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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA<br />
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI<br />
CORSO DI LAUREA IN FISICA<br />
FAUSTO CARACE<br />
_______<br />
<strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong><br />
<strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e ai Laboratori<br />
Nazionali del Sud<br />
TESI DI LAUREA<br />
Relatori:<br />
Chiar.mo Prof. G. Raciti<br />
Dott.ssa C.Sfienti<br />
ANNO ACCADEMICO 2001-02
INDICE<br />
CAPITOLO 1 INTRODUZIONE pag. 1<br />
CAPITOLO 2 PRODUZIONE DI FASCI RADIOATTIVI pag. 6<br />
2.1 Introduzione pag. 6<br />
2.2 Le “facilities” esistenti pag. 10<br />
2.3 Nuovi progetti per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi pag. 19<br />
2.4 I progetti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso i Laboratori<br />
Nazionali del Sud pag. 24<br />
CAPITOLO 3 DISPOSITIVO SPERIMENTALE pag. 27<br />
3.1 Introduzione pag. 27<br />
3.2 Bersaglio <strong>di</strong> produzione pag. 29<br />
3.3 Il Fragment Separator pag. 30<br />
3.3.1 Introduzione pag. 30<br />
3.3.2 Formalismo dell’ottica magnetica pag. 33<br />
3.3.3 Il fragment separator acromatico pag. 35<br />
3.3.4 Risoluzione in impulso pag. 39<br />
3.3.5 L’ottica del Fragment Separator utilizzato pag. 40<br />
3.4 Sistemi <strong>di</strong> rivelazione pag. 46<br />
3.5 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-E pag. 49<br />
3.6 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-TOF pag. 50<br />
3.7 PPAC pag. 52<br />
3.8 Il rivelatore al Si pag. 54<br />
3.9 I rivelatori a scintillazione pag. 55<br />
3.9.1 Il Cristallo <strong>di</strong> CsI pag. 55<br />
3.9.2 Scintillatore plastico pag. 59<br />
3.10 Elettronica ed acquisizione dati pag. 63<br />
CAPITOLO 4 ANALISI DEI DATI pag. 67<br />
4.1 Calibrazione ed identificazione pag. 67<br />
4.1.1 Taratura in Energia pag. 69<br />
4.1.2 Taratura del TDC pag. 74<br />
4.1.3 Taratura del PPAC pag. 77<br />
I
4.1.4 Identificazione dei prodotti pag. 78<br />
4.2 Il programma <strong>di</strong> simulazione LISE pag. 87<br />
4.2.1 Resa <strong>di</strong> produzione nel bersaglio pag. 88<br />
4.2.2 La parametrizzazione EPAX pag. 92<br />
4.2.3 Accettanza del fragment separator pag. 93<br />
4.2.4 Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia, straggling energetico ed angolare e<br />
stati <strong>di</strong> carica pag. 94<br />
4.2.5 Implementazione del fragment separator in LISE pag. 96<br />
4.3 Misura delle rese <strong>di</strong> produzione pag. 96<br />
4.4 Trasmissione lungo la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o pag. 104<br />
4.5 Caratterizzazione in energia e posizione del <strong>fasci</strong>o secondario pag. 106<br />
CAPITOLO 5 PROSPETTIVE pag. 110<br />
5.1 Ricerche <strong>di</strong> struttura nucleare pag. 110<br />
5.1.1 I limiti dell’esistenza nucleare pag. 110<br />
5.1.2 Evoluzione della struttura a shell pag. 111<br />
5.1.3 Strutture nucleari nuove pag. 114<br />
5.2 Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> astrofisica nucleare pag. 118<br />
5.3 Le prospettive dell’impiego <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ai LNS pag. 122<br />
CAPITOLO 6 CONCLUSIONI pag. 127<br />
APPENDICE A pag.129<br />
APPENDICE B pag. 136<br />
APPENDICE C pag. 138<br />
Bibliografia pag. 144<br />
II
"Talvolta un pensiero mi annebbia l'Io: sono pazzi<br />
gli altri, o sono pazzo io?"<br />
Albert Einstein
1.INTRODUZIONE<br />
Un settore della fisica nucleare che ha conosciuto, negli ultimi anni, un intenso<br />
sviluppo è quello che riguarda le ricerche relative alla possibilità <strong>di</strong> generare <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi (RIBs – Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beams) da utilizzare, principalmente, per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
reaz<strong>ioni</strong> nucleari.<br />
Come è noto, infatti, lo stu<strong>di</strong>o delle reaz<strong>ioni</strong> nucleari è stato da sempre limitato<br />
all’utilizzo <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> incidenti e <strong>di</strong> bersagli <strong>di</strong> isotopi stabili o, comunque, con vita me<strong>di</strong>a<br />
relativamente “lunga”.<br />
Inoltre, lo stu<strong>di</strong>o delle proprietà dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi o esotici riveste, <strong>di</strong> per sé, un<br />
notevole interesse in vari settori <strong>di</strong> ricerca della fisica nucleare, come in<strong>di</strong>cato in figura 1.1. In<br />
quest’ultima è in<strong>di</strong>cata, nel piano (N,Z) - con N numero <strong>di</strong> neutroni e Z numero <strong>di</strong> protoni del<br />
nucleo rappresentato - la regione degli isotopi stabili, detta «valle <strong>di</strong> stabilità». I nuclei lontani<br />
dalla valle <strong>di</strong> stabilità si <strong>di</strong>cono esotici non solo perché essi non esistono in natura, ma anche a<br />
causa del loro comportamento nuovo e, appunto, esotico. Negli stu<strong>di</strong> sinora condotti con<br />
isotopi ra<strong>di</strong>oattivi, infatti, sono stati, per la prima volta, osservati nuovi deca<strong>di</strong>menti nucleari<br />
quali l’emissione <strong>di</strong> protoni [WOO97] o il deca<strong>di</strong>mento β-ritardato [HEL96]. Come mostrato<br />
in fig. 1.1, aumentando la <strong>di</strong>fferenza tra numero <strong>di</strong> protoni e <strong>di</strong> neutroni nel nucleo ed<br />
allontanandosi dalla valle <strong>di</strong> stabilità, prendono forma una varietà <strong>di</strong> fenomeni e si<br />
manifestano, nel contempo, nuove proprietà del nucleo. Come verrà <strong>di</strong>scusso nel capitolo 5,<br />
lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tali processi riveste un ruolo fondamentale nella nostra comprensione sia della<br />
struttura nucleare che dell’origine degli elementi. Per tal motivo, in <strong>di</strong>versi laboratori sono<br />
stati sviluppati sistemi per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
Dopo gli stu<strong>di</strong> p<strong>ioni</strong>eristici condotti a GANIL (Francia) con lo spettrometro LISE<br />
[ANN87], la possibilità <strong>di</strong> produrre <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi è ormai <strong>di</strong>ventata una realtà in<br />
<strong>di</strong>versi laboratori: GSI (Germania), GANIL (Francia), NSCL-MSU (USA), RIKEN<br />
(Giappone) e JINR-Dubna (Russia) producono <strong>fasci</strong> “ra<strong>di</strong>oattivi” <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e e<br />
relativistiche (10≤E/A≤1000AMeV) tramite il processo <strong>di</strong> frammentazione del proiettile
Capitolo 1. Introduzione<br />
(metodo “In-Flight”), Louven-le-Neuve (Belgio), SPIRAL-GANIL (Francia), ISOLDE-<br />
CERN (Svizzera), TRIUMF-Vancouver (Can<strong>ad</strong>a), ORNL Oak Ridge e ANL Argonne (USA),<br />
<strong>fasci</strong> “ra<strong>di</strong>oattivi” <strong>di</strong> bassa energia tramite il metodo “ISOL” (Isotope Separation On Line).<br />
Figura 1.1 Piano (N,Z): in nero la regione dei nuclei stabili (valle <strong>di</strong> stabilità), in giallo<br />
i nuclei instabili fino <strong>ad</strong> ora scoperti. Le linee rosse vicino alla zona gialla sono linee <strong>di</strong><br />
confine (drip lines) oltre le quali non esistono nuclei legati. Sono messi in evidenza<br />
alcuni dei processi accessibili sperimentalmente con l’impiego <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
Inoltre, sono state attualmente già progettate ulteriori “facilities” interamente de<strong>di</strong>cate<br />
alla produzione <strong>di</strong> nuclei esotici: RIA (Rare Isotope Accelerator) in USA, RIBF (Ra<strong>di</strong>oactive<br />
Ion Beam Factory) in Giappone, Super FRS in Germania, EURISOL (European ISOL) in<br />
Europa per citarne alcuni.<br />
I citati meto<strong>di</strong> “In Flight” ed “ISOL”, si riferiscono alle tecniche utilizzate per<br />
produrre tali nuclei “esotici” in laboratorio. Va notato che nel corso degli anni sono state<br />
sviluppate ed utilizzate <strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> tali nuclei a partire da nuclei<br />
stabili, <strong>ad</strong> esempio tramite reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fusione-evaporazione, o <strong>di</strong> fissione o frammentazione<br />
2
Capitolo 1. Introduzione<br />
del proiettile o del bersaglio. Una volta prodotti, tali isotopi devono essere “selezionati” ed<br />
eventualmente accelerati. La tecnica basata sul metodo detto In-Flight in cui si sfrutta il<br />
processo dalla frammentazione del proiettile 1 consente <strong>di</strong> ottenere <strong>fasci</strong> “ra<strong>di</strong>oattivi”,<br />
selezionati tramite un Fragment Recoil Separator (FRS), <strong>di</strong> velocità prossima a quella del<br />
proiettile utilizzato. Quella invece detta ”Isotope Separation On-Line” (ISOL) è basata sulla<br />
produzione <strong>di</strong> tali isotopi su bersagli molto spessi al fine <strong>di</strong> aumentare la “resa” dei prodotti<br />
che in essa vengono fermati, nell’estrazione selettiva degli <strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse e nella iniezione<br />
degli stessi in acceleratori. La scelta dell’acceleratore “primario” <strong>di</strong>pende essenzialmente dal<br />
processo <strong>di</strong> produzione che consente il massimo della resa degli <strong>ioni</strong> che si vogliono produrre.<br />
Se questi ultimi sono ottenibili in processi <strong>di</strong> fissione, allora, per esempio, si <strong>ad</strong>operano, come<br />
<strong>fasci</strong>o primario, neutroni termici prodotti da un reattore nucleare, se invece gli isotopi che<br />
interessano sono più copiosamente prodotti nel processo <strong>di</strong> “spallazione” 2 , allora si <strong>ad</strong>operano<br />
protoni <strong>di</strong> alta energia (fino a qualche GeV) prodotti in LINAC, sincrotroni o ciclotroni, nel<br />
caso sia il processo <strong>di</strong> “multiframmentazione” 3 quello <strong>di</strong> interesse, si <strong>ad</strong>operano <strong>ioni</strong> pesanti<br />
<strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e (30-100AMeV) prodotti, <strong>di</strong> solito, con ciclotroni. Va notato che,<br />
l’energia del <strong>fasci</strong>o “ra<strong>di</strong>oattivo” <strong>di</strong>penderà, invece, dall’acceleratore (post-acceleratore) in<br />
cui verranno iniettati gli <strong>ioni</strong> selezionati e può variare dal qualche MeV a qualche GeV.<br />
Come già accennato, utilizzando il metodo “In-Flight”, invece, viene sfruttato il<br />
meccanismo <strong>di</strong> frammentazione del proiettile primario, che presenta un’alta sezione d’urto per<br />
<strong>energie</strong> incidenti superiori a 30-40AMeV e si <strong>ad</strong>operano dei bersagli sottili. I prodotti <strong>di</strong><br />
reazione, <strong>di</strong> velocità prossima a quella del <strong>fasci</strong>o incidente, attraversano tale bersaglio e sono<br />
selezionati in massa, carica ed impulso attraversando un filtro elettromagnetico (detto<br />
fragment separator) ([SHE91], [MUE93], [GEI95]); la parte selezionata può essere <strong>ad</strong>operata<br />
1 Meccanismo tipico delle <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e e relativistiche in cui, per urti periferici, il residuo del proiettile<br />
(detto “spettatore”) emerge dalla reazione con velocità circa uguale a quella del proiettile e con Z ed A <strong>di</strong>verse a<br />
seconda dei nucleoni che ha trasferito nella zona <strong>di</strong> interazione con il bersaglio (detta zona dei “partecipanti”).<br />
Va notato che <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> relativistiche tale residuo può essere eccitato oltre la soglia <strong>di</strong> multiframmentazione<br />
(E*/A~4-5AMeV) e può, quin<strong>di</strong>, dar luogo a specie <strong>di</strong>verse dal residuo primario, mentre al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> tale valore<br />
il residuo primario varierà <strong>di</strong> poche unità per effetto dell’evaporazione <strong>di</strong> particelle [WES76].<br />
2 Successione <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>menti binari “veloci” <strong>di</strong> un nucleo pesante altamente eccitato. Nelle sequenze <strong>di</strong><br />
deca<strong>di</strong>menti si producono varie specie <strong>di</strong>verse dal nucleo iniziale [CAM81].<br />
3 Meccanismo <strong>di</strong> produzione “simultanea” <strong>di</strong> varie specie a seguito della frammentazione del sistema formato<br />
nella collisione <strong>di</strong> due <strong>ioni</strong> pesanti [GOL78].<br />
3
Capitolo 1. Introduzione<br />
come <strong>fasci</strong>o incidente (<strong>fasci</strong>o secondario) per misure <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> nucleari o altro. Va notato<br />
che, in tal caso, non è necessario <strong>ad</strong>operare un post-acceleratore, ma l’energia del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario non può essere variata in modo in<strong>di</strong>pendente dall’acceleratore primario. Inoltre,<br />
poiché gli <strong>ioni</strong> prodotti vengono utilizzati “<strong>di</strong>rettamente”, potranno essere stu<strong>di</strong>ate tutte quelle<br />
reaz<strong>ioni</strong> in cui lo ione del <strong>fasci</strong>o ha una vita me<strong>di</strong>a maggiore del tempo <strong>di</strong> volo fra il bersaglio<br />
<strong>di</strong> “produzione” e il bersaglio <strong>di</strong> “reazione”. Essendo tali <strong>ioni</strong> <strong>di</strong> energia interme<strong>di</strong>a (v ~<br />
10cm/nsec), percorreranno <strong>di</strong>stanze della decina <strong>di</strong> metri in tempi dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />
nsec. Questa con<strong>di</strong>zione costituisce un vantaggio rispetto al metodo ISOL, poiché, in<br />
quest’ultimo, gli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi prodotti devono essere chimicamente estratti dal bersaglio<br />
e tale processo richiede tempi dell’or<strong>di</strong>ne dei millisecon<strong>di</strong> o maggiori. Tuttavia, il fatto che i<br />
<strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi siano prodotti <strong>ad</strong> alte <strong>energie</strong> incidenti (tra alcune decine ed alcune centinaia<br />
<strong>di</strong> AMeV), non sempre costituisce un vantaggio: la maggior parte delle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse<br />
astrofisico ha luogo, infatti, per basse <strong>energie</strong> incidenti, non accessibili tramite il metodo In-<br />
Flight. La tecnica ISOL, invece, sembrerebbe essere più <strong>ad</strong>atta per condurre questo tipo <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>.<br />
Gli sforzi tecnologici per i progetti in via <strong>di</strong> sviluppo sono orientati su entrambe le<br />
tecniche, in modo tale da sfruttarne al meglio i rispettivi vantaggi, e riguardano,<br />
principalmente, la realizzazione <strong>di</strong> acceleratori capaci <strong>di</strong> fornire maggiori intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />
primario e <strong>di</strong> apparati con larga accettanza, per aumentare l’efficienza complessiva nella<br />
trasmissione delle specie esotiche.<br />
Presso i Laboratori Nazionali del Sud (LNS) è in corso <strong>di</strong> realizzazione un progetto <strong>di</strong><br />
produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, chiamato EXCYT (EXotics with CYclotron and Tandem)<br />
[CIA96], basato sulla tecnica ISOL. È stato, inoltre, sviluppato un progetto per la produzione<br />
<strong>di</strong> <strong>fasci</strong> esotici con il metodo In Flight, denominato ETNA (Exotics Transport to Nuclear<br />
Area) [CAL97]. In tale progetto, parte della linea <strong>di</strong> estrazione del Ciclotrone<br />
Superconduttore, funge, contemporaneamente, sia da linea <strong>di</strong> trasporto che da fragment<br />
separator (par. 2.4). Tale proposta è stata, recentemente, ripresa e sviluppata, rendendo<br />
possibile la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso i LNS.<br />
Nel presente lavoro <strong>di</strong> tesi, vengono presentati i risultati ottenuti dallo stu<strong>di</strong>o delle rese<br />
<strong>di</strong> produzione e trasmissione dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti per mezzo <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>spositivo. È stata<br />
4
Capitolo 1. Introduzione<br />
indagata, in particolare, la possibilità <strong>di</strong> etichettare (“tagging”) ogni singolo ione del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario evento per evento, allo scopo <strong>di</strong> non dover applicare stringenti con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> <strong>di</strong><br />
selezione sui prodotti, ed, al contrario, <strong>di</strong> eseguire contemporaneamente più reaz<strong>ioni</strong> con <strong>fasci</strong><br />
“etichettati”.<br />
Le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione del proiettile utilizzate per tale stu<strong>di</strong>o sono state<br />
12 C+ 9 Be a 62 AMeV, 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al a 40 AMeV.<br />
Nel secondo capitolo vengono descritte e confrontate le due tecniche <strong>di</strong> produzione<br />
sopra menzionate ed i sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi già operanti ed alcuni <strong>di</strong> futura<br />
costruzione.<br />
Nel capitolo tre viene presentato il <strong>di</strong>spositivo sperimentale <strong>ad</strong>operato. Quest’ultimo<br />
consiste nel fragment separator ed in due apparati <strong>di</strong> rivelazione posizionati all’uscita del<br />
fragment separator ed all’ingresso della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope al fine <strong>di</strong> determinare,<br />
rispettivamente, le rese <strong>di</strong> produzione e quelle <strong>di</strong> trasmissione lungo la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o.<br />
Il quarto capitolo è de<strong>di</strong>cato alla descrizione dell’analisi dati. In particolare sono<br />
descritte le procedure <strong>di</strong> calibrazione dei rivelatori, l’identificazione degli <strong>ioni</strong> prodotti, la loro<br />
caratterizzazione spaziale ed energetica, il programma <strong>di</strong> simulazione <strong>ad</strong>operato ed il<br />
confronto tra i dati ottenuti e le simulaz<strong>ioni</strong>.<br />
Nel quinto capitolo si illustrano le prospettive <strong>di</strong> ricerca con <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, con<br />
particolare riferimento alle possibilità aperte dall’utilizzo del fragment separator presso i<br />
LNS.<br />
Infine nel sesto capitolo sono tracciate le conclus<strong>ioni</strong>.<br />
5
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
2. PRODUZIONE DI FASCI<br />
RADIOATTIVI<br />
2.1 Introduzione<br />
Nel corso degli anni, sono state sviluppate <strong>di</strong>verse tecniche per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi: tra queste, le più utilizzate sono la tecnica <strong>di</strong> separazione “in volo” (metodo “In-<br />
Flight”) e la tecnica ISOL (Isotope Separation On Line).<br />
bersaglio <strong>di</strong><br />
produzione<br />
spesso<br />
ISOL In-Flight<br />
Sorgente degli<br />
<strong>ioni</strong><br />
Post-acceleratore<br />
Fascio <strong>di</strong> <strong>ioni</strong><br />
primario<br />
Separatore<br />
elettromagnetico<br />
Bersaglio<br />
secondario<br />
Sale sperimentali<br />
Figura 2.1 Schema dei due meto<strong>di</strong> complementari per la<br />
produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
bersaglio <strong>di</strong><br />
produzione<br />
sottile<br />
Entrambi i meto<strong>di</strong>, i cui elementi caratteristici sono schematicamente rappresentati in<br />
figura 2.1, presentano, come vedremo, vantaggi e svantaggi e l’utilizzo <strong>di</strong> una tecnica rispetto<br />
6
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
all’altra è, <strong>di</strong> volta in volta, dettato dai requisiti che il <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo deve sod<strong>di</strong>sfare.<br />
Questi ultimi sono, ovviamente, strettamente connessi alla problematica scientifica che si<br />
intende indagare in un determinato esperimento: in tal senso, pertanto, i meto<strong>di</strong> ISOL e In-<br />
Flight risultano complementari tra loro per il tipo <strong>di</strong> fisica che permettono <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are.<br />
Come accennato nel capitolo 1, nel metodo In-Flight i nuclei ra<strong>di</strong>oattivi vengono<br />
prodotti in reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione. Un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> (detto “primario”) viene fatto<br />
incidere su <strong>di</strong> un bersaglio sottile (detto “bersaglio <strong>di</strong> produzione”). I prodotti <strong>di</strong> reazione, così<br />
ottenuti, possiedono una velocità prossima a quella del <strong>fasci</strong>o primario e sono focalizzati agli<br />
angoli in avanti. Tali frammenti vengono poi selezionati in massa, carica ed impulso<br />
attraverso un separatore elettromagnetico (fragment separator), ovvero un sistema costituito<br />
da una serie <strong>di</strong> elementi elettro-magnetici (<strong>di</strong>poli e qu<strong>ad</strong>rupoli) che, contemporaneamente,<br />
separano gli <strong>ioni</strong> secondo la loro rigi<strong>di</strong>tà magnetica p/q, con p l’impulso dello ione e q il suo<br />
stato <strong>di</strong> carica, e li focalizzano, trasportandoli sino alle sale <strong>di</strong> misura. Pertanto, al fine <strong>di</strong><br />
separare anche quegli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi con stesso p/q, viene aggiunto uno spessore<br />
opportunamente sagomato (detto degr<strong>ad</strong>er) in modo da far perdere ai frammenti del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario una quantità <strong>di</strong> energia che <strong>di</strong>pende dalla loro Z ed A. In particolare, si può<br />
sagomare il degr<strong>ad</strong>er e regolare l’ottica magnetica <strong>di</strong> tutto l’apparato, in modo tale da ridurre<br />
lo straggling in energia del <strong>fasci</strong>o secondario (configurazione monocromatica) o rendere la<br />
posizione nel fuoco finale dell’apparato in<strong>di</strong>pendente dall’energia (configurazione<br />
acromatica).<br />
Come alternativa alla frammentazione del proiettile si possono utilizzare altri tipi <strong>di</strong><br />
reazione ed, in particolare, la fissione, sempre in volo, <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> molto pesanti. In particolare,<br />
qualora vogliano essere prodotti nuclei ra<strong>di</strong>oattivi ricchi <strong>di</strong> neutroni, le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fissione<br />
sono preferibili rispetto alle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione, in quanto, in queste ultime, i nuclei<br />
prodotti sono prevalentemente ricchi <strong>di</strong> protoni.<br />
Il metodo In-Flight permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con elevate <strong>energie</strong><br />
incidenti (sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> relativistiche). L’alta energia del <strong>fasci</strong>o primario comporta, inoltre,<br />
una focalizzazione cinematica dei prodotti <strong>di</strong> reazione che agevola il trasporto attraverso le<br />
linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o ed il collegamento <strong>ad</strong> un eventuale anello <strong>di</strong> accumulazione, attraverso il quale<br />
7
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
si può ulteriormente ridurne l’emittanza al fine <strong>di</strong> condurre misure <strong>di</strong> massa nucleare con alta<br />
precisione 1<br />
La produzione In-Flight offre, poi, la possibilità <strong>di</strong> ottenere in tempi estremamente<br />
rapi<strong>di</strong> i frammenti ra<strong>di</strong>oattivi come <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> secondario per gli esperimenti. Infatti,<br />
l’unico ritardo tra la produzione dei frammenti ra<strong>di</strong>oattivi ed il loro impiego, tipicamente<br />
dell’or<strong>di</strong>ne delle centinaia <strong>di</strong> nanosecon<strong>di</strong>, è dovuto al tempo <strong>di</strong> volo dei frammenti attraverso<br />
il fragment separator e la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o sino al bersaglio <strong>di</strong> reazione. Questo consente lo<br />
stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi che possiedono vite me<strong>di</strong>e relativamente piccole.<br />
Nella tecnica ISOL i nuclei ra<strong>di</strong>oattivi sono prodotti in un bersaglio <strong>di</strong> spessore tale da<br />
frenare il <strong>fasci</strong>o primario. I prodotti <strong>di</strong> reazione <strong>di</strong>ffondono sino alla superficie del bersaglio,<br />
da dove vengono emessi e trasferiti alla sorgente che li <strong>ioni</strong>zza. Gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi così<br />
ottenuti, sono estratti e pre-accelerati per la successiva separazione elettromagnetica. Un<br />
successivo acceleratore (o post-acceleratore) fornisce allo ione ra<strong>di</strong>oattivo separato l’energia<br />
incidente finale.<br />
La resa <strong>di</strong> produzione I <strong>di</strong> un dato isotopo è pari a:<br />
I = σ ⋅ Φ ⋅ N ⋅ε<br />
⋅ε<br />
⋅ε<br />
(2.1)<br />
dove σ è la sezione d’urto della reazione nucleare d’interesse, φ è l’intensità del <strong>fasci</strong>o<br />
primario, N è il range del proiettile nel bersaglio (detto spessore effettivo), ε1 l’efficienza <strong>di</strong><br />
rilascio e trasporto dal bersaglio <strong>di</strong> produzione, ε2 l’efficienza <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione, ε3 l’efficienza<br />
<strong>di</strong> separazione in massa e <strong>di</strong> accelerazione. La struttura temporale del <strong>fasci</strong>o primario, pur non<br />
intervenendo <strong>di</strong>rettamente nella (2.1), influenza fortemente le caratteristiche del bersaglio <strong>di</strong><br />
produzione, che deve sopportare le elevate potenze rilasciate dal <strong>fasci</strong>o. Per tale ragione, sono<br />
preferibili acceleratori che forniscano un <strong>fasci</strong>o continuo, piuttosto che pulsato, perché, a<br />
parità <strong>di</strong> intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, la potenza massima rilasciata sul bersaglio dal primo è minore.<br />
1 Si possono ottenere risoluz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> qualche centinaio <strong>di</strong> KeV per ra<strong>di</strong>oisotopi con A=200 e vite me<strong>di</strong>e superiori a<br />
20 sec.<br />
8<br />
1<br />
2<br />
3
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Un’alternativa all’impiego <strong>di</strong> particelle cariche è l’utilizzo <strong>di</strong> neutroni con cui vengono<br />
prodotte reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fissione in bersagli <strong>di</strong> uranio. In tal caso, poiché i neutroni non<br />
interagiscono <strong>di</strong>rettamente con il materiale del bersaglio, la potenza rilasciata sullo stesso è<br />
legata solamente ai processi utili, ovvero alle reaz<strong>ioni</strong> nucleari.<br />
Il tipo <strong>di</strong> particelle che costituiscono il <strong>fasci</strong>o primario e le loro <strong>energie</strong>, mo<strong>di</strong>ficano, in<br />
ogni caso, la resa <strong>di</strong> produzione I, perché da esse <strong>di</strong>pendono le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione e<br />
lo spessore effettivo del bersaglio che può essere utilizzato. Il bersaglio <strong>di</strong> produzione deve,<br />
inoltre, lavorare <strong>ad</strong> alte temperature, in modo tale da facilitare il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione dei<br />
nuclei ra<strong>di</strong>oattivi sino alla superficie e, a tal fine, vengono <strong>ad</strong>operati materiali refrattari. Nella<br />
sorgente, inoltre, si può inibire la <strong>ioni</strong>zzazione <strong>di</strong> alcune specie nucleari prodotte, utilizzando<br />
un laser regolato per <strong>ioni</strong>zzare solo l’elemento chimico <strong>di</strong> interesse<br />
Le proprietà ottiche, la risoluzione energetica e l’emittanza <strong>di</strong> un <strong>fasci</strong>o secondario<br />
prodotto me<strong>di</strong>ante la tecnica ISOL, sono generalmente migliori <strong>di</strong> quelle ottenibili con la<br />
tecnica In Flight, dal momento che il meccanismo <strong>di</strong> produzione dalla sorgente in poi è<br />
analogo a quello <strong>ad</strong>operato per un <strong>fasci</strong>o stabile. Inoltre, l’impiego <strong>di</strong> un post-acceleratore,<br />
consente <strong>di</strong> modulare con semplicità l’energia del <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo che, nel caso dei <strong>fasci</strong><br />
prodotti con la tecnica In-Flight è, invece, correlata al valore dell’energia del <strong>fasci</strong>o primario.<br />
Un altro vantaggio del metodo ISOL è l’alta luminosità che può essere ottenuta<br />
utilizzando un bersaglio <strong>di</strong> produzione spesso ed un <strong>fasci</strong>o primario molto intenso.<br />
Tuttavia il metodo ISOL necessita <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione<br />
rispetto al metodo In-Flight: le specie esotiche, infatti, non vanno semplicemente prodotte, ma<br />
devono <strong>di</strong>ffondere nel bersaglio, essere estratte, <strong>ioni</strong>zzate e post-accelerate. L’efficienza<br />
risulta, pertanto, sensibile all’elemento chimico che si vuole produrre, ed i tempi <strong>di</strong><br />
produzione sono molto più lunghi (dal millisecondo ai minuti). Inoltre tale processo <strong>di</strong><br />
produzione comporta maggiori problemi nella gestione <strong>di</strong> una grossa quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>oattività<br />
indesiderata, prodotta nel bersaglio <strong>di</strong> produzione.<br />
In generale, con la tecnica ISOL vengono prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> bassa energia<br />
(10-20AMeV circa) ed alta luminosità, mentre, con il metodo In Flight, è possibile ottenere<br />
<strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> più alte (tipicamente maggiori <strong>di</strong> 40AMeV) con luminosità<br />
inferiori.<br />
9
2.2 Le “facilities” esistenti<br />
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Il grande interesse rivolto, negli ultimi anni, allo stu<strong>di</strong>o dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi si riflette<br />
nelle molte strumentaz<strong>ioni</strong> attualmente esistenti che, a seconda del metodo utilizzato (In-<br />
Flight o ISOL), e degli acceleratori <strong>di</strong>sponibili, hanno permesso uno stu<strong>di</strong>o estensivo in<br />
questo settore.<br />
Storicamente, il primo sistema <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi basato sulla tecnica<br />
ISOL è stato ISOLDE [RAV90], sviluppato presso il CERN (Ginevra – Svizzera): un <strong>fasci</strong>o<br />
<strong>di</strong> protoni da 1.4GeV, accelerati da un protosincrotrone (PSB) capace <strong>di</strong> fornire una corrente<br />
<strong>di</strong> 2µA, viene inviato su bersagli costituiti da metalli fusi, da polveri metalliche refrattarie o<br />
da carburi, permettendo la produzione <strong>di</strong> 600 specie nucleari, corrispondenti a 60 elementi<br />
chimici, (da Z=2 sino a Z=88) con basse <strong>energie</strong> incidenti (tra 60 e 150keV).<br />
La grande varietà <strong>di</strong> specie nucleari prodotte e le elevate intensità ottenute (sino a 10 11<br />
particelle/sec), hanno consentito uno stu<strong>di</strong>o sistematico delle proprietà atomiche e nucleari e<br />
delle caratteristiche dei deca<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> nuclei lontani dalla valle della stabilità. Inoltre, grazie<br />
alla tecnica <strong>di</strong> impiantazione <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, sono state estensivamente stu<strong>di</strong>ate le impurità<br />
ed i <strong>di</strong>fetti nei semiconduttori ed, inoltre, sono stati condotti stu<strong>di</strong> biome<strong>di</strong>ci al fine <strong>di</strong><br />
impiegare gli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi in campo me<strong>di</strong>co.<br />
Protoni <strong>di</strong> alta energia (500MeV), accelerati dal sincrotrone TRIUMF (Vancouver-<br />
Can<strong>ad</strong>a), sono impiegati come <strong>fasci</strong>o primario nel progetto ISOL denominato ISAC [SCH97],<br />
che produce sia <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> bassissima energia (sino a 60keV) che <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese<br />
tra 150AkeV e 1.5AMeV me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> un LINAC come post-acceleratore 2 . La ricerca<br />
condotta con ISAC, grazie alle basse <strong>energie</strong> con cui vengono prodotti gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, è<br />
orientata, prevalentemente, allo stu<strong>di</strong>o delle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse astrofisico collegate alla<br />
nucleosintesi stellare ed alla verifica del modello standard me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> trappole laser<br />
per <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
2 Un suo sviluppo porterà le <strong>energie</strong> massime a 6.5AMeV.<br />
10
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
L’impiego <strong>di</strong> protoni <strong>di</strong> alta energia, comune ai progetti descritti, è vantaggioso, in<br />
quanto, al crescere dell’energia, aumentano le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> nuclei esotici.<br />
Inoltre, a causa del minore stopping power dei protoni <strong>di</strong> alta energia, il loro utilizzo riduce la<br />
potenza <strong>di</strong>ssipata nel bersaglio. Il problema maggiore, tuttavia, è rappresentato dalla gestione<br />
della maggiore quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>oattività prodotta.<br />
Per mezzo della tecnica ISOL, anche presso il laboratorio <strong>di</strong> Louvain-la-Neuve<br />
(Belgio) [DAR90] un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> protoni a 30MeV <strong>ad</strong> elevata intensità (sino a 300µA) prodotto<br />
dal ciclotrone CICLONE 30 permette <strong>di</strong> produrre nuclei ra<strong>di</strong>oattivi. Questi ultimi vengono<br />
selezionati isotopicamente e poi accelerati da un secondo ciclotrone che, inoltre, purifica<br />
ulteriormente il <strong>fasci</strong>o dalle specie nucleari indesiderate. Si ottengono, in tal modo, <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese tra 100keV e 12AMeV, utilizzati,<br />
prevalentemente, per misurare sez<strong>ioni</strong> d’urto in reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse astrofisico.<br />
Anche <strong>ad</strong> Oak Ridge (USA), nel progetto HRIBF (Holifield Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beam<br />
Facility) [PHYWW] [GAR91], viene utilizzato un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> protoni <strong>di</strong> bassa energia (60MeV),<br />
fornito dal ciclotrone ORIC, per produrre <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, che vengono<br />
successivamente accelerati da un tandem <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese tra 200keV e 10AMeV,<br />
permettendo lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> nucleari coinvolte nella nucleosintesi stellare e primor<strong>di</strong>ale.<br />
La limitazione principale nell’utilizzo <strong>di</strong> protoni <strong>di</strong> bassa energia quali <strong>fasci</strong> primari è<br />
quella <strong>di</strong> aprire solo pochi canali <strong>di</strong> reazione, come (p,n) e (p,2n): i nuclei ra<strong>di</strong>oattivi così<br />
prodotti si <strong>di</strong>scostano <strong>di</strong> poco dalla valle <strong>di</strong> stabilità. L’impiego <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri e pesanti<br />
permette, invece, <strong>di</strong> ottenere sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione maggiori, perché aumenta l’energia<br />
<strong>di</strong> eccitazione depositata nel nucleo bersaglio. Viene facilitata, in tal modo, l’apertura <strong>di</strong><br />
svariati canali <strong>di</strong> reazione per mezzo dei quali è possibile produrre nuclei più instabili.<br />
Presso il laboratorio GANIL (fig. 2.2) (Francia), nell’ambito del progetto SPIRAL<br />
[MIT98] un <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri o pesanti (accelerati da due ciclotroni accoppiati)<br />
viene utilizzato per produrre gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi in un bersaglio spesso, da cui vengono estratti,<br />
<strong>ioni</strong>zzati, pre-accelerati e sottoposti <strong>ad</strong> una prima selezione in massa. Il ciclotrone compatto<br />
CIME (Cyclotron pour Ions de Moyenne Energie) effettua, successivamente, un’ulteriore<br />
purificazione ed accelerazione del <strong>fasci</strong>o secondario, selezionando gli isotopi in rigi<strong>di</strong>tà<br />
magnetica. Le <strong>energie</strong> dei <strong>fasci</strong> secondari così ottenuti variano tra 1.7AMeV e 25AMeV, e<br />
11
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
sono, pertanto, <strong>ad</strong>atte allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> nucleari <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> prossime ed al <strong>di</strong> sopra della<br />
barriera coulombiana. Sono stati, in tal modo, condotti esperimenti volti allo stu<strong>di</strong>o<br />
dell’eccitazione coulombiana dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> fusione-evaporazione con<br />
emissione gamma, <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> interesse astrofisico e spettroscopia nucleare tramite reaz<strong>ioni</strong><br />
<strong>di</strong> trasferimento.<br />
Figura 2.2 Schema degli acceleratori e delle sale sperimentali del laboratorio <strong>di</strong> GANIL,<br />
dove vengono prodotti <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi sia con la tecnica ISOL (SPIRAL) che con<br />
quella In-Fligth. (SISSI-LISE3).<br />
Presso il GSI (Darmst<strong>ad</strong>t – Germania) vengono <strong>ad</strong>operati <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> leggeri e<br />
pesanti forniti da un acceleratore lineare (UNILAC) nell’ambito del progetto denominato<br />
12
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
ISOL (fig. 2.3) [SCH02] al fine <strong>di</strong> produrre e selezionare <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti in reaz<strong>ioni</strong><br />
<strong>di</strong> fusione, fissione o <strong>di</strong> trasferimento. Una frazione dei nuclei, <strong>di</strong>ffusi dal bersaglio nel quale<br />
vengono prodotti, sono <strong>ioni</strong>zzati +1, accelerati, tipicamente, a 55keV e separati in massa per<br />
mezzo <strong>di</strong> un campo magnetico. I vari <strong>fasci</strong>, così separati, possono essere impiegati<br />
simultaneamente lungo tre linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o in<strong>di</strong>pendenti per stu<strong>di</strong>, <strong>ad</strong> esempio, <strong>di</strong> spettroscopia<br />
nucleare o, più in generale, sui meccanismi <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento.<br />
Figura 2.3 Schema del progetto ISOL al GSI.<br />
Negli anni ottanta, a Berkley (USA) venne, per la prima volta, applicata la tecnica<br />
della frammentazione in volo al fine <strong>di</strong> ottenere <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi [VIY79][WES79]: questi<br />
stu<strong>di</strong> iniziali fornirono il primo in<strong>di</strong>zio sperimentale dell’esistenza <strong>di</strong> nuclei con alone (halo<br />
nuclei).<br />
Attualmente, tale tecnica è utilizzata a GANIL, dove il fragment separator LISE (fig<br />
2.4) [MUE91] rende <strong>di</strong>sponibili nuclei ra<strong>di</strong>oattivi con <strong>energie</strong> sino a 95AMeV, grazie ai quali<br />
è stato possibile condurre, <strong>ad</strong> esempio, stu<strong>di</strong> sugli stati isomerici, le strutture nucleari <strong>ad</strong> alone<br />
ed i deca<strong>di</strong>menti β con successiva emissione <strong>di</strong> un protone o <strong>di</strong> un neutrone (deca<strong>di</strong>mento β-<br />
ritardato).<br />
13
14<br />
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Figura 2.4 Descrizione schematica del fragment separator LISE3 in uso presso il<br />
laboratorio <strong>di</strong> Ganil.
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Anche presso il NSCL (MSU – USA) la tecnica In-Flight fornisce <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> <strong>di</strong> 200AMeV a partire da <strong>fasci</strong> primari <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti accelerati da due<br />
ciclotroni accoppiati (K=500 e K=1200) (fig.2.5) [MOR97]. Le elevate <strong>energie</strong> incidenti<br />
<strong>di</strong>sponibili, rendono accessibili gli stu<strong>di</strong> sull’influenza del termine <strong>di</strong> simmetria<br />
nell’equazione <strong>di</strong> stato della materia nucleare.<br />
Figura 2.5 Descrizione schematica del <strong>di</strong>spositivo sperimentale tramite il quale vengono prodotti, con il<br />
metodo In-Flight,<br />
<strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso l’NSCL-MSU.<br />
Presso il GSI il metodo In-Flight è utilizzato per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sia<br />
per frammentazione del proiettile che per fissione <strong>di</strong> nuclei pesanti. Il <strong>fasci</strong>o primario è fornito<br />
dal sincrotrone SIS ed i prodotti <strong>di</strong> reazione sono selezionati me<strong>di</strong>ante il FRagment Separator<br />
FRS (fig. 2.6) [GEI92]. In tal modo, sono prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> <strong>di</strong><br />
1.2AGeV, che possono essere impiegati per esperimenti su bersagli secondari o inviati<br />
nell’anello <strong>di</strong> accumulazione ESR [FRA87], dove vengono condotte misure <strong>di</strong> masse nucleari<br />
con estrema precisione. Le misure, condotte presso il FRS, <strong>di</strong> sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione, sia<br />
per fissione che per frammentazione, del proiettile hanno contribuito allo sviluppo <strong>di</strong> una<br />
parametrizzazione delle sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> frammentazione chiamata EPAX [SÜM00], che<br />
15
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
verrà trattata nel capitolo 5. Sono stati, inoltre, scoperti nell’ambito degli esperimenti volti<br />
all’identificazione <strong>di</strong> nuovi nuclei esotici, lo 100 Sn ed il 78 Ni. Tramite reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> break-up si<br />
indagano, poi, le proprietà dei nuclei con alone e le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> cattura ra<strong>di</strong>ativa in cinematica<br />
inversa (<strong>ad</strong> esempio (γ,p)). Le <strong>energie</strong> raggiungibili consentono, inoltre, lo stu<strong>di</strong>o delle<br />
proprietà della materia nucleare asimmetrica, tramite collis<strong>ioni</strong> tra <strong>ioni</strong> pesanti ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
Figura 2.6 Configurazione del FRagment Separator FRS in uso presso il GSI. L’FRS è composto da due<br />
settori, entrambi costituiti da una coppia <strong>di</strong> <strong>di</strong>poli, e da una serie <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli focalizzanti, tra i quali si<br />
trova un degr<strong>ad</strong>er che può avere una forma variabile, in modo da rendere l’apparato acromatico o<br />
monocromatico.<br />
16
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Presso Lanzhou (Cina) è stato realizzato il progetto RIBLL (Ra<strong>di</strong>oactive Beam Line<br />
Lanzhou) [ZHA98] per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> sino <strong>ad</strong> 80AMeV<br />
con la tecnica della frammentazione in volo del proiettile.<br />
Viene utilizzata la tecnica della frammentazione in volo con <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti e<br />
leggeri prodotti da una serie <strong>di</strong> ciclotroni, RIBF (Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beam Factory) [YAN02]<br />
[MOT99], ottenendo <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sino <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> <strong>di</strong> 150AMeV, presso i laboratori <strong>di</strong><br />
RIKEN (Giappone). Tra le principali scoperte realizzate in questo laboratorio si annoverano<br />
l’esistenza <strong>di</strong> nuclei con alone in prossimità delle drip lines e della pelle <strong>di</strong> neutroni (neutron<br />
skin) nei nuclei pesanti ricchi <strong>di</strong> neutroni. Sono stati, inoltre, identificati alcuni nuovi isotopi<br />
tra cui 61 Ga, 63 Ge e 200 Fr ed è stata sviluppata una tecnica per identificare stati non legati,<br />
aventi un ampio eccesso <strong>di</strong> neutroni, che si presentano come risonanze (come per esempio l’<br />
10 He).<br />
Presso il JINR <strong>di</strong> Dubna (Russia) si utilizza la tecnica In-Flight con <strong>fasci</strong> primari <strong>ad</strong><br />
<strong>energie</strong> sino a 100AMeV per He e 50AMeV per Ar, forniti dal ciclotrone U-400M. I prodotti,<br />
ottenuti nella frammentazione <strong>di</strong> 7 Li e 11 B, vengono selezionati con il fragment separator<br />
ACCULINA [ROD97] per ottenere, rispettivamente, intensi <strong>fasci</strong> dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi 6 He ed<br />
8 He, utilizzati per stu<strong>di</strong>are la struttura <strong>di</strong> questi nuclei leggeri ricchi in neutroni. Con<br />
l’apparato COMBAS [ART99], vengono, invece, prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi anche <strong>di</strong> altri<br />
elementi (fino all’Ar), per mezzo dei quali si stu<strong>di</strong>ano le reaz<strong>ioni</strong> con nuclei esotici <strong>ad</strong> <strong>energie</strong><br />
interme<strong>di</strong>e, e si effettuano anche misure <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> nuclei instabili vicino alle drip lines.<br />
Le tabelle 2.1 e 2.2 riassumono le facilities, rispettivamente In-Flight ed ISOL,<br />
esistenti al momento e le loro caratteristiche principali.<br />
17
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Laboratorio Acceleratore Fragment separator Energie dei RIB<br />
GANIL<br />
NSCL-MSU<br />
GSI<br />
RIKEN<br />
DUBNA<br />
LANZHOU<br />
(AMeV)<br />
Ciclotroni accoppiati SISSI+LISE
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
2.3 Nuovi progetti per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi<br />
La necessità <strong>di</strong> sviluppare sistemi per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con intensità<br />
almeno 1000 volte superiori a quelle attualmente <strong>di</strong>sponibili, al fine <strong>di</strong> ampliare la conoscenza<br />
sulla fisica dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, con particolare riferimento a tutti quei processi aventi<br />
sez<strong>ioni</strong> d’urto estremamente piccole, ha stimolato la nascita <strong>di</strong> numerosi progetti per la<br />
produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi per mezzo sia della tecnica In-Flight che ISOL.<br />
Presso il GSI sarà realizzato il fragment separator superFRS (super FRagment<br />
Separator) [GSI01] (fig. 2.7). A partire da <strong>fasci</strong> primari forniti da un nuovo sincrotrone capace<br />
<strong>di</strong> accelerare <strong>ioni</strong> pesanti sino all’uranio, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> incidenti fino a 1.5AGeV con intensità<br />
maggiori <strong>di</strong> 10 12 <strong>ioni</strong>/sec, nuclei esotici verranno prodotti da reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione e<br />
fissione in volo. Il superFRS impiegherà magneti superconduttori, che consentiranno <strong>di</strong><br />
aumentare sensibilmente l’accettanza complessiva del sistema: l’obiettivo è raccogliere i<br />
prodotti <strong>di</strong> fissione con la stessa efficienza con la quale l’attuale FRS raccoglie i frammenti<br />
del proiettile in modo tale da rendere accessibili gli stu<strong>di</strong> su nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni sino <strong>ad</strong><br />
oggi limitati dalla bassa trasmissione (dal 4 al 10%) dei frammenti <strong>di</strong> fissione.<br />
Con il superFRS verrà utilizzato un anello collettore CR all’interno del quale gli <strong>ioni</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi verranno raffreddati stocasticamente prima <strong>di</strong> essere iniettati (fig. 2.7) nell’anello<br />
<strong>di</strong> accumulazione NESR. In quest’ultimo il <strong>fasci</strong>o verrà ulteriormente raffreddato con la<br />
tecnica del raffreddamento elettronico 3 . Nel NESR, a <strong>di</strong>fferenza dell’attuale ESR, sarà<br />
possibile usare bersagli interni <strong>di</strong> H ed He ed inoltre si stu<strong>di</strong>eranno la <strong>di</strong>stribuzione in carica<br />
ed i fattori <strong>di</strong> forma dei nuclei esotici me<strong>di</strong>ante scattering elastico ed inelastico con un <strong>fasci</strong>o<br />
<strong>di</strong> elettroni. Del sistema fanno parte anche due ulteriori linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o secondario terminanti<br />
in sale sperimentali denominate «a bassa energia» ed «alta energia» (fig. 2.7), dove verranno<br />
stu<strong>di</strong>ate reaz<strong>ioni</strong> con <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, rispettivamente, a bassa ed alta energia incidente .<br />
3 La tecnica del raffreddamento <strong>di</strong> un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> particelle permette <strong>di</strong> ridurne l’indeterminazione energetica e<br />
l’emittanza. A tal fine, viene utilizzato un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> elettroni <strong>di</strong> risoluzione energetica migliore e minore<br />
emittanza. In seguito agli urti casuali con gli elettroni, la velocità <strong>di</strong> ciascuna particella del <strong>fasci</strong>o si uniforma a<br />
quella del <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> elettroni.<br />
19
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Figura 2.7 Schema del superFRS accoppiato con l’anello collettore CR nel quale<br />
il <strong>fasci</strong>o viene raffreddato in maniera stocastica e con il NESR, un anello <strong>di</strong><br />
accumulazione nel quale il <strong>fasci</strong>o viene ulteriormente raffreddato me<strong>di</strong>ante la<br />
tecnica del raffreddamento elettronico.<br />
Tra gli obiettivi scientifici perseguibili da questo nuovo progetto ricor<strong>di</strong>amo<br />
l’evoluzione del modello a shell nei nuclei lontani dalla valle <strong>di</strong> stabilità, l’indagine su alcune<br />
simmetrie e leggi <strong>di</strong> conservazione fondamentali (<strong>ad</strong> esempio sulla violazione della simmetria<br />
<strong>di</strong> parità), la comprensione dei processi che caratterizzano l’evoluzione stellare e, inoltre, lo<br />
stu<strong>di</strong>o della materia nucleare in con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> estreme <strong>di</strong> temperature, densità ed asimmetria.<br />
20
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Energie più basse <strong>di</strong> quelle accessibili al SuperFRS verranno, invece, raggiunte con il<br />
progetto americano RIA (Rare Isotope Accelerator) [RIA00] (fig.2.8), che applicherà<br />
entrambe le tecniche <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> esotici. È previsto l’impiego <strong>di</strong> un LINAC per<br />
accelerare dai protoni, a 900MeV, sino all’uranio, a 400AMeV.<br />
Figura 2.8 Schema del progetto RIA. Tale progetto prevede la possibilità <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi utilizzando sia il metodo In-Flight che il metodo ISOL. Sarà inoltre possibile ottenere i <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi per mezzo <strong>di</strong> una tecnica ibrida.<br />
Tali <strong>fasci</strong> primari potranno essere in<strong>di</strong>rizzati su un bersaglio spesso, da cui estrarre<br />
<strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi me<strong>di</strong>ante la tecnica ISOL, oppure su un bersaglio sottile, in cui produrre i<br />
nuclei ra<strong>di</strong>oattivi per “In-Fligth”. Sarà utilizzata anche una tecnica ibrida, nella quale il <strong>fasci</strong>o<br />
prodotto con il metodo In-Flight, e selezionato magneticamente, verrà in<strong>di</strong>rizzato in una cella<br />
contente elio pressurizzato. In questo modo gli <strong>ioni</strong> saranno rallentati, ma non neutralizzati<br />
totalmente, perché, essendo l’elio un gas nobile, cede con maggior <strong>di</strong>fficoltà i propri elettroni.<br />
21
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Così gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, praticamente a riposo, saranno riaccelerati, ottenendo <strong>fasci</strong> con<br />
ottime risoluzione energetica ed emittanza, caratteristiche, queste ultime, proprie dei <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi prodotti con il metodo ISOL. Al contempo, i tempi <strong>di</strong> rilascio <strong>di</strong> tali <strong>fasci</strong> saranno<br />
più brevi (dell’or<strong>di</strong>ne del msec), e non <strong>di</strong>penderanno dalle proprietà chimiche dell’elemento.<br />
Questa tecnica è già stata sperimentata presso l’Argonne National Laboratory (USA).<br />
Numerosi obiettivi scientifici potranno essere raggiunti con questo nuovo progetto:<br />
una maggiore comprensione della materia nucleare asimmetrica, dell’origine degli elementi e<br />
della produzione <strong>di</strong> energia nelle stelle, la verifica del Modello Standard e <strong>di</strong> alcune leggi <strong>di</strong><br />
conservazione fondamentali (come la simmetria CP).<br />
In Giappone, presso il laboratorio RIKEN, verrà potenziata la già esistente RIBF<br />
(Ra<strong>di</strong>oactive Ion Beam Factory), dove saranno prodotti <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> tutte le specie<br />
atomiche. Questo progetto amplierà la già esistente RARF (Riken Accelerator Research<br />
Facility), per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con il metodo In-Flight fornendo <strong>ioni</strong> leggeri<br />
ra<strong>di</strong>oattivi con intensità massime fino a 10 7 <strong>ioni</strong>/sec <strong>di</strong> 11 Li. Una serie <strong>di</strong> ciclotroni accelererà<br />
il <strong>fasci</strong>o primario sino a 400AMeV per nuclei leggeri e 250AMeV per quelli pesanti, con<br />
intensità <strong>di</strong> corrente superiori a 1µA. Il nuovo fragment separator BigRIPS (Big RIken<br />
Projectile fragment Separator) selezionerà le specie nucleari prodotte, per frammentazione del<br />
proiettile e fissione in volo: la sua maggiore rigi<strong>di</strong>tà magnetica consentirà un aumento<br />
dell’efficienza <strong>di</strong> raccolta dei nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni. Fanno parte del progetto anche un<br />
anello <strong>di</strong> accumulazione e raffreddamento, ACR (Accumulator Cooling Ring) ed un e-RI<br />
(electron-Ra<strong>di</strong>oactive Ions) collider, me<strong>di</strong>ante i quali potranno essere condotti esperimenti <strong>di</strong><br />
scattering <strong>di</strong> elettroni su <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi. La scelta <strong>di</strong> un ciclotrone come driver è stata dettata<br />
dalla necessità <strong>di</strong> ottenere intensità elevate. Le intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o ottenibili per mezzo <strong>di</strong> un<br />
ciclotrone sono, infatti, almeno 100 volte maggiori <strong>di</strong> quelle fornite da un sincrotrone.<br />
Giacché la sezione d’urto <strong>di</strong> frammentazione del proiettile non <strong>di</strong>pende in maniera sensibile<br />
dall’energia per E>100AMeV, le minori <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong>sponibili in tal caso, non<br />
costituiscono, comunque, un limite del progetto. La possibilità <strong>di</strong> aumentare il numero <strong>di</strong><br />
specie nucleari instabili <strong>di</strong>sponibili nonché l’intensità dei <strong>fasci</strong> secondari, renderà possibile<br />
uno stu<strong>di</strong>o sistematico dei nuclei con alone e della nucleosintesi degli elementi.<br />
22
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
Presso il CERN il progetto REX-ISOLDE [HAB97], basato sul metodo ISOL, prevede<br />
l’arricchimento dello stato <strong>di</strong> carica dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, in modo tale da poter accelerare i<br />
<strong>fasci</strong> secondari <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> maggiori (sino a 2.2AMeV). In particolare gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, con<br />
carica +1, verranno accumulati in una trappola magnetica (detta Penning trap) e poi<br />
ulteriormente <strong>ioni</strong>zzati da un intenso <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> elettroni prodotto da un cannone elettrico<br />
all’interno <strong>di</strong> una sorgente EBIS (Electron Beam Ion Source) ed, infine, accelerati da un<br />
LINAC. Le trappole magnetiche permetteranno, inoltre, <strong>di</strong> raggruppare gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi in<br />
brevi impulsi <strong>di</strong> elevata intensità, aumentando, <strong>di</strong> conseguenza, il rapporto segnale/fondo.<br />
Con tale progetto si intende stu<strong>di</strong>are la struttura dei nuclei ricchi in neutroni ed, in particolare,<br />
le proprietà delle chiusure <strong>di</strong> shell nei nuclei con N=20 ed N=28, i processi <strong>di</strong> eccitazione<br />
coulombiana e le reaz<strong>ioni</strong> con trasferimento <strong>di</strong> neutroni.<br />
Tra i progetti futuri, MAFF (Monaco-Germania) [HAB97b] produrrà, con la tecnica<br />
ISOL, <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> fissione molto ricchi in neutroni, con intensità (sino a<br />
10 11 particelle/sec) prossime a quelle dei <strong>fasci</strong> stabili. Per raggiungere tale obiettivo, verranno<br />
utilizzate le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fissione indotte su un bersaglio <strong>di</strong> 235 U da un intenso flusso <strong>di</strong> neutroni<br />
termici, fornito dal reattore FRM-II, in modo da utilizzare l’elevata sezione d’urto <strong>di</strong> fissione<br />
termica (580barn) <strong>di</strong> tale isotopo. L’impiego <strong>di</strong> un LINAC come post-acceleratore, consentirà<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> comprese tra 3.7AMeV e 5.9AMeV. Tale progetto riveste un<br />
particolare interesse per quanto riguarda la produzione <strong>di</strong> nuclei super pesanti. La tecnica fino<br />
<strong>ad</strong> ora <strong>ad</strong>operata per la loro sintesi, infatti, sfruttando reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> fusione indotte da un <strong>fasci</strong>o<br />
stabile su un bersaglio stabile, produce prevalentemente nuclei ricchi <strong>di</strong> protoni e, pertanto,<br />
con vite me<strong>di</strong>e brevi. Impiegando, invece, i <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni resi<br />
<strong>di</strong>sponibili da MAFF, si otterranno prodotti <strong>di</strong> fusione a loro volta più ricchi <strong>di</strong> neutroni, più<br />
stabili e con vite me<strong>di</strong>e più lunghe.<br />
È, inoltre, in corso <strong>di</strong> sviluppo, a livello europeo, un progetto per la realizzazione <strong>di</strong><br />
strumentaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> seconda generazione per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi tramite la tecnica<br />
ISOL denominato EURISOL (European Isotope Separation On-Line Ra<strong>di</strong>oactive Nuclear<br />
Beam Facility) [EUR02].<br />
23
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
2.4 I progetti <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
presso i Laboratori Nazionali del Sud<br />
Poiché entrambi i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, In-Flight ed ISOL, sono,<br />
come già detto, complementari, spesso vengono sviluppati, all’interno <strong>di</strong> uno stesso<br />
laboratorio, sistemi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi basati su entrambe le tecniche. È questo<br />
il caso dei Laboratori Nazionali del Sud <strong>di</strong> Catania, dove è stato sviluppato un progetto per la<br />
produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi con il metodo In Flight, denominato ETNA (Exotics Transport<br />
to Nuclear Area), e, contemporaneamente, è in fase <strong>di</strong> realizzazione il progetto EXCYT<br />
(Exotics with Cyclotron and Tandem) basato sulla tecnica ISOL.<br />
Originariamente il progetto ETNA [CAL97] prevedeva un separatore elettromagnetico<br />
atto a selezionare i nuclei instabili prodotti nei processi <strong>di</strong> frammentazione del proiettile alle<br />
<strong>energie</strong> del ciclotrone superconduttore. Tale separatore elettromagnetico era costituito da una<br />
sezione della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o che connette il CS alle sale sperimentali: avrebbe, pertanto,<br />
operato sia come linea <strong>di</strong> trasporto per i <strong>fasci</strong> stabili che come separatore dei frammenti<br />
“esotici”. Era previsto l’impiego <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> <strong>di</strong>poli deflettori a 45°, <strong>di</strong> un solenoide<br />
superconduttore, <strong>di</strong> sette qu<strong>ad</strong>rupoli focalizzanti e <strong>di</strong> due magneti esapolari, per le correz<strong>ioni</strong><br />
al secondo or<strong>di</strong>ne dell’ottica magnetica (figura 2.6). I frammenti <strong>di</strong> interesse, prodotti in un<br />
bersaglio sottile, vengono separati, nella prima parte del fragment separator, secondo la loro<br />
rigi<strong>di</strong>tà magnetica, e, successivamente, perdono energia in un degr<strong>ad</strong>er (posto nel fuoco<br />
interme<strong>di</strong>o), in proporzione alla loro massa A ed al qu<strong>ad</strong>rato della carica Z. L’ultimo magnete,<br />
infine, produce un fuoco acromatico, così che la posizione finale degli <strong>ioni</strong> trasmessi, in prima<br />
approssimazione, <strong>di</strong>pende solamente dalle loro deviaz<strong>ioni</strong> in carica, massa e stato <strong>di</strong> carica,<br />
rispetto allo ione <strong>di</strong> riferimento, per il quale è configurata l’ottica del fragment separator, e<br />
non dalla loro energia. Il solenoide superconduttore avrebbe dovuto essere installato subito<br />
dopo il bersaglio ed avrebbe permesso <strong>di</strong> aumentare l’angolo solido <strong>di</strong> accettanza <strong>di</strong> un fattore<br />
30. La rigi<strong>di</strong>tà magnetica massima <strong>di</strong> 4.5 Tm, circa il 20% più alta del <strong>fasci</strong>o del CS, avrebbe<br />
consentito <strong>di</strong> aumentare la possibilità <strong>di</strong> selezionare i frammenti ricchi <strong>di</strong> neutroni. L’angolo<br />
24
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
solido massimo <strong>di</strong> accettanza sarebbe stato <strong>di</strong> 4.8 msr, mentre il potere risolutivo in impulso<br />
sarebbe variato da 700 a 1400.<br />
A causa <strong>di</strong> problemi tecnici nella realizzazione del solenoide e <strong>di</strong> ritar<strong>di</strong> nella<br />
consegna <strong>di</strong> alcuni elementi magnetici, il progetto venne abbandonato. Recentemente, l’idea<br />
originaria del progetto ETNA è stata ripresa e sviluppata (par. 3.3) grazie alla peculiarità <strong>di</strong><br />
una parte della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o che connette il CS alle sale sperimentali, potendo quest’ultima<br />
operare, come già detto, da separatore magnetico. In questo lavoro <strong>di</strong> tesi, in particolare, sono<br />
presentati i risultati degli stu<strong>di</strong> condotti sulle rese <strong>di</strong> produzione e trasmissione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti utilizzando tale sistema.<br />
Ciclotrone<br />
superconduttore<br />
Figura 2.6 Schema del progetto ETNA.<br />
Solenoide<br />
<strong>di</strong>poli<br />
degr<strong>ad</strong>er<br />
Nel progetto EXCYT (fig. 2.7), un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti (A≤48), accelerato <strong>ad</strong> <strong>energie</strong><br />
interme<strong>di</strong>e (da 50 <strong>ad</strong> 80 AMeV) dal CS, viene fatto interagire con un bersaglio spesso. Le<br />
reaz<strong>ioni</strong> nucleari che avvengono nel bersaglio a causa del bombardamento degli <strong>ioni</strong> pesanti,<br />
producono gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi (A≤80) che vengono, successivamente, <strong>ioni</strong>zzati, in una<br />
25
Capitolo 2. <strong>Produzione</strong> <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi<br />
sorgente posta imme<strong>di</strong>atamente dopo il bersaglio e che costituisce, pertanto, con esso un<br />
complesso unico. Da quest’ultimo, gli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi vengono estratti e <strong>ioni</strong>zzati con stato <strong>di</strong><br />
carica –1 in una cella a scambio <strong>di</strong> carica, al fine <strong>di</strong> poter utilizzare come post-acceleratore il<br />
tandem da 15MV SMP. Dopo il canale <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica, il <strong>fasci</strong>o viene accelerato sino a<br />
300keV e fatto passare attraverso un separatore <strong>di</strong> massa isobarico, con potere risolutivo sino<br />
a 1/20000. Da quest’ultimo, il <strong>fasci</strong>o può essere inviato, alternativamente, in una piccola sala<br />
sperimentale a<strong>di</strong>acente, dove possono essere fatti esperimenti <strong>di</strong> bassa energia (330keV),<br />
oppure essere iniettato nel Tandem per l’accelerazione finale.<br />
Figura 2.7 Schema semplificato del progetto EXCYT.<br />
L’utilizzo del tandem consentirà <strong>di</strong> ottenere <strong>fasci</strong> secondari con una ottima (0.1%)<br />
risoluzione energetica, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> variabili tra 0.2 e 8 AMeV. Per <strong>fasci</strong> secondari <strong>di</strong> elementi<br />
alogeni non è necessaria la fase dello scambio <strong>di</strong> carica, perché possono essere estratti dal<br />
bersaglio <strong>di</strong>rettamente nello stato <strong>di</strong> carica –1 e possono, pertanto, essere conseguite<br />
efficienze maggiori.<br />
26
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
3. DISPOSITIVO SPERIMENTALE<br />
3.1 Introduzione<br />
Le misure analizzate nel presente lavoro <strong>di</strong> tesi sono state eseguite presso i Laboratori<br />
Nazionali del Sud (LNS) <strong>di</strong> Catania. Fasci primari <strong>di</strong> 12 C, 40 Ar, 58 Ni, accelerati dal Ciclotrone<br />
Superconduttore (CS), <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong> 40AMeV per i proiettili pesanti e 62AMeV per<br />
il proiettile più leggero, sono stati fatti incidere rispettivamente su bersagli <strong>di</strong> 9 Be <strong>di</strong> spessore<br />
500µm ed 27 Al <strong>di</strong> spessore 100µm, al fine <strong>di</strong> minimizzare, <strong>di</strong> volta in volta, le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />
energia dei frammenti nel bersaglio. I prodotti delle reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione così ottenuti<br />
sono stati selezionati me<strong>di</strong>ante un fragment separator (par. 3.3), la cui rigi<strong>di</strong>tà magnetica è<br />
stata scelta, volta per volta, in accordo con i valori forniti dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE<br />
(cap. 4, par. 4.2), al fine <strong>di</strong> massimizzare la trasmissione <strong>di</strong> un dato isotopo. Le correnti<br />
effettive impiegate nei <strong>di</strong>poli del fragment separator sono state regolate <strong>ad</strong>operando come<br />
riferimento quelle necessarie <strong>ad</strong> avere la trasmissione completa del <strong>fasci</strong>o primario.<br />
I <strong>fasci</strong> prodotti dal CS sono pulsati e sincronizzati temporalmente con il segnale <strong>di</strong><br />
Ra<strong>di</strong>oFrequenza (RF) che fornisce la tensione alle cavità del CS. È stato, pertanto, possibile<br />
utilizzare il segnale <strong>di</strong> RF per le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo.<br />
La composizione, la <strong>di</strong>stribuzione nello spazio delle fasi e la trasmissione attraverso le<br />
linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dei frammenti ottenuti (<strong>fasci</strong>o secondario) sono state stu<strong>di</strong>ate <strong>ad</strong>operando due<br />
sistemi <strong>di</strong> rivelatori, posizionati, rispettivamente, in corrispondenza del fuoco finale del<br />
fragment separator e dell’entrata della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope (figura 3.1). Ciascun<br />
sistema <strong>di</strong> rivelatori era costituito da tre sta<strong>di</strong>: un Parallel Plate Avalance Counter (PPAC) per<br />
la misura della posizione nel piano perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione del <strong>fasci</strong>o, un rivelatore al<br />
silicio <strong>di</strong> spessore <strong>di</strong> 300µm ed uno scintillatore per la misura dell’energia residua del<br />
frammento. La misura del ritardo tra il segnale fornito dal rivelatore al Si e quello <strong>di</strong> RF<br />
permetteva la misura del tempo <strong>di</strong> volo per ciascuno degli isotopi rivelati.<br />
È stato, in tal modo, possibile determinare, evento per evento, e per ogni frammento<br />
del <strong>fasci</strong>o secondario, la sua energia, carica, massa e posizione.<br />
27
Bersaglio <strong>di</strong> produzione<br />
Punto <strong>di</strong> misura Ciclope<br />
Fragment separator<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Punto <strong>di</strong> misura<br />
fuoco finale<br />
Fragment separator<br />
Figura 3.1 Descrizione schematica delle linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dei Laboratori Nazionali del Sud. Sono<br />
in<strong>di</strong>cati i punti in cui sono state effettuate le misure analizzate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi e la<br />
<strong>di</strong>sposizione del fragment separator.<br />
Al fine <strong>di</strong> utilizzare i prodotti delle reaz<strong>ioni</strong> così ottenuti come <strong>fasci</strong> secondari per<br />
esperimenti con <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, si impone la necessità <strong>di</strong> minimizzare lo spessore dei<br />
rivelatori <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica atti <strong>ad</strong> identificare il frammento selezionato, in modo da non<br />
perturbarne le caratteristiche. Per tale motivo, è stata valutata la possibilità <strong>di</strong><br />
un’identificazione dei prodotti <strong>di</strong> reazione, evento per evento, con il solo contributo del<br />
rivelatore al Si e, dunque, unicamente, tramite misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo e per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia.<br />
L’intensità del <strong>fasci</strong>o primario è stata scelta, volta per volta, in modo tale da ottenere<br />
<strong>fasci</strong> secondari la cui intensità non risultasse talmente elevata da danneggiare i rivelatori o<br />
dare luogo a pile-up negli stessi.<br />
28
3.2 Bersaglio <strong>di</strong> produzione<br />
alcuni criteri:<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
La scelta del bersaglio <strong>di</strong> “produzione” viene <strong>di</strong> solito effettuata in osservanza <strong>di</strong><br />
• la reazione “primaria” <strong>di</strong> frammentazione deve avvenire in cinematica “inversa”;<br />
• lo spessore del bersaglio influenza sia la resa che lo straggling energetico ed angolare<br />
e l’energia finale dei frammenti.<br />
Con un bersaglio <strong>di</strong> massa inferiore a quella del proiettile, infatti, tutti i prodotti <strong>di</strong><br />
reazione risultano fortemente focalizzati agli angoli in avanti: questa caratteristica, riducendo<br />
l’emittanza del <strong>fasci</strong>o secondario, ne migliora la trasmissione attraverso il fragment separator<br />
e le successive linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, ottenendo, pertanto, <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> maggiore intensità per i successivi<br />
esperimenti.<br />
Inoltre, all’aumentare dello spessore del bersaglio, aumenta la resa <strong>di</strong> produzione dei<br />
frammenti, in quanto aumenta il numero <strong>di</strong> interaz<strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o primario. Tuttavia, al<br />
crescere dello spessore compaiono degli effetti indesiderati, come una maggiore <strong>di</strong>spersione<br />
in energia ed in <strong>di</strong>rezione dei frammenti prodotti, che ne rende più <strong>di</strong>fficile il trasporto e<br />
l’identificazione.<br />
Bersaglio <strong>di</strong><br />
produzione<br />
Q 1,2<br />
Figura 3.2 Particolare della linea <strong>di</strong> estrazione dal CS in cui erano posizionati il<br />
bersaglio <strong>di</strong> produzione ed i qu<strong>ad</strong>rupoli Q1 e Q2 che focalizzano il <strong>fasci</strong>o nel primo<br />
<strong>di</strong>polo del fragment separator.<br />
29
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Inoltre, anche la probabilità <strong>di</strong> popolare <strong>di</strong>versi stati <strong>di</strong> carica del proiettile aumenta al<br />
crescere dello spessore del bersaglio, rendendo, così, più <strong>di</strong>fficile l’eliminazione del <strong>fasci</strong>o<br />
primario nel fragment separator<br />
Nell’esperimento effettuato sono stati <strong>ad</strong>operati bersagli <strong>di</strong> 9 Be (500µm) ed 27 Al<br />
(100µm), inseriti all’uscita del <strong>fasci</strong>o primario dal CS (fig. 3.2) in un sopporto ruotante in<br />
modo da poter scegliere il bersaglio da <strong>ad</strong>operare o da escluderlo. I qu<strong>ad</strong>rupoli Q1 e Q2<br />
focalizzano i prodotti sul primo <strong>di</strong>polo D1 del fragment separator.<br />
3.3 Il Fragment Separator<br />
3.3.1 Introduzione<br />
I separatori isotopici, o fragment separator, sono utilizzati per effettuare la separazione<br />
in volo dei prodotti <strong>di</strong> reazione. In particolare si tratta, in questo contesto, <strong>di</strong> una separazione<br />
spaziale in funzione delle proprietà specifiche dei prodotti <strong>di</strong> reazione (massa, carica,<br />
impulso). Una volta separati spazialmente i frammenti, i collimatori o l’accettanza limitata del<br />
fragment separator possono essere utilizzati per eliminare le specie nucleari indesiderate. Nel<br />
contesto degli stu<strong>di</strong> effettuati con <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, un fragment separator opera come<br />
separatore isotopico dei <strong>fasci</strong> secondari al fine <strong>di</strong> selezionare isotopi ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
Tali <strong>di</strong>spositivi si servono delle forze <strong>di</strong> Coulomb e Lorentz per deflettere gli <strong>ioni</strong>:<br />
r<br />
r<br />
dp<br />
r r r<br />
F = = q(<br />
E + v × B)<br />
(3.1)<br />
dt<br />
Noti il campo elettrico E r , il campo magnetico B r r<br />
, la velocità v e la carica q <strong>di</strong> uno<br />
ione, si può calcolare la sua traiettoria. Nel caso particolare in cui il campo magnetico sia<br />
uniforme e perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione del moto dello ione, la traiettoria da esso seguita è un<br />
arco <strong>di</strong> circonferenza <strong>di</strong> raggio ρ, determinato dalla sua rigi<strong>di</strong>tà magnetica:<br />
30
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
p<br />
B ρ =<br />
(3.2)<br />
q<br />
In particolare, un fragment separator consiste nella successione <strong>di</strong> alcuni elementi <strong>di</strong> base,<br />
che, sfruttando la (3.1), permettono <strong>di</strong> manipolare un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> particelle cariche in maniera<br />
analoga a quanto si può realizzare con la luce me<strong>di</strong>ante lenti e prismi: si possono, <strong>ad</strong> esempio,<br />
cambiare la sua <strong>di</strong>rezione, ridurre o aumentare la <strong>di</strong>mensione della sua sezione o selezionare<br />
le particelle che lo compongono in funzione dell’impulso. L’insieme <strong>di</strong> tali elementi elettrici e<br />
magnetici viene comunemente definito ottica magnetica. Fra tali elementi i più comuni sono il<br />
<strong>di</strong>polo magnetico, il qu<strong>ad</strong>rupolo magnetico ed altri multipoli <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore (sestupoli,<br />
ottupoli, etc.) (figura 3.3). In alcuni separatori si utilizza anche un filtro <strong>di</strong> velocità (detto<br />
filtro <strong>di</strong> Wien), per mezzo del quale si utilizza l’azione combinata <strong>di</strong> un campo elettrico e <strong>di</strong><br />
uno magnetico uniformi. In un filtro <strong>di</strong> Wien il campo magnetico e quello elettrico sono<br />
uniformi e perpen<strong>di</strong>colari tra loro. Ciò fa sì che esista una velocità specifica v=E/B degli <strong>ioni</strong><br />
per la quale la forza <strong>di</strong> Coulomb e quella <strong>di</strong> Lorentz (3.1) si compensino esattamente. Gli <strong>ioni</strong><br />
aventi tale velocità non subiscono alcuna deflessione rispetto alla <strong>di</strong>rezione incidente e<br />
vengono così selezionati.<br />
Figura 3.3 Rappresentazione schematica <strong>di</strong> alcuni magneti. Da sinistra,<br />
rispettivamente, un <strong>di</strong>polo, un qu<strong>ad</strong>rupolo ed un sestupolo.<br />
31
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Un <strong>di</strong>polo magnetico può essere utilizzato sia per deflettere il <strong>fasci</strong>o in modo da<br />
guidarlo in una data <strong>di</strong>rezione, sia per <strong>di</strong>sperdere le particelle del <strong>fasci</strong>o e selezionare solo<br />
quelle aventi una rigi<strong>di</strong>tà magnetica compresa in un intervallo limitato (figura 3.4).<br />
Bρ 1<br />
Bρ 0<br />
Bρ 2<br />
Figura 3.4 Un <strong>di</strong>polo magnetico seleziona il <strong>fasci</strong>o all’interno <strong>di</strong> un intervallo <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà<br />
magnetica centrato in Bρ0.<br />
I qu<strong>ad</strong>rupoli magnetici vengono utilizzati per focalizzare il <strong>fasci</strong>o. Tuttavia un singolo<br />
qu<strong>ad</strong>rupolo (come illustrato in figura 3.5) può focalizzare solo in una <strong>di</strong>rezione, pertanto, per<br />
realizzare una focalizzazione in entrambi i piani (sia x che y), è necessaria almeno una coppia<br />
<strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli. In realtà, molti fragment separator focalizzano me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> triplette <strong>di</strong><br />
qu<strong>ad</strong>rupoli, perché la loro azione focalizzante ha una <strong>di</strong>pendenza minore dall’impulso degli<br />
<strong>ioni</strong> rispetto a quanto ottenibile con l’uso <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli.<br />
Figura 3.5 Rappresentazione <strong>di</strong> un qu<strong>ad</strong>rupolo magnetico<br />
che focalizza nella <strong>di</strong>rezione orizzontale e defocalizza in<br />
quella verticale.<br />
32
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Multipoli <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore sono utilizzati per correggere le aberraz<strong>ioni</strong> dell’ottica<br />
magnetica: si usano, <strong>ad</strong> esempio, i sestupoli per correggere le aberraz<strong>ioni</strong> del secondo or<strong>di</strong>ne e<br />
gli ottupoli per quelle del terzo or<strong>di</strong>ne.<br />
Qualora il <strong>fasci</strong>o venga fatto passare parallelamente al suo asse, la focalizzazione del<br />
<strong>fasci</strong>o può essere realizzata anche utilizzando un solenoide 1 . Questa soluzione, tuttavia, può<br />
essere <strong>ad</strong>ottata per <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> energia non elevata, perché l’effetto focalizzante è del secondo<br />
or<strong>di</strong>ne ed inversamente proporzionale al qu<strong>ad</strong>rato dell’energia del <strong>fasci</strong>o.<br />
3.3.2 Formalismo dell’ottica magnetica<br />
A partire dall’equazione 3.1, si può ricavare un’equazione <strong>di</strong>fferenziale del moto in<br />
cui il tempo compare come variabile in<strong>di</strong>pendente. Note la posizione e la velocità iniziali <strong>di</strong><br />
una particella, si può risolvere l’equazione e determinare la sua posizione in funzione del<br />
tempo. Tuttavia, in ottica magnetica si preferisce scegliere, come variabile in<strong>di</strong>pendente, la<br />
<strong>di</strong>stanza lungo una traiettoria particolare, detta traiettoria della particella <strong>di</strong> riferimento, tra<br />
tutte le possibili che passano attraverso gli elementi magnetici. Le proprietà <strong>di</strong> tale particella,<br />
come <strong>ad</strong> esempio l’impulso e la carica, sono dette <strong>di</strong> “riferimento”.<br />
Un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> particelle, <strong>ad</strong> un dato istante, può essere descritto come un insieme <strong>di</strong><br />
punti, associati a ciascuna particella, in uno spazio a sei <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong>, noto come spazio delle<br />
fasi. Tre coor<strong>di</strong>nate (x,y,l) descrivono la collocazione spaziale della particella rispetto al piano<br />
perpen<strong>di</strong>colare alla traiettoria <strong>di</strong> riferimento: x nel piano nel quale avviene la <strong>di</strong>spersione in<br />
impulso, y in quello perpen<strong>di</strong>colare ed l quale <strong>di</strong>fferenza tra la lunghezza della traiettoria<br />
effettiva e quella <strong>di</strong> riferimento. Le altre tre coor<strong>di</strong>nate si riferiscono allo spazio degli impulsi<br />
(x’, y’, δ), dove x’=dx/dt≈θ e y’=dy/dt≈φ, con t coor<strong>di</strong>nata nella <strong>di</strong>rezione della traiettoria <strong>di</strong><br />
riferimento e δ=1-p/p0 fornisce una misura <strong>di</strong> quanto il modulo dell’impulso effettivo<br />
<strong>di</strong>fferisca da quello <strong>di</strong> riferimento.<br />
Le equaz<strong>ioni</strong> che descrivono la traiettoria <strong>di</strong> una particella carica in un campo<br />
magnetico, possono essere approssimate al primo or<strong>di</strong>ne rispetto alle variabili (x,x’,y,y’,l,δ);<br />
1 Questo tipo <strong>di</strong> focalizzazione era, <strong>ad</strong> esempio, quella prevista per il progetto ETNA (par. 2.4)<br />
33
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
risolvendo tale sistema <strong>di</strong> equaz<strong>ioni</strong>, si deriva che l’azione <strong>di</strong> un qualsiasi elemento <strong>di</strong> ottica<br />
magnetica può essere descritta da una matrice 6x6. In particolare, in<strong>di</strong>cando con Xi(0) il<br />
vettore colonna che ha per componenti (x0,x’0,y0,y’0,l0,δ0), ovvero le coor<strong>di</strong>nate che<br />
identificano la posizione e l’impulso iniziali <strong>di</strong> una particella, e con Xi(t) il vettore colonna<br />
che contiene quelle finali (x(t),x’(t),y(t),y’(t),l(t),δ(t)), esiste una matrice [Rij] tale che<br />
⎛ x(<br />
t)<br />
⎞ ⎡R<br />
⎜ ⎟ ⎢<br />
⎜ x'(<br />
t)<br />
⎟ ⎢<br />
R<br />
⎜ y(<br />
t)<br />
⎟ ⎢R<br />
⎜ ⎟ = ⎢<br />
⎜ y'(<br />
t)<br />
⎟ ⎢R<br />
⎜ ⎟ ⎢<br />
⎜<br />
l(<br />
t)<br />
⎟<br />
R<br />
⎜ ⎟ ⎢<br />
⎝δ<br />
( t)<br />
⎠ ⎢⎣<br />
R<br />
∑<br />
X i(<br />
t)<br />
= Rij<br />
X j ( 0)<br />
ossia (3.3)<br />
j<br />
11<br />
21<br />
31<br />
41<br />
51<br />
61<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
12<br />
22<br />
32<br />
42<br />
52<br />
62<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
13<br />
23<br />
33<br />
43<br />
53<br />
63<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
14<br />
24<br />
34<br />
44<br />
45<br />
64<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
15<br />
25<br />
35<br />
45<br />
55<br />
56<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
R<br />
16<br />
26<br />
36<br />
46<br />
56<br />
66<br />
⎤ ⎛ x0(<br />
t)<br />
⎞<br />
⎥ ⎜ ⎟<br />
⎜ x'<br />
⎥ 0 ( t)<br />
⎟<br />
⎥ ⎜<br />
y<br />
⎟<br />
⎥ ⋅⎜<br />
0(<br />
t)<br />
⎟<br />
⎥ ⎜ y'0<br />
( t)<br />
⎟<br />
⎥ ⎜ ⎟<br />
⎥ ⎜l0<br />
( t)<br />
⎟<br />
⎥<br />
⎜ ⎟<br />
⎦ ⎝δ<br />
0(<br />
t)<br />
⎠<br />
(3.4)<br />
Tale matrice viene chiamata “matrice <strong>di</strong> trasporto”. Una successione <strong>di</strong> elementi<br />
magnetici ha come matrice <strong>di</strong> trasporto il prodotto delle matrici che descrivono ciascun<br />
elemento.<br />
Se tutti gli elementi magnetici sono orientati in maniera tale che i loro profili siano<br />
simmetrici rispetto <strong>ad</strong> un piano orizzontale, noto come “piano me<strong>di</strong>ano” (con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
“simmetria <strong>di</strong> piano me<strong>di</strong>ano”), la componente del campo magnetico nel piano orizzontale è<br />
nulla e, dunque, la traiettoria <strong>di</strong> riferimento giace interamente in esso. È possibile, inoltre,<br />
<strong>di</strong>mostrare che, in tal caso, non c’è <strong>di</strong>pendenza lineare da δ nelle coor<strong>di</strong>nate verticali e che il<br />
moto nei due piani, in approssimazione lineare, si può considerare in<strong>di</strong>pendente.<br />
Per un sistema magnetico statico con simmetria <strong>di</strong> piano me<strong>di</strong>ano, la matrice <strong>di</strong><br />
trasporto assume la forma più semplice:<br />
34
⎡R<br />
⎢<br />
⎢<br />
R<br />
⎢<br />
⎢<br />
⎢ 0<br />
⎢R<br />
⎢<br />
⎣ 0<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
R16<br />
⎤<br />
R<br />
⎥<br />
26⎥<br />
⎥<br />
⎥<br />
0 ⎥<br />
R ⎥<br />
56<br />
⎥<br />
1 ⎥⎦<br />
0 0 R33<br />
R34<br />
0 0<br />
[ ] =<br />
(3.5)<br />
R ij<br />
11<br />
21<br />
51<br />
R<br />
R<br />
0<br />
R<br />
12<br />
22<br />
52<br />
0<br />
0<br />
0<br />
R<br />
43<br />
0<br />
0<br />
ove gli elementi che accoppiano il moto nella <strong>di</strong>rezione x con quello nella <strong>di</strong>rezione y sono<br />
nulli.<br />
R<br />
Con la notazione (ri(t)|rj(0)), dove ri ed rj sono due coor<strong>di</strong>nate nello spazio delle fasi,<br />
si in<strong>di</strong>ca la funzione che descrive la <strong>di</strong>pendenza della coor<strong>di</strong>nata finale ri(t) dalla sola<br />
coor<strong>di</strong>nata iniziale rj(0), dunque Rij=(ri(t)|rj(0)).<br />
3.3.3 Il fragment separator acromatico<br />
Nella produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, il fragment separator non effettua solo una<br />
selezione in rigi<strong>di</strong>tà magnetica: i frammenti del proiettile, infatti, sono emessi dal bersaglio <strong>di</strong><br />
produzione con una certa <strong>di</strong>stribuzione energetica ed angolare. Poiché gli isotopi più rari sono<br />
quelli aventi le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione minori, il fragment separator deve operare in<br />
modo tale da raccogliere una larga frazione dell’intervallo in angolo ed energia all’interno del<br />
quale si trovano gli isotopi selezionati. Ciò è possibile soltanto focalizzando i frammenti in<br />
una regione delimitata. Tale proprietà <strong>di</strong> selezionare e focalizzare contemporaneamente <strong>ioni</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa energia viene, solitamente, definita acromaticità.<br />
Per ottenere, allo stesso tempo, selezione in rigi<strong>di</strong>tà magnetica e focalizzazione, la<br />
maggior parte dei fragment separator consistono <strong>di</strong> due sta<strong>di</strong> <strong>di</strong>spersivi, dove il secondo sta<strong>di</strong>o<br />
compensa la <strong>di</strong>spersione effettuata dal primo sta<strong>di</strong>o. La limitata accettanza del primo sta<strong>di</strong>o<br />
effettua la selezione, mentre il secondo sta<strong>di</strong>o rifocalizza i frammenti.<br />
La figura 3.6 illustra il principio <strong>di</strong> funzionamento base <strong>di</strong> un fragment separator<br />
acromatico. I frammenti provengono da una piccola regione sul bersaglio <strong>di</strong> produzione<br />
35<br />
0<br />
0<br />
44<br />
0<br />
0<br />
0<br />
0<br />
0<br />
1<br />
0
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
(posizione 0); le linee rosse in<strong>di</strong>cano il cono angolare all’interno del quale i frammenti<br />
lasciano il bersaglio; la <strong>di</strong>stribuzione in impulso dei frammenti (-δ, +δ) è <strong>di</strong>slocata in<br />
posizione in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o (I), mentre la <strong>di</strong>stribuzione angolare è<br />
focalizzata nuovamente in un punto.<br />
Figura 3.6 Ottica magnetica <strong>di</strong> un fragment separator acromatico. Sono rappresentate le<br />
<strong>di</strong>verse traiettorie in funzione dell’angolo iniziale (-θ, +θ) e della deviazione dall’impulso <strong>di</strong><br />
riferimento (-δ,0, +δ), rispettivamente in blu, rosso e verde.<br />
La posizione nel fuoco interme<strong>di</strong>o <strong>di</strong>pende, pertanto, unicamente, dalla deviazione δ<br />
dall’impulso <strong>di</strong> riferimento. Assumendo sod<strong>di</strong>sfatta la simmetria <strong>di</strong> piano me<strong>di</strong>ano (par.<br />
3.3.2), la matrice <strong>di</strong> trasporto assume la forma (3.5) e, pertanto, la posizione xI nel fuoco<br />
interme<strong>di</strong>o può essere espressa come:<br />
x I = ( x | x)<br />
a x0<br />
+ ( x | δ ) aδ<br />
(3.6)<br />
dove x0 in<strong>di</strong>ca la posizione iniziale nel bersaglio e l’in<strong>di</strong>ce a denota l’elemento <strong>di</strong> matrice che<br />
descrive il primo settore del fragment separator. La posizione nel fuoco finale è:<br />
x F = ( x | x)<br />
b ( x | x)<br />
a x0<br />
+ ( x | x)<br />
b ( x | δ ) aδ<br />
+ ( x | δ ) bδ<br />
(3.7)<br />
dove l’in<strong>di</strong>ce b denota gli elementi della matrice associati al secondo settore.<br />
36
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Se si vuole ottenere un sistema in cui la posizione finale xF non <strong>di</strong>penda (al primo<br />
or<strong>di</strong>ne) dalla deviazione δ rispetto all’impulso <strong>di</strong> riferimento, bisogna regolare l’ottica in<br />
modo tale che la <strong>di</strong>spersione del secondo settore compensi il prodotto della <strong>di</strong>spersione del<br />
primo settore per l’ingran<strong>di</strong>mento del secondo settore. Tale con<strong>di</strong>zione (detta <strong>di</strong> “acromaticità<br />
laterale”) si realizza se vale la relazione:<br />
( x | δ ) b ( x | δ ) a = −(<br />
x | δ ) bδ<br />
(3.8)<br />
Per rendere più agevole il trasporto successivo del <strong>fasci</strong>o, è preferibile che sia nullo,<br />
nel fuoco finale, l’angolo tra la traiettoria effettiva <strong>di</strong> uno ione e quella <strong>di</strong> riferimento, in<br />
modo che lo ione prosegua parallelamente <strong>ad</strong> essa in assenza <strong>di</strong> altri elementi magnetici. Il<br />
fragment separator deve, pertanto, sod<strong>di</strong>sfare anche la cosiddetta con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> acromaticità<br />
angolare (θ|δ)=0, ovvero l’angolo finale non deve <strong>di</strong>pendere dall’impulso iniziale.<br />
Per limitare l’ampiezza dell’impulso trasmesso, possono essere utilizzati dei<br />
collimatori nel fuoco interme<strong>di</strong>o.<br />
Un fragment separator acromatico, pertanto, realizza una selezione in p/q dei prodotti<br />
<strong>di</strong> reazione all’interno d’una accettanza in momento δ = ∆p<br />
/ p0<br />
. Ciò corrisponde <strong>ad</strong> una<br />
selezione in m/q se, come acc<strong>ad</strong>e per i prodotti della frammentazione del proiettile, gli <strong>ioni</strong><br />
hanno velocità simili. Infine, se gli <strong>ioni</strong> sono totalmente <strong>ioni</strong>zzati, ciò equivale <strong>ad</strong> una<br />
selezione in A/Z.<br />
Il fragment separator, pertanto, non riesce a separare isotopi con lo stesso rapporto<br />
A/Z. Tale selezione è realizzabile me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> materiali opportunamente sagomati,<br />
detti degr<strong>ad</strong>er, nel suo fuoco interme<strong>di</strong>o (fig. 3.7). Infatti, attraversando il degr<strong>ad</strong>er, ogni ione<br />
subisce una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia <strong>di</strong>pendente dalla sua massa A e dalla sua carica Z secondo la<br />
relazione<br />
2<br />
AZ<br />
∆ E ∝ (par. 3.5) e ciò comporta, pertanto, che nuclei con <strong>di</strong>verso A/Z vengano<br />
E<br />
focalizzati all’uscita del separatore in punti <strong>di</strong>fferenti.<br />
37
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Figura 3.7 Separazione dei frammenti me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> un degr<strong>ad</strong>er. Tre <strong>di</strong>fferenti isotopi con lo<br />
stesso rapporto m/q e la stessa velocità passano attraverso il primo sta<strong>di</strong>o del fragment separator. Nel<br />
degr<strong>ad</strong>er, posto nel fuoco interme<strong>di</strong>o, gli <strong>ioni</strong> sono rallentati in maniera <strong>di</strong>fferente. Così, a causa della<br />
loro <strong>di</strong>fferente velocità, gli isotopi sono separati nel secondo sta<strong>di</strong>o.<br />
In tal modo si ottengono <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> frammenti isotopici spazialmente separati che<br />
possono essere selezionati me<strong>di</strong>ante un opportuno collimatore. La figura 3.8 mostra l’effetto<br />
del “degr<strong>ad</strong>er” sui prodotti estratti dal fragment separator dei LNS, simulato dal programma<br />
LISE.<br />
Poiché l’inserimento <strong>di</strong> un degr<strong>ad</strong>er mo<strong>di</strong>fica gli impulsi degli <strong>ioni</strong> in funzione della<br />
loro massa e carica, nella descrizione della trasmissione <strong>di</strong> tali <strong>ioni</strong> è necessario introdurre le<br />
due ulteriori variabili A e Z. La matrice <strong>di</strong> trasporto <strong>di</strong>venta, pertanto, una matrice <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mensione 6x8 e la posizione nel fuoco finale del separatore è data da:<br />
x = R x + R + R + R + R δ<br />
(3.9)<br />
11<br />
0<br />
12θ<br />
0 16δ<br />
V 17δ<br />
A 18<br />
ove δV, δA e δZ sono, rispettivamente, le deviaz<strong>ioni</strong> rispetto ai valori dello ione <strong>di</strong> riferimento<br />
della velocità, della massa e della carica <strong>di</strong> uno ione che attraversi il fragment separator.<br />
38<br />
Z
∆E(MeV)<br />
40 Cl<br />
∆E(MeV)<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
40 Cl<br />
Tof Tof<br />
Figura 3.8 Matrici ∆E-ToF simulate da LISE per la reazione 40 Ar+Be (400µm) a 40AMeV, a sinistra senza<br />
degr<strong>ad</strong>er, a destra con un degr<strong>ad</strong>er Al (120µm), con il fragment separator configurato per selezionare 40 Cl.<br />
3.3.4 Risoluzione in impulso<br />
Una delle caratteristiche principali <strong>di</strong> un fragment separator è la risoluzione in impulso<br />
Rp (riferita alle caratteristiche del primo sta<strong>di</strong>o del fragment separator), definita come:<br />
R P<br />
x<br />
= (3.10)<br />
∆x<br />
dove x è la deviazione che subirebbe, in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o, uno ione con<br />
una deviazione dall’impulso <strong>di</strong> riferimento pari al 100% (δ0=1) mentre ∆x è la <strong>di</strong>mensione<br />
dell’immagine del <strong>fasci</strong>o nello stesso punto. L’ingran<strong>di</strong>mento lineare M nella <strong>di</strong>mensione x<br />
coincide, al primo or<strong>di</strong>ne, con l’elemento della matrice <strong>di</strong> trasporto R11. In<strong>di</strong>cando con x0 la<br />
<strong>di</strong>mensione iniziale del <strong>fasci</strong>o, si ottiene che ∆x=x0R11. Definendo, infine, la <strong>di</strong>spersione in<br />
impulso D=(x| δ), la relazione (3.10) può essere riscritta come<br />
39
R P<br />
0<br />
11<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
D ⋅100%<br />
= (3.11)<br />
x R<br />
La risoluzione in impulso <strong>di</strong> un fragment separator può essere mo<strong>di</strong>ficata regolando, in<br />
maniera <strong>di</strong>fferente, i qu<strong>ad</strong>rupoli che lo compongono; infatti, se si allarga la <strong>di</strong>mensione del<br />
<strong>fasci</strong>o all’interno dei <strong>di</strong>poli, si ottiene una maggiore separazione tra le traiettorie <strong>di</strong> particelle<br />
aventi impulso <strong>di</strong>verso. In particolare, sussiste la seguente proporzionalità:<br />
R P<br />
∝<br />
∫<br />
R<br />
12<br />
( t)<br />
dt<br />
ρ<br />
(3.12)<br />
ove R12 è l’elemento <strong>di</strong> matrice che descrive il trasporto all’interno dei <strong>di</strong>poli, il cui<br />
andamento <strong>di</strong>pende dalla regolazione dei qu<strong>ad</strong>rupoli, e ρ è il raggio <strong>di</strong> curvatura.<br />
La velocità dei frammenti raccolti dal fragment separator è circa uguale a quella del<br />
proiettile v e, pertanto, si può assumere che il loro impulso sia P ≈ A⋅<br />
v . Sotto questa ipotesi,<br />
ed in assenza <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>er, la risoluzione in impulso coincide con la risoluzione in massa<br />
dell’apparato.<br />
3.3.5 L’ottica del Fragment Separator utilizzato<br />
Come evidenziato precedentemente (par 2.4) è stata, recentemente, ripresa e<br />
sviluppata l’idea <strong>di</strong> utilizzare una parte della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, che connette il ciclotrone<br />
superconduttore alle sale sperimentali, quale separatore magnetico al fine <strong>di</strong> produrre isotopi<br />
ra<strong>di</strong>oattivi. Nella figura 3.9 è riportata la <strong>di</strong>sposizione degli elementi magnetici <strong>di</strong> tale<br />
separatore. Esso consiste <strong>di</strong> due <strong>di</strong>poli deflettori D1 e D2 a 45°, tre triplette <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli Q1-<br />
Q3, Q4-Q6, Q7-Q9 e due sestupoli correttivi S4 ed S6 posizionati in prossimità dei qu<strong>ad</strong>rupoli<br />
Q4 e Q9. Sono presenti, inoltre, due collimatori in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o, che si<br />
trova al centro, tra i due <strong>di</strong>poli, e <strong>di</strong> quello finale, che si trova subito dopo il secondo <strong>di</strong>polo.<br />
Gli elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica del <strong>fasci</strong>o, posti in corrispondenza del bersaglio, del fuoco<br />
interme<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> quello finale, consistono in scintillatori monitorati me<strong>di</strong>ante telecamere. È<br />
possibile anche <strong>di</strong>sporre, in corrispondenza del fuoco interme<strong>di</strong>o, un degr<strong>ad</strong>er, del quale,<br />
40
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
però, non si è fatto uso nelle misure trattate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi. Una sostituzione degli<br />
attuali qu<strong>ad</strong>rupoli con altri più gran<strong>di</strong> permetterebbe, inoltre, <strong>di</strong> ottenere una maggiore<br />
accettanza (una configurazione ottica simile è stata realizzata nel fragment separator RCNP<br />
[SHI92] in Giappone).<br />
D2<br />
Q9<br />
Q8<br />
Q7<br />
Q4,5,6<br />
Figura 3.9 In alto è rappresentato lo schema del Fragment Separator presso i LNS, in<br />
basso una foto della sua parte finale.<br />
41
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Il funzionamento <strong>di</strong> tale fragment separator si può sud<strong>di</strong>videre in tre sta<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui uno è<br />
opzionale. La prima terna <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli focalizza i prodotti <strong>di</strong> reazione nel primo <strong>di</strong>polo, che<br />
deflette la loro traiettoria in funzione della loro rigi<strong>di</strong>tà magnetica. Successivamente, gli <strong>ioni</strong><br />
sono focalizzati dalla seconda terna <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli nella posizione, al centro dell’apparato, in<br />
cui può essere inserito il degr<strong>ad</strong>er. Infine, un ultimo sistema magnetico, comprendente un<br />
<strong>di</strong>polo e una terna <strong>di</strong> qu<strong>ad</strong>rupoli, produce il fuoco finale dell’apparato, che è acromatico in<br />
modo che la posizione x nel piano focale non <strong>di</strong>penda dall’energia degli <strong>ioni</strong>.<br />
Qualora sia inserito un degr<strong>ad</strong>er, x <strong>di</strong>pende solo dalle deviaz<strong>ioni</strong> ∆Z, ∆Q e ∆A del<br />
frammento in esame, rispettivamente, rispetto alla carica Z0, stato <strong>di</strong> carica Q0 e massa A0<br />
dello ione <strong>di</strong> riferimento. In tale caso, la deviazione ∆x dalla posizione dello ione <strong>di</strong><br />
riferimento può essere approssimata come [SHE01]:<br />
D ⎛ ⎞<br />
2 s ∆ A ∆ Z<br />
∆ x ≅ −<br />
⎜ − 0 . 6<br />
⎟<br />
(3.13)<br />
1 . 4 ( 1 − s ) ⎝ A 0 Z 0 ⎠<br />
dove D2 è la <strong>di</strong>spersione in impulso della sezione <strong>di</strong> ottica magnetica compresa tra il fuoco<br />
interme<strong>di</strong>o e quello finale; s=d/R è lo spessore ridotto del degr<strong>ad</strong>er, cioè il suo spessore<br />
normalizzato al range dello ione <strong>di</strong> riferimento nel materiale <strong>di</strong> cui è fatto il degr<strong>ad</strong>er. Un<br />
collimatore, posto prima del degr<strong>ad</strong>er, seleziona gli <strong>ioni</strong> in base al valore del rapporto P/Q,<br />
mentre uno collocato dopo il degr<strong>ad</strong>er, nel fuoco acromatico, li seleziona secondo il valore <strong>di</strong><br />
A/Z 0.6 , [SCH87][DUF86].<br />
In particolare, il sistema possiede alcuni requisiti ottici specifici, dovuti alle<br />
caratteristiche tecniche dei suoi elementi magnetici:<br />
a) l’apertura verticale ridotta dei <strong>di</strong>poli riduce l’accettanza del sistema, pertanto è<br />
necessario regolare l’ottica magnetica in modo da ottenere una focalizzazione verticale del<br />
<strong>fasci</strong>o in corrispondenza del centro <strong>di</strong> ciascun <strong>di</strong>polo, per limitare la <strong>di</strong>spersione del <strong>fasci</strong>o al<br />
<strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> esso;<br />
b) la <strong>di</strong>mensione del <strong>fasci</strong>o nei qu<strong>ad</strong>rupoli Q2 e Q9 è massima e la loro limitata<br />
apertura impone restriz<strong>ioni</strong> sull’accettanza (angolare ed orizzontale) del sistema.<br />
42
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
L’ottica magnetica del fragment separator è regolata in modo da ottenere la massima<br />
accettanza in angolo solido, in quanto ciò consente <strong>di</strong> massimizzare l’intensità del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario. Per raggiungere tale con<strong>di</strong>zione, però, l’ottica magnetica non è esattamente<br />
simmetrica nei due settori, come si può vedere in figura 3.10, dove è riportato l’andamento <strong>di</strong><br />
alcune funz<strong>ioni</strong> ottiche riferite allo stato attuale del separatore (in appen<strong>di</strong>ce A sono riportati i<br />
valori dei parametri del sistema nella sua configurazione finale).<br />
L’angolo solido coperto con questa configurazione è <strong>di</strong> 1.1msr in assenza <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>er<br />
e si riduce a 0.88msr in presenza <strong>di</strong> un degr<strong>ad</strong>er. L’accettanza in impulso ammonta a circa<br />
1.1%.<br />
x<br />
Q 1 Q 2<br />
y<br />
Q 3<br />
D 1<br />
Q 4<br />
Q 5<br />
Q 6<br />
Figura 3.10 Alcune funz<strong>ioni</strong> ottiche normalizzate, relative allo stato attuale del fragment separator,<br />
impostato per ottenere il massimo angolo solido, in assenza <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>er. Le coor<strong>di</strong>nate ottiche iniziali del<br />
<strong>fasci</strong>o sono θo=±22mr, ϕo=±13mr, δo=±0.65%. xo=yo=±1.5mm. R12θo in blu chiaro, R16δo in magenta,<br />
R34ϕo in verde-chiaro, le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o in blu e in verde scuro. Rp=1000. Si noti come<br />
la <strong>di</strong>mensione verticale del <strong>fasci</strong>o sia limitata dall’apertura ridotta dei <strong>di</strong>poli.<br />
Nella configurazione finale del fragment separator, alcuni parametri subiranno delle<br />
mo<strong>di</strong>fiche rispetto ai valori utilizzati nel corso delle misure trattate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi.<br />
Dei nuovi parametri i principali avranno come valori:<br />
• rigi<strong>di</strong>tà magnetica = 4.0Tm<br />
43<br />
Q 7<br />
Q 8<br />
Q 9<br />
D 2
• angolo solido massimo = 4.0msr<br />
• accettanza massima in impulso = 2.2% (±1.1%)<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Tale configurazione sarà realizzata con la sostituzione <strong>di</strong> alcuni qu<strong>ad</strong>rupoli con altri <strong>di</strong><br />
accettanza maggiore. Nella tabella 3.1 è riportato un confronto tra i parametri caratteristici del<br />
fragment separator nella versione attuale (FRS-LNS), nella sua versione definitiva e quelli <strong>di</strong><br />
altri fragment separator esistenti.<br />
Fragment<br />
accettanza<br />
separator ∆Ω(msr) ∆P/P(%)<br />
Rp<br />
Bρ(Tm)<br />
Massimo<br />
Lunghezza(m)<br />
ETNA 4.6 ±1.5 800 4.5 23<br />
FRS-LNS 4.0 ±1.1 800-1500 4.0 23<br />
FRS-LNS<br />
Attuale<br />
1.1 ±0.65 1000 2.7 23<br />
GANIL-Lise 1.0 ±2.5 800 3.2 18<br />
GSI-FRS 0.7-2.5 ±1 240-1500 9-18 74<br />
RIKEN 5.0 ±3 1500 5.76 21<br />
NSCL-A1200 0.8-8 ±1.5 700-1500 5.4 22<br />
JINR 6.4 ±1 4360 4.5 14.5<br />
Tabella 3.1 Confronto tra i parametri del fragment separator allo stato attuale con quelli definitivi e con quelli <strong>di</strong><br />
altri fragment separator esistenti .<br />
Come detto in precedenza, per le misure analizzate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, non è stato<br />
utilizzato un degr<strong>ad</strong>er. La presenza del degr<strong>ad</strong>er, infatti, riduce l’accettanza del fragment<br />
separator e, pertanto, anche l’intensità del <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo prodotto ed introduce effetti <strong>di</strong><br />
44
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
“straggling” sia in impulso che in <strong>di</strong>rezione, come mostrato in (fig.3.11). Il suo utilizzo è,<br />
pertanto, consigliabile solo se in<strong>di</strong>spensabile 1 a migliorare l’efficienza <strong>di</strong> selezione.<br />
dP/P (%)<br />
(mr<strong>ad</strong>)<br />
Momentum straggling (r.m.s.) in aluminium<br />
degr<strong>ad</strong>er, E=30 Mev/u<br />
1<br />
0,9<br />
0,8<br />
0,7<br />
0,6<br />
0,5<br />
0,4<br />
0,3<br />
0,2<br />
0,1<br />
0<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
0,907<br />
0,641<br />
0,588<br />
0,415<br />
0,354<br />
0,33<br />
0,25<br />
0,212<br />
Multiple scattering angle (r.m.s.) in<br />
aluminium degr<strong>ad</strong>er, E=30 Mev/u<br />
23,3<br />
19,8<br />
15,8<br />
10,8<br />
9,19<br />
7,34<br />
5,01<br />
0,252<br />
0,158<br />
0,127<br />
0,094<br />
6,44<br />
5,15<br />
3,52<br />
0,207<br />
0,126<br />
0,073<br />
4,8<br />
3,84<br />
2,62<br />
Figura 3.11 Dipendenza dello straggling, sia in impulso (pannello in alto) che in angolo<br />
(in basso), dalla massa del frammento per tre <strong>di</strong>fferenti spessori del degr<strong>ad</strong>er.<br />
1 Se è possibile effettuare una etichettatura evento per evento degli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o secondario, non è necessaria<br />
una separazione stringente dei frammenti prodotti.<br />
0,188<br />
0,107<br />
0,06<br />
0 50 100 150<br />
A (a.m.u.)<br />
3,79<br />
3,03<br />
2,07<br />
0 50 A (a.m.u.) 100 150<br />
45<br />
d/R=0.60<br />
d/R=0.40<br />
d/R=0.20<br />
d/R=0.60<br />
d/R=0.40<br />
d/R=0.20
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
In figura 3.12 sono riportate alcune funz<strong>ioni</strong> ottiche relative <strong>ad</strong> una possibile<br />
configurazione con il degr<strong>ad</strong>er e in appen<strong>di</strong>ce A sono riportati i parametri relativi a questa<br />
configurazione.<br />
x<br />
x<br />
Q1 Q2 y<br />
y<br />
Q 3<br />
D 1<br />
Q 4<br />
Q 5<br />
Q 6<br />
Figura 3.12 Funz<strong>ioni</strong> ottiche normalizzate come in figura 3.9, ma con degr<strong>ad</strong>er. Rp=1000, θo=±22mr<strong>ad</strong>,<br />
ϕo=±12 mr<strong>ad</strong>, spessore/range=0.40<br />
3.4 Sistemi <strong>di</strong> rivelazione<br />
Come accennato precedentemente, i sistemi <strong>di</strong> rivelazione utilizzati hanno permesso <strong>di</strong><br />
analizzare, evento per evento, quali frammenti venissero selezionati dal fragment separator.<br />
Ai fini dell’impiego <strong>di</strong> tali frammenti quali <strong>fasci</strong> secondari, come detto, è necessario<br />
<strong>ad</strong>operare dei <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica che non perturbino le caratteristiche del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario trasmesso. Nel presente esperimento sono state, pertanto, <strong>ad</strong>operate due tecniche<br />
<strong>di</strong>verse:<br />
1) la tecnica ∆E-E, ovvero accoppiando la misura della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia in un<br />
rivelatore sottile alla misura dell’energia totale (par. 3.5);<br />
46<br />
Q 7<br />
Q 8<br />
Q 9<br />
D 2
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
2) la tecnica ∆E-TOF (Time Of Flight), ovvero combinando le informaz<strong>ioni</strong> relative<br />
alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia in un rivelatore <strong>di</strong> trasmissione con quelle <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo<br />
(par.3.6).<br />
Nel primo caso, la presenza del rivelatore spesso E, ovviamente, impe<strong>di</strong>sce l’utilizzo<br />
dello ione come <strong>fasci</strong>o perché lo arresta, ma consente <strong>di</strong> caratterizzare la Z e l’energia residua,<br />
ovvero quella con cui inciderebbe sul bersaglio “secondario”. Nel secondo, invece, pur<br />
perdendo energia nel rivelatore sottile ∆E, verrebbe trasmesso e nello stesso tempo<br />
“etichettato”, rendendolo, quin<strong>di</strong>, utilizzabile come <strong>fasci</strong>o.<br />
D2<br />
Sorgente<br />
alfa<br />
Rivelatore<br />
al<br />
silicio<br />
SWITCHING MAGNET<br />
Scintillatore<br />
plastico<br />
Figura 3.13 In alto, una foto della posizione in cui si trova il fuoco finale del<br />
fragment separator. In basso, particolare <strong>di</strong> dove venivano <strong>di</strong>sposti i rivelatori.<br />
47
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Il primo gruppo <strong>di</strong> rivelatori (figura 3.13), era posizionato in corrispondenza del fuoco<br />
finale del fragment separator, su <strong>di</strong> un supporto mobile, in modo da poter essere facilmente<br />
rimosso dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione dei frammenti una volta analizzate le loro<br />
caratteristiche. Di tale sistema facevano parte un PPAC, utilizzato per misurare la<br />
<strong>di</strong>stribuzione spaziale del <strong>fasci</strong>o, un rivelatore al Si <strong>di</strong> spessore 300 µm per una misura<br />
simultanea <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo, una volta determinato il ritardo <strong>di</strong> tale<br />
segnale rispetto al segnale <strong>di</strong> RF. Uno scintillatore plastico <strong>di</strong> spessore 4mm, utilizzato al fine<br />
<strong>di</strong> misurare l’energia residua dei frammenti in esso stoppati.<br />
Il secondo gruppo <strong>di</strong> rivelatori era posizionato all’entrata della camera <strong>di</strong> scattering<br />
Ciclope (figura 3.14).<br />
Figura 3.14 Rivelatori nel punto <strong>di</strong> misura della sala sperimentale CICLOPE.<br />
48
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
I primi due sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelazione erano dello stesso tipo <strong>di</strong> quelli <strong>ad</strong>operati nel fuoco<br />
finale del fragment separator, mentre il rivelatore a scintillazione era un cristallo <strong>di</strong> ioduro <strong>di</strong><br />
cesio (CsI) <strong>di</strong> spessore 6cm.<br />
3.5 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-E<br />
Le particelle cariche interagiscono con la materia principalmente a mezzo<br />
dell’interazione coulombiana che si esercita tra la loro carica e la carica degli elettroni orbitali<br />
degli atomi del mezzo.<br />
Attraverso le collis<strong>ioni</strong> inelastiche a cui è sottoposta, la particella cede la sua energia<br />
cinetica agli atomi del materiale causando l’eccitazione degli elettroni più esterni o, anche, la<br />
loro completa rimozione (<strong>ioni</strong>zzazione).<br />
“range”.<br />
La <strong>di</strong>stanza percorsa dalla particella in un mezzo, fino al suo completo arresto, è detta<br />
Il potere frenante, o “stopping power”, del mezzo assorbitore, definito come la per<strong>di</strong>ta<br />
specifica <strong>di</strong> energia dE/dx è dato dalla formula <strong>di</strong> Bethe [KNO] che, nella sua forma non<br />
relativistica, è :<br />
dE<br />
dx<br />
2<br />
mZ1<br />
E<br />
= C1<br />
ln C2<br />
(3.14)<br />
E m<br />
dove C1 e C2 sono costanti ed m è la massa della particella incidente.<br />
Tenendo conto dei termini correttivi [SCH90] per <strong>ioni</strong> <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> relativistiche, lo<br />
stopping power assume la forma:<br />
dove:<br />
Z1 = carica nucleare dello ione incidente<br />
2 4<br />
2<br />
dE 4π<br />
Z ⎡<br />
⎤<br />
1 e 2m0v<br />
2 C<br />
− = ⋅ Z 2 ⎢ln<br />
− β − + D<br />
2<br />
⎥ (3.15)<br />
2<br />
dx m0v<br />
⎣ I(<br />
1 − β ) Z 2 ⎦<br />
49
Z2 = carica nucleare del mezzo assorbitore<br />
e, m0 = carica e massa a riposo dell’elettrone<br />
v = velocità della particella<br />
β = v/c<br />
I = energia <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione del mezzo assorbitore<br />
D = correzione per effetto <strong>di</strong> densità<br />
C/Z2 = correzione per shell elettroniche più interne.<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
In accordo con questa formula, la per<strong>di</strong>ta specifica <strong>di</strong> energia ha una <strong>di</strong>pendenza<br />
qu<strong>ad</strong>ratica dalla carica dello ione incidente, lineare dalla sua massa, ed è inversamente<br />
proporzionale alla sua energia.<br />
È, pertanto, possibile l’identificazione in carica ed in energia delle particelle rivelate<br />
[GOU64], qualora si utilizzino particolari sistemi <strong>di</strong> rivelazione, comunemente chiamati<br />
telescopi, risultanti dall’accoppiamento <strong>di</strong> due o più rivelatori. Un tale sistema permette <strong>di</strong><br />
risalire all’energia totale Etot posseduta dalla particella incidente sommando, volta per volta,<br />
alla frazione <strong>di</strong> energia persa in uno sta<strong>di</strong>o, l’energia residua Εres = Εtot - ∆Ε rilasciata nello<br />
sta<strong>di</strong>o imme<strong>di</strong>atamente successivo, a con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> scegliere opportunamente l’ultimo<br />
spessore in modo tale che, in esso, la particella incidente venga completamente frenata.<br />
Poiché, come visto, la relazione che lega le due quantità, Ε e ∆Ε, <strong>di</strong>pende dalla carica Z<br />
e dalla massa A del frammento, quest’ultimo verrà completamente in<strong>di</strong>viduato dalla coppia <strong>di</strong><br />
valori (∆Ε, Ε).<br />
3.6 Tecnica <strong>di</strong> identificazione ∆E-TOF<br />
Un metodo alternativo per identificare in carica, massa ed energia gli isotopi prodotti,<br />
consiste nel correlare misure <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia degli <strong>ioni</strong> stessi (come visto nel paragrafo<br />
3.5) con una misura delle loro velocità. Quest’ultima può essere ricavata dalla misura del<br />
tempo impiegato dalle particelle (tempo <strong>di</strong> volo) a percorre una <strong>di</strong>stanza fissa (base <strong>di</strong> volo).<br />
Due rivelatori, uno posto all’inizio della base <strong>di</strong> volo ed uno alla fine, forniscono,<br />
50
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
rispettivamente, i segnali <strong>di</strong> start e <strong>di</strong> stop della misura. Nelle reaz<strong>ioni</strong> analizzate, la struttura<br />
pulsata del <strong>fasci</strong>o prodotto dal CS ha permesso <strong>di</strong> utilizzare il segnale <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ofrequenza quale<br />
segnale <strong>di</strong> start. Tale segnale può variare da 15 a 50 MHz e pertanto l’intervallo <strong>di</strong> TOF<br />
misurabile ha un’ampiezza variabile da un massimo <strong>di</strong> 66.7ns <strong>ad</strong> un minimo <strong>di</strong> 20ns<br />
rispettivamente, perché questa è la separazione tra due segnali successivi <strong>di</strong> RF. Quale base <strong>di</strong><br />
volo è stata <strong>ad</strong>operata la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dal bersaglio <strong>di</strong> produzione sino al punto <strong>di</strong> misura.<br />
dE<br />
Come detto, dalla misura della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia ∆E si risale allo stopping power −<br />
dx<br />
(par. 3.5) delle particelle, mentre dalla misura del tempo <strong>di</strong> volo si ricava la loro la velocità.<br />
Assumendo, come già visto, la proporzionalità -<br />
dE<br />
dx<br />
2<br />
MZ<br />
∝ , valida, in ottima<br />
E<br />
M<br />
approssimazione, per le <strong>energie</strong> dei <strong>fasci</strong> analizzati e tenendo conto che TOF = d , dove<br />
2E<br />
d è la base <strong>di</strong> volo, si deduce che:<br />
dE<br />
∝<br />
dx<br />
( TOF )<br />
d<br />
2<br />
2<br />
− (3.16)<br />
Pertanto, correlando i valori <strong>di</strong> ∆E e TOF dei vari frammenti, si ottengono parabole<br />
<strong>di</strong>fferenti con separazione via via crescente per ogni <strong>di</strong>verso valore <strong>di</strong> Z, rendendo, in tal<br />
modo, agevole, l’identificazione in carica degli stessi.<br />
La selezione in rigi<strong>di</strong>tà magnetica del fragment separator, inoltre, introduce una<br />
correlazione tra carica ed impulso delle particelle appartenenti al <strong>fasci</strong>o secondario<br />
p<br />
q<br />
Z<br />
= Bρ<br />
≈ const<br />
(3.17)<br />
Assumendo che gli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o siano totalmente <strong>ioni</strong>zzati (q=Z) si ottiene:<br />
M<br />
TOF = Bρ<br />
d<br />
(3.18)<br />
Z<br />
51
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Tale <strong>di</strong>pendenza dalla massa del frammento, implicita nel tempo <strong>di</strong> volo permette,<br />
pertanto, <strong>di</strong> identificare, all’interno <strong>di</strong> ogni linea <strong>di</strong> Z, i <strong>di</strong>fferenti isotopi aventi la stessa carica<br />
Z.<br />
3.7 PPAC<br />
Come già visto, i rivelatori a gas PPAC (fig. 3.15) sono stati utilizzati come primo<br />
sta<strong>di</strong>o in entrambi i sistemi <strong>di</strong> rivelatori ed hanno fornito la posizione <strong>di</strong> impatto dei<br />
frammenti, in ciascuno dei due assi perpen<strong>di</strong>colari alla <strong>di</strong>rezione del <strong>fasci</strong>o, con una<br />
risoluzione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 1mm. La superficie attiva dei rivelatori impiegati è <strong>di</strong> 40x40mm 2 .<br />
Figura 3.15 Uno dei rivelatori PPAC <strong>ad</strong>operati.<br />
52
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Essi sono costituiti da un catodo centrale posto tra due griglie <strong>di</strong> fili ano<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>sposte<br />
in <strong>di</strong>rez<strong>ioni</strong> reciprocamente perpen<strong>di</strong>colari (fig. 3.16). Il catodo è costituito da un sottile foglio<br />
<strong>di</strong> Mylar alluminizzato su entrambi i lati e <strong>di</strong> spessore 1.5µm. Ciascuna griglia è composta da<br />
40 fili <strong>di</strong> tungsteno <strong>di</strong> spessore 20µm, rispettivamente paralleli e <strong>di</strong>stanti 1mm l’uno dall’altro.<br />
Il volume <strong>di</strong> gas è delimitato da due fogli <strong>di</strong> Mylar alluminizzati da un solo lato, <strong>di</strong> spessore<br />
1.5µm, al fine <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la fuoriuscita del gas. Il rivelatore risulta, pertanto, costituito da<br />
due volumi non comunicanti, delimitati dalle due finestre e dal catodo centrale <strong>di</strong> Mylar. In<br />
con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> normali, tali volumi sono riempiti da un flusso continuo <strong>di</strong> eptano (C7H16) alla<br />
pressione <strong>di</strong> 4 mbar. Al catodo è stata applicata una tensione <strong>di</strong> -500V, mentre le due griglie<br />
<strong>di</strong> fili sono state collegate a massa. Ogni filo è collegato <strong>ad</strong> una <strong>di</strong>fferente linea <strong>di</strong> ritardo delle<br />
40 che formano ciascuna delle due catene <strong>di</strong> ritardo (una per griglia). Misurando, pertanto, il<br />
ritardo tra i segnali provenienti dalle estremità delle due catene, è possibile risalire al filo da<br />
cui proviene il segnale e, quin<strong>di</strong>, alla posizione della particella incidente.<br />
Figura 3.16 Schema <strong>di</strong> un PPAC impiegato.<br />
53
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Una particella carica che entra nella regione sensibile del rivelatore, perde energia e<br />
<strong>ioni</strong>zza il gas, creando coppie ione positivo-elettrone libero. Sotto l’effetto del campo<br />
elettrico, gli elettroni migrano verso i fili ano<strong>di</strong>ci, in prossimità dei quali il campo elettrico è<br />
sufficientemente elevato da fornire loro l’energia necessaria a generare nuove coppie ione<br />
positivo-elettrone, innescando così un processo <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione secondaria (a valanga), che<br />
amplifica il segnale, mantenendo, tuttavia, una <strong>di</strong>screta proporzionalità con l’energia persa nel<br />
rivelatore dalla particella stessa. È, così, possibile misurare, anche, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia ∆E,<br />
seppure non con elevata risoluzione.<br />
3.8 Il rivelatore al Si<br />
In entrambi i punti <strong>di</strong> misura, insieme ai PPAC, sono stati <strong>ad</strong>operati dei rivelatori al<br />
silicio. Questi ultimi hanno fornito, insieme <strong>ad</strong> un segnale analogico <strong>di</strong> altezza proporzionale<br />
alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia ∆E della particella rivelata, due segnali logici, il primo <strong>ad</strong>operato quale<br />
segnale <strong>di</strong> trigger (par 3.10) ed il secondo quale segnale <strong>di</strong> stop nella misura dei tempi <strong>di</strong> volo.<br />
Maggiori dettagli sui parametri costruttivi dei rivelatori al silicio <strong>ad</strong>operati sono<br />
riportati in tabella 3.2<br />
Fuoco finale<br />
fragment separator<br />
Superficie 30x30 mm 2<br />
CICLOPE<br />
50x50 mm 2<br />
Spessore 300µm 300µm<br />
Tensione full-depletion ∼30V ∼30V<br />
Tensione <strong>di</strong> breakdown >100V >100V<br />
Corrente inversa 0.1µA 0.1µA<br />
Capacità <strong>di</strong> giunzione 320pF 320pF<br />
54
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Tempo <strong>di</strong> salita 1-3ns 1-3ns<br />
Metallizzazione della superficie Al 0.3µm Al 0.3µm<br />
Tabella 3.2 Caratteristiche tecniche dei rivelatori al silicio utilizzati.<br />
Un rivelatore al silicio è un <strong>di</strong>odo impiegato con polarizzazione inversa per non avere<br />
passaggio <strong>di</strong> corrente e mantenere una regione priva <strong>di</strong> portatori <strong>di</strong> carica. In questa<br />
configurazione, le uniche cariche libere nel semiconduttore sono quelle generate dal moto <strong>di</strong><br />
agitazione termica, in numero molto ridotto, perché l’energia necessaria all’elettrone meno<br />
legato per <strong>di</strong>ventare libero (circa 3.55eV) è molto più grande <strong>di</strong> KT=0.025eV, essendo K la<br />
costante <strong>di</strong> Boltzmann e T la temperatura ambiente. Quando una particella <strong>ioni</strong>zzante colpisce<br />
il rivelatore, essa interagisce per mezzo dell’interazione coulombiana con gli elettroni del<br />
mezzo e, cedendo loro l’energia necessaria, crea coppie elettrone-lacuna: il numero<br />
complessivo <strong>di</strong> tali coppie è proporzionale all’energia persa dalla particella. Applicando una<br />
tensione opportuna al rivelatore si possono, pertanto, raccogliere queste cariche prima che si<br />
ricombinino, ottenendo un segnale in carica proporzionale all’energia persa dalla particella<br />
incidente.<br />
I vantaggi <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> rivelatore sono la buona proporzionalità del segnale in<br />
carica prodotto rispetto all’energia rilasciata dalla particella rivelata e la risoluzione<br />
temporale, migliore <strong>di</strong> 1ns. Inoltre, operando in con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> completo svuotamento (totally<br />
depleted), il segnale ∆E non è affetto da una incertezza legata <strong>ad</strong> eventuali spessori morti,<br />
essendo lo spessore sensibile ben definito in quanto esteso a tutto il rivelatore.<br />
3.9 I rivelatori a scintillazione<br />
3.9.1 Il Cristallo <strong>di</strong> CsI<br />
L’ultimo sta<strong>di</strong>o del sistema <strong>di</strong> rivelazione posto nella camera <strong>di</strong> scattering Ciclope, era<br />
costituito da un rivelatore a scintillazione CsI(Tl) accoppiato <strong>ad</strong> un foto<strong>di</strong>odo.<br />
55
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Lo scintillatore CsI(Tl) è un cristallo inorganico in gr<strong>ad</strong>o <strong>di</strong> convertire l’energia<br />
cinetica della ra<strong>di</strong>azione incidente in luce <strong>di</strong> scintillazione.<br />
Uno ione che interagisce con il cristallo è in gr<strong>ad</strong>o <strong>di</strong> eccitare gli elettroni dalla banda<br />
<strong>di</strong> valenza alla banda <strong>di</strong> conduzione; dopo un tempo τ, l’elettrone dec<strong>ad</strong>e emettendo un fotone<br />
<strong>di</strong> energia pari alla <strong>di</strong>fferenza ∆Ε tra i livelli. L’intensità luminosa emessa <strong>di</strong>penderebbe,<br />
così, solo dal numero <strong>di</strong> elettroni che vengono eccitati e quin<strong>di</strong> dalla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia<br />
specifica della ra<strong>di</strong>azione nel cristallo che è, <strong>di</strong> per se, una funzione <strong>di</strong> Z ed E. Questo<br />
processo non è, però, efficiente in un cristallo puro poiché, gran parte dei fotoni emessi,<br />
verrebbero riassorbiti per formare una nuova coppia elettrone-lacuna, ed, inoltre, i fotoni<br />
prodotti avrebbero lunghezza d’onda tale da rendere <strong>di</strong>fficile l’accoppiamento con i sistemi <strong>di</strong><br />
re<strong>ad</strong>-out (fotomoltiplicatori e foto<strong>di</strong>o<strong>di</strong>). Al fine <strong>di</strong> produrre fotoni con lunghezze d’onda nel<br />
visibile, si <strong>di</strong>ffondono nel cristallo puro delle impurezze attivatrici che creano dei livelli nel<br />
“gap” fra la banda <strong>di</strong> valenza e quella <strong>di</strong> conduzione [GWI63]. Gli elettroni eccitati nella<br />
banda <strong>di</strong> conduzione hanno, quin<strong>di</strong>, la possibilità <strong>di</strong> dec<strong>ad</strong>ere in tali livelli metastabili e, da<br />
qui, nella banda <strong>di</strong> valenza (fluorescenza), originando l’emissione <strong>di</strong> quanti <strong>di</strong> luce nel visibile<br />
[KNO]. Tuttavia, l’introduzione <strong>di</strong> impurezze rende maggiore il contributo del quenching,<br />
ovvero della <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> energia sotto forma <strong>di</strong> vibraz<strong>ioni</strong> reticolari, che complica<br />
ulteriormente la risposta dello scintillatore.<br />
Lo ioduro <strong>di</strong> Cesio presenta due bande <strong>di</strong> emissione, una ultravioletta a 3300Å,<br />
caratteristica del cristallo puro, ed una blu, <strong>di</strong> larghezza e posizione variabile, dovuta alla<br />
concentrazione <strong>di</strong> vacanze nel cristallo; l’introduzione dell’impurezza Tallio genera un’<br />
ulteriore banda <strong>di</strong> emissione, molto larga e centrata a 5500Å. Per effetti <strong>di</strong> autoassorbimento,<br />
al crescere della concentrazione <strong>di</strong> Tallio, l’emissione a 5500Å cresce a scapito <strong>di</strong> quella a<br />
3300 Å, come si vede in figura 3.17. Questo fatto migliora l’accoppiamento con il foto<strong>di</strong>odo,<br />
la cui curva <strong>di</strong> risposta mostra un’efficienza quantica del 70% per l’emissione <strong>di</strong> luce a<br />
5500Å.<br />
Come tutti gli scintillatori inorganici, il CsI(Tl), ha un elevato stopping power (valore<br />
minimo <strong>di</strong> 5.6 MeV/cm) dovuto all’alta densità (4.51g/cm 3 ) e all’alto numero atomico,<br />
caratteristica, questa, necessaria per la rivelazione <strong>di</strong> particelle <strong>di</strong> elevata energia.<br />
56
igroscopico.<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Fra i rivelatori del suo genere presenta, inoltre, il vantaggio <strong>di</strong> essere poco<br />
Il suo utilizzo comporta, però, lo svantaggio <strong>di</strong> ottenere risposte in impulso luminoso<br />
non lineari ma <strong>di</strong>pendenti, in maniera complessa, dall’energia e dal tipo <strong>di</strong> particella<br />
incidente. È noto, infatti, che la luce prodotta da uno scintillatore <strong>di</strong>pende dall’efficienza <strong>di</strong><br />
conversione dell’energia cinetica della ra<strong>di</strong>azione incidente in luce <strong>di</strong> scintillazione.<br />
Figura 3.17 Spettri <strong>di</strong> emissione <strong>di</strong> un cristallo <strong>di</strong> CsI(Tl) per protoni <strong>di</strong> 4.4 MeV, al variare della<br />
concentrazione <strong>di</strong> Tl.<br />
Tuttavia, lo stu<strong>di</strong>o sistematico <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> scintillatori ha delineato alcune<br />
proprietà generali:<br />
1) per protoni e deutoni, su una ampio intervallo <strong>di</strong> <strong>energie</strong>, sussiste una relazione<br />
lineare tra l’energia ceduta e la luce prodotta;<br />
57
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
2) per particelle α e <strong>ioni</strong> più pesanti, la luce prodotta cresce in funzione dell’energia<br />
rilasciata, ma non linearmente: in particolare si osserva un dL/dE decrescente in funzione <strong>di</strong><br />
E;<br />
3) a parità <strong>di</strong> energia della particella incidente, l’emissione luminosa è minore per<br />
particelle <strong>di</strong> massa maggiore.<br />
Queste evidenze sperimentali in<strong>di</strong>cano che, a parità <strong>di</strong> energia rilasciata, uno stopping<br />
power maggiore corrisponde <strong>ad</strong> una risposta in luce minore. Pertanto, si può immaginare che<br />
un’elevata densità <strong>di</strong> <strong>ioni</strong>zzazione lungo la traiettoria della particella accresca la possibilità<br />
che le molecole <strong>ioni</strong>zzate dello scintillatore interagiscano tra loro, generando effetti <strong>di</strong><br />
quenching.<br />
La faccia anteriore e quelle laterali del cristallo <strong>ad</strong>operato sono smerigliate, mentre<br />
quella posteriore è stata resa liscia e ben pulita per consentire l’accoppiamento ottico con il<br />
foto<strong>di</strong>odo. Al fine, poi, <strong>di</strong> ottimizzare la raccolta <strong>di</strong> luce prodotta all’interno del cristallo, la<br />
parte anteriore è stata rivestita con del Mylar alluminizzato, <strong>di</strong> spessore 1.5µm in modo da<br />
ottenere una minima per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia per gli <strong>ioni</strong> incidenti, migliorando,<br />
contemporaneamente, la riflessione interna. Le caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche<br />
dei cristalli <strong>di</strong> CsI sono riportate in tabella 3.3. Sull’avvolgimento della faccia posteriore, è<br />
stata ritagliata un’apertura qu<strong>ad</strong>rata per posizionare il foto<strong>di</strong>odo, spesso 300µm e con un’area<br />
attiva <strong>di</strong> 18x18 mm 2 . L’accoppiamento ottico è stato realizzato con una colla siliconica a due<br />
componenti che consente una buona trasmissione della luce nel range <strong>di</strong> emissione del<br />
cristallo e permette, anche, <strong>di</strong> attaccare il foto<strong>di</strong>odo allo scintillatore.<br />
Densità 4.51g/cm 3<br />
Lunghezza d’onda <strong>di</strong> emissione 565nm<br />
Fotoni emessi 4.5×10 4 fotoni/MeV<br />
Gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> temperatura 0.6%/°C<br />
58
Stopping power lineare minimo 5.6Mev/cm<br />
In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rifrazione 1.80<br />
Costante <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento ∼1µs<br />
Concentrazione <strong>di</strong> Tallio 0.02 mole %<br />
Superficie della base minore 31×31mm 2<br />
Superficie della base maggiore 34×34mm 2<br />
Spessore 6cm<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Tabella 3.3 Caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche dei cristalli <strong>di</strong> CsI(Tl) utilizzati.<br />
3.9.2 Scintillatore plastico<br />
Nel sistema <strong>di</strong> rivelazione posizionato in corrispondenza del fuoco finale del fragment<br />
separator, il terzo elemento era, invece, costituito da uno scintillatore plastico, le cui<br />
caratteristiche sono riportate in tabella 3.4.<br />
Risposta in luce, % Antracene 64%<br />
Tempo <strong>di</strong> salita 0.9ns<br />
Tempo <strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento 2.1ns<br />
Pulse Width, FWHM, ns ~2.5<br />
Lunghezza <strong>di</strong> attenuazione della 210cm<br />
Lunghezza d’onda al max 425nm<br />
Numero atomi <strong>di</strong> C per cm 3<br />
4.74x10 22<br />
Tabella 3.4 Caratteristiche generali dello scintillatore plastico impiegato in corrispondenza<br />
del fuoco finale del fragment separator<br />
59
60<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Gli scintillatori organici sono, solitamente, composti da idrocarburi aromatici contenti<br />
strutture <strong>ad</strong> anello benzenico. La luce <strong>di</strong> scintillazione è prodotta da transiz<strong>ioni</strong> compiute dagli<br />
elettroni <strong>di</strong> valenza che occupano gli orbitali molecolari π, delocalizzati su tutto l’anello<br />
benzenico. Il <strong>di</strong>agramma degli stati singoletto (spin 0) S e <strong>di</strong> tripletto (spin 1) T è<br />
rappresentato in figura 3.18. Lo stato fondamentale è <strong>di</strong> singoletto ed è denominato S0, gli<br />
stati eccitati <strong>di</strong> singoletto sono S1, S2 …, Sn, mentre quelli <strong>di</strong> tripletto sono T1, T2 …, Tm, per<br />
<strong>energie</strong> <strong>di</strong> eccitazione crescenti. In corrispondenza <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> tali livelli elettronici esiste<br />
anche una struttura <strong>di</strong> livelli più fine, legata all’eccitazione dei mo<strong>di</strong> vibrazionali della<br />
molecola (per tale motivo una nomenclatura più precisa aggiunge un altro in<strong>di</strong>ce relativo al<br />
livello vibrazionale). La spaziatura in energia tra i primi due livelli elettronici S1 ed S0 è<br />
dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 3-4eV, mentre quella dei livelli superiori è, solitamente, minore. La separazione<br />
in energia dei livelli vibrazionali è, infine, tipicamente dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0.15eV.<br />
S22<br />
S21<br />
S20<br />
S11<br />
S10<br />
S02<br />
S01<br />
S00<br />
Degr<strong>ad</strong>azione<br />
interna<br />
fluorescenza<br />
fosforescenza<br />
Stati <strong>di</strong> singoletto Stati <strong>di</strong> tripletto<br />
Figura 3.18 Diagramma dei livelli energetici <strong>di</strong> una molecola <strong>di</strong> scintillatore organico: per<br />
semplicità sono stati separati i livelli <strong>di</strong> singoletto da quelli <strong>di</strong> tripletto.<br />
T22<br />
T21<br />
T20<br />
T12<br />
T11<br />
T10
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Attraversando uno scintillatore organico, una particella <strong>ioni</strong>zzante cede energia<br />
interagendo elettromagneticamente con gli elettroni del mezzo. In alcuni casi questa energia<br />
non è sufficiente a <strong>ioni</strong>zzare la molecola, ma solo <strong>ad</strong> eccitarla ed, in tal caso, un elettrone π<br />
passa dallo stato fondamentale S00 <strong>ad</strong> uno eccitato <strong>di</strong> singoletto Snm o <strong>di</strong> tripletto Tnm.<br />
Nel caso in cui lo stato eccitato sia <strong>di</strong> singoletto, l’elettrone dec<strong>ad</strong>e quasi<br />
imme<strong>di</strong>atamente al livello S10 senza emissione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione a causa del processo <strong>di</strong><br />
degr<strong>ad</strong>azione interna. In tal caso, la probabilità che avvenga una transizione ra<strong>di</strong>ativa<br />
S10→S0m, a partire dal livello S10, <strong>ad</strong> uno qualsiasi dei livelli vibrazionali associati al primo<br />
livello elettronico S0 è molto alta. Pertanto, solo in una <strong>di</strong> queste possibili transiz<strong>ioni</strong>, quella<br />
S10→S00, la ra<strong>di</strong>azione emessa possiede un’energia sufficiente <strong>ad</strong> eccitare un elettrone dal<br />
livello fondamentale a quello S10. A temperatura ambiente, l’energia <strong>di</strong> eccitazione termica è<br />
0.025eV, molto minore della spaziatura tra i livelli vibrazionali: quasi tutte le molecole si<br />
trovano, pertanto, nello stato fondamentale, da cui non possono assorbire la ra<strong>di</strong>azione emessa<br />
nelle transiz<strong>ioni</strong> S10→S0n (con n <strong>di</strong>verso da zero). Lo spettro <strong>di</strong> emissione e quello <strong>di</strong><br />
assorbimento dello scintillatore risultano, in tal caso, sovrapposti in misura ridotta: pertanto, è<br />
limitato anche l’assorbimento della luce <strong>di</strong> scintillazione, caratteristica, quest’ultima,<br />
fondamentale per le applicaz<strong>ioni</strong> pratiche. Si ha il fenomeno della fluorescenza, cioè<br />
dell’emissione <strong>di</strong> luce su una scala <strong>di</strong> tempo molto breve, dell’or<strong>di</strong>ne delle centinaia <strong>di</strong> psec.<br />
Nel caso in cui l’elettrone sia stato eccitato in uno stato <strong>di</strong> tripletto, si realizza, come<br />
per quello <strong>di</strong> singoletto, un processo <strong>di</strong> degr<strong>ad</strong>azione interna che porta l’elettrone nello stato<br />
T1. Tale stato ha una vita me<strong>di</strong>a molto lunga (τ∼10 -3 sec), ed il suo deca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>retto in S0<br />
produce il fenomeno <strong>di</strong> fosforescenza. In alternativa a tale processo, a causa dell’interazione<br />
tra due molecole eccitate nello stato T1, può avvenire il processo<br />
T1 + T2 → S1 +S0 + fonone<br />
In tal caso, la molecola nello stato S1 dec<strong>ad</strong>e, come precedentemente descritto, dando<br />
luogo <strong>ad</strong> una componente ritardata della luce <strong>di</strong> scintillazione con una costante <strong>di</strong><br />
61
62<br />
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
deca<strong>di</strong>mento più lunga. Va, tuttavia, notato, che tale componente costituisce un contributo<br />
significativo solo per alcuni scintillatori organici.<br />
A <strong>di</strong>fferenza degli scintillatori inorganici, per i quali era determinante il<br />
comportamento del cristallo nel suo complesso, in questo meccanismo <strong>di</strong> scintillazione<br />
intervengono solo le proprietà della singola molecola. Per tale motivo, si possono avere<br />
scintillatori ottenuti usando la medesima molecola nei più svariati stati, <strong>ad</strong> esempio solido<br />
cristallino o amorfo, liquido puro o in soluzione, gassoso.<br />
Nel fuoco finale del fragment separator è stato <strong>ad</strong>operato uno scintillatore plastico,<br />
cioè un solido ottenuto <strong>di</strong>ssolvendo una sostanza scintillante in un solvente (il<br />
poliviniltoluene), che viene poi polimerizzato, in modo tale da formare una matrice plastica.<br />
Il plastico utilizzato era avvolto in un foglio <strong>di</strong> mylar alluminizzato al fine <strong>di</strong><br />
ottimizzare la raccolta <strong>di</strong> luce. Era sagomato a forma <strong>di</strong> parallelepipedo, spesso 4mm con una<br />
superficie qu<strong>ad</strong>rata <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 2.5x2.5cm 2 , a cui si aggiungeva una porzione triangolare<br />
che fungeva da guida <strong>di</strong> luce sino al fotomoltiplicatore.<br />
Figura 3.19 Spettro <strong>di</strong> emissione dello<br />
scintillatore plastico, utilizzati nel fuoco finale del<br />
fragment separator.
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Si è preferito un fotomoltiplicatore, in virtù del migliore accoppiamento ottico con lo<br />
spettro della luce <strong>di</strong> scintillazione prodotta dallo scintillatore (figura 3.19) e della maggiore<br />
efficienza nella conversione della luce, caratteristiche, quest’ultima, necessaria in quanto il<br />
segnale in luce prodotto dallo scintillatore è, a parità <strong>di</strong> energia ceduta, nettamente inferiore a<br />
quello che restituirebbe un CsI.<br />
3.10 Elettronica ed acquisizione dati<br />
I segnali provenienti dai due sistemi <strong>di</strong> rivelazione descritti nei paragrafi precedenti,<br />
sono stati inviati a catene elettroniche analoghe, <strong>di</strong> cui in figura 3.20 è riportato uno schema.<br />
Figura 3.20 Schema dell’elettronica <strong>di</strong> acquisizione impiegata nel fuoco finale del fragment<br />
separator.<br />
63<br />
S<br />
T<br />
A<br />
R<br />
T<br />
C<br />
O<br />
M<br />
M<br />
O<br />
N<br />
S<br />
T<br />
O<br />
P
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
Il segnale del rivelatore al silicio è inviato <strong>ad</strong> un preamplificatore <strong>di</strong> carica (PA), le cui<br />
caratteristiche sono ottimizzate per ottenere un corretto accoppiamento capacitivo con il<br />
rivelatore.<br />
Il segnale in uscita dal preampificatore è, successivamente, inviato <strong>ad</strong> un amplificatore<br />
lineare che restituisce un segnale <strong>di</strong> ampiezza proporzionale all’energia rilasciata nel<br />
rivelatore. Tale segnale viene, infine, <strong>di</strong>gitalizzato tramite un ADC (Analog to Digital<br />
Converter).<br />
Il segnale proveniente dal fotomoltiplicatore accoppiato allo scintillatore plastico è<br />
stato trattato in maniera equivalente.<br />
Una copia del segnale del rivelatore al silicio in uscita dal preamplificatore è stata,<br />
inoltre, inviata, <strong>ad</strong> un amplificatore veloce (Fast-Filter Amplifier) il cui segnale in uscita<br />
possiede un tempo <strong>di</strong> salita più rapido rispetto al corrispondente segnale fornito<br />
dall’amplificatore lineare. Tale segnale è stato, successivamente, inviato <strong>ad</strong> un Constant<br />
Fraction Discriminator (CFD) in modo da ottenere il corrispettivo segnale logico.<br />
In un <strong>di</strong>scriminatore CFD il segnale in entrata viene ritardato e sommato <strong>ad</strong> una sua<br />
copia attenuata ed invertita, producendo un segnale bipolare; quando quest’ultimo passa per<br />
zero, viene generato il segnale logico in uscita (figura 3.21).<br />
Figura 3.21 Costruzione del segnale <strong>di</strong> Zero Crossing.<br />
64
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
A <strong>di</strong>fferenza dei normali <strong>di</strong>scriminatori a soglia LE (Lea<strong>di</strong>ng Edge), i CFD hanno una<br />
<strong>di</strong>namica temporale che non risente dell’ampiezza del segnale in entrata, perché il punto <strong>di</strong><br />
zero-crossing <strong>di</strong>pende esclusivamente dal fattore <strong>di</strong> attenuazione; la risoluzione delle misure<br />
<strong>di</strong> tempo risulta pertanto migliore.<br />
Per le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo, è stato, come precedentemente descritto (par. 3.8),<br />
<strong>ad</strong>operato il segnale dei rivelatori al Silicio. A tale fine, una copia del segnale logico,<br />
proveniente dal CFD, è stata inviata su uno degli ingressi <strong>di</strong> start <strong>di</strong> un TDC (Time to Digital<br />
Converter), mentre l’AND tra il segnale logico derivato dal rivelatore al Si ed il segnale <strong>di</strong><br />
ra<strong>di</strong>ofrequenza del ciclotrone viene inviato, opportunamente ritardato, all’ingresso <strong>di</strong> stop<br />
comune (common stop) del TDC. In tal modo, è stato possibile registrare soltanto gli eventi<br />
relativi a burst a cui corrispondeva l’effettiva rivelazione <strong>di</strong> un frammento. Lo stesso segnale<br />
<strong>di</strong> AND, tramite un gate generator, fungeva da trigger dell’esperimento.<br />
Come già detto (par. 3.7), i segnali dei PPAC sono stati <strong>ad</strong>operati per determinare la<br />
posizione <strong>di</strong> impatto degli <strong>ioni</strong> lungo ciascuno dei due assi perpen<strong>di</strong>colari alla <strong>di</strong>rezione del<br />
<strong>fasci</strong>o. Tale posizione è ottenuta a partire dalla misura del ritardo tra i <strong>di</strong>versi segnali.<br />
Ciascuno <strong>di</strong> tali segnali è stato, pertanto, inviato a un <strong>di</strong>scriminatore CFD e, successivamente,<br />
agli ingressi start del TDC, al cui common stop era applicato il segnale <strong>di</strong> AND descritto in<br />
precedenza<br />
In qualunque esperimento, un ruolo determinante nella gestione del sistema <strong>di</strong><br />
acquisizione dei dati è costituito dal ‘trigger’ dell’esperimento, a partire dal quale vengono<br />
fissati i riferimenti temporali (time zero) e la cui presenza in<strong>di</strong>ca il realizzarsi <strong>di</strong> tutte le<br />
con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> logiche imposte, affinché l’evento si possa considerare ‘buono’ e si proceda,<br />
quin<strong>di</strong>, alla sua acquisizione.<br />
I segnali logici finora descritti, vengono, in tale contesto, gestiti dal modulo TINA:<br />
ogni qual volta, tale modulo, riceve segnali in ingresso, apre una finestra <strong>di</strong> coincidenza<br />
all’interno della quale si verifica se l’evento sod<strong>di</strong>sfa le con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> volute. In tal caso,<br />
vengono generati i gates da inviare ai co<strong>di</strong>ficatori per iniziare la conversione.<br />
In tutte le misure presentate in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, quale segnale <strong>di</strong> trigger, è stato<br />
<strong>ad</strong>operato il segnale proveniente dall’AND fra i rivelatori al Silicio e l’RF.<br />
65
Capitolo 3. Apparato sperimentale<br />
I segnali provenienti dai <strong>di</strong>versi rivelatori sono stati <strong>di</strong>gitalizzati tramite ADC e le<br />
misure <strong>di</strong> tempi tramite un TDC, entrambi in standard Camac (fig. 3.22). Per mezzo <strong>di</strong><br />
un’interfaccia Camac-VME, la CPU-VME, de<strong>di</strong>cata al controllo del crate Camac (Slave<br />
CPU), è stata collegata con una seconda CPU (Master CPU), anch’essa su bus VME, sulla<br />
quale è installato il sistema operativo “real-time” OS9. Il programma <strong>di</strong> acquisizione che<br />
raccoglie e formatta i dati, ha permesso, contemporaneamente, il trasferimento dei dati su<br />
nastri e il loro invio su rete Ethernet con protocollo TCP-IP per l’analisi on-line.<br />
Figura 3.22 Schema dell’acquisizione dati.<br />
Il tempo morto <strong>di</strong> tutto il sistema è determinato, dalla somma del tempo necessario<br />
alla conversione (dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 µsec) e <strong>di</strong> quello impiegato dal programma <strong>di</strong> acquisizione<br />
per il re<strong>ad</strong>-out dei co<strong>di</strong>ficatori, che è dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 100-200 µsec per un rate <strong>di</strong> totale <strong>di</strong><br />
acquisizione <strong>di</strong> circa 1 KHz.<br />
66
4. ANALISI DEI DATI<br />
4.1 Calibrazione ed identificazione<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Le operaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> calibrazione dei rivelatori costituenti l’apparato <strong>di</strong> misura <strong>ad</strong>operato<br />
rappresentano una fase molto delicata dell’analisi dei dati. La taratura in energia (par. 4.1.1)<br />
permette <strong>di</strong> ottenere la corrispondenza tra canali dell’ADC, cioè ampiezza dell’impulso, ed<br />
energia ceduta dalla particella incidente al rivelatore. La taratura del TDC (par. 4.1.2)<br />
permette, invece, <strong>di</strong> trovare la corrispondenza tra canali e tempo <strong>di</strong> volo: una volta calibrato il<br />
TDC è stato, inoltre, possibile ottenere una taratura in posizione del PPAC (par. 4.1.3).<br />
I dati sperimentali possono essere rappresentati me<strong>di</strong>ante istogrammi bi<strong>di</strong>mensionali<br />
(matrici) come quelli riportati in figura 4.1. Nel grafico in basso, in or<strong>di</strong>nata, è riportato il<br />
valore, in canali, del segnale prodotto nel rivelatore ∆Ε (proporzionale, quin<strong>di</strong>, all’energia<br />
depositata dalla particella incidente nello spessore <strong>di</strong> 300µm <strong>di</strong> Si), ed in ascissa il valore,<br />
sempre in canali, della fotocorrente nel CsI; nel grafico in alto, in ascissa, è riportato il tempo<br />
<strong>di</strong> volo in canali ed in or<strong>di</strong>nata il valore, ancora in canali, del segnale prodotto nel rivelatore<br />
∆Ε. I dati sono stati analizzati utilizzando il programma PAW 1 : si tratta <strong>di</strong> un programma<br />
particolarmente <strong>ad</strong>atto all’analisi dati in quanto offre la possibilità <strong>di</strong> utilizzare un’interfaccia<br />
grafica (HIGZ) agevole da manipolare e <strong>di</strong> costruire programmi (“MACRO”) che consentono<br />
<strong>di</strong> gestire in modo semplice le <strong>di</strong>verse routines della Cern-Library.<br />
1 Physics Analisys Workstation<br />
67
68<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.1 Matrici bi<strong>di</strong>mensionali ∆E-ECsI e ∆E-ToF in canali. La matrice in alto si riferisce alla<br />
reazione 40 Ar+ 9 Be, quella in basso alla reazione 58 Ni+ 27 Al entrambe <strong>ad</strong> energia incidente <strong>di</strong> 40AMeV.<br />
Si può notare, in entrambi i casi, l’ottima risoluzione sia in Z che in A.
4.1.1 Taratura in Energia<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Quando un <strong>di</strong>odo al silicio opera come rivelatore <strong>di</strong> particelle, il segnale da esso<br />
fornito è una misura dell’energia depositata dalla particella incidente, a con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
possedere una curva <strong>di</strong> calibrazione <strong>di</strong> tali segnali, ovvero, la corrispondenza tra ADC∆E in<br />
canali e ∆E in MeV.<br />
Come ben noto, la risposta dei rivelatori al Si è lineare con l’energia. La<br />
corrispondenza tra ADC∆Ε e ∆Ε nel Silicio è, pertanto, lineare e la retta <strong>di</strong> taratura risulta<br />
completamente determinata qualora si <strong>di</strong>sponga <strong>di</strong> almeno due punti <strong>di</strong> riferimento <strong>ad</strong> <strong>energie</strong><br />
note. A tal fine, nel run relativo a 12 C+ 9 Be, sono stati utilizzati il <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> 12 C da 62AMeV ed<br />
una sorgente α a tre picchi. Per lo stesso scopo, nel run relativo <strong>ad</strong> 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al, sono<br />
stati usati due <strong>fasci</strong> <strong>di</strong>retti <strong>di</strong> 16 O a 50MeV e 112.75MeV, forniti dal tandem SMP, ed il <strong>fasci</strong>o<br />
<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> 40 Ar a 40AMeV prodotto dal CS ed uno <strong>di</strong> 30AMeV, ottenuto interponendo un<br />
bersaglio <strong>di</strong> 500µm <strong>di</strong> 9 Be e rivelando gli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o. Alle <strong>energie</strong> del tandem, gli <strong>ioni</strong> del<br />
<strong>fasci</strong>o hanno un range tale da non superare lo spessore <strong>di</strong> 300 µm del rivelatore al silicio e,<br />
quin<strong>di</strong>, l’energia depositata in quest’ultimo è data dall’energia del <strong>fasci</strong>o incidente. Nel caso<br />
dei <strong>fasci</strong> del CS, poiché gli <strong>ioni</strong> a tali <strong>energie</strong> incidenti attraversano senza fermarsi il<br />
rivelatore, si è utilizzato il programma <strong>di</strong> simulazione LISE (par. 4.2) per calcolarne la per<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> energia ∆E nel rivelatore. Le figure 4.2a e 4.2b mostrano gli spettri relativi alle operaz<strong>ioni</strong><br />
<strong>di</strong> taratura.<br />
Correlando i valori in canali relativi a quelli in MeV delle <strong>energie</strong> corrispondenti ai<br />
quattro picchi a <strong>di</strong>sposizione, sono state determinate le rette <strong>di</strong> taratura per i rivelatori<br />
all’uscita del fragment separator e nella camera <strong>di</strong> scattering CICLOPE:<br />
∆E MeV = α1⋅ ADC∆E+β1 (FRS)<br />
∆E MeV =α2⋅ADC∆E +β2 (CICLOPE)<br />
dove ∆EMeV è l’energia rilasciata nel Si e ADC∆E è il corrispondente valore in canali. L’errore<br />
sui coefficienti è <strong>di</strong> circa lo 0.5%. La figura 4.3 mostra una delle due rette <strong>di</strong> calibrazione<br />
ottenute.<br />
69
conteggi<br />
16O(50MeV)<br />
16O(112.75MeV)<br />
40Ar(40AMeV)<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
40Ar(40AMeV)+ 9Be(500µm) → 40Ar(30AMeV)<br />
∆E(canali)<br />
Figura 4.2a Spettro dei <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> taratura nel run relativo a 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al.<br />
Figura 4.2b Spettri relativi alle operaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> taratura per il run <strong>di</strong> 12 C+ 9 Be. A sinistra, matrice ∆Ε-ToF del<br />
<strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> calibrazione <strong>di</strong> 12 C a 62AMeV. A destra, spettro in energia della sorgente α.<br />
70
I valori dei parametri trovati per le calibraz<strong>ioni</strong> sono riportati nella tabella 4.1<br />
∆E(MeV)<br />
α1<br />
β1<br />
α2<br />
β2<br />
0.1768<br />
0.12<br />
0.2116<br />
-0.31<br />
Tabella 4.1. Parametri della calibrazione dei rivelatori al Si.<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
canali<br />
Figura 4.3 Retta <strong>di</strong> taratura dell’ADC per il rivelatore posizionato<br />
all’uscita del fragment separator.<br />
Le figure 4.4a e 4.4b mostrano gli spettri ∆E calibrati: si possono <strong>di</strong>stinguere i picchi<br />
associati alle <strong>di</strong>verse cariche dei frammenti del <strong>fasci</strong>o secondario per le reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be a<br />
40AMeV e 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV. In prima approssimazione, la velocità dei frammenti è<br />
71
72<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
uguale a quella del proiettile e, a parità <strong>di</strong> velocità, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia degli <strong>ioni</strong> nel<br />
rivelatore ∆E <strong>di</strong>pende unicamente dalla Z [KNO]. Per questo motivo, non è possibile<br />
<strong>di</strong>stinguere nello spettro, in maniera chiara, i <strong>di</strong>versi isotopi e, pertanto, per identificare la<br />
composizione del <strong>fasci</strong>o secondario in Z ed A, è necessario utilizzare anche l’informazione<br />
fornita dal tempo <strong>di</strong> volo o dall’energia residua.<br />
Figura 4.4a Spettro energetico calibrato del <strong>fasci</strong>o secondario per la reazione<br />
40 Ar+ 9 Be a 40AMeV. Si possono <strong>di</strong>stinguere in maniera chiara i picchi <strong>di</strong> Z ma<br />
non i <strong>di</strong>versi isotopi. In alto a sinistra un ingran<strong>di</strong>mento della regione a più<br />
bassa energia mostra la buona risoluzione in carica ottenuta.
Figura 4.4b Spettro energetico calibrato del <strong>fasci</strong>o secondario per la<br />
reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV.<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Le procedure <strong>di</strong> taratura degli scintillatori, invece, come noto, non sono altrettanto<br />
semplici per via della <strong>di</strong>pendenza della risposta in luce dallo ione e del fenomeno del<br />
quenching. Per tale ragione si è proceduto alla taratura in energia <strong>di</strong> tali rivelatori<br />
“in<strong>di</strong>rettamente”, ovvero estrapolando l’energia residua dello ione dopo aver attraversato il<br />
rivelatore ∆E, dalla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia in quest’ultimo. Noto infatti lo ione (Z,A), esiste una<br />
corrispondenza biunivoca fra l’energia persa in uno spessore noto <strong>di</strong> Si e l’energia incidente<br />
dello stesso. Tale procedura è stata controllata tramite i valori noti dei <strong>fasci</strong> primari<br />
<strong>di</strong>rettamente rivelati e completata da procedure <strong>di</strong> fit non lineare per ogni linea <strong>di</strong> Z. La figura<br />
4.5 illustra un esempio <strong>di</strong> tali fit per la reazione 12 C+ 9 Be.<br />
73
Figura 4.5 Alcuni fit della taratura del CsI per la reazione 12 C+ 9 Be.<br />
4.1.2 Taratura del TDC<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Nel caso in esame, la calibrazione del TDC riveste un ruolo <strong>di</strong> primaria importanza,<br />
giacché <strong>ad</strong> essa sono strettamente collegate le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo e la calibrazione della<br />
posizione nei PPAC.<br />
Per calibrare il TDC è stato inviato un segnale sullo start ed una copia dello stesso, ma<br />
con un ritardo noto, sullo stop, ottenendo, così, una corrispondenza tra la misura in canali ed il<br />
ritardo in nsec tra i due segnali. La retta <strong>di</strong> taratura così ottenuta (fig. 4.6) è:<br />
T nsec = a · TDC + b<br />
con a=0.29125 e b=-29.32 e dove Tnsec è il ritardo in nsec tra le due copie del segnale e TDC è<br />
il corrispondente valore in canali. L’errore sui coefficienti è <strong>di</strong> circa lo 0.5%.<br />
74
Figura 4.6 Retta <strong>di</strong> calibrazione del TDC<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
La correttezza della taratura è stata verificata misurando l’intervallo <strong>di</strong> tempo tra un<br />
burst del ciclotrone ed il successivo, il cui valore, pari a 31nsec, è noto essendo determinato<br />
dalla RF.<br />
In figura 4.7 è riportata una matrice ∆E–ToF calibrata: è possibile notare una struttura<br />
ripetuta nel tempo <strong>ad</strong> intervalli regolari <strong>di</strong> 31 nsec ognuno.<br />
75
31nsec<br />
76<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.7 Matrice calibrata ∆E–ToF per la reazione 40 Ar+ 9 Be a 40 AMeV. La<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> tempo tra un burst del ciclotrone e l’altro è <strong>di</strong> circa 31 nsec in<br />
accordo con il valore d RF utilizzato .<br />
Nella configurazione utilizzata nelle misure analizzate, il segnale <strong>di</strong> stop del TDC è<br />
prodotto a partire dal segnale <strong>di</strong> RF ed il segnale corrispondente <strong>di</strong> start viene generato dal<br />
segnale prodotto da <strong>ioni</strong> appartenenti a burst <strong>di</strong>fferenti. Infatti, non tutti gli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />
all’interno <strong>di</strong> un burst, interagendo con il bersaglio <strong>di</strong> produzione, danno luogo a frammenti<br />
con le caratteristiche necessarie per passare attraverso il fragment separator ed essere rivelati,<br />
fornendo il corrispondente segnale <strong>di</strong> start. Inoltre, frammenti <strong>di</strong> massa molto grande,<br />
impiegando un tempo maggiore fino alla rivelazione possono essere associati all’intervallo <strong>di</strong><br />
tempo associato al segnale <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ofrequenza del burst successivo. Per tal motivo non è<br />
possibile definire una scala <strong>di</strong> tempi assoluta e, pertanto, la misura <strong>di</strong> tempi è ricondotta <strong>ad</strong><br />
una misura della <strong>di</strong>fferenza nei tempi <strong>di</strong> volo delle varie particelle.
4.1.3 Taratura del PPAC<br />
77<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
La misura della posizione per mezzo dei PPAC è, anch’essa, riconducibile <strong>ad</strong> una<br />
misura <strong>di</strong> tempo poiché, come si è già detto, il punto <strong>di</strong> impatto <strong>di</strong> una particella viene<br />
ricavato dalla <strong>di</strong>fferenza in tempo tra i segnali provenienti dalle due estremità delle catene (x e<br />
y) <strong>di</strong> ritardo (paragrafo 3.7). Per questo motivo, la taratura in posizione dei PPAC è<br />
strettamente connessa alla taratura dei TDC. Per effettuare la taratura dei PPAC si è sud<strong>di</strong>visa<br />
la <strong>di</strong>mensione dell’area sensibile (4x4cm 2 ), per il ritardo complessivo <strong>di</strong> ciascuna catena <strong>di</strong><br />
ritar<strong>di</strong> (300nsec), ottenendo, come coefficiente <strong>di</strong> calibrazione, il valore <strong>di</strong> 0.13 mm/nsec<br />
circa.<br />
In figura 4.8 è riportata la matrice calibrata relativa alla posizione (x,y).<br />
Figura 4.8 Matrice relativa alla posizione (x,y) rivelata dal PPAC<br />
per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV.
4.1.4 Identificazione dei prodotti<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
L’identificazione dei prodotti <strong>di</strong> reazione del <strong>fasci</strong>o secondario, effettuata tramite le<br />
matrici sperimentali calibrate ∆E-E e ∆E-ToF, è stata poi confrontata con quella fornita dal<br />
programma <strong>di</strong> simulazione LISE (par. 4.2) .<br />
Le figure 4.9a e 4.9b mostrano le matrici ∆E-E per le reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al.<br />
Come è facile osservare, in tali matrici, oltre all’ottima risoluzione in Z, è possibile<br />
<strong>di</strong>stinguere i <strong>di</strong>fferenti isotopi <strong>di</strong> un dato elemento. Selezionando tali elementi <strong>ad</strong> uno <strong>ad</strong> uno<br />
tramite tagli grafici, è possibile, nelle matrici ∆E-ToF, in<strong>di</strong>viduare i rispettivi isotopi.<br />
Figura 4.9a Matrice ∆E-E per la reazione 40 Ar+ 9 Be. A sinistra sono riportati tutti gli elementi prodotti. A<br />
destra un ingran<strong>di</strong>mento per le linee <strong>di</strong> Z
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.9b Matrice ∆E-E per la reazione 58 Ni+ 27 Al. Si riportano i nomi degli elementi prodotti.<br />
Tuttavia, come già più volte evidenziato nei capitoli precedenti, al fine <strong>di</strong> utilizzare i<br />
frammenti del <strong>fasci</strong>o secondario per esperimenti con <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, essi devono essere<br />
identificati tramite la tecnica ∆E-ToF, poiché l’impiego <strong>di</strong> ulteriori sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelazione per la<br />
misura dell’energia residua ne impe<strong>di</strong>rebbe l’utilizzo. Nelle figura 4.10a e 4.10b sono<br />
mostrate la matrice ∆E-ToF per le reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV e, per confronto,<br />
nelle figure 4.11a e 4.11b, sono riportate le equivalenti matrici simulate tramite il programma<br />
LISE: in entrambi i casi sono in<strong>di</strong>cati i <strong>di</strong>versi isotopi identificati<br />
79
40 9<br />
Fig ura 4.10a Matrice ∆E-ToF sperimentale per la reazione Ar+ Be a 40AMeV.<br />
80<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.10b Matrice ∆E-ToF sperimentale per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV: su<br />
ciascuna zona è riportato il nome dell’isotopo corrispondente.<br />
81
∆E (MeV)<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
ToF(nsec)<br />
Figura 4.11a Matrice ∆E-ToF simulata dal programma LISE per 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV.<br />
82
∆E (MeV)<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
ToF(nsec)<br />
Figura 4.11b Matrice ∆E-ToF simulata dal programma LISE per 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV.<br />
Sono visibili, nella matrice sperimentale (fig. 4.10a), in corrispondenza dell’ultima<br />
linea <strong>di</strong> Z (quella del proiettile 40 Ar), due zone <strong>di</strong> conteggi che non compaiono nella matrice<br />
fornita dal programma <strong>di</strong> simulazione (fig. 4.11a). Si tratta, plausibilmente, <strong>di</strong> due stati <strong>di</strong><br />
carica, quello totalmente <strong>ioni</strong>zzato e quello in cui si è verificato il pick-up <strong>di</strong> un solo elettrone,<br />
83
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
del <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> 40 Ar. Imponendo, infatti, a tali <strong>ioni</strong> una rigi<strong>di</strong>tà magnetica pari a quella utilizzata<br />
nel fragment separator, si è calcolato che essi perderebbero nel rivelatore al Si un’energia pari<br />
a quella effettivamente misurata.<br />
La figura 4.12 mostra le matrici ∆E-ToF sperimentali e simulate nella reazione<br />
12 C+ 9 Be a 62AMeV.<br />
∆Ε(MeV)<br />
Tempo(nsec)<br />
Tempo(nsec)<br />
Figura 4.12 Matrice ∆E-ToF per la reazione 12 C+ 9 Be a 62AMeV. A sinistra i risultati sperimentali dove<br />
sono mostrate alcune selez<strong>ioni</strong> grafiche; a destra l’analoga matrice ottenuta dalla simulazione LISE.<br />
Il confronto fra le informaz<strong>ioni</strong> contenute nelle matrici ∆E-E e ∆E-ToF ha consentito<br />
<strong>di</strong> evidenziare alcune “anomalie” apparenti presenti in quest’ultime. Nella reazione 58 Ni+ 27 Al<br />
a 40AMeV, per esempio, (fig. 4.13) si può notare come l’or<strong>di</strong>ne in cui si osservano gli isotopi<br />
nella ∆E-ToF (fig. 4.9b) subisca delle invers<strong>ioni</strong> rispetto a quello nella matrice ∆E-E. Tali<br />
invers<strong>ioni</strong> si verificano quando la <strong>di</strong>fferenza tra i tempi <strong>di</strong> volo <strong>di</strong> due <strong>ioni</strong> <strong>di</strong>versi supera<br />
l’intervallo <strong>di</strong> tempo tra un burst e l’altro. In questo caso, infatti, utilizzando il segnale <strong>di</strong> RF<br />
come segnale <strong>di</strong> riferimento per le misure <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo, il tempo misurato per lo ione più<br />
lento risulta minore rispetto a quello effettivo <strong>di</strong> una quantità pari alla <strong>di</strong>stanza temporale tra<br />
un burst ed il successivo.<br />
84
55 Fe 54Fe 53Fe 52Fe<br />
54 Fe<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.13 A sinistra, matrice ∆E–Luce per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV, nella quale è stata selezionata<br />
graficamente la regione corrispondente agli isotopi del Fe (Z=26). A destra, gli eventi corrispondenti a tale selezione<br />
sulla matrice ∆E-ToF: si noti, <strong>ad</strong> esempio, come gli eventi associati al 54 Fe si <strong>di</strong>spongano in due zone <strong>di</strong>stinte in base<br />
a quale segnale <strong>di</strong> RF viene utilizzato per la misura del loro ToF.<br />
Una conferma generale della vali<strong>di</strong>tà dell’identificazione in carica degli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario è fornita dalla linea <strong>di</strong> Z dell’Ar (figura 4.14), che può essere riconosciuta, nella<br />
matrice ∆E-Eres, utilizzando come riferimento i punti corrispondenti ai due <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> taratura <strong>di</strong><br />
40 Ar a 40AMeV e 30AMeV.<br />
Nella figura riassuntiva 4.15, sono riportati nel piano (N,Z) gli isotopi prodotti ed<br />
identificati nelle reaz<strong>ioni</strong> analizzate. È possibile notare come siano stati prodotti,<br />
prevalentemente, nuclei ra<strong>di</strong>oattivi ricchi <strong>di</strong> neutroni nella reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV e,<br />
viceversa, ricchi <strong>di</strong> protoni per le reaz<strong>ioni</strong> 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV e 12 C+ 9 Be a 62AMeV.<br />
85<br />
52 Fe<br />
55 Fe<br />
53 Fe<br />
54 Fe
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.14 Particolare della matrice ∆E (MeV) - luce (a.u.) per le linee <strong>di</strong> Z più<br />
gran<strong>di</strong> per la misura 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV. Su <strong>di</strong> essa sono riportati, in nero, i punti<br />
corrispondenti ai due <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> taratura <strong>di</strong> 40 Ar a 40AMeV e 30AMeV. La linea<br />
tratteggiata è quella corrispondente a Z=18.<br />
Regione<br />
dei<br />
nuclei<br />
stabili<br />
Figura 4.15 Mappa dei nuclei prodotti con ciascuna delle tre combinaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> proiettile e<br />
bersaglio impiegate. In verde 12 C+ 9 Be, in blu 40 Ar+ 9 Be, in rosso 58 Ni+ 27 Al ed in nero i nuclei<br />
stabili. La linea verde delimita la regione dei nuclei stabili<br />
86
4.2 Il programma <strong>di</strong> simulazione LISE<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Il programma LISE [BAZ02] simula la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi attraverso la<br />
frammentazione del proiettile in un fragment separator una volta note le sue caratteristiche. A<br />
tale scopo, calcola le rese <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> ciascun frammento, le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia nei<br />
materiali attraversati, le <strong>di</strong>stribuz<strong>ioni</strong> degli stati <strong>di</strong> carica ed il trasporto dei frammenti, una<br />
volta definiti gli opportuni parametri <strong>di</strong> ottica magnetica.<br />
Le con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> sperimentali, quali il proiettile, il bersaglio, l’energia del <strong>fasci</strong>o<br />
primario, la rigi<strong>di</strong>tà magnetica del fragment separator e le caratteristiche dell’apparato <strong>di</strong><br />
rivelazione, vengono facilmente impostate attraverso un’interfaccia grafica (figura 4.16).<br />
Figura 4.16 L’interfaccia grafica <strong>di</strong> LISE.<br />
87
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
In fase <strong>di</strong> preparazione dell’esperimento, il programma <strong>di</strong> simulazione è stato<br />
utilizzato per scegliere le combinaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> proiettile e bersaglio ottimali da impiegare, nonché<br />
i valori <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà magnetica del fragment separator, al fine <strong>di</strong> massimizzare la trasmissione <strong>di</strong><br />
un dato isotopo. Inoltre, durante l’esperimento, l’utilizzo del programma ha consentito <strong>di</strong><br />
effettuare un confronto on-line dei risultati sperimentali con quelli simulati. Dal confronto,<br />
poi, delle matrici sperimentali con quelle fornite dalla simulazione è stato possibile, come già<br />
detto, identificare le specie nucleari del <strong>fasci</strong>o secondario, ed inoltre, come verrà descritto nel<br />
paragrafo 4.3, è stato possibile effettuare un confronto tra le rese ottenute sperimentalmente e<br />
quelle simulate. Nei paragrafi seguenti verranno descritti i principi alla base del calcolo <strong>di</strong> tali<br />
rese.<br />
Il calcolo delle rese isotopiche ottenute in un fragment separator deve tener conto delle<br />
modalità <strong>di</strong> interazione degli <strong>ioni</strong> <strong>di</strong> alta energia con la materia, delle reaz<strong>ioni</strong> nucleari<br />
possibili e dell’ottica magnetica. Per un dato ione la resa può essere descritta come il prodotto<br />
<strong>di</strong> quattro fattori in<strong>di</strong>pendenti:<br />
Y=I·N·F·A (4.1)<br />
dove I è l’intensità del <strong>fasci</strong>o primario, N la probabilità <strong>di</strong> produrre il nucleo <strong>di</strong> interesse nel<br />
bersaglio, F la frazione <strong>di</strong> un dato stato <strong>di</strong> carica Q per un certo nucleo ed A l’accettanza del<br />
fragment separator.<br />
4.2.1 Resa <strong>di</strong> produzione nel bersaglio<br />
Per valutare le rese <strong>di</strong> produzione nel bersaglio è necessario, in primo luogo,<br />
determinare il numero totale, normalizzato <strong>ad</strong> uno, <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> Np(x) prodotte da un proiettile<br />
P interagente con un bersaglio avente spessore x. Il numero <strong>di</strong> nuclei proiettile <strong>di</strong>sponibili per<br />
la produzione del nucleo d’interesse F è parametrizzabile come:<br />
con σP sezione d’urto totale per il proiettile P.<br />
− xσ<br />
P<br />
1 − NP<br />
( x)<br />
= e<br />
(4.2)<br />
88
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Sia σP→F la sezione d’urto <strong>di</strong> produzione del frammento F per frammentazione <strong>di</strong> P. Il<br />
numero (x)<br />
<strong>di</strong> nuclei F creati in uno spessore x è:<br />
N F<br />
N<br />
F<br />
σ<br />
( 1−<br />
e ) σ<br />
( x)<br />
(4.3)<br />
− x P<br />
P→<br />
F<br />
= ≈ xσ<br />
P→<br />
F<br />
σ P<br />
Tale relazione è utilizzata all’interno del programma <strong>di</strong> simulazione per valutare le<br />
rese <strong>di</strong> produzione in un bersaglio, in approssimazione <strong>di</strong> spessori sottili, poiché, solo in tale<br />
approssimazione, la proporzionalità <strong>di</strong>retta tra (x)<br />
e lo spessore x è valida. Al crescere<br />
dello spessore, infatti, <strong>di</strong>venta non trascurabile la probabilità che un frammento F, una volta<br />
creato, sia soggetto, a sua volta, <strong>ad</strong> una reazione nucleare. Questo processo riduce il numero<br />
<strong>di</strong> nuclei d’interesse effettivamente prodotti. Se σF<br />
è la sezione d’urto totale <strong>di</strong> reazione del<br />
frammento F, l’espressione <strong>di</strong> (x)<br />
assumerà, infatti, la forma:<br />
N<br />
N F<br />
F<br />
e<br />
( x)<br />
=<br />
N F<br />
− x(<br />
σ F −σ<br />
P )<br />
[ 1−<br />
] σ P<br />
( σ − σ )<br />
− xσ<br />
F e<br />
P<br />
F<br />
→F<br />
(4.4)<br />
Si deve, inoltre, tener conto della possibilità che il nucleo F possa essere prodotto<br />
anche dalla frammentazione secondaria <strong>di</strong> un altro nucleo. Occorre, dunque, esaminare i<br />
cosiddetti processi a multi-step, tra i quali il più semplice è la frammentazione a 2-step. In tale<br />
processo il proiettile P produce un frammento interme<strong>di</strong>o i, che, in una seconda reazione,<br />
N 2i<br />
, F<br />
genera il frammento F. Il numero <strong>di</strong> frammenti così prodotti sod<strong>di</strong>sfa la relazione:<br />
∂N<br />
2 ( x)<br />
i,<br />
F<br />
= N<br />
∂x<br />
1i<br />
( x)<br />
σ ( x)<br />
σ → − N ( x)<br />
σ<br />
(4.5)<br />
dove σi è la sezione d’urto totale <strong>di</strong> reazione per il frammento i, mentreσP→i eσi→F sono,<br />
rispettivamente, le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> i a partire da P e <strong>di</strong> F a partire da i. La resa<br />
totale <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> F nella frammentazione a 2-step è ottenuta sommando su tutti i<br />
possibili percorsi a 2-step che conducono a F:<br />
Z P N P<br />
N 2 = ∑N= F<br />
2 i F ∑ ∑N<br />
,<br />
2i<br />
, F<br />
i<br />
Z = Z N<br />
i<br />
i<br />
F<br />
i<br />
i<br />
F<br />
2i<br />
, F<br />
F<br />
(4.6)<br />
dove ZP,F e NP,F sono, rispettivamente, il numero <strong>di</strong> protoni e <strong>di</strong> neutroni dei nuclei coinvolti<br />
nelle reaz<strong>ioni</strong>.<br />
89
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
La figura 4.17 descrive l’andamento delle rese <strong>di</strong> frammentazione a 1, 2 e 3-step in<br />
funzione dello spessore del bersaglio per la produzione <strong>di</strong> 78 Ni da un <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 96 Zr.<br />
Come si può vedere, la resa dei processi a due e tre step cresce con lo spessore del bersaglio,<br />
mentre quella del processo a step singolo raggiunge un valore massimo e poi decresce<br />
lentamente. Inoltre, la resa complessiva è sensibilmente maggiore <strong>di</strong> quella calcolata per step<br />
singolo nel caso <strong>di</strong> bersagli spessi.<br />
Figura 4.17 Andamento della resa totale e dei contributi a multi-step per la produzione <strong>di</strong><br />
78 Ni da frammentazione <strong>di</strong> 96 Zr in funzione dello spessore del bersaglio. In basso, a destra,<br />
le stesse rese sono riportate in scala lineare.<br />
La presenza <strong>di</strong> questi processi a multi-step è molto importante, qualora si vogliano<br />
produrre nuclei in prossimità della drip-line dei neutroni. Infatti, l’energia <strong>di</strong> eccitazione del<br />
quasi-proiettile è proporzionale al numero <strong>di</strong> nucleoni che vengono sottratti al proiettile nel<br />
processo <strong>di</strong> frammentazione ed una maggiore eccitazione comporta una più intensa<br />
evaporazione <strong>di</strong> neutroni. In un processo a multi-step vengono sottratti meno nucleoni per<br />
90
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
volta, pertanto, le <strong>energie</strong> <strong>di</strong> eccitazione sono inferiori e l’evaporazione <strong>di</strong> neutroni è, <strong>di</strong><br />
conseguenza, minore.<br />
La correzione per bersagli spessi alle rese <strong>di</strong> produzione date dalla (4.3) viene valutata<br />
me<strong>di</strong>ante un’integrazione numerica delle rese dei processi a due-step. Per ogni porzione dx<br />
del bersaglio, il contributo correttivo dNF alla resa del frammento F dovuto a reaz<strong>ioni</strong><br />
secondarie, è calcolato tramite la relazione:<br />
dN F = ∑σ j→F<br />
N jdx<br />
− σ F N F dx<br />
j<br />
(4.7)<br />
dove Nj ed NF sono le rese calcolate nello spessore x-dx. Come mostrato in figura 4.18, non<br />
tutti i contributi delle reaz<strong>ioni</strong> secondarie hanno un peso significativo nella determinazione<br />
della resa complessiva. Per questo motivo, la sommatoria sul frammento interme<strong>di</strong>o è limitata<br />
<strong>ad</strong> una regione del piano (N,Z) che esclude il contributo <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> secondarie aventi sez<strong>ioni</strong><br />
d’urto trascurabili.<br />
Figura 4.18 Contributi <strong>di</strong> tutti i possibili frammenti interme<strong>di</strong> in un<br />
calcolo a 2-step della produzione <strong>di</strong> 78 Ni da un <strong>fasci</strong>o <strong>di</strong> 96 Zr. La<br />
<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> ciascun qu<strong>ad</strong>rato è proporzionale al peso che ha il<br />
frammento interme<strong>di</strong>o nella resa totale. Si può vedere che i contributi più<br />
importanti giacciono su una regione limitata del piano (N,Z).<br />
91
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Il calcolo delle sez<strong>ioni</strong> d’urto dei processi <strong>di</strong> frammentazione <strong>ad</strong>operate nella stima<br />
delle rese (eq. 4.3 e 4.7), viene effettuato utilizzando la parametrizzazione EPAX [SÜM00].<br />
4.2.2 La parametrizzazione EPAX<br />
EPAX [SÜM00] è una parametrizzazione empirica delle sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong><br />
frammentazione del proiettile, realizzata in modo tale da riprodurre le misure sperimentali<br />
ottenute nella frammentazione <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> incidenti maggiori <strong>di</strong> 100AMeV.<br />
Non vengono considerate le sez<strong>ioni</strong> d’urto per reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> pick-up (nelle quali il<br />
proiettile acquista uno o più nucleoni). Tuttavia tali reaz<strong>ioni</strong> sono spesso usate per produrre<br />
<strong>fasci</strong> molto intensi <strong>di</strong> nuclei vicini alla valle della stabilità. In tal caso il programma <strong>di</strong><br />
simulazione estrapola le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> questi processi dalla parametrizzazione EPAX non<br />
tenendo conto, quin<strong>di</strong>, della <strong>di</strong>pendenza delle sez<strong>ioni</strong> d’urto dai dettagli della reazione e<br />
dall’energia del <strong>fasci</strong>o. Non si considera, inoltre, la frammentazione dei nuclei fissili,<br />
limitando, quin<strong>di</strong>, l’intervallo <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà ai proiettili che vanno dagli isotopi dell’Argon a<br />
quelli del Piombo e del Bismuto.<br />
L’andamento delle sez<strong>ioni</strong> d’urto in funzione della massa del frammento, fissata la<br />
carica, per i frammenti <strong>di</strong> massa sufficientemente lontana da quella del proiettile (per<strong>di</strong>te <strong>di</strong><br />
massa superiori al 15%-20%), è largamente in<strong>di</strong>pendente da quest’ultimo. Tale fenomeno è<br />
collegato al fatto che questi frammenti si formano, prevalentemente, in processi <strong>di</strong><br />
multiframmentazione statistica <strong>di</strong> un quasi-proiettile altamente eccitato.<br />
Per frammenti con per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> massa minori, le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> frammentazione<br />
<strong>di</strong>pendono dal proiettile presentando, in particolare, un massimo per isotopi aventi lo stesso<br />
N/Z del proiettile. La parametrizzazione EPAX descrive in maniera continua il passaggio da<br />
questo regime a quello precedente.<br />
La parametrizzazione contiene correz<strong>ioni</strong>, per proiettili ai confini della stabilità, che<br />
tengono conto della <strong>di</strong>pendenza, osservata sperimentalmente, dell’andamento delle sez<strong>ioni</strong><br />
d’urto dal proiettile anche per gran<strong>di</strong> per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> massa dei frammenti.<br />
La precisione con cui vengono riprodotti i valori delle sez<strong>ioni</strong> d’urto sperimentali è<br />
migliore per i nuclei vicini alla valle <strong>di</strong> stabilità, mentre le estrapolaz<strong>ioni</strong> verso le drip-lines<br />
92
Sezione<br />
d’urto(barn)<br />
Sezione<br />
d’urto(barn)<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
sono affette da maggiori incertezze. Non vengono tenuti in considerazione, inoltre, gli effetti<br />
legati al pairing che rendono più alte le sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> produzione per nuclei aventi un<br />
numero pari <strong>di</strong> neutroni e/o protoni.<br />
EPAX.<br />
In figura 4.19 è riportato il confronto tra alcuni risultati sperimentali e le previs<strong>ioni</strong> <strong>di</strong><br />
Figura 4.19 Confronto tra le sez<strong>ioni</strong> d’urto sperimentali (punti) e simulate (linea continua) <strong>di</strong><br />
frammentazione in funzione <strong>di</strong> A per alcuni valori <strong>di</strong> Z nella reazione 58 Ni+ 9 Be a 650AMeV.<br />
4.2.3 Accettanza del fragment separator<br />
Per valutare il parametro A dell’equazione (4.1), cioè il fattore <strong>di</strong> accettanza, è<br />
necessario determinare la <strong>di</strong>stribuzione, nello spazio delle fasi, dei frammenti prodotti nel<br />
bersaglio e come essa evolva attraverso i vari elementi del fragment separator .<br />
Ad alte <strong>energie</strong>, una buona parametrizzazione della <strong>di</strong>stribuzione in impulso dei<br />
frammenti prodotti è fornita dalla formula <strong>di</strong> Goldhaber [GOL74], secondo la quale<br />
l’ampiezza della <strong>di</strong>stribuzione dei momenti σ è tale che:<br />
93
2 2 AF<br />
( AP<br />
− AF<br />
)<br />
σ = σ 0<br />
con<br />
A −1<br />
P<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
2 1 2<br />
σ 0 = PF<br />
, PF impulso <strong>di</strong> Fermi (4.8)<br />
5<br />
dove AF ed AP sono, rispettivamente, la massa del frammento e quella del proiettile,<br />
ed il valore più probabile dell’impulso è VP·AF , con VP la velocità del proiettile.<br />
Tuttavia, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e, si è osservato che la <strong>di</strong>stribuzione degli impulsi<br />
trasversali rispetto alla <strong>di</strong>rezione del <strong>fasci</strong>o incidente ha un’ampiezza maggiore <strong>di</strong> quella degli<br />
impulsi paralleli. Parte <strong>di</strong> questo effetto è da attribuire alla deflessione nucleare e<br />
coulombiana impressa al frammento dal residuo del bersaglio e ai protoni emessi durante la<br />
frammentazione. In questo caso l’ampiezza dell’impulso trasversale σ ⊥ è data da [VAN79]:<br />
dove σ D , chiamata <strong>di</strong>spersione orbitale, vale 200MeV/c.<br />
2 2 AF<br />
( AP<br />
− AF<br />
) 2 AF<br />
( AF<br />
−1)<br />
σ ⊥ = σ 0<br />
+ σ D<br />
(4.9)<br />
A −1<br />
A ( A −1)<br />
P<br />
La <strong>di</strong>stribuzione in momento parallelo σ || ha un effetto <strong>di</strong>retto su A attraverso<br />
l’accettanza in impulso del fragment separator, mentre σ ⊥ interviene attraverso l’accettanza in<br />
angolo solido dello stesso.<br />
4.2.4 Per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia, straggling energetico ed angolare<br />
e stati <strong>di</strong> carica<br />
L’energia cinetica residua <strong>di</strong> uno ione che ha attraversato uno spessore ∆x è − ∆E<br />
,<br />
ovvero, è data dalla <strong>di</strong>fferenza tra l’energia iniziale incidente dello ione stesso e la sua per<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> energia nel mezzo. Se R(E) è il range dello ione in funzione dell’energia, si ottiene:<br />
R i<br />
i<br />
P<br />
P<br />
( E ) = ∆x<br />
+ R(<br />
E − ∆E)<br />
(4.10)<br />
Per calcolare la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia, il programma <strong>di</strong> simulazione interpola, da una tavola<br />
contenente i range ([HUB90], [NOR70], [ZIE85]) della particella in esame nel materiale<br />
utilizzato, il valore <strong>di</strong> R(Ei). Attraverso la (4.10), una volta calcolato R( Ei<br />
− ∆E)<br />
è possibile<br />
94<br />
E i
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
determinare, per interpolazione, l’energia residua − ∆E<br />
. Vengono, analogamente, calcolate<br />
le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia in gas e materiali compositi.<br />
E i<br />
Lo straggling energetico è calcolato (in MeV) dalla formula semiempirica [GUI86]<br />
basata sulla formula classica <strong>di</strong> Bohr:<br />
Z t<br />
δ E = kZ<br />
(4.11)<br />
( ∆ )<br />
T<br />
P<br />
AT<br />
dove ZP è il numero atomico del proiettile, ZT e AT sono, rispettivamente, numero atomico e <strong>di</strong><br />
massa del materiale e t il suo spessore in g/cm 2 . Il parametro k, sperimentalmente ricavato,<br />
cresce logaritmicamente con l’energia incidente con un valore variabile da 1 (a 1AMeV) a 2.5<br />
(a 1AGeV).<br />
L’angolo <strong>di</strong> deflessione me<strong>di</strong>o (in mr<strong>ad</strong>) dovuto alla <strong>di</strong>ffusione colombiana multipla<br />
viene, invece, valutato me<strong>di</strong>ante la seguente relazione:<br />
)<br />
α1<br />
/ 2 = α1<br />
/ 2<br />
2<br />
2Z<br />
PZ<br />
T e<br />
Ea<br />
(4.12)<br />
dove E è l’energia del proiettile, e la carica dell’elettrone, a il parametro <strong>di</strong> screening, e α 1/<br />
2<br />
)<br />
l’ ”angolo ridotto” ([ANN88]).<br />
Anche per la valutazione degli stati <strong>di</strong> carica, ci si avvale <strong>di</strong> formule semiempiriche<br />
([WIN92], [LEO98], [SHI82]) ricavate dai dati sperimentali. Nel caso della frammentazione<br />
<strong>di</strong> <strong>ioni</strong> pesanti <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> minori <strong>di</strong> 100AMeV, l’importanza del calcolo degli stati <strong>di</strong> carica<br />
riveste un ruolo importante, giacché è possibile, come già visto, produrre frammenti con più<br />
<strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> carica (fig. 4.10a). La presenza <strong>di</strong> più stati <strong>di</strong> carica, per lo stesso isotopo,<br />
complica l’identificazione e per, tal motivo, è utile che questi stati siano correttamente<br />
simulati. A tal fine la simulazione tiene conto dell’effetto <strong>di</strong> ciascun materiale inserito che<br />
può mutare la <strong>di</strong>stribuzione degli stati <strong>di</strong> carica.<br />
95
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
4.2.5 Implementazione del fragment separator in LISE<br />
Affinché il programma <strong>di</strong> simulazione riproduca il funzionamento del fragment<br />
separator utilizzato, è stato necessario fornire al programma le sue caratteristiche tecniche.<br />
Queste ultime vengono fornite attraverso un file in ingresso (riportato in appen<strong>di</strong>ce B). In<br />
particolare vengono definite:<br />
• L’apertura dei collimatori, <strong>di</strong>sposti prima del bersaglio, nel primo fuoco, in<br />
corrispondenza <strong>di</strong> un eventuale degr<strong>ad</strong>er e nel fuoco finale.<br />
• Le accettanze in angolo ed impulso in corrispondenza del bersaglio, del degr<strong>ad</strong>er e<br />
<strong>di</strong> un eventuale filtro <strong>di</strong> Wien.<br />
• Le <strong>di</strong>stanze tra il bersaglio, il degr<strong>ad</strong>er ed il primo rivelatore.<br />
• Le proprietà ottiche del <strong>fasci</strong>o primario quali la <strong>di</strong>mensione della sezione<br />
perpen<strong>di</strong>colare alla sua <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> propagazione, straggling dell’impulso,<br />
risoluzione energetica ed angolo tra la sua <strong>di</strong>rezione e l’asse <strong>di</strong> simmetria del<br />
fragment separator.<br />
• I raggi <strong>di</strong> curvatura dei due <strong>di</strong>poli.<br />
• Le matrici <strong>di</strong> trasporto relative alle sez<strong>ioni</strong> del fragment separator, ovvero,<br />
rispettivamente, dal bersaglio alla posizione <strong>di</strong> un eventuale degr<strong>ad</strong>er e da<br />
quest’ultima al fuoco finale.<br />
Come già accennato, ulteriori caratteristiche, quali rigi<strong>di</strong>tà magnetica o bersaglio <strong>di</strong><br />
produzione sono definite tramite l’interfaccia grafica del programma (fig. 4.16).<br />
4.3 Misura delle rese <strong>di</strong> produzione<br />
Una volta identificati i prodotti <strong>di</strong> reazione del <strong>fasci</strong>o secondario è stato possibile<br />
ricavare le rese <strong>di</strong> produzione. A tal fine, la regione delle matrici ∆E-ToF e ∆E-Eres<br />
corrispondente a ciascun isotopo è stata proiettata su una <strong>di</strong>mensione e lo spettro così ottenuto<br />
è stato fittato con una gaussiana (figura 4.20), dall’integrale della quale è stato ricavato il<br />
96
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
numero <strong>di</strong> conteggi. Dividendo, quin<strong>di</strong>, il numero <strong>di</strong> conteggi per il tempo <strong>di</strong> misura, sono<br />
state ricavate le rese <strong>di</strong> produzione.<br />
In tabella 4.2 sono riportate le rese misurate per alcuni degli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi prodotti<br />
più in abbondanza (in appen<strong>di</strong>ce C viene riportato l’elenco completo) nelle reaz<strong>ioni</strong> 12 C+ 9 Be a<br />
62AMeV, 40 Ar+ 9 Be e 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV, con correnti <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 100epA.<br />
Figura 4.20 Spettro in ∆E corrispondente alla linea <strong>di</strong> Z del Na. Il picco <strong>di</strong><br />
ogni isotopo è fittato con una gaussiana.<br />
Un confronto complessivo per tutti gli isotopi prodotti tra le rese sperimentali misurate<br />
e quelle simulate da LISE è mostrato nelle figure 4.21 (per la reazione 58 Ni+ 27 Al), 4.22 (per la<br />
reazione 40 Ar+ 9 Be) e 4.25 (per la reazione 12 C+ 9 Be). In quest’ultimo grafico, i valori<br />
sperimentali, si <strong>di</strong>scostano da quelli simulati per gli isotopi delle ultime linee <strong>di</strong> Z.<br />
97
C+Be<br />
Rese<br />
(Ioni/sec)<br />
12<br />
N 61.2±3<br />
10 C 29.0±2<br />
8 B 8.8±1<br />
Ar+Be<br />
Rese<br />
(Ioni/sec)<br />
39<br />
Cl 237±7<br />
36 S 95.8±3<br />
34<br />
P 43±2<br />
31<br />
Si 22±1<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Ni+Al<br />
Rese<br />
(Ioni/sec)<br />
55<br />
Co 259±6<br />
53<br />
Fe 97±4<br />
54<br />
Fe 54±3<br />
53<br />
Mn 49±3<br />
51 Mn<br />
51<br />
Cr<br />
49<br />
Cr<br />
66±3<br />
42±2<br />
18±1.5<br />
Tabella 4.2 Rese misurate con un’ intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 100epA, rispettivamente, all’uscita del<br />
fragment separator per 12 C+ 9 Be a 62AMeV e 40 Ar+ 9 Be a 40MeV ed in camera Ciclope per 58 Ni+ 27 Al a<br />
40AMeV.<br />
Ciò acc<strong>ad</strong>e perché i conteggi delle rese sperimentali sono falsati dalla presenza <strong>di</strong> un<br />
fondo <strong>di</strong> conteggi spuri. Infatti, anche in assenza <strong>di</strong> bersaglio <strong>di</strong> produzione e con gli elementi<br />
magnetici configurati in maniera tale da selezionare il 39 Cl, benché la simulazione non<br />
preveda, in tali con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong>, la trasmissione del <strong>fasci</strong>o primario, si sono sperimentalmente<br />
osservati degli eventi nella regione <strong>di</strong> Z più alte della matrice ∆E-Eres (fig.4.23). Tramite il<br />
confronto tra la misura con il bersaglio e quella senza, è stato sottratto il contributo <strong>di</strong> questo<br />
fondo alle rese sperimentali: il risultato così ottenuto è mostrato in figura 4.24.<br />
Come si osserva, le rese <strong>di</strong> produzione misurate hanno un andamento decrescente in<br />
funzione della massa del frammento (fig. 4.21 e 4.24): in particolare, risultano maggiori nel<br />
caso in cui la massa del frammento in esame sia molto vicina alla massa del <strong>fasci</strong>o primario.<br />
È, pertanto, preferibile <strong>ad</strong>operare un proiettile <strong>di</strong> massa simile a quella del frammento<br />
ra<strong>di</strong>oattivo che si vuole produrre: risulta, <strong>ad</strong> esempio, più vantaggioso l’utilizzo della reazione<br />
12 C+ 9 Be, piuttosto che 58 Ni+ 27 Al per produrre un <strong>fasci</strong>o secondario <strong>di</strong> nuclei leggeri<br />
ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
98
Rate(<strong>ioni</strong>/sec)<br />
1.E+04<br />
1.E+03<br />
1.E+02<br />
1.E+01<br />
1.E+00<br />
1.E-01<br />
1.E-02<br />
Na<br />
Ne<br />
EXP<br />
LISE<br />
Mg Al<br />
S<br />
i<br />
P<br />
S<br />
Cl<br />
Ar<br />
20 23 25 27 29 31 33 35 37 38 42 43 44 45 46 50 51 52 53 55 58<br />
Massa<br />
99<br />
K<br />
Ca<br />
Sc<br />
Ti<br />
V<br />
Cr<br />
Mn<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Co<br />
Fe<br />
Figura 4.21 Rate <strong>di</strong> produzione (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a 3enA.<br />
In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />
Ni
Figura 4.22 Rate (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a 7enA.<br />
In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />
100<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati
∆E(MeV)<br />
Luce nel plastico (a.u.)<br />
Figura 4.23 Matrice ∆E-Luce plastico relativa alle misure <strong>di</strong> 40 Ar+ 9 Be a 40 AMeV in assenza <strong>di</strong><br />
bersaglio, ma con il fragment separator regolato per selezionare il 39 Cl.<br />
101<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.24 Rate <strong>di</strong> produzione (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a<br />
7enA una volta sottratto il fondo. In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />
102
Rate(<strong>ioni</strong>/sec)<br />
1.00E+03<br />
1.00E+02<br />
1.00E+01<br />
1.00E+00<br />
1.00E-01<br />
1.00E-02<br />
1.00E-03<br />
lise<br />
exp<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
7 8 9 10 11 12 13<br />
Figura 4.25 Rate <strong>di</strong> produzione (in <strong>ioni</strong> al secondo) per la reazione 12 C+ 9 Be a 62AMeV con una corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a<br />
100enA. In blu i valori sperimentali, in rosso quelli ottenuti dalla simulazione.<br />
103<br />
A
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
4.4 Trasmissione lungo la linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />
Per verificare la possibilità <strong>di</strong> compiere esperimenti con i <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi così ottenuti,<br />
è necessario misurare la trasmissione degli <strong>ioni</strong> prodotti sino alle sale sperimentali, dove si<br />
trovano i <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> misura.<br />
Per determinare la trasmissione del <strong>fasci</strong>o secondario dal fuoco finale del fragment<br />
separator sino alla camera <strong>di</strong> scattering Ciclope, sono state confrontate le rese ottenute nel<br />
primo punto <strong>di</strong> misura con quelle misurate nel secondo. Tale confronto è stato eseguito<br />
normalizzando le rese sperimentali alla stessa intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario pari a 100epA. In<br />
figura 4.26 è mostrato l’andamento delle rese, misurate all’uscita del fragment separator e nel<br />
punto Ciclope, in funzione della massa, per gli isotopi <strong>di</strong> fosforo e <strong>di</strong> silicio.<br />
Rate(<strong>ioni</strong>/sec)<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
P<br />
35 34 33 32 31 30<br />
Massa (A)<br />
Si<br />
CICLOPE<br />
FRS<br />
Figura 4.26 Confronto tra le rese misurate in Ciclope (in blu) e nel fuoco finale del<br />
fragment separator degli isotopi del P e del Si in funzione della massa A. I valori si<br />
riferiscono alla reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV e sono normalizzati <strong>ad</strong> una corrente <strong>di</strong><br />
<strong>fasci</strong>o primario pari a I=100epA.<br />
In figura 4.27 è riportata la percentuale <strong>di</strong> trasmissione degli stessi isotopi, mentre in<br />
tabella 4.2 sono elencate quelle degli altri.<br />
104
P<br />
Figura 4.27 Trasmissione degli isotopi del P e del Si in funzione della massa<br />
A, prodotti nella reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV.<br />
Isotopo<br />
40 Cl<br />
39 Cl<br />
Trasmissione(%) 93 77 61<br />
Isotopo<br />
36 S<br />
Trasmissione(%) 49 61 38<br />
Isotopo<br />
35 P<br />
Trasmissione(%) 61 43 60<br />
Isotopo<br />
32 Si<br />
35 S<br />
34 P<br />
31 Si<br />
Trasmissione(%) 72 63 55<br />
Isotopo<br />
29 Al<br />
28 Al<br />
Trasmissione(%) 61 55 66<br />
Si<br />
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
38 Cl<br />
34 S<br />
33 P<br />
30 Si<br />
27 Al<br />
Tabella 4.2 Tabella riassuntiva della trasmissione per le specie nucleari identificate in Ciclope,<br />
ottenute nella reazione 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV<br />
La trasmissione così osservata (tabella 4.2) varia da un minimo del 38% <strong>ad</strong> un<br />
massimo del 93% in funzione dell’isotopo preso in considerazione. È, inoltre, da notare che,<br />
nel corso dell’esperimento, l’ottica magnetica della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, dal fuoco finale del<br />
fragment separator sino alla camera Ciclope, non è stata ottimizzata per la trasmissione del<br />
<strong>fasci</strong>o secondario. Infatti, le correnti usate nei qu<strong>ad</strong>rupoli e nei <strong>di</strong>poli della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />
105
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
sono state semplicemente scalate rispetto a quelle necessarie per avere la trasmissione del<br />
<strong>fasci</strong>o primario.<br />
Questi risultati <strong>di</strong>mostrano, quin<strong>di</strong>, che si può <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sino alla sala<br />
Ciclope con attenuaz<strong>ioni</strong> modeste rispetto alle intensità <strong>di</strong> produzione.<br />
4.5 Caratterizzazione in energia e posizione del<br />
<strong>fasci</strong>o secondario<br />
Al fine <strong>di</strong> caratterizzare le proprietà del <strong>fasci</strong>o per quanto concerne la sua <strong>di</strong>stribuzione<br />
sia in energia che posizione, si è ricostruita l’energia degli <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o secondario<br />
misurandone l’energia residua nel rivelatore E. Va notato che in modo “in<strong>di</strong>retto” la stessa<br />
informazione può ottenersi tramite estrapolaz<strong>ioni</strong> dai valori misurati <strong>di</strong> ∆E per ogni specie.<br />
Nelle figure 4.28 e 4.30 sono mostrate, rispettivamente, le <strong>di</strong>stribuz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> energia residua<br />
osservate per il 39 Cl nella reazione 40 Ar+ 9 Be e per il 56 Co in quella 58 Ni+ 27 Al, che risultano in<br />
buon accordo con quelle simulate dal programma LISE, riportate, rispettivamente, in figura<br />
4.29 per la reazione 40 Ar+ 9 Be e in figura 4.31 per 58 Ni+ 27 Al.<br />
0.8AMeV<br />
23AMeV<br />
Figura 4.28 Distribuzione dell’energia residua del 39 Cl ottenuto nella reazione<br />
40 Ar+ 9 Be (500µm) a 40AMeV, dopo aver attraversato 300µm <strong>di</strong> Si.<br />
106
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.29 Distribuz<strong>ioni</strong> delle <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong> alcuni <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario dopo il rivelatore al Si (300µm), simulate da LISE riproducendo la<br />
configurazione del fragment separator <strong>ad</strong>operata nella reazione 40 Ar+ 9 Be<br />
(500µm) a 40AMeV.<br />
1.5<br />
AMEv<br />
21.2 AMeV<br />
Figura 4.30 Distribuzione dell’energia residua del 56 Co ottenuto nella reazione<br />
58 Ni+ 27 Al (100µm) a 40AMeV, dopo aver attraversato 300µm <strong>di</strong> Si.<br />
107
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 4.31 Distribuz<strong>ioni</strong> delle <strong>energie</strong> incidenti <strong>di</strong> alcuni <strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o<br />
secondario dopo il rivelatore al Si (300µm), simulate da LISE riproducendo la<br />
configurazione del fragment separator <strong>ad</strong>operata nella reazione 58 Ni+ 27 Al<br />
(100µm) a 40AMeV.<br />
La risoluzione energetica, così osservata, del <strong>fasci</strong>o secondario varia in base allo ione<br />
preso in considerazione tra il 3% ed il 10%. Tale indeterminazione energetica è dovuta sia al<br />
meccanismo <strong>di</strong> produzione dei frammenti che allo straggling in energia all’interno del<br />
bersaglio <strong>di</strong> produzione e del rivelatore ∆E, tuttavia, l’etichettatura dello ione consente<br />
nell’analisi dell’esperimento “ secondario”, <strong>di</strong> selezionare, compatibilmente con la statistica,<br />
reg<strong>ioni</strong> energetiche più definite.<br />
La figura 4.32 mostra il confronto fra le matrici delle posiz<strong>ioni</strong> x-y <strong>di</strong> incidenza degli<br />
<strong>ioni</strong> sul PPAC posto nel fuoco finale del fragment separator e le previs<strong>ioni</strong> del programma <strong>di</strong><br />
simulazione <strong>di</strong> LISE: si noti il buon accordo. La risoluzione in posizione ottenuta tramite il<br />
PPAC consentirà <strong>di</strong> etichettare anche la posizione dello ione-<strong>fasci</strong>o prima della reazione<br />
secondaria.<br />
108
Capitolo 4. Analisi dei dati<br />
Figura 3.2 In alto, matrice sperimentale delle posizione x-y <strong>di</strong> incidenza degli<br />
<strong>ioni</strong> sul PPAC posto nel fuoco finale del fragment separator. In basso, la<br />
<strong>di</strong>stribuzione prevista dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE nella coor<strong>di</strong>nata y.<br />
109
5. PROSPETTIVE<br />
Capitolo 5. Prospettive<br />
Le prospettive aperte dall’utilizzo <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi sono molteplici: nell’ambito della<br />
fisica nucleare, per esempio, esse comprendono la determinazione dei limiti <strong>di</strong> esistenza <strong>di</strong><br />
nuclei stabili, l’evoluzione della struttura a shell nei nuclei allontanandosi dalla valle <strong>di</strong><br />
stabilità e lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> strutture nuove. Altre prospettive riguardano l’astrofisica, il modello<br />
standard, il campo tecnologico e quello me<strong>di</strong>co.<br />
In questo capitolo sono presentate alcune delle possibili <strong>di</strong>rez<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> indagine<br />
scientifica. In particolare verranno esaminate le prospettive <strong>di</strong> ricerca aperte dal possibile<br />
utilizzo della frammentazione del proiettile per la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi presso i LNS<br />
presentato in questo lavoro <strong>di</strong> tesi.<br />
5.1 Ricerche <strong>di</strong> struttura nucleare<br />
5.1.1 I limiti dell’esistenza nucleare<br />
La zona <strong>di</strong> stabilità nucleare è molto sensibile alle variaz<strong>ioni</strong> dell’energia <strong>di</strong> legame<br />
che varia in funzione <strong>di</strong> N e Z. I vari modelli nucleari prevedono <strong>di</strong>fferenti valori dell’energia<br />
<strong>di</strong> legame e, dunque, sono in <strong>di</strong>saccordo anche sui confini della regione nel piano (N,Z)<br />
corrispondente a nuclei stabili. La produzione me<strong>di</strong>ante <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> tali nuclei (fig. 5.1)<br />
consentirebbe la determinazione della posizione <strong>di</strong> tali confini, fornendo un primo criterio <strong>di</strong><br />
selezione dei <strong>di</strong>versi modelli nucleari. Si può, <strong>ad</strong> esempio, utilizzare un <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo per<br />
creare, <strong>di</strong>rettamente, nuclei ancora più lontani dalla stabilità tramite un’ulteriore<br />
frammentazione su <strong>di</strong> un bersaglio secondario.<br />
Tramite misure <strong>di</strong> coincidenza possono essere stu<strong>di</strong>ati anche nuclei instabili, in quanto<br />
sperimentalmente si possono presentare come risonanze: dallo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questi nuclei con<br />
ampio eccesso <strong>di</strong> neutroni o <strong>di</strong> protoni ci si attende una migliore determinazione<br />
dell’interazione nucleare, almeno per quanto riguarda il ruolo dell’isospin. In particolare, in<br />
110
Capitolo 5. Prospettive<br />
prossimità della drip-line dei protoni, la barriera coulombiana rende possibile l’esistenza <strong>di</strong><br />
nuclei instabili con vite me<strong>di</strong>e sino a 10 -18 sec 1 .<br />
Figura 5.1 Grafici bi<strong>di</strong>mensionali <strong>di</strong> identificazione, ∆E-ToF a sinistra e ∆E-E a destra, che mostrano la<br />
prima osservazione del nucleo doppiamente magico 48 Ni [BLA00]: scoperta realizzata a GANIL in un<br />
esperimento che utilizzava la facility SISSI/LISE3.<br />
5.1.2 Evoluzione della struttura a shell<br />
L’applicazione del modello a shell <strong>ad</strong> un sistema a molti corpi quale il nucleo,<br />
rappresenta uno dei maggiori successi della fisica nucleare. Secondo tale modello, i nucleoni<br />
sono tenuti insieme da un campo me<strong>di</strong>o, generato dalle interaz<strong>ioni</strong> me<strong>di</strong>e nucleone-nucleone.<br />
Il nucleo si può, così, descrivere come una buca <strong>di</strong> potenziale, occupata dai nucleoni<br />
sod<strong>di</strong>sfacenti il principio <strong>di</strong> esclusione Pauli. Tale potenziale contiene un termine centrale VC,<br />
che segue l’andamento della densità nucleare, un termine <strong>di</strong> accoppiamento spin-orbita VLS,<br />
ed uno <strong>di</strong> pairing VP, che esprime la tendenza dei nucleoni <strong>ad</strong> accoppiarsi in coppie <strong>di</strong> spin<br />
opposto:<br />
V ( r)<br />
= V ( r)<br />
+ V + V<br />
(5.1)<br />
1 Alcuni <strong>di</strong> questi nuclei, come 7,9,10 He, 10 Li, 13 Be, 11 N, 12 O, sono già stati stu<strong>di</strong>ati.<br />
C<br />
111<br />
LS<br />
P
Capitolo 5. Prospettive<br />
La migliore evidenza sperimentale a sostegno del modello a shell è l’esistenza dei<br />
cosiddetti “numeri magici”, ossia <strong>di</strong> alcuni numeri <strong>di</strong> protoni e <strong>di</strong> neutroni (2, 8, 20, 28, 50,<br />
82, 126), corrispondenti alle chiusure <strong>di</strong> shell, per i quali i nuclei mostrano proprietà peculiari,<br />
come, per esempio, una maggiore energia <strong>di</strong> legame (fig. 5.2), sez<strong>ioni</strong> d’urto <strong>di</strong> assorbimento<br />
più piccole e configuraz<strong>ioni</strong> a simmetria sferica. Tuttavia, è stata osservata un’attenuazione in<br />
queste proprietà per nuclei molto instabili ed, inoltre, in<strong>di</strong>zi della scomparsa <strong>di</strong> alcuni numeri<br />
magici e della comparsa <strong>di</strong> nuovi. È, pertanto, interessante indagare sull’evoluzione della<br />
struttura a shell in prossimità delle drip-lines e valutare meglio la <strong>di</strong>pendenza dall’isospin dei<br />
vari termini del potenziale <strong>di</strong> modello a shell (5.1).<br />
Figura 5.2 Energia <strong>di</strong> legame dell’ultimo neutrone in funzione <strong>di</strong> N.<br />
Per stu<strong>di</strong>are le proprietà del modello a shell nei nuclei esotici occorre stu<strong>di</strong>are gli<br />
orbitali <strong>di</strong> particella singola. A tal fine, si possono utilizzare le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> stripping (pick-up),<br />
in cui un singolo nucleone dal livello più esterno viene sottratto (aggiunto) al nucleo da<br />
stu<strong>di</strong>are. Un’altra possibile tecnica, consiste nello stu<strong>di</strong>o dei livelli eccitati <strong>di</strong> particella<br />
singola, prodotti per eccitazione coulombiana, attraverso l’osservazione dei fotoni emessi<br />
nella transizione allo stato fondamentale. In figura 5.3 (a e b) è mostrato un esempio <strong>di</strong> tale<br />
112
Capitolo 5. Prospettive<br />
stu<strong>di</strong>o per un nucleo stabile e nella tabella 5.1 gli esperimenti già condotti con <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
Figura 5.3a Schema dell’apparato sperimentale<br />
necessario per condurre esperimenti <strong>di</strong> eccitazione<br />
coulombiana del proiettile. I rivelatori per la<br />
ricostruzione della traiettoria e il rivelatore delle<br />
particelle del <strong>fasci</strong>o assicurano che l’angolo <strong>di</strong><br />
scattering sia piccolo, e identificano con certezza la<br />
particella dopo l’interazione con il bersaglio<br />
38 S<br />
40 S<br />
Figura 5.3b Spettro dei fotoni per la reazione<br />
197Au( 40 S, 40 S*) a 39.5AMeV [SCH99]. Nel<br />
riqu<strong>ad</strong>ro superiore lo spettro nel sistema <strong>di</strong><br />
riferimento del laboratorio: la transizione <strong>di</strong><br />
547keV del bersaglio eccitato è visibile come un<br />
picco netto (in verde). Nel pannello in basso, è<br />
evidenziato in rosso il picco corrispondente alla<br />
transizione <strong>di</strong> 891keV del proiettile, più netto<br />
dopo la correzione per l’effetto Doppler.<br />
Fascio<br />
Energia(AMeV) 39.2 39.5 40.6 33.5 35.2<br />
Intensità(sec -1 ) 5·10 4<br />
1.7·10 4<br />
1.8·10 4<br />
5·10 4<br />
Bersaglio<br />
(mg/cm 2 )<br />
184 184 184 93 93<br />
σ(E2;gs→2 + )(mb) 59 94 128 81 53<br />
42 S<br />
44 Ar<br />
46 Ar<br />
2.7·10 4<br />
Tabella 5.1 Tabella riassuntiva delle caratteristiche salienti <strong>di</strong> alcuni esperimenti <strong>di</strong> eccitazione<br />
coulombiana <strong>di</strong> proiettili ra<strong>di</strong>oattivi, già condotti presso il NSCL-MSU.<br />
113
Capitolo 5. Prospettive<br />
Reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica (fig.5.4), nelle quali viene sostituito un protone con un<br />
neutrone, o viceversa, costituiscono un altro strumento <strong>di</strong> indagine, consentendo, tra l’altro, <strong>di</strong><br />
realizzare stu<strong>di</strong> spettroscopici su nuclei esotici, in particolare all’approssimarsi delle drip-<br />
lines.<br />
Figura 5.4 Due possibili reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica per nuclei leggeri. A destra, rappresentazione<br />
schematica della reazione <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> carica 9 Be( 9 Be, 8 B) 10 Li.<br />
5.1.3 Strutture nucleari nuove<br />
Le ricerche finora condotte con <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei ra<strong>di</strong>oattivi, hanno permesso <strong>di</strong><br />
raggiungere la drip-line dei neutroni solo nel caso <strong>di</strong> nuclei leggeri. In prossimità della drip-<br />
line è stato osservato, per la prima volta, il fenomeno dell’alone nucleare (halo nuclei), in<br />
seguito osservato anche in nuclei leggeri vicini alla drip-line dei protoni [NAV98]. La figura<br />
5.5 mostra tutti i nuclei con alone sino <strong>ad</strong> oggi scoperti, mentre la figura 5.6 mette a confronto<br />
le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> due nuclei con alone con le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> un nucleo pesante.<br />
I risultati sperimentali trovati per questo tipo <strong>di</strong> nuclei, sono coerenti con una nuova<br />
forma <strong>di</strong> struttura nucleare: la clusterizzazione del nucleo in un core or<strong>di</strong>nario ed alcuni 2<br />
nucleoni debolmente legati, che formano una materia nucleare altamente <strong>di</strong>luita. Le <strong>energie</strong> <strong>di</strong><br />
2 Sono stati osservati aloni <strong>di</strong> 1, 2 e 4 neutroni (fig. 5.5)<br />
114
Capitolo 5. Prospettive<br />
legame <strong>di</strong> questi nucleoni sono così basse da rendere importante il contributo dell’interazione<br />
residua, altrimenti descrivibile, nei nuclei stabili, come una perturbazione del campo me<strong>di</strong>o<br />
formato collettivamente da tutti i nucleoni .<br />
Figura 5.5 I nuclei con alone sinora noti.<br />
Figura 5.6 Rappresentazione pittorica <strong>di</strong> due nuclei con alone <strong>di</strong> neutrone e confronto delle<br />
rispettive <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> con quelle <strong>di</strong> un nucleo pesante stabile.<br />
Uno dei primi nuclei a mostrare evidenze sperimentali <strong>di</strong> alone è stato il 11 Li<br />
[TAN85]: esso è descrivibile come un sistema a tre corpi, un core costituito da un nucleo <strong>di</strong><br />
9 Li e due neutroni. Il 11 Li è un esempio fisico <strong>di</strong> sistema borromeano, ossia costituito da tre<br />
parti legate insieme, ma non a due a due (fig. 5.6): non esistono, infatti, né il 10 Li né uno stato<br />
115
Capitolo 5. Prospettive<br />
legato <strong>di</strong> due neutroni e, pertanto, è evidente che l’interazione <strong>di</strong> pairing è determinante nel<br />
rendere stabile questo sistema.<br />
La prima evidenza sperimentale dell’esistenza <strong>di</strong> un sistema con alone fu ricavata dalla<br />
misura delle <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> nucleari [TAN85]. Tali stu<strong>di</strong> possono essere condotti me<strong>di</strong>ante la<br />
misura della sezione d’urto totale <strong>di</strong> reazione <strong>di</strong> tale nucleo, in quanto, <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> non troppo<br />
elevate, essa coincide, in buona approssimazione, con la sezione d’urto geometrica σg,,<br />
ovvero:<br />
σtot ≈ σg =π(RP+RT) 2 (5.2)<br />
dove RP ed RT sono, rispettivamente, i raggi del nucleo proiettile e del nucleo bersaglio. La<br />
misura della sezione d’urto totale si effettua misurando quanta parte delle particelle incidenti<br />
attraversano il bersaglio senza interagire.<br />
Figura 5.7 Distribuzione dell’impulso trasverso <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> 9 Li nella reazione 11 Li+C. La linea<br />
continua e quella tratteggiata rappresentano i fit con <strong>di</strong>stribuz<strong>ioni</strong> gaussiane <strong>di</strong> ampiezza <strong>di</strong>versa. La<br />
componente più piccata è un in<strong>di</strong>zio dell’esistenza dell’alone nucleare.<br />
Un’ulteriore conferma dell’esistenza <strong>di</strong> un alone si trova nella <strong>di</strong>stribuzione in<br />
momento dei nucleoni che lo costituiscono [KOB88], che, per <strong>di</strong>retta conseguenza del<br />
principio <strong>di</strong> indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg, deve presentarsi molto più piccata <strong>di</strong> quella dei<br />
nucleoni del core nel caso in cui siano <strong>di</strong>stribuiti su <strong>di</strong> una regione spaziale più estesa (fig.<br />
116
117<br />
Capitolo 5. Prospettive<br />
5.7). Si può pervenire a tale <strong>di</strong>stribuzione analizzando i prodotti del break-up del nucleo<br />
esotico in stu<strong>di</strong>o, reazione indotta, <strong>ad</strong> esempio, in un bersaglio con elevato numero atomico,<br />
così che la forte interazione coulombiana agisca solo sul core, separandolo dall’alone neutro.<br />
L’esistenza <strong>di</strong> un alone “soffice” consente, inoltre, <strong>di</strong> avere oscillaz<strong>ioni</strong> giganti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>polo (GDR) <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> più basse <strong>di</strong> quelle caratteristiche <strong>di</strong> un nucleo normale.<br />
Esaminando, dunque, lo spettro delle GDR in funzione dell’energia si osservano due picchi,<br />
uno relativo al moto dell’alone rispetto al core a più bassa energia ed uno legato alle<br />
oscillaz<strong>ioni</strong> del solo core <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> più elevate.<br />
Il nucleo più pesante, per il quale sia stata accertata la presenza <strong>di</strong> un alone <strong>di</strong><br />
neutrone, è il 19 C (fig. 5.6), ma si cerca <strong>di</strong> trovare anche altri sistemi con alone nucleare, per<br />
meglio comprendere la sistematica <strong>di</strong> questo fenomeno.<br />
Inoltre, la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> <strong>di</strong> nuclei con alone <strong>di</strong> neutroni migliorerebbe le rese <strong>di</strong><br />
produzione <strong>di</strong> nuclei ricchi <strong>di</strong> neutroni per trasferimento multiplo <strong>di</strong> neutroni. Tale reazione,<br />
infatti, ha sez<strong>ioni</strong> d’urto basse, che crescono al <strong>di</strong>minuire dell’energia <strong>di</strong> legame dei neutroni<br />
del proiettile.<br />
Stu<strong>di</strong>ando la drip line dei protoni, sono stati osservati anche aloni <strong>di</strong> protoni (il 8 B<br />
nello stato fondamentale, per esempio) per i quali un ruolo determinante è svolto<br />
dall’interazione coulombiana, che ha il duplice effetto <strong>di</strong> ridurre l’energia <strong>di</strong> legame<br />
ostacolando contemporaneamente l’emissione <strong>di</strong> protoni.<br />
ρ(r) ρ(r)<br />
r<br />
Figure 5.8 Densità <strong>di</strong> neutroni e <strong>di</strong> protoni in funzione della <strong>di</strong>stanza dal centro del nucleo,<br />
rappresentate, rispettivamente, con una linea continua ed una tratteggiata. A sinistra in presenza della<br />
pelle <strong>di</strong> neutroni, a destra in assenza.<br />
Oltre agli aloni nucleari, è stata osservata anche un’altra nuova struttura nucleare: la<br />
“pelle <strong>di</strong> neutroni” (neutron skin). In nuclei pesanti ricchi <strong>di</strong> neutroni, in prossimità della<br />
r
Capitolo 5. Prospettive<br />
superficie nucleare, la densità dei protoni va a zero prima <strong>di</strong> quella dei neutroni (fig. 5.8), e,<br />
pertanto, si forma una sorta <strong>di</strong> “pelle” <strong>di</strong> neutroni attorno <strong>ad</strong> un core simmetrico (un esempio<br />
<strong>di</strong> tali nuclei è lo 132 Sn). A <strong>di</strong>fferenza dei nuclei con alone <strong>di</strong> neutrone, in questo caso, i<br />
nucleoni esterni sono sempre ben legati e, pertanto, il fenomeno <strong>di</strong> neutron skin è ancora<br />
riconducibile <strong>ad</strong> effetti <strong>di</strong> campo me<strong>di</strong>o.<br />
Muovendosi verso la drip line dei neutroni, l’energia <strong>di</strong> legame <strong>di</strong>minuisce ed<br />
aumentano le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> della <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> densità dei neutroni, mentre quella dei protoni<br />
rimane, pressoché, costante: la neutron skin costituisce un esempio <strong>di</strong> materia neutronica,<br />
simile a quella che si pensa esista nelle stelle <strong>di</strong> neutroni (fig. 5.9).<br />
Figura 5.9 Un’ immagine nella banda X dello spettro dei resti della supernova Puppis A. In basso a<br />
destra l’ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> una debole sorgente <strong>di</strong> raggi X, molto probabilmente una stella <strong>di</strong><br />
neutroni <strong>di</strong> recente formazione.<br />
5.2 Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> astrofisica nucleare<br />
Uno degli obiettivi dell’astrofisica nucleare è la comprensione dei meccanismi <strong>di</strong><br />
produzione <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> nucleosintesi che si svolgono nei siti cosmici e stellari (fig. 5.10).<br />
Questi processi sono, tuttora, in corso, <strong>ad</strong> esempio, nelle esplos<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> novae e supernoavae.<br />
In tali eventi cosmici, la velocità con cui si susseguono le reaz<strong>ioni</strong> nucleari può essere<br />
estremamente elevata, tanto da convertire, in pochi secon<strong>di</strong>, una quantità <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> nuclei<br />
118
Capitolo 5. Prospettive<br />
leggeri pari a quella del nostro sole in elementi pesanti. I nuclei coinvolti in queste reaz<strong>ioni</strong><br />
sono moltissimi e spaziano dalla valle <strong>di</strong> stabilità sino ai confini della carta nucleare. È<br />
necessario, pertanto, <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi per riprodurre e comprendere tali reaz<strong>ioni</strong>.<br />
Figura 5.10 Ruolo delle varie fasi della vita stellare nella sintesi degli elementi.<br />
A ciascun evento cosmico è associata una regione <strong>di</strong> nuclei nel piano (N,Z): la<br />
nucleosintesi del Big-Bang, <strong>ad</strong> esempio, riguarda solo i nuclei più leggeri, mentre la<br />
combustione esplosiva dell’idrogeno (processi-rp), coinvolge i nuclei vicino alla drip-line dei<br />
protoni.<br />
Secondo il modello più accre<strong>di</strong>tato, l’universo ebbe origine circa 15 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa<br />
nel Big-Bang dall’esplosione <strong>di</strong> un aggregato <strong>di</strong> materia a densità e temperatura oltremodo<br />
119
Capitolo 5. Prospettive<br />
elevate. Nei primissimi istanti si ebbe la predominanza della materia sull’anti-materia. Dopo<br />
circa un microsecondo il plasma <strong>di</strong> quark e gluoni si condensò nei nucleoni e negli altri<br />
bar<strong>ioni</strong>. Nei successivi 10 secon<strong>di</strong> l’universo si raffreddò <strong>ad</strong> un punto tale da permettere la<br />
sintesi dei nuclei più leggeri, tra cui 2 H, 3 He, 4 He, 7 Li. L’abbondanza attuale <strong>di</strong> questi<br />
elementi ha permesso <strong>di</strong> stimare la densità bar<strong>ioni</strong>ca dell’universo primor<strong>di</strong>ale. Tuttavia,<br />
l’abbondanza <strong>di</strong> altri elementi, come berillio e boro, non è spiegata dal modello standard del<br />
Big-Bang, basato sull’ipotesi <strong>di</strong> un universo omogeneo ed isotropo. Si suppone, pertanto, che<br />
la nucleosintesi primor<strong>di</strong>ale possa essere stata mo<strong>di</strong>ficata dalla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>somogeneità<br />
nella densità dell’universo nei suoi istanti iniziali. Tale <strong>di</strong>somogeneità in<strong>di</strong>cherebbe che la<br />
presunta transizione <strong>di</strong> fase dal quark-gluon plasma alla materia <strong>ad</strong>ronica sia del primo or<strong>di</strong>ne.<br />
Le reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> nucleosintesi, in questo scenario alternativo, coinvolgerebbero anche nuclei a<br />
vita breve, tra i quali, il più importante è il 8 Li. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> reaz<strong>ioni</strong> con <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi, tra<br />
cui, <strong>ad</strong> esempio, la 8 Li(α,n) 11 B che si pensa si trovi sul percorso principale che porta alla<br />
sintesi degli elementi più pesanti del 11 B, potrebbe chiarire l’origine <strong>di</strong> tali abbondanze<br />
anomale.<br />
Uno dei processi responsabili della nucleosintesi stellare è il processo rp, ovvero <strong>di</strong><br />
cattura rapida <strong>di</strong> protoni. In tale processo da un nucleo <strong>di</strong> partenza vengono catturati in<br />
successione protoni sino a quando viene sintetizzato un nucleo che dec<strong>ad</strong>e β + con un tempo<br />
più breve <strong>di</strong> quello tipico del processo <strong>di</strong> cattura nucleonica. Si ottiene così un nuovo nucleo,<br />
più stabile, dal quale riparte la sequenza verso la drip line dei protoni.<br />
Come si vede in figura 5.11, il percorso seguito è <strong>di</strong>verso al variare della temperatura<br />
mantenendosi, tuttavia, sempre vicino alla drip-line dei protoni. Questo è uno dei motivi per<br />
cui è importante conoscere le proprietà dei nuclei in questa regione ed, in particolare, la<br />
sezione d’urto <strong>di</strong> cattura <strong>di</strong> protone e la loro vita me<strong>di</strong>a rispetto al deca<strong>di</strong>mento beta.<br />
Quando una stella massiccia collassa ed il suo core si converte in materia neutronica,<br />
viene prodotto un intenso flusso <strong>di</strong> neutrini, che, interagendo con gli strati più esterni della<br />
stella, <strong>di</strong>sintegra molte specie <strong>di</strong> nuclei, riducendole in H ed He. Al termine <strong>di</strong> tale processo,<br />
H ed He si ricombinano sino a produrre nuclei <strong>di</strong> massa atomica sino a 80. È stato ipotizzato<br />
120
Capitolo 5. Prospettive<br />
che queste reaz<strong>ioni</strong> coinvolgano nuclei con vite me<strong>di</strong>e molto brevi, che pertanto possono<br />
essere stu<strong>di</strong>ate con <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi.<br />
Z<br />
N<br />
Temperatura<br />
14 O 0.12-0.16 GK<br />
15 O 0.17-0.20 GK<br />
24 Si 0.3-1.0 GK<br />
34 Ar 1.0-1.2 GK<br />
56 Ni 1.3-2.0 GK<br />
Figura 5.11 Alcuni percorsi seguiti dai processi rp nel piano (N,Z), in relazione alla temperatura.<br />
Infine, un ulteriore campo <strong>di</strong> indagine scientifica, resa possibile dall’utilizzo <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi, riguarda lo stu<strong>di</strong>o della <strong>di</strong>pendenza dall’isospin dell’equazione <strong>di</strong> stato EOS della<br />
materia nucleare. Esso riveste un ruolo <strong>di</strong> fondamentale importanza per la comprensione <strong>di</strong><br />
una vasta categoria <strong>di</strong> fenomeni astrofisici, tra cui le stelle <strong>di</strong> neutroni, il cui equilibrio statico<br />
è governato dal bilancio tra una pressione negativa fornita dall’attrazione gravitazionale ed<br />
una positiva, a cui contribuisce anche il gr<strong>ad</strong>o <strong>di</strong> incompressibilità della materia nucleare.<br />
121
Capitolo 5. Prospettive<br />
5.3 Le prospettive dell’impiego <strong>di</strong> <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi ai LNS<br />
I <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi che possono essere prodotti con il fragment separator da reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong><br />
frammentazione del proiettile come riportato in questo lavoro <strong>di</strong> tesi, sono <strong>di</strong> <strong>energie</strong><br />
interme<strong>di</strong>e (fig. 5.12).<br />
Figura<br />
5.12 Grafico delle <strong>energie</strong> e del numero atomico dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi prodotti dagli<br />
apparati<br />
esistenti e da quelli <strong>di</strong> futura costruzione. Sono in<strong>di</strong>cate la barriera coulombiana e<br />
l’ energia necessaria affinché il 90% dei nuclei ra<strong>di</strong>oattivi esca totalmente <strong>ioni</strong>zzato dal<br />
bersaglio <strong>di</strong> produzione (bare nuclei).<br />
Il limite superiore è fissato dall’energia del <strong>fasci</strong>o primario e, pertanto, è legato alle<br />
caratteristiche dell’acceleratore usato (il CS): le <strong>energie</strong> massime raggiungibili vanno da circa<br />
122
Capitolo 5. Prospettive<br />
100AMeV, per gli <strong>ioni</strong> leggeri, a circa 40AMeV per gli <strong>ioni</strong> più pesanti (fig. 5.13). Per<br />
ottenere dei <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi <strong>di</strong> <strong>energie</strong> minori, piuttosto che <strong>di</strong>minuire l’energia del <strong>fasci</strong>o<br />
primario, riducendo la resa dei prodotti perché <strong>di</strong>minuisce sia la sezione d’urto <strong>di</strong><br />
frammentazione che la focalizzazione in avanti dei prodotti, è preferibile interporre dei<br />
degr<strong>ad</strong>er <strong>di</strong> spessore opportuno.<br />
E max(AMeV)<br />
Limite attuale<br />
Limite teorico<br />
Figura 5.13 Energia massima <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o che il ciclotrone CS può fornire in funzione della massa A<br />
dello ione accelerato: in rosso il valore teorico ed in arancione quello attuale. I punti blu<br />
corrispondono ai <strong>fasci</strong> effettivamente forniti nel periodo 1995-2000, quelli in rosso corrispondono<br />
all’anno 2001.<br />
Le prospettive derivanti dall’impiego <strong>di</strong> tale apparato presso i Laboratori Nazionali del<br />
Sud sono molteplici: la tabella 5.2 illustra alcuni tra i possibili esperimenti che possono essere<br />
eseguiti, con particolare riferimento alla problematica scientifica <strong>ad</strong> essi connessa. Quale tipo<br />
<strong>di</strong> esperimenti possano essere condotti <strong>di</strong>pende strettamente dall’intensità del <strong>fasci</strong>o<br />
ra<strong>di</strong>oattivo ottenuto (fig 5.14), in quanto quest’ultimo determina il tempo necessario per una<br />
statistica sufficiente per lo stu<strong>di</strong>o in questione, in un tempo ragionevole (fig.5.15).<br />
123<br />
A
METODO<br />
Rivelazione ed<br />
identificazione<br />
Tempi <strong>di</strong> vita rispetto al<br />
deca<strong>di</strong>mento β<br />
INTENSITÀ MINIMA<br />
(part/sec)<br />
10 -5<br />
10 -3<br />
Misure <strong>di</strong> massa 10 -2<br />
Sezione d’urto <strong>di</strong><br />
interazione<br />
Eccitazione coulombiana<br />
(0 + →2 + )<br />
10 -2<br />
1<br />
Capitolo 5. Prospettive<br />
FISICA<br />
Limiti <strong>di</strong> esistenza dei<br />
nuclei<br />
Deformaz<strong>ioni</strong> nucleari e<br />
processo rp<br />
Determinazione<br />
dell’energia <strong>di</strong> legame<br />
B(N,Z) e nucleosintesi<br />
esplosiva<br />
Dimens<strong>ioni</strong> nucleari<br />
Evoluzione del modello a<br />
shell e processo r<br />
Scattering elastico 10 +3 Distribuzione della<br />
densità nei nuclei<br />
Scattering inelastico 10 +3 Struttura nucleare e<br />
processo rp<br />
Reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> stripping 10 +4 Proprietà nucleari oltre le<br />
drip line.<br />
Reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> break-up 10 +5 Aloni, modelli a cluster e<br />
fattori spettroscopici<br />
Collis<strong>ioni</strong> tra <strong>ioni</strong> pesanti 10 +5 Compressibilità nucleare<br />
ed EOS<br />
Oscillaz<strong>ioni</strong> giganti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>polo (GDR)<br />
10 +6<br />
Dimens<strong>ioni</strong> e forma<br />
nucleari<br />
Tabella 5.2 Prospettive <strong>di</strong> ricerca che si possono condurre utilizzando <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi prodotti<br />
dal fragment separator presso i LNS elencati secondo l’intensità minima necessaria. Tale<br />
grandezza tiene conto della sezione d’urto attesa per i vari processi, <strong>di</strong> spessori <strong>di</strong> bersaglio<br />
secondario compatibili con la misura da effettuare e <strong>di</strong> tempi <strong>di</strong> misura “ragionevoli”.<br />
124
Capitolo 5. Prospettive<br />
Production<br />
target<br />
Figura 5.14 Numero <strong>di</strong> eventi <strong>di</strong> reazione, indotte da 40 Cl su un bersaglio <strong>di</strong> massa A=50 e <strong>di</strong><br />
spessore t=5mg/cm 2 , assumendo per il processo stu<strong>di</strong>ato una sezione d’urto <strong>di</strong> 1barn, al variare della<br />
corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario ( 40 Ar a 40AMeV) e dello spessore del bersaglio <strong>di</strong> produzione ( 9 Be).<br />
Figura 5.15 Tempo <strong>di</strong> attesa per 1 evento, nelle stesse con<strong>di</strong>z<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> figura 5.14 al variare della<br />
sezione d’urto del processo.<br />
125
Capitolo 5. Prospettive<br />
Un fattore 1000 <strong>di</strong> gu<strong>ad</strong>agno sulle rese misurate, ottenute con un’intensità <strong>di</strong> corrente<br />
del <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> 100pA, può essere ottenuto aumentando l’intensità <strong>di</strong> corrente sino a<br />
100enA 1 . Un ulteriore incremento <strong>di</strong> un fattore 10 può derivare dall’installazione dei nuovi<br />
qu<strong>ad</strong>rupoli (par 3.3), che aumenteranno l’accettanza complessiva del <strong>di</strong>spositivo. Pertanto,<br />
con 100enA <strong>di</strong> corrente <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o primario ed i nuovi qu<strong>ad</strong>rupoli, si prevedono rese comprese<br />
tra 10 5 e 10 6 <strong>ioni</strong>/sec. Ciò corrisponde, con una frequenza <strong>di</strong> RF compresa tra 15 e 50MHz, a<br />
meno <strong>di</strong> uno ione ra<strong>di</strong>oattivo ogni 10 burst del CS.<br />
Il sistema <strong>di</strong> etichettatura degli <strong>ioni</strong>, evento per evento, pone, tuttavia, un limite<br />
tecnico alle intensità massime <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o ra<strong>di</strong>oattivo tollerabili. Utilizzando per<br />
l’identificazione un solo rivelatore, <strong>ad</strong> esempio, sorgono problemi dovuti alla sovrapposizione<br />
<strong>di</strong> segnali corrispondenti <strong>ad</strong> eventi temporalmente vicini (pile-up). Questo problema può<br />
essere superato impiegando un rivelatore segmentato, in modo da ridurre la frequenza <strong>di</strong><br />
conteggi su ogni singolo elemento del rivelatore 3 . Tale rivelatore potrebbe, inoltre, essere<br />
posizionato in corrispondenza <strong>di</strong> un settore della linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o in cui l’ottica magnetica<br />
allarga le <strong>di</strong>mens<strong>ioni</strong> del <strong>fasci</strong>o, in modo tale da poter usare rivelatori più gran<strong>di</strong> e quin<strong>di</strong> più<br />
semplici da realizzare e soggetti <strong>ad</strong> una densità <strong>di</strong> <strong>ioni</strong> minore. Un rivelatore segmentato ha,<br />
inoltre, il vantaggio <strong>di</strong> fornire un’informazione sulla posizione dello ione rivelato. Tale<br />
informazione risulta particolarmente utile qualora il rivelatore sia posto in prossimità del<br />
bersaglio secondario, perché permette <strong>di</strong> determinare il punto in cui lo ione ra<strong>di</strong>oattivo<br />
interagisce, consentendo, pertanto, una migliore ricostruzione dell’angolo a cui sono rivelati i<br />
prodotti reazione.<br />
In ogni caso, l’identificazione non è possibile quando viene prodotto più <strong>di</strong> uno ione<br />
ra<strong>di</strong>oattivo per burst. Infatti, se si realizzasse questa con<strong>di</strong>zione, gli <strong>ioni</strong>, sebbene identificati,<br />
sarebbero troppo vicini temporalmente per poter stabilire quale abbia generato la reazione <strong>di</strong><br />
interesse. Questo pone un limite superiore <strong>di</strong> circa 10 6 <strong>ioni</strong>/sec alle intensità <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />
secondario raggiungibili con l’intero apparato.<br />
1<br />
È in corso un progetto <strong>di</strong> sviluppo del CS che ha come obiettivo il raggiungimento <strong>di</strong> correnti dell’or<strong>di</strong>ne del<br />
µA.<br />
3<br />
Un singolo elemento <strong>di</strong> un rivelatore segmentato 16x16 riceverebbe un’intensità circa 200 volte minore<br />
dell’intensità complessiva.<br />
126
6. CONCLUSIONI<br />
Capitolo 6. Conclus<strong>ioni</strong><br />
Nel presente lavoro <strong>di</strong> tesi è stata stu<strong>di</strong>ata la possibilità <strong>di</strong> produrre, presso i Laboratori<br />
Nazionali del Sud <strong>di</strong> Catania, <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi ottenuti da reaz<strong>ioni</strong> <strong>di</strong> frammentazione del<br />
proiettile <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e. Sono state, in particolare, stu<strong>di</strong>ate le reaz<strong>ioni</strong> 12 C+ 9 Be a 62<br />
AMeV, 40 Ar+ 9 Be ed 58 Ni+ 27 Al a 40 AMeV.<br />
Due sistemi <strong>di</strong> rivelazione (cap. 3), uno nel fuoco finale del fragment separator ed uno<br />
all’ingresso della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope, entrambi costituiti da un PPAC, un rivelatore<br />
al Si <strong>di</strong> 300µm ed uno scintillatore, hanno fornito, rispettivamente, la posizione x-y, la per<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> energia ∆E e l’energia residua Eres <strong>di</strong> ogni frammento. Il rivelatore al Si è stato <strong>ad</strong>operato,<br />
anche, per fornire una misura <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> volo in combinazione con il segnale <strong>di</strong><br />
ra<strong>di</strong>ofrequenza del Ciclotrone Superconduttore.<br />
In tal modo, correlando le informaz<strong>ioni</strong> provenienti dai <strong>di</strong>versi rivelatori, è stato<br />
possibile confrontare i risultati ottenuti tramite le due tecniche <strong>di</strong> identificazione usate: ∆E – E<br />
e ∆E – ToF<br />
Al fine <strong>di</strong> utilizzare i frammenti così prodotti quali <strong>fasci</strong> secondari per successivi<br />
esperimenti, si rende necessario etichettare, evento per evento, gli <strong>ioni</strong> prodotti, senza alterare<br />
in maniera significativa le loro proprietà. Per tal motivo, l’identificazione effettuata me<strong>di</strong>ante<br />
la tecnica ∆E – ToF risulta la sola possibile, inoltre, la presenza <strong>di</strong> un solo rivelatore, (e,<br />
pertanto, <strong>di</strong> un solo strato <strong>di</strong> materia) produce, nei frammenti del <strong>fasci</strong>o, straggling energetici<br />
ed angolari molto piccoli.<br />
Le reg<strong>ioni</strong> nelle matrici sperimentali ∆E – ToF associate a ciascun isotopo, sono state<br />
confrontate con quelle fornite dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE (par. 4.2), configurato in<br />
maniera da simulare la produzione <strong>di</strong> <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi tramite il fragment separator utilizzato,<br />
ottenendo un buon accordo. Una volta identificati i prodotti <strong>di</strong> reazione del <strong>fasci</strong>o secondario,<br />
è stato possibile misurarne le rese <strong>di</strong> produzione (paragrafo 4.3). Le rese misurate degli <strong>ioni</strong><br />
per i quali è stato ottimizzato il fragment separator variano tra 10 e 300 <strong>ioni</strong>/sec, con<br />
un’intensità <strong>di</strong> corrente del <strong>fasci</strong>o primario <strong>di</strong> circa 100epA, in buon accordo con quelle<br />
127
Capitolo 6. Conclus<strong>ioni</strong><br />
stimate dalla simulazione. Tali rese aumenterebbero a 10 4 - 3٠10 6 con correnti <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o<br />
primario <strong>di</strong> circa 100enA e con l’installazione dei nuovi qu<strong>ad</strong>rupoli, <strong>di</strong> maggiore accettanza,<br />
nel fragment separator.<br />
Per verificare la possibilità <strong>di</strong> eseguire esperimenti con i <strong>fasci</strong> ra<strong>di</strong>oattivi in tal modo<br />
prodotti ed identificati, è necessario avere una stima del fattore <strong>di</strong> trasmissione <strong>di</strong> tali<br />
frammenti ra<strong>di</strong>oattivi lungo le linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o sino alle sale sperimentali. A tal fine, sono state<br />
confrontate le rese misurate nel fuoco finale del fragment separator con quelle misurate<br />
all’ingresso della camera <strong>di</strong> scattering Ciclope. Il fattore <strong>di</strong> trasmissione così ottenuto varia tra<br />
il 40% ed il 90% al variare dell’isotopo considerato.<br />
La misura dell’energia residua e della posizione x-y misurate tramite gli scintillatori<br />
ed i PPAC, oltre a confermare le previs<strong>ioni</strong> del programma <strong>di</strong> simulazione, <strong>di</strong>mostrano la<br />
possibilità <strong>di</strong> caratterizzare sia l’energia incidente che la posizione (e quin<strong>di</strong> in <strong>di</strong>rezione,<br />
tramite due o più rivelatori <strong>di</strong> posizione) dello ione del <strong>fasci</strong>o secondario.<br />
L’ottima identificazione, evento per evento, degli <strong>ioni</strong> ra<strong>di</strong>oattivi così prodotti, le<br />
elevate rese <strong>di</strong> produzione ottenute e la buona trasmissione del <strong>fasci</strong>o secondario attraverso la<br />
linea <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o, mostrano la possibilità <strong>di</strong> usare tali <strong>ioni</strong> per stu<strong>di</strong> successivi con <strong>fasci</strong><br />
ra<strong>di</strong>oattivi <strong>ad</strong> <strong>energie</strong> interme<strong>di</strong>e, senza la necessità <strong>di</strong> apportare mo<strong>di</strong>fiche sostanziali<br />
all’acceleratore ed alle attuali linee <strong>di</strong> <strong>fasci</strong>o dei LNS.<br />
128
APPENDICE A<br />
In questa appen<strong>di</strong>ce sono riportati i parametri caratteristici delle varie configuraz<strong>ioni</strong><br />
del fragment separator al variare dello spessore del degr<strong>ad</strong>er. In particolare, sono elencati i<br />
valori delle accettanze e delle matrici <strong>di</strong> trasporto (M1 ed M2) (equazione 3.4 cap.3)<br />
dell’ottica magnetica dei due settori, rispettivamente dal bersaglio al fuoco interme<strong>di</strong>o (dove<br />
può essere posizionato il degr<strong>ad</strong>er) e da questo al fuoco finale.<br />
Le caratteristiche comuni sia alla configurazione utilizzata per le reaz<strong>ioni</strong> riportate in<br />
questo lavoro <strong>di</strong> tesi, che a quella progettata, che prevede l’installazione dei nuovi qu<strong>ad</strong>rupoli<br />
(par.3.3), sono la <strong>di</strong>stanza L1 tra il bersaglio <strong>di</strong> produzione ed il fuoco interme<strong>di</strong>o e quella L2<br />
tra quest’ultimo ed il fuoco finale:<br />
L1 = 9.92 m<br />
L2 = 8.21 m<br />
Pertanto, la <strong>di</strong>stanza complessiva tra il bersaglio ed il fuoco finale è Ltot = 18.13 m.<br />
1.Configurazione utilizzata del Fragment<br />
Separator<br />
Le accettanze del primo settore, in<strong>di</strong>pendenti dallo spessore del degr<strong>ad</strong>er, sono:<br />
In particolare:<br />
a) in angolo θ1 = ± 22 mr<strong>ad</strong> φ1 = ± 13 mr<strong>ad</strong><br />
b) in impulso dp/p2 = ±0.65 %<br />
1.1 Configurazione senza degr<strong>ad</strong>er<br />
Questa configurazione coincide, in particolare, con quella <strong>ad</strong>ottata nel corso delle<br />
misure oggetto del presente lavoro <strong>di</strong> tesi.<br />
finale, sono:<br />
In tal caso le accettanze del secondo settore, ovvero dal fuoco interme<strong>di</strong>o al fuoco<br />
129
a) θ 2 = ± 7 mr<strong>ad</strong>, φ2 = ±13 mr<strong>ad</strong><br />
b) in impulso dp/p2 = ±0.65 %<br />
e le matrici <strong>di</strong> trasporto corrispondenti <strong>ad</strong> entrambi i settori sono:<br />
M1<br />
M2<br />
-3.76572 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 3.77195<br />
9.63853 -0.26555 0.00000 0.00000 0.00000 7.21798<br />
0.00000 0.00000 1.23331 0.00000 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 12.01569 0.81083 0.00000 0.00000<br />
-0.91752 0.10017 0.00000 0.00000 1.00000 -0.2114<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
-0.35968 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />
-7.19482 -2.78022 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />
0.00000 0.00000 -2.80622 -0.03661 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 -7.76095 -0.45759 0.00000 0.00000<br />
0.72180 0.37720 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
1.2 Configurazione con degr<strong>ad</strong>er<br />
In tal caso, in<strong>di</strong>cando con d/R il rapporto tra lo spessore del degr<strong>ad</strong>er ed il range della<br />
particella <strong>di</strong> riferimento in quest’ultimo, possiamo <strong>di</strong>stinguere i seguenti due casi:<br />
a) d/R=0.20<br />
Le accettanze del secondo settore, in tal caso, sono:<br />
a) θ2= ±7.5 mr<strong>ad</strong> φ2 = ±12. mr<strong>ad</strong><br />
b) dp/p2 = ±0.65 %<br />
130
M1<br />
M2<br />
e le corrispondenti matrici <strong>di</strong> trasporto:<br />
-4.14080 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -4.14766<br />
6.00037 -0.24150 0.00000 0.00000 0.00000 3.79451<br />
0.00000 0.00000 1.17935 0.00000 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 11.87781 0.84793 0.00000 0.00000<br />
-0.91752 0.10017 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
-0.40888 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />
-4.36849 -2.44571 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />
0.00000 0.00000 -2.57488 -0.04061 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 -7.55866 -0.50757 0.00000 0.00000<br />
0.30356 0.33181 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
b) d/R=0.40<br />
In tal caso, le accettanze del secondo settore assumono i seguenti valori:<br />
a) θ2= ± 9mr<strong>ad</strong>, φ2 = ±11mr<strong>ad</strong><br />
b) dp/p2 = ±0.65 %<br />
e le matrici <strong>di</strong> trasporto sono :<br />
131
M1<br />
M2<br />
-4.76996 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -4.77786<br />
0.02074 -0.20965 0.00000 0.00000 0.00000 -1.90276<br />
0.00000 0.00000 1.09001 0.00000 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 11.70649 0.91743 0.00000 0.00000<br />
-0.91752 0.10017 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
-0.47327 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />
-1.62515 -2.11295 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />
0.00000 0.00000 -2.39206 -0.04457 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 -7.46184 -0.55707 0.00000 0.00000<br />
-0.11416 0.28667 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
2.Versione finale del fragment separator<br />
Nella sua configurazione finale, le accettanze del primo settore del fragment separator,<br />
in<strong>di</strong>pendenti dallo spessore del degr<strong>ad</strong>er, sono:<br />
In particolare:<br />
a)in impulso dp/p1= 1.0 %<br />
b)in angolo θ1=20mr<strong>ad</strong> φ1= 50mr<strong>ad</strong><br />
2.1 Configurazione senza degr<strong>ad</strong>er<br />
In tal caso le accettanze del secondo settore sono:<br />
a) dp/p2= 1.0 %<br />
b) θ2= 8.0mr<strong>ad</strong>, φ2 = 13mr<strong>ad</strong><br />
e le matrici <strong>di</strong> trasporto corrispondenti <strong>ad</strong> entrambi i settori sono:<br />
132
M1<br />
M2<br />
-2.67763 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -2.93932<br />
7.6527 -0.37346 0.00000 0.00000 0.00000 5.14756<br />
0.00000 0.00000 5.53131 0.00000 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 25.46576 0.18079 0.00000 0.00000<br />
-0.87104 0.10977 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
-0.46157 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />
-6.1998 -2.1665 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />
0.00000 0.00000 -2.34492 -0.04397 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 -6.57087 -0.54968 0.00000 0.00000<br />
0.51476 0.29393 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
2.2 Configurazione con degr<strong>ad</strong>er<br />
Secondo quanto precedentemente definito, anche nella configurazione finale del<br />
fragment separator si <strong>di</strong>stinguono i seguenti due casi:<br />
a) d/R=0.2<br />
Le accettanze del secondo settore sono:<br />
a) dp/p2= 1.0 %<br />
b) θ2= 8.0mr<strong>ad</strong>, φ2 = 13mr<strong>ad</strong><br />
e le matrici <strong>di</strong> trasporto:<br />
133
M1<br />
M2<br />
b) d/R=0.4<br />
-2.2859 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -3.03788<br />
3.9437 -0.43746 0.00000 0.00000 0.00000 3.1089<br />
0.00000 0.00000 5.07753 0.00000 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 25.07345 0.19695 0.00000 0.00000<br />
-0.48739 0.1329 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
-0.55825 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />
-4.7427 -1.79132 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />
0.00000 0.00000 -2.05532 -0.05135 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 -6.21615 -0.64184 0.00000 0.00000<br />
0.24871 0.24303 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
a) Le accettanze del secondo settore sono:<br />
a) dp/p2= 1.0 %<br />
b) θ2 =11.5mrard, φ2 = 10.5mr<strong>ad</strong><br />
e le matrici <strong>di</strong> trasporto :<br />
M1<br />
-2.04789 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -3.35339<br />
0.08476 -0.48831 0.00000 0.00000 0.00000 0.26017<br />
0.00000 0.00000 4.6419 0.00000 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 24.97995 0.21543 0.00000 0.00000<br />
0.02486 0.16375 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
134
M2<br />
-0.6743 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 -1.35671<br />
-3.6294 -1.48302 0.00000 0.00000 0.00000 -7.07098<br />
0.00000 0.00000 -1.87731 -0.05742 0.00000 0.00000<br />
0.00000 0.00000 -6.05119 -0.71777 0.00000 0.00000<br />
0.01561 0.2012 0.00000 0.00000 1.00000 -0.21144<br />
0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 0.00000 1.00000<br />
135
APPENDICE B<br />
In questa appen<strong>di</strong>ce si riporta il file utilizzato dal programma <strong>di</strong> simulazione LISE, nel<br />
quale sono definite le caratteristiche <strong>di</strong> FRIBs.<br />
Version 4.9.3<br />
[general]<br />
File = D:\Shch\LISE\CONFIG\LNS-ETNA_NoDegr.lcf<br />
Date = 14-03-2001<br />
Time = 19:12:06<br />
Configuration = D:\Shch\LISE\CONFIG\LNS-ETNA_NoDegr.lcf<br />
Title = SenzaDegr<strong>ad</strong>er<br />
[object]<br />
X Slits before target = 5 (±)mm ;hor.slit width before target to collimate a beam<br />
Y Slits before target = 5 (±)mm ;ver.slit width before target to collimate a beam<br />
X Slits interme<strong>di</strong>ate = 33 (±)mm ;hor.slit width at the <strong>di</strong>spersive focal plane<br />
Y Slits interme<strong>di</strong>ate = 30 (±)mm ;ver.slit width at the <strong>di</strong>spersive focal plane<br />
X Slits first focus = 2 (±)mm ;hor.slit width at the first focal point/after<br />
wedge/<br />
Y Slits first focus = 20 (±)mm ;ver.slit width at the first focal point/after<br />
wedge/<br />
Slits second focus = 50(+)mm ;positive slit width at the second focal point/after<br />
Wien/<br />
Slits neg second focus = 50(-)mm ;negative slit width at the second focal<br />
point/after Wien/<br />
Slits second conjointly = 0 0/1 ;setting of slits: 0 - conjointly, 1 - separately<br />
[acceptances]<br />
Maximal momentum accept = 1 (±)% ;upper limit for the setting of the slits<br />
Theta target acceptance = 20 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular target horiz.acceptance<br />
Theta wedge acceptance = 9.5 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wedge horiz.acceptance<br />
Phi target acceptance = 50 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular target vert.acceptance<br />
Phi wedge acceptance = 3.5 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wedge vert.acceptance<br />
Theta wien acceptance = 100 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wien horiz.acceptance<br />
Phi wien acceptance = 100 (±)mr<strong>ad</strong> ;angular wien vert.acceptance<br />
[optics]<br />
BX = 1.25 (±)mm ;one-half the horisontal beam extent (x)<br />
BT = 12 (±)mr<strong>ad</strong> ;one-half the horisontal beam <strong>di</strong>vergence(x')<br />
BY = 1.25 (±)mm ;one-half the vertical beam extent (y)<br />
BF = 8 (±)mr<strong>ad</strong> ;one-half the vertical beam <strong>di</strong>vergence (y')<br />
BD = 0.1 (±)% ;one-half of the momentum spre<strong>ad</strong> (dp/p)<br />
Ra1 = 2.7 m ;Curvature ra<strong>di</strong>us of first <strong>di</strong>pole<br />
Ra2 = 2.7 m ;Curvature ra<strong>di</strong>us of second <strong>di</strong>pole<br />
L target-wedge = 11.55 m ;Object - DispFocPlane<br />
L wedge-detector#1 = 8.25 m ;DispFocPlane-AchrFinalPlane<br />
M1X = -2.67763 ;X Magnification target -> wedge<br />
ThX = 0.76527 mr<strong>ad</strong>/mm ;theta/x coef. target -> wedge<br />
M1T = -0.37346 ;theta magnific. target -> wedge<br />
M1Y = 5.53131 ;Y Magnification target -> wedge<br />
PhY = 2.546576 mr<strong>ad</strong>/mm ;fi/y coef. target -> wedge<br />
M1P = 0.18079 ;fi magnificat. target -> wedge<br />
D1X = -29.393 mm/% ;X <strong>di</strong>spersion target -> wedge<br />
D1T = 5.14756 mr<strong>ad</strong>/% ;theta <strong>di</strong>spers. target -> wedge<br />
X1T = 0 mm/mr<strong>ad</strong> ;x/theta coef. focus must be=0!<br />
Y1P = 0 mm/mr<strong>ad</strong> ;y/fi coef. focus must be=0!<br />
M2X = -0.46157 ;X Magnification wedge -> focal<br />
T2X = -0.61998 mr<strong>ad</strong>/mm ;theta/x coef. wedge -> focal<br />
136
M2T = -2.1665 ;theta magnific. wedge -> focal<br />
M2Y = -2.34492 ;Y Magnification wedge -> focal<br />
P2Y = -0.657087 mr<strong>ad</strong>/mm ;fi/y coef. wedge -> focal<br />
M2P = -0.54968 ;fi magnificat. wedge -> focal<br />
D2X = -13.5671 mm/% ;X <strong>di</strong>spersion wedge -> focal<br />
D2T = -7.07098 mr<strong>ad</strong>/% ;theta <strong>di</strong>spers. wedge -> focal<br />
X2T = 0 mm/mr<strong>ad</strong> ;x/theta coef. focus must be=0!<br />
Y2P = -0.4397 mm/mr<strong>ad</strong> ;y/fi coef. focus must be=0!<br />
Angle = 0 mr<strong>ad</strong> ;beam respect to the spectrometer axis<br />
[wien_filter]<br />
Wien filter = Disabled ;Disabled & Enabled<br />
selection plane = Y ;X & Y<br />
E_F = 0 kV/m ;electric field<br />
B_F = 0 G ;magnetic field<br />
DiC = 4.8139e-4 mm/% ;<strong>di</strong>spersion coefficient<br />
LenE = 4.564 m ;effective electric length<br />
LenB = 5 m ;effective magnetic length<br />
Red = 1 ;Real/Red field<br />
Mag = 1 ;Magnification<br />
137
APPENDICE C<br />
In questa appen<strong>di</strong>ce si riportano le rese misurate e quelle stimate dal programma <strong>di</strong><br />
simulazione LISE nelle reaz<strong>ioni</strong> 40 Ar+ 9 Be a 40AMeV, 58 Ni+ 27 Al a 40AMeV e 12 C+ 9 Be a<br />
62AMeV.<br />
ISOTOPO<br />
RESE nel fuoco finale<br />
dell’LNS-FRS<br />
( 40 Ar+ 9 Be con i=100epA)<br />
<strong>ioni</strong>/sec<br />
SPERIMENTALI Simulazione LISE<br />
40 Cl 131 65.7<br />
39 Cl 237 143<br />
38 Cl 9.78 4.71<br />
38 S 10.4 7.42<br />
37 S 95.8 51.4<br />
36 S 58.6 30<br />
35 S 6.21 3.28<br />
35 P 21.1 13.3<br />
34 P 43.1 28.6<br />
33 P 20.9 13.7<br />
32 P 2.57 1.32<br />
33 Si 3.17 3.42<br />
32 Si 24.9 15.7<br />
31 Si 25.0 18.5<br />
30 Si 9.62 5.42<br />
31 Al 1.82 0.942<br />
30 Al 6.41 6.85<br />
29 Al 16.10 15.7<br />
138
28 Al 6.88 9.85<br />
27 Al 1.185 1.2<br />
28 Mg 3.38 2.57<br />
27 Mg 7.07 9.57<br />
26 Mg 9.32 11.1<br />
25 Mg 1.58 2.85<br />
26 Na 1.19 0.957<br />
25 Na 3.93 5.14<br />
24 Na 5.29 9.42<br />
23 Na 2.04 4.42<br />
24 Ne 0.635 0.328<br />
23 Ne 1.73 2.42<br />
22 Ne 5.50 6.71<br />
21 Ne 2.19 5.14<br />
22 F 0.321 0.114<br />
21 F 1.33 1.08<br />
20 F 2.47 4.14<br />
19 F 2.07 4.85<br />
18 F 0.341 0.942<br />
19 O 0.481 0.442<br />
18 O 1.95 2.28<br />
17 O 2.02 3.85<br />
16 O 0.823 1.12<br />
16 N 0.711 1.21<br />
15 N 4.02 2.85<br />
14 N 0.614 1.18<br />
14 C 1.08 0.585<br />
13 C 2.40 1.85<br />
139
ISOTOPO<br />
12 C 1.90 1.085<br />
11 B 1.73 1.10<br />
10 B 1.01 0.90<br />
9 Be 0.836 0.585<br />
RESE nella sala CICLOPE<br />
( 58 Ni+ 27 Al con i=3enA)<br />
<strong>ioni</strong>/sec<br />
SPERIMENTALI Simulazione LISE<br />
58 Ni 353 4<br />
57 Ni 4162 353<br />
57 Co 638 20<br />
56 Co 2100 2210<br />
55 Co 7750 7460<br />
54 Co 2130 25<br />
55 Fe 1940 81.5<br />
54 Fe 1611 1620<br />
53 Fe 2910 3030<br />
52 Fe 310 0.080<br />
54 Mn 358 137<br />
53 Mn 1980 1490<br />
52 Mn 1260 1270<br />
51 Mn 1470 160<br />
50 Mn 207 3.44<br />
52 Cr 277 150<br />
51 Cr 1270 1300<br />
140
50 Cr 1500 1520<br />
49 Cr 545 270<br />
48 Cr 54 98<br />
50 V 252 87<br />
49 V 872 665<br />
48 V 950 955<br />
47 V 354 220<br />
46 V 47.2 11.1<br />
48 Ti 167 46.9<br />
47 Ti 551 358<br />
46 Ti 570 565<br />
45 Ti 191 176<br />
44 Ti 21.6 11.7<br />
46 Sc 70.4 27.5<br />
45 Sc 309 206<br />
44 Sc 380 378<br />
43 Sc 151 143<br />
42 Sc 18.4 13.2<br />
44 Ca 43.2 13.1<br />
43 Ca 178 101<br />
42 Ca 210 210<br />
41 Ca 101 97.5<br />
42 K 9.6 11.4<br />
41 K 38 9.04<br />
40 K 117 71.4<br />
39 K 176 180<br />
38 K 88.8 99.9<br />
141
40 Ar 11.6 14.27<br />
39 Ar 18.4 5.2<br />
38 Ar 58 44.2<br />
37 Ar 130 128<br />
36 Ar 82.4 85.6<br />
37 Cl 8.8 15.2<br />
36 Cl 39.6 31.9<br />
35 Cl 104 106<br />
34 Cl 75.6 89.6<br />
35 S 20.4 19.0<br />
34 S 31.6 16.2<br />
33 S 64 62<br />
32 S 62 60<br />
33 P 10 16.2<br />
32 P 15.2 15.4<br />
31 P 66.4 65.1<br />
30 P 52.8 84.9<br />
31 Si 16.8 25.4<br />
30 Si 15.2 6.6<br />
29 Si 34 33.6<br />
28 Si 52.8 52.8<br />
29 Al 8.4 19.2<br />
28 Al 9.2 3.8<br />
27 Al 36 22.7<br />
26 Al 43.6 43.6<br />
27 Mg 22.8 18.3<br />
26 Mg 4.8 2.12<br />
142
25 Mg 18.4 14.5<br />
24 Mg 34.4 35.2<br />
24 Na 9.6 17.2<br />
23 Na 2.8 1.16<br />
22 Na 10.8 8.85<br />
22 Ne 25.2 26.2<br />
21 Ne 16.4 15.1<br />
20 Ne 4.40 6.52<br />
ISOTOPO<br />
RESE nel fuoco finale<br />
dell’LNS-FRS<br />
( 12 C+ 9 Be con i=100epA)<br />
<strong>ioni</strong>/sec<br />
SPERIMENTALI Simulazione LISE<br />
13 N 0.005 0.005<br />
12 N 61.2 50<br />
11 C 20.8 19.5<br />
10 C 29 25<br />
9 C 0.143 0.0135<br />
5 B 8.8 10<br />
7 Be 35.7 33.5<br />
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RINGRAZIAMENTI<br />
È arrivato il momento <strong>di</strong> ringraziare le persone che mi hanno aiutato e sostenuto in<br />
questo lavoro <strong>di</strong> tesi! In special modo, vorrei esprimere tutta la mia riconoscenza al prof.<br />
Giovanni Raciti per tutto quello che ho imparato da lui e per la <strong>di</strong>sponibilità che mi ha sempre<br />
manifestato.<br />
Un sentito ringraziamento va, anche, alla dott.ssa Concettina Sfienti, il cui aiuto mi è<br />
stato in<strong>di</strong>spensabile nella stesura <strong>di</strong> questa tesi e che è stata, per me, un punto <strong>di</strong> riferimento<br />
costante.<br />
Ringrazio <strong>di</strong> cuore la dott.ssa Elisa Rapisarda per i contributi, essenziali per questo<br />
lavoro <strong>di</strong> tesi, che ho ricevuto in moltissime occas<strong>ioni</strong>.<br />
Sono grato, inoltre, al dott. Marzio De Napoli ed alla dott.ssa Loredana Spezzi per<br />
tutto l’aiuto che mi hanno saputo dare (a tutte le ore del giorno e della notte): veramente<br />
insuperabili!<br />
De<strong>di</strong>co, infine, questa tesi a ciò che mi è più caro, la mia famiglia, che mi ha sostenuto<br />
nei momenti più <strong>di</strong>fficili.<br />
144