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Le maledizioni sono armi a doppio taglio che ricadono sul capo di ...

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L’indomani lasciammo Granata con l’intenzione <strong>di</strong> andare a dormire a Murcia.<br />

Faceva orribilmente caldo. a mezzogiorno, ossia alle due, secondo la moda spagnola,<br />

avevamo fato “alt” <strong>sul</strong>la strada e avevamo pranzato nell’affascinante ambiente <strong>di</strong> un<br />

albergo andaluso. Ma io non ero per nulla allegro. Non volevo ripensare alle parole della<br />

zingara, ma ero lo stesso inquieto.<br />

Ripresi il volante senza entusiasmo. Traversammo, nella provincia d’Almeria, zone<br />

deserti<strong>che</strong> in cui, per un centinaio <strong>di</strong> chilometri, non vedemmo praticamente nessuna<br />

traccia umana. Andavamo a un’andatura moderata, senza parlare, tutti e due<br />

sprofondati nei nostri pensieri.<br />

Verso le 20 decisi <strong>di</strong> chiudere il tetto della macchina, <strong>di</strong>cendo: “Non si sa mai, se<br />

cadessimo in un fosso…”, e il mio amico continuò: “Se cadessimo in un fosso, come <strong>di</strong>ci,<br />

credo <strong>che</strong> rischieremmo <strong>di</strong> restarci per un pezzo, perché non ci sarebbe nessuno per<br />

tirarci fuori! -. Infatti, ci trovavamo in montagna, in un paesaggio lunare e triste. La<br />

terra bruciata, <strong>di</strong> color ocra,, non aveva vegetazione. La strada, a tratti piena <strong>di</strong> bu<strong>che</strong><br />

e quasi senza scarpata, si confondeva con la terra <strong>di</strong> cui aveva assunto il colore. Il sole<br />

<strong>che</strong> declinava all’orizzonte mi impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> veder bene. Non andavo veloce, avevo paura.<br />

Ad un tratto sbagliai una curva e feci una brusca sterzata al principio <strong>di</strong> un ponte<br />

<strong>che</strong> passava sopra un ruscello secco. Fu il dramma. L’automobile piombò nel fosso e<br />

compì una <strong>di</strong>scesa vertiginosa cappottando continuamente, rimbalzando in tutti i sensi e<br />

sollevando una nuvola <strong>di</strong> polvere. A metà della corsa, il mio amico, per il colpo, fu<br />

proiettato fuori delle portiere aperte, come tutto ciò <strong>che</strong> l’auto conteneva, valigie,<br />

se<strong>di</strong>li, etc. Il bagagliaio era squarciato. Quanto a me, <strong>che</strong> mi ero aggrappato al volante,<br />

non ero uscito dall’auto. Nella <strong>di</strong>scesa avevo avuto il pensiero riflesso <strong>di</strong> spegnere il<br />

contato. È atroce sentire ad ogni secondo, ad ogni capitombolo <strong>che</strong> si corre il rischio <strong>di</strong><br />

restarci. Si pensa: “Se si fermasse fino a <strong>che</strong> <strong>sono</strong> ancora vivo!”. Ma la caduta a picco<br />

continua. Non si vede nulla, non ci si può attaccare a nulla. I secon<strong>di</strong> sembrano minuti,<br />

ma il ritmo delle funzioni cerebrali è decuplicato. Pensai a Dio. Mi affidai a lui, all’idea<br />

<strong>che</strong> me ne facevo, al suo potere d’intervento. L’auto <strong>di</strong> colpo si immobilizzò. Era finita.<br />

Non avevo capito molto bene quello <strong>che</strong> era accaduto. Mi sentivo come ubriaco e voli<br />

cominciare a raccogliere la roba, ma il mio amico? Lo ritrovai seduto per terra, piegato<br />

in due, coperto <strong>di</strong> polvere, <strong>che</strong> si lamentava <strong>di</strong> dolori da tutte le parti. Lui era stato

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