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Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

• Home<br />

• Presentazione<br />

• Come funziona<br />

• Quale Arabo?<br />

• I tipi di corso<br />

◦ Corso 1: “Pr<strong>in</strong>cipianti”<br />

◦ Corso 2: “Intermedio”<br />

◦ Corso 3: “Avanzato”<br />

◦ Corso 4: L<strong>in</strong>gua e Civiltà arabo-islamica<br />

• Tariffe<br />

• Testi consigliati<br />

• Traduzioni<br />

• Contatti<br />

Ancora aperte le prenotazioni ai nuovi corsi 2010<br />

Scritto da redazione<br />

La prima classe “pr<strong>in</strong>cipianti” è partita il 13 Ottobre 2009 ed è term<strong>in</strong>ata a metà Gennaio.<br />

I nuovi corsi di arabo on l<strong>in</strong>e “pr<strong>in</strong>cipianti“, “<strong>in</strong>termedio” ed “avanzato” partiranno il 28 Gennaio 2010.<br />

A seguire, i dettagli di ciascun corso:<br />

Corso “pr<strong>in</strong>cipianti”<br />

Le lezioni si terranno il giovedì sera (20,30-22,30) ed avranno una durata di 2 ore ciascuna, per un totale di 40 ore, ad un ritmo di<br />

una lezione alla settimana (straord<strong>in</strong>ariamente due, per term<strong>in</strong>are entro la f<strong>in</strong>e di maggio, <strong>in</strong> giorni scelti di comune accordo tra tutti<br />

gli iscritti).<br />

La quota d’iscrizione è da corrispondere anticipatamente. Essa non comprende il costo del libro di testo e del dizionarietto, da<br />

acquistare <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>ale (nel corso delle lezioni, verranno <strong>in</strong>vece forniti altri materiali compilati dal docente).<br />

Siccome i posti - a causa della modalità on l<strong>in</strong>e - sono limitati, avrà la precedenza chi si prenota <strong>in</strong> anticipo rispetto agli altri. La<br />

classe viene attivata con un m<strong>in</strong>imo di c<strong>in</strong>que studenti.<br />

Il calendario dettagliato viene comunicato all’<strong>in</strong>izio del corso.<br />

Corso “<strong>in</strong>termedio”<br />

Le lezioni avranno una durata di 2 ore ciascuna, una volta alla settimana (straord<strong>in</strong>ariamente, due volte, di comune accordo tra gli<br />

iscritti), per un totale di 40 ore.<br />

Esso si rivolge a coloro che hanno una conoscenza della L<strong>in</strong>gua araba che vada oltre la semplice conoscenza dell’alfabeto e dei primi<br />

rudimenti grammaticali, nonché a tutti coloro che, volendo proseguire, hanno già seguito il corso “pr<strong>in</strong>cipianti”. È perciò importante<br />

che coloro che, non avendo già seguito il nostro corso “pr<strong>in</strong>cipianti”, ci richiedono un corso-classe “<strong>in</strong>termedio” confront<strong>in</strong>o le loro<br />

conoscenze con il programma del corso “pr<strong>in</strong>cipianti“.<br />

Ad ogni modo, tutti gli <strong>in</strong>teressati, sono pregati di contattarci per un test di livello, da effettuare su Skype (cerca sull’elenco di Skype:<br />

“corsiarabo.com”), <strong>in</strong> modo da formare una classe quanto più possibile omogenea.<br />

Quanto al giorno e all’orario, si tratta del martedì, dalle 20,30 alle 22,30.<br />

La classe partirà perciò il 2 Febbraio 2010, con un m<strong>in</strong>imo di c<strong>in</strong>que studenti.<br />

La quota d’iscrizione è da corrispondere anticipatamente. Essa non comprende il costo del libro di testo e del dizionarietto, da<br />

acquistare <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>ale.<br />

Il calendario dettagliato viene comunicato all’<strong>in</strong>izio del corso.<br />

Corso “avanzato”<br />

Page 1 of 12<br />

Vale quanto detto per l’”<strong>in</strong>termedio”, tuttavia non essendoci pervenute significative richieste <strong>in</strong> tal senso, ci riserviamo di farlo<br />

partire. Tuttavia, i potenziali <strong>in</strong>teressati sono pregati di contattarci per un test del loro livello di padronanza della L<strong>in</strong>gua araba, da<br />

http://www.corsiarabo.com/<br />

02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

effettuare su Skype (contatto: “corsiarabo.com”). È possibile <strong>in</strong>fatti che ci si consideri “avanzati” e, <strong>in</strong>vece, sia opportuno frequentare<br />

una classe “<strong>in</strong>termedio”.<br />

Importante: per quanto riguarda tutti e tre i livelli, si ricorda che coloro che <strong>in</strong>tendessero seguire un corso-classe al matt<strong>in</strong>o o al<br />

pomeriggio possono egualmente comunicarci il loro <strong>in</strong>teressamento, poiché è possibile <strong>org</strong>anizzare un corso anche <strong>in</strong> differenti fasce<br />

orarie rispetto a quelle serali.<br />

Lezioni “<strong>in</strong>dividuali”<br />

Oltre ai corsi-classe, è possibile scegliere s<strong>in</strong> da subito altre opzioni per lo studio on l<strong>in</strong>e della l<strong>in</strong>gua araba. Tra queste, le lezioni<br />

“<strong>in</strong>dividuali”, che oltre all’apprendimento dell’arabo moderno standard prevedono, a richiesta, percorsi personalizzati<br />

(conversazione, alcuni ‘dialetti’ con <strong>in</strong>segnante madrel<strong>in</strong>gua, l<strong>in</strong>gua e cultura arabo-islamica ecc.) e garantiscono un’estrema<br />

flessibilità negli orari e negli appuntamenti.<br />

Queste lezioni vengono offerte <strong>in</strong> un numero m<strong>in</strong>imo di 10 ore, ma anche <strong>in</strong> “paccchetti” da 20 e 40 ore, che garantiscono un<br />

risparmio per unità oraria.<br />

Per prenotarsi, richiedere ulteriori <strong>in</strong>formazioni e comunicare le Vostre esigenze (orario, frequenza ecc.) basta contattarci nei modi<br />

descritti nella pag<strong>in</strong>a “contatti“. Si ricorda di nuovo che i posti nei corsi-classe sono limitati, qu<strong>in</strong>di è utile prenotarsi con un certo<br />

anticipo.<br />

13 dicembre, 2009 Nessun commento<br />

Un corso di arabo per capire le differenze<br />

Scritto da redazione<br />

Il 20 Gennaio 2010, a Tor<strong>in</strong>o, parte “Incontro di Civiltà”, un corso di l<strong>in</strong>gua araba per pr<strong>in</strong>cipianti (con nozioni di storia e cultura)<br />

<strong>org</strong>anizzato… [leggi tutto qua]<br />

11 gennaio, 2010 Nessun commento<br />

Riascoltare i suoni dell’arabo<br />

Scritto da redazione<br />

Specialmente dopo le prime lezioni nelle quali sono alle prese con suoni talvolta del tutto nuovi, alcuni studenti ci chiedono come<br />

poter riascoltare i suoni dell’arabo. La cosa migliore è lanciare, durante la lezione, una delle applicazioni di Skype che permettono la<br />

registrazione dell’audio della lezione o della parte che <strong>in</strong>teressa riascoltare.<br />

Altrimenti, si può fare un giro nella rete per vedere che cosa offre.<br />

Su YouTube, ad esempio, è possibile ascoltare la pronuncia di tutte le lettere dell’alfabeto arabo, prima <strong>in</strong> posizione isolata, poi<br />

vocalizzate, poi ancora vocalizzate ma <strong>in</strong> sequenza più veloce (attenzione: la traslitterazione <strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i non è “scientifica”).<br />

Per chi ha già superato questa fase propedeutica può essere utile esercitarsi all’ascolto con questi test-audio.<br />

Mentre a coloro che hanno superato la fase dell’apprendimento dei suoni di base, proponiamo alcuni siti che permettono di ascoltare<br />

semplici frasi <strong>in</strong> arabo. Una raccolta si trova qui (si not<strong>in</strong>o anche i l<strong>in</strong>k).<br />

Questo post verrà implementato <strong>in</strong> seguito…<br />

7 gennaio, 2010 Nessun commento<br />

I misteri della lettera Nûn<br />

Scritto da redazione<br />

Page 2 of 12<br />

La lettera nûn, nell’alfabeto arabo come <strong>in</strong> quello ebraico, occupa il quattordicesimo posto e ha il valore numerico 50; ma,<br />

nell’alfabeto arabo, tale posizione è degna di nota anche per un’altra ragione, cioè perché conclude la prima metà dell’alfabeto, <strong>in</strong><br />

quanto il numero totale delle sue lettere è 28, <strong>in</strong>vece delle 22 dell’afabeto ebraico. Inoltre, nelle sue corrispondenze simboliche<br />

nell’ambito della tradizione islamica, questa lettera rappresenta soprattutto El-Hût, la balena, il che d’altronde si accorda con il senso<br />

orig<strong>in</strong>ario della stessa parola nûn che la designa, e che significa pure «pesce»; ed è per via di questo significato che Seyidnâ Yûnus (il<br />

profeta Giona) viene chiamato Dhûn-Nûn.<br />

[...] questa lettera è costituita dalla metà <strong>in</strong>feriore di una circonferenza, e da un punto che è il centro della circonferenza stessa. Ora, la<br />

circonferenza <strong>in</strong>feriore è anche la figura dell’arca galleggiante sulle acque, e il punto che si trova al suo <strong>in</strong>terno rappresenta il germe<br />

che vi è contenuto o nascosto; la posizione centrale di tale punto mostra d’altronde che si tratta del ‘germe d’immortalità’, del<br />

‘nucleo’ <strong>in</strong>distruttibile che sfugge a tutte le dissoluzioni esterne. Si può anche osservare che la semicirconferenza, con la sua<br />

convessità rivolta verso il basso, è uno degli equivalenti schematici della coppa; come questa, ha dunque, <strong>in</strong> qualche modo, il<br />

signifiato di una ‘matrice’ nella quale è r<strong>in</strong>chiuso il germe non ancora sviluppato, che s’identifica, come vedremo <strong>in</strong> seguito, con la<br />

metà <strong>in</strong>feriore o ‘terrestre’ dell’ ‘Uovo del Mondo’.<br />

Sotto questo aspetto di elemento ‘passivo’ della trasmutazione spirituale, El-Hût è anche, <strong>in</strong> qualche maniera, la figura di ogni<br />

<strong>in</strong>dividualità, <strong>in</strong> quanto essa porta il ‘germe d’immortalità’ nel suo centro, rappresentato simbolicamente dal cuore; e possiamo<br />

http://www.corsiarabo.com/<br />

02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

ricordare a tale proposito gli stretti rapporti, da noi già esposti <strong>in</strong> altre occasioni, esistenti tra il sibolismo del cuore e quelli della<br />

coppa e dell’ ‘Uovo del Mondo’. Lo sviluppo del germe spirituale implica l’uscita dell’essere dal suo stato <strong>in</strong>dividuale, e<br />

dall’ambiente cosmico che ne costituisce il luogo proprio, come Giona è ‘resuscitato’ uscendo dal corpo della balena; e, se ci si<br />

ricorda di quanto abbiamo scritto precedentemente, non si faticherà a comprendere come quest’uscita sia anche l’equivalente<br />

dell’uscita dalla caverna <strong>in</strong>iziatica, la cui concavità è pure rappresentata da quella della semicirconferenza del nûn. La ‘nuova nascita’<br />

presuppone necessariamente la morte al vecchio stato, che si tratti di un <strong>in</strong>dividuo o di un mondo; morte e nascita o resurrezione, sono<br />

due aspetti <strong>in</strong>separabili l’uno dall’altro, poiché non sono <strong>in</strong> realtà che le due facce opposte di uno stesso cambiamento di stato. Il nûn,<br />

nell’alfabeto, segue immediatamente il mîm, che ha tra i suoi pr<strong>in</strong>cipali significati quello di morte (el-mawt), e la cui forma<br />

rappresenta l’essere completamente ripiegato su se stesso, ridotto <strong>in</strong> qualche modo a pura virtualità, cui corrisponde ritualmente<br />

l’atteggiamento della prosternazione; ma questa virtualità, che può sembrare un annientamento transitorio, diventa ben presto, per una<br />

concentrazione di tutte le possibilità essenziali dell’essere <strong>in</strong> un punto unico e <strong>in</strong>distruttibile, il germe stesso da cui usciranno tutti i<br />

suoi sviluppi negli stati superiori.<br />

citazione da: René Guénon, I misteri della lettera Nûn, <strong>in</strong> Simboli della Scienza sacra, (trad. it.) Adelphi, Milano 1975.<br />

5 ottobre, 2009 Nessun commento<br />

Islamofobia. Attori, tattiche, f<strong>in</strong>alità<br />

Scritto da redazione<br />

Enrico Galopp<strong>in</strong>i : ISLAMOFOBIA. Attori, tattiche, f<strong>in</strong>alità<br />

(prefazione di A. Breigheche - postfazione di C. Preve)<br />

Edizioni All’Insegna del Veltro, Parma 2008 (euro 18)<br />

Duecento pag<strong>in</strong>e fervide e pungenti contro l’ipocrisia, il pressappochismo e la grettezza di un Mondo Occidentale che - da sponde<br />

“progressiste” e “conservatrici” - ama qualificarsi <strong>in</strong> contrapposizione all’Islam, dichiarandogli guerra non solo figurata.<br />

Enrico Galopp<strong>in</strong>i, valente arabista ed islamologo, esam<strong>in</strong>a con dis<strong>in</strong>canto l’approccio islamofobo sotto ogni aspetto: storico,<br />

psicologico, religioso, evidenziando la profonda verità di una strumentalizzazione del fenomeno a f<strong>in</strong>i geopolitici globali. In tal senso<br />

un’artificiosa ed esasperata ostilità tra europei e “islamici” (fra l’altro, vic<strong>in</strong>i di casa mediterranei) risulta funzionale alla politica<br />

egemonica “occidentale”.<br />

Il libro costituisce anche un’occasione di conoscenza dei l<strong>in</strong>eamenti essenziali dell’Islam, espressi con chiarezza e sicura competenza.<br />

[segnalazione di Aldo Braccio, redattore di "Eurasia - Rivista di Studi geopolitici"]<br />

Per <strong>in</strong>formazioni ulteriori su questo libro, utile per chi s’<strong>in</strong>teressa allo studio della l<strong>in</strong>gua araba e della civiltà arabo-islamica, si legga<br />

qui.<br />

8 settembre, 2009 Nessun commento<br />

Uno “spauracchio l<strong>in</strong>guistico”…<br />

Scritto da redazione<br />

Page 3 of 12<br />

Nel 1997, la Promolibri Magnanelli di Tor<strong>in</strong>o ha dato alle stampe un libretto dal titolo Parliamo arabo? Profilo (dal vero) d’uno<br />

spauracchio l<strong>in</strong>guistico (pp. 62, € 4,50), il cui autore, Michele Vallaro, è docente di L<strong>in</strong>gua e Letteratura araba presso la Unikore di<br />

Enna (all’epoca <strong>in</strong>segnava a Tor<strong>in</strong>o).<br />

Si tratta di un’opera atipica nel settore dell’arabistica, ben spiegata nella quarta di copert<strong>in</strong>a:<br />

«L’arabo si avvia a diventare (se già non lo è) la seconda l<strong>in</strong>gua parlata nei paesi dell’Europa occidentale. In Italia,<br />

proprio mentre la presenza di parlanti dell’arabo si accresce a ogni livello sociale, e l’arabo fa la sua comparsa nella vita<br />

di tutti i giorni, rimangono presso il grande pubblico curiosi pregiudizi l<strong>in</strong>guistici, compendiabili nella famosa frase: “Ma<br />

parlo arabo?”.<br />

Questo libretto vuol essere un primo ed elementarissimo aiuto a superare <strong>in</strong>fondate diffidenze e paure nei confronti d’una<br />

l<strong>in</strong>gua che non è <strong>in</strong> realtà più difficile di tante altre, e che anzi, sotto certi punti di vista, ha con l’italiano parecchi punti di<br />

contatto».<br />

Questo libretto è, perciò, un tentativo riuscito di dimostrare, con una buona dose di umorismo, che il “pregiudizio” (l<strong>in</strong>guistico)<br />

secondo cui l’arabo sarebbe “difficile” è del tutto <strong>in</strong>fondato…<br />

http://www.corsiarabo.com/<br />

02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

Riproduciamo anche l’<strong>in</strong>dice del volumetto:<br />

Introduzione<br />

1. Arabista superman?<br />

2. Il nobile alla crema<br />

3. Alla scoperta della far<strong>in</strong>ge<br />

4. L<strong>in</strong>gue chic e l<strong>in</strong>gue della mutua?<br />

5. Libertà per le relative!<br />

6. Arabo e italiano contro <strong>in</strong>glese (ma non sempre)<br />

7. Colpo di scena f<strong>in</strong>ale<br />

7 aprile, 2009 Nessun commento<br />

Titus Burckhardt sulla L<strong>in</strong>gua araba<br />

Scritto da redazione<br />

Citazione tratta da T. Burckhardt, L’arte dell’Islam, (trad. it) Abscondita, Milano 2002 (ed. or. 1985).<br />

ARTE ARABA O ARTE ISLAMICA?<br />

Ci si può domandare se il term<strong>in</strong>e «arte araba» corrisponda a una realtà ben def<strong>in</strong>ita, poiché un’arte araba anteriore<br />

all’Islam è per noi praticamente <strong>in</strong>esistente, a causa della rarità delle sue vestigia; riguardo a quella araba nata sotto il cielo dell’Islam,<br />

essa si confonde - ma f<strong>in</strong>o a qual punto? - con l’arte islamica stessa. Gli storici dell’arte non trascurano mai di sottol<strong>in</strong>eare che i primi<br />

monumenti musulmani non sono stati costruiti dagli Arabi, che non disponevano di tecniche sufficienti, per cui si avvalsero di<br />

artigiani siriani, persiani e greci, e che, via via che l’Islam conquistava le popolazioni sedentarie del Medio Oriente, la sua arte si<br />

arricchì delle loro eredità artistiche. Malgrado questo, si può legittimamente parlare di arte araba, per la semplice ragione che lo stesso<br />

Islam, se non viene limitato a un «fenomeno etnico» - e la storia lo dimostra - comporta nondimeno, nella sua espressione formale,<br />

degli elementi arabi, tra cui il più importante è la l<strong>in</strong>gua che, diventata la l<strong>in</strong>gua sacra dell’Islam, determ<strong>in</strong>ò <strong>in</strong> modo più o meno<br />

profondo, lo «stile di pensiero» di tutto il popolo musulmano. Certe disposizioni dell’anima tipicamente arabe, messe spiritualmente<br />

<strong>in</strong> valore dalla sunna (costume) del Profeta, sono entrate nell’economia psichica dell’<strong>in</strong>tero mondo islamico e si riflettono<br />

immediatamente nell’arte. Dunque non si possono ridurre le manifestazioni dell’Islam all’arabismo. Ma, al contrario, è quest’ultimo<br />

che è stato diffuso e come trasfigurato dall’Islam.<br />

Per ben comprendere la natura dell’arte arabo-islamica, bisogna sempre tener conto di questo matrimonio tra un messaggio spirituale<br />

a contenuto assoluto e una certa eredità etnica che, per questo stesso fatto, non appartiene più a una collettività radicalmente def<strong>in</strong>ita<br />

ma diventa un «modo d’espressione» d’uso, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di pr<strong>in</strong>cipio, universale. L’arte arabo-islamica non è d’altronde la sola delle<br />

grandi arti religiose a riposare su un tale connubio. L’arte buddhista, ad esempio, la cui area d’espansione comprende soprattutto i<br />

popoli mongoli, mantiene sempre certi tratti tipicamente <strong>in</strong>diani, specialmente nell’iconografia che è per essa di primaria importanza.<br />

In un quadro molto più ristretto, l’arte gotica, di ceppo lat<strong>in</strong>o-germanico, offre l’esempio di uno «stile» che si è generalizzato al punto<br />

di identificarsi con l’arte cristiana d’occidente.<br />

Senza l’Islam, la sp<strong>in</strong>ta araba del VII secolo - supponendo che avrebbe potuto prodursi senza l’impulso religioso - non sarebbe stata<br />

che un episodio nella storia del Medio Oriente: le grandi civiltà sedentarie, per quanto decadenti, avrebbero assorbito queste orde di<br />

bedu<strong>in</strong>i arabi, poiché i nomadi <strong>in</strong>vasori f<strong>in</strong>iscono sempre per accettare i costumi e le forme d’espressione proprie dei popoli sedentari.<br />

Nel caso dell’Islam si produsse l’esatto contrario, almeno da un certo punto di vista: furono gli Arabi, <strong>in</strong> maggioranza nomadi, che<br />

imposero ai popoli sedentari conquistati le loro forme di pensiero e di espressione, imponendo loro una l<strong>in</strong>gua. Infatti la<br />

manifestazione predom<strong>in</strong>ante e per così dire folgorante del genio arabo è la l<strong>in</strong>gua, ivi compresa la scrittura. È la l<strong>in</strong>gua che non<br />

soltanto ha preservato l’eredità etnica degli Arabi al di fuori dell’Arabia, ma l’ha diffusa ben oltre il ceppo razziale: l’essenza del<br />

genio arabo si è effettivamente comunicata a tutta la civiltà musulmana.<br />

[segue]<br />

16 marzo, 2009 Nessun commento<br />

http://www.corsiarabo.com/<br />

Page 4 of 12<br />

02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

La traslitterazione dall’arabo all’italiano (IIIa parte di 3)<br />

Scritto da redazione<br />

di Enrico Galopp<strong>in</strong>i (anteprima da “La Porta d’Oriente”)<br />

Page 5 of 12<br />

Tunisi, Baghdad, Beirut, Damasco, Il Cairo… Non si fa fatica a riconoscere la derivazione di queste trascrizioni dagli orig<strong>in</strong>ali Tûnis,<br />

Baghdâd (ricorro a “gh” per la trascrizione semplificata della lettera ghayn), Bayrût, Dimashq (”sh” per la shîn), al-Qâhira. Qua esiste<br />

lo stesso rapporto che c’è tra Paris e Parigi, London e Londra, Frankfurt e Francoforte. Niente di nuovo, dunque.<br />

Per motivi che vanno r<strong>in</strong>tracciati quasi unicamente nella storia (ovvero <strong>in</strong> vicende che hanno reso familiare un certo luogo straniero),<br />

del nome di alcune città estere esiste una trascrizione <strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i molto simile alla parola orig<strong>in</strong>ale, sebbene <strong>in</strong> qualche caso vi<br />

siano delle varianti: si trova sia “Bagdad” che “Baghdad”, e del resto leggere “g” o “gh” ad un italiano cambia ben poco (esiste poi un<br />

caso particolare: quello di Mecca, <strong>in</strong> arabo Makka, che nella trascrizione più diffusa <strong>in</strong> italiano presenta un <strong>in</strong>spiegabile “La” <strong>in</strong> più:<br />

La Mecca). Ma vi sono toponimi arabi che entrano all’improvviso nelle cronache (spesso purtroppo per eventi che piuttosto che con la<br />

cultura hanno a che fare con mire di dom<strong>in</strong>io planetario), e allora come vanno trascritti? Qual è il miglior criterio da adottare?<br />

Si prenda ad esempio an-Nâsiriyya, la città dell’Iraq dove fu acquartierato il cont<strong>in</strong>gente italiano <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> Iraq. Questa città, prima<br />

del 2003 non era nota al pubblico dei notiziari, ma solo agli arabisti e a coloro che hanno una buona conoscenza del mondo arabo. I<br />

giornali ed i notiziari radio e tv, seguendo l’abitud<strong>in</strong>e di raddoppiare la “s”, imposero “Nassiriyya” (con varianti scritte quali<br />

“Nasiriya”, “Nassiriya”, “Nasriya”, “Nassirya”). Era senz’altro avvenuta una semplificazione, con “al-” elim<strong>in</strong>ato (e si è imparato - v.<br />

pt. 1 di quest’articolo - come ci si deve comportare per l’assimilazione della lâm alla consonante che la segue) e il consueto<br />

raddoppiamento della “s” (<strong>in</strong> questo caso “enfatica” - v. pt. 2 di quest’articolo per gli abusi di questo tipo). Se si è capito bene quanto<br />

scritto s<strong>in</strong> qui, è chiaro che “an-Nâsiriyya” si legge annàsirìyya, eppure si è sentito e letto di tutto, come al solito[1].<br />

Ma che la questione dei toponimi esponga - come per tutto ciò che riguarda la traslitterazione/trascrizione dall’arabo - a qualche<br />

figuraccia lo si vede anche sfogliando questa stessa rivista ["La Porta d'Oriente"], dove per imperizia di non so chi, nelle parti di<br />

quest’articolo s<strong>in</strong> qui pubblicate sono apparsi alcuni orrori tipografici, con grafemi della traslitterazione trasformati <strong>in</strong> lettere<br />

dell’alfabeto arabo e viceversa, e lettere che dovevano avere il punt<strong>in</strong>o diacritico sostituite da un punto esclamativo! Verrebbe da<br />

arrendersi def<strong>in</strong>itivamente, poiché vi sarà chi, impietosamente, avrà pensato che proprio il sottoscritto, mentre pontificava sulla<br />

traslitterazione, è <strong>in</strong>cappato <strong>in</strong> pacchiani errori…[2] Per di più, nello stesso numero de “La Porta d’Oriente” (n. 2, feb. 2007) erano<br />

contenute trascrizioni di toponimi arabi a dir poco ardimentose: “Irak”, “Abdhallah”, “Rhyad”. La nazione mesopotamica va scritta<br />

con la “q” (che sta per la qâf), non con la “k” (e sorvoliamo sulla ‘ayn <strong>in</strong>iziale, le cui difficoltà di pronuncia per i non arabofoni sono<br />

già state rilevate), il diffusissimo nome proprio (era quello del padre del Profeta dell’Islàm) non prevede “dh” per la traslitterazione<br />

della dâl (”dh” si usa per la dhâl, che si pronuncia come il “th” dell’<strong>in</strong>glese “that”; ed anche qui vi sarebbe la ‘ayn <strong>in</strong>iziale da<br />

traslitterare), mentre la capitale dell’Arabia Saudita, ar-Riyâd, al limite, si trascrive accettabilmente con “Riyad” (con l’Atlante De<br />

Agost<strong>in</strong>i che trascrive Riyadh, rendendo poco elegantemente con “dh” la “d” enfatica f<strong>in</strong>ale).<br />

Vi sono poi dei toponimi arabi che presentano serie difficoltà di trascrizione a tutti coloro che non conoscono l’arabo. Prendasi ad<br />

esempio la capitale yemenita San‘a’ (trascrizione semplificata). La corretta traslitterazione sarebbe San‘â’ (con la “s” col punt<strong>in</strong>o<br />

sotto), ma <strong>in</strong> giro si trova di tutto, da “Sanaa” a “Sana”, poiché, effettivamente, una ‘ayn preceduta da consonante e seguita da un<br />

suono vocalico lungo “â” presenta qualche difficoltà anche per l’arabista alle prime armi!<br />

Non si creda tuttavia che ricorrere ad un ausilio da parte di persone madrel<strong>in</strong>gua riesca <strong>in</strong> qualche caso a risolvere i problemi più<br />

<strong>in</strong>garbugliati. Mi trovavo <strong>in</strong> Yemen (alcuni direbbero “nello Yemen”, ed è corretto) a svolgere un lavoro che comportava la<br />

trascrizione di tutta una serie di nomi di cittad<strong>in</strong>e e di piccoli centri abitati dell’area di Wâdî Hadramawt, così per cavare le gambe da<br />

una cart<strong>in</strong>a che non riportava la vocalizzazione breve mi rivolsi, per chiarire la corretta trascrizione di alcuni toponimi davvero<br />

ambigui, ad abitanti del posto (o meglio, di San‘a’, discretamente lontana), conv<strong>in</strong>to che mi sarebbero stati d’aiuto. Macché! Erano <strong>in</strong><br />

tre, e ciascuno mi forniva una versione diversa, vocalizzando “a”, “i” oppure “u” la medesima consonante! Ma questo è senz’altro un<br />

caso limite, che evidenzia per di più come una scrittura delle sole consonanti e delle vocali lunghe presenti qualche problema anche<br />

per gli arabofoni quando trattasi di parole completamente sconosciute: per tutto il resto, ovvero i toponimi più noti ed altri nomi<br />

propri, basterebbe far circolare nelle redazioni di giornali e tv (sempre che vi sia l’<strong>in</strong>teresse a svolgere un lavoro serio) degli appositi<br />

elenchi che utilizz<strong>in</strong>o un criterio univoco, corredati da alcune norme generali (ad es. sulla presenza, nell’orig<strong>in</strong>ale arabo, di “al-” e<br />

relative norme sulla sua “assimilazione” o meno, su come trascrivere i suoni delle “s”, le varie enfatiche, sull’abuso di “h” f<strong>in</strong>ali ecc.).<br />

È <strong>in</strong>oltre da rilevare che la l<strong>in</strong>gua europea di chi trascrive <strong>in</strong>fluenza la scelta dei grafemi utilizzati. Valga per tutti l’esempio del nome<br />

della celebre tv satellitare Aljazeera, che già nella trascrizione <strong>in</strong>ternazionalmente adottata denota la scelta di privilegiare tra le l<strong>in</strong>gue<br />

europee l’<strong>in</strong>glese (tant’è vero che è stato <strong>in</strong>augurato un canale <strong>in</strong> questa l<strong>in</strong>gua), poiché il suono vocalico lungo “î” viene reso <strong>in</strong><br />

quella l<strong>in</strong>gua con “ee”. In Francia, perciò, si troverà scritto “al-Djazira”, mentre <strong>in</strong> Italia si può optare per “al-Jazira” (o addirittura,<br />

restando più fedeli all’italiano, che non ha la “j”, “al-Giazira”)[3]. Il nome proprio Mansûr (con la “s” enfatica) verrà reso qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong><br />

<strong>in</strong>glese con “Mansoor”, <strong>in</strong> francese con “Mansour” (<strong>in</strong> passato, anche “Mançour”). Il nome del noto pensatore tunis<strong>in</strong>o Ibn Khaldûn,<br />

<strong>in</strong> spagnolo viene trascritto con Ibn Jaldun, poiché la “j” rende lo stesso suono della (خ) dell’arabo, che ho trascritto, semplificando,<br />

con “kh” (che del resto <strong>in</strong> italiano non vuol dire nulla! Qu<strong>in</strong>di anche “kh”, sebbene sia una semplificazione, e perciò un “aiuto”, non<br />

veicola alcuna <strong>in</strong>formazione utile a chi non sa nulla dell’arabo!), mentre <strong>in</strong> una traslitterazione “scientifica” si dovrebbe usare una “h”<br />

con alla base una mezzaluna rivolta verso l’alto o un tratt<strong>in</strong>o.<br />

Problemi particolari sono quelli di chi si trova a leggere un testo <strong>in</strong> arabo <strong>in</strong> cui compaiono parole trascritte da l<strong>in</strong>gue non arabe.<br />

Molte volte, traducendo per il sito Aljazira.it, trovavo nomi propri europei trascritti <strong>in</strong> arabo: a meno che - grazie alla buona<br />

conoscenza dell’argomento - non s’<strong>in</strong>tuisca subito di chi o che cosa si tratta, l’unico sistema per uscirne con successo è tentare una<br />

trascrizione <strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i e controllare su un motore di ricerca i risultati, e, nei casi più disperati, cercare direttamente nel motore<br />

di ricerca il nome non arabo trascritto <strong>in</strong> arabo così come viene trovato, sperando che il motore di ricerca fornisca qualche sito<br />

bil<strong>in</strong>gue arabo-<strong>in</strong>glese <strong>in</strong> cui risulti, anche <strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i, il nome cercato assieme alle necessarie <strong>in</strong>formazioni per attribuirlo con<br />

certezza. Ma questo, dicevo, è un caso particolare che <strong>in</strong>teressa solo chi conosce piuttosto bene l’arabo. Basti comunque<br />

quest’esempio per ricordarsi un fatto banale: che anche gli arabi si producono <strong>in</strong> trascrizioni ardite (talvolta per pura e semplice<br />

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02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

<strong>in</strong>comprensione, come capita a noi), sebbene anche loro abbiano adottato dei criteri generalmente accettati (Milano diventa perciò<br />

“Mîlânû”, Roma “Rûmâ” e così via, con le vocali lunghe utilizzate quando vi sono vocali nella l<strong>in</strong>gua d’orig<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> modo da non<br />

creare ambiguità; ma se trattasi di toponimi che hanno un legame con la storia arabo-musulmana, l’arabo prevede una trascrizione<br />

distante da quella “letterale”: “Ishbîliyâ” per Siviglia, “Tulaytula” - con la “t” enfatica - per Toledo, e non “Tûlîdû”, tanto per<br />

<strong>in</strong>tenderci)[4].<br />

A questo punto, senza alcuna pretesa d’aver esaurito l’argomento (che, s’è capito, è vastissimo, e non solo per ‘pedanti’ un po’<br />

fissati), resta solo da accennare ad alcune soluzioni escogitate da chi non ha voluto r<strong>in</strong>unciare ad una vera e propria traslitterazione (ad<br />

un grafema arabo corrisponde un grafema lat<strong>in</strong>o)[5], onde evitare ogni marg<strong>in</strong>e d’<strong>in</strong>certezza. Tra questi ne segnaliamo due,<br />

decisamente curiosi ma <strong>in</strong>gegnosi.<br />

Il primo è quello che utilizza anche le cifre (”cifra”, dall’arabo “sifr”=zero), così per la ‘ayn si ha un “3″, per la hâ’ (aspirata forte) un<br />

“7″ e così via per tutte quelle lettere che presentano dei problemi utilizzando l’alfabeto lat<strong>in</strong>o di base. Tuttavia, anche questo sistema,<br />

usatissimo per i messagg<strong>in</strong>i da cellulare e per la posta elettronica, per salvaguardare il carattere della biunivocità, essenziale per<br />

qualsiasi traslitterazione efficace, deve ricorrere a dei doppi apici (”) da aggiungere a certe cifre per dist<strong>in</strong>guere, ad esempio, tra la<br />

‘ayn e la ghayn[6].<br />

Il secondo è una variante di quello “scientifico”, sviluppatosi da quello scelto <strong>in</strong> occasione di un convegno di arabisti tenutosi a Roma<br />

nel 1938 (si noti che all’epoca l’Italia era, <strong>in</strong> virtù del fatto che aveva una propria politica mediterranea ed araba, un faro degli studi di<br />

settore). Quello “scientifico”, adottato dalla rivista “Oriente Moderno” lo si può consultare a questo <strong>in</strong>dirizzo:<br />

http://mondodomani.<strong>org</strong>/mneme/gms.htm#par53.<br />

Ma il problema è sempre lo stesso: se non si possiedono i font adatti [nella colonna dei "collegamenti utili" sono segnalati siti dai<br />

quali è possibile scaricarne molti] non lo si può adottare, e comunque, poiché non tutti li hanno, tali font vanno usati esclusivamente<br />

tra un gruppo ristretto di persone, ad esempio i redattori di una rivista, <strong>in</strong> modo che tutti i testi siano convertiti <strong>in</strong> quel dato font. C’è<br />

però chi ha pensato, con un semplice escamotage, di aggirare l’ostacolo: per ovviare alla mancanza dei caratteri coi punti diacritici, si<br />

è optato per la scrittura di un punto immediatamente dopo la lettera che dovrebbe avere il punt<strong>in</strong>o sopra o sotto, e di mettere un<br />

tratt<strong>in</strong>o sotto alle coppie di lettere (”digrammi”) utilizzate per rendere una sola lettera dell’arabo. Il sistema è semplice: per scrivere<br />

s<strong>in</strong>â‘a, che com<strong>in</strong>cia con la “s” enfatica (v. pt. 1 dell’articolo), si farà così: s.<strong>in</strong>â’a. Altri esempi: h.adîth (”tradizione profetica”), qit.t.<br />

(”gatto”), d.âbit. (”ufficiale”)[7].<br />

Al term<strong>in</strong>e di questa disam<strong>in</strong>a di alcune questioni poste dalla traslitterazione/trascrizione dall’arabo all’italiano, una cosa è certa. Che<br />

<strong>in</strong> tutto ciò riesce a districarsi solo chi ha un livello di conoscenza almeno sufficiente della l<strong>in</strong>gua araba. Per gli altri, l’unica cosa che<br />

vale la pena di fare è sperare di trovare all’<strong>in</strong>izio di ogni libro contenente term<strong>in</strong>i arabi una pag<strong>in</strong>a che spieghi chiaramente il sistema<br />

di traslitterazione/trascrizione usato[8]…<br />

Se proprio non vogliamo dare ragione a T. E. Lawrence, che scriveva ne I sette pilastri della saggezza: “I nomi arabi non possono<br />

essere trascritti <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese… Esistono alcuni «sistemi scientifici» di traslitterazione: sono utili alle persone che sanno l’arabo<br />

sufficientemente bene da non aver bisogno di aiuto, ma per il resto del mondo sono un completo fallimento. Io scrivo i nomi come<br />

capita proprio per mostrare che questi sistemi non servono a nulla”.<br />

***<br />

Note:<br />

[1] A complicare ulteriormente le cose ci si mette il fatto che <strong>in</strong> italiano la “s” <strong>in</strong>tervocalica viene pronunciata come “sonora”, come la<br />

“s” di “rosa”, che <strong>in</strong> arabo corrisponde alla zây! Ciò giustifica <strong>in</strong> un certo senso il ricorso, <strong>in</strong> alcune trascrizioni, della doppia “s”, che<br />

obbliga così gli italiani a pronunciare la “s” come <strong>in</strong> “sole”. Fa eccezione il caso dei toscani, che spontaneamente pronunciano an-<br />

Nâsiriyya (annàsirìyya) con la “s” di “sole”.<br />

[2] A parziale rimedio di questa ‘figuraccia’, va detto che le tre parti di quest’articolo, adeguatamente riviste ed <strong>in</strong>tegrate (da tabelle e<br />

glossari), verranno - <strong>in</strong> shâ’a Llâh - ripubblicate <strong>in</strong> forma d’opuscolo.<br />

[3] Nei libri pubblicati f<strong>in</strong>o agli anni C<strong>in</strong>quanta-Sessanta non è difficile trovare scritto “sciarìa”, correttissimo seguendo la fonetica<br />

dell’italiano, a cui oggi si preferiscono soluzioni come “shari‘a”.<br />

[4] È bene precisare che ciò si verifica non perché gli arabi ’sentano’ quei nomi (ad es. lo spagnolo “Sevilla”) <strong>in</strong> quel modo. In questo<br />

caso, trattasi dunque di un passo ulteriore rispetto ad una semplice trascrizione.<br />

[5] O comunque più grafemi uniti tra una l<strong>in</strong>eetta che faccia capire che, assieme, rappresentano un unico grafema della l<strong>in</strong>gua che si<br />

traslittera.<br />

[6] Per alcune <strong>in</strong>formazioni su questo sistema cfr.: http://www.haridy.com/ib/archive/<strong>in</strong>dex.php/t-68848.html.<br />

Page 6 of 12<br />

[7] L’importanza della l<strong>in</strong>eetta sotto alcune coppie di lettere lat<strong>in</strong>e che devono rendere una sola lettera araba si comprende meglio col<br />

seguente esempio: madhhab (”scuola giuridica”), così traslitterato, a chi non conosce l’arabo può dare l’idea che vi siano una “d” e<br />

due “h” (ma <strong>in</strong> realtà tre consonanti di fila non possono esservi), mentre scrivendo madhhab è più facile comprendere che vi sono un<br />

suono “dh” e una “h”. Tuttavia, la “h” <strong>in</strong> italiano non rappresentando alcun suono se non è apposta alla “c” o alla “g”, è ben difficile<br />

che chi non sa nulla della l<strong>in</strong>gua araba ricavi un’<strong>in</strong>formazione utile dalla sua trascrizione… Gli basti sapere che si è <strong>in</strong> presenza di un<br />

suono consonantico (aspirato) a tutti gli effetti. Altro esempio è quello della parola hadîth: con la l<strong>in</strong>eetta tracciata sotto “th” s’<strong>in</strong>dica<br />

che “th” rende un unico grafema, da rendersi con un suono simile al “th” dell’<strong>in</strong>glese “th<strong>in</strong>”, mentre senza la l<strong>in</strong>eetta un profano<br />

potrebbe pensare che vi sono <strong>in</strong> successione i suoni “t” e “h”.<br />

[8] Se non altro si sarà compreso che la traslitterazione è sempre “scientifica”, ovvero non deve mai lasciare dubbi sulla possibilità di<br />

risalire dal testo con caratteri lat<strong>in</strong>i a quello <strong>in</strong> caratteri arabi. In tutti gli altri casi si è <strong>in</strong> presenza di trascrizioni, che comunque hanno<br />

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02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

il pregio di porre maggior attenzione alla fonetica e perciò mettono <strong>in</strong> condizione chi non sa l’arabo di leggere accettabilmente i<br />

term<strong>in</strong>i trascritti.<br />

17 febbraio, 2009 Nessun commento<br />

Corsiarabo.com a Parigi<br />

Scritto da redazione<br />

Il 12-13 gennaio 2009, <strong>org</strong>anizzato dall’ISESCO e da Granada Editions presso la sede di Parigi dell’UNESCO, si è tenuto il I° Forum<br />

europeo per la promozione e l’<strong>in</strong>segnamento della L<strong>in</strong>gua araba ai non arabofoni.<br />

Ospite tra i relatori il prof. Enrico Galopp<strong>in</strong>i, che nella seconda sessione dedicata ai libri di<br />

testo, ai programmi e all’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo <strong>in</strong> Occidente ha esposto una relazione, <strong>in</strong> arabo, sul tema de “L’<strong>in</strong>segnamento della<br />

l<strong>in</strong>gua araba ai non arabofoni <strong>in</strong> Occidente: realtà, sfide e prospettive di sviluppo”*.<br />

Tra i punti affrontati nella relazione: la necessità di un approccio alla materia che consideri l’arabo come “l<strong>in</strong>gua viva”; l’importanza<br />

dell’arabo “letterario” nell’apprendimento dell’arabo per i non arabofoni; i problemi connessi alla gestione di classi composte da<br />

studenti con differenti motivazioni; la difficile scelta di testi equilibrati tra le esigenze degli studenti e l’efficacia del metodo; il ruolo<br />

dell’<strong>in</strong>segnante, tra competenza nella materia e gestione della classe, onde mantenere sempre vivo l’<strong>in</strong>teresse degli studenti ecc.<br />

Al term<strong>in</strong>e della relazione, Corsiarabo.com è stato presentato al vasto e qualificato pubblico<br />

presente <strong>in</strong> sala, composto da m<strong>in</strong>istri della Cultura, dell’Educazione e degli Affari Sociali di vari Paesi islamici, rappresentanti<br />

dell’OIC (Organizzazione della Conferenza Islamica) e del Consiglio d’Europa, dirigenti di <strong>org</strong>anizzazioni arabe e islamiche<br />

impegnate nel campo della promozione della l<strong>in</strong>gua araba, docenti di l<strong>in</strong>gua araba, esperti nella comunicazione e nei media, esperti<br />

nella formazione degli <strong>in</strong>segnanti e nel campo della pedagogia provenienti da ogni parte del mondo arabo e islamico; pubblico che ha<br />

mostrato un grande <strong>in</strong>teresse per questa nuova <strong>in</strong>iziativa volta all’<strong>in</strong>segnamento della l<strong>in</strong>gua araba on l<strong>in</strong>e.<br />

* Prossimamente saranno disponibili gli atti del Forum.<br />

1 febbraio, 2009 Nessun commento<br />

La traslitterazione dall’arabo all’italiano (IIa parte di 3)<br />

Scritto da redazione<br />

di Enrico Galopp<strong>in</strong>i (”La Porta d’Oriente”, n.s., a. II, n. 4, aprile 2008, pp. 37-42).<br />

Page 7 of 12<br />

Nella prima parte di quest’articolo sono state fornite alcune <strong>in</strong>dicazioni propedeutiche sui problemi che pone la traslitterazione<br />

dall’arabo all’italiano, determ<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> primo luogo dal tipo di pubblico al quale ci si rivolge. Il medesimo condizionamento opera<br />

anche per buona parte delle questioni che verranno affrontate <strong>in</strong> questa seconda parte[1].<br />

L’arabo, per i sostantivi, contempla una term<strong>in</strong>azione “at” - e, <strong>in</strong> un m<strong>in</strong>or numero di casi, “ât” - nella quale la “t” della<br />

traslitterazione <strong>in</strong>dica la tâ’ marbûta, cioè “legata” (il cui grafema (ة) corrisponde esattamente a quello della hâ’ (ه), sormontato da<br />

due punt<strong>in</strong>i), che è da leggersi come una ت / tâ’ mamdûda (”distesa”, qu<strong>in</strong>di “slegata”, la cui pronuncia è come quella della nostra “t”)<br />

e che con essa ha <strong>in</strong> comune, appunto, i due punt<strong>in</strong>i. Non si tratta di una vera e propria lettera dell’alfabeto (difatti non fa mai parte<br />

della radice - perlopiù triconsonantica - delle parole), bensì di un grafema che sta ad <strong>in</strong>dicare, nella maggior parte dei casi, il<br />

femm<strong>in</strong>ile s<strong>in</strong>golare: es. madrasat (”scuola”), <strong>in</strong> arabo ةسردم.<br />

Se però la parola viene traslitterata isolatamente è usuale omettere la “t” corrispondente alla tâ’ marbûta, perché la lettura va fatta “<strong>in</strong><br />

pausa”: qu<strong>in</strong>di, si scriverà madrasa, omettendo appunto la tâ’ marbûta, che andrà trascritta solo nel caso <strong>in</strong> cui s’<strong>in</strong>tenda leggere<br />

anche il caso (nom<strong>in</strong>ativo, accusativo ecc., il cui grafema segue la tâ’ marbûta), oppure se la parola term<strong>in</strong>ante con la tâ’ marbûta è il<br />

primo term<strong>in</strong>e di una “annessione”, <strong>in</strong> modo da rendere la lettura del s<strong>in</strong>tagma fluida, come <strong>in</strong> arabo: ad es., madrasat al-madîna (”La<br />

scuola della città”).<br />

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02/02/2010


Il sito italiano per l’<strong>in</strong>segnamento dell’arabo on l<strong>in</strong>e — Corsi di Arabo<br />

Quando la parola con la tâ’ marbûta viene traslitterata isolatamente, la lettura “<strong>in</strong> pausa” è quella che ricorre più spesso sulle<br />

pubblicazioni <strong>in</strong> italiano, sennonché alla f<strong>in</strong>e, al posto della tâ’ marbûta traslitterata “t” appare talvolta una “h”, per cui si trova scritto<br />

madrasah, sebbene la parola sia traslitterata secondo una lettura “<strong>in</strong> pausa”. Di nuovo, credo si debba tener conto <strong>in</strong>nanzitutto del tipo<br />

di lettori ai quali ci si rivolge, e se trattasi di non specialisti a mio avviso l’aggiunta di una “h” risulta fuorviante perché li <strong>in</strong>duce a<br />

pensare che “scuola” sia da leggersi con un’aspirata f<strong>in</strong>ale. Qu<strong>in</strong>di, per ricapitolare, possiamo trovare madrasat, madrasah e madrasa,<br />

con la prima variante <strong>in</strong> uso se vi è da rendere <strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i il primo term<strong>in</strong>e di una “annessione” e le altre due nel caso di<br />

traslitterazione di una parola presa isolatamente.<br />

Quando ho scritto madrasat al-madîna ( ةنيدملا ةسردم)<br />

ho lasciato <strong>in</strong> sospeso una questione, e ne approfitto per spiegare meglio la<br />

questione della “pausa”, che ha le sue ripercussioni sulla scelta della traslitterazione.<br />

Ovviamente, <strong>in</strong> “la scuola della città”, “la scuola” può essere soggetto, complemento oggetto ecc., ma la vocalizzazione <strong>in</strong>dicante il<br />

caso (u, a, i) portata dalla tâ’ marbûta è stata omessa, così la lettura, scegliendo la traslitterazione madrasat al-madîna, scorre dalla<br />

“t” alla “a” di “al” (l’articolo determ<strong>in</strong>ativo per tutti i generi e numeri) che, però, <strong>in</strong> arabo non va letta quando “al” non è all’<strong>in</strong>izio di<br />

frase, per cui si dà la precedenza alla vocale <strong>in</strong>dicante il caso, dalla quale si passa a leggere la lâm (suono “l”) di “al” (se la<br />

consonante che segue è “lunare”, altrimenti si raddoppia il suono della consonante “solare” - v. la 1ª parte di quest’articolo).<br />

Qu<strong>in</strong>di, traslitterando le tre possibilità (si noti il cambiamento di vocale dopo madrasat) che si presentano <strong>in</strong> arabo (non entro nella<br />

questione del “diptoto” o della duplice decl<strong>in</strong>azione che serve i tre casi):<br />

1) madrasatu l-madîna (”La scuola della città [è bella]“; sogg.).<br />

2) madrasata l-madîna (”[Ho visto] la scuola della città”; compl. ogg.)<br />

3) madrasati l-madîna (”[Ho studiato nel] la scuola della città”; caso obliquo, ovvero tutti gli altri casi)<br />

Questa triplice possibilità offerta dalla l<strong>in</strong>gua araba è <strong>in</strong> uso nelle traslitterazioni solo nelle pubblicazioni scientifiche, quando ad es. si<br />

rende dall’arabo una frase, un brano, un testo <strong>in</strong>tero, perché <strong>in</strong> quel caso si deve dare conto della posizione che i vari elementi<br />

occupano nella/e frase/i. Per il resto, per la traslitterazione di una semplice “annessione” si omettono i casi e si traslittera solo la “t”<br />

corrispondente alla tâ’ marbûta. Qu<strong>in</strong>di, nessuno dei tre esempi summenzionati viene seguito se si vuol traslitterare solo “la scuola<br />

della città”, ma si scriverà, come detto sopra, madrasat al-madîna.<br />

Un caso <strong>in</strong>termedio è la traslitterazione di titoli di libri <strong>in</strong> arabo, tuttavia prevale la tendenza (v. il “Bollett<strong>in</strong>o d’islamistica” curato da<br />

Roberto Tottoli su “Oriente Moderno”, rivista edita dall’Ist. per l’Oriente dal 1921) a non traslitterare il caso dopo la tâ’ marbûta.<br />

Per concludere con questo argomento, ritorniamo un attimo a madrasat al-madîna.<br />

Anche madîna (”città”), <strong>in</strong> arabo ةنيدم, term<strong>in</strong>a con la tâ’ marbûta, ma per questo secondo term<strong>in</strong>e della “annessione” la lettura <strong>in</strong><br />

arabo va fatta “<strong>in</strong> pausa”, per cui è davvero opportuno trascrivere (e non traslitterare, poiché, appunto, la tâ’ marbûta viene omessa)<br />

fermandosi alla “a” della term<strong>in</strong>azione “at” di madîna(t).<br />

Un’ultima cosa è da dire sull’accento; questione legata alla traslitterazione, poiché - basti pensare allo scempio che delle parole arabe<br />

è fatto nei telegiornali - le parole traslitterate (o trascritte) vanno poi lette…<br />

Chi ha letto màdrasa o madràsa alzi rispettivamente la mano. La lettura giusta è… màdrasa… e perché?<br />

In arabo le sillabe si dividono <strong>in</strong>:<br />

1) “chiuse”: vocale breve tra due consonanti - es. “qul” <strong>in</strong> qultu;<br />

2) “aperte”:<br />

2.a: consonante e vocale lunga - es. “qâ” <strong>in</strong> qâla;<br />

2.b: consonante e vocale breve - es. “tu” <strong>in</strong> qultu;<br />

ma anche <strong>in</strong>:<br />

a) “lunghe”: 1 e 2.a<br />

b) “brevi”: 2.b<br />

Nell’arabo classico non esiste <strong>in</strong> effetti una regola stabilita per l’accento, sennonché - fatte salve le varianti dialettali - si può<br />

affermare che l’accento cade sulla terzultima sillaba a meno che la penultima sia lunga (l’ultima non conta ai f<strong>in</strong>i dell’accento).<br />

Diamo alcuni esempi:<br />

kataba (”scrivere”) - ka-ta-ba: tutte “brevi” - si legge kàtaba;<br />

katabahu (”lo scrisse”) - ka-ta-ba-hu: tutte “brevi” - si legge katàbahu;<br />

katabtum (”voi avete scritto”) - ka-tab-tum: “breve”-”lunga”-”lunga” - si legge katàbtum;<br />

madîna (”città”) - ma-dî-na: “breve”-”lunga”-”breve” - si legge madìna;<br />

Page 8 of 12<br />

madrasa (”scuola”) - mad-ra-sa: “lunga”-”breve”-”breve” - si legge màdrasa (ma madràsatun se si vuol leggere ad es. il caso al<br />

nom<strong>in</strong>ativo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato che dopo la tâ’ marbûta è “un”, perché stavolta la sillabazione è mad-ra-sa-tun e “ra” è la terzultima<br />

sillaba).<br />

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madrasatuhu (”la sua scuola”) - mad-ra-sa-tu-hu: “lunga” e poi tutte “brevi” - si legge madrasàtuhu;<br />

yatamarkazu ([egli] “si stabilisce”) - ya-ta-mar-ka-zu: “breve”-”breve”-”lunga”-”breve”-”breve” - si legge yatamàrkazu, mentre<br />

yatamarkazna ([esse] “si stabiliscono”) - ya-ta-mar-kaz-na: “breve”-”breve”-”lunga”-”lunga”-”breve” - si legge yatamarkàzna.<br />

Adesso si capirà l’errore che fanno coloro che leggono madràsa (o addirittura madràssa, con raddoppiamento della “s”: ci<br />

occuperemo anche di questo vizio), e quelli che leggono Omàr, quando il nome del pulcherrimo mullâ è ‘Umar, la cui terzultima<br />

sillaba (va considerata la sillabazione ‘u-ma-ru [diptoto]) è “‘u” (l’apostrofo rovesciato sta, come si è detto nella 1ª parte, per la ‘ayn,<br />

ragion per cui alcuni optano per una grafia m<strong>in</strong>uscola della “u”, la ‘ayn essendo una consonante, sebbene per i nomi propri sia<br />

preferibile mantenere almeno una maiuscola): qu<strong>in</strong>di si deve leggere “Òmar”.<br />

Si noti ora che ho scritto mullâ e non mullah (o mullâh), come di solito si trova.<br />

La parola - che non è d’orig<strong>in</strong>e araba - è <strong>in</strong>fatti ٌلام, senza la hâ’ f<strong>in</strong>ale, ma la mania d’<strong>in</strong>filare dappertutto “h” (lo si è visto <strong>in</strong><br />

“madrasah“, anche se <strong>in</strong> quel caso può avere un senso)[2] o di raddoppiare le “s” (enfatiche o meno) imperversa tra coloro che<br />

improvvisano una traslitterazione di term<strong>in</strong>i arabi senza le m<strong>in</strong>ime conoscenze dell’argomento. Ecco come saltano fuori le<br />

“madràsse“, i “Yassèr Arafàt” (quando il nome è Yâsir, e allora sarebbe accettabile Yaser (o Yàser), mentre si perdona l’assenza della<br />

‘ayn, ché sarebbe da scrivere ‘Arafât), gli “Assàd” (con un doppio errore, poiché l’abuso della “s” <strong>in</strong>duce a spostare l’accento di<br />

“Asad“, che è da leggersi Àsad), i “Nassèr“, quando il ra’îs egiziano si chiamava ‘Abd an-Nâsir (qu<strong>in</strong>di sarebbe accettabile<br />

traslitterare con “Abd en-Nàser“). Una variante sul tema, che non riguarda direttamente le traslitterazioni, è “mussulmani”, diffuso<br />

f<strong>in</strong>o agli anni C<strong>in</strong>quanta-Sessanta.<br />

La “s”, d’altronde, non è l’unica lettera che esalta gl’improvvisati traslitteratori… è il caso <strong>in</strong>fatti di ricordare la “d” (enfatica o<br />

meno): chi non ha mai letto “mujaheddìn“? Bene, si tratta <strong>in</strong>vece di mujâhidîn, plurale di mujâhid (”combattente”, colui che compie il<br />

jihàd), per cui il colmo del ridicolo si raggiunge quando si sente dire “un mujaheddìn” (negli anni Settanta c’era comunque “un<br />

Fedayn”, trascrizione di una decl<strong>in</strong>azione del plurale di fidâ’î…).<br />

“Il jihàd” ci ricorda <strong>in</strong>oltre che bisogna stare attenti al maschile e al femm<strong>in</strong>ile dei term<strong>in</strong>i arabi, qu<strong>in</strong>di scrivere “la jihâd” è sbagliato<br />

(ed è qu<strong>in</strong>di sbagliato tradurre il movimento palest<strong>in</strong>ese al-Jihâd al-Islâmî con “Jihad islamica”), anche se <strong>in</strong> questo caso è quasi<br />

impossibile per chi non conosce un m<strong>in</strong>imo d’arabo capire se una parola è maschile o femm<strong>in</strong>ile… Così com’è sbagliato scrivere,<br />

‘alla francese’, “l’hammâm” (”il bagno”), perché <strong>in</strong> tal modo un italiano pronuncia “l’ammàm”, come se la “h” aspirata forte<br />

(consonante) non esistesse: si deve scrivere qu<strong>in</strong>di “lo hammâm”.<br />

Chi ama la precisione e, conoscendo l’arabo, <strong>in</strong>tende fornire un’accettabile traslitterazione, deve poi stare attento a traslitterare la<br />

hamza (un’<strong>in</strong>terruzione nell’emissione del suono, se mediana o <strong>in</strong> f<strong>in</strong>ale di parola - sempre che si legga anche il caso che segue)[3]<br />

con l’apostrofo (’), mentre la ‘ayn (ع) - come si è già visto nella 1ª parte - va resa con l’apostrofo rovesciato (‘). Esempi: ra’îs<br />

(”capo”), da leggersi ra-îs, come se tra “a” e “î” vi fosse uno stacco; ‘ulamâ’ (”dotti”), dove il primo apice è la ‘ayn e il secondo è la<br />

hamza (qu<strong>in</strong>di, il compianto Pier Giovanni Don<strong>in</strong>i aveva scelto proprio l’esempio sbagliato, nell’ottimo Il mondo arabo-islamico<br />

(Roma 1995, p. 25), traslitterando la parola araba ءارم ُ أ (”emiri”; s<strong>in</strong>g. amîr) con ‘umarâ’, poiché la hamza <strong>in</strong>iziale, che graficamente<br />

<strong>in</strong>dica l’attacco vocalico, non è da traslitterare, e semmai, se proprio lo si volesse, si dovrebbe scrivere ’umarâ’, <strong>in</strong>vece che<br />

umarâ’ (che è corretto). Ma il colmo è che lo stesso Don<strong>in</strong>i, a p. 23 dello stesso libro, proponeva una tabella con l’alfabeto arabo e le<br />

relative traslitterazioni nella quale vi sono ben quattro errori, sebbene citasse come fonte la tabella contenuta nel Dizionario compatto<br />

italiano-arabo arabo-italiano (Bologna 1994, pp. 11-12) curato da Eros Baldissera, la quale non contiene alcun errore!).<br />

Quest’esempio credo sia la prova più eclatante delle trappole che le traslitterazioni ‘tendono’ anche ad un decano degli studi arabi e<br />

d’islamistica…<br />

Inoltre, siccome spesso ci si mette anche il computer a complicare le cose rovesciando gli apici accuratamente scritti nei due modi su<br />

<strong>in</strong>dicati, sarà utile segnalare che, per non sbagliarsi, il simbolo della ‘ayn corrisponde a Alt+0145, quello della hamza a Alt+0146.<br />

Una difficoltà particolare presentano poi i toponimi. Un caos totale!<br />

Ma di questo parleremo nella terza ed ultima parte di quest’articolo, nella quale ci sarà senz’altro da divertirsi…<br />

***<br />

Note:<br />

[1] Forse è il caso di chiarire meglio la differenza tra “traslitterazione” e “trascrizione”, cui accennavo solo di passata nella prima<br />

parte. Quando la rappresentazione di una parola araba <strong>in</strong> alfabeto lat<strong>in</strong>o è condizionata dal tipo di pubblico al quale ci si rivolge, si<br />

rimane <strong>in</strong> effetti nel campo della “trascrizione”. È la “trascrizione” dei term<strong>in</strong>i arabi che, a seconda del pubblico al quale si rivolge,<br />

deve portare chi non conosce l’arabo a pronunciare term<strong>in</strong>i arabi secondo un’approssimazione che sia la più vic<strong>in</strong>a all’orig<strong>in</strong>ale. La<br />

vera e propria “traslitterazione” serve <strong>in</strong>vece solo a chi l’arabo lo conosce o lo studia. È chiaro anche che una buona trascrizione - per<br />

<strong>in</strong>tenderci una trascrizione rivolta ad un generico pubblico italiano, del tipo dàr as-s<strong>in</strong>à’a (v. 1a parte) - può essere realizzata soltanto<br />

da chi conosce bene l’arabo (la fonologia, la morfologia e la s<strong>in</strong>tassi della l<strong>in</strong>gua) e l’italiano. Qu<strong>in</strong>di, la risposta alle domande “Quali<br />

sono i criteri da seguire per ottenere una buona traslitterazione dell’arabo?” e “Quali sono i criteri da seguire per ottenere una buona<br />

trascrizione dall’arabo, la quale, per def<strong>in</strong>izione, non è oggettiva ma, anzi relativa al dest<strong>in</strong>atario?” è alquanto diversa e, mentre per<br />

leggere correttamente una buona traslitterazione dell’arabo occorre conoscere l’arabo, una buona trascrizione è esattamente ciò che<br />

consente di leggere, pur non conoscendo alcunché della l<strong>in</strong>gua araba, term<strong>in</strong>i arabi discostandosi il meno possibile dalla pronuncia<br />

corretta.<br />

[2] Alla luce del fatto che orig<strong>in</strong>ariamente esisteva un’aspirazione <strong>in</strong> f<strong>in</strong>ale, mentre la “tâ’ marbûta” sarebbe stata <strong>in</strong>trodotta <strong>in</strong><br />

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[3] A voler essere precisi, bisognerebbe osservare che la hamza è sempre semplicemente una consonante (<strong>in</strong>fatti può far parte della<br />

radice delle parole).<br />

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