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<strong>Isola</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>San</strong> <strong>Giovanni</strong><br />
L’isola <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Giovanni</strong>, situata a poche decine <strong>di</strong> metri<br />
dalla riva <strong>di</strong> Pallanza, si presenta al visitatore con un<br />
palazzo d’architettura molto semplice, circondato però da<br />
una fitta vegetazione e da giar<strong>di</strong>ni incantevoli.<br />
La prima menzione dell’isola appare in un <strong>di</strong>ploma redatto<br />
il 7 maggio 999 d.C. dall’imperatore Ottone III, inviato a<br />
Leone, vescovo <strong>di</strong> Vercelli, in cui si parla <strong>di</strong> un «castrum<br />
sancti Angeli in lacu Maiore», che avrebbe dato il nome all’isola,<br />
chiamata infatti per molti secoli “<strong>di</strong> <strong>San</strong>t’Angelo”.<br />
All’interno del castello, inoltre, era stata e<strong>di</strong>ficata la chiesa<br />
de<strong>di</strong>cata a <strong>San</strong> Michele Arcangelo, più generalmente<br />
chiamato “L’Angelo”, <strong>di</strong> cui si accenna in un testamento del<br />
1082. In seguito, quando l’e<strong>di</strong>ficio religioso venne abbattuto,<br />
l’isola cambiò denominazione in “<strong>San</strong> <strong>Giovanni</strong>”, dall’oratorio<br />
che serviva da fonte battesimale. Nel 1152 Federico<br />
Barbarossa concesse il possesso dell’isola ai Barbavara,<br />
conti <strong>di</strong> Castello. Nel 1612 il governatore spagnolo<br />
<strong>di</strong> Milano, don <strong>Giovanni</strong> <strong>di</strong> Mendoza, concesse l’enfiteusi<br />
216<br />
Sopra: suggestiva immagine aerea dell’isola<br />
<strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Giovanni</strong>, «dettaglio magnifico <strong>di</strong><br />
quel meraviglioso paesaggio d’Italia che<br />
è la riva <strong>di</strong> Pallanza col golfo delle isole<br />
Borromee, sorge fra le onde, a pochi metri<br />
dalla città, regina del Verbano, l’isoletta<br />
<strong>di</strong> S. <strong>Giovanni</strong>. Un palazzo <strong>di</strong> semplici linee,<br />
un bosco folto, un i<strong>di</strong>llio <strong>di</strong> giar<strong>di</strong>ni ombrosi,<br />
un silenzio <strong>di</strong> misteri, tutta la poesia delle<br />
piccole coseassociate in un canto <strong>di</strong> bellezza,<br />
tale a gran<strong>di</strong> linee la piccola isola...»<br />
(dalla rivista “Verbania” - 1911)<br />
Sotto: il maestro Toscanini, raggiungeva<br />
l’isola per trovare quiete... e ispirazione<br />
artistica.<br />
A pag.217 - sopra: l’immagine “castellana”<br />
della <strong>di</strong>mora, simile a<br />
quella e<strong>di</strong>ficata dai<br />
Borromeo all’isola<br />
Madre.<br />
A lato: l’isola agli<br />
inizi del secolo; la<br />
vegetazione era meno<br />
rigogliosa <strong>di</strong> oggi.<br />
Sotto: particolari<br />
architettonici del<br />
palazzo: bifore e<br />
campanile in sasso.
IL TERZO PALAZZO<br />
BORROMEO DEL LAGO...<br />
Le prime notizie relative al palazzo sono<br />
datate intorno alla prima metà del XVII<br />
secolo, quando la famiglia Borromeo entrò<br />
in possesso dell’isola. Nessuno storico riporta<br />
nomi <strong>di</strong> architetti celebri cui la famiglia<br />
affidò il progetto, ma è facile ipotizzare<br />
il coinvolgimento da parte <strong>di</strong> una<br />
delle figure professionali appartenente alla<br />
cerchia <strong>di</strong> artisti vicini ai Borromeo. Si<br />
potrebbe a tal proposito supporre l’intervento<br />
da parte <strong>di</strong> un allievo <strong>di</strong> P. Tibal<strong>di</strong><br />
che aveva dato prova <strong>di</strong> aver assimilato<br />
l’insegnamento del maestro. I paragoni tra<br />
il palazzo costruito sull’isola Madre e questo<br />
sono infatti inevitabili: del tutto analogo<br />
è il modello geometrico cui si ispira<br />
l’impianto planimetrico a L; le proporzioni<br />
delle finestre, la mancanza <strong>di</strong> cornici decorative<br />
che ne arricchiscono la fattura, la<br />
spaziatura tra una finestra e l’altra; l’immagine<br />
globale riconducibile ad una tipologia<br />
castellana più che ad una villa; l’attenzione<br />
rivolta ad un fronte che svolge il<br />
ruolo <strong>di</strong> filtro tra ambienti interni e spazio<br />
circostante nonché la stessa soluzione<br />
<strong>di</strong> sovrapporre uno stesso modello per illuminare<br />
il piano terreno e il primo. Particolarmente<br />
interessante si presenta infatti<br />
la testata orientata a sud dove la<br />
compattezza <strong>di</strong> forme risulta alleggerita da<br />
due enormi nicchie ad “arco ribassato”.<br />
A <strong>di</strong>fferenza degli agli altri due palazzi<br />
del nobile Casato, la realizzazione della<br />
residenza fu oggetto <strong>di</strong> varie manomissioni,<br />
tanto che assunse l’aspetto attuale solo<br />
nella prima metà del XIX secolo.<br />
ad un suo congiunto, don Lorenzo <strong>di</strong> Mendoza, perché, durante<br />
una gita sul lago, al nobile era venuta l’idea <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare<br />
sull’isola un palazzo. Don Lorenzo visse quattro anni<br />
sull’isola, liberandola dagli animali che l’infestavano.<br />
Nel 1616 il Mendoza cedette il contratto a don Ercole Morigia<br />
<strong>di</strong> Pallanza, che a sua volta ne fece cessione al conte<br />
Cesare Borromeo, i cui avi, sin dal XVI secolo, avevano<br />
cercato, invano, <strong>di</strong> acquistare l’isola. Il 5 febbraio 1631<br />
giunse da Roma la bolla <strong>di</strong> Urbano VIII che delegava il<br />
prevosto della cattedrale <strong>di</strong> Novara a trattare.<br />
Il contratto, da rinnovarsi ogni ventinove anni, prevedeva<br />
il versamento annuale <strong>di</strong> trenta scu<strong>di</strong> e l’obbligo <strong>di</strong> liberare<br />
l’isola dagli animali. Il 5 novembre 1632 l’atto <strong>di</strong>venne<br />
definitivo; l’isola perveniva così alla famiglia Borromeo,<br />
che dopo poco tempo restaurò le abitazioni ed abbellì<br />
i giar<strong>di</strong>ni. A fornire all`”isolino” notorietà internazionale,<br />
contribuì la presenza <strong>di</strong> alcuni celebri personaggi,<br />
come l’addetto all’ambasciata d’Inghilterra, Edward<br />
Capel-Cure (1866-1923) che nel 1816 organizzò la conferenza<br />
anglo-america per i rapporti commerciali e, soprattutto,<br />
il grande <strong>di</strong>rettore d’orchestra Arturo Toscanini,<br />
che dal 1927 al 1952, fece <strong>di</strong> questo angolo <strong>di</strong> terra verbanese<br />
una «meta peregrina <strong>di</strong> spiriti liberi inclusi nella<br />
cerchia amichevole e confidente».<br />
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