈φ, con t coor<strong>di</strong>nata nella <strong>di</strong>rezione della traiettoria <strong>di</strong><br />

riferimento e δ=1-p/p0 fornisce una misura <strong>di</strong> quanto il modulo dell’impulso effettivo<br />

<strong>di</strong>fferisca da quello <strong>di</strong> riferimento.<br />

Le equaz<strong>ioni</strong> che descrivono la traiettoria <strong>di</strong> una particella carica in un campo<br />

magnetico, possono essere approssimate al primo or<strong>di</strong>ne rispetto alle variabili (x,x’,y,y’,l,δ);<br />

1 Questo tipo <strong>di</strong> focalizzazione era, <strong>ad</strong> esempio, quella prevista per il progetto ETNA (par. 2.4)<br />

33


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

risolvendo tale sistema <strong>di</strong> equaz<strong>ioni</strong>, si deriva che l’azione <strong>di</strong> un qualsiasi elemento <strong>di</strong> ottica<br />

magnetica può essere descritta da una matrice 6x6. In particolare, in<strong>di</strong>cando con Xi(0) il<br />

vettore colonna che ha per componenti (x0,x’0,y0,y’0,l0,δ0), ovvero le coor<strong>di</strong>nate che<br />

identificano la posizione e l’impulso iniziali <strong>di</strong> una particella, e con Xi(t) il vettore colonna<br />

che contiene quelle finali (x(t),x’(t),y(t),y’(t),l(t),δ(t)), esiste una matrice [Rij] tale che<br />

⎛ x(<br />

t)<br />

⎞ ⎡R<br />

⎜ ⎟ ⎢<br />

⎜ x'(<br />

t)<br />

⎟ ⎢<br />

R<br />

⎜ y(<br />

t)<br />

⎟ ⎢R<br />

⎜ ⎟ = ⎢<br />

⎜ y'(<br />

t)<br />

⎟ ⎢R<br />

⎜ ⎟ ⎢<br />

⎜<br />

l(<br />

t)<br />

⎟<br />

R<br />

⎜ ⎟ ⎢<br />

⎝δ<br />

( t)<br />

⎠ ⎢⎣<br />

R<br />

∑<br />

X i(<br />

t)<br />

= Rij<br />

X j ( 0)<br />

ossia (3.3)<br />

j<br />

11<br />

21<br />

31<br />

41<br />

51<br />

61<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

12<br />

22<br />

32<br />

42<br />

52<br />

62<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

13<br />

23<br />

33<br />

43<br />

53<br />

63<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

14<br />

24<br />

34<br />

44<br />

45<br />

64<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

15<br />

25<br />

35<br />

45<br />

55<br />

56<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

R<br />

16<br />

26<br />

36<br />

46<br />

56<br />

66<br />

⎤ ⎛ x0(<br />

t)<br />

⎞<br />

⎥ ⎜ ⎟<br />

⎜ x'<br />

⎥ 0 ( t)<br />

⎟<br />

⎥ ⎜<br />

y<br />

⎟<br />

⎥ ⋅⎜<br />

0(<br />

t)<br />

⎟<br />

⎥ ⎜ y'0<br />

( t)<br />

⎟<br />

⎥ ⎜ ⎟<br />

⎥ ⎜l0<br />

( t)<br />

⎟<br />

⎥<br />

⎜ ⎟<br />

⎦ ⎝δ<br />

0(<br />

t)<br />

⎠<br />

(3.4)<br />

Tale matrice viene chiamata “matrice <strong>di</strong> trasporto”. Una successione <strong>di</strong> elementi<br />

magnetici ha come matrice <strong>di</strong> trasporto il prodotto delle matrici che descrivono ciascun<br />

elemento.<br />

Se tutti gli elementi magnetici sono orientati in maniera tale che i loro profili siano<br />

simmetrici rispetto <strong>ad</strong> un piano orizzontale, noto come “piano me<strong>di</strong>ano” (con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

“simmetria <strong>di</strong> piano me<strong>di</strong>ano”), la componente del campo magnetico nel piano orizzontale è<br />

nulla e, dunque, la traiettoria <strong>di</strong> riferimento giace interamente in esso. È possibile, inoltre,<br />

<strong>di</strong>mostrare che, in tal caso, non c’è <strong>di</strong>pendenza lineare da δ nelle coor<strong>di</strong>nate verticali e che il<br />

moto nei due piani, in approssimazione lineare, si può considerare in<strong>di</strong>pendente.<br />

Per un sistema magnetico statico con simmetria <strong>di</strong> piano me<strong>di</strong>ano, la matrice <strong>di</strong><br />

trasporto assume la forma più semplice:<br />

34


⎡R<br />

⎢<br />

⎢<br />

R<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢ 0<br />

⎢R<br />

⎢<br />

⎣ 0<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

R16<br />

⎤<br />

R<br />

⎥<br />

26⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

0 ⎥<br />

R ⎥<br />

56<br />

⎥<br />

1 ⎥⎦<br />

0 0 R33<br />

R34<br />

0 0<br />

[ ] =<br />

(3.5)<br />

R ij<br />

11<br />

21<br />

51<br />

R<br />

R<br />

0<br />

R<br />

12<br />

22<br />

52<br />

0<br />

0<br />

0<br />

R<br />

43<br />

0<br />

0<br />

ove gli elementi che accoppiano il moto nella <strong>di</strong>rezione x con quello nella <strong>di</strong>rezione y sono<br />

nulli.<br />

R<br />

Con la notazione (ri(t)|rj(0)), dove ri ed rj sono due coor<strong>di</strong>nate nello spazio delle fasi,<br />

si in<strong>di</strong>ca la funzione che descrive la <strong>di</strong>pendenza della coor<strong>di</strong>nata finale ri(t) dalla sola<br />

coor<strong>di</strong>nata iniziale rj(0), dunque Rij=(ri(t)|rj(0)).<br />

3.3.3 Il fragment separator acromatico<br />

Nella produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, il fragment separator non effettua solo una<br />

selezione in rigi<strong>di</strong>tà magnetica: i frammenti del proiettile, infatti, sono emessi dal bersaglio <strong>di</strong><br />

produzione con una certa <strong>di</strong>stribuzione energetica ed angolare. Poiché gli isotopi più rari sono<br />

quelli aventi le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione minori, il fragment separator deve operare in<br />

modo tale da raccogliere una larga frazione dell’intervallo in angolo ed energia all’interno del<br />

quale si trovano gli isotopi selezionati. Ciò è possibile soltanto focalizzando i frammenti in<br />

una regione delimitata. Tale proprietà <strong>di</strong> selezionare e focalizzare contemporaneamente <strong>ioni</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa energia viene, solitamente, definita acromaticità.<br />

Per ottenere, allo stesso tempo, selezione in rigi<strong>di</strong>tà magnetica e focalizzazione, la<br />

maggior parte dei fragment separator consistono <strong>di</strong> due sta<strong>di</strong> <strong>di</strong>spersivi, dove il secondo sta<strong>di</strong>o<br />

compensa la <strong>di</strong>spersione effettuata dal primo sta<strong>di</strong>o. La limitata accettanza del primo sta<strong>di</strong>o<br />

effettua la selezione, mentre il secondo sta<strong>di</strong>o rifocalizza i frammenti.<br />

La figura 3.6 illustra il principio <strong>di</strong> funzionamento base <strong>di</strong> un fragment separator<br />

acromatico. I frammenti provengono da una piccola regione sul bersaglio <strong>di</strong> produzione<br />

35<br />

0<br />

0<br />

44<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

1<br />

0


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

(posizione 0); le linee rosse in<strong>di</strong>cano il cono angolare all’interno del quale i frammenti<br />

lasciano il bersaglio; la <strong>di</strong>stribuzione in impulso dei frammenti (-δ, +δ) è <strong>di</strong>slocata in<br />

posizione in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o (I), mentre la <strong>di</strong>stribuzione angolare è<br />

focalizzata nuovamente in un punto.<br />

Figura 3.6 Ottica magnetica <strong>di</strong> un fragment separator acromatico. Sono rappresentate le<br />

<strong>di</strong>verse traiettorie in funzione dell’angolo iniziale (-θ, +θ) e della deviazione dall’impulso <strong>di</strong><br />

riferimento (-δ,0, +δ), rispettivamente in blu, rosso e verde.<br />

La posizione nel fuoco interme<strong>di</strong>o <strong>di</strong>pende, pertanto, unicamente, dalla deviazione δ<br />

dall’impulso <strong>di</strong> riferimento. Assumendo sod<strong>di</strong>sfatta la simmetria <strong>di</strong> piano me<strong>di</strong>ano (par.<br />

3.3.2), la matrice <strong>di</strong> trasporto assume la forma (3.5) e, pertanto, la posizione xI nel fuoco<br />

interme<strong>di</strong>o può essere espressa come:<br />

x I = ( x | x)<br />

a x0<br />

+ ( x | δ ) aδ<br />

(3.6)<br />

dove x0 in<strong>di</strong>ca la posizione iniziale nel bersaglio e l’in<strong>di</strong>ce a denota l’elemento <strong>di</strong> matrice che<br />

descrive il primo settore del fragment separator. La posizione nel fuoco finale è:<br />

x F = ( x | x)<br />

b ( x | x)<br />

a x0<br />

+ ( x | x)<br />

b ( x | δ ) aδ<br />

+ ( x | δ ) bδ<br />

(3.7)<br />

dove l’in<strong>di</strong>ce b denota gli elementi della matrice associati al secondo settore.<br />

36


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Se si vuole ottenere un sistema in cui la posizione finale xF non <strong>di</strong>penda (al primo<br />

or<strong>di</strong>ne) dalla deviazione δ rispetto all’impulso <strong>di</strong> riferimento, bisogna regolare l’ottica in<br />

modo tale che la <strong>di</strong>spersione del secondo settore compensi il prodotto della <strong>di</strong>spersione del<br />

primo settore per l’ingran<strong>di</strong>mento del secondo settore. Tale con<strong>di</strong>zione (detta <strong>di</strong> “acromaticità<br />

laterale”) si realizza se vale la relazione:<br />

( x | δ ) b ( x | δ ) a = −(<br />

x | δ ) bδ<br />

(3.8)<br />

Per rendere più agevole il trasporto successivo del <strong>fasci</strong>o, è preferibile che sia nullo,<br />

nel fuoco finale, l’angolo tra la traiettoria effettiva <strong>di</strong> uno ione e quella <strong>di</strong> riferimento, in<br />

modo che lo ione prosegua parallelamente <strong>ad</strong> essa in assenza <strong>di</strong> altri elementi magnetici. Il<br />

fragment separator deve, pertanto, sod<strong>di</strong>sfare anche la cosiddetta con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> acromaticità<br />

angolare (θ|δ)=0, ovvero l’angolo finale non deve <strong>di</strong>pendere dall’impulso iniziale.<br />

Per limitare l’ampiezza dell’impulso trasmesso, possono essere utilizzati dei<br />

collimatori nel fuoco interme<strong>di</strong>o.<br />

Un fragment separator acromatico, pertanto, realizza una selezione in p/q dei prodotti<br />

<strong>di</strong> reazione all’interno d’una accettanza in momento δ = ∆p<br />

/ p0<br />

. Ciò corrisponde <strong>ad</strong> una<br />

selezione in m/q se, come acc<strong>ad</strong>e per i prodotti della frammentazione del proiettile, gli <strong>ioni</strong><br />

hanno velocità simili. Infine, se gli <strong>ioni</strong> sono totalmente <strong>ioni</strong>zzati, ciò equivale <strong>ad</strong> una<br />

selezione in A/Z.<br />

Il fragment separator, pertanto, non riesce a separare isotopi con lo stesso rapporto<br />

A/Z. Tale selezione è realizzabile me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> materiali opportunamente sagomati,<br />

detti degr<strong>ad</strong>er, nel suo fuoco interme<strong>di</strong>o (fig. 3.7). Infatti, attraversando il degr<strong>ad</strong>er, ogni ione<br />

subisce una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia <strong>di</strong>pendente dalla sua massa A e dalla sua carica Z secondo la<br />

relazione<br />

2<br />

AZ<br />

∆ E ∝ (par. 3.5) e ciò comporta, pertanto, che nuclei con <strong>di</strong>verso A/Z vengano<br />

E<br />

focalizzati all’uscita del separatore in punti <strong>di</strong>fferenti.<br />

37


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Figura 3.7 Separazione dei frammenti me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> un degr<strong>ad</strong>er. Tre <strong>di</strong>fferenti isotopi con lo<br />

stesso rapporto m/q e la stessa velocità passano attraverso il primo sta<strong>di</strong>o del fragment separator. Nel<br />

degr<strong>ad</strong>er, posto nel fuoco interme<strong>di</strong>o, gli <strong>ioni</strong> sono rallentati in maniera <strong>di</strong>fferente. Così, a causa della<br />

loro <strong>di</strong>fferente velocità, gli isotopi sono separati nel secondo sta<strong>di</strong>o.<br />

In tal modo si ottengono <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> frammenti isotopici spazialmente separati che<br />

possono essere selezionati me<strong>di</strong>ante un opportuno collimatore. La figura 3.8 mostra l’effetto<br />

del “degr<strong>ad</strong>er” sui prodotti estratti dal fragment separator dei LNS, simulato dal programma<br />

LISE.<br />

Poiché l’inserimento <strong>di</strong> un degr<strong>ad</strong>er mo<strong>di</strong>fica gli impulsi degli <strong>ioni</strong> in funzione della<br />

loro massa e carica, nella descrizione della trasmissione <strong>di</strong> tali <strong>ioni</strong> è necessario introdurre le<br />

due ulteriori variabili A e Z. La matrice <strong>di</strong> trasporto <strong>di</strong>venta, pertanto, una matrice <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensione 6x8 e la posizione nel fuoco finale del separatore è data da:<br />

x = R x + R + R + R + R δ<br />

(3.9)<br />

11<br />

0<br />

12θ<br />

0 16δ<br />

V 17δ<br />

A 18<br />

ove δV, δA e δZ sono, rispettivamente, le deviaz<strong>ioni</strong> rispetto ai valori dello ione <strong>di</strong> riferimento<br />

della velocità, della massa e della carica <strong>di</strong> uno ione che attraversi il fragment separator.<br />

38<br />

Z


∆E(MeV)<br />

40 Cl<br />

∆E(MeV)<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

40 Cl<br />

Tof Tof<br />

Figura 3.8 Matrici ∆E-ToF simulate da LISE per la reazione 40 Ar+Be (400µm) a 40AMeV, a sinistra senza<br />

degr<strong>ad</strong>er, a destra con un degr<strong>ad</strong>er Al (120µm), con il fragment separator configurato per selezionare 40 Cl.<br />

3.3.4 Risoluzione in impulso<br />

Una delle caratteristiche principali <strong>di</strong> un fragment separator è la risoluzione in impulso<br />

Rp (riferita alle caratteristiche del primo sta<strong>di</strong>o del fragment separator), definita come:<br />

R P<br />

x<br />

= (3.10)<br />

∆x<br />

dove x è la deviazione che subirebbe, in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o, uno ione con<br />

una deviazione dall’impulso <strong>di</strong> riferimento pari al 100% (δ0=1) mentre ∆x è la <strong>di</strong>mensione<br />

dell’immagine del <strong>fasci</strong>o nello stesso punto. L’ingran<strong>di</strong>mento lineare M nella <strong>di</strong>mensione x<br />

coincide, al primo or<strong>di</strong>ne, con l’elemento della matrice <strong>di</strong> trasporto R11. In<strong>di</strong>cando con x0 la<br />

<strong>di</strong>mensione iniziale del <strong>fasci</strong>o, si ottiene che ∆x=x0R11. Definendo, infine, la <strong>di</strong>spersione in<br />

impulso D=(x| δ), la relazione (3.10) può essere riscritta come<br />

39


R P<br />

0<br />

11<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

D ⋅100%<br />

= (3.11)<br />

x R<br />

La risoluzione in impulso <strong>di</strong> un fragment separator può essere mo<strong>di</strong>ficata regolando, in<br />

maniera <strong>di</strong>fferente, i qu<strong>ad</strong>rupoli che lo compongono; infatti, se si allarga la <strong>di</strong>mensione del<br />

<strong>fasci</strong>o all’interno dei <strong>di</strong>poli, si ottiene una maggiore separazione tra le traiettorie <strong>di</strong> particelle<br />

aventi impulso <strong>di</strong>verso. In particolare, sussiste la seguente proporzionalità:<br />

R P<br />

∝<br />

∫<br />

R<br />

12<br />

( t)<br />

dt<br />

ρ<br />

(3.12)<br />

ove R12 è l’elemento <strong>di</strong> matrice che descrive il trasporto all’interno dei <strong>di</strong>poli, il cui<br />

andamento <strong>di</strong>pende dalla regolazione dei qu<strong>ad</strong>rupoli, e ρ è il raggio <strong>di</strong> curvatura.<br />

La velocità dei frammenti raccolti dal fragment separator è circa uguale a quella del<br />

proiettile v e, pertanto, si può assumere che il loro impulso sia P ≈ A⋅<br />

v . Sotto questa ipotesi,<br />

ed in assenza <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>er, la risoluzione in impulso coincide con la risoluzione in massa<br />

dell’apparato.<br />

3.3.5 L’ottica del Fragment Separator utilizzato<br />

Come evidenziato precedentemente (par 2.4) è stata, recentemente, ripresa e<br />

sviluppata l’idea <strong>di</strong> utilizzare una parte della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, che connette il ciclotrone<br />

superconduttore alle sale sperimentali, quale separatore magnetico al fine <strong>di</strong> produrre isotopi<br />

ra<strong>di</strong>oattivi. Nella figura 3.9 è riportata la <strong>di</strong>sposizione degli elementi magnetici <strong>di</strong> tale<br />

separatore. Esso consiste <strong>di</strong> due <strong>di</strong>poli deflettori D1 e D2 a 45°, tre triplette <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli Q1-<br />

Q3, Q4-Q6, Q7-Q9 e due sestupoli correttivi S4 ed S6 posizionati in prossimità dei qu<strong>ad</strong>rupoli<br />

Q4 e Q9. Sono presenti, inoltre, due collimatori in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o, che si<br />

trova al centro, tra i due <strong>di</strong>poli, e <strong>di</strong> quello finale, che si trova subito dopo il secondo <strong>di</strong>polo.<br />

Gli elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica del <strong>fasci</strong>o, posti in corrispondenza del bersaglio, del fuoco<br />

interme<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> quello finale, consistono in scintillatori monitorati me<strong>di</strong>ante telecamere. È<br />

possibile anche <strong>di</strong>sporre, in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o, un degr<strong>ad</strong>er, del quale,<br />

40


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

però, non si è fatto uso nelle misure trattate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi. Una sostituzione degli<br />

attuali qu<strong>ad</strong>rupoli con altri più gran<strong>di</strong> permetterebbe, inoltre, <strong>di</strong> ottenere una maggiore<br />

accettanza (una configurazione ottica simile è stata realizzata nel fragment separator RCNP<br />

[SHI92] in Giappone).<br />

D2<br />

Q9<br />

Q8<br />

Q7<br />

Q4,5,6<br />

Figura 3.9 In alto è rappresentato lo schema del Fragment Separator presso i LNS, in<br />

basso una foto della sua parte finale.<br />

41


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Il funzionamento <strong>di</strong> tale fragment separator si può sud<strong>di</strong>videre in tre sta<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui uno è<br />

opzionale. La prima terna <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli focalizza i prodotti <strong>di</strong> reazione nel primo <strong>di</strong>polo, che<br />

deflette la loro traiettoria in funzione della loro rigi<strong>di</strong>tà magnetica. Successivamente, gli <strong>ioni</strong><br />

sono focalizzati dalla seconda terna <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli nella posizione, al centro dell’apparato, in<br />

cui può essere inserito il degr<strong>ad</strong>er. Infine, un ultimo sistema magnetico, comprendente un<br />

<strong>di</strong>polo e una terna <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli, produce il fuoco finale dell’apparato, che è acromatico in<br />

modo che la posizione x nel piano focale non <strong>di</strong>penda dall’energia degli <strong>ioni</strong>.<br />

Qualora sia inserito un degr<strong>ad</strong>er, x <strong>di</strong>pende solo dalle deviaz<strong>ioni</strong> ∆Z, ∆Q e ∆A del<br />

frammento in esame, rispettivamente, rispetto alla carica Z0, stato <strong>di</strong> carica Q0 e massa A0<br />

dello ione <strong>di</strong> riferimento. In tale caso, la deviazione ∆x dalla posizione dello ione <strong>di</strong><br />

riferimento può essere approssimata come [SHE01]:<br />

D ⎛ ⎞<br />

2 s ∆ A ∆ Z<br />

∆ x ≅ −<br />

⎜ − 0 . 6<br />

⎟<br />

(3.13)<br />

1 . 4 ( 1 − s ) ⎝ A 0 Z 0 ⎠<br />

dove D2 è la <strong>di</strong>spersione in impulso della sezione <strong>di</strong> ottica magnetica compresa tra il fuoco<br />

interme<strong>di</strong>o e quello finale; s=d/R è lo spessore ridotto del degr<strong>ad</strong>er, cioè il suo spessore<br />

normalizzato al range dello ione <strong>di</strong> riferimento nel materiale <strong>di</strong> cui è fatto il degr<strong>ad</strong>er. Un<br />

collimatore, posto prima del degr<strong>ad</strong>er, seleziona gli <strong>ioni</strong> in base al valore del rapporto P/Q,<br />

mentre uno collocato dopo il degr<strong>ad</strong>er, nel fuoco acromatico, li seleziona secondo il valore <strong>di</strong><br />

A/Z 0.6 , [SCH87][DUF86].<br />

In particolare, il sistema possiede alcuni requisiti ottici specifici, dovuti alle<br />

caratteristiche tecniche dei suoi elementi magnetici:<br />

a) l’apertura verticale ridotta dei <strong>di</strong>poli riduce l’accettanza del sistema, pertanto è<br />

necessario regolare l’ottica magnetica in modo da ottenere una focalizzazione verticale del<br />

<strong>fasci</strong>o in corrispondenza del centro <strong>di</strong> ciascun <strong>di</strong>polo, per limitare la <strong>di</strong>spersione del <strong>fasci</strong>o al<br />

<strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> esso;<br />

b) la <strong>di</strong>mensione del <strong>fasci</strong>o nei qu<strong>ad</strong>rupoli Q2 e Q9 è massima e la loro limitata<br />

apertura impone restriz<strong>ioni</strong> sull’accettanza (angolare ed orizzontale) del sistema.<br />

42


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

L’ottica magnetica del fragment separator è regolata in modo da ottenere la massima<br />

accettanza in angolo solido, in quanto ciò consente <strong>di</strong> massimizzare l’intensità del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario. Per raggiungere tale con<strong>di</strong>zione, però, l’ottica magnetica non è esattamente<br />

simmetrica nei due settori, come si può vedere in figura 3.10, dove è riportato l’andamento <strong>di</strong><br />

alcune funz<strong>ioni</strong> ottiche riferite allo stato attuale del separatore (in appen<strong>di</strong>ce A sono riportati i<br />

valori dei parametri del sistema nella sua configurazione finale).<br />

L’angolo solido coperto con questa configurazione è <strong>di</strong> 1.1msr in assenza <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>er<br />

e si riduce a 0.88msr in presenza <strong>di</strong> un degr<strong>ad</strong>er. L’accettanza in impulso ammonta a circa<br />

1.1%.<br />

x<br />

Q 1 Q 2<br />

y<br />

Q 3<br />

D 1<br />

Q 4<br />

Q 5<br />

Q 6<br />

Figura 3.10 Alcune funz<strong>ioni</strong> ottiche normalizzate, relative allo stato attuale del fragment separator,<br />

impostato per ottenere il massimo angolo solido, in assenza <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>er. Le coor<strong>di</strong>nate ottiche iniziali del<br />

<strong>fasci</strong>o sono θo=±22mr, ϕo=±13mr, δo=±0.65%. xo=yo=±1.5mm. R12θo in blu chiaro, R16δo in magenta,<br />

R34ϕo in verde-chiaro, le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o in blu e in verde scuro. Rp=1000. Si noti come<br />

la <strong>di</strong>mensione verticale del <strong>fasci</strong>o sia limitata dall’apertura ridotta dei <strong>di</strong>poli.<br />

Nella configurazione finale del fragment separator, alcuni parametri subiranno delle<br />

mo<strong>di</strong>fiche rispetto ai valori utilizzati nel corso delle misure trattate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi.<br />

Dei nuovi parametri i principali avranno come valori:<br />

• rigi<strong>di</strong>tà magnetica = 4.0Tm<br />

43<br />

Q 7<br />

Q 8<br />

Q 9<br />

D 2


• angolo solido massimo = 4.0msr<br />

• accettanza massima in impulso = 2.2% (±1.1%)<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Tale configurazione sarà realizzata con la sostituzione <strong>di</strong> alcuni qu<strong>ad</strong>rupoli con altri <strong>di</strong><br />

accettanza maggiore. Nella tabella 3.1 è riportato un confronto tra i parametri caratteristici del<br />

fragment separator nella versione attuale (FRS-LNS), nella sua versione definitiva e quelli <strong>di</strong><br />

altri fragment separator esistenti.<br />

Fragment<br />

accettanza<br />

separator ∆Ω(msr) ∆P/P(%)<br />

Rp<br />

Bρ(Tm)<br />

Massimo<br />

Lunghezza(m)<br />

ETNA 4.6 ±1.5 800 4.5 23<br />

FRS-LNS 4.0 ±1.1 800-1500 4.0 23<br />

FRS-LNS<br />

Attuale<br />

1.1 ±0.65 1000 2.7 23<br />

GANIL-Lise 1.0 ±2.5 800 3.2 18<br />

GSI-FRS 0.7-2.5 ±1 240-1500 9-18 74<br />

RIKEN 5.0 ±3 1500 5.76 21<br />

NSCL-A1200 0.8-8 ±1.5 700-1500 5.4 22<br />

JINR 6.4 ±1 4360 4.5 14.5<br />

Tabella 3.1 Confronto tra i parametri del fragment separator allo stato attuale con quelli definitivi e con quelli <strong>di</strong><br />

altri fragment separator esistenti .<br />

Come detto in precedenza, per le misure analizzate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, non è stato<br />

utilizzato un degr<strong>ad</strong>er. La presenza del degr<strong>ad</strong>er, infatti, riduce l’accettanza del fragment<br />

separator e, pertanto, anche l’intensità del <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo prodotto ed introduce effetti <strong>di</strong><br />

44


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

“straggling” sia in impulso che in <strong>di</strong>rezione, come mostrato in (fig.3.11). Il suo utilizzo è,<br />

pertanto, consigliabile solo se in<strong>di</strong>spensabile 1 a migliorare l’efficienza <strong>di</strong> selezione.<br />

dP/P (%)<br />

(mr<strong>ad</strong>)<br />

Momentum straggling (r.m.s.) in aluminium<br />

degr<strong>ad</strong>er, E=30 Mev/u<br />

1<br />

0,9<br />

0,8<br />

0,7<br />

0,6<br />

0,5<br />

0,4<br />

0,3<br />

0,2<br />

0,1<br />

0<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

0,907<br />

0,641<br />

0,588<br />

0,415<br />

0,354<br />

0,33<br />

0,25<br />

0,212<br />

Multiple scattering angle (r.m.s.) in<br />

aluminium degr<strong>ad</strong>er, E=30 Mev/u<br />

23,3<br />

19,8<br />

15,8<br />

10,8<br />

9,19<br />

7,34<br />

5,01<br />

0,252<br />

0,158<br />

0,127<br />

0,094<br />

6,44<br />

5,15<br />

3,52<br />

0,207<br />

0,126<br />

0,073<br />

4,8<br />

3,84<br />

2,62<br />

Figura 3.11 Dipendenza dello straggling, sia in impulso (pannello in alto) che in angolo<br />

(in basso), dalla massa del frammento per tre <strong>di</strong>fferenti spessori del degr<strong>ad</strong>er.<br />

1 Se è possibile effettuare una etichettatura evento per evento degli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o secondario, non è necessaria<br />

una separazione stringente dei frammenti prodotti.<br />

0,188<br />

0,107<br />

0,06<br />

0 50 100 150<br />

A (a.m.u.)<br />

3,79<br />

3,03<br />

2,07<br />

0 50 A (a.m.u.) 100 150<br />

45<br />

d/R=0.60<br />

d/R=0.40<br />

d/R=0.20<br />

d/R=0.60<br />

d/R=0.40<br />

d/R=0.20


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

In figura 3.12 sono riportate alcune funz<strong>ioni</strong> ottiche relative <strong>ad</strong> una possibile<br />

configurazione con il degr<strong>ad</strong>er e in appen<strong>di</strong>ce A sono riportati i parametri relativi a questa<br />

configurazione.<br />

x<br />

x<br />

Q1 Q2 y<br />

y<br />

Q 3<br />

D 1<br />

Q 4<br />

Q 5<br />

Q 6<br />

Figura 3.12 Funz<strong>ioni</strong> ottiche normalizzate come in figura 3.9, ma con degr<strong>ad</strong>er. Rp=1000, θo=±22mr<strong>ad</strong>,<br />

ϕo=±12 mr<strong>ad</strong>, spessore/range=0.40<br />

3.4 Sistemi <strong>di</strong> rivelazione<br />

Come accennato precedentemente, i sistemi <strong>di</strong> rivelazione utilizzati hanno permesso <strong>di</strong><br />

analizzare, evento per evento, quali frammenti venissero selezionati dal fragment separator.<br />

Ai fini dell’impiego <strong>di</strong> tali frammenti quali <strong>fasci</strong> secondari, come detto, è necessario<br />

<strong>ad</strong>operare dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica che non perturbino le caratteristiche del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario trasmesso. Nel presente esperimento sono state, pertanto, <strong>ad</strong>operate due tecniche<br />

<strong>di</strong>verse:<br />

1) la tecnica ∆E-E, ovvero accoppiando la misura della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia in un<br />

rivelatore sottile alla misura dell’energia totale (par. 3.5);<br />

46<br />

Q 7<br />

Q 8<br />

Q 9<br />

D 2


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

2) la tecnica ∆E-TOF (Time Of Flight), ovvero combinando le informaz<strong>ioni</strong> relative<br />

alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia in un rivelatore <strong>di</strong> trasmissione con quelle <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo<br />

(par.3.6).<br />

Nel primo caso, la presenza del rivelatore spesso E, ovviamente, impe<strong>di</strong>sce l’utilizzo<br />

dello ione come <strong>fasci</strong>o perché lo arresta, ma consente <strong>di</strong> caratterizzare la Z e l’energia residua,<br />

ovvero quella con cui inciderebbe sul bersaglio “secondario”. Nel secondo, invece, pur<br />

perdendo energia nel rivelatore sottile ∆E, verrebbe trasmesso e nello stesso tempo<br />

“etichettato”, rendendolo, quin<strong>di</strong>, utilizzabile come <strong>fasci</strong>o.<br />

D2<br />

Sorgente<br />

alfa<br />

Rivelatore<br />

al<br />

silicio<br />

SWITCHING MAGNET<br />

Scintillatore<br />

plastico<br />

Figura 3.13 In alto, una foto della posizione in cui si trova il fuoco finale del<br />

fragment separator. In basso, particolare <strong>di</strong> dove venivano <strong>di</strong>sposti i rivelatori.<br />

47


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Il primo gruppo <strong>di</strong> rivelatori (figura 3.13), era posizionato in corrispondenza del fuoco<br />

finale del fragment separator, su <strong>di</strong> un supporto mobile, in modo da poter essere facilmente<br />

rimosso dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione dei frammenti una volta analizzate le loro<br />

caratteristiche. Di tale sistema facevano parte un PPAC, utilizzato per misurare la<br />

<strong>di</strong>stribuzione spaziale del <strong>fasci</strong>o, un rivelatore al Si <strong>di</strong> spessore 300 µm per una misura<br />

simultanea <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo, una volta determinato il ritardo <strong>di</strong> tale<br />

segnale rispetto al segnale <strong>di</strong> RF. Uno scintillatore plastico <strong>di</strong> spessore 4mm, utilizzato al fine<br />

<strong>di</strong> misurare l’energia residua dei frammenti in esso stoppati.<br />

Il secondo gruppo <strong>di</strong> rivelatori era posizionato all’entrata della camera <strong>di</strong> scattering<br />

Ciclope (figura 3.14).<br />

Figura 3.14 Rivelatori nel punto <strong>di</strong> misura della sala sperimentale CICLOPE.<br />

48


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

I primi due sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelazione erano dello stesso tipo <strong>di</strong> quelli <strong>ad</strong>operati nel fuoco<br />

finale del fragment separator, mentre il rivelatore a scintillazione era un cristallo <strong>di</strong> ioduro <strong>di</strong><br />

cesio (CsI) <strong>di</strong> spessore 6cm.<br />

3.5 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-E<br />

Le particelle cariche interagiscono con la materia principalmente a mezzo<br />

dell’interazione coulombiana che si esercita tra la loro carica e la carica degli elettroni orbitali<br />

degli atomi del mezzo.<br />

Attraverso le collis<strong>ioni</strong> inelastiche a cui è sottoposta, la particella cede la sua energia<br />

cinetica agli atomi del materiale causando l’eccitazione degli elettroni più esterni o, anche, la<br />

loro completa rimozione (<strong>ioni</strong>zzazione).<br />

“range”.<br />

La <strong>di</strong>stanza percorsa dalla particella in un mezzo, fino al suo completo arresto, è detta<br />

Il potere frenante, o “stopping power”, del mezzo assorbitore, definito come la per<strong>di</strong>ta<br />

specifica <strong>di</strong> energia dE/dx è dato dalla formula <strong>di</strong> Bethe [KNO] che, nella sua forma non<br />

relativistica, è :<br />

dE<br />

dx<br />

2<br />

mZ1<br />

E<br />

= C1<br />

ln C2<br />

(3.14)<br />

E m<br />

dove C1 e C2 sono costanti ed m è la massa della particella incidente.<br />

Tenendo conto dei termini correttivi [SCH90] per <strong>ioni</strong> <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> relativistiche, lo<br />

stopping power assume la forma:<br />

dove:<br />

Z1 = carica nucleare dello ione incidente<br />

2 4<br />

2<br />

dE 4π<br />

Z ⎡<br />

⎤<br />

1 e 2m0v<br />

2 C<br />

− = ⋅ Z 2 ⎢ln<br />

− β − + D<br />

2<br />

⎥ (3.15)<br />

2<br />

dx m0v<br />

⎣ I(<br />

1 − β ) Z 2 ⎦<br />

49


Z2 = carica nucleare del mezzo assorbitore<br />

e, m0 = carica e massa a riposo dell’elettrone<br />

v = velocità della particella<br />

β = v/c<br />

I = energia <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione del mezzo assorbitore<br />

D = correzione per effetto <strong>di</strong> densità<br />

C/Z2 = correzione per shell elettroniche più interne.<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

In accordo con questa formula, la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> energia ha una <strong>di</strong>pendenza<br />

qu<strong>ad</strong>ratica dalla carica dello ione incidente, lineare dalla sua massa, ed è inversamente<br />

proporzionale alla sua energia.<br />

È, pertanto, possibile l’identificazione in carica ed in energia delle particelle rivelate<br />

[GOU64], qualora si utilizzino particolari sistemi <strong>di</strong> rivelazione, comunemente chiamati<br />

telescopi, risultanti dall’accoppiamento <strong>di</strong> due o più rivelatori. Un tale sistema permette <strong>di</strong><br />

risalire all’energia totale Etot posseduta dalla particella incidente sommando, volta per volta,<br />

alla frazione <strong>di</strong> energia persa in uno sta<strong>di</strong>o, l’energia residua Εres = Εtot - ∆Ε rilasciata nello<br />

sta<strong>di</strong>o imme<strong>di</strong>atamente successivo, a con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> scegliere opportunamente l’ultimo<br />

spessore in modo tale che, in esso, la particella incidente venga completamente frenata.<br />

Poiché, come visto, la relazione che lega le due quantità, Ε e ∆Ε, <strong>di</strong>pende dalla carica Z<br />

e dalla massa A del frammento, quest’ultimo verrà completamente in<strong>di</strong>viduato dalla coppia <strong>di</strong><br />

valori (∆Ε, Ε).<br />

3.6 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-TOF<br />

Un metodo alternativo per identificare in carica, massa ed energia gli isotopi prodotti,<br />

consiste nel correlare misure <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia degli <strong>ioni</strong> stessi (come visto nel paragrafo<br />

3.5) con una misura delle loro velocità. Quest’ultima può essere ricavata dalla misura del<br />

tempo impiegato dalle particelle (tempo <strong>di</strong> volo) a percorre una <strong>di</strong>stanza fissa (base <strong>di</strong> volo).<br />

Due rivelatori, uno posto all’inizio della base <strong>di</strong> volo ed uno alla fine, forniscono,<br />

50


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

rispettivamente, i segnali <strong>di</strong> start e <strong>di</strong> stop della misura. Nelle reaz<strong>ioni</strong> analizzate, la struttura<br />

pulsata del <strong>fasci</strong>o prodotto dal CS ha permesso <strong>di</strong> utilizzare il segnale <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ofrequenza quale<br />

segnale <strong>di</strong> start. Tale segnale può variare da 15 a 50 MHz e pertanto l’intervallo <strong>di</strong> TOF<br />

misurabile ha un’ampiezza variabile da un massimo <strong>di</strong> 66.7ns <strong>ad</strong> un minimo <strong>di</strong> 20ns<br />

rispettivamente, perché questa è la separazione tra due segnali successivi <strong>di</strong> RF. Quale base <strong>di</strong><br />

volo è stata <strong>ad</strong>operata la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dal bersaglio <strong>di</strong> produzione sino al punto <strong>di</strong> misura.<br />

dE<br />

Come detto, dalla misura della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia ∆E si risale allo stopping power −<br />

dx<br />

(par. 3.5) delle particelle, mentre dalla misura del tempo <strong>di</strong> volo si ricava la loro la velocità.<br />

Assumendo, come già visto, la proporzionalità -<br />

dE<br />

dx<br />

2<br />

MZ<br />

∝ , valida, in ottima<br />

E<br />

M<br />

approssimazione, per le <strong>energie</strong> dei <strong>fasci</strong> analizzati e tenendo conto che TOF = d , dove<br />

2E<br />

d è la base <strong>di</strong> volo, si deduce che:<br />

dE<br />

∝<br />

dx<br />

( TOF )<br />

d<br />

2<br />

2<br />

− (3.16)<br />

Pertanto, correlando i valori <strong>di</strong> ∆E e TOF dei vari frammenti, si ottengono parabole<br />

<strong>di</strong>fferenti con separazione via via crescente per ogni <strong>di</strong>verso valore <strong>di</strong> Z, rendendo, in tal<br />

modo, agevole, l’identificazione in carica degli stessi.<br />

La selezione in rigi<strong>di</strong>tà magnetica del fragment separator, inoltre, introduce una<br />

correlazione tra carica ed impulso delle particelle appartenenti al <strong>fasci</strong>o secondario<br />

p<br />

q<br />

Z<br />

= Bρ<br />

≈ const<br />

(3.17)<br />

Assumendo che gli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o siano totalmente <strong>ioni</strong>zzati (q=Z) si ottiene:<br />

M<br />

TOF = Bρ<br />

d<br />

(3.18)<br />

Z<br />

51


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Tale <strong>di</strong>pendenza dalla massa del frammento, implicita nel tempo <strong>di</strong> volo permette,<br />

pertanto, <strong>di</strong> identificare, all’interno <strong>di</strong> ogni linea <strong>di</strong> Z, i <strong>di</strong>fferenti isotopi aventi la stessa carica<br />

Z.<br />

3.7 PPAC<br />

Come già visto, i rivelatori a gas PPAC (fig. 3.15) sono stati utilizzati come primo<br />

sta<strong>di</strong>o in entrambi i sistemi <strong>di</strong> rivelatori ed hanno fornito la posizione <strong>di</strong> impatto dei<br />

frammenti, in ciascuno dei due assi perpen<strong>di</strong>colari alla <strong>di</strong>rezione del <strong>fasci</strong>o, con una<br />

risoluzione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 1mm. La superficie attiva dei rivelatori impiegati è <strong>di</strong> 40x40mm 2 .<br />

Figura 3.15 Uno dei rivelatori PPAC <strong>ad</strong>operati.<br />

52


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Essi sono costituiti da un catodo centrale posto tra due griglie <strong>di</strong> fili ano<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>sposte<br />

in <strong>di</strong>rez<strong>ioni</strong> reciprocamente perpen<strong>di</strong>colari (fig. 3.16). Il catodo è costituito da un sottile foglio<br />

<strong>di</strong> Mylar alluminizzato su entrambi i lati e <strong>di</strong> spessore 1.5µm. Ciascuna griglia è composta da<br />

40 fili <strong>di</strong> tungsteno <strong>di</strong> spessore 20µm, rispettivamente paralleli e <strong>di</strong>stanti 1mm l’uno dall’altro.<br />

Il volume <strong>di</strong> gas è delimitato da due fogli <strong>di</strong> Mylar alluminizzati da un solo lato, <strong>di</strong> spessore<br />

1.5µm, al fine <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la fuoriuscita del gas. Il rivelatore risulta, pertanto, costituito da<br />

due volumi non comunicanti, delimitati dalle due finestre e dal catodo centrale <strong>di</strong> Mylar. In<br />

con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> normali, tali volumi sono riempiti da un flusso continuo <strong>di</strong> eptano (C7H16) alla<br />

pressione <strong>di</strong> 4 mbar. Al catodo è stata applicata una tensione <strong>di</strong> -500V, mentre le due griglie<br />

<strong>di</strong> fili sono state collegate a massa. Ogni filo è collegato <strong>ad</strong> una <strong>di</strong>fferente linea <strong>di</strong> ritardo delle<br />

40 che formano ciascuna delle due catene <strong>di</strong> ritardo (una per griglia). Misurando, pertanto, il<br />

ritardo tra i segnali provenienti dalle estremità delle due catene, è possibile risalire al filo da<br />

cui proviene il segnale e, quin<strong>di</strong>, alla posizione della particella incidente.<br />

Figura 3.16 Schema <strong>di</strong> un PPAC impiegato.<br />

53


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Una particella carica che entra nella regione sensibile del rivelatore, perde energia e<br />

<strong>ioni</strong>zza il gas, creando coppie ione positivo-elettrone libero. Sotto l’effetto del campo<br />

elettrico, gli elettroni migrano verso i fili ano<strong>di</strong>ci, in prossimità dei quali il campo elettrico è<br />

sufficientemente elevato da fornire loro l’energia necessaria a generare nuove coppie ione<br />

positivo-elettrone, innescando così un processo <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione secondaria (a valanga), che<br />

amplifica il segnale, mantenendo, tuttavia, una <strong>di</strong>screta proporzionalità con l’energia persa nel<br />

rivelatore dalla particella stessa. È, così, possibile misurare, anche, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia ∆E,<br />

seppure non con elevata risoluzione.<br />

3.8 Il rivelatore al Si<br />

In entrambi i punti <strong>di</strong> misura, insieme ai PPAC, sono stati <strong>ad</strong>operati dei rivelatori al<br />

silicio. Questi ultimi hanno fornito, insieme <strong>ad</strong> un segnale analogico <strong>di</strong> altezza proporzionale<br />

alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia ∆E della particella rivelata, due segnali logici, il primo <strong>ad</strong>operato quale<br />

segnale <strong>di</strong> trigger (par 3.10) ed il secondo quale segnale <strong>di</strong> stop nella misura dei tempi <strong>di</strong> volo.<br />

Maggiori dettagli sui parametri costruttivi dei rivelatori al silicio <strong>ad</strong>operati sono<br />

riportati in tabella 3.2<br />

Fuoco finale<br />

fragment separator<br />

Superficie 30x30 mm 2<br />

CICLOPE<br />

50x50 mm 2<br />

Spessore 300µm 300µm<br />

Tensione full-depletion ∼30V ∼30V<br />

Tensione <strong>di</strong> breakdown >100V >100V<br />

Corrente inversa 0.1µA 0.1µA<br />

Capacità <strong>di</strong> giunzione 320pF 320pF<br />

54


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Tempo <strong>di</strong> salita 1-3ns 1-3ns<br />

Metallizzazione della superficie Al 0.3µm Al 0.3µm<br />

Tabella 3.2 Caratteristiche tecniche dei rivelatori al silicio utilizzati.<br />

Un rivelatore al silicio è un <strong>di</strong>odo impiegato con polarizzazione inversa per non avere<br />

passaggio <strong>di</strong> corrente e mantenere una regione priva <strong>di</strong> portatori <strong>di</strong> carica. In questa<br />

configurazione, le uniche cariche libere nel semiconduttore sono quelle generate dal moto <strong>di</strong><br />

agitazione termica, in numero molto ridotto, perché l’energia necessaria all’elettrone meno<br />

legato per <strong>di</strong>ventare libero (circa 3.55eV) è molto più grande <strong>di</strong> KT=0.025eV, essendo K la<br />

costante <strong>di</strong> Boltzmann e T la temperatura ambiente. Quando una particella <strong>ioni</strong>zzante colpisce<br />

il rivelatore, essa interagisce per mezzo dell’interazione coulombiana con gli elettroni del<br />

mezzo e, cedendo loro l’energia necessaria, crea coppie elettrone-lacuna: il numero<br />

complessivo <strong>di</strong> tali coppie è proporzionale all’energia persa dalla particella. Applicando una<br />

tensione opportuna al rivelatore si possono, pertanto, raccogliere queste cariche prima che si<br />

ricombinino, ottenendo un segnale in carica proporzionale all’energia persa dalla particella<br />

incidente.<br />

I vantaggi <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> rivelatore sono la buona proporzionalità del segnale in<br />

carica prodotto rispetto all’energia rilasciata dalla particella rivelata e la risoluzione<br />

temporale, migliore <strong>di</strong> 1ns. Inoltre, operando in con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> completo svuotamento (totally<br />

depleted), il segnale ∆E non è affetto da una incertezza legata <strong>ad</strong> eventuali spessori morti,<br />

essendo lo spessore sensibile ben definito in quanto esteso a tutto il rivelatore.<br />

3.9 I rivelatori a scintillazione<br />

3.9.1 Il Cristallo <strong>di</strong> CsI<br />

L’ultimo sta<strong>di</strong>o del sistema <strong>di</strong> rivelazione posto nella camera <strong>di</strong> scattering Ciclope, era<br />

costituito da un rivelatore a scintillazione CsI(Tl) accoppiato <strong>ad</strong> un foto<strong>di</strong>odo.<br />

55


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Lo scintillatore CsI(Tl) è un cristallo inorganico in gr<strong>ad</strong>o <strong>di</strong> convertire l’energia<br />

cinetica della ra<strong>di</strong>azione incidente in luce <strong>di</strong> scintillazione.<br />

Uno ione che interagisce con il cristallo è in gr<strong>ad</strong>o <strong>di</strong> eccitare gli elettroni dalla banda<br />

<strong>di</strong> valenza alla banda <strong>di</strong> conduzione; dopo un tempo τ, l’elettrone dec<strong>ad</strong>e emettendo un fotone<br />

<strong>di</strong> energia pari alla <strong>di</strong>fferenza ∆Ε tra i livelli. L’intensità luminosa emessa <strong>di</strong>penderebbe,<br />

così, solo dal numero <strong>di</strong> elettroni che vengono eccitati e quin<strong>di</strong> dalla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia<br />

specifica della ra<strong>di</strong>azione nel cristallo che è, <strong>di</strong> per se, una funzione <strong>di</strong> Z ed E. Questo<br />

processo non è, però, efficiente in un cristallo puro poiché, gran parte dei fotoni emessi,<br />

verrebbero riassorbiti per formare una nuova coppia elettrone-lacuna, ed, inoltre, i fotoni<br />

prodotti avrebbero lunghezza d’onda tale da rendere <strong>di</strong>fficile l’accoppiamento con i sistemi <strong>di</strong><br />

re<strong>ad</strong>-out (fotomoltiplicatori e foto<strong>di</strong>o<strong>di</strong>). Al fine <strong>di</strong> produrre fotoni con lunghezze d’onda nel<br />

visibile, si <strong>di</strong>ffondono nel cristallo puro delle impurezze attivatrici che creano dei livelli nel<br />

“gap” fra la banda <strong>di</strong> valenza e quella <strong>di</strong> conduzione [GWI63]. Gli elettroni eccitati nella<br />

banda <strong>di</strong> conduzione hanno, quin<strong>di</strong>, la possibilità <strong>di</strong> dec<strong>ad</strong>ere in tali livelli metastabili e, da<br />

qui, nella banda <strong>di</strong> valenza (fluorescenza), originando l’emissione <strong>di</strong> quanti <strong>di</strong> luce nel visibile<br />

[KNO]. Tuttavia, l’introduzione <strong>di</strong> impurezze rende maggiore il contributo del quenching,<br />

ovvero della <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> energia sotto forma <strong>di</strong> vibraz<strong>ioni</strong> reticolari, che complica<br />

ulteriormente la risposta dello scintillatore.<br />

Lo ioduro <strong>di</strong> Cesio presenta due bande <strong>di</strong> emissione, una ultravioletta a 3300Å,<br />

caratteristica del cristallo puro, ed una blu, <strong>di</strong> larghezza e posizione variabile, dovuta alla<br />

concentrazione <strong>di</strong> vacanze nel cristallo; l’introduzione dell’impurezza Tallio genera un’<br />

ulteriore banda <strong>di</strong> emissione, molto larga e centrata a 5500Å. Per effetti <strong>di</strong> autoassorbimento,<br />

al crescere della concentrazione <strong>di</strong> Tallio, l’emissione a 5500Å cresce a scapito <strong>di</strong> quella a<br />

3300 Å, come si vede in figura 3.17. Questo fatto migliora l’accoppiamento con il foto<strong>di</strong>odo,<br />

la cui curva <strong>di</strong> risposta mostra un’efficienza quantica del 70% per l’emissione <strong>di</strong> luce a<br />

5500Å.<br />

Come tutti gli scintillatori inorganici, il CsI(Tl), ha un elevato stopping power (valore<br />

minimo <strong>di</strong> 5.6 MeV/cm) dovuto all’alta densità (4.51g/cm 3 ) e all’alto numero atomico,<br />

caratteristica, questa, necessaria per la rivelazione <strong>di</strong> particelle <strong>di</strong> elevata energia.<br />

56


igroscopico.<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Fra i rivelatori del suo genere presenta, inoltre, il vantaggio <strong>di</strong> essere poco<br />

Il suo utilizzo comporta, però, lo svantaggio <strong>di</strong> ottenere risposte in impulso luminoso<br />

non lineari ma <strong>di</strong>pendenti, in maniera complessa, dall’energia e dal tipo <strong>di</strong> particella<br />

incidente. È noto, infatti, che la luce prodotta da uno scintillatore <strong>di</strong>pende dall’efficienza <strong>di</strong><br />

conversione dell’energia cinetica della ra<strong>di</strong>azione incidente in luce <strong>di</strong> scintillazione.<br />

Figura 3.17 Spettri <strong>di</strong> emissione <strong>di</strong> un cristallo <strong>di</strong> CsI(Tl) per protoni <strong>di</strong> 4.4 MeV, al variare della<br />

concentrazione <strong>di</strong> Tl.<br />

Tuttavia, lo stu<strong>di</strong>o sistematico <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> scintillatori ha delineato alcune<br />

proprietà generali:<br />

1) per protoni e deutoni, su una ampio intervallo <strong>di</strong> <strong>energie</strong>, sussiste una relazione<br />

lineare tra l’energia ceduta e la luce prodotta;<br />

57


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

2) per particelle α e <strong>ioni</strong> più pesanti, la luce prodotta cresce in funzione dell’energia<br />

rilasciata, ma non linearmente: in particolare si osserva un dL/dE decrescente in funzione <strong>di</strong><br />

E;<br />

3) a parità <strong>di</strong> energia della particella incidente, l’emissione luminosa è minore per<br />

particelle <strong>di</strong> massa maggiore.<br />

Queste evidenze sperimentali in<strong>di</strong>cano che, a parità <strong>di</strong> energia rilasciata, uno stopping<br />

power maggiore corrisponde <strong>ad</strong> una risposta in luce minore. Pertanto, si può immaginare che<br />

un’elevata densità <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione lungo la traiettoria della particella accresca la possibilità<br />

che le molecole <strong>ioni</strong>zzate dello scintillatore interagiscano tra loro, generando effetti <strong>di</strong><br />

quenching.<br />

La faccia anteriore e quelle laterali del cristallo <strong>ad</strong>operato sono smerigliate, mentre<br />

quella posteriore è stata resa liscia e ben pulita per consentire l’accoppiamento ottico con il<br />

foto<strong>di</strong>odo. Al fine, poi, <strong>di</strong> ottimizzare la raccolta <strong>di</strong> luce prodotta all’interno del cristallo, la<br />

parte anteriore è stata rivestita con del Mylar alluminizzato, <strong>di</strong> spessore 1.5µm in modo da<br />

ottenere una minima per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia per gli <strong>ioni</strong> incidenti, migliorando,<br />

contemporaneamente, la riflessione interna. Le caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche<br />

dei cristalli <strong>di</strong> CsI sono riportate in tabella 3.3. Sull’avvolgimento della faccia posteriore, è<br />

stata ritagliata un’apertura qu<strong>ad</strong>rata per posizionare il foto<strong>di</strong>odo, spesso 300µm e con un’area<br />

attiva <strong>di</strong> 18x18 mm 2 . L’accoppiamento ottico è stato realizzato con una colla siliconica a due<br />

componenti che consente una buona trasmissione della luce nel range <strong>di</strong> emissione del<br />

cristallo e permette, anche, <strong>di</strong> attaccare il foto<strong>di</strong>odo allo scintillatore.<br />

Densità 4.51g/cm 3<br />

Lunghezza d’onda <strong>di</strong> emissione 565nm<br />

Fotoni emessi 4.5×10 4 fotoni/MeV<br />

Gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> temperatura 0.6%/°C<br />

58


Stopping power lineare minimo 5.6Mev/cm<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rifrazione 1.80<br />

Costante <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento ∼1µs<br />

Concentrazione <strong>di</strong> Tallio 0.02 mole %<br />

Superficie della base minore 31×31mm 2<br />

Superficie della base maggiore 34×34mm 2<br />

Spessore 6cm<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Tabella 3.3 Caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche dei cristalli <strong>di</strong> CsI(Tl) utilizzati.<br />

3.9.2 Scintillatore plastico<br />

Nel sistema <strong>di</strong> rivelazione posizionato in corrispondenza del fuoco finale del fragment<br />

separator, il terzo elemento era, invece, costituito da uno scintillatore plastico, le cui<br />

caratteristiche sono riportate in tabella 3.4.<br />

Risposta in luce, % Antracene 64%<br />

Tempo <strong>di</strong> salita 0.9ns<br />

Tempo <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento 2.1ns<br />

Pulse Width, FWHM, ns ~2.5<br />

Lunghezza <strong>di</strong> attenuazione della 210cm<br />

Lunghezza d’onda al max 425nm<br />

Numero atomi <strong>di</strong> C per cm 3<br />

4.74x10 22<br />

Tabella 3.4 Caratteristiche generali dello scintillatore plastico impiegato in corrispondenza<br />

del fuoco finale del fragment separator<br />

59


60<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Gli scintillatori organici sono, solitamente, composti da idrocarburi aromatici contenti<br />

strutture <strong>ad</strong> anello benzenico. La luce <strong>di</strong> scintillazione è prodotta da transiz<strong>ioni</strong> compiute dagli<br />

elettroni <strong>di</strong> valenza che occupano gli orbitali molecolari π, delocalizzati su tutto l’anello<br />

benzenico. Il <strong>di</strong>agramma degli stati singoletto (spin 0) S e <strong>di</strong> tripletto (spin 1) T è<br />

rappresentato in figura 3.18. Lo stato fondamentale è <strong>di</strong> singoletto ed è denominato S0, gli<br />

stati eccitati <strong>di</strong> singoletto sono S1, S2 …, Sn, mentre quelli <strong>di</strong> tripletto sono T1, T2 …, Tm, per<br />

<strong>energie</strong> <strong>di</strong> eccitazione crescenti. In corrispondenza <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> tali livelli elettronici esiste<br />

anche una struttura <strong>di</strong> livelli più fine, legata all’eccitazione dei mo<strong>di</strong> vibrazionali della<br />

molecola (per tale motivo una nomenclatura più precisa aggiunge un altro in<strong>di</strong>ce relativo al<br />

livello vibrazionale). La spaziatura in energia tra i primi due livelli elettronici S1 ed S0 è<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 3-4eV, mentre quella dei livelli superiori è, solitamente, minore. La separazione<br />

in energia dei livelli vibrazionali è, infine, tipicamente dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0.15eV.<br />

S22<br />

S21<br />

S20<br />

S11<br />

S10<br />

S02<br />

S01<br />

S00<br />

Degr<strong>ad</strong>azione<br />

interna<br />

fluorescenza<br />

fosforescenza<br />

Stati <strong>di</strong> singoletto Stati <strong>di</strong> tripletto<br />

Figura 3.18 Diagramma dei livelli energetici <strong>di</strong> una molecola <strong>di</strong> scintillatore organico: per<br />

semplicità sono stati separati i livelli <strong>di</strong> singoletto da quelli <strong>di</strong> tripletto.<br />

T22<br />

T21<br />

T20<br />

T12<br />

T11<br />

T10


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Attraversando uno scintillatore organico, una particella <strong>ioni</strong>zzante cede energia<br />

interagendo elettromagneticamente con gli elettroni del mezzo. In alcuni casi questa energia<br />

non è sufficiente a <strong>ioni</strong>zzare la molecola, ma solo <strong>ad</strong> eccitarla ed, in tal caso, un elettrone π<br />

passa dallo stato fondamentale S00 <strong>ad</strong> uno eccitato <strong>di</strong> singoletto Snm o <strong>di</strong> tripletto Tnm.<br />

Nel caso in cui lo stato eccitato sia <strong>di</strong> singoletto, l’elettrone dec<strong>ad</strong>e quasi<br />

imme<strong>di</strong>atamente al livello S10 senza emissione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione a causa del processo <strong>di</strong><br />

degr<strong>ad</strong>azione interna. In tal caso, la probabilità che avvenga una transizione ra<strong>di</strong>ativa<br />

S10→S0m, a partire dal livello S10, <strong>ad</strong> uno qualsiasi dei livelli vibrazionali associati al primo<br />

livello elettronico S0 è molto alta. Pertanto, solo in una <strong>di</strong> queste possibili transiz<strong>ioni</strong>, quella<br />

S10→S00, la ra<strong>di</strong>azione emessa possiede un’energia sufficiente <strong>ad</strong> eccitare un elettrone dal<br />

livello fondamentale a quello S10. A temperatura ambiente, l’energia <strong>di</strong> eccitazione termica è<br />

0.025eV, molto minore della spaziatura tra i livelli vibrazionali: quasi tutte le molecole si<br />

trovano, pertanto, nello stato fondamentale, da cui non possono assorbire la ra<strong>di</strong>azione emessa<br />

nelle transiz<strong>ioni</strong> S10→S0n (con n <strong>di</strong>verso da zero). Lo spettro <strong>di</strong> emissione e quello <strong>di</strong><br />

assorbimento dello scintillatore risultano, in tal caso, sovrapposti in misura ridotta: pertanto, è<br />

limitato anche l’assorbimento della luce <strong>di</strong> scintillazione, caratteristica, quest’ultima,<br />

fondamentale per le applicaz<strong>ioni</strong> pratiche. Si ha il fenomeno della fluorescenza, cioè<br />

dell’emissione <strong>di</strong> luce su una scala <strong>di</strong> tempo molto breve, dell’or<strong>di</strong>ne delle centinaia <strong>di</strong> psec.<br />

Nel caso in cui l’elettrone sia stato eccitato in uno stato <strong>di</strong> tripletto, si realizza, come<br />

per quello <strong>di</strong> singoletto, un processo <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>azione interna che porta l’elettrone nello stato<br />

T1. Tale stato ha una vita me<strong>di</strong>a molto lunga (τ∼10 -3 sec), ed il suo deca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>retto in S0<br />

produce il fenomeno <strong>di</strong> fosforescenza. In alternativa a tale processo, a causa dell’interazione<br />

tra due molecole eccitate nello stato T1, può avvenire il processo<br />

T1 + T2 → S1 +S0 + fonone<br />

In tal caso, la molecola nello stato S1 dec<strong>ad</strong>e, come precedentemente descritto, dando<br />

luogo <strong>ad</strong> una componente ritardata della luce <strong>di</strong> scintillazione con una costante <strong>di</strong><br />

61


62<br />

Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

deca<strong>di</strong>mento più lunga. Va, tuttavia, notato, che tale componente costituisce un contributo<br />

significativo solo per alcuni scintillatori organici.<br />

A <strong>di</strong>fferenza degli scintillatori inorganici, per i quali era determinante il<br />

comportamento del cristallo nel suo complesso, in questo meccanismo <strong>di</strong> scintillazione<br />

intervengono solo le proprietà della singola molecola. Per tale motivo, si possono avere<br />

scintillatori ottenuti usando la medesima molecola nei più svariati stati, <strong>ad</strong> esempio solido<br />

cristallino o amorfo, liquido puro o in soluzione, gassoso.<br />

Nel fuoco finale del fragment separator è stato <strong>ad</strong>operato uno scintillatore plastico,<br />

cioè un solido ottenuto <strong>di</strong>ssolvendo una sostanza scintillante in un solvente (il<br />

poliviniltoluene), che viene poi polimerizzato, in modo tale da formare una matrice plastica.<br />

Il plastico utilizzato era avvolto in un foglio <strong>di</strong> mylar alluminizzato al fine <strong>di</strong><br />

ottimizzare la raccolta <strong>di</strong> luce. Era sagomato a forma <strong>di</strong> parallelepipedo, spesso 4mm con una<br />

superficie qu<strong>ad</strong>rata <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 2.5x2.5cm 2 , a cui si aggiungeva una porzione triangolare<br />

che fungeva da guida <strong>di</strong> luce sino al fotomoltiplicatore.<br />

Figura 3.19 Spettro <strong>di</strong> emissione dello<br />

scintillatore plastico, utilizzati nel fuoco finale del<br />

fragment separator.


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Si è preferito un fotomoltiplicatore, in virtù del migliore accoppiamento ottico con lo<br />

spettro della luce <strong>di</strong> scintillazione prodotta dallo scintillatore (figura 3.19) e della maggiore<br />

efficienza nella conversione della luce, caratteristiche, quest’ultima, necessaria in quanto il<br />

segnale in luce prodotto dallo scintillatore è, a parità <strong>di</strong> energia ceduta, nettamente inferiore a<br />

quello che restituirebbe un CsI.<br />

3.10 Elettronica ed acquisizione dati<br />

I segnali provenienti dai due sistemi <strong>di</strong> rivelazione descritti nei paragrafi precedenti,<br />

sono stati inviati a catene elettroniche analoghe, <strong>di</strong> cui in figura 3.20 è riportato uno schema.<br />

Figura 3.20 Schema dell’elettronica <strong>di</strong> acquisizione impiegata nel fuoco finale del fragment<br />

separator.<br />

63<br />

S<br />

T<br />

A<br />

R<br />

T<br />

C<br />

O<br />

M<br />

M<br />

O<br />

N<br />

S<br />

T<br />

O<br />

P


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

Il segnale del rivelatore al silicio è inviato <strong>ad</strong> un preamplificatore <strong>di</strong> carica (PA), le cui<br />

caratteristiche sono ottimizzate per ottenere un corretto accoppiamento capacitivo con il<br />

rivelatore.<br />

Il segnale in uscita dal preampificatore è, successivamente, inviato <strong>ad</strong> un amplificatore<br />

lineare che restituisce un segnale <strong>di</strong> ampiezza proporzionale all’energia rilasciata nel<br />

rivelatore. Tale segnale viene, infine, <strong>di</strong>gitalizzato tramite un ADC (Analog to Digital<br />

Converter).<br />

Il segnale proveniente dal fotomoltiplicatore accoppiato allo scintillatore plastico è<br />

stato trattato in maniera equivalente.<br />

Una copia del segnale del rivelatore al silicio in uscita dal preamplificatore è stata,<br />

inoltre, inviata, <strong>ad</strong> un amplificatore veloce (Fast-Filter Amplifier) il cui segnale in uscita<br />

possiede un tempo <strong>di</strong> salita più rapido rispetto al corrispondente segnale fornito<br />

dall’amplificatore lineare. Tale segnale è stato, successivamente, inviato <strong>ad</strong> un Constant<br />

Fraction Discriminator (CFD) in modo da ottenere il corrispettivo segnale logico.<br />

In un <strong>di</strong>scriminatore CFD il segnale in entrata viene ritardato e sommato <strong>ad</strong> una sua<br />

copia attenuata ed invertita, producendo un segnale bipolare; quando quest’ultimo passa per<br />

zero, viene generato il segnale logico in uscita (figura 3.21).<br />

Figura 3.21 Costruzione del segnale <strong>di</strong> Zero Crossing.<br />

64


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

A <strong>di</strong>fferenza dei normali <strong>di</strong>scriminatori a soglia LE (Lea<strong>di</strong>ng Edge), i CFD hanno una<br />

<strong>di</strong>namica temporale che non risente dell’ampiezza del segnale in entrata, perché il punto <strong>di</strong><br />

zero-crossing <strong>di</strong>pende esclusivamente dal fattore <strong>di</strong> attenuazione; la risoluzione delle misure<br />

<strong>di</strong> tempo risulta pertanto migliore.<br />

Per le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo, è stato, come precedentemente descritto (par. 3.8),<br />

<strong>ad</strong>operato il segnale dei rivelatori al Silicio. A tale fine, una copia del segnale logico,<br />

proveniente dal CFD, è stata inviata su uno degli ingressi <strong>di</strong> start <strong>di</strong> un TDC (Time to Digital<br />

Converter), mentre l’AND tra il segnale logico derivato dal rivelatore al Si ed il segnale <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>ofrequenza del ciclotrone viene inviato, opportunamente ritardato, all’ingresso <strong>di</strong> stop<br />

comune (common stop) del TDC. In tal modo, è stato possibile registrare soltanto gli eventi<br />

relativi a burst a cui corrispondeva l’effettiva rivelazione <strong>di</strong> un frammento. Lo stesso segnale<br />

<strong>di</strong> AND, tramite un gate generator, fungeva da trigger dell’esperimento.<br />

Come già detto (par. 3.7), i segnali dei PPAC sono stati <strong>ad</strong>operati per determinare la<br />

posizione <strong>di</strong> impatto degli <strong>ioni</strong> lungo ciascuno dei due assi perpen<strong>di</strong>colari alla <strong>di</strong>rezione del<br />

<strong>fasci</strong>o. Tale posizione è ottenuta a partire dalla misura del ritardo tra i <strong>di</strong>versi segnali.<br />

Ciascuno <strong>di</strong> tali segnali è stato, pertanto, inviato a un <strong>di</strong>scriminatore CFD e, successivamente,<br />

agli ingressi start del TDC, al cui common stop era applicato il segnale <strong>di</strong> AND descritto in<br />

precedenza<br />

In qualunque esperimento, un ruolo determinante nella gestione del sistema <strong>di</strong><br />

acquisizione dei dati è costituito dal ‘trigger’ dell’esperimento, a partire dal quale vengono<br />

fissati i riferimenti temporali (time zero) e la cui presenza in<strong>di</strong>ca il realizzarsi <strong>di</strong> tutte le<br />

con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> logiche imposte, affinché l’evento si possa considerare ‘buono’ e si proceda,<br />

quin<strong>di</strong>, alla sua acquisizione.<br />

I segnali logici finora descritti, vengono, in tale contesto, gestiti dal modulo TINA:<br />

ogni qual volta, tale modulo, riceve segnali in ingresso, apre una finestra <strong>di</strong> coincidenza<br />

all’interno della quale si verifica se l’evento sod<strong>di</strong>sfa le con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> volute. In tal caso,<br />

vengono generati i gates da inviare ai co<strong>di</strong>ficatori per iniziare la conversione.<br />

In tutte le misure presentate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, quale segnale <strong>di</strong> trigger, è stato<br />

<strong>ad</strong>operato il segnale proveniente dall’AND fra i rivelatori al Silicio e l’RF.<br />

65


Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />

I segnali provenienti dai <strong>di</strong>versi rivelatori sono stati <strong>di</strong>gitalizzati tramite ADC e le<br />

misure <strong>di</strong> tempi tramite un TDC, entrambi in standard Camac (fig. 3.22). Per mezzo <strong>di</strong><br />

un’interfaccia Camac-VME, la CPU-VME, de<strong>di</strong>cata al controllo del crate Camac (Slave<br />

CPU), è stata collegata con una seconda CPU (Master CPU), anch’essa su bus VME, sulla<br />

quale è installato il sistema operativo “real-time” OS9. Il programma <strong>di</strong> acquisizione che<br />

raccoglie e formatta i dati, ha permesso, contemporaneamente, il trasferimento dei dati su<br />

nastri e il loro invio su rete Ethernet con protocollo TCP-IP per l’analisi on-line.<br />

Figura 3.22 Schema dell’acquisizione dati.<br />

Il tempo morto <strong>di</strong> tutto il sistema è determinato, dalla somma del tempo necessario<br />

alla conversione (dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 µsec) e <strong>di</strong> quello impiegato dal programma <strong>di</strong> acquisizione<br />

per il re<strong>ad</strong>-out dei co<strong>di</strong>ficatori, che è dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 100-200 µsec per un rate <strong>di</strong> totale <strong>di</strong><br />

acquisizione <strong>di</strong> circa 1 KHz.<br />

66


4. ANALISI DEI DATI<br />

4.1 Calibrazione ed identificazione<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Le operaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> calibrazione dei rivelatori costituenti l’apparato <strong>di</strong> misura <strong>ad</strong>operato<br />

rappresentano una fase molto delicata dell’analisi dei dati. La taratura in energia (par. 4.1.1)<br />

permette <strong>di</strong> ottenere la corrispondenza tra canali dell’ADC, cioè ampiezza dell’impulso, ed<br />

energia ceduta dalla particella incidente al rivelatore. La taratura del TDC (par. 4.1.2)<br />

permette, invece, <strong>di</strong> trovare la corrispondenza tra canali e tempo <strong>di</strong> volo: una volta calibrato il<br />

TDC è stato, inoltre, possibile ottenere una taratura in posizione del PPAC (par. 4.1.3).<br />

I dati sperimentali possono essere rappresentati me<strong>di</strong>ante istogrammi bi<strong>di</strong>mensionali<br />

(matrici) come quelli riportati in figura 4.1. Nel grafico in basso, in or<strong>di</strong>nata, è riportato il<br />

valore, in canali, del segnale prodotto nel rivelatore ∆Ε (proporzionale, quin<strong>di</strong>, all’energia<br />

depositata dalla particella incidente nello spessore <strong>di</strong> 300µm <strong>di</strong> Si), ed in ascissa il valore,<br />

sempre in canali, della fotocorrente nel CsI; nel grafico in alto, in ascissa, è riportato il tempo<br />

<strong>di</strong> volo in canali ed in or<strong>di</strong>nata il valore, ancora in canali, del segnale prodotto nel rivelatore<br />

∆Ε. I dati sono stati analizzati utilizzando il programma PAW 1 : si tratta <strong>di</strong> un programma<br />

particolarmente <strong>ad</strong>atto all’analisi dati in quanto offre la possibilità <strong>di</strong> utilizzare un’interfaccia<br />

grafica (HIGZ) agevole da manipolare e <strong>di</strong> costruire programmi (“MACRO”) che consentono<br />

<strong>di</strong> gestire in modo semplice le <strong>di</strong>verse routines della Cern-Library.<br />

1 Physics Analisys Workstation<br />

67


68<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.1 Matrici bi<strong>di</strong>mensionali ∆E-ECsI e ∆E-ToF in canali. La matrice in alto si riferisce alla<br />

reazione 40 Ar+ 9 Be, quella in basso alla reazione 58 Ni+ 27 Al entrambe <strong>ad</strong> energia incidente <strong>di</strong> 40AMeV.<br />

Si può notare, in entrambi i casi, l’ottima risoluzione sia in Z che in A.


4.1.1 Taratura in Energia<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Quando un <strong>di</strong>odo al silicio opera come rivelatore <strong>di</strong> particelle, il segnale da esso<br />

fornito è una misura dell’energia depositata dalla particella incidente, a con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

possedere una curva <strong>di</strong> calibrazione <strong>di</strong> tali segnali, ovvero, la corrispondenza tra ADC∆E in<br />

canali e ∆E in MeV.<br />

Come ben noto, la risposta dei rivelatori al Si è lineare con l’energia. La<br />

corrispondenza tra ADC∆Ε e ∆Ε nel Silicio è, pertanto, lineare e la retta <strong>di</strong> taratura risulta<br />

completamente determinata qualora si <strong>di</strong>sponga <strong>di</strong> almeno due punti <strong>di</strong> riferimento <strong>ad</strong> <strong>energie</strong><br />

note. A tal fine, nel run relativo a 12 C+ 9 Be, sono stati utilizzati il <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> 12 C da 62AMeV ed<br />

una sorgente α a tre picchi. Per lo stesso scopo, nel run relativo <strong>ad</strong> 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al, sono<br />

stati usati due <strong>fasci</strong> <strong>di</strong>retti <strong>di</strong> 16 O a 50MeV e 112.75MeV, forniti dal tandem SMP, ed il <strong>fasci</strong>o<br />

<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> 40 Ar a 40AMeV prodotto dal CS ed uno <strong>di</strong> 30AMeV, ottenuto interponendo un<br />

bersaglio <strong>di</strong> 500µm <strong>di</strong> 9 Be e rivelando gli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o. Alle <strong>energie</strong> del tandem, gli <strong>ioni</strong> del<br />

<strong>fasci</strong>o hanno un range tale da non superare lo spessore <strong>di</strong> 300 µm del rivelatore al silicio e,<br />

quin<strong>di</strong>, l’energia depositata in quest’ultimo è data dall’energia del <strong>fasci</strong>o incidente. Nel caso<br />

dei <strong>fasci</strong> del CS, poiché gli <strong>ioni</strong> a tali <strong>energie</strong> incidenti attraversano senza fermarsi il<br />

rivelatore, si è utilizzato il programma <strong>di</strong> simulazione LISE (par. 4.2) per calcolarne la per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> energia ∆E nel rivelatore. Le figure 4.2a e 4.2b mostrano gli spettri relativi alle operaz<strong>ioni</strong><br />

<strong>di</strong> taratura.<br />

Correlando i valori in canali relativi a quelli in MeV delle <strong>energie</strong> corrispondenti ai<br />

quattro picchi a <strong>di</strong>sposizione, sono state determinate le rette <strong>di</strong> taratura per i rivelatori<br />

all’uscita del fragment separator e nella camera <strong>di</strong> scattering CICLOPE:<br />

∆E MeV = α1⋅ ADC∆E+β1 (FRS)<br />

∆E MeV =α2⋅ADC∆E +β2 (CICLOPE)<br />

dove ∆EMeV è l’energia rilasciata nel Si e ADC∆E è il corrispondente valore in canali. L’errore<br />

sui coefficienti è <strong>di</strong> circa lo 0.5%. La figura 4.3 mostra una delle due rette <strong>di</strong> calibrazione<br />

ottenute.<br />

69


conteggi<br />

16O(50MeV)<br />

16O(112.75MeV)<br />

40Ar(40AMeV)<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

40Ar(40AMeV)+ 9Be(500µm) → 40Ar(30AMeV)<br />

∆E(canali)<br />

Figura 4.2a Spettro dei <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> taratura nel run relativo a 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al.<br />

Figura 4.2b Spettri relativi alle operaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> taratura per il run <strong>di</strong> 12 C+ 9 Be. A sinistra, matrice ∆Ε-ToF del<br />

<strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> calibrazione <strong>di</strong> 12 C a 62AMeV. A destra, spettro in energia della sorgente α.<br />

70


I valori dei parametri trovati per le calibraz<strong>ioni</strong> sono riportati nella tabella 4.1<br />

∆E(MeV)<br />

α1<br />

β1<br />

α2<br />

β2<br />

0.1768<br />

0.12<br />

0.2116<br />

-0.31<br />

Tabella 4.1. Parametri della calibrazione dei rivelatori al Si.<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

canali<br />

Figura 4.3 Retta <strong>di</strong> taratura dell’ADC per il rivelatore posizionato<br />

all’uscita del fragment separator.<br />

Le figure 4.4a e 4.4b mostrano gli spettri ∆E calibrati: si possono <strong>di</strong>stinguere i picchi<br />

associati alle <strong>di</strong>verse cariche dei frammenti del <strong>fasci</strong>o secondario per le reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be a<br />

40AMeV e 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV. In prima approssimazione, la velocità dei frammenti è<br />

71


72<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

uguale a quella del proiettile e, a parità <strong>di</strong> velocità, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia degli <strong>ioni</strong> nel<br />

rivelatore ∆E <strong>di</strong>pende unicamente dalla Z [KNO]. Per questo motivo, non è possibile<br />

<strong>di</strong>stinguere nello spettro, in maniera chiara, i <strong>di</strong>versi isotopi e, pertanto, per identificare la<br />

composizione del <strong>fasci</strong>o secondario in Z ed A, è necessario utilizzare anche l’informazione<br />

fornita dal tempo <strong>di</strong> volo o dall’energia residua.<br />

Figura 4.4a Spettro energetico calibrato del <strong>fasci</strong>o secondario per la reazione<br />

40 Ar+ 9 Be a 40AMeV. Si possono <strong>di</strong>stinguere in maniera chiara i picchi <strong>di</strong> Z ma<br />

non i <strong>di</strong>versi isotopi. In alto a sinistra un ingran<strong>di</strong>mento della regione a più<br />

bassa energia mostra la buona risoluzione in carica ottenuta.


Figura 4.4b Spettro energetico calibrato del <strong>fasci</strong>o secondario per la<br />

reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV.<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Le procedure <strong>di</strong> taratura degli scintillatori, invece, come noto, non sono altrettanto<br />

semplici per via della <strong>di</strong>pendenza della risposta in luce dallo ione e del fenomeno del<br />

quenching. Per tale ragione si è proceduto alla taratura in energia <strong>di</strong> tali rivelatori<br />

“in<strong>di</strong>rettamente”, ovvero estrapolando l’energia residua dello ione dopo aver attraversato il<br />

rivelatore ∆E, dalla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia in quest’ultimo. Noto infatti lo ione (Z,A), esiste una<br />

corrispondenza biunivoca fra l’energia persa in uno spessore noto <strong>di</strong> Si e l’energia incidente<br />

dello stesso. Tale procedura è stata controllata tramite i valori noti dei <strong>fasci</strong> primari<br />

<strong>di</strong>rettamente rivelati e completata da procedure <strong>di</strong> fit non lineare per ogni linea <strong>di</strong> Z. La figura<br />

4.5 illustra un esempio <strong>di</strong> tali fit per la reazione 12 C+ 9 Be.<br />

73


Figura 4.5 Alcuni fit della taratura del CsI per la reazione 12 C+ 9 Be.<br />

4.1.2 Taratura del TDC<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Nel caso in esame, la calibrazione del TDC riveste un ruolo <strong>di</strong> primaria importanza,<br />

giacché <strong>ad</strong> essa sono strettamente collegate le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo e la calibrazione della<br />

posizione nei PPAC.<br />

Per calibrare il TDC è stato inviato un segnale sullo start ed una copia dello stesso, ma<br />

con un ritardo noto, sullo stop, ottenendo, così, una corrispondenza tra la misura in canali ed il<br />

ritardo in nsec tra i due segnali. La retta <strong>di</strong> taratura così ottenuta (fig. 4.6) è:<br />

T nsec = a · TDC + b<br />

con a=0.29125 e b=-29.32 e dove Tnsec è il ritardo in nsec tra le due copie del segnale e TDC è<br />

il corrispondente valore in canali. L’errore sui coefficienti è <strong>di</strong> circa lo 0.5%.<br />

74


Figura 4.6 Retta <strong>di</strong> calibrazione del TDC<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

La correttezza della taratura è stata verificata misurando l’intervallo <strong>di</strong> tempo tra un<br />

burst del ciclotrone ed il successivo, il cui valore, pari a 31nsec, è noto essendo determinato<br />

dalla RF.<br />

In figura 4.7 è riportata una matrice ∆E–ToF calibrata: è possibile notare una struttura<br />

ripetuta nel tempo <strong>ad</strong> intervalli regolari <strong>di</strong> 31 nsec ognuno.<br />

75


31nsec<br />

76<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.7 Matrice calibrata ∆E–ToF per la reazione 40 Ar+ 9 Be a 40 AMeV. La<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> tempo tra un burst del ciclotrone e l’altro è <strong>di</strong> circa 31 nsec in<br />

accordo con il valore d RF utilizzato .<br />

Nella configurazione utilizzata nelle misure analizzate, il segnale <strong>di</strong> stop del TDC è<br />

prodotto a partire dal segnale <strong>di</strong> RF ed il segnale corrispondente <strong>di</strong> start viene generato dal<br />

segnale prodotto da <strong>ioni</strong> appartenenti a burst <strong>di</strong>fferenti. Infatti, non tutti gli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />

all’interno <strong>di</strong> un burst, interagendo con il bersaglio <strong>di</strong> produzione, danno luogo a frammenti<br />

con le caratteristiche necessarie per passare attraverso il fragment separator ed essere rivelati,<br />

fornendo il corrispondente segnale <strong>di</strong> start. Inoltre, frammenti <strong>di</strong> massa molto grande,<br />

impiegando un tempo maggiore fino alla rivelazione possono essere associati all’intervallo <strong>di</strong><br />

tempo associato al segnale <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ofrequenza del burst successivo. Per tal motivo non è<br />

possibile definire una scala <strong>di</strong> tempi assoluta e, pertanto, la misura <strong>di</strong> tempi è ricondotta <strong>ad</strong><br />

una misura della <strong>di</strong>fferenza nei tempi <strong>di</strong> volo delle varie particelle.


4.1.3 Taratura del PPAC<br />

77<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

La misura della posizione per mezzo dei PPAC è, anch’essa, riconducibile <strong>ad</strong> una<br />

misura <strong>di</strong> tempo poiché, come si è già detto, il punto <strong>di</strong> impatto <strong>di</strong> una particella viene<br />

ricavato dalla <strong>di</strong>fferenza in tempo tra i segnali provenienti dalle due estremità delle catene (x e<br />

y) <strong>di</strong> ritardo (paragrafo 3.7). Per questo motivo, la taratura in posizione dei PPAC è<br />

strettamente connessa alla taratura dei TDC. Per effettuare la taratura dei PPAC si è sud<strong>di</strong>visa<br />

la <strong>di</strong>mensione dell’area sensibile (4x4cm 2 ), per il ritardo complessivo <strong>di</strong> ciascuna catena <strong>di</strong><br />

ritar<strong>di</strong> (300nsec), ottenendo, come coefficiente <strong>di</strong> calibrazione, il valore <strong>di</strong> 0.13 mm/nsec<br />

circa.<br />

In figura 4.8 è riportata la matrice calibrata relativa alla posizione (x,y).<br />

Figura 4.8 Matrice relativa alla posizione (x,y) rivelata dal PPAC<br />

per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV.


4.1.4 Identificazione dei prodotti<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

L’identificazione dei prodotti <strong>di</strong> reazione del <strong>fasci</strong>o secondario, effettuata tramite le<br />

matrici sperimentali calibrate ∆E-E e ∆E-ToF, è stata poi confrontata con quella fornita dal<br />

programma <strong>di</strong> simulazione LISE (par. 4.2) .<br />

Le figure 4.9a e 4.9b mostrano le matrici ∆E-E per le reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al.<br />

Come è facile osservare, in tali matrici, oltre all’ottima risoluzione in Z, è possibile<br />

<strong>di</strong>stinguere i <strong>di</strong>fferenti isotopi <strong>di</strong> un dato elemento. Selezionando tali elementi <strong>ad</strong> uno <strong>ad</strong> uno<br />

tramite tagli grafici, è possibile, nelle matrici ∆E-ToF, in<strong>di</strong>viduare i rispettivi isotopi.<br />

Figura 4.9a Matrice ∆E-E per la reazione 40 Ar+ 9 Be. A sinistra sono riportati tutti gli elementi prodotti. A<br />

destra un ingran<strong>di</strong>mento per le linee <strong>di</strong> Z


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.9b Matrice ∆E-E per la reazione 58 Ni+ 27 Al. Si riportano i nomi degli elementi prodotti.<br />

Tuttavia, come già più volte evidenziato nei capitoli precedenti, al fine <strong>di</strong> utilizzare i<br />

frammenti del <strong>fasci</strong>o secondario per esperimenti con <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, essi devono essere<br />

identificati tramite la tecnica ∆E-ToF, poiché l’impiego <strong>di</strong> ulteriori sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelazione per la<br />

misura dell’energia residua ne impe<strong>di</strong>rebbe l’utilizzo. Nelle figura 4.10a e 4.10b sono<br />

mostrate la matrice ∆E-ToF per le reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV e, per confronto,<br />

nelle figure 4.11a e 4.11b, sono riportate le equivalenti matrici simulate tramite il programma<br />

LISE: in entrambi i casi sono in<strong>di</strong>cati i <strong>di</strong>versi isotopi identificati<br />

79


40 9<br />

Fig ura 4.10a Matrice ∆E-ToF sperimentale per la reazione Ar+ Be a 40AMeV.<br />

80<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.10b Matrice ∆E-ToF sperimentale per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV: su<br />

ciascuna zona è riportato il nome dell’isotopo corrispondente.<br />

81


∆E (MeV)<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

ToF(nsec)<br />

Figura 4.11a Matrice ∆E-ToF simulata dal programma LISE per 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV.<br />

82


∆E (MeV)<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

ToF(nsec)<br />

Figura 4.11b Matrice ∆E-ToF simulata dal programma LISE per 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV.<br />

Sono visibili, nella matrice sperimentale (fig. 4.10a), in corrispondenza dell’ultima<br />

linea <strong>di</strong> Z (quella del proiettile 40 Ar), due zone <strong>di</strong> conteggi che non compaiono nella matrice<br />

fornita dal programma <strong>di</strong> simulazione (fig. 4.11a). Si tratta, plausibilmente, <strong>di</strong> due stati <strong>di</strong><br />

carica, quello totalmente <strong>ioni</strong>zzato e quello in cui si è verificato il pick-up <strong>di</strong> un solo elettrone,<br />

83


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

del <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> 40 Ar. Imponendo, infatti, a tali <strong>ioni</strong> una rigi<strong>di</strong>tà magnetica pari a quella utilizzata<br />

nel fragment separator, si è calcolato che essi perderebbero nel rivelatore al Si un’energia pari<br />

a quella effettivamente misurata.<br />

La figura 4.12 mostra le matrici ∆E-ToF sperimentali e simulate nella reazione<br />

12 C+ 9 Be a 62AMeV.<br />

∆Ε(MeV)<br />

Tempo(nsec)<br />

Tempo(nsec)<br />

Figura 4.12 Matrice ∆E-ToF per la reazione 12 C+ 9 Be a 62AMeV. A sinistra i risultati sperimentali dove<br />

sono mostrate alcune selez<strong>ioni</strong> grafiche; a destra l’analoga matrice ottenuta dalla simulazione LISE.<br />

Il confronto fra le informaz<strong>ioni</strong> contenute nelle matrici ∆E-E e ∆E-ToF ha consentito<br />

<strong>di</strong> evidenziare alcune “anomalie” apparenti presenti in quest’ultime. Nella reazione 58 Ni+ 27 Al<br />

a 40AMeV, per esempio, (fig. 4.13) si può notare come l’or<strong>di</strong>ne in cui si osservano gli isotopi<br />

nella ∆E-ToF (fig. 4.9b) subisca delle invers<strong>ioni</strong> rispetto a quello nella matrice ∆E-E. Tali<br />

invers<strong>ioni</strong> si verificano quando la <strong>di</strong>fferenza tra i tempi <strong>di</strong> volo <strong>di</strong> due <strong>ioni</strong> <strong>di</strong>versi supera<br />

l’intervallo <strong>di</strong> tempo tra un burst e l’altro. In questo caso, infatti, utilizzando il segnale <strong>di</strong> RF<br />

come segnale <strong>di</strong> riferimento per le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo, il tempo misurato per lo ione più<br />

lento risulta minore rispetto a quello effettivo <strong>di</strong> una quantità pari alla <strong>di</strong>stanza temporale tra<br />

un burst ed il successivo.<br />

84


55 Fe 54Fe 53Fe 52Fe<br />

54 Fe<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.13 A sinistra, matrice ∆E–Luce per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV, nella quale è stata selezionata<br />

graficamente la regione corrispondente agli isotopi del Fe (Z=26). A destra, gli eventi corrispondenti a tale selezione<br />

sulla matrice ∆E-ToF: si noti, <strong>ad</strong> esempio, come gli eventi associati al 54 Fe si <strong>di</strong>spongano in due zone <strong>di</strong>stinte in base<br />

a quale segnale <strong>di</strong> RF viene utilizzato per la misura del loro ToF.<br />

Una conferma generale della vali<strong>di</strong>tà dell’identificazione in carica degli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario è fornita dalla linea <strong>di</strong> Z dell’Ar (figura 4.14), che può essere riconosciuta, nella<br />

matrice ∆E-Eres, utilizzando come riferimento i punti corrispondenti ai due <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> taratura <strong>di</strong><br />

40 Ar a 40AMeV e 30AMeV.<br />

Nella figura riassuntiva 4.15, sono riportati nel piano (N,Z) gli isotopi prodotti ed<br />

identificati nelle reaz<strong>ioni</strong> analizzate. È possibile notare come siano stati prodotti,<br />

prevalentemente, nuclei ra<strong>di</strong>oattivi ricchi <strong>di</strong> neutroni nella reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV e,<br />

viceversa, ricchi <strong>di</strong> protoni per le reaz<strong>ioni</strong> 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV e 12 C+ 9 Be a 62AMeV.<br />

85<br />

52 Fe<br />

55 Fe<br />

53 Fe<br />

54 Fe


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.14 Particolare della matrice ∆E (MeV) - luce (a.u.) per le linee <strong>di</strong> Z più<br />

gran<strong>di</strong> per la misura 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV. Su <strong>di</strong> essa sono riportati, in nero, i punti<br />

corrispondenti ai due <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> taratura <strong>di</strong> 40 Ar a 40AMeV e 30AMeV. La linea<br />

tratteggiata è quella corrispondente a Z=18.<br />

Regione<br />

dei<br />

nuclei<br />

stabili<br />

Figura 4.15 Mappa dei nuclei prodotti con ciascuna delle tre combinaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> proiettile e<br />

bersaglio impiegate. In verde 12 C+ 9 Be, in blu 40 Ar+ 9 Be, in rosso 58 Ni+ 27 Al ed in nero i nuclei<br />

stabili. La linea verde delimita la regione dei nuclei stabili<br />

86


4.2 Il programma <strong>di</strong> simulazione LISE<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Il programma LISE [BAZ02] simula la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi attraverso la<br />

frammentazione del proiettile in un fragment separator una volta note le sue caratteristiche. A<br />

tale scopo, calcola le rese <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> ciascun frammento, le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia nei<br />

materiali attraversati, le <strong>di</strong>stribuz<strong>ioni</strong> degli stati <strong>di</strong> carica ed il trasporto dei frammenti, una<br />

volta definiti gli opportuni parametri <strong>di</strong> ottica magnetica.<br />

Le con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> sperimentali, quali il proiettile, il bersaglio, l’energia del <strong>fasci</strong>o<br />

primario, la rigi<strong>di</strong>tà magnetica del fragment separator e le caratteristiche dell’apparato <strong>di</strong><br />

rivelazione, vengono facilmente impostate attraverso un’interfaccia grafica (figura 4.16).<br />

Figura 4.16 L’interfaccia grafica <strong>di</strong> LISE.<br />

87


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

In fase <strong>di</strong> preparazione dell’esperimento, il programma <strong>di</strong> simulazione è stato<br />

utilizzato per scegliere le combinaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> proiettile e bersaglio ottimali da impiegare, nonché<br />

i valori <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà magnetica del fragment separator, al fine <strong>di</strong> massimizzare la trasmissione <strong>di</strong><br />

un dato isotopo. Inoltre, durante l’esperimento, l’utilizzo del programma ha consentito <strong>di</strong><br />

effettuare un confronto on-line dei risultati sperimentali con quelli simulati. Dal confronto,<br />

poi, delle matrici sperimentali con quelle fornite dalla simulazione è stato possibile, come già<br />

detto, identificare le specie nucleari del <strong>fasci</strong>o secondario, ed inoltre, come verrà descritto nel<br />

paragrafo 4.3, è stato possibile effettuare un confronto tra le rese ottenute sperimentalmente e<br />

quelle simulate. Nei paragrafi seguenti verranno descritti i principi alla base del calcolo <strong>di</strong> tali<br />

rese.<br />

Il calcolo delle rese isotopiche ottenute in un fragment separator deve tener conto delle<br />

modalità <strong>di</strong> interazione degli <strong>ioni</strong> <strong>di</strong> alta energia con la materia, delle reaz<strong>ioni</strong> nucleari<br />

possibili e dell’ottica magnetica. Per un dato ione la resa può essere descritta come il prodotto<br />

<strong>di</strong> quattro fattori in<strong>di</strong>pendenti:<br />

Y=I·N·F·A (4.1)<br />

dove I è l’intensità del <strong>fasci</strong>o primario, N la probabilità <strong>di</strong> produrre il nucleo <strong>di</strong> interesse nel<br />

bersaglio, F la frazione <strong>di</strong> un dato stato <strong>di</strong> carica Q per un certo nucleo ed A l’accettanza del<br />

fragment separator.<br />

4.2.1 Resa <strong>di</strong> produzione nel bersaglio<br />

Per valutare le rese <strong>di</strong> produzione nel bersaglio è necessario, in primo luogo,<br />

determinare il numero totale, normalizzato <strong>ad</strong> uno, <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> Np(x) prodotte da un proiettile<br />

P interagente con un bersaglio avente spessore x. Il numero <strong>di</strong> nuclei proiettile <strong>di</strong>sponibili per<br />

la produzione del nucleo d’interesse F è parametrizzabile come:<br />

con σP sezione d’urto totale per il proiettile P.<br />

− xσ<br />

P<br />

1 − NP<br />

( x)<br />

= e<br />

(4.2)<br />

88


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Sia σP→F la sezione d’urto <strong>di</strong> produzione del frammento F per frammentazione <strong>di</strong> P. Il<br />

numero (x)<br />

<strong>di</strong> nuclei F creati in uno spessore x è:<br />

N F<br />

N<br />

F<br />

σ<br />

( 1−<br />

e ) σ<br />

( x)<br />

(4.3)<br />

− x P<br />

P→<br />

F<br />

= ≈ xσ<br />

P→<br />

F<br />

σ P<br />

Tale relazione è utilizzata all’interno del programma <strong>di</strong> simulazione per valutare le<br />

rese <strong>di</strong> produzione in un bersaglio, in approssimazione <strong>di</strong> spessori sottili, poiché, solo in tale<br />

approssimazione, la proporzionalità <strong>di</strong>retta tra (x)<br />

e lo spessore x è valida. Al crescere<br />

dello spessore, infatti, <strong>di</strong>venta non trascurabile la probabilità che un frammento F, una volta<br />

creato, sia soggetto, a sua volta, <strong>ad</strong> una reazione nucleare. Questo processo riduce il numero<br />

<strong>di</strong> nuclei d’interesse effettivamente prodotti. Se σF<br />

è la sezione d’urto totale <strong>di</strong> reazione del<br />

frammento F, l’espressione <strong>di</strong> (x)<br />

assumerà, infatti, la forma:<br />

N<br />

N F<br />

F<br />

e<br />

( x)<br />

=<br />

N F<br />

− x(<br />

σ F −σ<br />

P )<br />

[ 1−<br />

] σ P<br />

( σ − σ )<br />

− xσ<br />

F e<br />

P<br />

F<br />

→F<br />

(4.4)<br />

Si deve, inoltre, tener conto della possibilità che il nucleo F possa essere prodotto<br />

anche dalla frammentazione secondaria <strong>di</strong> un altro nucleo. Occorre, dunque, esaminare i<br />

cosiddetti processi a multi-step, tra i quali il più semplice è la frammentazione a 2-step. In tale<br />

processo il proiettile P produce un frammento interme<strong>di</strong>o i, che, in una seconda reazione,<br />

N 2i<br />

, F<br />

genera il frammento F. Il numero <strong>di</strong> frammenti così prodotti sod<strong>di</strong>sfa la relazione:<br />

∂N<br />

2 ( x)<br />

i,<br />

F<br />

= N<br />

∂x<br />

1i<br />

( x)<br />

σ ( x)<br />

σ → − N ( x)<br />

σ<br />

(4.5)<br />

dove σi è la sezione d’urto totale <strong>di</strong> reazione per il frammento i, mentreσP→i eσi→F sono,<br />

rispettivamente, le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> i a partire da P e <strong>di</strong> F a partire da i. La resa<br />

totale <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> F nella frammentazione a 2-step è ottenuta sommando su tutti i<br />

possibili percorsi a 2-step che conducono a F:<br />

Z P N P<br />

N 2 = ∑N= F<br />

2 i F ∑ ∑N<br />

,<br />

2i<br />

, F<br />

i<br />

Z = Z N<br />

i<br />

i<br />

F<br />

i<br />

i<br />

F<br />

2i<br />

, F<br />

F<br />

(4.6)<br />

dove ZP,F e NP,F sono, rispettivamente, il numero <strong>di</strong> protoni e <strong>di</strong> neutroni dei nuclei coinvolti<br />

nelle reaz<strong>ioni</strong>.<br />

89


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

La figura 4.17 descrive l’andamento delle rese <strong>di</strong> frammentazione a 1, 2 e 3-step in<br />

funzione dello spessore del bersaglio per la produzione <strong>di</strong> 78 Ni da un <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 96 Zr.<br />

Come si può vedere, la resa dei processi a due e tre step cresce con lo spessore del bersaglio,<br />

mentre quella del processo a step singolo raggiunge un valore massimo e poi decresce<br />

lentamente. Inoltre, la resa complessiva è sensibilmente maggiore <strong>di</strong> quella calcolata per step<br />

singolo nel caso <strong>di</strong> bersagli spessi.<br />

Figura 4.17 Andamento della resa totale e dei contributi a multi-step per la produzione <strong>di</strong><br />

78 Ni da frammentazione <strong>di</strong> 96 Zr in funzione dello spessore del bersaglio. In basso, a destra,<br />

le stesse rese sono riportate in scala lineare.<br />

La presenza <strong>di</strong> questi processi a multi-step è molto importante, qualora si vogliano<br />

produrre nuclei in prossimità della drip-line dei neutroni. Infatti, l’energia <strong>di</strong> eccitazione del<br />

quasi-proiettile è proporzionale al numero <strong>di</strong> nucleoni che vengono sottratti al proiettile nel<br />

processo <strong>di</strong> frammentazione ed una maggiore eccitazione comporta una più intensa<br />

evaporazione <strong>di</strong> neutroni. In un processo a multi-step vengono sottratti meno nucleoni per<br />

90


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

volta, pertanto, le <strong>energie</strong> <strong>di</strong> eccitazione sono inferiori e l’evaporazione <strong>di</strong> neutroni è, <strong>di</strong><br />

conseguenza, minore.<br />

La correzione per bersagli spessi alle rese <strong>di</strong> produzione date dalla (4.3) viene valutata<br />

me<strong>di</strong>ante un’integrazione numerica delle rese dei processi a due-step. Per ogni porzione dx<br />

del bersaglio, il contributo correttivo dNF alla resa del frammento F dovuto a reaz<strong>ioni</strong><br />

secondarie, è calcolato tramite la relazione:<br />

dN F = ∑σ j→F<br />

N jdx<br />

− σ F N F dx<br />

j<br />

(4.7)<br />

dove Nj ed NF sono le rese calcolate nello spessore x-dx. Come mostrato in figura 4.18, non<br />

tutti i contributi delle reaz<strong>ioni</strong> secondarie hanno un peso significativo nella determinazione<br />

della resa complessiva. Per questo motivo, la sommatoria sul frammento interme<strong>di</strong>o è limitata<br />

<strong>ad</strong> una regione del piano (N,Z) che esclude il contributo <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> secondarie aventi sez<strong>ioni</strong><br />

d’urto trascurabili.<br />

Figura 4.18 Contributi <strong>di</strong> tutti i possibili frammenti interme<strong>di</strong> in un<br />

calcolo a 2-step della produzione <strong>di</strong> 78 Ni da un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> 96 Zr. La<br />

<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> ciascun qu<strong>ad</strong>rato è proporzionale al peso che ha il<br />

frammento interme<strong>di</strong>o nella resa totale. Si può vedere che i contributi più<br />

importanti giacciono su una regione limitata del piano (N,Z).<br />

91


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Il calcolo delle sez<strong>ioni</strong> d’urto dei processi <strong>di</strong> frammentazione <strong>ad</strong>operate nella stima<br />

delle rese (eq. 4.3 e 4.7), viene effettuato utilizzando la parametrizzazione EPAX [SÜM00].<br />

4.2.2 La parametrizzazione EPAX<br />

EPAX [SÜM00] è una parametrizzazione empirica delle sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong><br />

frammentazione del proiettile, realizzata in modo tale da riprodurre le misure sperimentali<br />

ottenute nella frammentazione <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> incidenti maggiori <strong>di</strong> 100AMeV.<br />

Non vengono considerate le sez<strong>ioni</strong> d’urto per reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> pick-up (nelle quali il<br />

proiettile acquista uno o più nucleoni). Tuttavia tali reaz<strong>ioni</strong> sono spesso usate per produrre<br />

<strong>fasci</strong> molto intensi <strong>di</strong> nuclei vicini alla valle della stabilità. In tal caso il programma <strong>di</strong><br />

simulazione estrapola le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> questi processi dalla parametrizzazione EPAX non<br />

tenendo conto, quin<strong>di</strong>, della <strong>di</strong>pendenza delle sez<strong>ioni</strong> d’urto dai dettagli della reazione e<br />

dall’energia del <strong>fasci</strong>o. Non si considera, inoltre, la frammentazione dei nuclei fissili,<br />

limitando, quin<strong>di</strong>, l’intervallo <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà ai proiettili che vanno dagli isotopi dell’Argon a<br />

quelli del Piombo e del Bismuto.<br />

L’andamento delle sez<strong>ioni</strong> d’urto in funzione della massa del frammento, fissata la<br />

carica, per i frammenti <strong>di</strong> massa sufficientemente lontana da quella del proiettile (per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />

massa superiori al 15%-20%), è largamente in<strong>di</strong>pendente da quest’ultimo. Tale fenomeno è<br />

collegato al fatto che questi frammenti si formano, prevalentemente, in processi <strong>di</strong><br />

multiframmentazione statistica <strong>di</strong> un quasi-proiettile altamente eccitato.<br />

Per frammenti con per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> massa minori, le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> frammentazione<br />

<strong>di</strong>pendono dal proiettile presentando, in particolare, un massimo per isotopi aventi lo stesso<br />

N/Z del proiettile. La parametrizzazione EPAX descrive in maniera continua il passaggio da<br />

questo regime a quello precedente.<br />

La parametrizzazione contiene correz<strong>ioni</strong>, per proiettili ai confini della stabilità, che<br />

tengono conto della <strong>di</strong>pendenza, osservata sperimentalmente, dell’andamento delle sez<strong>ioni</strong><br />

d’urto dal proiettile anche per gran<strong>di</strong> per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> massa dei frammenti.<br />

La precisione con cui vengono riprodotti i valori delle sez<strong>ioni</strong> d’urto sperimentali è<br />

migliore per i nuclei vicini alla valle <strong>di</strong> stabilità, mentre le estrapolaz<strong>ioni</strong> verso le drip-lines<br />

92


Sezione<br />

d’urto(barn)<br />

Sezione<br />

d’urto(barn)<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

sono affette da maggiori incertezze. Non vengono tenuti in considerazione, inoltre, gli effetti<br />

legati al pairing che rendono più alte le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione per nuclei aventi un<br />

numero pari <strong>di</strong> neutroni e/o protoni.<br />

EPAX.<br />

In figura 4.19 è riportato il confronto tra alcuni risultati sperimentali e le previs<strong>ioni</strong> <strong>di</strong><br />

Figura 4.19 Confronto tra le sez<strong>ioni</strong> d’urto sperimentali (punti) e simulate (linea continua) <strong>di</strong><br />

frammentazione in funzione <strong>di</strong> A per alcuni valori <strong>di</strong> Z nella reazione 58 Ni+ 9 Be a 650AMeV.<br />

4.2.3 Accettanza del fragment separator<br />

Per valutare il parametro A dell’equazione (4.1), cioè il fattore <strong>di</strong> accettanza, è<br />

necessario determinare la <strong>di</strong>stribuzione, nello spazio delle fasi, dei frammenti prodotti nel<br />

bersaglio e come essa evolva attraverso i vari elementi del fragment separator .<br />

Ad alte <strong>energie</strong>, una buona parametrizzazione della <strong>di</strong>stribuzione in impulso dei<br />

frammenti prodotti è fornita dalla formula <strong>di</strong> Goldhaber [GOL74], secondo la quale<br />

l’ampiezza della <strong>di</strong>stribuzione dei momenti σ è tale che:<br />

93


2 2 AF<br />

( AP<br />

− AF<br />

)<br />

σ = σ 0<br />

con<br />

A −1<br />

P<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

2 1 2<br />

σ 0 = PF<br />

, PF impulso <strong>di</strong> Fermi (4.8)<br />

5<br />

dove AF ed AP sono, rispettivamente, la massa del frammento e quella del proiettile,<br />

ed il valore più probabile dell’impulso è VP·AF , con VP la velocità del proiettile.<br />

Tuttavia, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e, si è osservato che la <strong>di</strong>stribuzione degli impulsi<br />

trasversali rispetto alla <strong>di</strong>rezione del <strong>fasci</strong>o incidente ha un’ampiezza maggiore <strong>di</strong> quella degli<br />

impulsi paralleli. Parte <strong>di</strong> questo effetto è da attribuire alla deflessione nucleare e<br />

coulombiana impressa al frammento dal residuo del bersaglio e ai protoni emessi durante la<br />

frammentazione. In questo caso l’ampiezza dell’impulso trasversale σ ⊥ è data da [VAN79]:<br />

dove σ D , chiamata <strong>di</strong>spersione orbitale, vale 200MeV/c.<br />

2 2 AF<br />

( AP<br />

− AF<br />

) 2 AF<br />

( AF<br />

−1)<br />

σ ⊥ = σ 0<br />

+ σ D<br />

(4.9)<br />

A −1<br />

A ( A −1)<br />

P<br />

La <strong>di</strong>stribuzione in momento parallelo σ || ha un effetto <strong>di</strong>retto su A attraverso<br />

l’accettanza in impulso del fragment separator, mentre σ ⊥ interviene attraverso l’accettanza in<br />

angolo solido dello stesso.<br />

4.2.4 Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia, straggling energetico ed angolare<br />

e stati <strong>di</strong> carica<br />

L’energia cinetica residua <strong>di</strong> uno ione che ha attraversato uno spessore ∆x è − ∆E<br />

,<br />

ovvero, è data dalla <strong>di</strong>fferenza tra l’energia iniziale incidente dello ione stesso e la sua per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> energia nel mezzo. Se R(E) è il range dello ione in funzione dell’energia, si ottiene:<br />

R i<br />

i<br />

P<br />

P<br />

( E ) = ∆x<br />

+ R(<br />

E − ∆E)<br />

(4.10)<br />

Per calcolare la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia, il programma <strong>di</strong> simulazione interpola, da una tavola<br />

contenente i range ([HUB90], [NOR70], [ZIE85]) della particella in esame nel materiale<br />

utilizzato, il valore <strong>di</strong> R(Ei). Attraverso la (4.10), una volta calcolato R( Ei<br />

− ∆E)<br />

è possibile<br />

94<br />

E i


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

determinare, per interpolazione, l’energia residua − ∆E<br />

. Vengono, analogamente, calcolate<br />

le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia in gas e materiali compositi.<br />

E i<br />

Lo straggling energetico è calcolato (in MeV) dalla formula semiempirica [GUI86]<br />

basata sulla formula classica <strong>di</strong> Bohr:<br />

Z t<br />

δ E = kZ<br />

(4.11)<br />

( ∆ )<br />

T<br />

P<br />

AT<br />

dove ZP è il numero atomico del proiettile, ZT e AT sono, rispettivamente, numero atomico e <strong>di</strong><br />

massa del materiale e t il suo spessore in g/cm 2 . Il parametro k, sperimentalmente ricavato,<br />

cresce logaritmicamente con l’energia incidente con un valore variabile da 1 (a 1AMeV) a 2.5<br />

(a 1AGeV).<br />

L’angolo <strong>di</strong> deflessione me<strong>di</strong>o (in mr<strong>ad</strong>) dovuto alla <strong>di</strong>ffusione colombiana multipla<br />

viene, invece, valutato me<strong>di</strong>ante la seguente relazione:<br />

)<br />

α1<br />

/ 2 = α1<br />

/ 2<br />

2<br />

2Z<br />

PZ<br />

T e<br />

Ea<br />

(4.12)<br />

dove E è l’energia del proiettile, e la carica dell’elettrone, a il parametro <strong>di</strong> screening, e α 1/<br />

2<br />

)<br />

l’ ”angolo ridotto” ([ANN88]).<br />

Anche per la valutazione degli stati <strong>di</strong> carica, ci si avvale <strong>di</strong> formule semiempiriche<br />

([WIN92], [LEO98], [SHI82]) ricavate dai dati sperimentali. Nel caso della frammentazione<br />

<strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> minori <strong>di</strong> 100AMeV, l’importanza del calcolo degli stati <strong>di</strong> carica<br />

riveste un ruolo importante, giacché è possibile, come già visto, produrre frammenti con più<br />

<strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> carica (fig. 4.10a). La presenza <strong>di</strong> più stati <strong>di</strong> carica, per lo stesso isotopo,<br />

complica l’identificazione e per, tal motivo, è utile che questi stati siano correttamente<br />

simulati. A tal fine la simulazione tiene conto dell’effetto <strong>di</strong> ciascun materiale inserito che<br />

può mutare la <strong>di</strong>stribuzione degli stati <strong>di</strong> carica.<br />

95


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

4.2.5 Implementazione del fragment separator in LISE<br />

Affinché il programma <strong>di</strong> simulazione riproduca il funzionamento del fragment<br />

separator utilizzato, è stato necessario fornire al programma le sue caratteristiche tecniche.<br />

Queste ultime vengono fornite attraverso un file in ingresso (riportato in appen<strong>di</strong>ce B). In<br />

particolare vengono definite:<br />

• L’apertura dei collimatori, <strong>di</strong>sposti prima del bersaglio, nel primo fuoco, in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> un eventuale degr<strong>ad</strong>er e nel fuoco finale.<br />

• Le accettanze in angolo ed impulso in corrispondenza del bersaglio, del degr<strong>ad</strong>er e<br />

<strong>di</strong> un eventuale filtro <strong>di</strong> Wien.<br />

• Le <strong>di</strong>stanze tra il bersaglio, il degr<strong>ad</strong>er ed il primo rivelatore.<br />

• Le proprietà ottiche del <strong>fasci</strong>o primario quali la <strong>di</strong>mensione della sezione<br />

perpen<strong>di</strong>colare alla sua <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione, straggling dell’impulso,<br />

risoluzione energetica ed angolo tra la sua <strong>di</strong>rezione e l’asse <strong>di</strong> simmetria del<br />

fragment separator.<br />

• I raggi <strong>di</strong> curvatura dei due <strong>di</strong>poli.<br />

• Le matrici <strong>di</strong> trasporto relative alle sez<strong>ioni</strong> del fragment separator, ovvero,<br />

rispettivamente, dal bersaglio alla posizione <strong>di</strong> un eventuale degr<strong>ad</strong>er e da<br />

quest’ultima al fuoco finale.<br />

Come già accennato, ulteriori caratteristiche, quali rigi<strong>di</strong>tà magnetica o bersaglio <strong>di</strong><br />

produzione sono definite tramite l’interfaccia grafica del programma (fig. 4.16).<br />

4.3 Misura delle rese <strong>di</strong> produzione<br />

Una volta identificati i prodotti <strong>di</strong> reazione del <strong>fasci</strong>o secondario è stato possibile<br />

ricavare le rese <strong>di</strong> produzione. A tal fine, la regione delle matrici ∆E-ToF e ∆E-Eres<br />

corrispondente a ciascun isotopo è stata proiettata su una <strong>di</strong>mensione e lo spettro così ottenuto<br />

è stato fittato con una gaussiana (figura 4.20), dall’integrale della quale è stato ricavato il<br />

96


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

numero <strong>di</strong> conteggi. Dividendo, quin<strong>di</strong>, il numero <strong>di</strong> conteggi per il tempo <strong>di</strong> misura, sono<br />

state ricavate le rese <strong>di</strong> produzione.<br />

In tabella 4.2 sono riportate le rese misurate per alcuni degli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi prodotti<br />

più in abbondanza (in appen<strong>di</strong>ce C viene riportato l’elenco completo) nelle reaz<strong>ioni</strong> 12 C+ 9 Be a<br />

62AMeV, 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV, con correnti <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 100epA.<br />

Figura 4.20 Spettro in ∆E corrispondente alla linea <strong>di</strong> Z del Na. Il picco <strong>di</strong><br />

ogni isotopo è fittato con una gaussiana.<br />

Un confronto complessivo per tutti gli isotopi prodotti tra le rese sperimentali misurate<br />

e quelle simulate da LISE è mostrato nelle figure 4.21 (per la reazione 58 Ni+ 27 Al), 4.22 (per la<br />

reazione 40 Ar+ 9 Be) e 4.25 (per la reazione 12 C+ 9 Be). In quest’ultimo grafico, i valori<br />

sperimentali, si <strong>di</strong>scostano da quelli simulati per gli isotopi delle ultime linee <strong>di</strong> Z.<br />

97


C+Be<br />

Rese<br />

(Ioni/sec)<br />

12<br />

N 61.2±3<br />

10 C 29.0±2<br />

8 B 8.8±1<br />

Ar+Be<br />

Rese<br />

(Ioni/sec)<br />

39<br />

Cl 237±7<br />

36 S 95.8±3<br />

34<br />

P 43±2<br />

31<br />

Si 22±1<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Ni+Al<br />

Rese<br />

(Ioni/sec)<br />

55<br />

Co 259±6<br />

53<br />

Fe 97±4<br />

54<br />

Fe 54±3<br />

53<br />

Mn 49±3<br />

51 Mn<br />

51<br />

Cr<br />

49<br />

Cr<br />

66±3<br />

42±2<br />

18±1.5<br />

Tabella 4.2 Rese misurate con un’ intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 100epA, rispettivamente, all’uscita del<br />

fragment separator per 12 C+ 9 Be a 62AMeV e 40 Ar+ 9 Be a 40MeV ed in camera Ciclope per 58 Ni+ 27 Al a<br />

40AMeV.<br />

Ciò acc<strong>ad</strong>e perché i conteggi delle rese sperimentali sono falsati dalla presenza <strong>di</strong> un<br />

fondo <strong>di</strong> conteggi spuri. Infatti, anche in assenza <strong>di</strong> bersaglio <strong>di</strong> produzione e con gli elementi<br />

magnetici configurati in maniera tale da selezionare il 39 Cl, benché la simulazione non<br />

preveda, in tali con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong>, la trasmissione del <strong>fasci</strong>o primario, si sono sperimentalmente<br />

osservati degli eventi nella regione <strong>di</strong> Z più alte della matrice ∆E-Eres (fig.4.23). Tramite il<br />

confronto tra la misura con il bersaglio e quella senza, è stato sottratto il contributo <strong>di</strong> questo<br />

fondo alle rese sperimentali: il risultato così ottenuto è mostrato in figura 4.24.<br />

Come si osserva, le rese <strong>di</strong> produzione misurate hanno un andamento decrescente in<br />

funzione della massa del frammento (fig. 4.21 e 4.24): in particolare, risultano maggiori nel<br />

caso in cui la massa del frammento in esame sia molto vicina alla massa del <strong>fasci</strong>o primario.<br />

È, pertanto, preferibile <strong>ad</strong>operare un proiettile <strong>di</strong> massa simile a quella del frammento<br />

ra<strong>di</strong>oattivo che si vuole produrre: risulta, <strong>ad</strong> esempio, più vantaggioso l’utilizzo della reazione<br />

12 C+ 9 Be, piuttosto che 58 Ni+ 27 Al per produrre un <strong>fasci</strong>o secondario <strong>di</strong> nuclei leggeri<br />

ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

98


Rate(<strong>ioni</strong>/sec)<br />

1.E+04<br />

1.E+03<br />

1.E+02<br />

1.E+01<br />

1.E+00<br />

1.E-01<br />

1.E-02<br />

Na<br />

Ne<br />

EXP<br />

LISE<br />

Mg Al<br />

S<br />

i<br />

P<br />

S<br />

Cl<br />

Ar<br />

20 23 25 27 29 31 33 35 37 38 42 43 44 45 46 50 51 52 53 55 58<br />

Massa<br />

99<br />

K<br />

Ca<br />

Sc<br />

Ti<br />

V<br />

Cr<br />

Mn<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Co<br />

Fe<br />

Figura 4.21 Rate <strong>di</strong> produzione (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a 3enA.<br />

In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />

Ni


Figura 4.22 Rate (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a 7enA.<br />

In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />

100<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati


∆E(MeV)<br />

Luce nel plastico (a.u.)<br />

Figura 4.23 Matrice ∆E-Luce plastico relativa alle misure <strong>di</strong> 40 Ar+ 9 Be a 40 AMeV in assenza <strong>di</strong><br />

bersaglio, ma con il fragment separator regolato per selezionare il 39 Cl.<br />

101<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.24 Rate <strong>di</strong> produzione (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a<br />

7enA una volta sottratto il fondo. In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />

102


Rate(<strong>ioni</strong>/sec)<br />

1.00E+03<br />

1.00E+02<br />

1.00E+01<br />

1.00E+00<br />

1.00E-01<br />

1.00E-02<br />

1.00E-03<br />

lise<br />

exp<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

7 8 9 10 11 12 13<br />

Figura 4.25 Rate <strong>di</strong> produzione (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 12 C+ 9 Be a 62AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a<br />

100enA. In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />

103<br />

A


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

4.4 Trasmissione lungo la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />

Per verificare la possibilità <strong>di</strong> compiere esperimenti con i <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi così ottenuti,<br />

è necessario misurare la trasmissione degli <strong>ioni</strong> prodotti sino alle sale sperimentali, dove si<br />

trovano i <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> misura.<br />

Per determinare la trasmissione del <strong>fasci</strong>o secondario dal fuoco finale del fragment<br />

separator sino alla camera <strong>di</strong> scattering Ciclope, sono state confrontate le rese ottenute nel<br />

primo punto <strong>di</strong> misura con quelle misurate nel secondo. Tale confronto è stato eseguito<br />

normalizzando le rese sperimentali alla stessa intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a 100epA. In<br />

figura 4.26 è mostrato l’andamento delle rese, misurate all’uscita del fragment separator e nel<br />

punto Ciclope, in funzione della massa, per gli isotopi <strong>di</strong> fosforo e <strong>di</strong> silicio.<br />

Rate(<strong>ioni</strong>/sec)<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

P<br />

35 34 33 32 31 30<br />

Massa (A)<br />

Si<br />

CICLOPE<br />

FRS<br />

Figura 4.26 Confronto tra le rese misurate in Ciclope (in blu) e nel fuoco finale del<br />

fragment separator degli isotopi del P e del Si in funzione della massa A. I valori si<br />

riferiscono alla reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV e sono normalizzati <strong>ad</strong> una corrente <strong>di</strong><br />

<strong>fasci</strong>o primario pari a I=100epA.<br />

In figura 4.27 è riportata la percentuale <strong>di</strong> trasmissione degli stessi isotopi, mentre in<br />

tabella 4.2 sono elencate quelle degli altri.<br />

104


P<br />

Figura 4.27 Trasmissione degli isotopi del P e del Si in funzione della massa<br />

A, prodotti nella reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV.<br />

Isotopo<br />

40 Cl<br />

39 Cl<br />

Trasmissione(%) 93 77 61<br />

Isotopo<br />

36 S<br />

Trasmissione(%) 49 61 38<br />

Isotopo<br />

35 P<br />

Trasmissione(%) 61 43 60<br />

Isotopo<br />

32 Si<br />

35 S<br />

34 P<br />

31 Si<br />

Trasmissione(%) 72 63 55<br />

Isotopo<br />

29 Al<br />

28 Al<br />

Trasmissione(%) 61 55 66<br />

Si<br />

Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

38 Cl<br />

34 S<br />

33 P<br />

30 Si<br />

27 Al<br />

Tabella 4.2 Tabella riassuntiva della trasmissione per le specie nucleari identificate in Ciclope,<br />

ottenute nella reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV<br />

La trasmissione così osservata (tabella 4.2) varia da un minimo del 38% <strong>ad</strong> un<br />

massimo del 93% in funzione dell’isotopo preso in considerazione. È, inoltre, da notare che,<br />

nel corso dell’esperimento, l’ottica magnetica della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, dal fuoco finale del<br />

fragment separator sino alla camera Ciclope, non è stata ottimizzata per la trasmissione del<br />

<strong>fasci</strong>o secondario. Infatti, le correnti usate nei qu<strong>ad</strong>rupoli e nei <strong>di</strong>poli della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />

105


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

sono state semplicemente scalate rispetto a quelle necessarie per avere la trasmissione del<br />

<strong>fasci</strong>o primario.<br />

Questi risultati <strong>di</strong>mostrano, quin<strong>di</strong>, che si può <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sino alla sala<br />

Ciclope con attenuaz<strong>ioni</strong> modeste rispetto alle intensità <strong>di</strong> produzione.<br />

4.5 Caratterizzazione in energia e posizione del<br />

<strong>fasci</strong>o secondario<br />

Al fine <strong>di</strong> caratterizzare le proprietà del <strong>fasci</strong>o per quanto concerne la sua <strong>di</strong>stribuzione<br />

sia in energia che posizione, si è ricostruita l’energia degli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o secondario<br />

misurandone l’energia residua nel rivelatore E. Va notato che in modo “in<strong>di</strong>retto” la stessa<br />

informazione può ottenersi tramite estrapolaz<strong>ioni</strong> dai valori misurati <strong>di</strong> ∆E per ogni specie.<br />

Nelle figure 4.28 e 4.30 sono mostrate, rispettivamente, le <strong>di</strong>stribuz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> energia residua<br />

osservate per il 39 Cl nella reazione 40 Ar+ 9 Be e per il 56 Co in quella 58 Ni+ 27 Al, che risultano in<br />

buon accordo con quelle simulate dal programma LISE, riportate, rispettivamente, in figura<br />

4.29 per la reazione 40 Ar+ 9 Be e in figura 4.31 per 58 Ni+ 27 Al.<br />

0.8AMeV<br />

23AMeV<br />

Figura 4.28 Distribuzione dell’energia residua del 39 Cl ottenuto nella reazione<br />

40 Ar+ 9 Be (500µm) a 40AMeV, dopo aver attraversato 300µm <strong>di</strong> Si.<br />

106


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.29 Distribuz<strong>ioni</strong> delle <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong> alcuni <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario dopo il rivelatore al Si (300µm), simulate da LISE riproducendo la<br />

configurazione del fragment separator <strong>ad</strong>operata nella reazione 40 Ar+ 9 Be<br />

(500µm) a 40AMeV.<br />

1.5<br />

AMEv<br />

21.2 AMeV<br />

Figura 4.30 Distribuzione dell’energia residua del 56 Co ottenuto nella reazione<br />

58 Ni+ 27 Al (100µm) a 40AMeV, dopo aver attraversato 300µm <strong>di</strong> Si.<br />

107


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 4.31 Distribuz<strong>ioni</strong> delle <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong> alcuni <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />

secondario dopo il rivelatore al Si (300µm), simulate da LISE riproducendo la<br />

configurazione del fragment separator <strong>ad</strong>operata nella reazione 58 Ni+ 27 Al<br />

(100µm) a 40AMeV.<br />

La risoluzione energetica, così osservata, del <strong>fasci</strong>o secondario varia in base allo ione<br />

preso in considerazione tra il 3% ed il 10%. Tale indeterminazione energetica è dovuta sia al<br />

meccanismo <strong>di</strong> produzione dei frammenti che allo straggling in energia all’interno del<br />

bersaglio <strong>di</strong> produzione e del rivelatore ∆E, tuttavia, l’etichettatura dello ione consente<br />

nell’analisi dell’esperimento “ secondario”, <strong>di</strong> selezionare, compatibilmente con la statistica,<br />

reg<strong>ioni</strong> energetiche più definite.<br />

La figura 4.32 mostra il confronto fra le matrici delle posiz<strong>ioni</strong> x-y <strong>di</strong> incidenza degli<br />

<strong>ioni</strong> sul PPAC posto nel fuoco finale del fragment separator e le previs<strong>ioni</strong> del programma <strong>di</strong><br />

simulazione <strong>di</strong> LISE: si noti il buon accordo. La risoluzione in posizione ottenuta tramite il<br />

PPAC consentirà <strong>di</strong> etichettare anche la posizione dello ione-<strong>fasci</strong>o prima della reazione<br />

secondaria.<br />

108


Capitolo 4. Analisi dei dati<br />

Figura 3.2 In alto, matrice sperimentale delle posizione x-y <strong>di</strong> incidenza degli<br />

<strong>ioni</strong> sul PPAC posto nel fuoco finale del fragment separator. In basso, la<br />

<strong>di</strong>stribuzione prevista dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE nella coor<strong>di</strong>nata y.<br />

109


5. PROSPETTIVE<br />

Capitolo 5. Prospettive<br />

Le prospettive aperte dall’utilizzo <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sono molteplici: nell’ambito della<br />

fisica nucleare, per esempio, esse comprendono la determinazione dei limiti <strong>di</strong> esistenza <strong>di</strong><br />

nuclei stabili, l’evoluzione della struttura a shell nei nuclei allontanandosi dalla valle <strong>di</strong><br />

stabilità e lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> strutture nuove. Altre prospettive riguardano l’astrofisica, il modello<br />

standard, il campo tecnologico e quello me<strong>di</strong>co.<br />

In questo capitolo sono presentate alcune delle possibili <strong>di</strong>rez<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> indagine<br />

scientifica. In particolare verranno esaminate le prospettive <strong>di</strong> ricerca aperte dal possibile<br />

utilizzo della frammentazione del proiettile per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso i LNS<br />

presentato in questo lavoro <strong>di</strong> tesi.<br />

5.1 Ricerche <strong>di</strong> struttura nucleare<br />

5.1.1 I limiti dell’esistenza nucleare<br />

La zona <strong>di</strong> stabilità nucleare è molto sensibile alle variaz<strong>ioni</strong> dell’energia <strong>di</strong> legame<br />

che varia in funzione <strong>di</strong> N e Z. I vari modelli nucleari prevedono <strong>di</strong>fferenti valori dell’energia<br />

<strong>di</strong> legame e, dunque, sono in <strong>di</strong>saccordo anche sui confini della regione nel piano (N,Z)<br />

corrispondente a nuclei stabili. La produzione me<strong>di</strong>ante <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> tali nuclei (fig. 5.1)<br />

consentirebbe la determinazione della posizione <strong>di</strong> tali confini, fornendo un primo criterio <strong>di</strong><br />

selezione dei <strong>di</strong>versi modelli nucleari. Si può, <strong>ad</strong> esempio, utilizzare un <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo per<br />

creare, <strong>di</strong>rettamente, nuclei ancora più lontani dalla stabilità tramite un’ulteriore<br />

frammentazione su <strong>di</strong> un bersaglio secondario.<br />

Tramite misure <strong>di</strong> coincidenza possono essere stu<strong>di</strong>ati anche nuclei instabili, in quanto<br />

sperimentalmente si possono presentare come risonanze: dallo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questi nuclei con<br />

ampio eccesso <strong>di</strong> neutroni o <strong>di</strong> protoni ci si attende una migliore determinazione<br />

dell’interazione nucleare, almeno per quanto riguarda il ruolo dell’isospin. In particolare, in<br />

110


Capitolo 5. Prospettive<br />

prossimità della drip-line dei protoni, la barriera coulombiana rende possibile l’esistenza <strong>di</strong><br />

nuclei instabili con vite me<strong>di</strong>e sino a 10 -18 sec 1 .<br />

Figura 5.1 Grafici bi<strong>di</strong>mensionali <strong>di</strong> identificazione, ∆E-ToF a sinistra e ∆E-E a destra, che mostrano la<br />

prima osservazione del nucleo doppiamente magico 48 Ni [BLA00]: scoperta realizzata a GANIL in un<br />

esperimento che utilizzava la facility SISSI/LISE3.<br />

5.1.2 Evoluzione della struttura a shell<br />

L’applicazione del modello a shell <strong>ad</strong> un sistema a molti corpi quale il nucleo,<br />

rappresenta uno dei maggiori successi della fisica nucleare. Secondo tale modello, i nucleoni<br />

sono tenuti insieme da un campo me<strong>di</strong>o, generato dalle interaz<strong>ioni</strong> me<strong>di</strong>e nucleone-nucleone.<br />

Il nucleo si può, così, descrivere come una buca <strong>di</strong> potenziale, occupata dai nucleoni<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti il principio <strong>di</strong> esclusione Pauli. Tale potenziale contiene un termine centrale VC,<br />

che segue l’andamento della densità nucleare, un termine <strong>di</strong> accoppiamento spin-orbita VLS,<br />

ed uno <strong>di</strong> pairing VP, che esprime la tendenza dei nucleoni <strong>ad</strong> accoppiarsi in coppie <strong>di</strong> spin<br />

opposto:<br />

V ( r)<br />

= V ( r)<br />

+ V + V<br />

(5.1)<br />

1 Alcuni <strong>di</strong> questi nuclei, come 7,9,10 He, 10 Li, 13 Be, 11 N, 12 O, sono già stati stu<strong>di</strong>ati.<br />

C<br />

111<br />

LS<br />

P


Capitolo 5. Prospettive<br />

La migliore evidenza sperimentale a sostegno del modello a shell è l’esistenza dei<br />

cosiddetti “numeri magici”, ossia <strong>di</strong> alcuni numeri <strong>di</strong> protoni e <strong>di</strong> neutroni (2, 8, 20, 28, 50,<br />

82, 126), corrispondenti alle chiusure <strong>di</strong> shell, per i quali i nuclei mostrano proprietà peculiari,<br />

come, per esempio, una maggiore energia <strong>di</strong> legame (fig. 5.2), sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> assorbimento<br />

più piccole e configuraz<strong>ioni</strong> a simmetria sferica. Tuttavia, è stata osservata un’attenuazione in<br />

queste proprietà per nuclei molto instabili ed, inoltre, in<strong>di</strong>zi della scomparsa <strong>di</strong> alcuni numeri<br />

magici e della comparsa <strong>di</strong> nuovi. È, pertanto, interessante indagare sull’evoluzione della<br />

struttura a shell in prossimità delle drip-lines e valutare meglio la <strong>di</strong>pendenza dall’isospin dei<br />

vari termini del potenziale <strong>di</strong> modello a shell (5.1).<br />

Figura 5.2 Energia <strong>di</strong> legame dell’ultimo neutrone in funzione <strong>di</strong> N.<br />

Per stu<strong>di</strong>are le proprietà del modello a shell nei nuclei esotici occorre stu<strong>di</strong>are gli<br />

orbitali <strong>di</strong> particella singola. A tal fine, si possono utilizzare le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> stripping (pick-up),<br />

in cui un singolo nucleone dal livello più esterno viene sottratto (aggiunto) al nucleo da<br />

stu<strong>di</strong>are. Un’altra possibile tecnica, consiste nello stu<strong>di</strong>o dei livelli eccitati <strong>di</strong> particella<br />

singola, prodotti per eccitazione coulombiana, attraverso l’osservazione dei fotoni emessi<br />

nella transizione allo stato fondamentale. In figura 5.3 (a e b) è mostrato un esempio <strong>di</strong> tale<br />

112


Capitolo 5. Prospettive<br />

stu<strong>di</strong>o per un nucleo stabile e nella tabella 5.1 gli esperimenti già condotti con <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

Figura 5.3a Schema dell’apparato sperimentale<br />

necessario per condurre esperimenti <strong>di</strong> eccitazione<br />

coulombiana del proiettile. I rivelatori per la<br />

ricostruzione della traiettoria e il rivelatore delle<br />

particelle del <strong>fasci</strong>o assicurano che l’angolo <strong>di</strong><br />

scattering sia piccolo, e identificano con certezza la<br />

particella dopo l’interazione con il bersaglio<br />

38 S<br />

40 S<br />

Figura 5.3b Spettro dei fotoni per la reazione<br />

197Au( 40 S, 40 S*) a 39.5AMeV [SCH99]. Nel<br />

riqu<strong>ad</strong>ro superiore lo spettro nel sistema <strong>di</strong><br />

riferimento del laboratorio: la transizione <strong>di</strong><br />

547keV del bersaglio eccitato è visibile come un<br />

picco netto (in verde). Nel pannello in basso, è<br />

evidenziato in rosso il picco corrispondente alla<br />

transizione <strong>di</strong> 891keV del proiettile, più netto<br />

dopo la correzione per l’effetto Doppler.<br />

Fascio<br />

Energia(AMeV) 39.2 39.5 40.6 33.5 35.2<br />

Intensità(sec -1 ) 5·10 4<br />

1.7·10 4<br />

1.8·10 4<br />

5·10 4<br />

Bersaglio<br />

(mg/cm 2 )<br />

184 184 184 93 93<br />

σ(E2;gs→2 + )(mb) 59 94 128 81 53<br />

42 S<br />

44 Ar<br />

46 Ar<br />

2.7·10 4<br />

Tabella 5.1 Tabella riassuntiva delle caratteristiche salienti <strong>di</strong> alcuni esperimenti <strong>di</strong> eccitazione<br />

coulombiana <strong>di</strong> proiettili ra<strong>di</strong>oattivi, già condotti presso il NSCL-MSU.<br />

113


Capitolo 5. Prospettive<br />

Reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica (fig.5.4), nelle quali viene sostituito un protone con un<br />

neutrone, o viceversa, costituiscono un altro strumento <strong>di</strong> indagine, consentendo, tra l’altro, <strong>di</strong><br />

realizzare stu<strong>di</strong> spettroscopici su nuclei esotici, in particolare all’approssimarsi delle drip-<br />

lines.<br />

Figura 5.4 Due possibili reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica per nuclei leggeri. A destra, rappresentazione<br />

schematica della reazione <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica 9 Be( 9 Be, 8 B) 10 Li.<br />

5.1.3 Strutture nucleari nuove<br />

Le ricerche finora condotte con <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, hanno permesso <strong>di</strong><br />

raggiungere la drip-line dei neutroni solo nel caso <strong>di</strong> nuclei leggeri. In prossimità della drip-<br />

line è stato osservato, per la prima volta, il fenomeno dell’alone nucleare (halo nuclei), in<br />

seguito osservato anche in nuclei leggeri vicini alla drip-line dei protoni [NAV98]. La figura<br />

5.5 mostra tutti i nuclei con alone sino <strong>ad</strong> oggi scoperti, mentre la figura 5.6 mette a confronto<br />

le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> due nuclei con alone con le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> un nucleo pesante.<br />

I risultati sperimentali trovati per questo tipo <strong>di</strong> nuclei, sono coerenti con una nuova<br />

forma <strong>di</strong> struttura nucleare: la clusterizzazione del nucleo in un core or<strong>di</strong>nario ed alcuni 2<br />

nucleoni debolmente legati, che formano una materia nucleare altamente <strong>di</strong>luita. Le <strong>energie</strong> <strong>di</strong><br />

2 Sono stati osservati aloni <strong>di</strong> 1, 2 e 4 neutroni (fig. 5.5)<br />

114


Capitolo 5. Prospettive<br />

legame <strong>di</strong> questi nucleoni sono così basse da rendere importante il contributo dell’interazione<br />

residua, altrimenti descrivibile, nei nuclei stabili, come una perturbazione del campo me<strong>di</strong>o<br />

formato collettivamente da tutti i nucleoni .<br />

Figura 5.5 I nuclei con alone sinora noti.<br />

Figura 5.6 Rappresentazione pittorica <strong>di</strong> due nuclei con alone <strong>di</strong> neutrone e confronto delle<br />

rispettive <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> con quelle <strong>di</strong> un nucleo pesante stabile.<br />

Uno dei primi nuclei a mostrare evidenze sperimentali <strong>di</strong> alone è stato il 11 Li<br />

[TAN85]: esso è descrivibile come un sistema a tre corpi, un core costituito da un nucleo <strong>di</strong><br />

9 Li e due neutroni. Il 11 Li è un esempio fisico <strong>di</strong> sistema borromeano, ossia costituito da tre<br />

parti legate insieme, ma non a due a due (fig. 5.6): non esistono, infatti, né il 10 Li né uno stato<br />

115


Capitolo 5. Prospettive<br />

legato <strong>di</strong> due neutroni e, pertanto, è evidente che l’interazione <strong>di</strong> pairing è determinante nel<br />

rendere stabile questo sistema.<br />

La prima evidenza sperimentale dell’esistenza <strong>di</strong> un sistema con alone fu ricavata dalla<br />

misura delle <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> nucleari [TAN85]. Tali stu<strong>di</strong> possono essere condotti me<strong>di</strong>ante la<br />

misura della sezione d’urto totale <strong>di</strong> reazione <strong>di</strong> tale nucleo, in quanto, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> non troppo<br />

elevate, essa coincide, in buona approssimazione, con la sezione d’urto geometrica σg,,<br />

ovvero:<br />

σtot ≈ σg =π(RP+RT) 2 (5.2)<br />

dove RP ed RT sono, rispettivamente, i raggi del nucleo proiettile e del nucleo bersaglio. La<br />

misura della sezione d’urto totale si effettua misurando quanta parte delle particelle incidenti<br />

attraversano il bersaglio senza interagire.<br />

Figura 5.7 Distribuzione dell’impulso trasverso <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> 9 Li nella reazione 11 Li+C. La linea<br />

continua e quella tratteggiata rappresentano i fit con <strong>di</strong>stribuz<strong>ioni</strong> gaussiane <strong>di</strong> ampiezza <strong>di</strong>versa. La<br />

componente più piccata è un in<strong>di</strong>zio dell’esistenza dell’alone nucleare.<br />

Un’ulteriore conferma dell’esistenza <strong>di</strong> un alone si trova nella <strong>di</strong>stribuzione in<br />

momento dei nucleoni che lo costituiscono [KOB88], che, per <strong>di</strong>retta conseguenza del<br />

principio <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg, deve presentarsi molto più piccata <strong>di</strong> quella dei<br />

nucleoni del core nel caso in cui siano <strong>di</strong>stribuiti su <strong>di</strong> una regione spaziale più estesa (fig.<br />

116


117<br />

Capitolo 5. Prospettive<br />

5.7). Si può pervenire a tale <strong>di</strong>stribuzione analizzando i prodotti del break-up del nucleo<br />

esotico in stu<strong>di</strong>o, reazione indotta, <strong>ad</strong> esempio, in un bersaglio con elevato numero atomico,<br />

così che la forte interazione coulombiana agisca solo sul core, separandolo dall’alone neutro.<br />

L’esistenza <strong>di</strong> un alone “soffice” consente, inoltre, <strong>di</strong> avere oscillaz<strong>ioni</strong> giganti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>polo (GDR) <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> più basse <strong>di</strong> quelle caratteristiche <strong>di</strong> un nucleo normale.<br />

Esaminando, dunque, lo spettro delle GDR in funzione dell’energia si osservano due picchi,<br />

uno relativo al moto dell’alone rispetto al core a più bassa energia ed uno legato alle<br />

oscillaz<strong>ioni</strong> del solo core <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> più elevate.<br />

Il nucleo più pesante, per il quale sia stata accertata la presenza <strong>di</strong> un alone <strong>di</strong><br />

neutrone, è il 19 C (fig. 5.6), ma si cerca <strong>di</strong> trovare anche altri sistemi con alone nucleare, per<br />

meglio comprendere la sistematica <strong>di</strong> questo fenomeno.<br />

Inoltre, la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei con alone <strong>di</strong> neutroni migliorerebbe le rese <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni per trasferimento multiplo <strong>di</strong> neutroni. Tale reazione,<br />

infatti, ha sez<strong>ioni</strong> d’urto basse, che crescono al <strong>di</strong>minuire dell’energia <strong>di</strong> legame dei neutroni<br />

del proiettile.<br />

Stu<strong>di</strong>ando la drip line dei protoni, sono stati osservati anche aloni <strong>di</strong> protoni (il 8 B<br />

nello stato fondamentale, per esempio) per i quali un ruolo determinante è svolto<br />

dall’interazione coulombiana, che ha il duplice effetto <strong>di</strong> ridurre l’energia <strong>di</strong> legame<br />

ostacolando contemporaneamente l’emissione <strong>di</strong> protoni.<br />

ρ(r) ρ(r)<br />

r<br />

Figure 5.8 Densità <strong>di</strong> neutroni e <strong>di</strong> protoni in funzione della <strong>di</strong>stanza dal centro del nucleo,<br />

rappresentate, rispettivamente, con una linea continua ed una tratteggiata. A sinistra in presenza della<br />

pelle <strong>di</strong> neutroni, a destra in assenza.<br />

Oltre agli aloni nucleari, è stata osservata anche un’altra nuova struttura nucleare: la<br />

“pelle <strong>di</strong> neutroni” (neutron skin). In nuclei pesanti ricchi <strong>di</strong> neutroni, in prossimità della<br />

r


Capitolo 5. Prospettive<br />

superficie nucleare, la densità dei protoni va a zero prima <strong>di</strong> quella dei neutroni (fig. 5.8), e,<br />

pertanto, si forma una sorta <strong>di</strong> “pelle” <strong>di</strong> neutroni attorno <strong>ad</strong> un core simmetrico (un esempio<br />

<strong>di</strong> tali nuclei è lo 132 Sn). A <strong>di</strong>fferenza dei nuclei con alone <strong>di</strong> neutrone, in questo caso, i<br />

nucleoni esterni sono sempre ben legati e, pertanto, il fenomeno <strong>di</strong> neutron skin è ancora<br />

riconducibile <strong>ad</strong> effetti <strong>di</strong> campo me<strong>di</strong>o.<br />

Muovendosi verso la drip line dei neutroni, l’energia <strong>di</strong> legame <strong>di</strong>minuisce ed<br />

aumentano le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> della <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> densità dei neutroni, mentre quella dei protoni<br />

rimane, pressoché, costante: la neutron skin costituisce un esempio <strong>di</strong> materia neutronica,<br />

simile a quella che si pensa esista nelle stelle <strong>di</strong> neutroni (fig. 5.9).<br />

Figura 5.9 Un’ immagine nella banda X dello spettro dei resti della supernova Puppis A. In basso a<br />

destra l’ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una debole sorgente <strong>di</strong> raggi X, molto probabilmente una stella <strong>di</strong><br />

neutroni <strong>di</strong> recente formazione.<br />

5.2 Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> astrofisica nucleare<br />

Uno degli obiettivi dell’astrofisica nucleare è la comprensione dei meccanismi <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> nucleosintesi che si svolgono nei siti cosmici e stellari (fig. 5.10).<br />

Questi processi sono, tuttora, in corso, <strong>ad</strong> esempio, nelle esplos<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> novae e supernoavae.<br />

In tali eventi cosmici, la velocità con cui si susseguono le reaz<strong>ioni</strong> nucleari può essere<br />

estremamente elevata, tanto da convertire, in pochi secon<strong>di</strong>, una quantità <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> nuclei<br />

118


Capitolo 5. Prospettive<br />

leggeri pari a quella del nostro sole in elementi pesanti. I nuclei coinvolti in queste reaz<strong>ioni</strong><br />

sono moltissimi e spaziano dalla valle <strong>di</strong> stabilità sino ai confini della carta nucleare. È<br />

necessario, pertanto, <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi per riprodurre e comprendere tali reaz<strong>ioni</strong>.<br />

Figura 5.10 Ruolo delle varie fasi della vita stellare nella sintesi degli elementi.<br />

A ciascun evento cosmico è associata una regione <strong>di</strong> nuclei nel piano (N,Z): la<br />

nucleosintesi del Big-Bang, <strong>ad</strong> esempio, riguarda solo i nuclei più leggeri, mentre la<br />

combustione esplosiva dell’idrogeno (processi-rp), coinvolge i nuclei vicino alla drip-line dei<br />

protoni.<br />

Secondo il modello più accre<strong>di</strong>tato, l’universo ebbe origine circa 15 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa<br />

nel Big-Bang dall’esplosione <strong>di</strong> un aggregato <strong>di</strong> materia a densità e temperatura oltremodo<br />

119


Capitolo 5. Prospettive<br />

elevate. Nei primissimi istanti si ebbe la predominanza della materia sull’anti-materia. Dopo<br />

circa un microsecondo il plasma <strong>di</strong> quark e gluoni si condensò nei nucleoni e negli altri<br />

bar<strong>ioni</strong>. Nei successivi 10 secon<strong>di</strong> l’universo si raffreddò <strong>ad</strong> un punto tale da permettere la<br />

sintesi dei nuclei più leggeri, tra cui 2 H, 3 He, 4 He, 7 Li. L’abbondanza attuale <strong>di</strong> questi<br />

elementi ha permesso <strong>di</strong> stimare la densità bar<strong>ioni</strong>ca dell’universo primor<strong>di</strong>ale. Tuttavia,<br />

l’abbondanza <strong>di</strong> altri elementi, come berillio e boro, non è spiegata dal modello standard del<br />

Big-Bang, basato sull’ipotesi <strong>di</strong> un universo omogeneo ed isotropo. Si suppone, pertanto, che<br />

la nucleosintesi primor<strong>di</strong>ale possa essere stata mo<strong>di</strong>ficata dalla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>somogeneità<br />

nella densità dell’universo nei suoi istanti iniziali. Tale <strong>di</strong>somogeneità in<strong>di</strong>cherebbe che la<br />

presunta transizione <strong>di</strong> fase dal quark-gluon plasma alla materia <strong>ad</strong>ronica sia del primo or<strong>di</strong>ne.<br />

Le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> nucleosintesi, in questo scenario alternativo, coinvolgerebbero anche nuclei a<br />

vita breve, tra i quali, il più importante è il 8 Li. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> con <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, tra<br />

cui, <strong>ad</strong> esempio, la 8 Li(α,n) 11 B che si pensa si trovi sul percorso principale che porta alla<br />

sintesi degli elementi più pesanti del 11 B, potrebbe chiarire l’origine <strong>di</strong> tali abbondanze<br />

anomale.<br />

Uno dei processi responsabili della nucleosintesi stellare è il processo rp, ovvero <strong>di</strong><br />

cattura rapida <strong>di</strong> protoni. In tale processo da un nucleo <strong>di</strong> partenza vengono catturati in<br />

successione protoni sino a quando viene sintetizzato un nucleo che dec<strong>ad</strong>e β + con un tempo<br />

più breve <strong>di</strong> quello tipico del processo <strong>di</strong> cattura nucleonica. Si ottiene così un nuovo nucleo,<br />

più stabile, dal quale riparte la sequenza verso la drip line dei protoni.<br />

Come si vede in figura 5.11, il percorso seguito è <strong>di</strong>verso al variare della temperatura<br />

mantenendosi, tuttavia, sempre vicino alla drip-line dei protoni. Questo è uno dei motivi per<br />

cui è importante conoscere le proprietà dei nuclei in questa regione ed, in particolare, la<br />

sezione d’urto <strong>di</strong> cattura <strong>di</strong> protone e la loro vita me<strong>di</strong>a rispetto al deca<strong>di</strong>mento beta.<br />

Quando una stella massiccia collassa ed il suo core si converte in materia neutronica,<br />

viene prodotto un intenso flusso <strong>di</strong> neutrini, che, interagendo con gli strati più esterni della<br />

stella, <strong>di</strong>sintegra molte specie <strong>di</strong> nuclei, riducendole in H ed He. Al termine <strong>di</strong> tale processo,<br />

H ed He si ricombinano sino a produrre nuclei <strong>di</strong> massa atomica sino a 80. È stato ipotizzato<br />

120


Capitolo 5. Prospettive<br />

che queste reaz<strong>ioni</strong> coinvolgano nuclei con vite me<strong>di</strong>e molto brevi, che pertanto possono<br />

essere stu<strong>di</strong>ate con <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />

Z<br />

N<br />

Temperatura<br />

14 O 0.12-0.16 GK<br />

15 O 0.17-0.20 GK<br />

24 Si 0.3-1.0 GK<br />

34 Ar 1.0-1.2 GK<br />

56 Ni 1.3-2.0 GK<br />

Figura 5.11 Alcuni percorsi seguiti dai processi rp nel piano (N,Z), in relazione alla temperatura.<br />

Infine, un ulteriore campo <strong>di</strong> indagine scientifica, resa possibile dall’utilizzo <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi, riguarda lo stu<strong>di</strong>o della <strong>di</strong>pendenza dall’isospin dell’equazione <strong>di</strong> stato EOS della<br />

materia nucleare. Esso riveste un ruolo <strong>di</strong> fondamentale importanza per la comprensione <strong>di</strong><br />

una vasta categoria <strong>di</strong> fenomeni astrofisici, tra cui le stelle <strong>di</strong> neutroni, il cui equilibrio statico<br />

è governato dal bilancio tra una pressione negativa fornita dall’attrazione gravitazionale ed<br />

una positiva, a cui contribuisce anche il gr<strong>ad</strong>o <strong>di</strong> incompressibilità della materia nucleare.<br />

121


Capitolo 5. Prospettive<br />

5.3 Le prospettive dell’impiego <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi ai LNS<br />

I <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi che possono essere prodotti con il fragment separator da reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong><br />

frammentazione del proiettile come riportato in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, sono <strong>di</strong> <strong>energie</strong><br />

interme<strong>di</strong>e (fig. 5.12).<br />

Figura<br />

5.12 Grafico delle <strong>energie</strong> e del numero atomico dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi prodotti dagli<br />

apparati<br />

esistenti e da quelli <strong>di</strong> futura costruzione. Sono in<strong>di</strong>cate la barriera coulombiana e<br />

l’ energia necessaria affinché il 90% dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi esca totalmente <strong>ioni</strong>zzato dal<br />

bersaglio <strong>di</strong> produzione (bare nuclei).<br />

Il limite superiore è fissato dall’energia del <strong>fasci</strong>o primario e, pertanto, è legato alle<br />

caratteristiche dell’acceleratore usato (il CS): le <strong>energie</strong> massime raggiungibili vanno da circa<br />

122


Capitolo 5. Prospettive<br />

100AMeV, per gli <strong>ioni</strong> leggeri, a circa 40AMeV per gli <strong>ioni</strong> più pesanti (fig. 5.13). Per<br />

ottenere dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> <strong>energie</strong> minori, piuttosto che <strong>di</strong>minuire l’energia del <strong>fasci</strong>o<br />

primario, riducendo la resa dei prodotti perché <strong>di</strong>minuisce sia la sezione d’urto <strong>di</strong><br />

frammentazione che la focalizzazione in avanti dei prodotti, è preferibile interporre dei<br />

degr<strong>ad</strong>er <strong>di</strong> spessore opportuno.<br />

E max(AMeV)<br />

Limite attuale<br />

Limite teorico<br />

Figura 5.13 Energia massima <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o che il ciclotrone CS può fornire in funzione della massa A<br />

dello ione accelerato: in rosso il valore teorico ed in arancione quello attuale. I punti blu<br />

corrispondono ai <strong>fasci</strong> effettivamente forniti nel periodo 1995-2000, quelli in rosso corrispondono<br />

all’anno 2001.<br />

Le prospettive derivanti dall’impiego <strong>di</strong> tale apparato presso i Laboratori Nazionali del<br />

Sud sono molteplici: la tabella 5.2 illustra alcuni tra i possibili esperimenti che possono essere<br />

eseguiti, con particolare riferimento alla problematica scientifica <strong>ad</strong> essi connessa. Quale tipo<br />

<strong>di</strong> esperimenti possano essere condotti <strong>di</strong>pende strettamente dall’intensità del <strong>fasci</strong>o<br />

ra<strong>di</strong>oattivo ottenuto (fig 5.14), in quanto quest’ultimo determina il tempo necessario per una<br />

statistica sufficiente per lo stu<strong>di</strong>o in questione, in un tempo ragionevole (fig.5.15).<br />

123<br />

A


METODO<br />

Rivelazione ed<br />

identificazione<br />

Tempi <strong>di</strong> vita rispetto al<br />

deca<strong>di</strong>mento β<br />

INTENSITÀ MINIMA<br />

(part/sec)<br />

10 -5<br />

10 -3<br />

Misure <strong>di</strong> massa 10 -2<br />

Sezione d’urto <strong>di</strong><br />

interazione<br />

Eccitazione coulombiana<br />

(0 + →2 + )<br />

10 -2<br />

1<br />

Capitolo 5. Prospettive<br />

FISICA<br />

Limiti <strong>di</strong> esistenza dei<br />

nuclei<br />

Deformaz<strong>ioni</strong> nucleari e<br />

processo rp<br />

Determinazione<br />

dell’energia <strong>di</strong> legame<br />

B(N,Z) e nucleosintesi<br />

esplosiva<br />

Dimens<strong>ioni</strong> nucleari<br />

Evoluzione del modello a<br />

shell e processo r<br />

Scattering elastico 10 +3 Distribuzione della<br />

densità nei nuclei<br />

Scattering inelastico 10 +3 Struttura nucleare e<br />

processo rp<br />

Reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> stripping 10 +4 Proprietà nucleari oltre le<br />

drip line.<br />

Reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> break-up 10 +5 Aloni, modelli a cluster e<br />

fattori spettroscopici<br />

Collis<strong>ioni</strong> tra <strong>ioni</strong> pesanti 10 +5 Compressibilità nucleare<br />

ed EOS<br />

Oscillaz<strong>ioni</strong> giganti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>polo (GDR)<br />

10 +6<br />

Dimens<strong>ioni</strong> e forma<br />

nucleari<br />

Tabella 5.2 Prospettive <strong>di</strong> ricerca che si possono condurre utilizzando <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi prodotti<br />

dal fragment separator presso i LNS elencati secondo l’intensità minima necessaria. Tale<br />

grandezza tiene conto della sezione d’urto attesa per i vari processi, <strong>di</strong> spessori <strong>di</strong> bersaglio<br />

secondario compatibili con la misura da effettuare e <strong>di</strong> tempi <strong>di</strong> misura “ragionevoli”.<br />

124


Capitolo 5. Prospettive<br />

Production<br />

target<br />

Figura 5.14 Numero <strong>di</strong> eventi <strong>di</strong> reazione, indotte da 40 Cl su un bersaglio <strong>di</strong> massa A=50 e <strong>di</strong><br />

spessore t=5mg/cm 2 , assumendo per il processo stu<strong>di</strong>ato una sezione d’urto <strong>di</strong> 1barn, al variare della<br />

corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario ( 40 Ar a 40AMeV) e dello spessore del bersaglio <strong>di</strong> produzione ( 9 Be).<br />

Figura 5.15 Tempo <strong>di</strong> attesa per 1 evento, nelle stesse con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> figura 5.14 al variare della<br />

sezione d’urto del processo.<br />

125


Capitolo 5. Prospettive<br />

Un fattore 1000 <strong>di</strong> gu<strong>ad</strong>agno sulle rese misurate, ottenute con un’intensità <strong>di</strong> corrente<br />

del <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 100pA, può essere ottenuto aumentando l’intensità <strong>di</strong> corrente sino a<br />

100enA 1 . Un ulteriore incremento <strong>di</strong> un fattore 10 può derivare dall’installazione dei nuovi<br />

qu<strong>ad</strong>rupoli (par 3.3), che aumenteranno l’accettanza complessiva del <strong>di</strong>spositivo. Pertanto,<br />

con 100enA <strong>di</strong> corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario ed i nuovi qu<strong>ad</strong>rupoli, si prevedono rese comprese<br />

tra 10 5 e 10 6 <strong>ioni</strong>/sec. Ciò corrisponde, con una frequenza <strong>di</strong> RF compresa tra 15 e 50MHz, a<br />

meno <strong>di</strong> uno ione ra<strong>di</strong>oattivo ogni 10 burst del CS.<br />

Il sistema <strong>di</strong> etichettatura degli <strong>ioni</strong>, evento per evento, pone, tuttavia, un limite<br />

tecnico alle intensità massime <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo tollerabili. Utilizzando per<br />

l’identificazione un solo rivelatore, <strong>ad</strong> esempio, sorgono problemi dovuti alla sovrapposizione<br />

<strong>di</strong> segnali corrispondenti <strong>ad</strong> eventi temporalmente vicini (pile-up). Questo problema può<br />

essere superato impiegando un rivelatore segmentato, in modo da ridurre la frequenza <strong>di</strong><br />

conteggi su ogni singolo elemento del rivelatore 3 . Tale rivelatore potrebbe, inoltre, essere<br />

posizionato in corrispondenza <strong>di</strong> un settore della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o in cui l’ottica magnetica<br />

allarga le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o, in modo tale da poter usare rivelatori più gran<strong>di</strong> e quin<strong>di</strong> più<br />

semplici da realizzare e soggetti <strong>ad</strong> una densità <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> minore. Un rivelatore segmentato ha,<br />

inoltre, il vantaggio <strong>di</strong> fornire un’informazione sulla posizione dello ione rivelato. Tale<br />

informazione risulta particolarmente utile qualora il rivelatore sia posto in prossimità del<br />

bersaglio secondario, perché permette <strong>di</strong> determinare il punto in cui lo ione ra<strong>di</strong>oattivo<br />

interagisce, consentendo, pertanto, una migliore ricostruzione dell’angolo a cui sono rivelati i<br />

prodotti reazione.<br />

In ogni caso, l’identificazione non è possibile quando viene prodotto più <strong>di</strong> uno ione<br />

ra<strong>di</strong>oattivo per burst. Infatti, se si realizzasse questa con<strong>di</strong>zione, gli <strong>ioni</strong>, sebbene identificati,<br />

sarebbero troppo vicini temporalmente per poter stabilire quale abbia generato la reazione <strong>di</strong><br />

interesse. Questo pone un limite superiore <strong>di</strong> circa 10 6 <strong>ioni</strong>/sec alle intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />

secondario raggiungibili con l’intero apparato.<br />

1<br />

È in corso un progetto <strong>di</strong> sviluppo del CS che ha come obiettivo il raggiungimento <strong>di</strong> correnti dell’or<strong>di</strong>ne del<br />

µA.<br />

3<br />

Un singolo elemento <strong>di</strong> un rivelatore segmentato 16x16 riceverebbe un’intensità circa 200 volte minore<br />

dell’intensità complessiva.<br />

126


6. CONCLUSIONI<br />

Capitolo 6. Conclus<strong>ioni</strong><br />

Nel presente lavoro <strong>di</strong> tesi è stata stu<strong>di</strong>ata la possibilità <strong>di</strong> produrre, presso i Laboratori<br />

Nazionali del Sud <strong>di</strong> Catania, <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti da reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione del<br />

proiettile <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e. Sono state, in particolare, stu<strong>di</strong>ate le reaz<strong>ioni</strong> 12 C+ 9 Be a 62<br />

AMeV, 40 Ar+ 9 Be ed 58 Ni+ 27 Al a 40 AMeV.<br />

Due sistemi <strong>di</strong> rivelazione (cap. 3), uno nel fuoco finale del fragment separator ed uno<br />

all’ingresso della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope, entrambi costituiti da un PPAC, un rivelatore<br />

al Si <strong>di</strong> 300µm ed uno scintillatore, hanno fornito, rispettivamente, la posizione x-y, la per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> energia ∆E e l’energia residua Eres <strong>di</strong> ogni frammento. Il rivelatore al Si è stato <strong>ad</strong>operato,<br />

anche, per fornire una misura <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo in combinazione con il segnale <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>ofrequenza del Ciclotrone Superconduttore.<br />

In tal modo, correlando le informaz<strong>ioni</strong> provenienti dai <strong>di</strong>versi rivelatori, è stato<br />

possibile confrontare i risultati ottenuti tramite le due tecniche <strong>di</strong> identificazione usate: ∆E – E<br />

e ∆E – ToF<br />

Al fine <strong>di</strong> utilizzare i frammenti così prodotti quali <strong>fasci</strong> secondari per successivi<br />

esperimenti, si rende necessario etichettare, evento per evento, gli <strong>ioni</strong> prodotti, senza alterare<br />

in maniera significativa le loro proprietà. Per tal motivo, l’identificazione effettuata me<strong>di</strong>ante<br />

la tecnica ∆E – ToF risulta la sola possibile, inoltre, la presenza <strong>di</strong> un solo rivelatore, (e,<br />

pertanto, <strong>di</strong> un solo strato <strong>di</strong> materia) produce, nei frammenti del <strong>fasci</strong>o, straggling energetici<br />

ed angolari molto piccoli.<br />

Le reg<strong>ioni</strong> nelle matrici sperimentali ∆E – ToF associate a ciascun isotopo, sono state<br />

confrontate con quelle fornite dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE (par. 4.2), configurato in<br />

maniera da simulare la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi tramite il fragment separator utilizzato,<br />

ottenendo un buon accordo. Una volta identificati i prodotti <strong>di</strong> reazione del <strong>fasci</strong>o secondario,<br />

è stato possibile misurarne le rese <strong>di</strong> produzione (paragrafo 4.3). Le rese misurate degli <strong>ioni</strong><br />

per i quali è stato ottimizzato il fragment separator variano tra 10 e 300 <strong>ioni</strong>/sec, con<br />

un’intensità <strong>di</strong> corrente del <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> circa 100epA, in buon accordo con quelle<br />

127


Capitolo 6. Conclus<strong>ioni</strong><br />

stimate dalla simulazione. Tali rese aumenterebbero a 10 4 - 3٠10 6 con correnti <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />

primario <strong>di</strong> circa 100enA e con l’installazione dei nuovi qu<strong>ad</strong>rupoli, <strong>di</strong> maggiore accettanza,<br />

nel fragment separator.<br />

Per verificare la possibilità <strong>di</strong> eseguire esperimenti con i <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi in tal modo<br />

prodotti ed identificati, è necessario avere una stima del fattore <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> tali<br />

frammenti ra<strong>di</strong>oattivi lungo le linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o sino alle sale sperimentali. A tal fine, sono state<br />

confrontate le rese misurate nel fuoco finale del fragment separator con quelle misurate<br />

all’ingresso della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope. Il fattore <strong>di</strong> trasmissione così ottenuto varia tra<br />

il 40% ed il 90% al variare dell’isotopo considerato.<br />

La misura dell’energia residua e della posizione x-y misurate tramite gli scintillatori<br />

ed i PPAC, oltre a confermare le previs<strong>ioni</strong> del programma <strong>di</strong> simulazione, <strong>di</strong>mostrano la<br />

possibilità <strong>di</strong> caratterizzare sia l’energia incidente che la posizione (e quin<strong>di</strong> in <strong>di</strong>rezione,<br />

tramite due o più rivelatori <strong>di</strong> posizione) dello ione del <strong>fasci</strong>o secondario.<br />

L’ottima identificazione, evento per evento, degli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi così prodotti, le<br />

elevate rese <strong>di</strong> produzione ottenute e la buona trasmissione del <strong>fasci</strong>o secondario attraverso la<br />

linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, mostrano la possibilità <strong>di</strong> usare tali <strong>ioni</strong> per stu<strong>di</strong> successivi con <strong>fasci</strong><br />

ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e, senza la necessità <strong>di</strong> apportare mo<strong>di</strong>fiche sostanziali<br />

all’acceleratore ed alle attuali linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dei LNS.<br />

128


APPENDICE A<br />

In questa appen<strong>di</strong>ce sono riportati i parametri caratteristici delle varie configuraz<strong>ioni</strong><br />

del fragment separator al variare dello spessore del degr<strong>ad</strong>er. In particolare, sono elencati i<br />

valori delle accettanze e delle matrici <strong>di</strong> trasporto (M1 ed M2) (equazione 3.4 cap.3)<br />

dell’ottica magnetica dei due settori, rispettivamente dal bersaglio al fuoco interme<strong>di</strong>o (dove<br />

può essere posizionato il degr<strong>ad</strong>er) e da questo al fuoco finale.<br />

Le caratteristiche comuni sia alla configurazione utilizzata per le reaz<strong>ioni</strong> riportate in<br />

questo lavoro <strong>di</strong> tesi, che a quella progettata, che prevede l’installazione dei nuovi qu<strong>ad</strong>rupoli<br />

(par.3.3), sono la <strong>di</strong>stanza L1 tra il bersaglio <strong>di</strong> produzione ed il fuoco interme<strong>di</strong>o e quella L2<br />

tra quest’ultimo ed il fuoco finale:<br />

L1 = 9.92 m<br />

L2 = 8.21 m<br />

Pertanto, la <strong>di</strong>stanza complessiva tra il bersaglio ed il fuoco finale è Ltot = 18.13 m.<br />

1.Configurazione utilizzata del Fragment<br />

Separator<br />

Le accettanze del primo settore, in<strong>di</strong>pendenti dallo spessore del degr<strong>ad</strong>er, sono:<br />

In particolare:<br />

a) in angolo θ1 = ± 22 mr<strong>ad</strong> φ1 = ± 13 mr<strong>ad</strong><br />

b) in impulso dp/p2 = ±0.65 %<br />

1.1 Configurazione senza degr<strong>ad</strong>er<br />

Questa configurazione coincide, in particolare, con quella <strong>ad</strong>ottata nel corso delle<br />

misure oggetto del presente lavoro <strong>di</strong> tesi.<br />

finale, sono:<br />

In tal caso le accettanze del secondo settore, ovvero dal fuoco interme<strong>di</strong>o al fuoco<br />

129


a) θ 2 = ± 7 mr<strong>ad</strong>, φ2 = ±13 mr<strong>ad</strong><br />

b) in impulso dp/p2 = ±0.65 %<br />

e le matrici <strong>di</strong> trasporto corrispondenti <strong>ad</strong> entrambi i settori sono:<br />

M1<br />

M2<br />

-3.76572 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 3.77195<br />

9.63853 -0.26555 0.00000 0.00000 0.00000 7.21798<br />

0.00000 0.00000 1.23331 0.00000 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 12.01569 0.81083 0.00000 0.00000<br />

-0.91752 0.10017 0.00000 0.00000 1.00000 -0.2114<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

-0.35968 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />

-7.19482 -2.78022 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />

0.00000 0.00000 -2.80622 -0.03661 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 -7.76095 -0.45759 0.00000 0.00000<br />

0.72180 0.37720 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

1.2 Configurazione con degr<strong>ad</strong>er<br />

In tal caso, in<strong>di</strong>cando con d/R il rapporto tra lo spessore del degr<strong>ad</strong>er ed il range della<br />

particella <strong>di</strong> riferimento in quest’ultimo, possiamo <strong>di</strong>stinguere i seguenti due casi:<br />

a) d/R=0.20<br />

Le accettanze del secondo settore, in tal caso, sono:<br />

a) θ2= ±7.5 mr<strong>ad</strong> φ2 = ±12. mr<strong>ad</strong><br />

b) dp/p2 = ±0.65 %<br />

130


M1<br />

M2<br />

e le corrispondenti matrici <strong>di</strong> trasporto:<br />

-4.14080 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -4.14766<br />

6.00037 -0.24150 0.00000 0.00000 0.00000 3.79451<br />

0.00000 0.00000 1.17935 0.00000 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 11.87781 0.84793 0.00000 0.00000<br />

-0.91752 0.10017 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

-0.40888 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />

-4.36849 -2.44571 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />

0.00000 0.00000 -2.57488 -0.04061 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 -7.55866 -0.50757 0.00000 0.00000<br />

0.30356 0.33181 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

b) d/R=0.40<br />

In tal caso, le accettanze del secondo settore assumono i seguenti valori:<br />

a) θ2= ± 9mr<strong>ad</strong>, φ2 = ±11mr<strong>ad</strong><br />

b) dp/p2 = ±0.65 %<br />

e le matrici <strong>di</strong> trasporto sono :<br />

131


M1<br />

M2<br />

-4.76996 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -4.77786<br />

0.02074 -0.20965 0.00000 0.00000 0.00000 -1.90276<br />

0.00000 0.00000 1.09001 0.00000 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 11.70649 0.91743 0.00000 0.00000<br />

-0.91752 0.10017 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

-0.47327 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />

-1.62515 -2.11295 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />

0.00000 0.00000 -2.39206 -0.04457 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 -7.46184 -0.55707 0.00000 0.00000<br />

-0.11416 0.28667 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

2.Versione finale del fragment separator<br />

Nella sua configurazione finale, le accettanze del primo settore del fragment separator,<br />

in<strong>di</strong>pendenti dallo spessore del degr<strong>ad</strong>er, sono:<br />

In particolare:<br />

a)in impulso dp/p1= 1.0 %<br />

b)in angolo θ1=20mr<strong>ad</strong> φ1= 50mr<strong>ad</strong><br />

2.1 Configurazione senza degr<strong>ad</strong>er<br />

In tal caso le accettanze del secondo settore sono:<br />

a) dp/p2= 1.0 %<br />

b) θ2= 8.0mr<strong>ad</strong>, φ2 = 13mr<strong>ad</strong><br />

e le matrici <strong>di</strong> trasporto corrispondenti <strong>ad</strong> entrambi i settori sono:<br />

132


M1<br />

M2<br />

-2.67763 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -2.93932<br />

7.6527 -0.37346 0.00000 0.00000 0.00000 5.14756<br />

0.00000 0.00000 5.53131 0.00000 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 25.46576 0.18079 0.00000 0.00000<br />

-0.87104 0.10977 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

-0.46157 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />

-6.1998 -2.1665 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />

0.00000 0.00000 -2.34492 -0.04397 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 -6.57087 -0.54968 0.00000 0.00000<br />

0.51476 0.29393 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

2.2 Configurazione con degr<strong>ad</strong>er<br />

Secondo quanto precedentemente definito, anche nella configurazione finale del<br />

fragment separator si <strong>di</strong>stinguono i seguenti due casi:<br />

a) d/R=0.2<br />

Le accettanze del secondo settore sono:<br />

a) dp/p2= 1.0 %<br />

b) θ2= 8.0mr<strong>ad</strong>, φ2 = 13mr<strong>ad</strong><br />

e le matrici <strong>di</strong> trasporto:<br />

133


M1<br />

M2<br />

b) d/R=0.4<br />

-2.2859 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -3.03788<br />

3.9437 -0.43746 0.00000 0.00000 0.00000 3.1089<br />

0.00000 0.00000 5.07753 0.00000 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 25.07345 0.19695 0.00000 0.00000<br />

-0.48739 0.1329 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

-0.55825 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />

-4.7427 -1.79132 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />

0.00000 0.00000 -2.05532 -0.05135 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 -6.21615 -0.64184 0.00000 0.00000<br />

0.24871 0.24303 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

a) Le accettanze del secondo settore sono:<br />

a) dp/p2= 1.0 %<br />

b) θ2 =11.5mrard, φ2 = 10.5mr<strong>ad</strong><br />

e le matrici <strong>di</strong> trasporto :<br />

M1<br />

-2.04789 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -3.35339<br />

0.08476 -0.48831 0.00000 0.00000 0.00000 0.26017<br />

0.00000 0.00000 4.6419 0.00000 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 24.97995 0.21543 0.00000 0.00000<br />

0.02486 0.16375 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

134


M2<br />

-0.6743 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />

-3.6294 -1.48302 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />

0.00000 0.00000 -1.87731 -0.05742 0.00000 0.00000<br />

0.00000 0.00000 -6.05119 -0.71777 0.00000 0.00000<br />

0.01561 0.2012 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />

0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />

135


APPENDICE B<br />

In questa appen<strong>di</strong>ce si riporta il file utilizzato dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE, nel<br />

quale sono definite le caratteristiche <strong>di</strong> FRIBs.<br />

Version 4.9.3<br />

[general]<br />

File = D:\Shch\LISE\CONFIG\LNS-ETNA_NoDegr.lcf<br />

Date = 14-03-2001<br />

Time = 19:12:06<br />

Configuration = D:\Shch\LISE\CONFIG\LNS-ETNA_NoDegr.lcf<br />

Title = SenzaDegr<strong>ad</strong>er<br />

[object]<br />

X Slits before target = 5 (±)mm ;hor.slit width before target to collimate a beam<br />

Y Slits before target = 5 (±)mm ;ver.slit width before target to collimate a beam<br />

X Slits interme<strong>di</strong>ate = 33 (±)mm ;hor.slit width at the <strong>di</strong>spersive focal plane<br />

Y Slits interme<strong>di</strong>ate = 30 (±)mm ;ver.slit width at the <strong>di</strong>spersive focal plane<br />

X Slits first focus = 2 (±)mm ;hor.slit width at the first focal point/after<br />

wedge/<br />

Y Slits first focus = 20 (±)mm ;ver.slit width at the first focal point/after<br />

wedge/<br />

Slits second focus = 50(+)mm ;positive slit width at the second focal point/after<br />

Wien/<br />

Slits neg second focus = 50(-)mm ;negative slit width at the second focal<br />

point/after Wien/<br />

Slits second conjointly = 0 0/1 ;setting of slits: 0 - conjointly, 1 - separately<br />

[acceptances]<br />

Maximal momentum accept = 1 (±)% ;upper limit for the setting of the slits<br />

Theta target acceptance = 20 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular target horiz.acceptance<br />

Theta wedge acceptance = 9.5 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wedge horiz.acceptance<br />

Phi target acceptance = 50 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular target vert.acceptance<br />

Phi wedge acceptance = 3.5 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wedge vert.acceptance<br />

Theta wien acceptance = 100 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wien horiz.acceptance<br />

Phi wien acceptance = 100 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wien vert.acceptance<br />

[optics]<br />

BX = 1.25 (±)mm ;one-half the horisontal beam extent (x)<br />

BT = 12 (±)mr<strong>ad</strong> ;one-half the horisontal beam <strong>di</strong>vergence(x')<br />

BY = 1.25 (±)mm ;one-half the vertical beam extent (y)<br />

BF = 8 (±)mr<strong>ad</strong> ;one-half the vertical beam <strong>di</strong>vergence (y')<br />

BD = 0.1 (±)% ;one-half of the momentum spre<strong>ad</strong> (dp/p)<br />

Ra1 = 2.7 m ;Curvature ra<strong>di</strong>us of first <strong>di</strong>pole<br />

Ra2 = 2.7 m ;Curvature ra<strong>di</strong>us of second <strong>di</strong>pole<br />

L target-wedge = 11.55 m ;Object - DispFocPlane<br />

L wedge-detector#1 = 8.25 m ;DispFocPlane-AchrFinalPlane<br />

M1X = -2.67763 ;X Magnification target -> wedge<br />

ThX = 0.76527 mr<strong>ad</strong>/mm ;theta/x coef. target -> wedge<br />

M1T = -0.37346 ;theta magnific. target -> wedge<br />

M1Y = 5.53131 ;Y Magnification target -> wedge<br />

PhY = 2.546576 mr<strong>ad</strong>/mm ;fi/y coef. target -> wedge<br />

M1P = 0.18079 ;fi magnificat. target -> wedge<br />

D1X = -29.393 mm/% ;X <strong>di</strong>spersion target -> wedge<br />

D1T = 5.14756 mr<strong>ad</strong>/% ;theta <strong>di</strong>spers. target -> wedge<br />

X1T = 0 mm/mr<strong>ad</strong> ;x/theta coef. focus must be=0!<br />

Y1P = 0 mm/mr<strong>ad</strong> ;y/fi coef. focus must be=0!<br />

M2X = -0.46157 ;X Magnification wedge -> focal<br />

T2X = -0.61998 mr<strong>ad</strong>/mm ;theta/x coef. wedge -> focal<br />

136


M2T = -2.1665 ;theta magnific. wedge -> focal<br />

M2Y = -2.34492 ;Y Magnification wedge -> focal<br />

P2Y = -0.657087 mr<strong>ad</strong>/mm ;fi/y coef. wedge -> focal<br />

M2P = -0.54968 ;fi magnificat. wedge -> focal<br />

D2X = -13.5671 mm/% ;X <strong>di</strong>spersion wedge -> focal<br />

D2T = -7.07098 mr<strong>ad</strong>/% ;theta <strong>di</strong>spers. wedge -> focal<br />

X2T = 0 mm/mr<strong>ad</strong> ;x/theta coef. focus must be=0!<br />

Y2P = -0.4397 mm/mr<strong>ad</strong> ;y/fi coef. focus must be=0!<br />

Angle = 0 mr<strong>ad</strong> ;beam respect to the spectrometer axis<br />

[wien_filter]<br />

Wien filter = Disabled ;Disabled & Enabled<br />

selection plane = Y ;X & Y<br />

E_F = 0 kV/m ;electric field<br />

B_F = 0 G ;magnetic field<br />

DiC = 4.8139e-4 mm/% ;<strong>di</strong>spersion coefficient<br />

LenE = 4.564 m ;effective electric length<br />

LenB = 5 m ;effective magnetic length<br />

Red = 1 ;Real/Red field<br />

Mag = 1 ;Magnification<br />

137


APPENDICE C<br />

In questa appen<strong>di</strong>ce si riportano le rese misurate e quelle stimate dal programma <strong>di</strong><br />

simulazione LISE nelle reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV, 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV e 12 C+ 9 Be a<br />

62AMeV.<br />

ISOTOPO<br />

RESE nel fuoco finale<br />

dell’LNS-FRS<br />

( 40 Ar+ 9 Be con i=100epA)<br />

<strong>ioni</strong>/sec<br />

SPERIMENTALI Simulazione LISE<br />

40 Cl 131 65.7<br />

39 Cl 237 143<br />

38 Cl 9.78 4.71<br />

38 S 10.4 7.42<br />

37 S 95.8 51.4<br />

36 S 58.6 30<br />

35 S 6.21 3.28<br />

35 P 21.1 13.3<br />

34 P 43.1 28.6<br />

33 P 20.9 13.7<br />

32 P 2.57 1.32<br />

33 Si 3.17 3.42<br />

32 Si 24.9 15.7<br />

31 Si 25.0 18.5<br />

30 Si 9.62 5.42<br />

31 Al 1.82 0.942<br />

30 Al 6.41 6.85<br />

29 Al 16.10 15.7<br />

138


28 Al 6.88 9.85<br />

27 Al 1.185 1.2<br />

28 Mg 3.38 2.57<br />

27 Mg 7.07 9.57<br />

26 Mg 9.32 11.1<br />

25 Mg 1.58 2.85<br />

26 Na 1.19 0.957<br />

25 Na 3.93 5.14<br />

24 Na 5.29 9.42<br />

23 Na 2.04 4.42<br />

24 Ne 0.635 0.328<br />

23 Ne 1.73 2.42<br />

22 Ne 5.50 6.71<br />

21 Ne 2.19 5.14<br />

22 F 0.321 0.114<br />

21 F 1.33 1.08<br />

20 F 2.47 4.14<br />

19 F 2.07 4.85<br />

18 F 0.341 0.942<br />

19 O 0.481 0.442<br />

18 O 1.95 2.28<br />

17 O 2.02 3.85<br />

16 O 0.823 1.12<br />

16 N 0.711 1.21<br />

15 N 4.02 2.85<br />

14 N 0.614 1.18<br />

14 C 1.08 0.585<br />

13 C 2.40 1.85<br />

139


ISOTOPO<br />

12 C 1.90 1.085<br />

11 B 1.73 1.10<br />

10 B 1.01 0.90<br />

9 Be 0.836 0.585<br />

RESE nella sala CICLOPE<br />

( 58 Ni+ 27 Al con i=3enA)<br />

<strong>ioni</strong>/sec<br />

SPERIMENTALI Simulazione LISE<br />

58 Ni 353 4<br />

57 Ni 4162 353<br />

57 Co 638 20<br />

56 Co 2100 2210<br />

55 Co 7750 7460<br />

54 Co 2130 25<br />

55 Fe 1940 81.5<br />

54 Fe 1611 1620<br />

53 Fe 2910 3030<br />

52 Fe 310 0.080<br />

54 Mn 358 137<br />

53 Mn 1980 1490<br />

52 Mn 1260 1270<br />

51 Mn 1470 160<br />

50 Mn 207 3.44<br />

52 Cr 277 150<br />

51 Cr 1270 1300<br />

140


50 Cr 1500 1520<br />

49 Cr 545 270<br />

48 Cr 54 98<br />

50 V 252 87<br />

49 V 872 665<br />

48 V 950 955<br />

47 V 354 220<br />

46 V 47.2 11.1<br />

48 Ti 167 46.9<br />

47 Ti 551 358<br />

46 Ti 570 565<br />

45 Ti 191 176<br />

44 Ti 21.6 11.7<br />

46 Sc 70.4 27.5<br />

45 Sc 309 206<br />

44 Sc 380 378<br />

43 Sc 151 143<br />

42 Sc 18.4 13.2<br />

44 Ca 43.2 13.1<br />

43 Ca 178 101<br />

42 Ca 210 210<br />

41 Ca 101 97.5<br />

42 K 9.6 11.4<br />

41 K 38 9.04<br />

40 K 117 71.4<br />

39 K 176 180<br />

38 K 88.8 99.9<br />

141


40 Ar 11.6 14.27<br />

39 Ar 18.4 5.2<br />

38 Ar 58 44.2<br />

37 Ar 130 128<br />

36 Ar 82.4 85.6<br />

37 Cl 8.8 15.2<br />

36 Cl 39.6 31.9<br />

35 Cl 104 106<br />

34 Cl 75.6 89.6<br />

35 S 20.4 19.0<br />

34 S 31.6 16.2<br />

33 S 64 62<br />

32 S 62 60<br />

33 P 10 16.2<br />

32 P 15.2 15.4<br />

31 P 66.4 65.1<br />

30 P 52.8 84.9<br />

31 Si 16.8 25.4<br />

30 Si 15.2 6.6<br />

29 Si 34 33.6<br />

28 Si 52.8 52.8<br />

29 Al 8.4 19.2<br />

28 Al 9.2 3.8<br />

27 Al 36 22.7<br />

26 Al 43.6 43.6<br />

27 Mg 22.8 18.3<br />

26 Mg 4.8 2.12<br />

142


25 Mg 18.4 14.5<br />

24 Mg 34.4 35.2<br />

24 Na 9.6 17.2<br />

23 Na 2.8 1.16<br />

22 Na 10.8 8.85<br />

22 Ne 25.2 26.2<br />

21 Ne 16.4 15.1<br />

20 Ne 4.40 6.52<br />

ISOTOPO<br />

RESE nel fuoco finale<br />

dell’LNS-FRS<br />

( 12 C+ 9 Be con i=100epA)<br />

<strong>ioni</strong>/sec<br />

SPERIMENTALI Simulazione LISE<br />

13 N 0.005 0.005<br />

12 N 61.2 50<br />

11 C 20.8 19.5<br />

10 C 29 25<br />

9 C 0.143 0.0135<br />

5 B 8.8 10<br />

7 Be 35.7 33.5<br />

143


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148


RINGRAZIAMENTI<br />

È arrivato il momento <strong>di</strong> ringraziare le persone che mi hanno aiutato e sostenuto in<br />

questo lavoro <strong>di</strong> tesi! In special modo, vorrei esprimere tutta la mia riconoscenza al prof.<br />

Giovanni Raciti per tutto quello che ho imparato da lui e per la <strong>di</strong>sponibilità che mi ha sempre<br />

manifestato.<br />

Un sentito ringraziamento va, anche, alla dott.ssa Concettina Sfienti, il cui aiuto mi è<br />

stato in<strong>di</strong>spensabile nella stesura <strong>di</strong> questa tesi e che è stata, per me, un punto <strong>di</strong> riferimento<br />

costante.<br />

Ringrazio <strong>di</strong> cuore la dott.ssa Elisa Rapisarda per i contributi, essenziali per questo<br />

lavoro <strong>di</strong> tesi, che ho ricevuto in moltissime occas<strong>ioni</strong>.<br />

Sono grato, inoltre, al dott. Marzio De Napoli ed alla dott.ssa Loredana Spezzi per<br />

tutto l’aiuto che mi hanno saputo dare (a tutte le ore del giorno e della notte): veramente<br />

insuperabili!<br />

De<strong>di</strong>co, infine, questa tesi a ciò che mi è più caro, la mia famiglia, che mi ha sostenuto<br />

nei momenti più <strong>di</strong>fficili.<br />

144

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