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Antonella De Vito<br />

Donne<br />

e<br />

Professionalità<br />

Prov<strong>in</strong>cia di Livorno<br />

3


Grafica di copert<strong>in</strong>a e impag<strong>in</strong>azione: Margherita Dalle Vacche<br />

Stampa: Centro Stampa della Prov<strong>in</strong>cia di Livorno<br />

Distribuzione gratuita a cura dalla Commissione Pari Opportunità<br />

della Prov<strong>in</strong>cia di Livorno<br />

Piazza del Municipio 4<br />

57100 Livorno<br />

Telefono: 0586 257223<br />

E-ma<strong>il</strong>: pariopportunita@prov<strong>in</strong>cia.livorno.it<br />

Sito Web : http://www.prov<strong>in</strong>cia.livorno.it/new/modules.php?name=<br />

Content&pa=showpage&pid=688<br />

In collaborazione tra wwww.manidistrega.it e<br />

Commissione Pari Opportunità della Prov<strong>in</strong>cia di Livorno<br />

4


Riflessione<br />

L’idea di valorizzare e diffondere questo lavoro così importante è nata all’<strong>in</strong>terno<br />

del gruppo di lavoro “Ben-essere della persona: empowerment personale, ambiente,<br />

servizi, salute, sport” della Commissione Pari Opportunità quando, essendo<br />

venute a conoscenza della sua esistenza, è stato <strong>in</strong>dividuato come un’ottimo strumento<br />

per “parlare” delle capacità, delle professionalità e dei ruoli lavorativi di<br />

prestigio che molte donne hanno raggiunto nonostante nell’op<strong>in</strong>ione pubblica e<br />

negli stereotipi diffusi si cont<strong>in</strong>ui a pensarla come una cosa <strong>in</strong>consueta, <strong>in</strong>solita e<br />

molto diffic<strong>il</strong>e.<br />

Certo, è vero che purtroppo nei ruoli di vertice la percentuale di donne è sempre<br />

troppo bassa, osteggiata e resa estremamente diffic<strong>il</strong>e, ma proprio per questo crediamo<br />

sia importante ed ut<strong>il</strong>e far conoscere le storie di chi li ricopre, <strong>il</strong> valore del<br />

lavoro svolto, la grande professionalità messa <strong>in</strong> campo, le ricadute positive sia <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i di sv<strong>il</strong>uppo economico che sociale per la nostra collettività.<br />

Dare valore all’impegno, al lavoro ed al contributo delle donne; questo <strong>il</strong> nostro<br />

impegno ed <strong>il</strong> nostro obiettivo, e questa pubblicazione rappresenta uno dei tanti<br />

modi <strong>in</strong> cui lo si può fare, non certo l’unico.<br />

E’ bene <strong>in</strong>fatti ricordare che non ci sono traguardi unici di riferimento, persone<br />

che vi arrivano o non arrivano e che solo <strong>in</strong> virtù di quanto lontano o vic<strong>in</strong>o esse<br />

siano, possano essere valutate.<br />

La nostra collettività necessita di svariate e molteplici professionalità e prestazioni,<br />

tutte egualmente importanti e fondamentali nelle quali la differenza di valore e<br />

di risultato non è data dalla qualifica o dal livello sociale, ma dalle caratteristiche<br />

della persona stessa, ossia da quali siano i propri valori di riferimento, dal grado<br />

di consapevolezza e autostima personale, dalla capacità critica ed <strong>in</strong>tellettuale<br />

così come dalla propria libertà da pregiudizi e stereotipi; ossia dal proprio BENE-<br />

ESSERE.<br />

Ciò che nella vita è importante è la ricerca dello “star bene con sé stessi” e per far<br />

questo non tutti dobbiamo tendere agli stessi traguardi. Ognuno di noi ha i suoi<br />

7


“traguardi” personali o pubblici, ciò che conta è perseguirli senza arrendersi davanti<br />

alle difficoltà. La commissione cerca di svolgere un lavoro che possa accompagnare.<br />

aiutare e <strong>in</strong>coraggiare gli <strong>in</strong>dividui <strong>in</strong> tale ricerca, con la consapevolezza<br />

che è solo attraverso <strong>il</strong> bene-essere <strong>in</strong>dividuale che si può arricchire e migliorare la<br />

società alla ricerca di un benessere collettivo.<br />

8<br />

Rossella Lupi<br />

Presidente Commissione Pari Opportunità<br />

della Prov<strong>in</strong>cia di Livorno


Abbiamo deciso di essere ottimiste!<br />

E così <strong>il</strong> nostro viaggio nell’universo lavorativo al femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e ha puntato <strong>in</strong> alto,<br />

andando a cercare donne che hanno raggiunto ottimi risultati professionali.<br />

La vogliamo considerare come una dimostrazione del fatto che la donna, portando<br />

con sé le sue caratteristiche e le sue specificità di genere può arrivare ovunque!<br />

Certo, deve faticare almeno <strong>il</strong> doppio rispetto ai colleghi uom<strong>in</strong>i, ma le sue caratteristiche<br />

<strong>in</strong>tellettuali e caratteriali non precludono niente, anzi forse possono<br />

aggiungere qualcosa <strong>in</strong> più.<br />

Nonostante tutto restano penalizzate a livello di visib<strong>il</strong>ità, anche quando, come<br />

nei casi che abbiamo deciso di raccontavi, hanno raggiunto risultati veramente<br />

importanti.<br />

In questo libretto troverete storie di donne che svolgono attività lavorative e professionali<br />

<strong>in</strong> vari campi; le abbiamo <strong>in</strong>contrate per raccontarne la storia, evidenziarne<br />

le capacità, i successi, le difficoltà che hanno <strong>in</strong>contrato, e anche <strong>il</strong> modo<br />

di andare avanti con competenze specifiche nel loro campo ma anche di genere,<br />

mettendo <strong>in</strong> luce l’importanza di portare <strong>il</strong> proprio “femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e” anche <strong>in</strong> campi<br />

tradizionalmente masch<strong>il</strong>i.<br />

Antonella De Vito ha <strong>in</strong>tervistato nell’arco di alcuni anni (dal 2008 al 2012)<br />

molte donne, e le loro parole sono state pubblicate sulla rivista <strong>in</strong>ternet www.manidistrega.it<br />

(di cui è Direttora Responsab<strong>il</strong>e) nella sezione Parliamodi – Persone,<br />

e oggi, grazie al sostegno e all’<strong>in</strong>teresse della Commissione Pari Opportunità della<br />

Prov<strong>in</strong>cia di Livorno, ed <strong>in</strong> collaborazione con essa, anche su carta, <strong>in</strong> queste poche<br />

pag<strong>in</strong>e, a distribuzione gratuita.<br />

Ci piacerebbe che queste testimonianze fossero un’<strong>in</strong>iezione di fiducia per tutte<br />

quelle donne che hanno poca stima <strong>in</strong> se stesse ed <strong>in</strong>vece hanno bisogno di essere<br />

<strong>in</strong>coraggiate.<br />

Il nostro lavoro vuole essere proprio questo: donne che <strong>in</strong>coraggiano altre donne.<br />

Perché io non posso farlo?<br />

Ogni donna dovrebbe porsi questa domanda e trovare l’energia necessaria ad andare<br />

avanti nella risposta derivata anche dalle testimonianze di altre donne.<br />

Margherita Dalle Vacche<br />

ideatrice di www.manidistrega.it<br />

9


Prefazione dell’Autrice<br />

Aver avuto l’opportunità di conoscere tante donne, che hanno ricevuto dal mondo<br />

del lavoro le soddisfazioni e l’affermazione che desideravano, è stata per me un’occasione<br />

per fare alcune brevi riflessioni.<br />

La prima differenza che ho notato è quella relativa alle donne giovani e a quelle più<br />

mature. Quest’ultime avendo vissuto direttamente <strong>il</strong> ’68 e gli anni settanta hanno<br />

<strong>in</strong>tercettato subito le domande sul femm<strong>in</strong>ismo e le pari opportunità, mettendole<br />

a fuoco, e senza alcuna remora ci hanno regalato <strong>il</strong> racconto delle loro battaglie e<br />

l’impegno profuso per con<strong>qui</strong>stare all’<strong>in</strong>terno del campo professionale quello spazio<br />

che per competenza e professionalità spettava loro, ma che non sempre è stato<br />

concesso fac<strong>il</strong>mente. Le giovani donne sono restate <strong>in</strong>vece più stupite davanti a<br />

domande relative alle pari opportunità, non ne hanno colto subito <strong>il</strong> significato e<br />

talvolta mi hanno guardata come un’extraterrestre <strong>in</strong> missione speciale. Sì, a livello<br />

teorico si sono difese, ma nella pratica non hanno saputo sviscerare la questione<br />

attraverso la loro storia di vita. Le giovani donne si sono concentrate molto di<br />

più sulla difficoltà di trovare un lavoro, problema che co<strong>in</strong>volge entrambi i sessi,<br />

accomunando uom<strong>in</strong>i e donne allo stesso dest<strong>in</strong>o spesso drammatico. Problema<br />

questo che <strong>in</strong>vece le donne più mature non hanno vissuto, lo conoscono nella teoria,<br />

ma non appartiene al loro Dna. Del tutto naturale questa differenza storica,<br />

perché la realtà <strong>in</strong> soli vent’anni è cambiata profondamente, ma tutto questo porta<br />

con sé una preoccupazione: <strong>il</strong> timore che i valori del femm<strong>in</strong>ismo ac<strong>qui</strong>siti dopo<br />

tanti anni di lotte f<strong>in</strong>iscano per dissolversi nella crisi economica e nella difficoltà<br />

di trovare un lavoro. Sarebbe veramente un peccato, uno spreco di tante energie,<br />

ecco perché credo che le donne delle diverse generazioni debbano <strong>in</strong>contrasi per<br />

scambiarsi i loro rispettivi vissuti, <strong>in</strong> modo che non vi sia dispersione della storia<br />

dell’una o dell’altra, ma vi possa essere <strong>in</strong>vece una trasmissione di valori, una specie<br />

di eredità da conservare con cura.<br />

L’altra riflessione alla quale sono stata <strong>in</strong>dotta è quella relativa al l<strong>in</strong>guaggio di genere.<br />

Su questo non vi sono molte differenze generazionali, un po’ tutte le donne<br />

sono state restie a quella che non dovrebbe essere più una novità, ma che <strong>in</strong>vece<br />

purtroppo è ancora piuttosto lontana dall’applicazione pratica. Devo confessare<br />

che <strong>in</strong> queste <strong>in</strong>terviste ho un po’ “forzato” le espressioni delle protagoniste, <strong>in</strong>-<br />

10


ducendole ad usare alcuni femm<strong>in</strong><strong>il</strong>i che non avrebbero mai ut<strong>il</strong>izzato spontaneamente.<br />

Spero non me ne vogliano, ma sono fermamente conv<strong>in</strong>ta che bisogna<br />

un po’ sp<strong>in</strong>gere le donne su questa strada, perché se non saremo per prime noi a<br />

mutare <strong>il</strong> l<strong>in</strong>guaggio, capace di trasc<strong>in</strong>are con sé anche gli aspetti pratici della vita,<br />

non possiamo certo aspettarcelo dalla parte masch<strong>il</strong>e del mondo.<br />

Antonella De Vito<br />

11


Crist<strong>in</strong>a Vann<strong>in</strong>i,<br />

una scienziata con la passione per la Biodanza<br />

30/04/08<br />

“Ci sono stati anche episodi simpatici legati al mio essere una scienziata, che<br />

mi hanno fatto ridere e nello stesso tempo mi hanno dato delle soddisfazioni<br />

come donna. Qualche anno fa mi trovavo alla NASA e stavo aspettando <strong>il</strong><br />

mio turno per presentare un progetto italiano, quando si avvic<strong>in</strong>a un mio<br />

collega americano, mi porge dei fogli, e mi chiede se posso fargli velocemente<br />

delle fotocopie. Ho sorriso e gli ho risposto che forse era meglio se le faceva<br />

da solo perché a breve sarebbe stato <strong>il</strong> mio turno per parlare”.<br />

Mi sarebbe piaciuto assistere alla scena, un po’ riesco ad immag<strong>in</strong>arla: un uomo<br />

che vede una donna a Cape Kennedy, (<strong>il</strong> vecchio Cape Canaveral) e neanche si<br />

pone <strong>il</strong> problema di chi sia e cosa stia facendo, per lui è sicuramente una segretaria,<br />

per forza, è una donna, che altro potrebbe fare <strong>in</strong> mezzo ai migliori cervelli<br />

della terra!<br />

“Il fatto è che <strong>in</strong> altre occasioni sono state anche le donne a fare lo stesso<br />

tipo di ragionamento. Una volta mi è capitato di lavorare per un periodo<br />

a SLAC, <strong>il</strong> laboratorio dell’Università di Stanford <strong>in</strong> California; un giorno<br />

una segretaria mi fermò nel corridoio e con fare molto curioso mi chiese, ‘…<br />

scusami, ma tu, così ben vestita, devi certamente essere la segretaria di uno<br />

molto importante, non è vero?’ Anche lei non si era posta <strong>il</strong> problema!”.<br />

Mentre <strong>il</strong> precedente episodio mi fa sorridere, questo mi appare già meno simpatico<br />

da raccontare, anzi, provenendo da un’altra donna, ti confesso che mi fa<br />

un po’ arrabbiare. Comunque vuol dire che, anche <strong>in</strong> ambienti che ti aspetteresti<br />

culturalmente elevati, si <strong>in</strong>contrano ancora un sacco di stereotipi. Ma partiamo<br />

dalla tua scelta di diventare una scienziata nel campo della Fisica.<br />

“F<strong>in</strong> da giovane ho sempre avuto una grande curiosità e anche delle buone<br />

capacità: a scuola andavo bene praticamente <strong>in</strong> tutte le materie, e, quando<br />

approfondivo qualcosa, lo trovavo sempre bello e <strong>in</strong>teressante. Così non è<br />

stato semplice decidere cosa fare all’università: F<strong>il</strong>osofia mi affasc<strong>in</strong>ava, ma<br />

offriva poche possib<strong>il</strong>ità lavorative, Architettura mi attraeva, ma eravamo nel<br />

’69, e <strong>in</strong> quegli anni di lotte studentesche questa facoltà a Firenze non garantiva<br />

<strong>il</strong> clima giusto per studiare. Così ho scelto di fare Fisica a Pisa, un corso<br />

di studi che aveva, perf<strong>in</strong>o <strong>in</strong> quegli anni, una <strong>in</strong>dubbia serietà”.<br />

Una strada non semplice, oltre che <strong>in</strong>dubbia serietà, la facoltà di Fisica di Pisa<br />

13


ha anche la fama di essere piuttosto impegnativa…<br />

“È vero, ma devi sapere che ho avuto un padre molto esigente, direi addirittura<br />

squalificante, quello che facevo non era mai abbastanza, non mi lodava<br />

né gratificava mai, qualunque cosa facessi. Anche se poi a mia <strong>in</strong>saputa era<br />

orgoglioso di me, non me lo manifestava mai apertamente; così io ho sempre<br />

sentito l’esigenza di dimostrare a lui, ma più che altro a me stessa, che<br />

qualcosa <strong>in</strong> fondo valevo: ecco perché ho scelto sempre le cose più diffic<strong>il</strong>i.<br />

La mia vita è stata tutta una sfida, nello studio, nello sport e nel lavoro. E <strong>in</strong><br />

questo campo sono partita con le idee precise, non ho mai pensato di fare<br />

l’<strong>in</strong>segnante: ero determ<strong>in</strong>ata nel voler fare la scienziata”.<br />

La vita di una studentessa di quegli anni non doveva essere fac<strong>il</strong>e, <strong>in</strong> un ambiente<br />

tipicamente masch<strong>il</strong>e.<br />

“A quel tempo le studentesse a Fisica erano poco più del 10%, mentre oggi<br />

sono circa <strong>il</strong> 50%, tuttavia devo riconoscere di non essermi mai sentita discrim<strong>in</strong>ata<br />

durante gli studi. Anzi sono sempre stata lodata molto per i risultati<br />

che ottenevo e questo mi gratificava”.<br />

Ho quasi paura di chiedertelo, perché temo di avventurarmi <strong>in</strong> un campo dove<br />

potrei avere difficoltà a seguirti; ma vorrei che tu provassi a spiegarmi di cosa ti<br />

occupi come scienziata.<br />

“Il campo <strong>in</strong> cui lavoro si chiama Fisica delle Particelle Elementari, fra le<br />

quali ci sono, tanto per fare un esempio, l’elettrone e <strong>il</strong> protone. Poiché tutto<br />

l’Universo è costituito da queste particelle (sono proprio i mattonc<strong>in</strong>i Lego<br />

con cui è fatta ogni cosa) è importante conoscerle: sapere quanti tipi diversi<br />

ne esistono e che proprietà hanno, studiarne i comportamenti e da questi<br />

comprendere meglio le leggi che governano le <strong>in</strong>terazioni fra di loro. Si tratta<br />

di Fisica pura, che non ha una applicazione diretta immediata, ma è da questi<br />

studi che si sono f<strong>in</strong>ora fatti i maggiori passi avanti nella comprensione di<br />

come è fatto <strong>il</strong> mondo. Un modo per studiare le proprietà di queste particelle<br />

è quello di farle collidere fra loro ad altissima velocità usando acceleratori di<br />

particelle come quelli che si trovano al CERN di G<strong>in</strong>evra. Si costruisce un<br />

complesso apparato che chiamiamo Rivelatore e lo piazziamo dentro l’acceleratore<br />

proprio nella zona dove avverranno le collisioni. Quando l’acceleratore<br />

è <strong>in</strong> funzione gli urti ad altissima energia fra queste particelle ne generano<br />

moltissime altre, fra le quali anche alcune di cui ancora non conosciamo<br />

l’esistenza e <strong>il</strong> Rivelatore ne misura la massa, la carica elettrica e molti altri<br />

parametri che ci permettono di capire le loro caratteristiche. È così che è<br />

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stata scoperta da Rubbia la particella che gli ha valso <strong>il</strong> Nobel.<br />

Inoltre, queste particelle costituiscono anche quelli che noi chiamiamo raggi<br />

cosmici, cioè particelle emesse dalle stelle nella loro normale attività, durante<br />

la loro nascita e morte, o addirittura derivanti dal famoso Big Bang e che<br />

ancora stanno viaggiando per <strong>il</strong> cosmo. Per studiare i raggi cosmici vengono<br />

posti rivelatori sotto alte montagne, come <strong>il</strong> Gran Sasso, ad esempio, <strong>in</strong> m<strong>in</strong>iere<br />

sotterranee o nelle profondità del mare. Ma <strong>in</strong> questo campo la novità<br />

consiste nell’andare a studiarli direttamente nel vuoto dello spazio, <strong>in</strong> assenza<br />

dell’atmosfera terrestre che, <strong>in</strong>teragendo con le particelle, genera segnali<br />

molto diffic<strong>il</strong>i da <strong>in</strong>terpretare. È per questo motivo che dopo aver lavorato<br />

per molti anni agli acceleratori del CERN e di Stanford, ho com<strong>in</strong>ciato a<br />

partecipare, all’<strong>in</strong>terno di una collaborazione <strong>in</strong>ternazionale, alla costruzione<br />

di un rivelatore che sarà montato sulla Stazione Orbitale Spaziale.<br />

Sto per questo collaborando con la NASA e mi reco con una certa frequenza<br />

al Johnson Space Center di Houston e a Cape Kennedy. Un rivelatore che<br />

deve funzionare nel vuoto dello spazio è una sfida che pone problemi tecnologici<br />

grandissimi: deve essere trasportato nella stiva dello Shuttle, completamente<br />

p<strong>il</strong>otato da terra e con una manutenzione da ridurre al m<strong>in</strong>imo<br />

possib<strong>il</strong>e per alcuni anni.<br />

Una volta messo <strong>in</strong> funzione <strong>il</strong> Rivelatore, da terra potremo registrare le<br />

caratteristiche dei raggi cosmici che lo attraversano. Sono studi che ci permetteranno<br />

di capire meglio come è fatto l’universo. Ad esempio, si potrà<br />

scoprire anche se esistono da qualche parte galassie di antimateria, cercare<br />

evidenze dell’esistenza della cosiddetta materia oscura e approfondire la d<strong>in</strong>amica<br />

del Big Bang”.<br />

Preferisco fermarti <strong>qui</strong> prima di perdermi io nel cosmo... Ti riporto su un campo<br />

che conosco meglio, quello della donna nel suo mondo lavorativo e più concretamente<br />

sulle difficoltà che ti sono derivate dal fatto di essere donna.<br />

“Inizialmente ci sono stati molti ostacoli, perché essere donna fa diventare<br />

<strong>il</strong> tuo precariato più lungo rispetto a quello dei colleghi uom<strong>in</strong>i. Infatti, da<br />

neolaureati le borse e i f<strong>in</strong>anziamenti vengono dati più volentieri a loro. Solo<br />

dopo 7 anni di precariato sono riuscita ad avere <strong>il</strong> posto che desideravo. Lo so<br />

oggi è diventato quasi normale, ma a quei tempi la media era un periodo di<br />

quattro-c<strong>in</strong>que anni, e per me aspettare tutto quel tempo nella più completa<br />

<strong>in</strong>certezza non è stato semplice. E quando f<strong>in</strong>almente ho v<strong>in</strong>to <strong>il</strong> mio concorso<br />

mi è stato anche raccontato che un membro della commissione si era<br />

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permesso di commentare ‘ma perché dare <strong>il</strong> posto ad una donna, che appena<br />

lo ha ottenuto si mette a fare figli!’. Fortunatamente gli altri membri erano<br />

più <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>ati, ma purtroppo questi stereotipi sono ancora presenti ovunque<br />

e vanno combattuti. Potrebbe sembrare che le cose non siano poi cambiate<br />

molto col passare degli anni: non è diverso <strong>il</strong> commento che un amico di<br />

famiglia fece a mia madre quando, nel 1950, si laureò <strong>in</strong> Economia e Commercio<br />

“…e adesso che sei laureata le sbucci meglio le patate?”. Chissà se poi<br />

è rimasto senza parole quando un po’ di anni dopo lei è diventata preside<br />

dell’Istituto Calamandrei, la prima preside donna a Livorno!<br />

Ma, <strong>in</strong> effetti, <strong>il</strong> cambiamento è stato grandissimo: nel 1950 la percentuale<br />

di donne che si laureava era del 2-3% mentre oggi ha superato <strong>il</strong> 50%.<br />

Purtroppo però nell’<strong>in</strong>serimento nel mondo del lavoro, e più che altro nella<br />

possib<strong>il</strong>ità di far carriera, l’essere donna costituisce ancora oggi un grosso<br />

svantaggio.<br />

Per quanto mi riguarda, una volta <strong>in</strong>serita nell’ambito lavorativo è stato tutto<br />

più fac<strong>il</strong>e e mi sono sempre sentita valutata e stimata per quello che veramente<br />

ho fatto”.<br />

Ci sono dei riconoscimenti ricevuti ai quali tieni particolarmente?<br />

“Quello che mi ha dato più soddisfazione è stata la stima e l’apprezzamento<br />

per <strong>il</strong> mio lavoro che mi hanno più volte dimostrato scienziati che io ritengo<br />

di gran valore, come ad esempio Jack Ste<strong>in</strong>berger (premio Nobel nel 1988)<br />

col quale ho partecipato ad un esperimento importante al CERN e Samuel<br />

T<strong>in</strong>g (premio Nobel nel 1976 per la scoperta dei quark) col quale ho fatto i<br />

miei primi passi da neolaureata e con cui adesso collaboro di nuovo, essendo<br />

<strong>il</strong> capo dell’esperimento sulla Stazione Spaziale. Ho avuto molte soddisfazioni<br />

personali e ne sono contenta. Certo nell’andare avanti si sono posti<br />

ostacoli legati alla cura della famiglia.<br />

È capitato ad esempio che si è presentata contemporaneamente per me e per<br />

mio marito, che lavora nel mio stesso campo, l’occasione di fare un bel passo<br />

avanti nella carriera che avrebbe però implicato <strong>il</strong> trasferimento <strong>in</strong> un’altra<br />

città, ma non la stessa per entrambe. A quel punto, poiché avevamo una<br />

figlia piccola e qualcuno doveva essere sicuro di rimanere a Pisa, ho scelto<br />

di farmi da parte e mandare avanti lui, ma la mia carriera ne è stata danneggiata”.<br />

Non ti è comunque mancata la determ<strong>in</strong>azione.<br />

“La determ<strong>in</strong>azione è assolutamente necessaria. Secondo me non esistono<br />

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uoli o posizioni che oggi la donna non può raggiungere ma, come dicevo<br />

prima, per farlo la donna deve faticare <strong>il</strong> doppio e <strong>qui</strong>ndi avere molta, ma<br />

molta, determ<strong>in</strong>azione”.<br />

Nel mio immag<strong>in</strong>ario lo scienziato è quello che sta r<strong>in</strong>chiuso <strong>in</strong> un laboratorio<br />

fra strane apparecchiature e formule <strong>in</strong>comprensib<strong>il</strong>i. Raccontami cosa ti piace<br />

del tuo lavoro e cosa <strong>in</strong>vece non ami.<br />

“È un lavoro <strong>in</strong>teressante a livello <strong>in</strong>tellettuale, perché ti permette di fare<br />

sempre un passo avanti. Non è soltanto la fisica <strong>in</strong> se stessa, quanto proprio<br />

la sfida <strong>in</strong>tellettuale ad affasc<strong>in</strong>armi. Invece, la caratteristica che mi è sempre<br />

pesata è l’essere un lavoro che non ti mette <strong>in</strong> contatto con le persone; quello<br />

che tu immag<strong>in</strong>i <strong>in</strong> parte è vero, lo stare r<strong>in</strong>chiusi <strong>in</strong> un laboratorio ti porta<br />

ad avere <strong>in</strong>terscambi sempre e solo con le solite persone della tua e<strong>qui</strong>pe”.<br />

Ovviamente lo scienziato non ha fra i suoi obiettivi quello di creare rapporti<br />

umani e questo con <strong>il</strong> tempo ti è andato sempre più stretto. Sei riuscita a trovare<br />

una via di uscita?<br />

“Sì, <strong>in</strong> questi ultimi anni ho avuto modo di avvic<strong>in</strong>armi alla Biodanza, che<br />

def<strong>in</strong>irei come un percorso di crescita personale che ti porta ad entrare <strong>in</strong><br />

contatto profondo con te stesso, con i tuoi sim<strong>il</strong>i e con le tue emozioni.<br />

È una metodologia che è stata creata sul f<strong>in</strong>ire degli anni sessanta dallo psicologo<br />

e antropologo c<strong>il</strong>eno Rolando Toro. Si è subito affermata <strong>in</strong> parecchi<br />

paesi del Sud-America. Nella seconda metà degli anni ottanta è arrivata <strong>in</strong><br />

Italia e da lì <strong>in</strong> tutta l’Europa. Il term<strong>in</strong>e nasce dal prefisso greco “Bios” che<br />

vuol dire Vita e dalla parola “Danza” nel senso di movimento naturale pieno<br />

di significato, di emozione. Dall’<strong>in</strong>contro di queste due parole nasce <strong>il</strong> term<strong>in</strong>e<br />

Biodanza cioè “Danza della vita”. È un’attività di gruppo e di relazione divertente,<br />

creativa e profonda, che <strong>in</strong>vita a muoversi con allegria e sensib<strong>il</strong>ità,<br />

ad esprimersi creativamente, ad entrare <strong>in</strong> contatto con gli altri. È un <strong>in</strong>sieme<br />

di arte, scienza e amore che usa tre strumenti: la musica, la danza e <strong>il</strong> contatto<br />

con <strong>il</strong> gruppo. Questo percorso che porta alla connessione profonda con se<br />

stessi è caratterizzato da un lavoro carico di affettività che viene condivisa<br />

con gli altri. Non si può fare Biodanza da soli”.<br />

Come ti sei avvic<strong>in</strong>ata alla Biodanza?<br />

“Per caso. Un amico mi portò ad una serata di presentazione e ne rimasi<br />

affasc<strong>in</strong>ata. Da allora ho com<strong>in</strong>ciato a frequentare un corso settimanale e<br />

poi, dopo tre anni, ho deciso che volevo approfondire ancora e diventare un<br />

conduttore di Biodanza, così mi sono iscritta alla scuola di formazione di<br />

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Bologna, che dura quattro anni più un anno di tiroc<strong>in</strong>io”.<br />

Da chi è praticata la Biodanza?<br />

“Generalmente i gruppi sono formati da adulti dai 30 ai 50 anni. Nel centro<br />

Italia ci sono un po’ più donne che uom<strong>in</strong>i, perché queste riconoscono maggiormente<br />

<strong>il</strong> loro stato di disagio e sono più <strong>in</strong>tenzionate a voler cambiare.<br />

Ma c’è anche la Biodanza per bamb<strong>in</strong>i che è praticata <strong>in</strong> alcune scuole materne<br />

e elementari anche dalle nostre parti, quella per persone con disab<strong>il</strong>ità<br />

fisiche o mentali, quella per anziani. Insomma tutti possono fare Biodanza,<br />

non vi sono limiti di età o di capacità, solo una certa variazione nel modo di<br />

applicarla perchè si adatti meglio alle particolarità del gruppo <strong>in</strong> questione”.<br />

Dalla luce dei tuoi occhi si capisce che sei molto co<strong>in</strong>volta e credi profondamente<br />

nella Biodanza.<br />

“Sì, amo la Biodanza perché credo che possa fare del bene alle persone, creando<br />

serenità, gioia e comunità di persone felici. Il mio sogno sarebbe quello<br />

di portare anche a Livorno la Biodanza negli as<strong>il</strong>i, nelle scuole materne, per<br />

creare subito sensib<strong>il</strong>izzazione verso i valori che contano veramente, primo<br />

fra tutti <strong>il</strong> rispetto della vita <strong>in</strong> tutti i suoi aspetti: rispetto per gli uom<strong>in</strong>i, gli<br />

animali, l’ambiente … ”.<br />

Inut<strong>il</strong>e chiederti se la consiglieresti a tutti.<br />

“Il consiglio che mi sento di dare è quello di guardare dentro se stessi per<br />

capire quali sono le cose che desideriamo e seguirle con conv<strong>in</strong>zione, perché<br />

possono essere realizzate e perchè ce le meritiamo. Tutte le persone hanno<br />

qualcosa di bello da dare. C’è una grande ricchezza dentro di noi mentre oggi<br />

purtroppo ci concentriamo solo sui limiti, sulle diversità vedendole come<br />

cose negative. Questo ci impedisce di sv<strong>il</strong>uppare a pieno le nostre potenzialità,<br />

la nostra bellezza. La Biodanza è una pratica che favorisce <strong>in</strong> forma dolce<br />

e progressiva lo sv<strong>il</strong>uppo armonioso della nostra personalità. Èun percorso di<br />

crescita personale che permette a ciascuno di scoprire nuovi orizzonti nella<br />

propria vita, ci porta a prendere coscienza delle nostre potenzialità <strong>in</strong>espresse<br />

e ad agire espandendo la fiducia <strong>in</strong> noi stessi, stimolandoci a concretizzare i<br />

nostri sogni e a vivere con pienezza <strong>il</strong> nostro progetto di vita”.<br />

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Ilaria Tonazz<strong>in</strong>i, Beatrice Chelli, Eleonora Da Pozzo,<br />

e la ricerca sulle bio-nanotecnologie<br />

01/06/08<br />

È stato un articolo di giornale, sulle pag<strong>in</strong>a di cronaca locale, a parlarmi per la<br />

prima volta di Ilaria Tonazz<strong>in</strong>i, Beatrice Chelli e Eleonora Da Pozzo, tre giovani<br />

donne che, <strong>in</strong>sieme ad altre 3 ricercatrici del Cnr di Bologna (Eva Bystrenova,<br />

Ad<strong>in</strong>a Lazar e Antonietta Rizzo), hanno v<strong>in</strong>to <strong>il</strong> concorso M<strong>in</strong>d the Bridge con<br />

<strong>il</strong> loro progetto sulle nano-biotecnologie. Il concorso, organizzato dall’ambasciata<br />

americana <strong>in</strong> Italia, le ha portate a presentare agli imprenditori della S<strong>il</strong>icon<br />

Valley <strong>il</strong> loro lavoro. Decidiamo così di <strong>in</strong>cluderle nel nostro progetto e di <strong>in</strong>tervistarle<br />

come donne che hanno raggiunto un buon successo nel campo professionale.<br />

Loro sono molto disponib<strong>il</strong>i e mi danno appuntamento alla Facoltà di Farmacia,<br />

dell’Università di Pisa. Mentre le aspetto nell’atrio passo <strong>il</strong> tempo a guardare gli<br />

avvisi nelle bacheche, dove sono riportati gli appelli degli esami, le sessioni di laurea<br />

ecc. e scopro con piacere che la percentuale delle donne è molto predom<strong>in</strong>ante.<br />

Pensate che <strong>in</strong> una lista con venti nomi riportati, con i risultati di un esame parziale<br />

sostenuto, c’è un solo ragazzo. La predom<strong>in</strong>anza femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e mi viene confermata<br />

quando arrivo nel laboratorio dove Ilaria, Beatrice e Eleonora svolgono le<br />

loro ricerche: <strong>in</strong>fatti, anche <strong>in</strong> questo caso vedo solo donne e loro mi spiegano che,<br />

a partire dalla professoressa che guida <strong>il</strong> gruppo, sono effettivamente tutte donne,<br />

tranne un unico ragazzo. Mentre entro, mi chiedo se non sia <strong>il</strong> caso di <strong>in</strong>tervistare<br />

lui per sapere se si sente discrim<strong>in</strong>ato, se le pari opportunità nel suo caso sono<br />

rispettate. Decido di non distrarmi dal mio scopo e <strong>in</strong>izio a conversare con le tre<br />

simpatiche ricercatrici. Le buone notizie f<strong>in</strong>iscono subito e mi viene confermato<br />

quello che ho ipotizzato: sì, le donne sono le più brave <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di voti, sono la<br />

maggioranza quando si considera <strong>il</strong> sottogruppo di studenti, dottorandi, borsisti<br />

ed assegnisti, ma <strong>il</strong> rapporto non rimane a loro favore se analizziamo <strong>il</strong> corpo<br />

docente o <strong>il</strong> mondo del lavoro; anche se le speranze di modificare la situazione<br />

sono tante e l’energia di queste donne lascia ben sperare.<br />

Il problema vero, che si tocca concretamente con mano fra queste mura di laboratorio<br />

universitario, non è la discrim<strong>in</strong>azione di genere, che <strong>qui</strong> non sembra<br />

esistere, ma la penalizzazione che l’Italia spesso opera contro la ricerca, contro i<br />

buoni cervelli che per produrre grandi risultati sono “<strong>in</strong>vitati” ad andare fuori<br />

frontiera (“una specie di conf<strong>in</strong>o al contrario” precisa Eleonora), contro i giovani<br />

che sentono di essere prevaricati nel partecipare al futuro del loro paese.<br />

19


I racconti delle tre ricercatrici ci danno un’immag<strong>in</strong>e precisa di quello che sta<br />

avvenendo <strong>in</strong> questo settore e quanto sia pesante la situazione nel campo della<br />

ricerca. Lasciamo spazio alle loro storie professionali.<br />

Ilaria Tonazzi ha 29 anni ed è nata a Carrara: “Ho conseguito <strong>il</strong> dottorato di<br />

ricerca a Pisa, ho lavorato 4 mesi <strong>in</strong> Svezia e 3 <strong>in</strong> Norvegia, adesso ho avuto<br />

un assegno per la ricerca dal Cnr di Bologna dove ho <strong>in</strong>iziato a lavorare ad<br />

un progetto sulle bio-nanotecnologie. Mi è sempre piaciuto questo campo<br />

perché la biologia e la chimica offrono un ampio approccio alla ricerca”.<br />

Beatrice Chelli ha 37 anni ed è di San M<strong>in</strong>iato: “Ho fatto l’università a Pisa e<br />

sono stata affasc<strong>in</strong>ata dalla chimica e nello stesso tempo dalla biologia; sono<br />

sempre stata decisa nel voler percorrere questa strada, così mi sono <strong>in</strong>dirizzata<br />

subito sulla biochimica con la tesi di laurea, dopo ho avuto l’occasione e<br />

mi sono specializzata <strong>in</strong> biochimica e chimica cl<strong>in</strong>ica e ho conseguito poi <strong>il</strong><br />

dottorato <strong>in</strong> neurobiologia. Adesso ho un contratto a progetto con <strong>il</strong> Cnr di<br />

Bologna sulle bionanotecnologie anche se cont<strong>in</strong>uo <strong>in</strong> parte la ricerca a Pisa,<br />

dividendomi fra questi due centri”.<br />

Eleonora Da Pozzo ha 31 anni è nata a La Spezia, ma è pisana d’adozione:<br />

“Ho <strong>in</strong>iziato Chimica Farmaceutica, perché mi piaceva l’idea di conoscere<br />

la chimica della vita e <strong>qui</strong> ho trovato l’unione fra questa e l’uomo. Il mondo<br />

universitario mi ha dato anche l’opportunità di avere e gestire i rapporti con<br />

gli studenti, che è sempre importante perché <strong>il</strong> miglior modo per imparare<br />

qualcosa è quello di spiegarla. Ho fatto <strong>il</strong> dottorato di neurobiologia cl<strong>in</strong>ica e<br />

ora sono al secondo anno della specializzazione <strong>in</strong> biochimica cl<strong>in</strong>ica”.<br />

Cosa sono le nanotecnologie?<br />

“Le tecnologie applicate alle misure <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente piccole. Nel nostro caso<br />

le applichiamo al campo biologico costruendo nuovi supporti per la coltura<br />

cellulare usata dall’<strong>in</strong>dustria farmaceutica o negli ospedali per la ricerca, la<br />

diagnostica e la cl<strong>in</strong>ica. Le nanoteconologie applicate a questo settore sono<br />

<strong>in</strong> forte crescita, si può ancora sv<strong>il</strong>uppare molto questo campo di ricerca”.<br />

L’applicazione delle nanotecnologie quali vantaggi permette?<br />

“Semplifica le metodiche e permette la riproduzione di alcune cellule che<br />

oggi non possono essere coltivate. Inoltre, consente di essere più veloci nella<br />

ricerca e di soddisfare maggiormente le esigenze del ricercatore”.<br />

Com’è <strong>formato</strong> <strong>il</strong> vostro gruppo di ricerca al Cnr di Bologna?<br />

“Ci sono altre tre ragazze con la formazione chimico-fisica e di <strong>in</strong>gegneria dei<br />

materiali. Fra queste una è slovacca e una rumena”.<br />

20


Vi sentite discrim<strong>in</strong>ate <strong>in</strong> quanto donne?<br />

“Per ora no. In Facoltà ed anche nel mondo della ricerca c’è un alto numero<br />

di donne e questo non ci fa certo sentire discrim<strong>in</strong>ate, <strong>il</strong> nostro team è quasi<br />

tutto al femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e. Forse nel mondo del lavoro, nelle imprese c’è discrim<strong>in</strong>azione,<br />

ma è un settore che per ora non conosciamo. Il vero problema è la<br />

precarietà, che pesa veramente tanto. Le donne comunque sono più determ<strong>in</strong>ate<br />

e disposte a fare sacrifici. La passione è veramente tanta, ma i soldi<br />

sono pochi”.<br />

Quali sono le vostre aspettative per <strong>il</strong> futuro?<br />

“Cont<strong>in</strong>uare a fare ricerca, ma con uno stipendio che possa permetterci di<br />

vivere senza dover fare i salti a f<strong>in</strong>e mese e con delle garanzie. Il sogno più<br />

grande è quello di poter lasciare qualcosa di importante ed ut<strong>il</strong>e a chi verrà<br />

dopo di noi”.<br />

Com’è andato <strong>il</strong> viaggio alla S<strong>il</strong>icon Valley?<br />

“Abbiamo preso dei contatti con potenziali <strong>in</strong>vestitori, ma la strada non è<br />

certo fac<strong>il</strong>e né veloce… noi cercheremo di fare del nostro meglio!”.<br />

21


Anna Mura:<br />

mamma, cancelliera, presidente del Soroptimist<br />

22/06/08<br />

Quello che si percepisce dalle sue parole, ma anche dal suo sorriso spontaneo e<br />

naturale è una grande serenità per essere riuscita a conc<strong>il</strong>iare la carriera professionale<br />

con l’essere madre, ruoli portati avanti entrambi con grandi soddisfazioni.<br />

A Livorno è nota come Anna Mura, perché prima che si <strong>in</strong>serisse nell’attività<br />

lavorativa, con<strong>qui</strong>stando un suo ruolo professionale, era conosciuta come la moglie<br />

del magistrato Mura, ma <strong>il</strong> suo nome è Anna Maria Lena Mart<strong>in</strong>i ed oggi<br />

è affermata per <strong>il</strong> suo ruolo professionale di Cancelliere al Tribunale di Livorno,<br />

alla direzione della Sezione Civ<strong>il</strong>e di via De Larderel e per la sua funzione di<br />

Presidenta del Soroptimist Club di Livorno.<br />

Come ha scelto la sua carriera?<br />

“Sono nata a Sassari nel 1957 e <strong>qui</strong> ho fatto i miei studi: <strong>il</strong> liceo classico Azuni,<br />

famoso per aver avuto fra i suoi studenti i due Presidenti della Repubblica<br />

Antonio Segni e Francesco Cossiga ma anche Palmiro Togliatti ed Enrico<br />

Berl<strong>in</strong>guer, e poi la facoltà di Giurisprudenza dove mi sono laureata con lode<br />

nel 1981. Poco dopo la laurea uscì <strong>il</strong> concorso per Cancelliera e decisi di parteciparvi,<br />

lo v<strong>in</strong>si, ma prima che mi fosse assegnato <strong>il</strong> posto di lavoro trascorse<br />

un po’ di tempo. In questo periodo mi sposai e mi trasferii a Livorno, dove<br />

mio marito era sostituto Procuratore della Repubblica: non me la sentii di<br />

ritornare <strong>in</strong> Sardegna per seguire la carriera e così r<strong>in</strong>unciai. Fortunatamente<br />

uscì un nuovo concorso al quale partecipai arrivando prima e fui assegnata<br />

alla Corte d’Appello di Firenze. Mentre aspettavo <strong>il</strong> nuovo concorso lavorai<br />

per sei mesi al Banco di Sardegna, dove mi trovai molto bene.<br />

A Firenze sono rimasta dal ’86 al ’88 e poi sono stata trasferita alla Pretura di<br />

Livorno dove ho diretto la Sezione Penale. Nel 2000 c’è stata l’unificazione<br />

fra Pretura e Tribunale e f<strong>in</strong>o al 2002 ho cont<strong>in</strong>uato a dirigere la sezione Penale,<br />

per poi passare alla Sezione Civ<strong>il</strong>e dove sono ancora oggi. Attualmente<br />

sono anche referente amm<strong>in</strong>istrativo <strong>in</strong>formatico. Ho lavorato <strong>in</strong> passato<br />

all’<strong>in</strong>formatizzazione del settore penale e ora a quello civ<strong>il</strong>e. Il Presidente del<br />

Tribunale è <strong>il</strong> dottor Solar<strong>in</strong>o che si è dimostrato sempre molto <strong>in</strong>teressato al<br />

processo di <strong>in</strong>formatizzazione e con <strong>il</strong> suo aiuto siamo riusciti a fare un buon<br />

lavoro e anche a svecchiare l’idea del tribunale che solitamente nell’immag<strong>in</strong>ario<br />

comune è sempre avvolto <strong>in</strong> scartoffie polverose. Anche se i fascicoli<br />

22


cartacei per ora cont<strong>in</strong>uano ad esistere, oggi si lavora <strong>in</strong> tutt’altro modo,<br />

molto più moderno e veloce. Basti pensare che gli avvocati, stando tran<strong>qui</strong>llamente<br />

nel loro studio, possono collegarsi con <strong>il</strong> tribunale per sapere tutte le<br />

notizie che riguardano le cause civ<strong>il</strong>i da loro patroc<strong>in</strong>ate”.<br />

Nella sua carriera si è mai sentita discrim<strong>in</strong>ata perché donna?<br />

“No, anche se <strong>in</strong>izialmente sono stata co<strong>in</strong>volta <strong>in</strong> episodi anche simpatici.<br />

Ad esempio, mi è capitato più volte di essere vic<strong>in</strong>o ad un commesso uomo<br />

e vedere i cittad<strong>in</strong>i che senza <strong>in</strong>dugi e alcun dubbio si riferivano a lui credendolo<br />

<strong>il</strong> cancelliere e considerando me la segretaria. Per <strong>il</strong> resto non ho mai<br />

avuto problemi; c’è però anche da dire che nel nostro ambiente ci sono sempre<br />

state molte donne, <strong>qui</strong>ndi probab<strong>il</strong>mente c’è una certa abitud<strong>in</strong>e. Ho lavorato<br />

con magistrati uom<strong>in</strong>i e non ho mai percepito che <strong>il</strong> mio essere donna<br />

abbia <strong>in</strong>fluenzato negativamente i rapporti. In magistratura le donne stanno<br />

sorpassando numericamente gli uom<strong>in</strong>i, anche se ho l’impressione che abbiano<br />

maggiori difficoltà a fare carriera, probab<strong>il</strong>mente per motivi legati alla<br />

famiglia e ai figli. Un magistrato se vuol far carriera deve spostarsi molto e<br />

le donne, soprattutto se hanno bamb<strong>in</strong>i piccoli, non sempre possono farlo”.<br />

Lavora più volentieri con gli uom<strong>in</strong>i o con le donne?<br />

“Lavoro sempre ottimamente con chi manifesta impegno e soddisfazione<br />

nella propria attività”.<br />

Cosa le ha dato maggiormente soddisfazione nel suo lavoro?<br />

“La stima che ho saputo con<strong>qui</strong>stare grazie all’impegno profuso nel lavoro.<br />

Questo mi permette di essere ascoltata, di avere una certa autorità”.<br />

L’esperienza più brutta?<br />

“In passato ho avuto un rapporto professionale diffic<strong>il</strong>e, ma fortunatamente<br />

è durato solo un anno. Per questo credo sia fondamentale avere una buona<br />

relazione con le persone che ti circondano, basata sul rispetto, sulla fiducia,<br />

sulla stima.”<br />

Cosa consiglierebbe ad una giovane donna che desidera <strong>in</strong>traprendere la sua carriera?<br />

“V<strong>in</strong>cere <strong>il</strong> concorso non è un punto di arrivo, ma solo di partenza. Non si<br />

può com<strong>in</strong>ciare a lavorare pensando di essere ‘un capo’ e di voler comandare.<br />

Bisogna, <strong>in</strong>vece, con<strong>qui</strong>stare la fiducia degli altri, farsi stimare, <strong>in</strong> qualche<br />

modo <strong>in</strong>iziare con una buona dose di modestia”.<br />

Come è riuscita a conc<strong>il</strong>iare <strong>il</strong> lavoro con l’essere madre?<br />

“Direi bene. Inizialmente mia madre mi ha molto aiutata, purtroppo però<br />

23


è morta quando ancora mia figlia era piccola. Ho sempre avuto una tata e<br />

ho cercato di tenere separato <strong>il</strong> lavoro dalla famiglia. Durante le ore d’ufficio<br />

pensavo solo al mio ruolo professionale, ma alle 16 quando mia figlia usciva<br />

da scuola mi dedicavo completamente a lei mettendo da parte <strong>il</strong> lavoro. Ed<br />

<strong>in</strong>fatti, sono sempre riuscita ad avere un bellissimo rapporto con Angelica”.<br />

Che cosa l’ha gratificata di più: l’essere madre o l’essere cancelliere?<br />

“Indubbiamente la carriera di mamma è stata molto più gratificante, i figli<br />

hanno sempre la priorità.<br />

Fortunatamente ho saputo e ho potuto conc<strong>il</strong>iare i due ruoli, ma se avessi<br />

dovuto scegliere non avrei avuto dubbi: mia figlia è sempre stata al primo<br />

posto”.<br />

Ci racconti <strong>il</strong> suo impegno nel Soroptimist.<br />

“Sono entrata nel club circa 8 anni fa e nell’ottobre 2007 sono stata eletta<br />

presidenta. Il Soroptimist International, di cui <strong>il</strong> mio club è una diramazione,<br />

è un’organizzazione di donne impegnate nelle professioni e negli affari,<br />

che lavora, attraverso progetti di servizio, per promuovere i diritti umani e<br />

migliorare la condizione femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e. La nostra missione essenziale consiste<br />

nel creare opportunità di progresso nella vita delle donne e dei ragazzi, anche<br />

attraverso la cooperazione <strong>in</strong>ternazionale che realizziamo mediante la rete<br />

mondiale delle nostre associate. Il nostro è, <strong>qui</strong>ndi, un club di servizio, nel<br />

senso che per noi l’obiettivo non è la beneficenza, ma quello di creare servizi<br />

per aiutare le persone – <strong>in</strong> particolare le donne ed i ragazzi - ad andare<br />

avanti con le proprie gambe. Ad esempio, per <strong>il</strong> quarantennale del nostro<br />

club stiamo organizzando un servizio per i bamb<strong>in</strong>i che devono affrontare i<br />

tribunali. Grazie al mio lavoro mi sono accorta che nelle cause di separazioni<br />

fra coniugi i figli sono quelli che subiscono più di tutti l’atmosfera del tribunale:<br />

è una violenza ulteriore alla quale sono sottoposti <strong>in</strong>giustamente. Così<br />

abbiamo pensato di realizzare <strong>in</strong> Tribunale due stanze collegate fra loro da<br />

una telecamera: una, arredata come stanza-giochi, sarà occupata dal bamb<strong>in</strong>o<br />

e dal magistrato, mentre una telecamera nascosta riprenderà le immag<strong>in</strong>i<br />

per trasmetterle nell’altra stanza dove tutti quelli che hanno diritto potranno<br />

assistere, ma senza che <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o se ne accorga e ne subisca gli sguardi e la<br />

presenza”.<br />

La vita del club le dà molta soddisfazione?<br />

“Sì. È un’attività molto bella, svolta con donne che lavorano, dove ogni settore<br />

professionale ha una sua rappresentanza al femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e e proprio questa<br />

24


possib<strong>il</strong>ità di vedere tutte le problematiche da diversi angoli visuali ci consente<br />

di cercare soluzioni ai problemi <strong>in</strong> modo più eclettico”.<br />

Quali sono i suoi hobby?<br />

“Sono un’appassionata di cuc<strong>in</strong>a e, pur fra m<strong>il</strong>le impegni, riesco sempre a<br />

trovare <strong>il</strong> tempo per preparare cenette speciali per mio marito, mia figlia e<br />

per gli amici che molto spesso si riuniscono a casa mia”.<br />

25


Maria Gloria Giani,<br />

una vita per <strong>il</strong> mare<br />

03/10/08<br />

La sua storia professionale appartiene a quella della sua famiglia, ma <strong>in</strong> lei c’è<br />

stato uno sv<strong>il</strong>uppo nuovo, una specie di svolta: Maria Gloria Giani, <strong>in</strong>fatti, è la<br />

prima donna ad entrare <strong>in</strong> azienda e a diventare agente marittimo, dopo una<br />

tradizione tutta al masch<strong>il</strong>e <strong>in</strong>iziata con <strong>il</strong> bisnonno P<strong>il</strong>ade nel 1870.<br />

Un’attività ultracentenaria, fra le più antiche del territorio livornese.<br />

“All’epoca i miei parenti erano commercianti e vivevano a Firenze. P<strong>il</strong>ade<br />

ebbe l’idea di spostarsi su Livorno ed organizzarsi per andare a prendere direttamente<br />

le merci di cui avevano bisogno i commercianti fiorent<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>vece<br />

di restare ad aspettare che fossero portate da altri. Possiamo considerarlo un<br />

precursore della logistica”.<br />

A Livorno c’è una lunga storia legata al commercio e al porto, ed ogni professione<br />

che ruota <strong>in</strong>torno a questo mondo ha una sua tradizione affasc<strong>in</strong>ate da raccontare:<br />

“Nell’ottocento gli agenti marittimi che si occupavano di far entrare <strong>in</strong> porto<br />

i bastimenti, si procuravano <strong>il</strong> lavoro a suon di remate. Infatti, quando all’<strong>in</strong>gresso<br />

del porto si presentava una nave, gli uom<strong>in</strong>i si lanciavano <strong>in</strong> mare con<br />

le loro imbarcazioni e chi arrivava prima a toccare la prua diventava l’agente<br />

di quell’imbarcazione”.<br />

Da quando P<strong>il</strong>ade <strong>in</strong>iziò <strong>il</strong> suo lavoro, di cose ne sono cambiate. Com’è proseguita<br />

la storia della tua famiglia?<br />

“L’azienda è passata di padre <strong>in</strong> figlio, sempre <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea masch<strong>il</strong>e e così dopo<br />

P<strong>il</strong>ade, c’è stato Angelo, mio nonno e poi Sergio, mio padre, ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, sono<br />

arrivata io, mia sorella Elisabetta, e mio fratello Federico, ma io sono stata la<br />

prima donna della famiglia a lavorare nell’azienda”.<br />

Com’è <strong>in</strong>iziata la tua carriera?<br />

“Da giovane pensavo a tutt’altre cose, mi sono laureata <strong>in</strong> Lettere ad <strong>in</strong>dirizzo<br />

l<strong>in</strong>guistico, frequentando un anno accademico negli Stati Uniti dove,<br />

fra l’altro ho fatto anche teatro all’Actor Studio. Quando avevo 24 anni mio<br />

nonno morì e mio padre mi propose di entrare <strong>in</strong> azienda ed io accolsi <strong>il</strong><br />

suo <strong>in</strong>vito con l’<strong>in</strong>tento di vedere se “ero adatta a quel mestiere”. Ed eccomi<br />

ancora qua”.<br />

Così hai <strong>in</strong>iziato e non hai mai più smesso?<br />

26


“Esatto. All’<strong>in</strong>izio comunque sono partita dal basso, mandando telefax e rispondendo<br />

al telefono. È stato molto importante fare la gavetta, perché non<br />

conoscevo proprio niente di questo mondo, dovevo imparare tutto. Però è<br />

stato amore a prima vista, <strong>il</strong> “mestiere” mi è piaciuto e ancora mi diverte,<br />

certo è impegnativo, ma stimolante. La nostra è una società di servizi che si<br />

occupa di navi e di trasporti; <strong>in</strong> un mondo globale come quello di oggi si gestiscono<br />

da un punto all’altro del mondo senza neanche mai vedere <strong>il</strong> vettore<br />

e questo è assolutamente usuale”.<br />

Ci sono anche compiti che devi svolgere fuori dall’ufficio?<br />

“Certo, quando arriva una nave nel porto di Livorno devo presentarmi al<br />

comandante e mettermi a sua disposizione per risolvere eventuali problemi<br />

ed esigenze dell’e<strong>qui</strong>paggio. Ci sono le navi merci che hanno l’e<strong>qui</strong>paggio limitato,<br />

ma ci sono anche quelle da crociera con migliaia di persone a bordo,<br />

ed è fac<strong>il</strong>e che ci siano necessità, anche urgenti, da affrontare”.<br />

Un notevole impegno.<br />

“Senz’altro. E ci vuole molta pazienza, professionalità ma soprattutto passione”.<br />

Come donna hai avuto difficoltà a svolgere questo lavoro?<br />

“Essendo una ditta fam<strong>il</strong>iare, con una storia alle spalle, non mi è certo mancata<br />

la credib<strong>il</strong>ità. Piuttosto, <strong>in</strong>izialmente, ai tavoli di lavoro o nelle trattative<br />

commerciali, di prassi con maggioranza di uom<strong>in</strong>i, leggevo qualche dubbio<br />

nei loro occhi. Probab<strong>il</strong>mente qualcuno avrà pensato che occupassi quel posto<br />

solo perché ereditato e si preoccupava delle mie competenze, altri saranno<br />

stati conv<strong>in</strong>ti che le bionde sono car<strong>in</strong>e, ma un po’ stupide e che bastava<br />

farmi parlare, tanto… alla f<strong>in</strong>e, le decisioni importanti le avrebbero prese<br />

loro, <strong>in</strong> quanto uom<strong>in</strong>i. Questi sguardi ‘espressivi’ mi hanno colpito solo<br />

nei primi tempi, poi ho avuto modo di farmi conoscere e dimostrare <strong>il</strong> mio<br />

valore, allora nessuno ha più fatto caso alla differenza di sesso”.<br />

E le donne che lavorano <strong>in</strong> questo settore, ma non hanno alle spalle un’azienda<br />

di famiglia?<br />

“Indubbiamente devono faticare molto per con<strong>qui</strong>starsi una credib<strong>il</strong>ità. Per<br />

tutte è un lavoro molto duro, le navi <strong>in</strong> porto arrivano <strong>in</strong> ogni momento,<br />

anche a Natale, la domenica, quando vorresti fare le vacanze e così diventa<br />

diffic<strong>il</strong>e armonizzare <strong>il</strong> tutto con la famiglia e molte hanno anche r<strong>in</strong>unciato<br />

ad avere figli”.<br />

Tu come hai conc<strong>il</strong>iato <strong>il</strong> lavoro con la maternità?<br />

27


“Non è stato fac<strong>il</strong>issimo neanche per me. Intanto non ho mai usufruito dei<br />

mesi di maternità, f<strong>in</strong>o a poco prima del parto e subito dopo sono rimasta<br />

<strong>in</strong> ufficio. Però mi sono sempre tenuta libera due pomeriggi alla settimana<br />

e i periodi di vacanze per stare con le mie figlie, credendo che <strong>il</strong> rapporto di<br />

qualità fosse meglio di quello di quantità. Devo dire che non mi pento della<br />

mia scelta, ho sempre avuto un buon rapporto con loro, che cont<strong>in</strong>ua ancora<br />

oggi che sono grandi”.<br />

Dunque <strong>in</strong>coraggi le donne a lavorare?<br />

“Sicuramente, <strong>in</strong>tanto perché oggi non se ne può più fare a meno e poi<br />

perché è comunque stimolante lavorare, apre nuovi orizzonti e conoscenze”.<br />

Quali sono le tue passioni?<br />

“Mi piace molto <strong>il</strong> teatro e l’arte, così quando posso vado anche fuori Livorno<br />

per vedere mostre e rappresentazioni. A luglio mi sono sposata e questo<br />

ha sicuramente cambiato la mia vita. Mio marito è <strong>il</strong> Comandante Generale<br />

delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera e <strong>il</strong> suo <strong>in</strong>carico è a Roma e<br />

<strong>qui</strong>ndi è lì che vive, ma a me l’idea di essere una donna con la valigia piace,<br />

appena posso mi sposto nella capitale dove ci sono molte occasioni, anche<br />

per coltivare i miei hobby. Inoltre, <strong>il</strong> ruolo di mio marito ci porta ad andare<br />

anche all’estero e tutto questo, anche se un po’ faticoso, è molto bello. Innamorarsi<br />

a 50 anni è stupendo, sei libero dalle responsab<strong>il</strong>ità e dalle fatiche<br />

che hai quando sei più giovane, a quest’età puoi prendere tutti i benefici del<br />

matrimonio, della condivisione della vita”.<br />

La soddisfazione più bella che ti ha dato la tua professione?<br />

“Riuscire a v<strong>in</strong>cere delle gare d’appalto molto <strong>in</strong>teressanti, che mi hanno<br />

portato a confrontarmi con i ‘big’ di questo settore, <strong>in</strong> competizione con la<br />

nostra azienda”.<br />

Con quale merce preferisci caricare una nave?<br />

“Con quella che noi chiamiamo ‘merce povera’ perché non avendo un lungo<br />

ciclo di lavorazione ha un costo basso ed è necessario organizzare un trasporto<br />

concorrenziale, perché non venga a costare più della materia stessa.<br />

Queste sono sfide <strong>in</strong>teressanti, che mi stimolano molto”.<br />

Un sogno nel cassetto?<br />

“Lasciare la cont<strong>in</strong>uità dell’azienda alle mie due figlie, così da avere una<br />

<strong>qui</strong>nta generazione tutta al femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e”.<br />

Parlaci della tua attività <strong>in</strong> Wista.<br />

“Ho preso la passione di mio padre, come lui mi è sempre piaciuto <strong>il</strong> mondo<br />

28


dell’associazionismo. F<strong>in</strong> da giovane ho fatto parte del Propeller, un club<br />

service degli agenti marittimi, e del Soroptimist, di cui sono stata Presidente<br />

nel biennio 1999/2001. Dal 1996 faccio parte del Wista (Women’s International<br />

Shipp<strong>in</strong>g & Trad<strong>in</strong>g Association) che nel 2003 mi ha eletta presidente.<br />

Wista è nata <strong>in</strong> Italia nel ’94 e fa parte di Wista International che ha circa<br />

1000 socie <strong>in</strong> 34 paesi del mondo.<br />

Wista è un’associazione tutta femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e e specifica del settore, nata a Genova,<br />

la città simbolo della portualità. In questi anni abbiamo lavorato molto<br />

bene <strong>in</strong> team, una delle nostre f<strong>il</strong>osofie è quella di collaborare anche nel<br />

lavoro, ed <strong>in</strong>fatti, ci aiutiamo con le navi, sapendo che fra noi ci sarà sempre<br />

un comportamento corretto. Organizziamo anche la nostra partecipazione<br />

ad alcuni eventi culturali e collaboriamo alla formazione dei giovani che vogliono<br />

entrare <strong>in</strong> questo mondo. Personalmente sono chiamata molto spesso<br />

a fare lezioni. Nel ’96 eravamo circa 20 socie, oggi siamo 70. Lo considero un<br />

successo ed è una grande soddisfazione aver raggiunto questo obiettivo. In<br />

questi ultimi tempi sono entrate anche socie molto giovani e questo è molto<br />

importante, <strong>il</strong> ricambio generazionale è fondamentale”.<br />

29


Rossella Passavanti,<br />

una carriera nella Pubblica Amm<strong>in</strong>istrazione<br />

13/10/08<br />

Lo studio e la preparazione sono alla base della sua vita. Quando le chiediamo <strong>il</strong><br />

suo percorso universitario ci dice che <strong>in</strong> gioventù si è laureata <strong>in</strong> Giurisprudenza,<br />

e poi, più avanti nel tempo ha conseguito la laurea breve <strong>in</strong> Consulenza del<br />

Lavoro e la laurea magistrale <strong>in</strong> Scienze della Pubblica Amm<strong>in</strong>istrazione, ma <strong>in</strong><br />

realtà, cont<strong>in</strong>uando la conversazione, ci accorgiamo che le sue specializzazioni, i<br />

corsi, i master, anche <strong>in</strong> settori extra lavorativi, sono molti di più.<br />

Rossella Passavanti è vicedirettora della Direzione Prov<strong>in</strong>ciale del Lavoro con la<br />

qualifica di Responsab<strong>il</strong>e del Servizio Politiche del Lavoro, dell’Ufficio Legale,<br />

e del Contenzioso Amm<strong>in</strong>istrativo. Una qualifica lunghissima ed impegnativa,<br />

che però non scoraggia Rossella, che alla nostra sorpresa sottol<strong>in</strong>ea con semplicità:<br />

“Non è così diffic<strong>il</strong>e come sembra, l’importante è essere preparati e cont<strong>in</strong>uamente<br />

aggiornati”.<br />

Rossella nasce <strong>in</strong> Calabria, compie i suoi studi a Siena e per lavoro ha vissuto <strong>in</strong><br />

diverse città.<br />

“Mio padre era avvocato, ed ho seguito un po’ le sue tracce. Ho scelto Siena<br />

per studiare perché l’università era di ottimo livello e la città era piccola, ed<br />

offriva ai miei genitori una certa tran<strong>qui</strong>llità”.<br />

Come si è trovata a Siena?<br />

“Molto bene. Mi sono attenuta alle regole di questa città e non ho avuto<br />

difficoltà ad <strong>in</strong>serirmi. Ho sempre cercato di vivere con positività quello che<br />

era diverso da me, come può esserlo un ambiente nuovo”.<br />

Durante gli studi universitari si è mai sentita discrim<strong>in</strong>ata come donna?<br />

“No, nessuna discrim<strong>in</strong>azione, eravamo molte donne e non ho avuto nessun<br />

problema”.<br />

Come ha <strong>in</strong>iziato la sua professione?<br />

“La mia primaria vocazione era quella di Consulente del Lavoro e così dopo<br />

la laurea ho conseguito subito l’ab<strong>il</strong>itazione, sia come consulente che come<br />

avvocata. Però per seguire <strong>il</strong> mio ex marito ho <strong>in</strong>trapreso la strada della scuola,<br />

sono sempre stata di ruolo ed ho <strong>in</strong>segnato materie giuridiche, spostandomi<br />

molto tra la prov<strong>in</strong>cia di Livorno, Nuoro e Taranto”.<br />

Come è avvenuto <strong>il</strong> cambio di carriera?<br />

“Mi sono sposata molto giovane, avevo 24 anni e r<strong>in</strong>unciai alla mia vocazio-<br />

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ne per la famiglia, ma verso i 35 anni, con un matrimonio che com<strong>in</strong>ciava<br />

ad essere <strong>in</strong> crisi, ho pensato che dovevo <strong>in</strong>traprendere quello per cui mi<br />

sentivo portata. Ho così com<strong>in</strong>ciato a studiare nuovamente per aggiornarmi<br />

e ho partecipato al primo concorso disponib<strong>il</strong>e come funzionario del lavoro.<br />

Il mio scopo non era quello di arrivare ad occupare un ruolo professionale di<br />

r<strong>il</strong>ievo, ma quello di cercare un mio spazio per stare bene con me stessa, ciò<br />

mi ha poi portato ad occupare un posto dirigenziale, ma è stata una conseguenza<br />

della mia ricerca”.<br />

In campo lavorativo si è mai sentita discrim<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> quanto donna?<br />

“Devo dist<strong>in</strong>guere <strong>il</strong> mio rapporto lavorativo con gli uom<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>fatti, ho notato<br />

che è più diffic<strong>il</strong>e <strong>in</strong>teragire con colleghi che hanno superato una certa<br />

età e che non sono abituati a vedere la donna pienamente <strong>in</strong>serita professionalmente.<br />

Con i giovani <strong>in</strong>vece questi problemi non ci sono”.<br />

Come lavora con le donne?<br />

“Molto bene con quelle motivate e consapevoli. Fermo restando che si lavora<br />

bene con i giovani <strong>in</strong> generale, devo dire che le donne hanno una marcia <strong>in</strong><br />

più, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i organizzativi sono più efficienti”.<br />

Che cosa vorrebbe migliorare nel suo lavoro?<br />

“Sul piano <strong>in</strong>terno dobbiamo lavorare di più sul controllo di gestione, che<br />

già facciamo dal 2000 mettendo <strong>in</strong> atto verifiche su ciascun dipendente.<br />

Dobbiamo, <strong>in</strong>oltre, cercare di <strong>in</strong>dirizzare le relazioni fra i lavoratori verso<br />

l’apertura e la solidarietà. In modo particolare mi piacerebbe portare avanti<br />

questi due aspetti, e mi sto impegnando molto per realizzarli”.<br />

E sul piano esterno?<br />

“In questo caso ci sarebbe da fare una educazione della popolazione, aff<strong>in</strong>ché<br />

i cittad<strong>in</strong>i sappiano con esattezza quali sono i loro diritti e i loro doveri.<br />

Bisogna spiegare con chiarezza che vi sono delle regole da rispettare, perché<br />

la società possa funzionare al meglio e l’<strong>in</strong>dividuo vivere bene. E questo lo si<br />

comprende a pieno solo quando si è consapevoli di ciò che si può dare e di<br />

ciò che si deve avere. Normalmente quando le cose vengono spiegate bene,<br />

la gente è disposta a comprendere”.<br />

Il rapporto pubblico con <strong>il</strong> cittad<strong>in</strong>o non sempre è fac<strong>il</strong>e.<br />

“Non sempre lo è, ma le donne sono molto più adatte a gestirlo nel migliore<br />

dei modi, perché hanno più pazienza e sono disposte ad ascoltare maggiormente”.<br />

Indubbiamente <strong>il</strong> suo è un lavoro molto impegnativo.<br />

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“È necessario capire cosa vuol dire operare con uno spirito di servizio trovandosi<br />

<strong>in</strong> un posto di responsab<strong>il</strong>ità, che comporta ovviamente un impegno<br />

maggiore. Ricopriamo un ruolo pubblico molto importante del quale dobbiamo<br />

essere consapevoli”.<br />

Come si trova a Livorno?<br />

“Sono a Livorno da 10 anni, ed ho potuto verificare come sia diversa da tutte<br />

le altre città toscane. Il livornese è più sim<strong>il</strong>e al meridionale, ma poi ci sono<br />

degli eccessi. Spesso i cittad<strong>in</strong>i labronici pretendono troppo dalla pubblica<br />

amm<strong>in</strong>istrazione, più di quello che può dare. Per questo mi sto attivando per<br />

mettere <strong>in</strong> atto <strong>il</strong> discorso educativo del quale abbiamo già parlato”.<br />

In quali altre città ha lavorato?<br />

“Sondrio, Alessandria, Tor<strong>in</strong>o, Nuoro, Taranto, Roma”.<br />

Le sono mai pesati questi trasferimenti?<br />

“No, sono molto curiosa, ed ogni spostamento l’ho sempre vissuto piacevolmente”.<br />

In quale di queste città si vive meglio?<br />

“Sondrio ha la migliore qualità della vita, ma <strong>il</strong> clima è troppo rigido per<br />

me”.<br />

Che consiglio darebbe ad una giovane donna?<br />

“Prima di tutto la preparazione, solo con la competenza si può operare.<br />

È poi importante l’atteggiamento psicologico, sapere che cosa si vuol fare da<br />

grandi, avere chiara la meta, capire qual è l’ambito nel quale possiamo dare <strong>il</strong><br />

meglio, perché la gratificazione personale è molto importante”.<br />

Qual è la cosa più brutta del suo lavoro?<br />

“Quando non si riesce a risolvere un problema posto da una persona”.<br />

E la cosa più bella?<br />

“Quando si riesce a dare un servizio valido e la persona lo riconosce”.<br />

Ci racconti la Rossella Passavanti fuori dall’ufficio.<br />

“Da 20 anni mi occupo di psicologia, ho fatto corsi di counsell<strong>in</strong>g aziendale<br />

e seguo un metodo junghiano che si chiama psicos<strong>in</strong>tesi e si rivolge alle<br />

persone sane, a quelle che vogliono migliorare <strong>il</strong> loro standard di vita. Mi<br />

occupo di diffondere questo metodo e lo faccio come volontariato”.<br />

Proviamo a spiegare s<strong>in</strong>teticamente di che cosa si tratta.<br />

“La psicos<strong>in</strong>tesi è un’attività tipicamente formativa della persona nella sua<br />

<strong>in</strong>teriorità e nella sua consapevolezza. Ci accorgiamo, <strong>in</strong>fatti, che la formazione<br />

specifica di tipo s<strong>qui</strong>sitamente tecnico è rivolta solo all’aumento delle<br />

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conoscenze meramente scientifiche e discipl<strong>in</strong>ari, seppur di grandissima ut<strong>il</strong>ità,<br />

non è più sufficiente a migliorare la qualità della vita degli esseri umani.<br />

Le richieste della gente nella quotidianità sono altre e guardano ‘oltre’,<br />

implicano la ricerca di persistenti motivazioni <strong>in</strong>teriori, l’osservazione del<br />

proprio sé <strong>in</strong> rapporto a quello degli altri, la valutazione di una solitud<strong>in</strong>e<br />

sempre più diffusa”.<br />

In modo particolare a chi si rivolge la psicos<strong>in</strong>tesi?<br />

“La psicos<strong>in</strong>tesi cerca di fornire delle risposte a questi <strong>in</strong>terrogativi rivolgendosi<br />

a persone <strong>in</strong> crisi, perché disoccupate a c<strong>in</strong>quant’anni o a giovani dis<strong>il</strong>lusi<br />

e demotivati o ancora, a quelle persone che sono consapevoli di avere delle<br />

enormi potenzialità <strong>in</strong>teriori e non sanno come <strong>in</strong>dirizzare le loro energie, a<br />

quelle famiglie o alle coppie con difficoltà relazionali”.<br />

Forse è questa sua passione e <strong>il</strong> suo <strong>in</strong>teresse per la psicos<strong>in</strong>tesi che la rendono così<br />

serena e tran<strong>qui</strong>lla nei modi di fare, ma lei salutandoci scherza dicendo:<br />

“Non sono affatto così tran<strong>qui</strong>lla come sembra!”.<br />

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Naouel Chaoui,<br />

una vita ricca di esperienze <strong>in</strong> molti paesi del mondo<br />

17/01/09<br />

Conoscere Naouel Chaoui è stata una grande emozione, perché avere rapporti<br />

con una donna che proviene da una cultura diversa da quella italiana è un importante<br />

arricchimento. Con Naouel, <strong>in</strong>oltre, ci si può confrontare non solo con<br />

tutto quello che proviene dall’Algeria, suo paese natale, ma anche su molti altri<br />

aspetti, perché la sua esperienza è molto vasta e l’ha portata a vivere <strong>in</strong> numerosi<br />

paesi. Per me poi l’<strong>in</strong>contro con Naouel ha un valore <strong>in</strong> più perché sono sempre<br />

stata attratta dal mondo arabo e così considero la sua conoscenza come una grande<br />

occasione per apprendere, <strong>in</strong> modo più diretto e più vero, questa affasc<strong>in</strong>ante<br />

realtà.<br />

Naouel è nata nel ’65 dopo la guerra d’<strong>in</strong>dipendenza, quando l’Algeria f<strong>in</strong>almente<br />

si libera dal colonialismo e guarda al futuro con nuove speranze.<br />

Raccontaci gli anni della tua giov<strong>in</strong>ezza trascorsa <strong>in</strong> Algeria.<br />

“Ho com<strong>in</strong>ciato gli studi a 5 anni, perché una legge del mio paese permette<br />

a chi ha un fam<strong>il</strong>iare all’<strong>in</strong>terno della scuola, di <strong>in</strong>iziare prima la frequenza,<br />

ed io avevo mia sorella che faceva l’<strong>in</strong>segnante. Questo anticipo scolastico<br />

non mi ha mai causato problemi, sono sempre stata molto brava, a 17 anni<br />

avevo già conseguito la maturità, a 21 ero laureata <strong>in</strong> geologia mar<strong>in</strong>a, e a 23<br />

avevo f<strong>in</strong>ito anche <strong>il</strong> master. Essendo molto giovane, non mi sentivo ancora<br />

pronta per entrare nel mondo del lavoro, così decisi di iscrivermi al corso<br />

di laurea <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gue. Conoscevo già <strong>il</strong> francese e naturalmente l’arabo, e mi<br />

orientai verso l’<strong>in</strong>glese. Così ho conseguito un’altra laurea e un altro master<br />

<strong>in</strong> questa l<strong>in</strong>gua, ed ho com<strong>in</strong>ciato ad <strong>in</strong>segnare nella stessa facoltà presso cui<br />

mi ero laureata”.<br />

Come e quando hai deciso di lasciare l’Algeria?<br />

“Ogni estate andavo <strong>in</strong> America per frequentare corsi di l<strong>in</strong>gua e perfezionare<br />

<strong>il</strong> mio <strong>in</strong>glese, ma nell’estate del 1991 decisi di fare tappa a Roma per<br />

salutare una mia amica che lavorava all’Onu, così venni a sapere che cercavano<br />

una persona esperta nel settore della formazione e delle l<strong>in</strong>gue. Proprio<br />

<strong>in</strong> quel periodo la situazione <strong>in</strong> Algeria stava peggiorando, con una grande<br />

escalation di violenza: già da un anno ero costretta ad usare un autista per gli<br />

spostamenti e mi limitavo ad uscire solo per le cose necessarie. Così decisi di<br />

accettare <strong>il</strong> lavoro all’Onu e non sono tornata neanche per fare le valigie: i<br />

bagagli me li ha spediti mia madre”.<br />

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Qu<strong>in</strong>di la tua nuova vita è partita dall’Italia?<br />

“Sì, ma è stata solo una tappa, <strong>il</strong> lavoro con l’Onu mi ha portata a viaggiare<br />

molto. L’ultima dest<strong>in</strong>azione importante è stata l’Iraq dove sono rimasta dal<br />

’97 al 2000 come Direttrice dell’osservatorio per <strong>il</strong> progetto dell’Onu ‘O<strong>il</strong><br />

for Food’. È stato un periodo molto duro, ma anche molto bello per la mia<br />

carriera. In quegli anni <strong>il</strong> capo del governo iracheno era Saddam Husse<strong>in</strong> e<br />

per le strade c’era molta polizia. Gli iracheni erano un popolo molto ricco,<br />

che non avrebbe avuto bisogno del nostro aiuto se non ci fosse stato l’embargo<br />

deciso dagli Stati Uniti. Così si venne a creare la paradossale situazione<br />

di un paese dove la gente aveva soldi da spendere, ma non c’era niente da<br />

comprare, perché non arrivava niente dall’estero e la popolazione moriva di<br />

fame. L’Onu portò <strong>il</strong> suo aiuto con questo programma che ci permetteva di<br />

distribuire cibo: un programma f<strong>in</strong>anziato con i soldi provenienti dalla vendita<br />

del petrolio. Insomma, l’occidente con una mano toglieva e con l’altra<br />

dava, vantandosi di essere generoso, ma <strong>in</strong> realtà stava um<strong>il</strong>iando un popolo<br />

che subiva un embargo <strong>in</strong>giusto. Questa esperienza per me è stata deludente.<br />

Prima giudicavo l’Onu come un organismo <strong>in</strong>teramente positivo, che aiutava<br />

chi aveva fame, dopo la permanenza <strong>in</strong> Iraq questa idea è crollata. Ecco<br />

perché non ho avuto rimpianti quando, per motivi personali, ho deciso di<br />

lasciare l’Onu e la mia carriera”.<br />

Come hai maturato questa decisione?<br />

“Quando mi trasferii a Roma frequentai un master <strong>in</strong> economia e poi nel<br />

’97 andai <strong>in</strong> Toscana a fare uno stage <strong>in</strong> un’azienda locale dove <strong>in</strong>contrai<br />

Stefano, diventato poi mio marito. Nel 2000 per motivi di lavoro lui dovette<br />

trasferirsi a Dubai e vedersi diventava sempre più diffic<strong>il</strong>e. Mi si presentò così<br />

la scelta fra la carriera all’<strong>in</strong>terno dell’Onu o raggiungere Stefano e formare<br />

con lui una famiglia”.<br />

Così la tua vita è cambiata nuovamente?<br />

“Sì. Mi trasferii a Dubai ed <strong>il</strong> passaggio <strong>in</strong>izialmente fu scioccante. Qui tutto<br />

è improntato sul lusso estremo e sull’esteriorità. Fortunatamente riuscii ad<br />

<strong>in</strong>segnare nell’Università Americana. Dopo due anni però dovetti smettere<br />

perché nacque <strong>il</strong> mio primo figlio e <strong>in</strong> questo mondo di extra lusso non vi è<br />

alcuna tutela della maternità: chi ha un figlio è costretto ad <strong>in</strong>terrompere <strong>il</strong><br />

lavoro”.<br />

Quanti figli hai?<br />

“Tre. Il secondo è nato nel 2003 e l’ultimo nel 2006, anno durante <strong>il</strong> quale<br />

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sono tornata <strong>in</strong> Italia ed ho lavorato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa,<br />

all’ufficio <strong>in</strong>ternazionale, con <strong>il</strong> compito di trovare rapporti con le università<br />

arabe per realizzare progetti di ricerca comuni. Questo lavoro mi ha portato<br />

nuovamente a viaggiare molto”.<br />

Come ti organizzi con i figli?<br />

“Ho sempre avuto una tata che da Dubai mi ha seguita anche <strong>in</strong> Italia. È una<br />

donna di 50 anni molto onesta e ammirevole, è F<strong>il</strong>ipp<strong>in</strong>a e lavora per poter<br />

far studiare i suoi figli”.<br />

Come ti poni nei suoi confronti, che ha dovuto lasciare i suoi figli per poter lavorare?<br />

“Nelle F<strong>il</strong>ipp<strong>in</strong>e è una condizione diffusa, perché le donne hanno più possib<strong>il</strong>ità<br />

di lavorare rispetto agli uom<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> quanto possono fare le badanti,<br />

così affidano i figli ai mariti e loro si dedicano al mantenimento economico<br />

della famiglia. Sono considerate delle ero<strong>in</strong>e, perché r<strong>in</strong>unciano a vedere i<br />

loro figli per poter garantire loro un futuro e rappresentano anche una ricchezza<br />

per lo stesso paese. Lei è consapevole del fatto che se fosse rimasta a<br />

casa <strong>in</strong>sieme a loro, non avrebbe avuto di che sfamarli e certo non avrebbe<br />

potuto farli studiare. Fra poco andrà <strong>in</strong> pensione e sta pensando alla meritata<br />

vecchiaia da trascorrere <strong>in</strong> famiglia”.<br />

Come vivono i bamb<strong>in</strong>i i trasferimenti?<br />

“Molto bene. Sono cresciuti a Dubai dove ci sono tantissime razze e sono<br />

abituati a frequentare bamb<strong>in</strong>i provenienti da molti paesi. Inoltre, spesso<br />

vado <strong>in</strong> Algeria a trovare la mia famiglia e molte volte porto anche loro con<br />

me”.<br />

Come ti sei trovata a lavorare <strong>in</strong> Italia?<br />

“Bene, anche se <strong>il</strong> sistema pubblico italiano ha una visione un po’ limitata,<br />

si potrebbero fare molte più cose. Comunque adesso ho con <strong>il</strong> Sant’Anna<br />

un rapporto di consulenza e posso lavorare da casa e da qualsiasi città. Mio<br />

marito si è trasferito a Lussemburgo e stiamo aspettando che si liber<strong>in</strong>o dei<br />

posti nella scuola <strong>in</strong>ternazionale per poterlo raggiungere”.<br />

Cosa pensi dell’attuale situazione alger<strong>in</strong>a?<br />

“Mi fa molto male vedere la chiusura di oggi. Le donne sono molto forti e<br />

combattono una legge che è contro di loro, come <strong>il</strong> diritto all’eredità che si<br />

riduce per loro ad un ottavo. Le donne <strong>in</strong> Algeria hanno combattuto a fianco<br />

degli uom<strong>in</strong>i per liberare <strong>il</strong> paese dalla colonizzazione, sono state molto<br />

coraggiose, ma i loro diritti sono stati messi da parte. Oggi molte donne<br />

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usano <strong>il</strong> velo perché hanno paura di essere ammazzate, ma non si arrendono,<br />

cont<strong>in</strong>uano a lottare per la parità”.<br />

La tua educazione è stata religiosa?<br />

“Io sono nata <strong>in</strong> una famiglia non particolarmente religiosa, mio padre lo è<br />

stato poco, mentre mia madre è molto più praticante, ma è una donna aperta<br />

e non mi ha mai obbligata a seguirla su questa strada. Conosco la religione<br />

islamica, ma non mi ha mai conv<strong>in</strong>ta, come nessun’altra fede. Credo che<br />

ci sia un Dio, ma non ho bisogno di un prete o di un imam per entrare <strong>in</strong><br />

relazione con lui. Anche ai miei figli lascio la libertà di scegliere la loro fede,<br />

attraverso la conoscenza”.<br />

In quale paese le donne sono più libere?<br />

“Indubbiamente <strong>in</strong> Europa, ma <strong>qui</strong> si tratta di una libertà data per scontata e<br />

forse anche poco difesa. Mentre le libertà che hanno le donne alger<strong>in</strong>e sono<br />

state con<strong>qui</strong>state con molta fatica e sono fortemente sentite come con<strong>qui</strong>ste<br />

e fanno di tutto per difenderle. Mi stupisco molto quando donne abituate ad<br />

essere libere sposano uom<strong>in</strong>i di paesi con mentalità più ristrette ed accettano<br />

tutte le limitazioni che le impongono. Quello che veramente non sopporto<br />

di alcune donne occidentali è <strong>il</strong> mantenersi <strong>in</strong> una situazione di ignoranza<br />

quando hanno tutti gli strumenti e le possib<strong>il</strong>ità per non esserlo. Anche la<br />

rassegnazione è una cosa che mi fa molta rabbia, si può fare veramente molto<br />

per cambiare <strong>il</strong> mondo”.<br />

Che rapporto hai con i tuoi figli?<br />

“Ho scelto un rapporto di qualità più che di quantità. Li ho voluti tardi per<br />

poterli godere <strong>in</strong> pieno. Ho avuto la fortuna di non essere obbligata a lavorare<br />

per mantenere la famiglia, ed ho sempre potuto conc<strong>il</strong>iare gli orari del<br />

mio lavoro con quelli dei miei figli”.<br />

Secondo te è possib<strong>il</strong>e avere una famiglia e una carriera contemporaneamente?<br />

“Naturalmente dipende dal tipo di lavoro e di carriera che si vuol fare. Per<br />

me sarebbe stato impossib<strong>il</strong>e cont<strong>in</strong>uare la mia professione all’Onu e avere<br />

una famiglia. Personalmente sto bene così, mi trovo <strong>in</strong> e<strong>qui</strong>librio, non ho<br />

bisogno di fare carriera per affermarmi, non mi sento sm<strong>in</strong>uita o meno importante<br />

di mio marito. Ho avuto tempo di fare le cose che mi piacevano e<br />

adesso posso conc<strong>il</strong>iare un altro tipo di lavoro con la mia famiglia”.<br />

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Alessandra Dezzi,<br />

una vita da pianista<br />

21/02/09<br />

Visto che parliamo di una pianista, questo <strong>in</strong>contro lo potremo def<strong>in</strong>ire “un’<strong>in</strong>tervista<br />

a quattro mani”. L’<strong>in</strong>tervista, <strong>in</strong>fatti, è con una donna che ha portato con sé la sua<br />

giovane e simpatica figlia di 11 anni, come spesso devono fare le mamme che lavorano.<br />

Durante la nostra chiacchierata mi è sembrato naturale fare un paio di domande<br />

anche a lei, per scoprire come vive <strong>il</strong> rapporto con una madre artista. È la prima volta<br />

che mi capita, solitamente sono io che mi porto dietro mio figlio alle <strong>in</strong>terviste, che<br />

ascolta sempre con curiosità. Qu<strong>in</strong>di nessuna remora fra due donne che hanno gli stessi<br />

problemi organizzativi, ed anzi, <strong>il</strong> nostro <strong>in</strong>contro è stata un’esperienza piacevole,<br />

anche perché Alessandra Dezzi è una donna molto simpatica ed anche sua figlia non<br />

poteva essere da meno.<br />

Raccontaci come hai <strong>in</strong>iziato a suonare <strong>il</strong> pianoforte.<br />

“Ho <strong>in</strong>iziato per caso. Quando ero una bamb<strong>in</strong>a, mio padre lavorava da Pietro<br />

Napoli e così ebbe l’idea di mandare me e mia sorella al Mascagni. Io ero troppo<br />

piccola, avevo otto anni e mezzo e fui ammessa solo al solfeggio; prima di avvic<strong>in</strong>armi<br />

ad un pianoforte dovetti aspettare un anno e mezzo. Mia sorella <strong>in</strong>vece,<br />

più grande di un anno e mezzo, com<strong>in</strong>ciò subito a studiare piano, ed io amavo<br />

molto andarla a vedere e a casa provavo ad imitarla. Lei poi ha smesso, mentre io<br />

ho scoperto una grande passione. Trascuravo un po’ anche la scuola pur di studiare<br />

pianoforte, ho sempre provato una grande attrazione per la musica”.<br />

Una strada molto impegnativa.<br />

“Sicuramente. Sono arrivata a studiare pianoforte anche dieci ore al giorno e poi<br />

sono andata molto fuori Livorno per confrontarmi con altri e specializzarmi sempre<br />

più”.<br />

Dopo <strong>il</strong> diploma <strong>in</strong> pianoforte conseguito al Mascagni come hai cont<strong>in</strong>uato la tua<br />

preparazione?<br />

“Dal 1987 al 1989 ho compiuto <strong>il</strong> tiroc<strong>in</strong>io nella classe del professor Francesco<br />

Cipriano e contemporaneamente ho svolto attività di pianista accompagnatore<br />

per gli allievi dell’Istituto Mascagni. Mi sono poi perfezionata con i Maestri Daniel<br />

Rivera, Alessandro Specchi, Hector Moreno, Norberto Capelli, Dario De<br />

Rosa, Pier Narciso Masi e Bruno Can<strong>in</strong>o, ed ho frequentato <strong>il</strong> Master di Musica<br />

da Camera con <strong>il</strong> Trio di Trieste alla scuola di Musica di Fiesole”.<br />

Ed <strong>il</strong> lavoro come pianista dove lo svolgi?<br />

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“In molte forme. Dal 1982 collaboro con diverse scuole di danza di Livorno, Cec<strong>in</strong>a,<br />

Grosseto, Viterbo, Civitavecchia, Poggibonsi, Certaldo, Capannori, La Spezia,<br />

Padova e Fano e sono pianista stab<strong>il</strong>e della Royal Academy of Danc<strong>in</strong>g di Londra,<br />

nella sua sede italiana a Trento. Ho <strong>in</strong>segnato <strong>in</strong> diverse scuole e da 13 anni ne ho<br />

aperto una mia <strong>in</strong>sieme ad Erika Guerr<strong>in</strong>i, al Circolo Musicale Domenico Scarlatti<br />

a Coteto, <strong>in</strong> via Campania. Inoltre, spesso collaboro come pianista nell’accompagnare<br />

i ragazzi durante i concorsi e gli esami ai conservatori di Livorno, Lucca,<br />

La Spezia, Siena e Firenze. Ho svolto anche attività di Maestro Collaboratore per<br />

la Società F<strong>il</strong>armonica Pisana, l’Associazione Clara Schumann di Collesalvetti,<br />

l’Orchestra S<strong>in</strong>fonica di Massa e Carrara e <strong>il</strong> Cel Teatro di Livorno”.<br />

Ti sei mai sentita discrim<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> quanto donna?<br />

“Spesso si sente dire che gli uom<strong>in</strong>i suonano meglio. È un luogo comune, <strong>in</strong>fatti,<br />

potrei citare la grande viol<strong>in</strong>ista Mullova, la grande pianista Argerich, le due grandi<br />

pianiste sorelle Labeque, che <strong>in</strong>dubbiamente reggono molto bene <strong>il</strong> confronto<br />

con gli uom<strong>in</strong>i. Personalmente non ho mai avuto problemi, credo che questo sia<br />

dovuto anche al fatto che mi sono sempre impegnata al massimo, sono molto severa<br />

con me stessa, quando prendo un impegno lo porto a term<strong>in</strong>e senza <strong>in</strong>dugio.<br />

Ad esempio, una volta <strong>in</strong> seguito ad una distorsione mi hanno steccato <strong>il</strong> dito<br />

pollice, ma <strong>il</strong> giorno dopo avevo un concerto a M<strong>il</strong>ano e non mi sono arresa. Ho<br />

preso <strong>il</strong> treno, mi sono sfasciata e ho suonato, soffrendo molto per <strong>il</strong> dolore, ma la<br />

flautista che era con me non si accorse di niente. Dopo ho dovuto tenere la stecca<br />

per venti giorni, ma avevo rispettato <strong>il</strong> mio impegno”.<br />

Molta della tua attività professionale è rivolta ai bamb<strong>in</strong>i?<br />

“Sì, e mi diverto molto con loro. Ho cercato di creare una scuola che sia anche<br />

una specie di famiglia, con un ambiente sereno, privo di competizioni. Organizzo<br />

saggi e pizzate proprio per sv<strong>il</strong>uppare e rafforzare l’amicizia”.<br />

Nei tuoi concerti spesso suoni con altri musicisti.<br />

“Con Erika Guerr<strong>in</strong>i suoniamo <strong>il</strong> piano a quattro mano ormai da 20 anni, mentre<br />

con la flautista Lucia Neri suono da 18 anni e da 7 anni con <strong>il</strong> viol<strong>in</strong>ista Marco<br />

Fornaciari”.<br />

Cosa ti è pesato di più nella tua carriera?<br />

“Dover suonare uno strumento che non potevo portarmi fuori all’aria aperta, ed<br />

essere costretta a stare sempre nella stessa stanza. Ma oggi posso dire che quei sacrifici<br />

sono stati ampiamente ricompensati, perché faccio un lavoro che mi piace<br />

molto”.<br />

Qual è stata la soddisfazione più grande?<br />

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“Mia figlia Veronica”.<br />

Sì, non ho dubbi, ma io volevo sapere la tua soddisfazione <strong>in</strong> campo professionale…<br />

“Non saprei, ce ne sono state tante, ad esempio, aver v<strong>in</strong>to un concorso <strong>in</strong>ternazionale<br />

subito dopo <strong>il</strong> diploma, oppure l’aver suonato al Goldoni, che è <strong>il</strong> teatro<br />

della mia città, ma anche l’aver suonato con Fornaciari che è una persona meravigliosa,<br />

<strong>in</strong>somma, le soddisfazioni sono tante”.<br />

Come hai conc<strong>il</strong>iato <strong>il</strong> tuo essere mamma con una professione così impegnativa?<br />

“Veronica per i primi 18 mesi non dormiva mai, era buona, ma la notte non<br />

chiudeva occhio. Così mi comprai <strong>il</strong> pianoforte con le cuffie per non disturbare e<br />

la notte approfittavo per studiare e tenerla vic<strong>in</strong>o a me. Adesso mi alzo anche alle<br />

5 del matt<strong>in</strong>o per studiare, perché poi durante la giornata non voglio r<strong>in</strong>unciare<br />

a seguirla, ad accompagnarla a scuola e a fare tutte le cose che fa una mamma”.<br />

Cerchi di trasmetterle <strong>il</strong> tuo <strong>in</strong>teresse per la musica?<br />

“Veronica è nata con la musica, <strong>qui</strong>ndi è naturale che sia <strong>in</strong>teressata, ma l’ho sconsigliata<br />

di <strong>in</strong>traprendere lo studio del pianoforte, perché non voglio starle troppo<br />

addosso, se suonassimo lo stesso strumento <strong>in</strong>evitab<strong>il</strong>mente f<strong>in</strong>irei per darle consigli<br />

e rischierei di diventare noiosa”.<br />

“Da sei anni –ci racconta Veronica- studio <strong>in</strong>vece <strong>il</strong> flauto. Uno strumento che amo<br />

molto, ma non voglio fare come la mamma e dedicare tutta la vita a questo. Ho<br />

anche altri <strong>in</strong>teressi e hobby, ad esempio, mi sto dedicando con passione anche<br />

alla pallavolo”.<br />

A Veronica chiediamo cosa le piace di più della professione della madre.<br />

“Mi piace seguirla durante i concerti, ma <strong>in</strong> modo particolare mi piace quando<br />

suona <strong>in</strong>sieme ad Erika. È molto bello vedere l’<strong>in</strong>tesa che si è creata fra loro,<br />

durante i concerti si scambiano delle occhiate e dei sorrisi per comunicare <strong>in</strong> un<br />

l<strong>in</strong>guaggio tutto loro, che hanno elaborato nel corso degli anni”.<br />

Torniamo ad Alessandra. Un sogno nel cassetto?<br />

“Poter realizzare una scuola di musica molto più bella per poter offrire di più agli<br />

studenti. Semplicemente mi piacerebbe avere più soldi per poter organizzare anche<br />

corsi gratuiti per i bamb<strong>in</strong>i e non dover sempre dipendere dalle sovvenzioni”.<br />

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono costruire <strong>il</strong> loro futuro nel campo della<br />

musica?<br />

“Essere molto modesti ed avere rispetto per le persone che hanno più esperienza.<br />

Cercare di capire subito per cosa sono portati per evitare di perdere tempo, e poi<br />

aver fiducia nelle proprie capacità”.<br />

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Paola Mesch<strong>in</strong>i,<br />

dalla direzione dell’acquario alla dirigenza <strong>in</strong> Comune 14/03/09<br />

Il suo nome per anni è stato legato all’Acquario comunale di Livorno, quando ancora<br />

esisteva, ed <strong>il</strong> suo volto è noto per l’impegno speso, con molto amore, nel recupero e nella<br />

cura delle tartarughe mar<strong>in</strong>e. Paola Mesch<strong>in</strong>i oggi è dirigente dell’Unità Organizzativa<br />

Servizi Bibliotecari, Museali e Culturali del Comune di Livorno. La sua storia professionale<br />

l’ha vista impegnata <strong>in</strong> molti ruoli ad <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciare dall’Università di Pisa,<br />

dove dopo la laurea <strong>in</strong> Scienze Biologiche, ha lavorato come ricercatrice volontaria.<br />

“Avrei voluto fare la ricercatrice <strong>in</strong> America, mentre mio padre mi consigliava di<br />

fare <strong>il</strong> medico, ma io scelsi biologia perché a quel tempo era una facoltà che apriva<br />

la strada alla ricerca, che amavo molto. Così dopo la laurea mi specializzai <strong>in</strong> Igiene<br />

e Sanità, che poi fu consentita solo ai laureati <strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a e dopo com<strong>in</strong>ciai a<br />

fare la ricercatrice volontaria. Il mio professore mi prospettò la possib<strong>il</strong>ità di una<br />

borsa di studio, che però non ho mai fatto <strong>in</strong> tempo ad usufruire perché ho <strong>in</strong>iziato<br />

a lavorare al Comune di Livorno”.<br />

Come sei arrivata a questa scelta?<br />

“Dopo poco fu <strong>in</strong>detto un concorso del Comune per un posto di biologo, dove<br />

si richiedevano caratteristiche molto vic<strong>in</strong>e al mio percorso di studi. Fui piuttosto<br />

<strong>in</strong>decisa se partecipare o meno, ma tutti mi sp<strong>in</strong>gevano a provare, perché un posto<br />

fisso è molto più sicuro del ruolo di borsista. Effettivamente vedendo la cosa a<br />

distanza di tempo posso confermare che molti miei compagni di università non<br />

ce l’hanno fatta a cont<strong>in</strong>uare nell’ambito della ricerca, ed hanno dovuto ripiegare<br />

su altre professioni”.<br />

Come hai <strong>in</strong>iziato questo nuovo lavoro?<br />

“Mi chiesero di occuparmi dell’acquario che a quel tempo, era <strong>il</strong> 1981, era piuttosto<br />

trascurato ed aveva poco personale a disposizione. L’<strong>in</strong>carico mi piacque<br />

subito, anche se non c’erano fondi disponib<strong>il</strong>i, ma è un lavoro che ho fatto sempre<br />

con molta passione, anche fra le m<strong>il</strong>le difficoltà che si sono presentate”.<br />

Hai avuto problemi <strong>in</strong> quanto donna?<br />

“Ero molto giovane, ero appena laureata e mi chiamavano ‘la bimba’. Ero l’unica<br />

donna <strong>in</strong> un gruppo di uom<strong>in</strong>i, anche anziani che avevano più difficoltà ad accettarmi”.<br />

E nell’ambiente universitario hai <strong>in</strong>contrato discrim<strong>in</strong>azioni?<br />

“No, all’università non ho mai avuto questi problemi, già a quel tempo c’erano<br />

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tante donne e la Facoltà di Biologia era molto femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e. L’impatto c’è stato con<br />

l’<strong>in</strong>gresso nel mondo del lavoro, dove ho dovuto cercare di essere molto collaborativa<br />

per con<strong>qui</strong>starmi la fiducia ed <strong>il</strong> rispetto di tutti. Portavo le persone che<br />

lavoravano con me, a capire le cose tramite <strong>il</strong> ragionamento e a co<strong>in</strong>volgerli <strong>il</strong> più<br />

possib<strong>il</strong>e nelle attività che programmavamo. Certo con qualcuno c’è voluto un po’<br />

più di fatica, ma per carattere sono una persona mite, non credo di aver mai alzato<br />

la voce. Non ho mai pensato che adeguarsi allo standard masch<strong>il</strong>e fosse una cosa<br />

positiva, le donne hanno capacità proprie per affrontare le cose, sicuramente <strong>in</strong><br />

modo diverso rispetto agli uom<strong>in</strong>i, ma non per questo peggiori”.<br />

Come hai conc<strong>il</strong>iato <strong>il</strong> lavoro con la famiglia?<br />

“Con grande fatica. Ho due figli, uno di 25 anni e una di 21, adesso grandi, ma<br />

quando erano piccoli è stata molto dura. Non ho mai usufruito dei giorni di<br />

astensione dal lavoro riservato alle madri quando hanno i figli malati, nonostante<br />

ne avessi diritto e bisogno, <strong>in</strong>fatti, <strong>il</strong> primo figlio dovetti addirittura ritirarlo dal<br />

nido per una ripetuta serie di bronchiti. Ho sempre avuto babysitter, anche perché<br />

i miei genitori non vivevano più a Livorno. Mio padre era orig<strong>in</strong>ario dell’Argentario,<br />

venne a Livorno per lavoro quando io avevo due anni, <strong>qui</strong>ndi mi sono sempre<br />

sentita labronica, ma lui appena è andato <strong>in</strong> pensione è voluto ritornare a Porto<br />

Santo Stefano”.<br />

In base alla tua esperienza pensi sia possib<strong>il</strong>e per una donna conc<strong>il</strong>iare lavoro e professione?<br />

“Sì, anche se naturalmente bisogna essere disposte a fare molti sacrifici e bisogna<br />

avere anche la fortuna di trovare una buona babysitter che ti permetta di stare<br />

tran<strong>qui</strong>lla”.<br />

Quali sono state le tue soddisfazioni professionali più grandi?<br />

“Per adesso sono legate al periodo <strong>in</strong> cui ho diretto l’acquario, da quando sono diventata<br />

dirigente dell’Unità Organizzativa Servizi Bibliotecari, Museali e Culturali<br />

è <strong>in</strong>iziata una nuova fase della mia carriera, ma è ancora troppo presto per parlare<br />

delle soddisfazioni, è poco tempo che mi trovo a ricoprire questo ruolo”.<br />

Raccontaci allora del periodo trascorso all’acquario.<br />

“La soddisfazione maggiore <strong>in</strong> questo campo l’ho avuta nell’essere riuscita a mantenere<br />

l’acquario all’<strong>in</strong>terno del circuito nazionale degli acquari, nonostante <strong>il</strong> livello<br />

nel quale lo trovai. I riconoscimenti più belli mi sono venuti dalle scuole, dagli<br />

<strong>in</strong>segnati, dagli studenti, ma anche dai cittad<strong>in</strong>i, che spesso mi hanno fermato<br />

per strada per farmi i complimenti per <strong>il</strong> lavoro svolto con le tartarughe mar<strong>in</strong>e.<br />

Nel 1990 siamo entrati nel circuito nazionale del recupero animali mar<strong>in</strong>i e questo<br />

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è stato molto apprezzato dalla gente”.<br />

La cosa che ti pesa di più nello svolgere <strong>il</strong> tuo lavoro?<br />

“Il lavoro all’acquario era molto specifico e settoriale, mentre adesso con l’avanzamento<br />

di carriera devo gestire più settori e per ora ho un po’ di difficoltà nel ricordarmi<br />

tutto: biblioteca, cultura, musei, spettacoli, ricerca, rapporti con l’università<br />

ed altre m<strong>il</strong>le cose. La difficoltà più grande sta nel salto di modalità lavorativa, <strong>il</strong><br />

settore è molto grande, io ho una buona memoria, ma <strong>in</strong> questo periodo è messa<br />

a dura prova”.<br />

Un consiglio per le giovani donne?<br />

“Non darei consigli, ognuno ha <strong>il</strong> suo carattere, le sue attitud<strong>in</strong>i e le sue predisposizioni.<br />

L’unica cosa che posso dire è che come donna non mi metterei né <strong>in</strong> contrapposizione<br />

né <strong>in</strong> condizioni di scimmiottare l’uomo, perché le donne hanno capacità<br />

diverse ed è importante che mantengano <strong>il</strong> proprio valore. Purtroppo molto<br />

spesso le prime nemiche delle donne sono le donne stesse, perché non riescono<br />

ad essere solidali fra loro. Quelle che ricoprono ruoli di responsab<strong>il</strong>ità spesso sono<br />

criticate dalle stesse donne, ed <strong>in</strong>vece, sono proprio loro che potrebbero capire i<br />

problemi delle donne, ed aiutarle”.<br />

Sei soddisfatta delle scelte lavorative che hai fatto?<br />

“Sì, credo di aver dato molto al lavoro e senza trascurare la famiglia e i figli, due<br />

aspetti molto importanti per le donne”.<br />

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Giorgia Mariani,<br />

dalla moda alla scrittura sempre con molta creatività 08/11/09<br />

Bastano poche parole per richiamare l’<strong>in</strong>teresse di una persona e a Giorgia Mariani,<br />

romana, madre di ben 4 figli e sceneggiatrice per la televisione, ne sono bastate poche<br />

per farmi capire che una chiacchierata con lei sarebbe stata piacevole e <strong>in</strong>teressante da<br />

<strong>in</strong>serire nel gruppo delle professioniste che possono trasmettere messaggi positivi a tutte<br />

le donne e non solo.<br />

L’ho ascoltata alla Fiera del Libro di Pontedera dove ha presentato <strong>il</strong> suo lavoro e ha<br />

spiegato cosa vuol dire per lei scrivere. L’immag<strong>in</strong>e che trasmette è quella di una donna<br />

determ<strong>in</strong>ata, positiva e disponib<strong>il</strong>e, <strong>in</strong>fatti, ha accettato subito di entrare a far parte<br />

del gruppo delle professioniste <strong>in</strong>tervistate e ci siamo risentite telefonicamente per approfondire<br />

ulteriormente la sua esperienza di donna che con un lavoro impegnativo<br />

non ha r<strong>in</strong>unciato ad essere 4 volte madre.<br />

Torniamo <strong>in</strong>dietro negli anni, f<strong>in</strong>o al momento <strong>in</strong> cui comprendi che ti piace scrivere.<br />

“Non c’è una data precisa da ricordare, mio padre faceva <strong>il</strong> giornalista, da piccola<br />

ho sempre visto <strong>il</strong> suo studio come un luogo magico ed <strong>il</strong> ticchettio della macch<strong>in</strong>a<br />

da scrivere che usciva dalla stanza era per me una specie di s<strong>in</strong>fonia. Dall’altro lato<br />

della casa c’era mia madre che lavorava con una macch<strong>in</strong>a per la maglieria che<br />

emetteva un altro ritmo. Mi piace ripensare alla mia <strong>in</strong>fanzia fra questi suoni, che<br />

catturavano la mia attenzione e la mia fantasia, <strong>in</strong>ducendomi a pensare alle scelte<br />

future. Alla f<strong>in</strong>e ho att<strong>in</strong>to da entrambe le esperienze professionali dei miei genitori,<br />

ma sono sempre stata attratta più dal mondo della scrittura rappresentato da<br />

mio padre. Ricordo ancora quando mi regalarono la prima Olivetti, era tutta rossa<br />

e bellissima. Il regalo più bello che abbia mai avuto”.<br />

Come hai assorbito e messo <strong>in</strong> pratica la professione di tua madre?<br />

“A 18 anni avevo una grande voglia di essere autonoma, così per due anni sono<br />

stata <strong>in</strong> Ingh<strong>il</strong>terra a studiare e una volta tornata <strong>in</strong> Italia ho voluto vivere da sola<br />

ed ho <strong>in</strong>iziato subito un’attività lavorativa creando maglioni molto particolari e<br />

fantasiosi. Mio padre aveva un’agenzia di comunicazione, avrei potuto lavorare<br />

con lui, ma <strong>in</strong> quel momento ho preferito diventare una piccola imprenditrice,<br />

creare una mia collezione e girare per le fiere. Ricordo ancora la gioia di quando<br />

mi ord<strong>in</strong>arono i primi 1000 maglioni”.<br />

Ma evidentemente questa non era la tua strada.<br />

“Sentivo che era un mondo troppo superficiale che non mi realizzava e poi non<br />

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avevo le capacità del commerciante. Ci vogliono delle caratteristiche particolari,<br />

anche solo per farsi pagare quando si realizza un lavoro. In questi anni sono<br />

nacquero i miei primi due figli, <strong>il</strong> primo nel ’84 e <strong>il</strong> secondo nel ’88 e spesso mi<br />

muovevo con loro, portandomeli dietro agli appuntamenti”.<br />

Quando hai deciso di cambiare strada?<br />

“Quando offrirono a mio marito un lavoro come regista a M<strong>il</strong>ano. Abbiamo lasciato<br />

Roma e questa è stata la svolta della mia vita. Ho sempre letto e scritto molto,<br />

anche se solo per me stessa, così decisi che potevo tentare di ut<strong>il</strong>izzare questa<br />

mia passione, sentivo che c’era qualcosa di diverso per me, che potevo fare altre<br />

cose. Com<strong>in</strong>cia a frequentare <strong>il</strong> mondo della televisione quando Canale 5 stava<br />

crescendo e mi colpì molto vedere che c’erano molti giovani entusiasti, creativi,<br />

d<strong>in</strong>amici e pieni di <strong>in</strong>iziative. Mio marito si occupava dei primi f<strong>il</strong>m di produzione<br />

italiana con Crist<strong>in</strong>a d’Avena tratti dai cartoni animati giapponesi, mentre<br />

io, <strong>in</strong>sieme ad altri sceneggiatori, com<strong>in</strong>ciai a lavorare proprio <strong>in</strong> questo settore,<br />

nella trasposizione dei fumetti alla fiction per ragazzi. Fra le altre cose alcuni erano<br />

molto hard e dovevano essere modificati. In quel tempo scrissi tantissimo e fu una<br />

buona esperienza”.<br />

Quando hai scritto la tua prima sceneggiatura?<br />

“Com<strong>in</strong>ciai <strong>in</strong> questo periodo. Il primo lavoro lo feci leggere al capo sceneggiatore<br />

che mi disse che non era male, ma che se ne avessi scritte altre ventic<strong>in</strong>que avrei<br />

raggiunto un livello migliore. Senza scoraggiarmi cont<strong>in</strong>uai a studiare e a scrivere<br />

f<strong>in</strong>o a quando è stata accettata la mia prima sceneggiatura”.<br />

Che cosa ti è servito di più per imparare questo mestiere?<br />

“Sicuramente <strong>il</strong> poter stare sul set. Qui mi sono resa conta che si deve usare un<br />

l<strong>in</strong>guaggio nel quale la gente si ritrova, certo non deve essere sgrammaticato, ma<br />

deve avere un’immediatezza, la gente si deve identificare. Un’altra cosa che mi ha<br />

aiutato molto è stato l’aver capito subito che <strong>il</strong> lavoro dello sceneggiatore è molto<br />

concreto. Non dobbiamo pensare alla figura romantica dello scrittore che cerca<br />

ispirazione fra i fiori o davanti ad un tramonto, per scrivere una sceneggiatura si<br />

usa un metodo che potremo def<strong>in</strong>ire ‘<strong>in</strong>dustriale’, nel senso che ci si r<strong>in</strong>chiude <strong>in</strong><br />

una stanza, si lavora con altri, ci si confronta apertamente, accettando anche le<br />

critiche e soprattutto si rispettano i tempi che sono stati prestab<strong>il</strong>iti per term<strong>in</strong>are<br />

<strong>il</strong> lavoro. Quando ho sceneggiato una fiction sapevo che ogni settimana doveva<br />

essere pronta una puntata e dovevo necessariamente tenere questo ritmo”.<br />

Qual è l’aspetto più bello di questo lavoro?<br />

“Far parte di un gruppo, essere disponib<strong>il</strong>i alle op<strong>in</strong>ioni degli altri, smussare i<br />

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propri lati negativi”.<br />

Potresti def<strong>in</strong>ire la tua carriera una bella avventura?<br />

“Sì, sicuramente, anche se mi rendo conto che oggi non è più così. All’epoca<br />

eravamo <strong>in</strong> pochi e stava nascendo la televisione commerciale che rappresentava<br />

un nuovo polo dove molta creatività affluiva. Nel ‘87 – ‘88 mi fu affidata la Tv<br />

dei ragazzi di Canale 5 con Bim Bum Bam. Era la prima volta che facevamo una<br />

trasmissione <strong>in</strong> diretta ed eravamo molto entusiasti. Certo avevamo lo sponsor e<br />

<strong>qui</strong>ndi c’era anche la parte commerciale, ma non mancava certo la creatività, era<br />

una trasmissione molto aperta. È stato un periodo di grandi soddisfazioni”.<br />

Ed <strong>il</strong> tuo ruolo di mamma?<br />

“Con due figli riuscivo ancora a gestirmi abbastanza bene, poi quando sono nati<br />

gli altri due ho dovuto cambiare alcune cose. Nel frattempo mi ero trasferita fuori<br />

M<strong>il</strong>ano, <strong>in</strong> campagna ed era diventato <strong>in</strong>dispensab<strong>il</strong>e guadagnare di più, perché<br />

altrimenti non mi sarebbe convenuto pagare babysitter e tata, sarebbe stato più<br />

economico rimanere a casa. Così anche se quel tipo di lavoro mi appassionava<br />

decisi di lasciare e di passare alle trasmissioni f<strong>in</strong>anziarie dove si guadagnava meglio<br />

e avevo la possib<strong>il</strong>ità di lavorare da casa. Anche questa è stata un’esperienza<br />

importante che mi ha aiutato nella mia formazione”.<br />

C’è poi stata un’altra svolta nella tua vita.<br />

“Sì, nel 2000 siamo tornati a Roma e ho ricom<strong>in</strong>ciato da zero. All’epoca avevo<br />

39 anni, ma non mi sono arresa, ho fatto i test per entrare nel gruppo di scrittura<br />

della soap-opera Vivere e fui accettata come editor. Mi sono così trovata <strong>in</strong> un<br />

gruppo di lavoro con tanti giovani ragazzi, e con um<strong>il</strong>tà mi sono messa al lavoro.<br />

Mi ha aiutato molto la lunga esperienza di scrittura che avevo alle spalle e la capacità<br />

di gestire i rapporti. Dopo tre anni sono diventata head write (capo progetto)<br />

e ho portato avanti questo ruolo per altri tre anni. Si tratta di un lavoro molto<br />

usurante perché hai molte pressioni e responsab<strong>il</strong>ità, hai dei ritmi frenetici, ogni<br />

settimana devi necessariamente completare una puntata, qualsiasi cosa ti accada,<br />

però è <strong>qui</strong> che ti crei <strong>il</strong> nome, che ti fai conoscere nell’ambiente. In questo periodo<br />

ho affrontato diverse sceneggiature come quella di Cento Vetr<strong>in</strong>e e sono successe<br />

tante cose, anche molto tristi, nella mia vita privata, ma <strong>il</strong> lavoro mi ha aiutato a<br />

superare tutto, è stato un’ancora di salvezza, più della famiglia e dei figli”.<br />

Come si resiste ad un lavoro così impegnativo?<br />

“Non si resiste, si tratta di un ruolo molto faticoso e non lo si può svolgere a lungo,<br />

<strong>in</strong>fatti, nel 2006 ho deciso di lasciare. Adesso scrivo sceneggiature mie, ma <strong>in</strong>sieme<br />

ad altre persone. Bisogna essere sempre pronti a lavorare con tutti”.<br />

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Dai molta importanza alle relazioni con i colleghi?<br />

“Sì, sono fondamentali. In un gruppo di lavoro bisogna avere l’um<strong>il</strong>tà di mettersi<br />

sempre <strong>in</strong> discussione, di veder criticate le proprie idee. Solo così si riesce a portare<br />

a term<strong>in</strong>e una sceneggiatura”.<br />

Tu sei anche autrice di Camici Bianchi. Come è andata questa fiction?<br />

“È andata male, ma come professionista devo dire che non è stato un <strong>in</strong>successo.<br />

C’è stato un forte boicottaggio da parte dell’ambiente medico e politico, sono<br />

arrivate <strong>in</strong>terpellanze m<strong>in</strong>isteriali e la categoria dei medici è stata molto compatta<br />

nell’ostacolare la messa <strong>in</strong> onda. Nella fiction abbiamo raccontato alcuni errori che<br />

i medici fanno negli ospedali, gli sprechi, ma era presente anche la buona sanità.<br />

Devo anche riconoscere però che <strong>il</strong> pubblico vuole essere distratto e una fiction<br />

che affronta problemi reali non può essere molto amata. Dal punto di vista professionale<br />

è stata comunque una bella esperienza, abbiamo fatto un buon lavoro e<br />

ne siamo soddisfatti”.<br />

Ed i tuoi figli? Vogliono seguire le tue orme?<br />

“I due maschi no, uno lavora nella cooperazione <strong>in</strong>ternazionale e l’altro vuole fare<br />

l’astrofisico, ma le femm<strong>in</strong>e sono rimaste nell’ambiente, la grande fa l’attrice e la<br />

piccola sta seguendo le orme materne e ha già term<strong>in</strong>ato di scrivere <strong>il</strong> suo primo<br />

romanzo dal quale vuole trarre una sceneggiatura”.<br />

Un consiglio per i giovani che guardano alla sceneggiatura come ad un possib<strong>il</strong>e sbocco<br />

professionale?<br />

“Mi rendo conto che oggi non è fac<strong>il</strong>e entrare <strong>in</strong> questo ambiente. Prima di tutto<br />

direi che è importante imparare a scrivere correttamente, attualmente alle selezioni<br />

per la scuola di sceneggiatura l’80% non viene accettato perché fa errori di ortografia.<br />

Inoltre, chi vuole diventare uno sceneggiatore deve conoscere la televisione,<br />

e non avere un atteggiamento snobistico, come spesso ho <strong>in</strong>contrato”.<br />

Ti sei mai sentita discrim<strong>in</strong>ata come donna <strong>in</strong> questo lavoro?<br />

“No, se non con qualche personaggio particolare, ma niente di r<strong>il</strong>evante. Personalmente<br />

lavoro meglio con gli uom<strong>in</strong>i perché sono più pragmatici, le donne sono<br />

più cervellotiche, almeno <strong>in</strong> questo settore”.<br />

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Una donna nel regno della natura,<br />

Anna Roselli alla direzione del museo di V<strong>il</strong>la Henderson<br />

14/11/09<br />

La scenografia è stupenda. La v<strong>il</strong>la Henderson di Livorno accoglie <strong>il</strong> Museo di Storia<br />

Naturale del Mediterraneo con tutti gli onori e le strutture adeguate. Una storia che<br />

viene da lontano, che la sua direttrice Anna Roselli ci racconta con passione, perché<br />

<strong>il</strong> suo amore per le scienze naturali e la sua professione sono profondamente legate a<br />

questo museo, così tanto che talvolta sembrano quasi confondersi fra loro.<br />

Quando è avvenuto <strong>il</strong> primo <strong>in</strong>contro con le Scienze Naturali?<br />

“Durante <strong>il</strong> periodo del liceo avevo già l’<strong>in</strong>teresse per le materie scientifiche, ma<br />

<strong>il</strong> primo contatto con un museo di storia naturale l’ho avuto quando <strong>il</strong> museo<br />

labronico si trasferì dai locali dell’acquario agli scant<strong>in</strong>ati del liceo, allora <strong>in</strong> via<br />

Crispi. In quegli anni l’unico dipendente della Prov<strong>in</strong>cia assegnato al museo era<br />

Gianfranco Barsotti, ma <strong>in</strong>torno a lui c’era un bel gruppo di volontari appassionati<br />

che organizzavano <strong>in</strong>contri, sem<strong>in</strong>ari e progetti di ricerca, tutti aperti alla città.<br />

Così <strong>in</strong> <strong>qui</strong>nta liceo mi avvic<strong>in</strong>ai al museo per scoprire cosa facevano e non l’ho<br />

più lasciato. Ma <strong>il</strong> mio vero mentore, colei che ha saputo <strong>in</strong>dirizzare la mia passione,<br />

è stata soprattutto l’<strong>in</strong>segnante di scienze del liceo, la professoressa Dietrich,<br />

molto brava ed esigente, che seppe trasmettermi l’amore per le scienze naturali”.<br />

Una passione che ha <strong>in</strong>dirizzato la scelta universitaria.<br />

“Sì, <strong>in</strong>fatti, mi iscrissi subito a Scienze Naturali, una facoltà che all’epoca frequentavano<br />

<strong>in</strong> pochi perché era molto pesante, con un piano di studi obbligatorio che<br />

tendeva a formare naturalisti un po’ vecchio stampo, del tipo ottocentesco, che<br />

dovevano sapere un po’ di tutto dalla zoologia, alla geologia, alla botanica. Il primo<br />

anno eravamo 35 studenti e questo ci permetteva di avere un buon rapporto<br />

con i professori e di poter organizzare e partecipare ad esperienze da vero naturalista<br />

sul campo. In quegli anni poi all’università c’erano grandi nomi come Floriano<br />

Papi, un’autorità sull’orientamento degli uccelli. E proprio con lui ho svolto la mia<br />

tesi di laurea”.<br />

Su quale argomento?<br />

“Il professore dava tesi sull’orientamento dei colombi, ma io non ero tanto <strong>in</strong>teressata<br />

agli animali domestici, preferivo occuparmi di quelli selvatici, così <strong>in</strong>sistetti<br />

con lui per avere una tesi sulla capacità di ritornare nei luoghi di svernamento dei<br />

passeriformi, cioè quel fenomeno che chiamiamo di hom<strong>in</strong>g. Così per due <strong>in</strong>verni<br />

ho <strong>in</strong>anellato passeriformi nei boschi di San Piero a Grado dove la facoltà aveva<br />

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una struttura di appoggio”.<br />

Contemporaneamente cont<strong>in</strong>uava a frequentare <strong>il</strong> museo di storia naturale?<br />

“Sì. Nel frattempo <strong>il</strong> museo si era trasferito a v<strong>il</strong>la Henderson, ma l’edificio doveva<br />

essere ancora ristrutturato, non c’erano spazi espositivi, però <strong>il</strong> gruppo di volontari<br />

cont<strong>in</strong>uava la sua attività ed io con loro”.<br />

Dopo la laurea è stato diffic<strong>il</strong>e <strong>in</strong>serirsi nel mondo del lavoro?<br />

“Inizialmente sono stata impegnata a strutturare progetti per <strong>il</strong> museo sulla didattica.<br />

All’epoca non potevamo portare i ragazzi <strong>in</strong> v<strong>il</strong>la perché non ancora adeguata<br />

e <strong>qui</strong>ndi andavamo noi nelle scuole. Questa è stata un’attività che mi ha permesso<br />

di rimanere al museo, che nel frattempo cresceva con i primi restauri. Nel ’88 la<br />

persona che affiancava Barsotti andò <strong>in</strong> pensione e questo fu un caso fortunato<br />

per me, perché mi permise di partecipare al concorso <strong>in</strong>detto dalla prov<strong>in</strong>cia e<br />

di v<strong>in</strong>cerlo. Iniziai così la mia carriera, ero dipendente, giovane laureata e molto<br />

entusiasta e mi buttai nella professione seguendo diversi aspetti, oltre a quello<br />

museale, anche quello della ricerca scientifica”.<br />

Con la ristrutturazione di v<strong>il</strong>la Henderson <strong>il</strong> museo com<strong>in</strong>ciava a risolvere i suoi decennali<br />

problemi.<br />

“Solo parzialmente, <strong>in</strong>fatti, com<strong>in</strong>ciavamo ad avere la struttura, però era prevalentemente<br />

vuota. Così aderii subito alla chiamata che <strong>in</strong> quegli anni fece <strong>il</strong> museo<br />

di Storia Naturale di M<strong>il</strong>ano per la messa <strong>in</strong> rete di musei, università e centri di<br />

ricerca nel progetto sui cetacei spiaggiati sulle nostre coste. Iniziò così nel 1988<br />

una nuova avventura che ci vide diventare unità operativa per <strong>il</strong> recupero dei<br />

cetacei spiaggiati, per <strong>il</strong> loro campionamento, per la misurazione e la pesatura, la<br />

conservazione della parte scheletrica, <strong>in</strong>somma per raccogliere tutti quei dati ut<strong>il</strong>i<br />

alla ricerca scientifica”.<br />

Quali vantaggi ha portato al museo questo progetto?<br />

“Da allora <strong>il</strong> museo passò dall’avere un solo esemplare <strong>in</strong>tero di cetaceo a possederne<br />

circa una trent<strong>in</strong>a. Il caso più importante fu la balenottera del ’90, che<br />

rappresenta oggi, con i sui 19 metri e 60 centimetri, lo scheletro più grande <strong>in</strong><br />

esposizione”.<br />

Come si recupera un cetaceo così grande?<br />

“Non è stato semplice. La balenottera si arenò nel ’90 a Calambrone ancora viva,<br />

così <strong>il</strong> nostro impegno <strong>in</strong>iziale fu quello di riportarla <strong>in</strong> mare aperto con la speranza<br />

che potesse sopravvivere. Nel giro di 24 ore grazie ai mezzi dei Vig<strong>il</strong>i del Fuoco,<br />

della Mar<strong>in</strong>a, della Guardia di F<strong>in</strong>anza, dei Carab<strong>in</strong>ieri e con i rimorchiatori del<br />

Neri riuscimmo a riportarla a largo e la seguimmo nei suoi spostamenti, ma le<br />

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speranze si <strong>in</strong>fransero otto giorni dopo quando si spiaggiò, questa volta morta,<br />

nel porto di Piomb<strong>in</strong>o. Iniziò un lavoro molto faticoso perché pur essendo stata<br />

portata alla discarica, l’asl e le autorità locali ci dicevano che puzzava e dovevamo<br />

fare presto. Così per sei giorni, <strong>in</strong> modo cont<strong>in</strong>uativo, aiutati dalle fotoelettriche<br />

nella notte, provvedemmo a campionarla, fotografarla, misurarla e eseguimmo<br />

una prima scarnificazione. A quel punto fu portata alla discarica di Livorno dove<br />

fu lasciata per un mese <strong>in</strong> un’apposita vasca per far marcire le ultime parti rimaste<br />

attaccate allo scheletro e poterla poi ripulire perfettamente”.<br />

Oggi lo scheletro troneggia imperioso nella sala del mare e dà prestigio al museo.<br />

“Anche la sala del mare fu una bella avventura. Avevamo lo scheletro che fu studiato<br />

e divenne oggetto di diverse pubblicazioni, ma non avevamo un luogo adatto<br />

alla sua esposizione, <strong>in</strong>fatti, le sale del museo arrivavano al massimo a 18 metri di<br />

lunghezza. Avevamo due soluzioni: smontare e immagazz<strong>in</strong>are lo scheletro oppure<br />

attivarsi per cercare f<strong>in</strong>anziamenti e costruire una nuova struttura adeguata ad accogliere<br />

la balenottera. Ci muovemmo <strong>in</strong> questa seconda direzione. Così è nato <strong>il</strong><br />

nostro museo, pezzo dopo pezzo, con l’impegno e l’entusiasmo di molti”.<br />

Si è mai sentita discrim<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> quanto donna?<br />

“No, non ho mai avuto problemi, neanche nelle attività sul campo. In questo<br />

settore ho lavorato prevalentemente con gruppi al masch<strong>il</strong>e, ma senza difficoltà,<br />

neanche quando ho dovuto affrontare situazioni particolari come <strong>il</strong> doversi arrampicare<br />

su una scogliera o fare <strong>il</strong> censimento degli uccelli anche da sola su strade<br />

isolate. Non mi sono mai posta problemi e non ho mai avuto difficoltà”.<br />

E conc<strong>il</strong>iare <strong>il</strong> lavoro con la famiglia?<br />

“Questa è una cosa più diffic<strong>il</strong>e. Io ho un figlio, ma per fortuna ho anche avuto<br />

molto aiuto dai nonni”.<br />

Un consiglio per le giovani donne?<br />

“Oggi è diffic<strong>il</strong>e dare consigli. Io sono ancorata ad un’esperienza molto positiva,<br />

anche se dubito che oggi ci siano le stesse basi e le stesse opportunità che ho avuto<br />

io. Le persone della mia generazione non hanno una reale visione degli effettivi<br />

cambiamenti che <strong>in</strong>vece i giovani stanno vivendo. L’unica cosa che mi sento di<br />

consigliare è l’importanza di scegliere una strada che abbia almeno qualcosa che<br />

appassioni. Capisco che bisogna scegliere anche sulla base delle prospettive di lavoro<br />

futuro, ma bisogna cercare di conservare almeno <strong>in</strong> parte le proprie passioni”.<br />

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Darya Majidi,<br />

conoscere se stesse e credere nell’<strong>in</strong>novazione tecnologica<br />

24/01/10<br />

Si è trasferita dall’Iran quando era ancora una ragazz<strong>in</strong>a, senza conoscere l’italiano,<br />

ma con determ<strong>in</strong>azione ha <strong>in</strong>trapreso una carriera scolastica eccellente. Incontriamo<br />

Darya Majidi nel suo nuovo ufficio di assessora all’<strong>in</strong>novazione tecnologia e di sistema<br />

del Comune di Livorno, dove le chiediamo di raccontarci la sua storia.<br />

“Nasco a Teheran nel 1968, ma durante la rivoluzione iraniana con tutta la mia<br />

famiglia ci siamo trasferiti <strong>in</strong> Italia. Mia madre è per metà italiana e per metà<br />

austriaca, mentre mio padre è iraniano. Il Farsi è la mia l<strong>in</strong>gua madre e quando a<br />

12 anni arrivai a Livorno non conoscevo bene l’italiano. Ricordo che mia mamma<br />

mi portò ad un collo<strong>qui</strong>o con gli <strong>in</strong>segnanti, che io sostenni <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese, durante <strong>il</strong><br />

quale si doveva decidere se avrei potuto <strong>in</strong>serirmi <strong>in</strong> seconda media, <strong>in</strong> base alla<br />

mia età o avrei dovuto ripetere un anno per avere <strong>il</strong> tempo di imparare la l<strong>in</strong>gua.<br />

Gli <strong>in</strong>segnanti di matematica e di <strong>in</strong>glese dissero che non avevano problemi ad<br />

ammettermi alla seconda perché ero più avanti rispetto al programma da loro<br />

seguito, ed anche la professoressa d’italiano, donna eccezionale, si espresse a favore,<br />

perché sostenne che avrei recuperato durante l’anno. E così feci. Ero molto<br />

più avanti <strong>in</strong> matematica e <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese, rispetto ai miei compagni e mi capitava di<br />

uscire durante queste lezioni per recuperare con l’italiano, la storia e la geografia.<br />

Grazie a questa <strong>in</strong>segnante non persi l’anno e mi sono sempre trovato bene nella<br />

mia carriera scolastica”.<br />

Come hai proseguito gli studi?<br />

“Con <strong>il</strong> liceo scientifico, dove andavo bene nelle materie scientifiche, ed avevo<br />

qualche problema a lat<strong>in</strong>o, ma comunque sono riuscita a diplomarmi con 60/60.<br />

Ci fu poi <strong>il</strong> problema di scegliere cosa fare all’università. Io dico sempre che coloro<br />

che f<strong>in</strong> da piccoli hanno ‘<strong>il</strong> fuoco dentro’, sanno cioè cosa faranno da grandi,<br />

hanno una passione che li sp<strong>in</strong>ge s<strong>in</strong> da piccoli <strong>in</strong> una direzione, sono molto fortunati.<br />

Io non lo avevo questo fuoco e per di più andando bene un po’ <strong>in</strong> tutte le<br />

materie, non era fac<strong>il</strong>e prendere una decisione. La mia professoressa mi consigliava<br />

matematica, ma io vidi <strong>in</strong> <strong>in</strong>formatica una facoltà più moderna e trasversale, nel<br />

senso che poteva applicarsi a diverse discipl<strong>in</strong>e. Una scelta di cui non mi sono mai<br />

pentita. La mia tesi di laurea fu sull’<strong>in</strong>telligenza artificiale applicata alla medic<strong>in</strong>a.<br />

Era un sistema che aiutava i medici a fare le diagnosi <strong>in</strong> campo neurologico, <strong>in</strong><br />

pratica si trattava di un computer che emulava <strong>il</strong> processo diagnostico di un cl<strong>in</strong>i-<br />

51


co con algoritmi e reti neurali. Il lavoro andò molto bene e mi chiesero se volevo<br />

restare all’università per <strong>il</strong> dottorato. Fare ricerca mi piaceva, ma non ero conv<strong>in</strong>ta<br />

di rimanere nell’ambiente universitario, comunque fra un’<strong>in</strong>certezza e l’altra dedicai<br />

alla ricerca e ai progetti europei tre anni. Contemporaneamente però feci<br />

delle consulenze e mi specializzai nell’<strong>in</strong>formatica medica, dalla quale ero appunto<br />

partita con la tesi e che mi portò nel ’96, quando avevo 28 anni a fondare la mia<br />

prima azienda, la Synapsis, specializzata <strong>in</strong> sistemi <strong>in</strong>formativi sanitari, <strong>qui</strong>ndi<br />

dest<strong>in</strong>ati ai medici e agli ospedali”.<br />

Com’è andata questa prima esperienza lavorativa?<br />

“Molto bene. Siamo partiti <strong>in</strong> tre soci e ben presto abbiamo raggiunto una trent<strong>in</strong>a<br />

di dipendenti, ed abbiamo lavorato con importanti imprese come la Siemens.<br />

Nel 2002 ci siamo trovati a competere nelle gare pubbliche con i big del settore<br />

dove lo scontro spesso avveniva non solo sulle competenze e l’<strong>in</strong>novazione, ma la<br />

dimensione aziendale era fondamentale. Così nacque l’idea di far entrare un fondo<br />

d’<strong>in</strong>vestimento <strong>in</strong> azienda, e <strong>in</strong> questa occasione ho frequentato diversi corsi di<br />

formazione cosiddetta f<strong>in</strong>anza <strong>in</strong>novativa ed <strong>il</strong> mondo dell’e<strong>qui</strong>ty. Il 2003 fu un<br />

anno diffic<strong>il</strong>e, perché fu dato un approccio molto f<strong>in</strong>anziario e poco <strong>in</strong>dustriale<br />

all’azienda e io non ero d’accordo. All’epoca ero presidente del consiglio di Amm<strong>in</strong>istrazione<br />

e decisi che nel 2004 avrei avuto la responsab<strong>il</strong>ità diretta di un budget<br />

importante, sul quale avrei lavorato per portare dei risultati. Fu una bella sfida,<br />

a febbraio però scoprii di essere <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta, a marzo mi nom<strong>in</strong>arono presidente dei<br />

giovani di Conf<strong>in</strong>dustria! Nel frattempo erano partite le trattative per l’ac<strong>qui</strong>sto<br />

della Synapsis da parte di una azienda leader del settore, cosa che poi è andata a<br />

buon f<strong>in</strong>e, ed oggi l’azienda fa parte di una hold<strong>in</strong>g di cui sono socia”.<br />

Un anno importante per molti aspetti.<br />

“Sì, nacque mia figlia e io mi impegnai molto <strong>in</strong> Conf<strong>in</strong>dustria facendo attività<br />

con i giovani, con le scuole, realizzando molti progetti di orientamento per i ragazzi,<br />

simulazioni d’impresa, viste nelle aziende, svolgemmo un lavoro molto <strong>in</strong>tenso<br />

per diffondere la cultura del lavoro nelle scuole. Un impegno che è stato apprezzato,<br />

perché nel 2006 sono stata eletta vice presidente di Conf<strong>in</strong>dustria con delega<br />

alle <strong>in</strong>novazioni. Nel 2006 però ho anche fondato la mia secondo azienda, la Daxo<br />

che si occupa di <strong>in</strong>formatica nel settore mob<strong>il</strong>e: diamo la possib<strong>il</strong>ità agli operatori<br />

delle aziende <strong>in</strong>dustriali <strong>in</strong> ambiti quali la logistica, la nautica, <strong>il</strong> manifatturiero di<br />

accedere a dati aziendali <strong>in</strong> tempo reale con palmari <strong>in</strong>dustriali”.<br />

Come ti è nato questo nuovo <strong>in</strong>teresse?<br />

“Gli ultimi progetti che avevo curato con la Synapsis si erano orientati verso la<br />

52


telemedic<strong>in</strong>a, per consentire ai medici di avere i dati del paziente su un palmare<br />

trasportab<strong>il</strong>e direttamente nelle case degli ammalati e cont<strong>in</strong>uare a dialogare con<br />

altri medici e con l’ospedale. In questa esperienza ho capito l’importanza del palmare,<br />

dell’avere dati e <strong>in</strong>formazioni fruib<strong>il</strong>i anche da postazioni non fisse. La Daxo<br />

sta andando molto bene, siamo una vent<strong>in</strong>a di persone ed abbiamo aperto una<br />

sede anche a Dubai. Nel frattempo sono partite delle collaborazioni con alcune<br />

università, perché nel 2005 ho preso un master di strategia di governance aziendale<br />

al dipartimento di Economia di Pisa”.<br />

Uno studio cont<strong>in</strong>uo.<br />

“Credo molto nella formazione, nell’essere sempre aggiornati non solo sulla tecnologica,<br />

ma anche nella parte gestionale, nel mio mestiere forse è la cosa più<br />

importante e così ogni tanto mi regalo un corso. Un’esperienza molto bella è stata<br />

quando la Comunità Europea, di sua spontanea volontà, scelse 20 giovani imprenditori<br />

e ci <strong>in</strong>vitò a fare un master di una settimana dal titolo “From technology<br />

to bus<strong>in</strong>ess” e ci dettero gli strumenti per trasformare la tecnologia <strong>in</strong> impresa.<br />

A quel tempo avevo già la mia azienda, ma quello che ho imparato <strong>in</strong> quel corso<br />

sul market<strong>in</strong>g, la parte commerciale, le pubbliche relazioni e altri aspetti è stato<br />

importantissimo. Ed <strong>in</strong>fatti, decisi di organizzare un corso <strong>in</strong> Camera di Commercio<br />

per ridare le cose importanti che io avevo avuto <strong>in</strong> questa formazione, ad<br />

altre donne. Facemmo un corso molto <strong>in</strong>teressante con 20 ragazze, dove spiegavamo<br />

l’<strong>in</strong>formatica come modello di bus<strong>in</strong>ess, con <strong>il</strong> commercio elettronico, con la<br />

creazione di reti fra persone, fra aziende. La tecnologia spesso è vista dalle donne<br />

come un problema, ed <strong>in</strong>vece è importante far capire che può essere amica e ci può<br />

aiutare. Ad esempio, quando sono stata <strong>in</strong> maternità i miei clienti non se ne sono<br />

accorti, perché avendoli sempre seguiti per e-ma<strong>il</strong> ho potuto cont<strong>in</strong>uare anche <strong>in</strong><br />

quel periodo da casa. La tecnologia può essere amica, negli Stati Uniti 400 m<strong>il</strong>a<br />

persone vivono solo di e-bay, comprano e vendono stando a casa e riescono così a<br />

conc<strong>il</strong>iare vita professionale e famiglia, anche se devo dire che personalmente vivere<br />

solo di telelavoro non mi piace, perché toglie una parte importante, che è quella<br />

sociale, con i rapporti e le amicizie che si creano sul posto di lavoro”.<br />

Ti sei mai sentita discrim<strong>in</strong>ata come donne?<br />

“Nella scuola assolutamente no, e neanche all’università dove su circa 600 matricole<br />

eravamo solo una c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a di donne, <strong>in</strong>fatti, ci conoscevamo tutte fra noi<br />

ragazze e forse i maschi ci coccolavano anche un po’, essendo poche.<br />

Nel mondo del lavoro le donne <strong>in</strong>izialmente non sono discrim<strong>in</strong>ate, solo <strong>in</strong> seguito,<br />

quando si pongono <strong>il</strong> problema se fare o meno figli arrivano i problemi: nelle<br />

53


aziende gli uom<strong>in</strong>i vivono questa fase come un problema, perché pensano che le<br />

donne con la maternità e i bamb<strong>in</strong>i piccoli non potranno più dedicarsi al lavoro<br />

come prima. Nella mia azienda cerco di dare <strong>il</strong> massimo alle donne per poter far<br />

conc<strong>il</strong>iare le due cose, nel nostro settore si lavora ad obiettivo e non ad ore, <strong>qui</strong>ndi<br />

se una donna arriva un po’ <strong>in</strong> ritardo perché deve andare dal pediatra non ha<br />

importanza se poi l’obiettivo è stato portato avanti. I dati ci dicono che <strong>in</strong> Italia<br />

solo <strong>il</strong> 46% delle donne lavorano, contro <strong>il</strong> 70% delle donne negli Usa o nei paesi<br />

del nord Europa, ma nello stesso tempo fanno anche meno figli. Sono due dati<br />

apparentemente contrastanti, <strong>in</strong> realtà credo che <strong>in</strong> Italia le donne lavor<strong>in</strong>o molto<br />

<strong>in</strong> nero, con tutte le conseguenze che questo comporta”.<br />

Come conc<strong>il</strong>i la famiglia con la tua attività lavorativa?<br />

“Le donne italiane hanno spesso un atteggiamento particolare verso <strong>il</strong> loro ruolo<br />

di madre, considerandolo <strong>il</strong> vero lavoro. Mi è capitato di vedere sguardi di rimproveri<br />

quando non posso partecipare ad una riunione al nido frequentato da mia<br />

figlia, fissata nel primo pomeriggio. Ognuna di noi ha delle priorità, certo se ci<br />

sono dei problemi la mia bamb<strong>in</strong>a ha la precedenza e mi organizzo per partecipare,<br />

altrimenti mando chi può sostituirmi. Nella nostra azienda <strong>il</strong> weekend è sacro,<br />

perché è giusto che ognuno di noi durante la settimana dia <strong>il</strong> massimo, ma <strong>il</strong> f<strong>in</strong>e<br />

settimana si dedica <strong>in</strong>teramente alla famiglia. Non è fac<strong>il</strong>e conc<strong>il</strong>iare le due cose,<br />

ma credo che alle donne manchi un po’ di gr<strong>in</strong>ta, e purtroppo sono condizionate<br />

dalla cultura che hanno <strong>in</strong>torno, dalle persone del proprio ambito fam<strong>il</strong>iare.<br />

Le donne devono ac<strong>qui</strong>stare la consapevolezza delle loro priorità, mentre molte<br />

accettano che siano gli altri a stab<strong>il</strong>ire cosa devono fare, ad esempio la madre a<br />

tempo pieno, e poi si ritrovano a 40 anni con i figli grandi, e nient’altro per loro.<br />

L’altra faccia della medaglia sono le donne che hanno completamente r<strong>in</strong>unciato<br />

alla parte affettiva, e anche questo non va bene, l’ideale sta nel mezzo, cercando di<br />

conc<strong>il</strong>iare gli orari. Personalmente riesco a portare avanti tutto grazie ad una rete<br />

di donne che ho <strong>in</strong>torno a me, formata dalla nonna, la zia, la babysitter, ma anche<br />

la lavanderia, la signora che fa le lasagne ecc., però la domenica <strong>il</strong> dolce lo facciamo<br />

<strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> famiglia”.<br />

Qual è <strong>il</strong> tuo nuovo ruolo di assessora?<br />

“Uno dei compiti è di snellire la burocrazia e portare i servizi della pubblica amm<strong>in</strong>istrazione<br />

al cittad<strong>in</strong>o rendendoli tutti accessib<strong>il</strong>i on-l<strong>in</strong>e. Stiamo facendo delle<br />

connessioni con la banda larga fra <strong>il</strong> Comune e le scuole per dare la possib<strong>il</strong>ità<br />

ai ragazzi di poter usufruire dei servizi di <strong>in</strong>ternet, cerchiamo di avvic<strong>in</strong>are gli<br />

anziani alle tecnologie con dei punti assistiti chiamati PASS, stiamo realizzando<br />

54


gli sportelli unici per semplificare la burocrazie delle imprese. Ma <strong>in</strong>novazione<br />

ovviamente non è solo <strong>in</strong>formatizzazione, ma è competitività del territorio. Questo<br />

aspetto lo stiamo affrontando con un tavolo delle <strong>in</strong>novazioni che lavora sulle<br />

l<strong>in</strong>ee strategiche per <strong>il</strong> futuro della città, ad esempio con la creazione di laboratori<br />

di ricerca per permettere ai cosiddetti ‘cervelli’ di rimanere nella nostra città e non<br />

scappare. A questo proposito vorrei fare un appello alle donne, <strong>in</strong>vitandole a non<br />

temere la tecnologia e ad <strong>in</strong>dirizzare i loro studi <strong>in</strong> discipl<strong>in</strong>e tecnologiche dove<br />

<strong>il</strong> lavoro c’è e soprattutto frequentare l’università con conv<strong>in</strong>zione e non viverla<br />

negativamente come un parcheggio sociale”.<br />

Come vedi oggi <strong>il</strong> ruolo delle donne iraniane?<br />

“Quando vivevo <strong>in</strong> Iran le donne non erano obbligate a portare <strong>il</strong> velo e godevano<br />

di più libertà. L’errore che però ha fatto lo Scià è stato quello di voler occidentalizzare<br />

troppo velocemente l’Iran. Si racconta di m<strong>il</strong>itari che strappavano <strong>il</strong> velo alle<br />

donne con la forza, ma <strong>il</strong> velo per molte, soprattutto quelle più anziane, era segno<br />

di protezione, di dignità. Un conto sono le giovani donne che consapevolmente<br />

se lo tolgono altro è strapparlo a donne c<strong>in</strong>quantenni che orami lo hanno nel loro<br />

dna. C’è poi stato <strong>il</strong> mito della rivoluzione, del bene sociale, della democrazia,<br />

cosa che poi di fatto non c’è stata, perché dopo la venuta di Khome<strong>in</strong>i le donne<br />

hanno perso molti diritti civ<strong>il</strong>i. Dall’altro canto però <strong>il</strong> numero delle donne che<br />

ora sta andando all’università è aumentato, abbiamo professoresse universitarie,<br />

una donna m<strong>in</strong>istra, la scolarizzazione è molto elevata, su <strong>in</strong>ternet dopo l’<strong>in</strong>glese<br />

e <strong>il</strong> c<strong>in</strong>ese la terza l<strong>in</strong>gua è <strong>il</strong> persiano, questo perché tantissime persone che sono<br />

uscite dall’Iran dopo la rivoluzione erano parte della società colta, ed hanno creato<br />

delle comunità molto vive nel resto del mondo. L’immag<strong>in</strong>e che si vuole dare<br />

del paese retrogrado è assolutamente falsa, nella realtà l’Iran ha una tecnologia<br />

molto elevata. Purtroppo sono la libertà, i diritti civ<strong>il</strong>i che <strong>in</strong> questo momento<br />

non ci sono, ma non c’erano neanche ai tempi dello Scià. L’occidente non può<br />

cont<strong>in</strong>uare a pensare di poter esportare la democrazia, perché questa deve nascere<br />

dall’<strong>in</strong>terno. In questo momento <strong>in</strong> Iran ci sono le donne e i giovani che stanno<br />

facendo una rivoluzione culturale lenta, lasciamo che la facciano, sarà lenta, ma se<br />

viene dal popolo sarà stab<strong>il</strong>e. Non nascondiamo con ideologie di libertà <strong>in</strong>teressi<br />

economici”.<br />

55


Maria Giovanna Trivella,<br />

la diffic<strong>il</strong>e e appassionante carriera della ricercatrice<br />

05/05/12<br />

Per diventare ricercatrice o ricercatore scientifico occorre un’energia vulcanica che nasce<br />

dal profondo, ed abbia la capacità di travolgere tutto ciò che si <strong>in</strong>contra sul percorso,<br />

compreso gli ostacoli, che come è ben noto <strong>in</strong> Italia non mancano. Sì, la vita del ricercatore<br />

è affasc<strong>in</strong>ate, <strong>in</strong>teressante, ricca di emozioni, ma faticosa da percorrere proprio<br />

per le sue “condizioni ambientali”. Maria Giovanna Trivella è Prima Ricercatrice Cnr<br />

<strong>in</strong> ambito medico Cardiologa e <strong>il</strong> suo amore per la ricerca scaturisce subito dalle sue parole,<br />

con quell’<strong>in</strong>tensità che solo un’eruzione può avere. Ma Maria Giovanna Trivella<br />

è nota non solo <strong>in</strong> campo scientifico, ma anche per <strong>il</strong> suo impegno sociale e politico che<br />

l’ha vista negli ultimi anni combattere battaglie altrettanto importanti.<br />

Ma andiamo per ord<strong>in</strong>e e chiediamo a Maria Giovanna come è <strong>in</strong>iziata la sua passione<br />

per la medic<strong>in</strong>a e per la ricerca.<br />

“Da bamb<strong>in</strong>a amavo molto le materie letterarie, la f<strong>il</strong>osofia, la poesia ed anche la<br />

geografia. Il ’68 con tutta la sua ventata di ribellione e <strong>in</strong>novazione mi ha trovata<br />

mentre frequentavo <strong>il</strong> Liceo Classico, quando già la voglia di raggiungere la parità<br />

fra uomo e donna era grande”.<br />

Tempi diffic<strong>il</strong>i per le pari opportunità…<br />

“Sì, mi ricordo che non riuscivo a capire perché dovevo essere diversa dai ragazzi e<br />

f<strong>in</strong> da piccola quando volevo andare <strong>in</strong> bicicletta prendevo quella di mio zio, non<br />

accettavo <strong>il</strong> fatto che dovevamo dist<strong>in</strong>guerci anche pedalando. Mia madre era molto<br />

severa, da giovane praticavo atletica con tanta passione, ma lei veniva sempre<br />

ad assistere agli allenamenti e quando <strong>in</strong> <strong>qui</strong>nta G<strong>in</strong>nasio ebbi la media migliore<br />

della scuola e v<strong>in</strong>si un viaggio <strong>in</strong> Grecia, lei non mi mandò. Sentivo dentro che <strong>il</strong><br />

rapporto fra uom<strong>in</strong>i e donne doveva cambiare, che non potevamo cont<strong>in</strong>uare ad<br />

essere diverse, a non avere le stesse opportunità”.<br />

E la passione per la medic<strong>in</strong>a?<br />

“Mio padre era un medico e sicuramente è riuscito a trasmettere a me, ma anche<br />

a mio fratello e mia sorella, entrambi medici, la passione per questa professione.<br />

Mio padre non era un medico qualsiasi, ma ‘<strong>il</strong>’ medico di tutti: la gente ancora<br />

oggi mi racconta che quando arrivava lo chiamavano professore, ma quando andava<br />

via era diventato Piero, perché <strong>in</strong> lui vedevano una persona di cui fidarsi, su cui<br />

contare. Ci fu anche un episodio molto doloroso, ero ancora al liceo quando morì<br />

un caro amico di famiglia di leucemia a soli 18 anni, da allora com<strong>in</strong>ciai a pensare<br />

56


che non fosse giusto morire così e questo portò ad <strong>in</strong>dirizzarmi verso la ricerca”.<br />

Nelle sue parole si coglie un grande amore e una grande stima per suo padre.<br />

“Indubbiamente. Mio padre è stato prima cardiologo e poi primario di pneumologia,<br />

una volta andato <strong>in</strong> pensione ha fondato un’associazione per la cura oncologica<br />

ed è riuscito a far realizzare <strong>in</strong> Toscana la prima Unità di Oncologia. Mi ha<br />

fatto molto piacere quando alla sua memoria sono stati dedicati i giard<strong>in</strong>i sul lago<br />

Trasimeno, dove era nato, e una strada a Cisanello. Qualcuno voleva che fosse una<br />

via più grande e importante, ma io ho voluto che rimanesse questa, vic<strong>in</strong>a all’ospedale,<br />

perché si adattava al suo carattere semplice e di uomo di scienza”.<br />

Torniamo a lei e al suo percorso universitario e all’<strong>in</strong>gresso nel mondo della ricerca.<br />

“Mi sono laureata <strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a nel 1976, nell’ottobre del 6° anno, con una tesi<br />

sull’<strong>in</strong>farto con <strong>il</strong> professor Claudio Giorgetti come relatore. Quell’anno a maggio<br />

mi ero sposata, <strong>il</strong> 28 ottobre discussi la tesi ed <strong>il</strong> 7 novembre ero a collo<strong>qui</strong>o con <strong>il</strong><br />

professor Donato del Cnr, che mi chiese quando sarei stata disponib<strong>il</strong>e a com<strong>in</strong>ciare<br />

a fare ricerca; io gli risposi che avevo portato con me <strong>il</strong> camice. Così <strong>in</strong>iziai e<br />

da allora non ho mai lasciato <strong>il</strong> Cnr. Nel ’78 sono diventata mamma, nel ’83 dopo<br />

sette anni di precariato, entrai di ruolo e nel ’86 v<strong>in</strong>si una borsa di studio per gli<br />

Stati Uniti a Seattle”.<br />

Ha potuto dire <strong>il</strong> doppio sì: alla carriera e alla vita fam<strong>il</strong>iare.<br />

“È stato faticoso, ma devo dire che è stato possib<strong>il</strong>e perché ho condiviso queste<br />

scelte con mio marito. Ricordo che quando facevo le guardie mediche restavo<br />

fuori casa un giorno e mezzo, così lui mi portava a vedere <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o. Quando<br />

andai <strong>in</strong> America, dove sono rimasta 13 mesi, mi fece una sorpresa, prese sei mesi<br />

di aspettativa dal suo lavoro d’<strong>in</strong>gegnere e mi raggiunse con nostro figlio. Certo, <strong>il</strong><br />

doppio sì non è stato completo, mi sarebbe piaciuto avere altri figli, ma delle scelte<br />

vanno comunque fatte”.<br />

Com’è andato <strong>il</strong> rientro dall’America?<br />

“Avrei potuto rimanere a Seattle, ma la famiglia era <strong>in</strong> Italia, così rientrai <strong>in</strong> Fisiologia<br />

Cl<strong>in</strong>ica cont<strong>in</strong>uando la ricerca e nel 1989 sono diventata responsab<strong>il</strong>e del<br />

laboratorio. In quegli anni com<strong>in</strong>ciò anche a nascere l’impegno politico e sociale”.<br />

Qual è stata la molla che ha fatto scattare l’impegno politico?<br />

“Le vicende del fenomeno che chiamiamo Tangentopoli. Mi colpirono molto e<br />

mi sp<strong>in</strong>sero a decidere di impegnarmi a livello circoscrizionale per cercare di riformare<br />

la politica, <strong>in</strong>teressandomi soprattutto del settore sociale, con l’<strong>in</strong>carico di<br />

presidenta della commissione dedicata a questo settore, avuto per ben due mandati.<br />

Questo ruolo mi ha permesso di dedicarmi agli anziani, agli adolescenti, ai rap-<br />

57


porti dei servizi con <strong>il</strong> territorio ecc… Ho com<strong>in</strong>ciato con <strong>il</strong> movimento S<strong>in</strong>istra<br />

Oltre, poi sono passata ai Democratici di S<strong>in</strong>istra, poi alla Margherita, ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, al<br />

Partito Democratico, con <strong>il</strong> quale mi sono candidata alle ultime elezioni politiche.<br />

Attualmente sono Presidenta del Consiglio Cittad<strong>in</strong>o per le Pari Opportunità del<br />

Comune di Pisa”.<br />

Ritorniamo alla carriera professionale. Come è proseguita?<br />

“S<strong>in</strong> dagli anni 90, quando l’IFC (Istituto di Fisiologia Cl<strong>in</strong>ica) si è aperto all’attività<br />

sanitaria d’urgenza e territoriale, mi sono dedicata alla cura di pazienti cardiopatici<br />

e alla valutazione cardiologica di coloro che dovevano essere <strong>in</strong>seriti <strong>in</strong> lista<br />

per trapianto di fegato. Ho maturato competenze nei percorsi di validazione dei<br />

dispositivi biomedicali e nelle nuove tecnologie. Sono, <strong>in</strong>oltre, membro del Direttivo<br />

dell’Associazione Oncologica Pisana dal 1998 e successivamente sono entrata<br />

a far parte anche del Comitato Tecnico Scientifico dell’Istituto Toscano Tumori,<br />

che mi ha portato ad occuparmi delle problematiche di pazienti <strong>in</strong> ambito oncologico.<br />

In base a tale esperienza ho sv<strong>il</strong>uppato e proposto un percorso di riflessione<br />

contro la frammentazione della medic<strong>in</strong>a, che mi è valso, <strong>in</strong>sieme con Giuseppe<br />

Ra<strong>in</strong>aldi dell’IFC, <strong>il</strong> premio dell’European Science Foundation per l’Exploratory<br />

Workshop “Molecular signal<strong>in</strong>g <strong>in</strong> cardiovascular and oncological disease: sim<strong>il</strong>ar<br />

and shared pathways”. Ho partecipato a numerosi progetti nazionali e <strong>in</strong>ternazionali<br />

e sono attualmente coord<strong>in</strong>atrice di un progetto europeo sulla sensorizzazione<br />

del cuore artificiale”.<br />

Quanti tetti di cristallo ha <strong>in</strong>contrato?<br />

“Molti, sia <strong>in</strong> campo professionale che politico, anzi, devo dire che forse <strong>in</strong> politica<br />

ce ne sono di più. Sono sempre andata avanti con determ<strong>in</strong>azione, non<br />

lasciandomi scoraggiare dalle difficoltà. Molti mi dicevano che la professione della<br />

ricercatrice non era adatta per una donna, ma io volevo fare questo e sono andata<br />

avanti senza titubanze. E così <strong>in</strong> politica, ho subìto anche episodi di mobb<strong>in</strong>g, ma<br />

non vi ho mai dato molto peso perché ho sempre messo avanti l’obiettivo al quale<br />

volevo arrivare e non mi sono mai sentita frustrata”.<br />

Qual è oggi secondo lei <strong>il</strong> problema maggiore delle donne?<br />

“Ce ne sono molti, ma ciò che mi viene <strong>in</strong> mente per primo è quello relativo alla<br />

forbice salariale fra i generi. In questo periodo di crisi economica per le donne è<br />

sempre più diffic<strong>il</strong>e trovare un lavoro e quando lo si ha è difficoltoso farsi pagare<br />

allo stesso modo di un uomo. Questo riguarda soprattutto le giovani donne e<br />

rischia di creare l’impossib<strong>il</strong>ità di avere un’<strong>in</strong>dipendenza economica che è <strong>in</strong>vece<br />

<strong>in</strong>dispensab<strong>il</strong>e, perché permette alle donne di uscire dalle violenze fam<strong>il</strong>iari, che<br />

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purtroppo l’attualità ci mostra sempre più pressanti, ed essere libere di scegliere <strong>il</strong><br />

loro futuro esclusivamente sulla base di ciò che desiderano”.<br />

Cosa si sente di consigliare alle giovani donne?<br />

“Di non lasciarsi mortificare da questa società e difendere la propria professionalità<br />

e le proprie aspirazioni con tutte le forze, anche se mi rendo conto che bisogna<br />

accettare dei compromessi per sopravvivere”.<br />

59


Alessandra Tortora e Elisa Carrubba,<br />

fisica e <strong>in</strong>gegnera per professioni sempre più al femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e<br />

30/05/12<br />

Sono due giovani donne e si sono <strong>in</strong>serite nel mondo del lavoro esclusivamente grazie<br />

alle loro competenze. Hanno studiato molto, ed hanno avuto <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio di trovarsi al<br />

posto giusto al momento giusto. Fortunatamente queste cose ancora accadono e loro ne<br />

sono la testimonianza. Le <strong>in</strong>contriamo alla Kayser, azienda di <strong>in</strong>gegneria aerospaziale,<br />

dove sono assunte a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.<br />

Alessandra Tortora è nata a Napoli nel ‘76 dove si è laureata <strong>in</strong> Fisica, mentre ha<br />

conseguito <strong>il</strong> dottorato di ricerca all’Università di Firenze. È alla Kayser dal 2006 con<br />

la qualifica di progettista e <strong>in</strong> alcuni casi di project manager di piccoli e medi progetti.<br />

Elisa Carrubba è nata a Livorno nell’81, è laureata <strong>in</strong> <strong>in</strong>gegneria delle comunicazioni<br />

all’Università di Pisa dove ha conseguito anche <strong>il</strong> dottorato <strong>in</strong> elettromagnetismo<br />

applicato. Dal 2010 è alla Kayser, ed è stata assunta a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato a partire<br />

dal 2012. È project eng<strong>in</strong>eer relativamente agli aspetti di radiofrequenza e project<br />

manager per piccole e medie commesse.<br />

Durante <strong>il</strong> percorso di studio avete avuto difficoltà <strong>in</strong> quanto donne?<br />

Alessandra Tortora: “Io non ho avuto alcun problema, al primo anno eravamo <strong>il</strong><br />

50% degli iscritti totali, così come alla facoltà di matematica e di scienze naturali.<br />

Sono materie che piacciono alle donne e le fanno volentieri. Anche rispetto agli<br />

<strong>in</strong>segnanti non ho <strong>in</strong>contrato alcuna difficoltà <strong>in</strong> questo senso, molti docenti erano<br />

donne”.<br />

Elisa Carrubba: “Quando mi sono iscritta nel 2000 non c’erano molte donne,<br />

circa 30 su un totale di 200 studenti, probab<strong>il</strong>mente le telecomunicazioni risultavano<br />

meno <strong>in</strong>teressanti alle ragazze rispetto ad altre <strong>in</strong>gegnerie come la gestionale,<br />

la civ<strong>il</strong>e ecc. Andando avanti negli anni <strong>il</strong> numero degli studenti si è complessivamente<br />

ridotto e le donne sono quelle che hanno resistito maggiormente, così alla<br />

f<strong>in</strong>e c’è stato un b<strong>il</strong>anciamento fra i due sessi. Nel dottorato di ricerca <strong>in</strong>vece ho<br />

visto sempre più donne che uom<strong>in</strong>i, ed <strong>il</strong> professore che mi ha seguito <strong>in</strong> questa<br />

fase non ha mai fatto alcuna discrim<strong>in</strong>azione, con lui ho sempre avuto un ottimo<br />

rapporto. Ingegneria resta comunque una materia più masch<strong>il</strong>e, oggi le iscrizioni<br />

sono globalmente calate, l’accesso al lavoro è diffic<strong>il</strong>e e questo è demotivante,<br />

soprattutto per chi è meno determ<strong>in</strong>ato. Perché uno dovrebbe fare tanta fatica se<br />

poi ha le stesse probab<strong>il</strong>ità o addirittura meno, rispetto a chi ha un diploma tecnico<br />

o una laurea generica? Durante l’università ho <strong>in</strong>contrato solo due professori<br />

60


misog<strong>in</strong>i: una donna che propendeva più per gli uom<strong>in</strong>i e un <strong>in</strong>segnante molto<br />

anziano. È stato più diffic<strong>il</strong>e affrontare l’esame, ma alla f<strong>in</strong>e con una buona preparazione<br />

non era impossib<strong>il</strong>e superare l’ostacolo”.<br />

La vostra strada verso l’<strong>in</strong>serimento lavorativo è stata veloce. A cosa lo attribuite?<br />

Alessandra Tortora: “Io non la def<strong>in</strong>irei una strada veloce, perché dopo l’università<br />

ci sono stati gli anni di dottorato, che sono tre e sono lunghi e non ti danno nessuna<br />

certezza per <strong>il</strong> futuro. Il dottorato è un periodo di completamento, ma sempre<br />

a livello di studio. Dopo questo dobbiamo aggiungere ancora qualche altro mese<br />

di precarietà con qualche assegno di ricerca. Da quando ho <strong>in</strong>iziato l’università a<br />

quando sono entrata nel mondo del lavoro sono passati circa 8-9 anni. Un processo<br />

di formazione lungo, che poi però ha dato i suoi frutti perché c’è stato l’<strong>in</strong>gresso<br />

<strong>in</strong> un’azienda di alto livello”.<br />

Elisa Carrubba: “Sì, concordo, <strong>il</strong> processo che ci ha portato al mondo del lavoro è<br />

stato lungo, anche perché <strong>in</strong> Italia <strong>il</strong> dottorando non è conosciuto e non è riconosciuto<br />

come dovrebbe. È <strong>in</strong>teso solitamente come un parcheggio, mentre è un’occasione<br />

unica e impegnativa per ac<strong>qui</strong>sire nuove conoscenze. Possiamo dire che<br />

siamo state fortunate nel panorama attuale, ma è brutto usare la parola ‘fortuna’,<br />

perché <strong>il</strong> lavoro è un diritto di tutti e non una fortuna solo per alcuni”.<br />

Il dottorato è stato determ<strong>in</strong>ante? Non sareste arrivate alla Kayser senza?<br />

“Non è detto. Fra tutti i dipendenti della Kayser, circa una quarant<strong>in</strong>a, siamo solo<br />

<strong>in</strong> quattro ad averlo, <strong>qui</strong>ndi non vi è uno sbarramento legato al dottorato”.<br />

Lo rifareste?<br />

Alessandra Tortora “Sì. È stata una bella esperienza di vita, compreso l’anno che<br />

ho trascorso a Parigi”. Elisa Carrubba: “La stessa cosa vale anche per me. Io sono<br />

stata un anno <strong>in</strong> Olanda all’Agenzia Spaziale Europea, dove ho avuto anche un’opportunità<br />

di lavoro, ma ero sposata ed ho fatto delle scelte diverse, decidendo di<br />

tornare <strong>in</strong> Italia”.<br />

Che lavoro fanno i vostri mariti?<br />

Alessandra Tortora: “È <strong>in</strong>gegnere elettronico e lavora alla Kayser”.<br />

Elisa Carrubba: “Anche lui è <strong>in</strong>gegnere nel settore delle telecomunicazioni, ha un<br />

assegno di ricerca a Pisa e vorrebbe restare nell’ambiente universitario”.<br />

Quante donne ci sono alla Kayser?<br />

“In amm<strong>in</strong>istrazione ci sono altre donne, ma nel settore tecnico siamo solo noi<br />

due”.<br />

Come vi trovate con i colleghi di pari livello?<br />

“Non c’è nessun problema, neanche con quelli di livelli <strong>in</strong>feriore. Non esiste una<br />

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gerarchia precisa, <strong>il</strong> nostro lavoro è improntato molto sulla collaborazione e <strong>il</strong> rapportarsi<br />

gli uni con gli altri. Naturalmente sopra di noi ci sono delle persone che<br />

ci dicono cosa dobbiamo fare, ma ci chiedono sempre la nostra op<strong>in</strong>ione, anche<br />

sulla base delle esperienze che abbiamo avuto. Allo stesso modo quando tocca a<br />

noi coord<strong>in</strong>are, ci <strong>in</strong>terfacciamo sempre con gli altri colleghi”.<br />

Qual è la soddisfazione più bella che vi ha dato lo studio e poi questa professione?<br />

Alessandra Tortora: “Del periodo di studio ricordo molto bene l’anno passato<br />

a Parigi, è stata una bella esperienza di formazione, ma anche di vita. In campo<br />

lavorativo <strong>in</strong>vece mi piace <strong>il</strong> fatto di poter affrontare sempre nuovi argomenti, la<br />

nostra non è una professione ripetitiva. Ma devo dire che un’altra soddisfazione<br />

molto bella me la dà <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> mio lavoro mi permette di sfruttare le conoscenze<br />

apprese durante l’università, cosa oggi non sempre scontata, perché molti<br />

pur di avere un’occupazione si trovano a doversi orientare <strong>in</strong> altri settori, rispetto<br />

agli studi svolti”.<br />

Elisa Carrubba: “Mi associo totalmente alla risposta di Alessandra, anche per me<br />

valgono le stesse cose. Alla Kayser <strong>il</strong> lavoro è sempre diverso e questo ti permette<br />

di ac<strong>qui</strong>sire nuove conoscenze: ciò è sicuramente <strong>il</strong> punto di forza dell’azienda”.<br />

Un sogno nel cassetto?<br />

“Andare a vedere un lancio <strong>in</strong> America o <strong>in</strong> Russia di un nostro esperimento oppure<br />

vedere l’esperimento tramite <strong>il</strong> collegamento con la stazione spaziale. Sono<br />

esperienze emozionanti perché vedi materializzarsi quello che hai fatto”.<br />

Pur non avendo <strong>in</strong>contrato difficoltà nel vostro percorso, come vedete le problematiche<br />

delle pari opportunità?<br />

Alessandra Tortora: “Riconosco di aver avuto un percorso priv<strong>il</strong>egiato, però vedo<br />

dalle mie amiche le difficoltà esistenti. Eravamo un gruppo di sei studentesse e<br />

solo <strong>in</strong> due oggi lavoriamo, le altre hanno avuto esperienze precarie e poi hanno<br />

lasciato <strong>il</strong> mondo del lavoro dopo aver avuto un figlio. In questo senso non ci sono<br />

pari opportunità <strong>in</strong> Italia”.<br />

Elisa Carrubba: “Anch’io posso vedere le difficoltà attraverso le mie amiche. La<br />

donna spesso si trova ad un bivio e comunque è sempre più impegnata rispetto ad<br />

un uomo. I ruoli che c’erano un tempo rimangono anche oggi, sì, certo con più<br />

collaborazione, ma l’organizzazione è ancora della donna e per lei è sempre molto<br />

faticoso pianificare lavoro e famiglia, ruolo che accetta perché avendo studiato<br />

non vuole giustamente r<strong>in</strong>unciare, ma diventa un giocoliere che cerca di tenere<br />

tutto <strong>in</strong> e<strong>qui</strong>librio”.<br />

Un consiglio per le giovani ragazze che si trovano a dover scegliere un percorso di<br />

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studio.<br />

Alessandra Tortora: “Io consiglierei loro di fare quello che sentono nella propria<br />

<strong>in</strong>dole, senza pensare al lavoro e senza farsi scoraggiare. È brutto avere un rimorso<br />

che ti accompagna per la vita, non è bello r<strong>in</strong>unciare ai sogni a vent’anni. Magari<br />

dovranno mettere <strong>in</strong> conto di andare all’estero, ma non di reprimere le loro aspettative<br />

<strong>in</strong> partenza”.<br />

Elisa Carrubba: “Anch’io consiglio di non fermarsi alla città dove si è nati. In<br />

questo le donne sono più coraggiose e disposte ad andare via di casa per r<strong>in</strong>correre<br />

i loro sogni e la loro realizzazione, mentre l’uomo è più restio a queste scelte, ho<br />

visto alcuni colleghi maschi non cogliere importanti opportunità perché comunque<br />

andare fuori casa è faticoso e dispiace lasciare la famiglia”.<br />

63


Elisabetta Coltelli,<br />

architetta e presidente dell’Ord<strong>in</strong>e labronico racconta la sua<br />

passione<br />

18/06/12<br />

“L’architettura offre la possib<strong>il</strong>ità di fare <strong>il</strong> più bel lavoro del mondo”, così Elisabetta<br />

Coltelli architetta e presidenta dell’Ord<strong>in</strong>e labronico, <strong>in</strong>troduce la nostra conversazione.<br />

È impossib<strong>il</strong>e dubitare della sua affermazione non solo da quello che ci<br />

racconta, ma da come lo fa, esprimendo anche con lo sguardo la gioia di praticare<br />

questa professione.<br />

“F<strong>in</strong> da piccola ho amato questo lavoro, mi piacevano i cantieri, le costruzioni e<br />

soprattutto la progettazione”.<br />

Cosa vuol dire progettare?<br />

“Vuol dire migliorare gli spazi dove vivono le persone. Nella mia vita non avrei<br />

mai potuto fare altro. Ho conosciuto numerosi colleghi e colleghe, ed ognuno di<br />

noi la pensa <strong>in</strong> questo modo. Credo che gli architetti oltre ad una preparazione<br />

importante e cont<strong>in</strong>ua abbiano qualcosa di speciale, una grande passione per questa<br />

professione, diffic<strong>il</strong>e, ma entusiasmante: diffic<strong>il</strong>e perché è un percorso complicato,<br />

irto di ostacoli, ma comunque bellissimo. Progettare e poi vedere realizzato<br />

quello che abbiamo immag<strong>in</strong>ato e pensare che rimarrà per molto tempo è una<br />

sensazione stupenda”.<br />

Qual è la soddisfazione più bella che le offre questa professione?<br />

“Quando l’opera progettata migliora la qualità della vita delle persone”.<br />

Ha trovato delle difficoltà ad <strong>in</strong>traprendere questa professione come donna?<br />

“La mia famiglia mi ha sempre sconsigliata, mi dicevano che non era un lavoro<br />

adatto per una donna, ma questa passione è sempre stata più forte di me e non<br />

avrei mai potuto fare altro”.<br />

All’università quale era <strong>il</strong> rapporto numerico fra uom<strong>in</strong>i e donne?<br />

“Ho fatto l’università a Firenze e <strong>il</strong> rapporto era drammatico, nel senso che io ero<br />

fra le pochissime donne che frequentavano la Facoltà di Architettura. Fortunatamente<br />

oggi non è più così, ed a livello nazionale le donne sono <strong>in</strong> numero maggiore<br />

e spesso sono anche molto più brave dei colleghi. Purtroppo gli impegni della<br />

vita fam<strong>il</strong>iare cont<strong>in</strong>uano a gravare sulle spalle femm<strong>in</strong><strong>il</strong>i e ciò ne limita sovente<br />

la carriera, anche <strong>in</strong> campo politico e questo è un male, perché vi sono donne<br />

straord<strong>in</strong>arie che potrebbero dare tantissimo”.<br />

Durante gli esami universitari ha mai <strong>in</strong>contrato difficoltà <strong>in</strong> quanto donna?<br />

64


“No, i miei professori non avevano nessun pregiudizio, non mi hanno mai creato<br />

problemi. Però <strong>in</strong> molti cont<strong>in</strong>uavano a ripetermi che non era una professione per<br />

donne”.<br />

Discrim<strong>in</strong>azioni da parte degli altri studenti?<br />

“No, mai nessuna”.<br />

Ci racconti cosa ha voluto dire <strong>in</strong>iziare questa professione come donna.<br />

“Le prime volte andare sui cantieri era dura, soprattutto quando dovevo confrontarmi<br />

con responsab<strong>il</strong>i di cantiere più anziani che non riconoscevano <strong>in</strong> nessun<br />

modo <strong>il</strong> mio ruolo, proprio perché donna. Ricordo <strong>in</strong> particolare un operaio che<br />

appena arrivavo si metteva le mani sui fianchi e mi chiedeva cosa volevo. Ed io<br />

dovevo ogni volta ricordargli che ero la direttrice e responsab<strong>il</strong>e dei lavori”.<br />

Per quanto tempo è successo questo?<br />

“Fortunatamente non per molto. La situazione l’ho superata bene, anche perché<br />

i rapporti maggiori, alla f<strong>in</strong>e, li avevo con i committenti che avevano fiducia nel<br />

mio lavoro al di là del sesso. Lentamente poi la situazione è mutata anche rispetto<br />

ai responsab<strong>il</strong>i di cantiere, i tempi sono cambiati e anche con loro si è istaurato un<br />

rapporto di stima reciproca”.<br />

Ha usato qualche strategia per superare questa <strong>in</strong>iziale diffidenza con gli operai?<br />

“La competenza. Non ho mai pensato che contasse l’appartenenza ad un genere,<br />

ho sempre creduto che fosse determ<strong>in</strong>ate la preparazione per affrontare e risolvere<br />

un problema, avere delle idee e delle proposte. Una volta <strong>in</strong>nescato questo meccanismo<br />

poi nessuno fa più caso se sei una donna”.<br />

La soddisfazione più bella ottenuta nella sua carriera?<br />

“Fra i tanti aspetti dell’architettura e dell’urbanistica mi occupo anche di restauro,<br />

e da questo settore è venuta la soddisfazione più bella grazie ai lavori di restauro<br />

del complesso monumentale del Forte Falcone a Portoferraio. A causa del grave<br />

stato di abbandono subito negli anni questo importante esempio di architettura<br />

m<strong>il</strong>itare medicea risultava <strong>in</strong> precario stato di conservazione al punto di rischiare<br />

<strong>in</strong> alcune parti <strong>il</strong> crollo. Purtroppo i piccoli comuni spesso non hanno le capacità<br />

f<strong>in</strong>anziarie per <strong>in</strong>tervenire <strong>in</strong> proprio, ma <strong>in</strong> questo caso un’Amm<strong>in</strong>istrazione lungimirante<br />

è riuscita a capire le potenzialità ed <strong>il</strong> ritorno economico per <strong>il</strong> territorio<br />

derivante dal restauro del monumento, attivando pubblici f<strong>in</strong>anziamenti che<br />

hanno permesso di restituire alla città un monumento che rappresenta l’identità<br />

dei luoghi. Per aver consentito, grazie all’opera di restauro, la fruib<strong>il</strong>ità del monumento,<br />

e la conservazione dell’importante patrimonio storico ed architettonico<br />

65


della città, ho ricevuto <strong>il</strong> r<strong>in</strong>graziamento di molti cittad<strong>in</strong>i”.<br />

Secondo lei oggi le architette sono discrim<strong>in</strong>ate?<br />

“Credo che non sia tanto importante la carriera <strong>in</strong> sé, quanto le idee, le proposte,<br />

i programmi. Oggi le donne non sono eccessivamente discrim<strong>in</strong>ate, spesso non<br />

hanno sufficiente tempo per potersi impegnare al pari dei colleghi e f<strong>in</strong>iscono<br />

così escluse. Non sono contraria alle quote rosa, perché comunque ci sono delle<br />

situazioni da scard<strong>in</strong>are e se questa è l’unica possib<strong>il</strong>ità, ben venga. Io ho voluto<br />

più donne possib<strong>il</strong>i nel consiglio dell’ord<strong>in</strong>e che presiedo”.<br />

Quante sono le donne nel vostro consiglio?<br />

“Sei su un totale di nove consiglieri. Devo dire che le donne <strong>in</strong> generale sono più<br />

concrete e tendono a risolvere subito i problemi”.<br />

Un consiglio per le giovani donne?<br />

“Credo che questa carriera vada <strong>in</strong>trapresa solo se vi è una grande passione, perché<br />

i sacrifici sono molti e senza non sarebbe possib<strong>il</strong>e sostenerli. Inoltre, consiglio alle<br />

giovani di credere sempre nella forza delle proprie idee, quelle capaci di superare<br />

ogni cosa. Ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, una formazione cont<strong>in</strong>ua, <strong>in</strong>fatti, non ci si può fermare alla<br />

preparazione universitaria perché tutto cambia ed anche molto rapidamente, bisogna<br />

<strong>qui</strong>ndi essere sempre disposti a studiare per essere preparati e competenti.<br />

Pensiamo, ad esempio, a quando si disegnava con <strong>il</strong> tecnigrafo, sostituito oggi dal<br />

computer oppure alle leggi <strong>in</strong> campo ed<strong>il</strong>izio o urbanistico che cambiano cont<strong>in</strong>uamente”.<br />

A livello economico le donne e gli uom<strong>in</strong>i nella vostra professioni sono pagati <strong>in</strong> modo<br />

egualitario?<br />

“A livello nazionale è stato fatto uno studio che ha messo <strong>in</strong> evidenza proprio questo<br />

aspetto, dimostrando quanto le donne siano meno pagate rispetto agli uom<strong>in</strong>i.<br />

Mentre a livello personale non posso dire di averlo constatato”.<br />

Qual è <strong>il</strong> tetto di cristallo che le donne <strong>in</strong>contrano <strong>in</strong> questa professione?<br />

“Credo che nello svolgere la professione basti lavorare e impegnarsi seriamente,<br />

mentre <strong>in</strong> rappresentanza della categoria al Consiglio Nazionale degli Architetti<br />

con rammarico non posso evitare di constatare che l’unica donna presente è una<br />

junior”.<br />

Cosa vuol dire essere junior?<br />

“Gli junior conseguono la laurea breve e possono fare solo modeste costruzioni<br />

o progetti meno importanti. Io cerco sempre di conv<strong>in</strong>cere i nuovi iscritti a cont<strong>in</strong>uare<br />

a studiare e fare gli altri due anni per completare <strong>il</strong> percorso di studio.<br />

Secondo me <strong>il</strong> nuovo ord<strong>in</strong>amento universitario penalizza i giovani, oggi <strong>il</strong> lavoro<br />

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è sempre più diffic<strong>il</strong>e da trovare e non dare la possib<strong>il</strong>ità ai nuovi laureati di proporsi<br />

<strong>in</strong> tutti i settori della nostra professione è un grosso limite, vuol dire mettere<br />

ulteriori difficoltà alla ricerca di un lavoro”.<br />

Oltre a lei, quante sono le donne presidenti di un ord<strong>in</strong>e prov<strong>in</strong>ciale?<br />

“Non conosco questo dato, ma posso dire che sono pochissime, anche se negli ultimi<br />

anni stanno leggermente aumentando. Ed <strong>in</strong>vece dobbiamo sempre ricordare<br />

l’importanza della presenza femm<strong>in</strong><strong>il</strong>e <strong>in</strong> questa professione. L’ho notato anche<br />

durante le assemblee nazionali degli Architetti, quando <strong>in</strong>terviene una donna si<br />

sente subito la sua concretezza, parla poco per non far perdere tempo all’assemblea<br />

e va subito al punto. Le donne generalmente sono determ<strong>in</strong>ate, quando decidono<br />

di fare una cosa la portano a term<strong>in</strong>e”.<br />

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Indice<br />

Riflessione pag 7<br />

Abbiamo deciso di essere ottimiste! pag 9<br />

Prefazione dell’Autrice pag 10<br />

Crist<strong>in</strong>a Vann<strong>in</strong>i pag 13<br />

Ilaria Tonazz<strong>in</strong>i, Beatrice Chelli e Eleonora Dal Pozzo pag 19<br />

Anna Mura pag 22<br />

Maria Gloria Giani pag 26<br />

Rossella Passavanti pag 30<br />

Naouel Chaoui pag 34<br />

Alessandra Dezzi pag 38<br />

Paola Mesch<strong>in</strong>i pag 41<br />

Giorgia Mariani pag 44<br />

Anna Roselli pag 48<br />

Darya Majidi pag 51<br />

Maria Giovanna Trivella pag 56<br />

Alessandra Tortora e Elisa Carrubba pag 60<br />

Elisabetta Coltelli pag 64<br />

69


70<br />

F<strong>in</strong>ito di stampare nel mese di ottobre 2012<br />

dal Centro Stampa della Prov<strong>in</strong>cia di Livorno

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