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Dialetto e scuola: sulle orme della memoria - Centro di studi ...

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si evolve in maniera quasi inerziale nell’attività comunicativa interpersonale.<br />

Perché poi un language standard <strong>di</strong>venti uno standard language con<br />

la consapevolezza e il consenso dei parlanti che si identificano in quell’i<strong>di</strong>oma<br />

come simbolo <strong>di</strong> valori socio-etici e socio-etnici, occorre una<br />

serie <strong>di</strong> pratiche culturali e <strong>di</strong> azioni politiche: a) co<strong>di</strong>ficazione normativa<br />

e <strong>di</strong>vulgazione attraverso grammatiche e vocabolari per consentirne l’accesso<br />

a parlanti e scriventi, nativi e no; b) uso regolare e sistematico nei vari<br />

tipi <strong>di</strong> testualità scritta; c) stabilità <strong>di</strong> ruoli socioculturali e sociopolitici<br />

delle classi egemoni coinvolte nella politica linguistica centrata sullo standard;<br />

d) usi funzionali dello standard in ambiti istituzionali o culturali <strong>di</strong><br />

prestigio; e) adeguamento socio-comunicativo a tali usi, con aggiustamenti<br />

<strong>di</strong> forma o <strong>di</strong> stile commisurati alla motivazione e alla destinazione socioculturale<br />

e pratica; f ) traduzione in altre lingue già affermatesi come lingue<br />

standard,<br />

con reciprocità <strong>di</strong> ruoli funzionali e istituzionali. Solo su queste basi<br />

si può impostare correttamente e oggettivamente la definizione <strong>di</strong> volgare,<br />

lingua e <strong>di</strong>aletto nella storia <strong>della</strong> lingua italiana, in chiave <strong>di</strong>dattico-scientifica<br />

e in chiave politica. Un <strong>di</strong>aletto allora è un i<strong>di</strong>oma dapprima paritario<br />

agli i<strong>di</strong>omi concomitanti sul territorio, e poi subalterno a quello che assumerà<br />

l’egemonia socio-etica e socio-politica con<strong>di</strong>visa consapevolmente<br />

dai parlanti e poi sancita dalla co<strong>di</strong>ficazione normativa e dalle pratiche sociali<br />

promosse e sorvegliate da una classe <strong>di</strong>rigente impegnata in una sistematica<br />

politica linguistica. Potenzialmente tutti gli i<strong>di</strong>omi possono avere<br />

status <strong>di</strong> <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> lingua a seconda degli equilibri <strong>di</strong> potere sul territorio.<br />

In Italia ciò è accaduto, com’è universalmente noto, solo al toscano e<br />

per un prestigio letterario suffragato dal potere economico <strong>della</strong> Firenze<br />

mercantile prima e <strong>di</strong> quella me<strong>di</strong>cea poi. Il grande “se” rimane quello<br />

<strong>della</strong> precoce morte <strong>di</strong> Lorenzo il Magnifico che avrebbe voluto imprimere<br />

al fiorentino letterario il sigillo <strong>di</strong> lingua politica oltreché estetica. Sarebbe<br />

toccato poi a un car<strong>di</strong>nale veneto e a un romanziere lombardo realizzare<br />

in altro modo dei progetti <strong>di</strong> egemonia linguistica del fiorentino dapprima<br />

come univoco standard <strong>della</strong> scrittura letteraria (estesosi alla testualità non<br />

letteraria per adesione coatta dalla mancanza <strong>di</strong> alternative) e poi <strong>della</strong> comunicazione<br />

parlata, grazie all’ine<strong>di</strong>ta azione istituzionale <strong>della</strong> <strong>scuola</strong> e<br />

<strong>della</strong> politica. L’univoca <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> uno standard letterario solo scritto,<br />

che nei casi migliori (da Boccaccio a Goldoni a Manzoni) offriva una simulazione<br />

estetica del parlato reale, veniva compensata dalla Chiesa cattolica.<br />

Se da una parte infatti si inibiv0a la lettura dei testi sacri in volgare,<br />

dall’altra si incentivava la familiarità con il toscano parlato nella pre<strong>di</strong>cazione,<br />

praticata capillarmente nei secoli preunitari in tutto il territorio italiano,<br />

urbano ed extraurbano. Per la catechizzazione <strong>di</strong> massa poi, che rap-<br />

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